UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FIRENZE

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1 1 UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FIRENZE DIPARTIMENTO DI MEDICINA SPERIMENTALE E CLINICA CORSO MASTER DI PRIMO LIVELLO IN Infermieristica in Emergenza e Urgenza Sanitaria Il Soccorso Alpino nella gestione dell evento valanghivo : ruolo dell infermiere Esperto : Dott. Lorenzo Introzzi Firma in originale Studente: Andrea Marinello Firma in originale A.A. 2013/2014

2 2 la giovinezza bisogna metterla in gioco per i grandi ideali. Siate coraggiosi! Non abbiate paura di sognare cose grandi PAPA FRANCESCO

3 3 Sommario Introduzione 1- Club alpino italiano CAI 2- Soccorso Alpino CNSAS 3- Incidente valanghivo 2.1 Istituzione del Soccorso Alpino 2.2 Dove opera 2.3 Figure professionali che operano nel Soccorso Alpino 2.4 L equipe sanitaria del CNSAS 2.5 L infermiere del CNSAS 2.6 Impatto emotivo del soccorritore 3.1 Definizione 3.2 Fattori Scatenanti 3.3 Classificazione delle valanghe 3.4 Classificazione incidenti da valanga 3.5 Principali categorie di persone coinvolte 3.6 Prevenzione 4- Patologia da valanga 4.1 Ipotermia 4.2 Trauma Maggiore 4.3 Asfissia 5- Descrizione percorso operativo: dalla ricezione della chiamata all accesso in pronto soccorso 6- Conclusioni 7- Bibliografia

4 4 Introduzione Il corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) è una sezione specialistica del Club Alpino Italiano i cui elementi hanno precise competenze di portare soccorso con efficacia e rapidità a persone infortunate e pericolanti, compreso l eventuale recupero delle salme, la ricerca di persone disperse in zone impervie, non necessariamente in alta quota, che richiedono l impiego di personale specializzato in tecniche alpinistiche,tecniche di primo soccorso e in quelle di soccorso alpino e in grotta. L operatività del CNSAS si estende per tutto il territorio nazionale, dalle Alpi agli appennini, in particolare in ambiente ostile e in tutte le zone impervie. Per le stesse si devono intendere non solo,come solitamente si pensa, le classiche pareti rocciose o le vie ferrate, ma anche e soprattutto i nevai ed i ghiacciai, le cascate di ghiaccio, le valanghe, gli impianti a fune, le piste da sci, le grotte, i torrenti ed ogni altro ambiente ( colline, boschi, ecc..) che richiedono, per le particolari condizioni di tempo e di luogo, l esclusivo impiego di personale qualificato. La specifica caratteristica del CNSAS, è quella di essere un associazione di volontariato; nonostante questo la struttura è cresciuta in professionalità, tanto da essere a livello nazionale il punto di riferimento principale, cui tutti gli enti e le strutture deputate al soccorso si rapportano per sfruttare capacità e competenza. La sezione speciale è composta da circa 7187 personale qualificato di cui 300 sanitari (medici ed infermieri). Durante la stagione invernale si moltiplicano le attività svolte sulla neve anche al di fuori degli ambienti controllati e, con esse, aumentano gli incidenti in montagna da parte di coloro che la frequentano in qualità di alpinisti, sci alpinisti, chiamando a un severo lavoro coloro che si occupano di primo soccorso.

5 5 Dal 1975 al 2000 circa, nei 17 Paesi europei e nordamericani che fanno parte della Commissione Internazionale per il Soccorso Alpino (CISA-IKAR), ogni anno vengono registrati mediamente 146 decessi causati da valanghe. Se ci si riferisce al territorio italiano nel periodo dal 1967 al 2009 sono decedute, a causa di valanghe, 827 persone. La media, sul periodo di 42 anni, è di 19 vittime a stagione. Nel periodo , in Italia sono state travolte da valanga 2035 persone in 958 incidenti, 467 sono decedute (23%), mentre 1569 sono sopravvissute (77%). Determinante nella definizione di queste percentuali si è rilevato il tipo di seppellimento. Infatti un parziale seppellimento nella neve porta al decesso solo nel 3%dei casi, nella situazione di totale di seppellimento si arriva facilmente al 54% di mortalità. Generalmente si può supporre che, adottando diversi accorgimenti finalizzati all autosoccorso, si possa evitare un seppellimento completo. Altri due aspetti molto importanti e determinanti per la percentuale di sopravvivenza sono il tempo di seppellimento e la competenza dei professionisti nel soccorrere il soggetto travolto da valanga. Il problema assume dunque una dimensione particolare al di là dei numeri. Nel momento dell evento valanghivo scattano una serie di operazioni che coinvolgono diverse persone con ruoli definiti: il personale della centrale operativa (medici ed infermieri) e l equipaggio del CNSAS. All interno del CNSAS, il medico e l infermiere diventano quindi uno degli anelli fondamentali ad erogare le prime cure di assistenza e a creare le situazioni affinchè l infortunato sia stabilizzato sul posto. La stesura di questo elaborato ha come obiettivo quello di conoscere in modo più approfondito la gestione del soccorso in valanga e, in particolare, il ruolo del personale sanitario. La gestione del Soccorso in Valanga è uno degli argomenti che mi interessano in modo particolare; la scelta è stata un opportunità per conoscere in modo più

6 6 approfondito l evento, la straordinaria competenza, motivazione e passione delle persone che fanno parte del Soccorso Alpino. La passione per la montagna mi accompagna fin dall infanzia essendomi stata trasmessa da mio padre ed è alimentata dalla pratica costante delle attività ad essa legata. Ed è proprio questa passione e l interesse per la medicina d urgenza che mi hanno motivato a frequentare corsi specifici finalizzati alla gestione sanitaria in ambiente imperivio e alimentano il desiderio di continuare il percorso formativo per poter acquisire competenze necessarie per poter un giorno far parte del Soccorso Alpino..

7 7 1- Il Club Alpino Italiano un associazione con una storia di ben 150 anni Costituito il 23 ottobre 1863 a Torino - anche se si può affermare che la sua fondazione ideale sia avvenuta il 12 agosto dello stesso anno, durante la celeberrima salita al Monviso ad opera di Quintino Sella, Giovanni Barracco, Paolo e Giacinto di Saint Robert - il Club Alpino Italiano è una libera associazione nazionale che, come recita l articolo 1 del suo Statuto, ha per scopo l alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale. (1) L Associazione è costituita da Soci riuniti liberamente in Sezioni, coordinate in raggruppamenti regionali: a dicembre 2009 i Soci del CAI risultano essere , che partecipano alle attività di 490 Sezioni e 306 Sottosezioni appartenenti a 21 gruppi regionali di cui 2 raggruppamenti provinciali (Trentino e Alto Adige) All interno dell ordinamento italiano, la struttura centrale del Club Alpino Italiano si configura come un Ente pubblico non economico, mentre tutte le sue strutture periferiche (Sezioni, raggruppamenti regionali e provinciali) sono soggetti di diritto privato. In particolare, in applicazione della legge 24 dicembre 1985, n. 776 relativa a nuove disposizioni sul Club Alpino Italiano, l Associazione provvede, a favore sia dei propri Soci sia di altri e nell ambito delle facoltà previste dallo Statuto delle seguenti attività: diffusione della frequentazione della montagna e all organizzazione di iniziative alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, capillarmente diffuse sul territorio nazionale; organizzazione ed alla gestione di corsi d addestramento per le attività alpinistiche, sci-alpinistiche, escursionistiche, speleologiche,

8 8 naturalistiche volti a promuovere una sicura frequentazione della montagna; formazione di 22 diverse figure di titolati (istruttori, accompagnatori ed operatori), necessarie allo svolgimento delle attività citate; tracciamento, realizzazione e manutenzione di sentieri, opere alpine e attrezzature alpinistiche; realizzazione, manutenzione e gestione dei rifugi alpini e dei bivacchi d alta quota di proprietà del Club Alpino Italiano e delle singole Sezioni quantificati ad oggi in 761 strutture per un totale di posti letto - fissandone i criteri ed i mezzi; organizzazione, tramite il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS), struttura operativa del CAI, di idonee iniziative tecniche per la vigilanza e la prevenzione degli infortuni nell esercizio delle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, per il soccorso degli infortunati o dei pericolanti e per il recupero dei caduti; promozione di attività scientifiche e didattiche per la conoscenza di ogni aspetto dell ambiente montano nonché di ogni iniziativa idonea alla protezione ed alla valorizzazione dell ambiente montano nazionale, anche attraverso l operato di organi tecnici nazionali e territoriali; promozione di iniziative di formazione di tipo etico-culturale, di studi dedicati alla diffusione della conoscenza dell ambiente montano e delle sue genti nei suoi molteplici aspetti, della fotografia e della cinematografia di montagna, della conservazione della cultura alpina; organizzazione e gestione di corsi di preparazione professionale per guida speleologica nonché di corsi di formazione professionale per esperti e rilevatori del Servizio Valanghe Italiano (SVI).(2)

9 9 2- Soccorso Alpino - CNSAS 2.1 Istituzione del Soccorso Alpino La storia del Soccorso Alpino non può prescindere da quella dell alpinismo poiché n è diretta conseguenza Il fascino della montagna ha da sempre incantato gli esseri umani, alpinisti e non, a cominciare dai suoi primi esploratori. Nell'alpinismo in genere sono tangibilmente presenti vari aspetti dell'animo umano, vi è spesso un gran desiderio d esplorazione e di conoscenza, il piacere puramente estetico di godersi una gran bella vista, il fatto di estraniarsi dalla folla, allontanarsi per così dire dalla vita comune e starsene per proprio conto; vi può essere un forte interesse scientifico a conoscere come uomini e animali si adattano a condizioni difficili; infine vi può essere anche una forte propensione al cimento, e in pratica il fatto di doversi misurare con difficoltà di grado variabile, in parte commisurate alle proprie forze, e per alcuni con la motivazione ferrea di ricercare condizioni particolarmente impegnative, estreme. Il cimento pone inevitabilmente il problema della competizione, dell'anelito alla "prima ascensione". La storia dell'alpinismo include quindi questi vari aspetti. Certo, agli albori, ha dominato l'aspetto esplorativo, mentre oggi essendo stato quasi tutto esplorato il nostro pianeta, prevale un atteggiamento di ricerca di difficoltà. Naturalmente è sempre possibile andare in montagna per il semplice piacere di farlo, scegliendo i percorsi che più si addicono alle proprie propensioni, con animo equilibrato e pronto ad accogliere alcuni elementi essenziali di questo sport e vale a dire: una notevole frugalità di costumi, tolleranza nei confronti di una serie d inevitabili scomodità, una saggia distribuzione delle proprie forze, sopportazione

10 10 della fatica, una buona condizione fisica. Oggi la montagna, lo dicono i numeri in rilevante crescita, è visitata ogni giorno, in estate e in inverno.(3) Purtroppo questo fenomeno è sempre stato accompagnato anche da tragedie, basti pensare che nella prima salita del Cervino di poco più di un secolo fa, quattro dei sette componenti della vittoriosa cordata precipitarono durante la discesa. I loro corpi furono recuperati il giorno dopo dalle squadre di soccorso, formate dalle guide di Zermatt. Il soccorso alpino trova le sue radici tra l innato senso di solidarietà delle popolazioni montane e il fenomeno dell alpinismo moderno. L alpinismo favorì anche la creazione di sodalizi atti a diffondere questa nuova pratica e la conoscenza del mondo alpino in genere. Nel 1863 per opera dell allora Ministro delle Finanze Quintino Sella, fu fondato anche in Italia il Club Alpino Italiano. Fra i vari compiti statutari ci fu anche quello di provvedere a un servizio di soccorso per i propri Soci e per quanti frequentassero le montagne. I tempi non erano ancora maturi per la creazione di una solida organizzazione di soccorso e per parecchio tempo le iniziative furono portate avanti da singoli gruppi, che operavano autonomamente nei paesi posti ai piedi di grandi gruppi montuosi. Nel 1926 la Sezione di Lecco, il CAI-UGET di Torino, la Società Alpina delle Giulie costituiscono squadre di soccorso alpino. Nel 1932 il CAI, tramite il proprio Comitato scientifico diretto da Ardito Desio, approva il Regolamento per l'assistenza sanitaria in Montagna con la creazione di alcune stazioni di soccorso appoggiate alle locali sezioni CAI.(3) Nel 1938 il CAI istituisce il "Contributo di Soccorso Alpino" in tutti i rifugi per l'acquisto di attrezzature sanitarie. (2)

11 11 Il conflitto bellico interruppe anche queste attività ma già dal 1946 numerose Sezioni CAI organizzano squadre si soccorso alpino e la SAT di Trento istituisce un vero e proprio Corpo di Soccorso Alpino. Il problema fu nuovamente affrontato e radicalmente risolto, grazie anche alla lungimiranza dell allora Presidente Generale del CAI Bartolomeo Figari, nel 1954 quando, il 12 dicembre, il Consiglio Centrale del CAI deliberò l istituzione del Corpo Soccorso Alpino (CSA). Alla guida dello stesso fu chiamato il dott. Scipio Stenico che aveva maturato notevole esperienza nella conduzione delle squadre trentine di soccorso. L Italia fu divisa in Delegazioni e Stazioni di Valle, rette da un Responsabile. Nel primo anno i Volontari iscritti al Corpo furono 1414, racchiusi in 76 stazioni e 10 Delegazioni (Tarvisio-Udine, Belluno, Alto Adige, Trento, Edolo, Bergamo, Sondrio, Borgosesia, Aosta e Domodossola). Compito dei vari Delegati fu di impiantare a livello locale squadre di Volontari, composte d elementi di provata capacità alpinistica, creare una rete d allertamento con posti di chiamata e provvedere alla dotazione dei materiali occorrenti. Nel 1960 fu stipulato con il S.A.R. dell Aeronautica Militare una convenzione per il reciproco intervento in caso di soccorso ad alpinisti o la ricerca di velivoli dispersi in territorio montano, tale accordo sarà poi rinnovato nel 1970 ed è tuttora in piena attuazione. Nel 1963 lo Stato italiano con la legge n 91 del 23 gennaio, affidava al C.A.I....il compito di assumere adeguate iniziative tecniche per il soccorso d alpinisti ed escursionisti infortunati o pericolanti per qualsiasi causa, nonché per il recupero delle salme dei caduti.... Nel 1967, grazie al nuovo regolamento, il Corpo assunse la denominazione di Corpo Nazionale Soccorso Alpino (CNSA). Nel 1968 entra a far parte del CNSA il Soccorso Speleologico. Nel 1969 il Corpo è insignito della Medaglia d oro al Valore Civile.

12 12 Nel 1976 fu risolto lo spinoso problema delle comunicazioni radio, con l assegnazione da parte del competente Ministero di un apposita frequenza operante sulla banda dei 4 metri. Il 24 dicembre 1985 lo Stato italiano promulgava la legge n 776, che rifacendosi alla legge n 91 del 1963 all art. 2 cita " Il Club Alpino Italiano provvede a favore sia dei propri soci sia di altri all'organizzazione d idonee iniziative tecniche per la vigilanza e la prevenzione degli infortuni nell'esercizio delle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, per il soccorso degli infortunati o dei pericolanti o per il recupero dei caduti". Nel 1990 il CAI delibera il passaggio del CNSA a Sezione Particolare con l attuale denominazione di CNSAS. Nel 1992, lo Stato italiano varava la legge n 162: Provvedimenti per i Volontari del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico per l agevolazione delle relative operazioni di soccorso, dove l art. 1, sancisce ai Volontari il diritto ad astenersi dal lavoro nei giorni in cui si svolgono le operazioni di soccorso alpino e speleologico o le relative esercitazioni di carattere nazionale o regionale. Nel 1996 è stato firmato un protocollo d intesa con le squadre S.A.G.F. (Soccorso Alpino Guardia di Finanza), per la collaborazione durante operazioni o esercitazioni congiunte di soccorso. Nella legge 21 marzo 2001, n 74 Disposizioni per favorire l attività svolta dal Corpo Nazionale Soccorso alpino e Speleologico l art. 1 cita: La Repubblica riconosce il Valore di solidarietà sociale e la funzione di servizio di pubblica utilità del CNSAS. Sono altresì riconosciute le Scuole nazionali ed il CNSAS diventa soggetto di riferimento con il Sistema sanitario nazionale per il soccorso in montagna e per la formazione tecnica del personale d altre organizzazioni, nonché interlocutore privilegiato con ENAC per la predisposizione delle certificazioni per i tecnici dell elisoccorso in montagna.

13 13 Il 27 dicembre 2002 l articolo 80 della legge finanziaria evidenzia che il soccorso in montagna, in grotta ed in ambienti ostili è di norma attribuito al CNSAS con il compito di coordinare i soccorsi in caso di presenza d altri enti od organizzazioni, con esclusione delle grandi calamità, di competenza della Protezione civile. Il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) è una sezione specialistica del Club Alpino Italiano i cui elementi hanno precise competenze di portare soccorso con efficacia e rapidità a persone infortunate e pericolanti, compreso l eventuale recupero salme, la ricerca di persone disperse in zone impervie, non necessariamente in alta quota, che richiedono l impiego di personale specializzato in tecniche alpinistiche, tecniche di primo soccorso e in quelle di soccorso alpino e di soccorso in grotta. L operatività del CNSAS si estende per tutto il territorio nazionale, dalle Alpi agli Appennini, in particolare in ambiente ostile e in tutte le zone impervie. Per le stesse si devono intendere non solo, come solitamente si pensa, le classiche pareti rocciose o le vie ferrate, ma anche e soprattutto i nevai ed i ghiacciai, le cascate di ghiaccio, le valanghe, gli impianti a fune, le piste da sci, le grotte, i torrenti ed ogni altro ambiente (colline, boschi, ecc ), che richiedono, per le particolari condizioni di tempo e di luogo, l esclusivo impiego di personale qualificato.il personale è

14 14 composto da circa 7187 operatori, di cui 300 sanitari, tra Infermieri e Medici, oggi il CNSAS è attivo su tutto il territorio nazionale. Una Direzione Nazionale, 21 servizi regionali, articolati in 32 delegazioni, costituiscono la spina dorsale della struttura. La copertura capillare è assicurata da 240 stazioni alpine e speleologiche.

15 15 STAZIONI SOCCORSO ALPINO STAZIONI SOCCORSO SPELEOLOGICO Il CNSAS Lombardo esplica la sua funzione su tutto il territorio montuoso ed impervio della regione. Uomini e mezzi fanno capo alle delegazioni del CNSAS Lombardia, che a loro volta si distribuiscono sul territorio in stazioni, dislocate in punti cruciali del territorio alpino lombardo: V delegazione Bresciana VI delegazione Orobica VII delegazione di Valtellina e Valchiavenna XIX delegazione Lariana delegazione speleologica Animati da spirito solidaristico e dalla profonda conoscenza dell ambiente montano, i volontari del CNSAS, da mezzo secolo rappresentano un punto di riferimento per le richieste di soccorso in montagna ed in ambiente impervio.(3)

16 Dove opera il Soccorso Alpino L insieme di scenari dove opera il Soccorso alpino si possono unificare con la sola definizione di impervio. Con il termine impervio si intende luogo difficile da raggiungere, da percorrere, da attraversare perché scosceso, accidentato, mal agevole. Ma, quando si deve pensare a un emergenza sanitaria, l ambiente impervio va pensato come luogo in cui si devono considerare i seguenti elementi (4): Accesso alla scena Condizioni climatiche Luce naturale Terreno Speciali necessità di trasporto e gestione Tempi di accesso e trasporto Personale disponibile Comunicazioni Il paziente vittima di questo ambiente può aver bisogno di una squadra di soccorso con corde, picozze da ghiaccio e ramponi pertanto i sanitari si trovano ad affrontare problematiche assistenziali impegnative quali ad esempio ipotermia, stabilizzazione del paziente, gestione delle ferite e fabbisogno di cibo e liquidi I principali scenari dove opera il Soccorso Alpino sono in ambiente montano, impervio, ipogeo e forra; eccezionalmente in ambiente antropico e subacqueo.(4)

17 17 1. Soccorso in ambiente montano. Autore Andrea Marinello S.I.S.S.I.

18 18 Intervento via aria : - tempi rapidi - medicalizzazione rapida - evacuazione rapida - possibilità di trasportare più squadre e più materiali - trasporto rapido verso la struttura più idonea - agevole assistenza durante il trasporto - intervento solo diurno - direttamente correlato alla situazione ambientale e metereologica - stress non abituato al mezzo aereo (5)

19 19 3. Soccorso in ambiente ipogeo. 4. Soccorso in ambiente antropico.

20 20 5. Soccorso in ambiente subacqueo. 6. Soccorso in ambiente forra.

21 Figure professionali che operano nel Soccorso Alpino Ciascun volontario può svolgere compiti appartenenti a diverse categorie, nel rispetto dei percorsi formativi ed addestrativi previsti. Le figure professionali che costituiscono il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino sono: Operatore di Soccorso Base (O.S.B.) La qualifica permette un autonomia di movimento dell Operatore, su sentieri di tutte le difficoltà, terreni impervi con limitati salti di roccia e terreni innevati con difficoltà modeste che non richiedano l uso di attrezzature specifiche tipo piccozza o ramponi. L Operatore svolge operazioni di ricerca e soccorso, con esclusione di manovre tecniche che prevedano l uso di corde durante il trasporto di feriti. L uso delle corde è consentito limitatamente alla gestione della sicurezza personale (corda fissa, discesa a corda doppia) o assistenza ad altro personale del C.N.S.A.S. (brevi calate su corda singola). Operatore di Soccorso Alpino (O.S.A.) La qualifica abilita l Operatore a interventi su tutti i terreni trattati nelle fasi di formazione e verifica, con autonomia di movimento anche su terreni alpinistici in ambiente roccia, neve e ghiaccio. L Operatore svolge operazioni di ricerca e soccorso, effettuando anche manovre tecniche che prevedono la messa in sicurezza di terreni impervi e/o alpinistici, la collaborazione nella gestione della sicurezza del personale impegnato nelle operazioni di soccorso e il trasporto dei feriti con l impiego dei vari sistemi previsti.

22 22 Operatore Tecnico Sanitario (O.T.S.) La preparazione di questa figura è prevalentemente di tipo sanitario e ha lo scopo principale di portare un soccorso tecnico-medicalizzato anche in ambiente escursionistico e alpinistico. Gli Operatori devono tuttavia garantire un minimo di preparazione tecnica individuale, tale da permettere il raggiungimento dei luoghi d intervento in tempi ragionevoli e con modalità di sicurezza adeguate. Tecnico di Soccorso Alpino (Te.S.A.) Questa figura tecnica deve avere una buona capacità tecnica-organizzativa nelle operazioni di soccorso, assumendo il ruolo di Capo squadra nelle fasi di gestione della sicurezza del personale e nelle scelte tecniche più appropriate allo svolgimento corretto del soccorso. Tecnico di Elisoccorso (T.E.) E la qualifica operativamente a livello più avanzato che richiede grande esperienza di movimentazione e soccorso su tutti i terreni, oltre ad una buona capacità di valutazione operativa e di scelta in tempi rapidi. E abilitato a tutte le manovre con l elicottero. Di fondamentale importanza la capacità di rapportarsi con le altre figure impegnate nelle operazioni di soccorso (parte aeronautica, sanitaria, soccorso a terra ed altre organizzazioni). Unità Cinofile. Le Unità Cinofile da Valanga (U.C.V.) sono costituite da conduttori con almeno qualifica O.S.A., e da un cane ed è abilitata ad eseguire operazioni di soccorso di ricerca travolti da valanga. Unità Cinofile da Ricerca in Superficie (U.C.R.S.)

23 23 Unità Cinofile da Ricerca Molecolare (U.C.R.M.) Unità Cinofile da Ricerca Catastrofe (U.C.R.C.) Operatore di Soccorso Speleologico La qualifica abilita l Operatore a interventi su tutti i terreni trattati nelle fasi di formazione e verifica. L Operatore svolge operazioni di soccorso, effettuando anche manovre tecniche che prevedono la messa in sicurezza di terreni impervi, la collaborazione nella gestione della sicurezza del personale impegnato nelle operazioni di soccorso e il trasporto dei feriti con l impiego dei vari sistemi previsti. ORGANIGRAMMA DELLE FIGURE PROFESSIONALI APPARTENENTI AL SOCCORSO ALPINO (3)

24 l equipe sanitaria del CNSAS L attività e la presenza di molti medici, spesso medici condotti delle valli alpine ha permesso lo sviluppo di un soccorso efficace che, in tempi relativamente brevi, permetteva di prestare le prime cure all incidentato. Anche l attrezzatura in dotazione al Soccorso ha subito importanti modifiche; gli zaini sanitari, le barelle e i presidi utilizzati sono sempre più tecnici e pratici. Il Dott Scipio Stenico è stato uno dei fondatori del corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico e della CISA/ IKAR (un organizzazione internazionale che raccoglie tutte le organizzazioni di Soccorso Alpino dei diversi paesi del mondo).

25 25 Attualmente il CNSAS è composto da circa 300 medici ed infermieri, una commissione medica nazionale e 2 scuole, una alpina e una speleo che collaborano nel progetto formativo di medici, infermieri e tecnici laici al fine di mantenere una competenza sanitaria adeguata all ambiente in cui operano. Il profilo professionale del sanitario prevede che lo stesso abbia il titolo di studio di Laurea In Medicina e Chirurgia o Laurea in Scienze Infermieristiche o qualifica di Infermiere. 2.5 L infermiere del CNSAS L infermiere CNSAS è colui che pianifica l assistenza infermieristica nell area dell emergenza urgenza in ambiente impervio ed ostile. L infermiere valuta lo stato di criticità del paziente e stabilisce le priorità assistenziali collaborando all interno dell equipe multiprofessionale, collabora allo sviluppo delle competenze del gruppo sanitario e dei soccorritori CNSAS. Le capacità che lo distinguono sono: Autocontrollo ; saper conservare un atteggiamento equilibrato anche in condizioni di forte tensione, mantenendo sicurezza nelle prestazioni sanitarie assistenziali in situazioni di emergenza che tendono a coinvolgere emotivamente Decisione; capacità di stabilire priorità scegliendo l intervento più adeguato tra diverse alternative, con ponderatezza e tempestività, anche in condizioni di incertezza, carenza o compessità delle informazioni e/o ambientali. Cooperazione ; volontà di lavorare in collaborazione con gli altri e di essere parte di un gruppo di professionisti. Organizzazione; capacità di pianificare e organizzare l intervento dal punto di vista sanitario, tenendo in considerazione le varibili ambientali e i materiali a disposizione.

26 26 Valutazione; capacità di raccogliere informazioni sullo stato di salute del paziente valutandole attraverso il ragionamento diagnostico, per prendere delle decisioni operative. In aggiunta a queste capacità distintive, emerge l importanza dello sviluppo e mantenimento delle competenze tecnico-alpinistiche affiancate a quelle sanitarie formative. La formazione sanitaria può essere esterna ed interna: - Esterna, di tipo curriculare, lavorativa o da corsi accreditati che hanno come argomento la medicina di urgenza/ emergenza, la medicina di montagna. - Interna, acquisita con la partecipazione dei singoli professionisti ai corsi di formazione della scuola nazionale medici per l emergenza ad alto rischio in ambiente montano CNSAS o programmi accreditati dalla stessa che formano e operano con professionalità, entusiasmo, per tutto il tempo necessario. Le abilità prioritarie che devono essere mantenute possono essere riassunte nella capacità di: - Saper riconoscere e gestire le situazioni che sono argomento di ALS medico e traumatico ( ILCOR / AHA / ERC PHTLS ) - Saper riconoscere e gestire le situazioni più specifiche dell ambiente in cui si opera ( es: i problemi determinati dal trasporto in barella via terra e via aerea, gestione del travolto da valanga, mal di montagna, sindrome da sospensione, folgorazione, morsi d animale ) per quanto di competenza (6) All interno del CNSAS, l infermiere diviene quindi uno degli anelli fondamentali ed indispensbili, è infatti quest ultimo ad erogare le prime cure di assistenza,in collaborazione con il medico, e a creare le situazioni affinchè l infortunato sia stabilizzato sul posto. Grazie alle competenze in suo possesso, unite a specifiche conoscenze delle tecniche di soccorso in montagna, l equipe sanitaria è in grado di portare l ospedale sul luogo dell evento, per garantire un notevole miglioramento del follow-up dei pazienti ed allo stesso tempo,

27 27 assicurare un ruolo di centralità e grande responsabilità.. Un opportunità ricca di esperienza per una crescita professionale che amplifichi i comuni orizzonti e gli scenari dell infermieristica dell emergenza. 2.6 Impatto emotivo del soccorritore Gli operatori del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico sono volontari la cui preparazione è per lo più orientata all addestramento operativo nei possibili scenari d intervento; la preparazione psicologica, invece, non sempre risulta essere appropriata e sufficiente per affrontare le situazioni in cui essi sono chiamati ad intervenire. I soccorritori, durante gli interventi in cui sono impegnati, si trovano ad affrontare una sorta di compito paradossale che consiste nel dover far funzionare in modo sano all interno di un contesto in cui le vittime ( e gli eventuali parenti presenti) hanno diritto di funzionare in modo folle. Per folle si intende l insieme delle reazioni di difesa e adattamento delle vittime e dei loro congiunti, che sono da considerarsi assolutamente normali visto il contesto di emergenza, ma che denotano una grande sofferenza e che possono essere difficili da gestire: tra questi si ricorda la paura, la rabbia, il senso di colpa, l inibizione dei sentimenti, la confusione, lo sconforto e il dolore. Generalmente i professionisti e i volontari che operano in situazioni di emergenza, sviluppano una soglia di tolleranza abbastanza elevata nei confronti delle situazioni che possono mettere a repentaglio il loro equilibrio psichico. Tuttavia, il rischio che essi siano coinvolti nelle esperienze traumatiche, delle persone che soccorrono deve essere tenuto in considerazione: traumatizzazione vicaria è il nome che viene dato a questo particolare processo a causa del quale il soccorritore vive in prima persona il trauma, non per esposizione diretta, ma per il contatto con la persona soccorsa e per il coinvolgimento empatico con il suo vissuto traumatico.

28 28 Cosi mentre i nervi saldi e il cuore freddo consentono di affrontare le situazioni più drammatiche ed emotivamente crudeli, l essere sottoposti troppo a lungo o troppo spesso a queste circostanze, che richiedono un controllo emotivo particolare, possono condurre ad uno stato d iperattività permanente e lentamente può manifestarsi una sindrome da stress del soccorritore. Un utilizzazione eccessiva del sistema adrenergico produce un sovraccarico, con veri segni e sintomi riconducibili ad una patologia distribuita a più livelli. Il soccorritore adrenergicamente sovraccaricato, ha alterato l asse ipotalamoipofisario, la funzione delle ghiandole surrenali (che producono adrenalina) e parallelamente nei casi trascurati, si possono verificare alterazioni a carico del sistema di controllo del ritmo cardiaco ed un aumento del catabolismo metabolico. Inoltre se la capacità sviluppata od innata, in chi opera nell ambito del soccorso, di riuscire a rispondere prontamente ad una situazione di crisi con un attivazione immediata che gli antichi nominavano con estote parati (state pronti), permette in qualsiasi momento del giorno e della notte di rispondere al top delle proprie funzioni psicofisiche, la permanenza in questo stato di allerta per troppo tempo, mantiene iperattivo il sistema neuromuscolare oltre che endocrino e può arrivare ad interferire con il ritmo sonno-veglia, riducendo i processi di scarica e di rilassamento. In un quadro così descritto può suonare forse allarmante ed in parte può diventarlo, se non viene in qualche misura corretto sia dalla consapevolezza psicologica che esiste questo rischio, sia tramite la variazione e la modulazione dei propri comportamenti. E perciò necessario rivisitare le proprie risorse, rispettare i propri limiti, impegnarsi nella giusta misura, senza peraltro far scadere le motivazioni. Ci dobbiamo consentire uno spazio personale di rilassamento della mente e del corpo. In particolare per ridurre od arrestare l evolversi di questa sindrome, è utile il confronto ed il dialogo con i colleghi per rivivere in maniera differita le esperienze comuni e rivedere i comportamenti.

29 29 E bene essere disposti ad accettare le proprie reazioni emotive e condividerle con chi ha maturato maggior esperienza, cercando di esprimere i motivi da cui nascono. La famiglia può essere un ambito di ricongiungimento psicologico con l attività del soccorso, quando si riesca a convolgerla in maniera utile nel proprio vissuto e a presentarle positivamente l ambiente lavoro. Questa però non è la strada sempre percorribile perché se la famiglia non riesce a comprendere, oppure è oppositiva nei confronti del tempo che dedicate all emergenza, può essere questa stessa a generare tensioni che aumentano o alimentano lo stato di stress. Un importanza particolare deve essere riservata ai corsi di aggiornamento o di formazione, questo perché da un lato permettono di rendere più sicuro dei propri mezzi il soccorritore e dall altro lo portano a confrontarsi criticamente con quanto spesso viene fatto per abitudine. Nei casi di stress più avanzati, è necessario diminuire l attività e magari prendersi una piccola vacanza. Rivalutare e rivivere le ragioni che hanno portato a questa scelta in un ambiente dove sono presenti stimoli diversi permetterà di ritrovare le giuste prospettive, misure e motivazioni; riscoprire la gioia del lavoro svolto, riacquistando magari l umorismo perduto, senza rischiare di scivolare nel cinismo per eccessiva abitudine al dolore degli altri. In definitiva arrivare a conoscere se stessi per recuperare anche le proprie fragilità e fallibilità. (7)

30 30 3- L evento valanghivo: 3.1 Definizione Con il termine valanga si intende ogni processo di mobilizzazione di masse nevose che prendono avvio da un versante montano e proseguono la loro corsa sino a quando la ridotta pendenza e/o ostacoli ne provocano l arresto La causa è la rottura della condizione di equilibrio presente all'interno del manto nevoso per effetto di uno stress interno che porta al raggiungimento del carico di rottura ovvero, quando la forza di gravità che agisce sul pendio innevato supera le forze di coesione del manto nevoso che agiscono in senso opposto.

31 31 Il termine slavina è essenzialmente sinonimo. Durante la discesa la valanga può coinvolgere altra massa nevosa assumendo così dimensioni via via maggiori e raggiungere velocità anche superiori ai 300 km/h. Il distacco della massa di neve può essere provocato da varie cause: naturali, umane (sciatori), azione del vento, ecc. I meccanismi fisici e la dinamica sono dunque simili per certi versi a quella di una frana con il manto nevoso che sostituisce il terreno (8) 3.2 Fattori scatenanti Le cause di una valanga possono essere: naturali, artificiali o naturali ed artificiali. TRA LE CAUSE NATURALI: IL sovraccarico nevoso al di sopra di un pendio che causa un aumento della forza di gravità che agisce contro la forza di coesione dei cristalli di ghiaccio; tale rischio aumenta con l aumentare della pendenza e, nei versanti sottovento, per l'accumulo eolico di neve come ad esempio nei canaloni. Questo specifico fattore di rischio causa frequentemente

32 32 valanghe di fondo. Le precipitazioni nevose su un pendio innevato ghiacciato o già fortemente consolidato. In tale situazione, la ridotta coesione tra i due strati formatisi, determina una disomogeneità o discontinuità del profilo di coesione del manto nevoso che facilita lo slittamento e scorrimento a valle della massa nevosa superficiale (effetto scivolo e valanghe di superficie); queste valanghe superficiali sono comunemente dette slavine ed il rischio aumenta se la qualità della neve superficiale è resa pesante dall alta umidità dell'aria. Le precipitazioni piovose su un pendio abbastanza innevato che aumentano il carico gravitazionale e riducono contemporaneamente la forza di coesione sono situazioni che accompagnate all'innalzamento termico potrebbero innescare un evento valanghivo. L innalzamento termico che favorisce l'instabilità del pendio innevato,diminuisce la forza di coesione e, se provoca anche la fusione parziale del manto nevoso, il rischio di valanghe aumenta soprattutto nei versanti esposti a sud, per via della maggiore insolazione, nelle ore centrali della giornata e nel periodo primaverile di disgelo. Il vento in quanto agisce meccanicamente aumentando localmente il carico gravitazionale o diminuendo le forze di coesione fino al raggiungimento e superamento del carico di rottura; tale rischio aumenta con l'intensità del vento e nei versanti sopravvento. Il distacco di seracchi o frane che possono innescare valanghe sui pendii innevati sottostanti se vicini al limite del carico di rottura. I distacchi di seracchi o frane sono le cause tipiche dell'alta quota e delle stagioni calde. TRA LE CAUSE ARTIFICIALI:

33 33 IL passaggio di uno o più sciatori o alpinisti su un pendio a rischio ovvero vicino alla soglia limite di rottura; l'azione scatenante potrebbe essere causata anche solo attraverso il peso di uno sciatore mentre si dirige verso valle o sta effettuando manovre brusche o fortemente sconsigliate come la traversata longitudinale di un pendio a rischio. Le cariche di esplosivo volutamente innescate al fine di produrre una valanga artificiale e diminuire il rischio connesso all'instabilità conclamata del pendio. Si parla in questo caso di distacco preventivo. Le valanghe sono più frequenti nel periodo primaverile quando si sommano molti dei fattori di rischio sovraesposti. (6-8-9) 3.3 Classificazione delle valanghe Le valanghe vengono classificate in base al: - Tipo di distacco ( valanga a debole coesione e valanga a lastroni) - Superficie di slittamento ( di superficie o di fondo) - Umidità della neve ( umida/bagnata o polverosa / nubiforme ) - Forma del percorso (incanalata o di versante) - Tipo di movimento (radente al pendio, solitamente neve molto bagnata e non supera i 50 km/h nubiforme, solitamente neve asciutta e può arrivare a 300 km/h combinata ) - Causa scatenante (spontanea - provocata) con forte o con debole sovraccarico. ALCUNE RAPPRESENTAZIONI DI VALANGHE

34 Classificazioni incidenti da valanga: A. INCIDENTI IN AREE ISOLATE: In questo gruppo rientra il maggior numero di incidenti mortali, le vittime sono solitamente persone praticanti sci alpinismo che provocano la valanga attraversando la zona di distacco. A volte il distacco della stessa va a colpire il gruppo di persone più a valle.

35 35 B. INCIDENTI NEI COMPRENSORI SCIISTICI: le vittime possono essere rappresentate sia da chi scia per motivi di servizi che dal pubblico in genere C. INCIDENTI SULLE STRADE: Una valanga può avere forza sufficiente da spostare o capovolgere anche autoveicoli transitanti sulle strade di montagna. I grossi mezzi meccanici addetti allo sgombero della neve corrono rischi elevati essendo i primi mezzi a transitare in zone a rischio. In questi casi il conducente ha una maggior probabilità di sopravvivenza se rimane all'interno della macchina, a meno che la neve, rompendo i vetri non lo abbia immobilizzato e ne impedisca la respirazione. 3.5 Principali categorie di persone convolte: Secondo le classificazioni adottate dalla CISA-IKAR, gli incidenti da valanga riguardano due principali categorie di attività: Attività ricreative che comprendono lo sci alpinismo (escursionismo con pelli di foca e/o racchette da neve); lo sci fuori pista (sciatori/snowboarder); lo sci in pista e l alpinismo (anche su cascate di ghiaccio);

36 36 Attività non ricreative quali gli incidenti avvenuti su vie di comunicazione, o che hanno coinvolto case o centri abitati. Lo sci alpinismo è attività ricreativa che ha il maggior numero di vittime in Italia con una media di 9 all anno e una percentuale del 49%. Le attività legate all alpinismo in Italia sono al secondo posto con il 19% di vittime in seguito al crescente numero di incidenti alpinistici estivi e alla disciplina dell ice climbing. La terza attività più rappresentata, che in Italia conta il 17% delle vittime con 4 morti a stagione invernale è lo sci fuori pista. rappresentazione grafica delle distribuzione per categorie delle vittime da valanga in Italia dal 1985 al 2009 DISTRIBUZIONE TEMPORALE DEGLI INCIDENTI DA VALANGA Dal 1984 ad oggi in Italia sono avvenuti incidenti da valanga tutti i mesi dell anno con una maggior concentrazione stagionale, peraltro ovvia, da dicembre ad aprile (89%). I mesi di novembre e maggio hanno avuto circa lo stesso numero di incidenti. Per quanto riguarda la distribuzione settimanale, il maggior numero di incidenti si verifica durante il fine settimana (55%), mentre la restante percentuale si distribuisce equamente fra gli altri giorni, con la sola eccezione del lunedì (12%)

37 37 con un numero lievemente superiore. (rappresentazione grafica della distribuzione degli incidenti da valanga in relazione ai giorni della settimana ) (10) MORTALITA' Nel periodo , in Italia sono state travolte da valanghe 2035 persone in 958 incidenti, 467 sono decedute (23%), mentre 1569 sono sopravvissute(77%). Determinante nella definizione di queste percentuali si è rivelato il tipo di seppellimento.

38 38 ( rappresentazione grafica delle vittime da valanga in Italia dal 1967 al 2009 ) Altro aspetto molto importante e determinante per la percentuale di sopravvivenza è il tempo di seppellimento. La curva di sopravvivenza in valanga, elaborata sulla base di 422 casi verificatisi tra il 1981 e il 1991, indica che nei primi 15 minuti le persone sepolte sotto la neve possono essere salvate se non hanno riportato lesioni fatali. Successivamente, fra i 15 e i 35 minuti del seppellimento si verifica una brusca caduta delle probabilità di sopravvivenza dal 92% al 30% (Brugger e Falk 1992). Solo i travolti che dispongono di una cavità d aria riescono a sopravvivere senza rischi mortali fino a 90 minuti, poiché le cause principali dei decessi sono l asfissia e l ipotermia (Brugger) Rappresentazione della Curva di sopravvivenza

39 Prevenzione: Alcune conoscenze teoriche quali i fattori scatenanti dell evento valanghivo, le tipologie di valanghe, insieme alla conoscenza della situazione nivometeo attuale, la pianificazione della gita, l utilizzo di una attrezzatura adeguata e il saper mettere in atto comportamenti corretti in situazioni difficoltose o rischiose sono fattori determinanti nel capitolo della prevenzione. Nel capitolo della prevenzione è prioritario l abituale consultazione dei bollettini nivometereologici che permettono di conoscere l'innevamento, lo stato del manto nevoso (quantità, struttura e grado di consolidamento); inoltre individuano tipologie di zone a rischio, probabilità e condizioni di distacchi, quantità e dimensioni delle valanghe. I bollettini nivologici indicano anche la probabile evoluzione degli eventi sopra descritti. La consultazione fatta con regolarità permette di conoscere, oltre alla situazione attuale e alle previsioni, la "storia" del manto nevoso nella stagione; ad esempio: precipitazioni, temperature, venti; vecchi accumuli da vento, pericolosi; lo zero termico (quota min con t sempre <0) ed il regime delle temperature nel tempo. Nel capitolo della prevenzione rientra anche la conoscenza della scala europea del rischio.

40 40 ( rappresentazione grafica della relazione tra incidenti da valanga e indice di pericolo) La Scala Europea del rischio valanga è uno strumento per oggettivare il pericolo. Il pericolo è quantificato con un valore che va da 1 a 5. Dove solo con grado 1 c'è una certa tranquillità; con il grado 2 vanno considerate locali zone pericolose, con il grado 3 le possibilità sono limitate, con il 4 fortemente limitate, con il 5 meglio "stare a casa". La scala non è lineare, quindi il grado 3 non è un rischio medio ma più elevato; per il distacco può bastare in vari casi un debole sovraccarico (peso della persona). Al crescere del grado aumenta la possibilità di distacchi spontanei, con frequenza, diffusione e dimensioni via via crescenti. E importante ricordare che il rischio provocato è legato alle linee di percorso scelte, quello spontaneo anche all'ambiente sovrastante il percorso.

41 41 SCALA EUROPEA DEL RISCHIO VALANGHE Anche la pianificazione della gita è un azione fortemente raccomandata nel capitolo della prevenzione primaria. Pianificare la gita significa ipotizzare una meta solo dopo aver consultato i bollettini nivometereologici, la scala europea del rischio, dopo aver valutato la

42 42 preparazione di ogni componente del gruppo e stabilito un orario di partenza tenuto conto anche dei possibili imprevisti, contrattempi e soste. Per quanto riguarda l attrezzatura è fondamentale che sia adeguata. Con il termine adeguata si intende oltre a quella "normale" (sci + coltelli, racchette) è indispensabile avere con sé ARTVA, sonda, pala, i ramponi, il telino di sopravvivenza ed eventuale attrezzatura alpinistica (corda, piccozza, etc.); da ultimo può essere necessario munirsi di specifici sistemi di protezione quali: piastre Recco, ABS (per galleggiamento), AVALUNG (boccagli e filtro per respirare), funicelle da valanga, etc. Mettere in atto misure di protezione significa in oltre saper mantenere per tutta la durata del itinerario un livello alto di attenzione al fine di: riconoscere la presenza di pericoli (lastroni, accumuli, cornici in cresta); evitare pendii sottovento, specie se molto inclinati e in ombra, e sotto cornici; far attenzione ai pendii appena sotto creste/costoni (possibili sedi di lastroni), ai canaloni, alle concavità del terreno, agli accumuli privilegiare costoni, dorsali, gobbe, creste. seguire punti che offrono protezione naturale (rocce, alberi, pianetti). superare i pendii sospetti lungo la massima pendenza, magari sci in spalla e ricordare che non è detto che le tracce esistenti siano sicure. rispettare gli orari (es. il sole allenta la neve e può renderla pericolosa, oltre che faticosa) garantire una progressione a distanza di sicurezza e mantenere una sciata poco brusca al fine di ridurre il sovraccarico Inoltre è bene tenere presente che la nebbia può far perdere tempo/energie e che i rialzi termici a volte non sono percepibili direttamente perché si è in ombra di vento o in conche più fredde. In caso si sospetti un pericolo di non stabilità del manto nevoso è buona norma

43 43 saper effettuare prove empiriche di stabilità quale il test del bastoncino, test della pala, test di compressione, test del cuneo di slittamento, per individuare strati deboli, determinare il grado di coesione, e decidere il "passo/non passo". Le manovre di autosoccorso sono azioni da compiere per effettuare prevenzione secondaria quando si viene investiti da valanga pertanto devono essere conosciute per essere messe in atto in modo corretto. Pertanto, se si viene investiti, cercare la fuga laterale, liberarsi degli sci, tentare di galleggiare/nuotare, chiudere la bocca, cercare di crearsi una camera d'aria. Se si è osservatori fissare il punto di scomparsa per ridurre l'area di ricerca dal punto di scomparsa in giù. Nel capitolo della prevenzione secondaria è fondamentale il corretto funzionamento dell ARTVA (Apparecchio Ricerca Travolti in Valanga) poichè è lo strumento di ricetrasmissione fondamentale che permette una localizzazione della vittima sepolta entro pochi minuti solo se correttamente indossato e acceso. Tale strumento deve essere provato prima di iniziare la gita, le pile devono essere tenute ben cariche e deve essere messo in trasmissione all inizio della gita; in ricezione per la ricerca. ARTVA, pala e sonda sono strumenti indispensabili per disseppellire la vittima. La pala permette di scavare circa 1 m^3 in meno di 10 minuti, utilizzando gli sci si riesce a scavare la stessa quantità in circa 30 minuti e a mano in circa 1 ora. Se in profondità, la zona individuata può essere ampia (alcuni m2), la sonda permette una localizzazione puntuale, evitando di scavare molti m3 risparmiando così tempo prezioso. (8-11)

44 44 4- Patologia da valanga Le patologie che colpiscono il soggetto travolto da valanga sono: l ipotermia il trauma e l asfissia. 4.1 Ipotermia L ipotermia è la condizione definita da una temperatura corporea centrale inferiore ai 35 C e si definisce severa al di sotto dei 30 C. Nei paesi a clima freddo l ipotermia accidentale severa rappresenta un problema frequente e clinicamente impegnativo che richiede un trattamento sanitario rapido e complesso. L ipotermia può essere una condizione primitiva, conseguente ad immersione in acqua fredda o ad incidenti alpinistici (caduta in crepaccio, seppellimento da valanga, esposizione prolungata a basse temperature) o essere la complicanza di stati patologici quali disturbi metabolici, disturbi del sistema nervoso centrale, intossicazione da alcool e/o da farmaci. La velocità di raffreddamento del corpo non è correlata esclusivamente alla temperatura di esposizione poiché il vento e l umidità possono incrementarla in modo significativo: la perdita di calore è minore ad una temperatura esterna di 10 C in assenza di vento, rispetto a quella che si riscontra a più 10 C con vento a 32 Km/h (11-12) La temperatura riflette la risposta del corpo ad innumerevoli insulti: febbre ed ipotermia sono la manifestazione di un alterata termoregolazione. Nel misurare la temperatura corporea possiamo distinguere 2 distretti: la periferia (shel), costituita da cute ed apparato muscolare (temperatura periferica ) ; il core rappresentato dagli organi toraco - addominali e dal cervello (temperatura centrale ). L organismo umano è definito omeotermo perché fisiologicamente mantiene

45 45 costante la sua temperatura centrale al variare della temperatura ambientale, ciò avviene grazie all equilibrio tra termogenesi e termolisi. (21-22) La termolisi consiste nella dispersione di calore principalmente attraverso la cute, grazie ai meccanismi di conduzione, convezione, evaporazione e radiazione. La termogenesi è determinata dall attività metabolica dei tessuti sotto l influenza di diversi fattori: aumento del tono muscolare sino al brivido, regolazione della portata cardiaca e del tono vasale, aumento del metabolismo basale. L equilibrio tra termolisi e termogenesi è sotto il controllo del sistema nervoso centrale ( ipotalamo). L esposizione al freddo è responsabile di un aumento della dispersione di calore a livello della cute. L importanza del fenomeno è funzione del gradiente termico e della durata dell esposizione. Nei soggetti sani il meccanismo della termogenesi annulla le possibilità dell istaurarsi di ipotermia sino a quando le difese non vengono superate. Questa evenienza si verifica negli annegati, specie in acqua di mare, negli sciatori, e negli alpinisti investiti da valanghe. Sono state proposte varie classificazioni per definire il grado di ipotermia e le condizioni cliniche che lo caratterizzano.(13) La ICAR Medicom ( Commissione Medica Internazionale del Soccorso Alpino ) ha adottato un sistema semplice di stadi in cui vengono correlati temperatura

46 46 centrale e trattamento. Per il monitoraggio sono utilizzate le misurazioni della temperatura esofagea o timpanica. Attualmente non si conosce la temperatura minima nell uomo adulto alla quale ha successo una rianimazione: la temperatura rettale più bassa riportata in letteratura è di 13,7 C dopo 3 ore e mezza dall accaduto. (14) Quando la temperatura interna diminuisce a 35 C si verificano tassi massimali di vasocostrizione, brividi e metabolismo con incremento di frequenza cardiaca, ventilazione e pressione sanguinea. Il fabbisogno di ossigeno del metabolismo cerebrale si riduce dal 6 al 10% per ogni grado di diminuzione della temperatura interna. Quando la temperatura interna scende tra i 30 e i 35 C, funzione cognitiva, funzione cardiaca, metabolismo, frequenza respiratoria e brividi sono tutti significativamente diminuiti o completamente inibiti. A questo punto, i limitati meccanismi difensivi fisiologici che impediscono la perdita di calore del corpo falliscono e la temperatura interna cala rapidamente. A una temperatura interna di 29,5 C, gittata cardiaca e metabolismo sono ridotti approssimativamente del 50 %. Ventilazione e perfusione sono inadeguati e non supportano la richiesta metabolica, causando ipossia cellulare, aumento dell acido lattico ed infine acidosi respiratoria. L ossigenazione e il flusso ematico sono mantenuti preferenzialmente verso il core e il cervello. Compare bradicardia in una grande percentuale di pazienti quale effetto diretto del freddo sul sistema delle cellule pacemaker e di conduzione. L uso di Atropina è spesso inefficace per aumentare la frequenza cardiaca quando il miocardio è freddo. Quando la temperatura interna scende al di sotto di 30 C, il miocardio diviene eccitabile. Gli intervalli PR, QRS e QT sono prolungati. Il segmento ST e l onda T si alterano e può comparire l onda J ( o onda di Osborne) che può mimare altre alterazione dell ECG, come un infarto miocardico acuto (IMA).

47 47 Le onde J sono una forte caratteristica dell ECG nei pazienti ipotermici e si osservano in circa 1/3 dei pazienti ipotermici moderati o gravi ( <32 C ). L onda J è descritta come una deflessione a gobba tra il complesso QRS e la parte iniziale del segmento ST. L onda J è meglio visibile nelle derivazioni avl, avf e laterale SX. Compare fibrillazione atriale e grave bradicardia che possono continuare tra 28 e 32 C. Quando la temperatura interna raggiunge i 26,7-28 C, qualsiasi stimolazione fisica del cuore può dare origine a una fibrillazione ventricolare (FV). La RCP o una brusca manipolazione ( valutazione e movimento del paziente) del paziente potrebbe essere sufficiente a causare fibrillazione ventricolare. A queste temperature interne molto basse il polso e la pressione arteriosa sono impercettibili e le articolazioni sono rigide. Le pupille diventano fisse e midriatiche a temperature interne estremamente basse. E ancora, un paziente non dovrebbe essere presunto morto finchè non sia stato riscaldato e continui a non dare segni di vita (ECG, polso, ventilazione e funzione del sistema nervoso centrale). Con l esposizione acuta al freddo, il flusso ematico renale aumenta a causa dello shunt dovuto alla vasocostrizione. Successivamente, però, a C il flusso ematico renale risulta depresso del 50%. A questi livelli medio-gravi di ipotermia, la riduzione della gittata cardiaca provoca una caduta del flusso ematico renale e della velocità di filtrazione glomerulare, che a sua volta induce insufficienza renale acuta ( IRA). Valutazione del paziente ipotermico. Nei traumatizzati e nei pazienti critici, è importante iniziare la valutazione e ipotizzare l ipotermia proteggendo il paziente dal freddo ambientale; la valutazione comincia con ABCDE. La funzionalità neurologica è valutata e monitorata spesso.

48 48 Nei sistemi preospedalieri la temperatura rettale di solito non viene valutata sul campo pur essendo un parametro vitale importante. I termometri elettronici classici nei casi di ipotermia non sono utili per un accurata lettura. Per poter rilevare la temperatura corporea è necessario utilizzare un termometro rettale a basso range che sia omologato anche al funzionamento a basse temperature ambientali. I segni di brividi o alterazioni dello stato mentale sono importanti nella valutazione della sospetta ipotermia. I pazienti lievemente ipotermici ( temperatura centrale 32 C) avranno brividi e di solito mostrano segni di livello di coscienza alterato (confusione, parlare intorpidito, andatura anormale movimenti maldestri). Saranno lenti nelle azioni e in genere sono trovati in stato di immobilità. Quando la temperatura interna del paziente scende al di sotto di 32 C, è presente marcata ipotermia e il paziente probabilmente non si lamenterà di sentire freddo. Il brivido può essere assente e il LDC del paziente può essere fortemente ridotto, forse anche al punto di incoscienza e coma. Tuttavia, il livello di coscienza del paziente non è un indice affidabile del grado di ipotermia; alcuni pazienti sono rimasti coscienti con una temperatura interna inferiore a 27 C. Le pupille del paziente reagiscono lentamente o possono essere dilatate e fisse. I polsi del paziente possono essere ridotti o assenti e la Pressione Arteriosa può essere bassa o non rilevabile. La ventilazione del paziente può essere rallentata fino a 2 atti respiratori/ minuto.l ECG può dimostrare una fibrillazione atriale, la più comune aritmia. A mano a mano che il miocardio diventa più freddo è più irritabile, a circa 28 C si osserva spesso Fibrillazione Ventricolare ( FV). A causa delle alterazioni del metabolismo cerebrale, si può osservare evidenza di denudamento paradosso prima che il paziente perda conoscenza. Si tratta del tentativo del paziente di togliersi i vestiti mentre si trova in ambiente freddo e si ritiene che rappresenti la risposta a un imminente crollo della termoregolazione.

49 49 Il trattamento clinico dell ipotermia si basa sui seguenti tre livelli di temperatura corporea rettale : - ipotermia lieve: da 34 a 36 C - ipotermia moderata: da 30 a 34 C - ipotermia grave: < 30 C ( ) Trattamento del paziente ipotermico Il trattamento preospedaliero del paziente ipotermico consiste nel prevenire ulteriori perdite di calore, nella manipolazione delicata e nel riscaldamento, inoltre è importante avviare un trasporto rapido verso l ospedale adeguato. Questo include spostare il paziente da qualsiasi fonte di freddo in un ambulanza elisoccorso riscaldato o in un riparo caldo se il mezzo di trasporto non è immediatamente disponibile. Gli indumenti bagnati vanno rimossi tagliandoli con forbici da trauma per evitare movimenti non necessari ed agitazione da parte del paziente. Il timore di causare aritmie ventricolari per la manipolazione del paziente non deve comunque ritardare nessun intervento critico. Questo timore diventa più reale nei pazienti gravemente ipotermici (temperatura corporea interna < 30 C). Testa e corpo del paziente devono essere coperti con coperte calde o sacchi a pelo, sui quali posizionare una copertura esterna anti vento per evitare la perdita di calore da evaporazione e convezione. Se il paziente è cosciente e vigile, anticipare l ipoglicemia e somministrare liquidi caldi e zuccherati o altamente calorici. Il paziente deve evitare le bevande alcoliche o con caffeina. I pazienti ipotermici hanno bisogno di ossigeno ad alto flusso perché hanno un ridotti rilascio di ossigeno hai tessuti; la curva di dissociazione dell emoglobina si sposta a sinistra con il decrescere della temperatura interna. L ossigeno ad alto flusso deve essere erogato con una maschera no- rebreathr

50 50 o con pallone auto espandibile (AMBU). Idealmente, il paziente avrebbe maggior vantaggio da ossigeno riscaldato e umidificato (42-46 C). Quando possibile, somministrare ossigeno riscaldato prima degli spostamenti può evitare la FV durante il trasporto. Nei pazienti ipotermici non responsivi, il riscaldamento passivo sarà insufficiente ad aumentare la temperatura interna. Tali pazienti avranno necessità di una via aerea supplementare per protezione e questo deve essere fatto in base alla rigidità della mandibola. Se l intubazione endotracheale non può essere ottenuta con successo senza manovre grossolane, continuare la ventilazione con pallone AMBU e prendere in esame un altro supporto avanzato delle vie aeree ( es: combi tube, maschera laringea, intubazione nasale). La necessità di un accesso venoso è controversia: una via periferica è spesso molto difficile da reperire, sia per l importante vasocostrizione del paziente, che le difficili condizioni ambientali in cui spesso si deve operare. In oltre il reperimento di un accesso venoso non strettamente necessario può comportare ritardi nell evacuazione del paziente, che, ricordiamo, deve avvenire sempre nel più breve tempo possibile. Dove si rende necessaria la somministrazione di una terapia è fortemente raccomandata la via di somministrazione intraossea (4). La soluzione fisiologica,meglio con glucosio al 5% dovrebbe essere riscaldata a 43 C e somministrata senza muovere il paziente. Al paziente ipotermico non devono essere somministrati liquidi freddi (a temperatura ambiente) perché questo potrebbe raffreddare di più il paziente o ritardare il riscaldamento. Quando non si dispone di soluzione fisiologica o glucosata è sufficiente una qualsiasi soluzione cristalloide calda. Somministrare un carico di liquidi di ml e mantenere calda l infusione durante tutta l infusione. Queste 2 indicazioni di terapia sono le migliori per il riscaldamento e il personale di soccorso preospedaliero deve saper giudicare se i liquidi per via orale valgono i rischi di inalazione, tosse e stimoli dolorosi per il paziente. Non è consigliato fare impacchi caldi o massaggiare gli arti del paziente. In

51 51 particolare, il riscaldamento esterno attivo avviene solo sulla regione toracica, senza il riscaldamento attivo delle estremità. Questo eviterà l incremento di circolazione periferica che provoca l aumento di quantità di sangue più freddo verso il torace prima del riscaldamento interno. L aumentato ritorno di sangue periferico può incrementare l acidosi e l iperkaliemia e può in realtà ridurre ulteriolmente la temperatura interna. Ciò complica la rianimazione e può scatenare una fibrillazione ventricolare ( FV) Il paziente ipotermico deve essere tenuto in posizione orizzontale per tutto l tempo per evitare un ipotensione aggravante perché tali pazienti sono spesso ipovolemici per la diuresi da freddo. Può essere difficile palpare o rilevare respirazione e polso nel paziente ipotermico. Perciò si raccomanda all inizio di valutare il respiro e poi il polso per secondi per avere conferma di eventuali : - arresto respiratorio - arresto cardiaco senza polso (asistolia, tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare ) - bradicardia estrema che necessiti RCP Qualora il paziente non respiri, e sia senza polso iniziare immediatamente la rianimazione cardiopolmonare (anche se si ha il dubbio sull evidenza del polso ) seguendo le linee guida BLS (Basic life Support )- ALS ( Advance Life Support) Se si osserva un ritmo defibrilla bile (TV-FV) dare uno shock, poi, dopo 2 minuti di RCP, rivalutare il polso. Se il paziente ipotermico non risponde a uno shock con un polso evidenziabile, ulteriori tentativi di defibrillare il paziente dovrebbero essere accantonati e gli sforzi diretti verso un efficace RCP con enfasi sul riscaldamento del paziente. Nell eseguire la compressione toracica in un paziente ipotermico è richiesta una maggior forza perché l elasticità della parete toracica con il freddo si riduce. Se la temperatura interna è inferiore a 30 C, la conversione al ritmo sinusale normale di solito non si verifica finchè il riscaldamento non supera questa temperatura.

52 52 L importanza di non dichiarare morto il paziente finchè non sia stato riscaldato e rimanga non responsivo è fondamentale. I pazienti ipotermici incoscienti devono avere le vie aeree protette e dovrebbero essere intubati. Non ritardare l intubazione per il timore di scatenare una FV. Se si identifica un ritmo defibrillabile, defibrillare una volta a 360 joule riprendere la RCP e rinviare i farmaci e il successivo tentativo di defibrillare fino a quando la temperatura interna è al di sopra di 30 C. Se possibile, iniziare le procedure di riscaldamento attivo con ossigeno caldo umidificato e soluzioni endovenose calde e avvolgere il paziente per il trasporto per prevenire ulteriori perdite di calore. Il problema con le procedure ACLS ( Advance Cardiac Life Support ) in un paziente ipotermico è che il cuore può non essere responsivo ai farmaci (Adrenalina, Amiodarone, Atropina, Adenosina, Morfina, Farmaci sedazione ), al pacing e alla defibrillazione. I farmaci possono accumularsi in circolo a livelli tossici con somministrazioni ripetute nel paziente gravemente ipotermico, in particolare quando il paziente si riscalda. Di conseguenza si raccomanda di sospendere la somministrazione di farmaci EV nei pazienti con una temperatura interna inferiore a 30 C. Se un paziente ipotermico si presenta all inizio con una temperatura interna superiore ai 30 C, oppure se un paziente gravemente ipotermico è stato riscaldato oltre a questa temperatura, i farmaci EV possono essere somministrati. Tuttavia, si raccomandano intervalli maggiori tra le somministrazioni di farmaci rispetto agli standard ACLS. L uso di ripetute defibrillazioni è indicato se la temperatura interna continua ad aumentare oltre 30 C secondo le attuali linee guida ACLS. Infine le procedure BLS-ALS-ACLS eseguite sul campo dovrebbero essere evitate unicamente nei pazienti con lesioni incompatibili con la vita o se il corpo è congelato tanto che le compressioni toraciche non sono possibili, o se la bocca e naso sono bloccati dal ghiaccio o dalla neve. La rianimazione cardiopolmonare va comunque intrapresa e continuata per 20

53 53 minuti se la temperatura riscontrata è superiore a 32 C o, nel caso di travolto da valanga, sia stata accertata una durata del seppellimento inferiore a 45 minuti, l se la rianimazione cardiopolmonare è seguita da successo si procede al trasferimento in ospedale, altrimenti il medico può sospendere la rianimazione e dichiarare la morte del paziente. Se la temperatura riscontrata è < 32 C o, nel caso del travolto da valanga, sia stata accertata una durata di seppellimento superiore a 45 minuti e, vi sia pervietà delle vie aeree e presenza di una sacca d aria di fronte al viso del paziente, la rianimazione va continuata ed il paziente trasferito in un centro ospedaliero con disponibilità di circolazione extracorporea per il riscaldamento. Nel paziente vittima di valanga, si continua la rianimazione fino all ospedale più vicino anche se non vi è la sicurezza della presenza di una sacca aerea, ma vi è pervietà delle vie aeree al momento del ritrovamento. Le misure di riscaldamento vanno intraprese solo quando le manovre di rianimazione cardiorespiratoria sono già in atto. Aumentare la temperatura prima significherebbe incrementare le richieste metaboliche senza un contemporaneo miglioramento della perfusione, determinando un ulteriore danno a livello cellulare.

54 54 ( )

55 Trauma maggiore Il trauma maggiore è un evento in grado di determinare lesioni mono o polidistrettuali tali da causare un rischio immediato o potenziale per la sopravvivenza del paziente. Vengono convenzionalmente considerati colpiti da evento traumatico maggiore i pazienti che presentano sul campo i seguenti criteri di triage: - alterazione delle funzioni vitali: pressione sistolica < 90 mmhg, alterazione della coscienza con Glasgow Coma Scale < 14, frequenza respiratoria >32 o <10, RTS >10 - anatomia della lesione: ferite penetranti di testa, collo, torace, addome, arti prossimali gomito o ginocchio; lembo toracico mobile; sospetto clinico di frattura di bacino o di 2 o più ossa lunghe prossimali; paralisi di un arto; amputazione prossimale a polso o caviglia - indicatore di alta energia: morte di un compagno di cordata, caduta da più di 6 metri, - soggetti a rischio per età: bambini < 12 anni, anziani > 70 anni. Causa di morte generica dovuta all impatto tra il corpo del travolto e la massa valanghiva e / o materiali in essa contenuti VALUTAZIONE: L accertamento delle condizioni cliniche di un soggetto traumatizzato si articola in 2 momenti: 1- Valutazione primaria: ha lo scopo di identificare e trattare le alterazioni che costituiscono una minaccia immediata per la sopravvivenza La valutazione primaria serve ad identificare e ad effettuare nel minor tempo possibile gli interventi indifferibili per garantire il sostegno delle funzioni vitali.

56 56 Si articola in 5 passi, A-B-C-D-E A- Airway & Cervical Spine: controllo delle vie aeree e protezione della colonna cervicale B- Breathing & Ventilation: respirazione e ventilazione C- Circulation: circolazione e controllo delle emorragie D- Disability: deficit neurologici E- Exposure: esposizione, con rimozione degli abiti e protezione dell ipotermia 2- Valutazone secondaria: inizia solo dopo l avvenuta stabilizzazione della vittima nell ambito della valutazione primaria e consiste in un esame clinico completo dalla testa ai piedi, nell immobilizzazione delle fratture e della colonna, nella raccolta dei dati anamnestici della dinamica dell evento, in modo da trasportare le vittime verso l ospedale più idoneo alle necessità del caso. TRATTAMENTO: La correzione e la prevenzione dei danni secondari rappresenta l obiettivo prioritario del soccorso preospedaliero al traumatizzato. L incidenza dei danni secondari può essere ridotta attraverso l impiego di una strategia che prevede una serie di priorità diagnostico terapeutiche da affrontare sempre rigorosamente secondo una sequenza logica: dovranno essere affrontate per prime le situazioni che, se non individuate e corrette, sono in grado di generare danno con maggiore precocità. Pertanto, il metodo prevede il valutare, e contestualmente di risolvere, prima i problemi legati alla pervietà delle vie aeree, poi quelli legati alla ventilazione, infine alle disfunzioni del circolo e dell emodinamica, secondo lo schema universale di approccio A-B- C-D-E. Nel paziente traumatizzato, tuttavia, è necessario integrare questi passaggi con uno specifico momento di precoce stabilizzazione del rachide cervicale, che

57 57 assume dignità pari alla protezione delle vie aeree, nonché con la valutazione e l assegnazione di uno score dello stato di coscienza; a conclusione della sequenza il traumatizzato deve essere sottoposto a una sommaria valutazione ispettiva attraverso, se possibile, l esposizione di ogni distretto corporeo, alla ricerca di quelle eventuali lesioni che, se misconosciute, potrebbero compromettere rapidamente la stabilità delle funzioni vitali. L obiettivo è di garantire il più precocemente possibile una buona perfusione dei tessuti con sangue ossigenato. ( ) 4.3 Asfissia Asfissia è determinata dell impossibilità di ventilazione da parte del sepolto Acuta = naso e bocca pieni di neve Subacuta = presenza di una cavità aerea davanti alla bocca Asfissia traumatica: è detta cosi perché i pazienti ricordano fisicamente le vittime da strangolamento può avvenire quando la persona convolta è travolta da una valanga di tipo bagnata. Questa può esercitare un improvviso aumento della pressione toracica derivante da uno schiacciamento del tronco, questo fa si che il sangue venga forzato indietro dal cuore nuovamente a collo e testa. Piccoli capillari e venule possono essere rotti e si possono creare lesioni celebrali o oculari. E stato segnalato che l asfissia traumatica è un indicatore di rottura cardiaca chiusa. Il trattamento è di sostegno, ossigeno a concentrazioni elevate se necessario utilizzare un supporto ventilatorio. (4)

58 58 5 Descrizione percorso operativo: dalla ricezione della chiamata all accesso in pronto soccorso La rapidità del soccorso è l elemento cruciale della sopravvivenza in valanga. L auto soccorso è senz altro la forma più valida e risolutiva dell evento ma, spesso è fondamentale il supporto del soccorso organizzato; l elisoccorso in questi casi è spesso l unica risorsa che garantisce una reale tempestività dell intervento. I trattamenti eseguiti sul territorio al paziente in apparente stato di morte hanno lo scopo di interrompere l asfissia e il raffreddamento, ma non permettono il recupero del paziente dal punto di vista funzionale perché, la vera terapia, il vero recupero del paziente è intraospedaliero. L obiettivo del personale che opera nel CNSAS è quello di accorciare il GAP temporale che intercorre fra l evento ed il disseppellimento e fra quest ultimo e l inizio del trattamento dell ipotermia, possibile solo con le complesse tecnologie presenti in centri specialistici di cardiochirurgia e rianimazione. La procedura d intervento nel caso di incidente in valanga ha inizio dalla ricezione della chiamata di soccorso. Alla chiamata rispondono operatori di centrale 118 addestrati per conseguire due tipi di competenze. La prima riguarda le tecniche di assistenza sanitaria ed il coordinamento delle risorse di soccorso. L altra consiste nel padroneggiare varie aspetti della comunicazione telefonica: accogliere la chiamata di emergenza, raccogliere le informazioni necessarie anche da persone coinvolte dal punto di vista emozionale per trasmetterle ai soccorritori, istruire l utente su come comportarsi in attesa dei soccorsi e, guidarlo nell effettuazione di manovre prioritarie ( esempio iniziare la ricerca mediante l ausilio di ARVA e sonda se non già iniziata e/o manovre di primo soccorso)

59 59 L operatore della centrale operativa 118 raccoglie informazioni mediante uno schema di domande la cui sequenza logica ha lo scopo di stabilire la priorità di allertamento e l invio dei soccorsi. In sintesi la ricezione della chiamata avviene nella seguente sequenza: A. Ricezione della chiamata La chiamata, che può arrivare o da personale del C.N.S.A.S. o da utente qualsiasi, viene filtrata dall operatore di centrale SUEM che dovrà ottenere le sottoelencate informazioni: - luogo (zona, valle, versante, quota e condizioni meteorologiche locali etc ) - n di telefono del chiamante - n persone coinvolte - se le pesone coivolte sono sepolte o in superficie - tempo trascorso dall evento - condizioni meteo - se sono stati allertati altri enti di soccorso in particolare nelle zone di confine di regione o di stato. Contemporaneamente verrà allertato tutto l equipaggio. Questo è possibile già durante il filtro attivando la chiamata generale tramite i Cerca Persone BIP attraverso un meccanismo di chiamata a cascata Se in Centrale Operativa e presente l Unita Cinofila o il Tecnico del CNSAS verranno invitati dall Operatore a seguire la chiamata supportandolo cosi durante il filtro Alcuni accorgimenti che vengono forniti al chiamante: - se possibile togliersi dal pericolo - risparmiare le batterie del telefono - razionalizzare cibi e bevande - cercare un riparo

60 60 - rimanere sempre contattabile - mettersi se possibile in un luogo visibile B. Invio sul posto l elicottero con l equipaggio composto da pilota, specialista, tecnico elisoccorritore CNSAS, medico, infermiere ed unità cinofila da valanga C. Pianificare un secondo volo per il recuperare almeno altre 3 unità cinofile. Nel caso in cui l intervento si dovesse svolgere di notte o con situazione ambientale e metereologica avversa l intervento dovrà effettuarsi via terra. L intervento via terra è possibile nelle 24 ore in condizioni di scarse limitazioni ambientali e di scarse o nulle limitazioni meteo; i limiti del intervento sono: - tempi lunghi - medicalizzazione spesso tardiva - evacuazione spesso lenta e quasi sempre oltre la golden hour - maggior difficoltà al trasporto di materiale sul posto - trasporto meno atraumatico per il paziente (temperatura, meteo, movimentazione ) D. Azioni da intraprendere sul evento valanghivo Arrivati i soccorsi sulla valanga, l'equipaggio decide dove sbarcare e dove iniziare la ricerca; Prima di scendere l equipe dei soccorritori controlla la sicurezza della scena e richiedono alla centrale operativa l invio di un secondo elicottero SAR se necessario.

61 61 Arrivati sul luogo dell evento, l Unità Cinofila procede con la propria ricerca, il Tecnico d Elisoccorso CNSAS procede con la ricerca ARTVA e il sanitario mantiene i collegamenti radio. Le ricerche si distinguono in: 1- Valutazione dell obiettività dei testimoni: il soccorritore deve valutare l obiettività delle testimonianze dichiarate dai partecipanti della gita rimasti illesi dal punto di vista fisico ma non emotivo. 2- Ricerca visiva udito: tale ricerca prevede l attenta osservazione del fronte valanghivo per verificare se sulla scena sono presenti materiali della o delle vittime e attento ascolto per percepire suoni, rumori, che possono aiutare ad individuare la localizzazione del sepolto. 3- Ricerca con ARTVA: tale ricerca permette la localizzazione della vittima mediante apparecchi ARTVA, la localizzazione avviene in 3 fasi: A- Ricerca primaria del primo segnale; il soccorritore individuato dispone l apparecchio ARTVA in ricezione e invita i restanti componenti del gruppo a spegnere il dispositivo. Nel caso siano presenti numerosi soccorritori, il responsabile suddivide la zona di ricerca in fasce parallele e ne assegna una per ciascuno di essi; la divisione può avvenire in senso orizzontale o verticale.

62 62 B- Ricerca secondaria: avviene dopo che è stato rilevato un segnale ben stabile; il dispositivo deve essere tenuto in posizione orizzontale al terreno. Spostando lentamente il braccio da sinistra verso destra per un angolo di 120 finchè non si individua la direzione che fornisce la maggior intensità del segnale C- Ricerca finale di precisione; si adotta il sistema a croce per cui il soccorritore compiendo movimento che disegna una simbolica croce tenendo l ARTVA il più possibile vicino alla neve, localizza il punto esatto di seppellimento. In questa fase di precisione individuata con la sonda la posizione e la profondità del sepolto, i soccorritori procedono con cautela allo scavo che viene effettuato a valle della posizione del travolto in modo da arrivare sul travolto dal margine laterale Una volta liberata la vittima spegnere il suo apparecchio se ci sono altri sepolti, in caso contrario tutti i soccorritori rimettono gli apparecchi in trasmissione

63 63 4- Sondaggio: Il sondaggio permette al soccorritore di tastare ciò che è stato sepolto. La sonda deve essere introdotta a piccoli colpi, per la lunghezza stabilita dal soccorritore sondatore. Colpendo il corpo umano con la sonda, il soccorritore avverte un piccolo contraccolpo e un leggero rimbalzo; esistono diversi metodi di sondaggio, quello più diffuso ed efficace in funzione del tempo e dei soccorritori a disposizione è quello a maglia larga, che prevede l individuazione dell area primaria dove eseguire il sondaggio, l allineamento dei sondatori con le spalle a stretto contatto su una linea orizzontale procedendo passo dopo passo in modo coordinato. 5- Scavo e disseppellimento: la tecnica più appropriata consiste nello scavare lontano dalla sonda dirigendosi verso la sua punta allargando poi lo scavo man mano che si espongono le parti corporee; tale tecnica favorisce il crearsi di una più vasta area che fungerà da nicchia per la medicalizzazione e da corridoio per evacuare il ferito.

64 64 E. Al ritrovamento dei sepolti Il sanitario si porta sul luogo del ritrovamento, due sono i parametri che devono essere stimati dal sanitario: 1- il tempo ipotetico di seppellimento 2- l esistenza o meno di una cavità aerea intorno al capo, in particolare intorno la bocca e naso, ( ricordando che l assenza di cavità aerea si ha in caso di narici e bocca ostruite dalla neve). Questi 2 parametri devono essere ricercati con il massimo scrupolo perché la loro corretta interpretazione ha notevole valore diagnostico e prognostico per il travolto. La medicalizzazione inizia con la valutazione delle condizioni del soggetto. I sanitari effettuano la valutazione primaria secondo la sequenza A-B-C-D-E sempre mantenendo adeguate comunicazioni con la centrale operativa 118 e con gli altri operatori del soccorso. E da sottolineare che l ipotermia è per il sanitario una sorta di barriera che offusca la reale situazione clinica, celando tutti quegli indizi che permetterebbero una diagnosi differenziale fra una morte reale e una morte apparente. L algoritmo formulato da Brugger, approvato dalla CoMed internazionale della CISA, è un valido aiuto in quei momenti cruciali nei quali, di fronte ad una vittima da valanga priva di funzioni vitali, si deve sciogliere quell angosciante dubbio se decidere di continuare nell iter terapeutico volto al suo recupero o se decretarne la morte. ( )

65 65 Algoritmo per il trattamento preclinico di pazienti travolti da una valanga. * trasporto all ospedale piú vicino per la determinazione della potassiemia. Con il gentile permesso di Elsevier Science estratto da: Brugger H, Durrer B, Adler- Kastner L, Falk M, Tschirky F. Field management of avalanche victims. Resuscitation 2001;51:7-15 Le possibili terapie che possono essere praticate in ambiente ospedaliero hanno prognosi nettamente migliore se si tratta di pazienti in cui l ipotermia severa ed il conseguente arresto cardiocircolatorio è dovuto a cause diverse ( immersione in acqua fredda, intossicazioni, esposizioni a temperatura molto bassa, ecc) che non in quelli in cui l ipotermia, e il conseguente arresto cardio circolatorio è dovuto al seppellimento sotto una valanga. Come già accennato, nei travolti da valanga oltre al danno da freddo spesso si associano importanti traumi e patologie asfittiche che peggiorano in maniera drastica la prognosi. Le scelte terapeutiche ed organizzative devono essere ben definite al fine di recuperare il paziente. Le scelte terapeutiche devono essere precedute da momenti ben precisi di valutazione.

66 66 Un percorso indicato potrebbe essere il seguente: A- VALUTARE LA COSCIENZA, PERVIETA VIE AEREE (considerare sublussazione mandibola) Aspirazione: esplorazione cavo orale ed rimozione ( solido con pinze, liquido con aspiratore ) E IMMOBILIZZAZIONE RACHIDE CERVICALE (collare cervicale e manuale) B- O= OSSERVO il torace se espande bilateralmente P= PALPO se ci sono deformità A= AUSCULTO se tutti i lobi polmonari ventilano e caratteristiche C=CONTO il numero degli atti respiratori S=SATURAZIONE IN BASE ALL ESAME OGGETTIVO PROCEDO CON UN EVENTUALE GESTIONE DELLE VIE AEREE ( utilizzando dispositivi sovraglottici, LMA, cannula orofaringea o cannula nasofaringea ) - DECOMPRESSIONE PNX ( 1 Localizzare il punto di repere:posizionarsi sulla linea emiclaveare all altezza della clavicola dal lato effetto e localizzare palpatoriamente il primo spazio intercostale sotto la prima costa che si incontra; questo è il secondo spazio intercostale 2 Disinfettare il sito di inserzione dell ago 3 Inserire l ago-cannula: diametro gouge, lunghezza circa 7,5cm con un angolo di 45 sopra il margine superiore della 3 costa per evitare strutture nervose e vasi 4 Il flusso di aria indica l ingresso nel cavo pleurico 5 far avanzare il catetere, rimuovere l ago, fissare il catetere 6 Attaccare una valvola mono direzionale e VALUTARE IL PAZIENTE ) ( MASCHERA CON RESERVOIRE CON OSSIGENO PER I PAZIENTI TRAUMATICI SEMPRE ) sempre ossigeno alla massima concentrazione ( L /min ), target SpO2 = 94-98%, SpO2 = % se BPCO C- - POLSO RADIALE se assente POLSO CAROTIDEO ( frequenza,.. intensità, ritmico o aritmico )

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