Le novità in tema di ammortizzatori sociali: Aspi e MiniAspi

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1 Ventiquattrore Avvocato - dicembre n. 2, pag. 12 NOVITÀ IN TEMA DI AMMORTIZZATORI SOCIALI - SINTESI E APPROFONDIMENTO di Negri Antonella, De Menech Luca la QUESTIONE Come è strutturata la nuova disciplina degli ammortizzatori sociali introdotta dalla Riforma Fornero? Quali sono le principali caratteristiche e finalità dell' Aspi e della MiniAspi? Quali sono gli interventi e le novità sulle tutele di integrazione salariale e sulla Cassa Integrazione Guadagni? la RISPOSTA IN SINTESI La Legge 28 giugno 2012, n. 92 (cd. Riforma Fornero ) introduce sostanziali novità nella disciplina degli ammortizzatori sociali con l'obiettivo di razionalizzare e rendere più equo ed efficiente l'intero sistema di tutele e le relative misure sociali e assistenziali. Viene innanzitutto istituita la Assicurazione Sociale per L'impiego ( Aspi ) volta a garantire un sostegno al reddito in ipotesi di perdita involontaria del posto di lavoro e destinata a sostituire la indennità di disoccupazione ordinaria e l'indennità di mobilità. Ulteriori misure riguardano poi i trattamenti di integrazione salariale per le ipotesi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa quali l'estensione del campo di applicazione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, per lo più a imprese che, in linea di principio, erano escluse dal relativo campo di applicazione anche se di fatto, potevano fruire di tale ammortizzatore tramite autorizzazioni concesse a hoc di anno in anno, e l'obbligo per le imprese escluse dal campo di applicazione della Cassa Integrazione Guadagni che occupino più di 15 dipendenti di istituire con le parti sociali un fondo di solidarietà con l'obiettivo di garantire una tutela assistenziale di integrazione del reddito. Da ultimo, sempre con l'intento di dare chiarezza e certezza al sistema, il Legislatore ha altresì previsto l'abrogazione, seppur a titolo definitivo dal 1 gennaio 2016, di ogni forma di ammortizzatore sociale in deroga. gli APPROFONDIMENTI Le novità in tema di ammortizzatori sociali: Aspi e MiniAspi Tabelle riassuntive Le novità in tema di ammortizzatori sociali: Aspi e MiniAspi la QUESTIONE Come è strutturata la nuova disciplina degli ammortizzatori sociali introdotta dalla Riforma Fornero? Quali sono le principali caratteristiche e finalità dell' Aspi e della MiniAspi? Quali sono gli interventi e le novità sulle tutele di integrazione salariale e sulla Cassa Integrazione Guadagni? l'approfondimento Il sistema degli ammortizzatori sociali prima dell'intervento della Riforma Fornero Prima dell'intervento di riforma del mercato del lavoro attuata con Legge 28 giugno 2012, n. 92 (cd. Riforma Fornero ), il sistema degli ammortizzatori sociali, ossia degli strumenti e misure di tipo previdenziale finalizzate a sostenere il reddito del lavoratore in caso di perdita o sospensione dell'attività lavorativa, era basato principalmente su tre istituti: l'indennità di disoccupazione, la Cassa Integrazione Guadagni (Ordinaria e Straordinaria) e l'indennità di mobilità, trattamenti questi erogati dall'istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS) per un determinato periodo di tempo. In particolare, l'indennità di disoccupazione era destinata a tutelare i lavoratori subordinati in ipotesi di perdita involontaria del posto di lavoro al fine di garantire loro una forma di assistenza in attesa di una nuova occupazione. La Cassa Integrazione Guadagni, invece, riservata ai soli dipendenti di aziende in possesso di determinati requisiti (sia dimensionali sia di inquadramento previdenziale), era volta ad assicurare una forma di assistenza (rectius un trattamento di integrazione salariale) nel corso della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa. La indennità di UNICOLAVORO24 - Gruppo 24 ORE Pagina 1 / 8

2 mobilità, infine, presupponeva come l'indennità di disoccupazione, la cessazione del rapporto di lavoro ma, a differenza della stessa, poteva essere concessa solo in presenza dei requisiti di accesso alla Cassa Integrazione Guadagni. I lavoratori che potevano, dunque, fruire in costanza di rapporto della Cassa Integrazione Guadagni avevano accesso anche alla indennità di mobilità, mentre chi era escluso dalla Cassa Integrazione Guadagni poteva, cessato il rapporto, contare solo sulla disoccupazione. Importante aggiungere che l'indennità di mobilità e di disoccupazione garantivano trattamenti economici differenziati, soprattutto in relazione al tempo per i quali venivano concessi. In particolare, l'indennità di mobilità era di gran lunga più favorevole per il lavoratore potendo facilmente raggiungere i 24 o 36 mesi, a seconda dell'età anagrafica del lavoratore, e arrivare per i dipendenti di aziende dislocate in zone disagiate (D.P.R. 218/78) a 48 mesi, a fronte di un periodo di disoccupazione pari, in linea di principio, a 8 mesi. Normativa di riferimento Codice di procedura penale: artt. 270 bis, 280, 289 bis, 416 ter e 422; D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218; legge 9 dicembre 1990, n. 407: art. 9; D.lgs. 21 aprile 2000 n. 181: art. 1; D.lgs. 10 settembre 2003 n. 276: art. 12; D.l. 5 ottobre 2004 n. 249 (conv. in Legge 3 dicembre 2004 n. 291): art. 1; legge 28 giugno 2012 n. 92: artt. 2, 3 e 4; legge 7 agosto 2012 n. 134: art. 46 bis; Circolare inps 8 febbraio 2012 n. 20 Le finalità della nuova disciplina degli ammortizzatori sociali introdotta dalla Riforma fornero La legge 28 giugno 2012, n. 92 disciplina agli articoli 2, 3 e in parte 4 il nuovo sistema di tutele sociali con l'espresso obiettivo di rendere «più efficiente, coerente ed equo l'assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e rafforzamento dell'occupabilità delle persone». La normativa distingue tali tipi di tutele tra quelle destinate a operare in costanza di rapporto (cfr. art. 3 della Riforma Fornero dal titolo «Tutele in costanza di rapporto») e quelle, invece, attivabili solo una volta cessato il rapporto di lavoro (cfr. art. 2 della Riforma Fornero dal titolo «Ammortizzatori sociali»). Da ultimo, particolare attenzione è riservata al tema della sostenibilità dei costi in merito alla quale viene individuata come regola generale quella del pareggio di bilancio che implica la possibilità di erogare prestazioni assistenziali solo in presenza di copertura finanziaria. La disciplina dell' assicurazione Sociale per impiego ( aspi ) La Legge 28 giugno 2012, n. 92, istituisce presso la «gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti» una nuova forma di sostegno del reddito chiamata Assicurazione Sociale per Impiego ( Aspi ) che andrà a sostituire, seppur con tempistiche diverse, le attuali forme di assistenza connesse alla cessazione del posto di lavoro ossia l'indennità ordinaria di disoccupazione, l'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti e quella edile nonché l'indennità di mobilità. Quest'ultima rimarrà in vigore, seppur in misura via via sempre più ridotta, sino al 31 dicembre Non subisce modifiche, invece, l'indennità di disoccupazione agricola. L'Aspi, in particolare, avrà la funzione di sostenere il reddito dei lavoratori per le ipotesi di disoccupazione involontaria verificatesi successivamente al 1 gennaio 2013 attraverso l'erogazione di una indennità mensile. Potranno beneficiare dell'aspi tutti i lavoratori dipendenti del settore privato (compresi i lavoratori a domicilio, gli apprendisti, i soci di cooperativa che abbiano stabilito un rapporto di lavoro subordinato con la cooperativa e il personale artistico subordinato) nonché i lavoratori subordinati delle Pubbliche Amministrazioni con contratto di lavoro a tempo determinato. Rimarranno, dunque, esclusi dal campo di applicazione dell'aspi i lavoratori subordinati delle Pubbliche Amministrazioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, gli operai agricoli i quali, come detto, continueranno a poter fruire dell'indennità di disoccupazione agricola, i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto nonché i lavoratori stranieri con permesso di soggiorno stagionale. L'Aspi è riservato ai soggetti che: i) possano far valere almeno due anni di anzianità assicurativa e almeno un anno di contribuzione (ossia 52 contributi settimanali utili) nel biennio precedente l'inizio del periodo di disoccupazione, e ii) abbiano perso involontariamente il posto di lavoro e si trovino in stato di disoccupazione (definita, ai sensi dell'art. del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181c)1, c. 2, lett., come la condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento e alla ricerca di una attività lavorativa secondo le modalità definite con i servizi competenti). Non valgono a soddisfare tale requisito, le ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro per effetto di risoluzione consensuale o dimissioni (in cui non è configurabile la involontarietà del lavoratore nella perdita del posto di lavoro) a seguito delle quali, dunque, gli stessi non potranno avere accesso all'aspi. Ciò detto, il Legislatore ha introdotto una eccezione a tale regola prevedendo, comunque, la possibilità di fruire dell'aspi nelle ipotesi di risoluzione consensuale concordate nell'ambito della procedura di conciliazione obbligatoria precedente al licenziamento per motivi oggettivi. Quanto invece alle dimissioni, nulla viene specificato dalla legge per l'ipotesi in cui le stesse fossero state rassegnate per giusta causa. Sul punto, la dottrina sembra divisa: taluni autori sostengono che, in tale ipotesi, il trattamento Aspi sia, comunque, dovuto anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 269/2002 che ha equiparato le conseguenze delle dimissioni per giusta causa al licenziamento ingiustificato (Vallebona, La riforma del lavoro, UNICOLAVORO24 - Gruppo 24 ORE Pagina 2 / 8

3 Giappichelli, 2012, 101). Altri, invece, ritengono sia esclusa l'applicabilità dell'ammortizzatore sociale sulla base del dato letterale della norma che espressamente vieta l'accesso al trattamento in ipotesi di dimissioni, senza ulteriormente distinguere tra ordinarie o per giusta causa (GioVanni MiMMo, «La riforma del Lavoro, Guida pratica alla legge 92/2012», in Guida Normativa, Il Sole 24 Ore, 74). Ai fini della determinazione dell'importo del trattamento Aspi si deve considerare, quale base di calcolo, la retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva di tutti gli elementi continuativi e non della retribuzione (incluse, quindi, le mensilità aggiuntive) divisa per il numero di settimane di effettiva contribuzione nel biennio (al massimo quindi 104), il tutto moltiplicato per 4,33. Si tratta di un sistema di calcolo che tiene conto del dato sia retributivo che contributivo che risulta, dunque, innovativo rispetto a quello utilizzato in passato per la vecchia indennità di disoccupazione che veniva calcolata esclusivamente considerando la media delle ultime tre mensilità di retribuzione lorde. Una volta individuata la base di calcolo, il trattamento Aspi è calcolato come segue: se l'importo è inferiore o pari a Euro (da rivalutarsi di anno in anno secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo), il trattamento Aspi sarà pari al 75% di tale importo; ove, invece, l'importo fosse superiore a Euro 1.180, il trattamento Aspi sarà pari alla somma tra il 75% di Euro e il 25% della differenza tra l'importo effettivo ed Euro In ogni caso, il trattamento Aspi non potrà essere superiore ai massimali previsti per la Cassa Integrazione Guadagni, come di anno in anno rivalutati, e pari per il 2012 a Euro 931,28 lordi per retribuzioni inferiori o uguali ad Euro 2.014,77 ed Euro 1.119,32 lordi per retribuzioni superiori a Euro 2.014,77 (cfr. Circolare INPS 8 febbraio 2012 n. 20). Inoltre, tale trattamento, esente da contribuzione sociale, viene ridotto del 15% dopo i primi 6 mesi di erogazione e di un ulteriore 15% dopo i successivi 6 mesi. L'Aspi, seppure in vigore dal 1 gennaio 2013, entrerà a pieno regime solo dal 1 gennaio In particolare, tale indennità verrà corrisposta: i) nell'anno 2013, per un periodo di 8 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e 12 mesi per quelli di età superiore a 50 anni; ii) nell'anno 2014, per un periodo di 8 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni, 12 mesi per quelli di età pari o superiore a 50 anni e inferiore a 55 anni e 14 mesi per quelli di età pari o superiore a 55 anni; iii) nell'anno 2015, per un periodo di 10 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni, 12 mesi per quelli di età compresa tra 50 e 55 anni e 16 mesi per quelli di età pari o superiore a 55 anni; iv) dall'anno 2016, per un periodo di 12 mesi per i soggetti di età inferiore a 55 anni e 18 mesi per quelli di età pari o superiore a 55 anni. Analogamente alla vecchia indennità di disoccupazione, il trattamento Aspi spetta dall'ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro oppure, qualora la domanda venga presentata oltre tale termine, dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda. A pena di decadenza dal diritto, la domanda per richiedere l'aspi dovrà essere inviata per via telematica entro, e non oltre, 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto. In via sperimentale, per gli anni è prevista la possibilità per il soggetto beneficiario del trattamento Aspi di richiedere, in via anticipata, l'integrale liquidazione dello stesso al fine di intraprendere un'attività di lavoro autonomo. La normativa prevede, poi, specifiche ipotesi di sospensione, decadenza e revoca del trattamento Aspi. In particolare, nel caso in cui il soggetto beneficiario dell'aspi reperisca una nuova attività di lavoro subordinato di durata sino a 6 mesi, tale trattamento verrà sospeso per l'intera durata di tale nuovo rapporto e riprenderà a decorrere dalla cessazione di tale rapporto. Se, invece, la nuova occupazione avesse durata superiore a 6 mesi, opererà parimenti la sospensione del trattamento che però, in tale ipotesi, ricomincerà a decorrere ex novo alla cessazione di tale nuovo rapporto (non considerando, quindi, ai fini della durata massima, il trattamento Aspi corrisposto prima del reperimento della nuova attività lavorativa). Nel caso, invece, di reperimento di un lavoro autonomo dal quale derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione (oggi fissato, per il lavoro autonomo, in Euro lordi annui), previo obbligo per il lavoratore di informare l'inps entro un mese dall'inizio di tale attività dichiarando il reddito preventivato, il trattamento Aspi verrà ridotto nella misura dell'80% del reddito preventivato. Il beneficiario del trattamento Aspi decade, invece, da tale diritto con conseguente obbligo di restituire l'indennità indebitamente percepita dal momento in cui si verifica l'evento che abbia dato luogo alla decadenza nelle seguenti ipotesi tassative: i) perdita dello stato di disoccupazione (ossia - ex D.Lgs. n. 181/ mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente o nel rifiuto, senza giustificato motivo, di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno o indeterminato o di lavoro con contratto a termine, purché il nuovo luogo di lavoro si trovi entro una distanza dal domicilio e sia raggiungibile con mezzi di trasporto pubblici entro un certo tempo, il tutto, stabilito dalle Regioni); ii) mancata comunicazione all'inps dell'instaurazione di un'attività di lavoro autonomo; iii) maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia o anticipato oppure acquisizione del diritto all'assegno ordinario di invalidità, salvo che, in tale ultimo caso, il lavoratore opti per il mantenimento dell'aspi. Con l'intento di debellare una fraudolenta utilizzazione del nuovo ammortizzatore sociale, la normativa introduce specifiche ipotesi di perdita (rectius revoca ) dei benefici al trattamento nei casi di condanna (con sentenza passata in giudicato) per reati di stampo terroristico, eversivo e mafioso di cui agli artt. 270 bis (Associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), 280 (Attentato per finalità terroristiche o di eversione), 289 bis (Sequestro di persona a scopo terroristico o di versione), 416 ter (Scambio elettronico politico- UNICOLAVORO24 - Gruppo 24 ORE Pagina 3 / 8

4 mafioso) e 422 c.p.c. (Strage). In tali casi, i condannati, una volta scontata la pena, potranno tornare a beneficiare dei suddetti trattamenti, previa presentazione di nuova domanda. Rimane in ogni caso salva la possibilità per il Pubblico Ministero che acquisisca, nel corso di indagini, elementi utili per ritenere che una prestazione assistenziale o previdenziale venga irregolarmente percepita, di informare l'ente competente per gli eventuali accertamenti, verifiche e provvedimenti del caso. Con l'intento di favorire il reinserimento dei lavoratori disoccupati nel mondo del lavoro, la Riforma Fornero prevede, infine, per i beneficiari degli ammortizzatori sociali una serie di ulteriori strumenti quali un colloquio di orientamento entro tre mesi dall'inizio dello stato di disoccupazione, azioni di orientamento per la ricerca di una nuova occupazione, l'accentramento della banca dati anagrafica presso l'inps per favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro nonché corsi di formazione adeguati e proposte di adesione a iniziative di reinserimento. Sul punto, la normativa è rigida sanzionando con la decadenza del trattamento Aspi il dipendente che non partecipi attivamente ai corsi di formazione oppure che rifiuti un lavoro per cui è previsto uno stipendio superiore di almeno il 20% dell'indennità Aspi cui ha diritto. Tali decadenze non operano se i corsi e/o l'offerta di lavoro comportino uno spostamento del lavoratore di oltre 50 km dal luogo di residenza o se i luoghi in cui gli stessi debbano svolgersi non siano raggiungibili in 80 minuti con i mezzi pubblici. La disciplina della miniaspi La MiniAspi è un ulteriore ammortizzatore sociale operativa, anch'essa, dal 1 gennaio 2013 con finalità e disciplina analoghe all'aspi. Tale ammortizzatore, difatti, ha l'obiettivo di fornire una tutela contro la disoccupazione involontaria in favore dei medesimi soggetti destinatari dell'aspi che siano in possesso di almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi. La MiniAspi dà diritto, in particolare, all'erogazione di un trattamento mensile, calcolato in maniera analoga a quello previsto per l'aspi, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nell'ultimo anno, sottratti i periodi di indennità eventualmente già fruiti in tale periodo. Anche per tale ammortizzatore sociale è prevista una ipotesi di sospensione (sino a un massimo di 5 giorni trascorsi i quali il trattamento ricomincia a decorrere) qualora il beneficiario reperisca un lavoro subordinato. Il sistema di finanziamento dell'aspi e della miniaspi Il sistema di finanziamento dell'aspi e della MiniAspi ricalca, nella sostanza, quello adottato per il finanziamento della vecchia indennità di disoccupazione ordinaria. La normativa prevede, in particolare, che tali nuovi ammortizzatori sociali vengano finanziati attraverso la corresponsione di una contributo ordinario pari all'1,31% della retribuzione imponibile di ciascun lavoratore assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato, salva comunque l'applicazione di specifici sconti che comportano una riduzione della contribuzione all'1% o allo 0,80%. Tale contributo è altresì dovuto con riferimento agli apprendisti e ai soci lavoratori di società cooperative. In aggiunta al contributo ordinario è altresì dovuto un contributo addizionale pari all'1,4% della retribuzione imponibile per ciascun lavoratore assunto con contratto di lavoro a tempo determinato, rendendo, dunque, la contribuzione complessiva, in tali ipotesi, pari al 2,7% della retribuzione imponibile. L'intento del Legislatore di disincentivare il ricorso a forme contrattuali diverse da quelle a tempo indeterminato si rivela qui evidente. A tal riguardo, la normativa ha altresì introdotto sistemi incentivanti per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e l'assunzione di nuovi lavoratori. In particolare, in caso di trasformazione, ad opera del datore di lavoro, del rapporto a termine in tempo indeterminato, costui ha diritto alla restituzione delle ultime sei mensilità di contribuzione addizionale versata. Ancora, in caso di nuove assunzioni di lavoratori non infracinquantenni disoccupati da oltre dodici mesi, è previsto uno sgravio contributivo IVS pari al 50% della quota a carico del datore di lavoro per una durata massima di 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato, sino a diciotto mesi in caso di conversione del rapporto da tempo determinato in tempo indeterminato e pari a diciotto mesi in caso di assunzione direttamente a tempo indeterminato. Sono tenute a corrispondere tale contributo addizionale anche le agenzie di somministrazione per i contratti di somministrazione a tempo determinato le quali, tuttavia, beneficeranno, in cambio, di una riduzione del contributo dovuto alle gestioni per la riqualificazione dei lavoratori assunti a termine. Non è, invece, dovuto il contributo addizionale per i contratti di apprendistato, per i contratti a tempo determinato stipulati per ragioni sostitutive, per i lavoratori stagionali assunti a termine nonché, da ultimo, per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni con contratti a termine o formazione lavoro. Oltre al contributo ordinario e, nei casi in cui sia dovuto, quello addizionale, l'aspi e la MiniAspi sono finanziate da un ulteriore contributo detto aggiuntivo che il datore di lavoro è tenuto a versare in ogni caso di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per cause diverse dalle dimissioni. Tale importo è pari alla somma del 50% del trattamento mensile iniziale dell'aspi per ogni dodici mesi di anzianità aziendale del dipendente negli ultimi tre anni. Dunque, con riferimento a dipendenti con anzianità aziendale superiore a tre anni, l'importo di tale contributo aggiuntivo non potrà superare nel massimo l'equivalente di un mese e mezzo del trattamento mensile dell'aspi. Tale contributo, secondo l'interpretazione letterale della norma, sembrerebbe dovuto anche nelle ipotesi di risoluzione consensuale, licenziamento per giusta causa o dimissioni per giusta causa. Una simile interpretazione che porta a una lettura estensiva della norma non manca tuttavia di far sorgere alcune perplessità. Quanto alla risoluzione consensuale, l'onere del versamento del contributo aggiuntivo non sembra difatti compatibile con la previsione che esclude il trattamento Aspi per il lavoratore che abbia a tale titolo cessato il rapporto di lavoro (eccetto che nei casi di risoluzione consensuale intercorsa nell'ambito della pre-procedura per l'intimazione del licenziamento per motivi oggettivi in cui tale ammortizzatore è UNICOLAVORO24 - Gruppo 24 ORE Pagina 4 / 8

5 comunque riconosciuto). Quanto, invece, alle ipotesi di licenziamento per giusta causa o dimissioni per giusta causa, l'obbligo per il datore di lavoro di pagare tale contributo sarebbe l'effetto di fatti e/o circostanze non imputabili al medesimo ma esclusivamente al lavoratore. Il contributo aggiuntivo è dovuto, infine, anche per le ipotesi di cessazione dei rapporti di lavoro degli apprendisti a eccezione delle dimissioni o della comunicazione di recesso allo scadere del periodo formativo. Nell'ipotesi, invece, di licenziamento collettivo, a decorrere dal 1 gennaio 2017 il contributo aggiuntivo sarà triplicato in caso di mancato raggiungimento dell'accordo sindacale nel corso della relativa procedura di consultazione. L'obiettivo, in tal caso, è quello di incentivare la condivisione con i sindacati della gestione della situazione di esubero. Sono, invece, esenti, solo per il triennio , dal pagamento di tale contributo aggiuntivo, le cessazioni dei rapporti conseguenti a licenziamenti intimati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro purché in attuazione di clausole sociali a tutela della continuità occupazionale previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentativi a livello nazionale. L'indennità una tantum per i collaboratori a progetto Riguardo ai lavoratori a progetto, l'indennità una tantum, introdotta sperimentalmente con la Legge Finanziaria 2010, trova definitiva conferma a decorrere dal 1 gennaio 2013 nei limiti, comunque, di specifici vincoli di bilancio. Per poter accedere a tale trattamento il lavoratore a progetto deve: i) aver operato, nel corso dell'anno precedente, in regime di mono-committenza (intesa anche come possibilità di prestare più collaborazioni in favore di un solo committente in periodi diversi); ii) aver percepito, nell'anno precedente, un compenso lordo annuo imponibile inferiore a euro ; iii) vantare, nell'anno di riferimento, almeno un mese di contribuzione alla gestione separata e, nell'anno precedente, almeno quattro mesi di contribuzione alla medesima gestione; iv) essere stato, nell'anno precedente la richiesta, disoccupato per almeno due mesi consecutivi ( condizione questa che deve essere provata attraverso il certificato dello stato di disoccupazione). L'indennità una tantum ammonta al 5% del minimale annuo previsto per i contributi previdenziali (attualmente pari a euro ), moltiplicato per il minor numero tra le mensilità di contribuzione accreditate nell'anno precedente (almeno 4) e quelle non coperte da contribuzione. Il pagamento di tale indennità potrà avvenire in un'unica soluzione per importi inferiori a euro o, in rate mensili, per importi superiori a tale soglia. Con riferimento a tale trattamento, il Legislatore ha voluto individuare un sistema di calcolo che, a differenza di quello previsto per l'aspi, tiene conto della sola durata del contratto e non anche dell'ammontare del compenso percepito. Sino al 31 dicembre 2012 continuerà a rimanere in vigore la disciplina previgente dell'indennità una tantum mentre per gli anni l'importo di tale indennità, sarà pari al 7% del minimale contributivo e per averne diritto saranno necessari tre mesi (anziché quattro) di contribuzione. È altresì previsto che al termine di tale periodo transitorio, all'esito di un apposito monitoraggio, il Legislatore deciderà se confermare tale disciplina anche per il futuro oppure abrogarla facendo confluire i collaboratori a progetto tra i destinatari del trattamento MiniAspi. Le modifiche in tema di cassa integrazione guadagni straordinaria Nell'ambito della complessiva opera di razionalizzazione del sistema di ammortizzatori sociali, il Legislatore è intervenuto anche sulla disciplina della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria ( CIGS ) estendendo tale trattamento ad una più ampia platea di dipendenti. L'art. 3, c. 1, della Riforma Fornero prevede, difatti, che dal 1 gennaio 2013 rientrino nel campo di applicazione della CIGS (a) le imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti, (b) le agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti, (c) le imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti, (d) le imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero dei dipendenti ed (e) le imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal numero dei dipendenti. Per alcune di tali imprese, a dire il vero, tale estensione non rappresenta una novità assoluta posto che già in passato, attraverso autorizzazioni concesse inizialmente in via eccezionale per un anno ma poi prorogate di anno in anno, già venivano ammesse alla CIGS. L'ammissione a tale trattamento comporta il correlativo obbligo da parte di tali imprese di corrispondere il contributo CIGS pari rispettivamente allo 0,9% (ex art. 9 della legge 9 dicembre 1990 n. 407). Parimenti, in caso di ricorso al trattamento di integrazione salariale, tali aziende saranno tenute a versare il contributo CIGS addizionale pari al 4,5% (per quelle che occupano più di 50 dipendenti) e del 3% (per quelle che occupano fino a 50 dipendenti) del trattamento di integrazione salariale erogato. Un ulteriore intervento del Legislatore, al fine di evitare di disperdere risorse laddove non sia più possibile ipotizzare prospettive di ripresa, riguarda l'abrogazione, a decorrere dal 1 gennaio 2016, dell'art. 3 della Legge 1991, n. 223 che disciplina la CIGS per procedura concorsuale (ossia fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione straordinaria) con cessazione di attività (cfr. art. 2, c. 70, della Riforma Fornero, come ulteriormente modificata dall'art. 46 bis della Legge 7 agosto 2012 n. 134 cd. Decreto Sviluppo ). Contestualmente, vengono altresì modificate le condizioni di accesso a tale ammortizzatore sociale prevedendo che, sino al 31 dicembre 2015 (data di abrogazione dell'istituto), la CIGS per procedura concorsuale possa continuare ad essere fruita purché «sussistano prospettive di continuazione UNICOLAVORO24 - Gruppo 24 ORE Pagina 5 / 8

6 o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali». Ciò detto, non si comprende se la CIGS per crisi con cessazione (totale o parziale) dell'attività, introdotta dall'art. 1 del D.L. n. 249/2004 non espressamente abrogato dalla Riforma Fornero, rimanga in vigore anche dopo il 1 gennaio Secondo alcuni autori (Garofalo, «La riforma degli ammortizzatori sociali», su www. anclsu.com) la mancata espressa abrogazione da parte della Riforma Fornero anche di tale norma e la diversa natura della CIGS per procedura concorsuale ( acausale ) a differenza di quella per crisi (che, invece, richiederebbe un piano specifico di gestione degli esuberi) farebbe supporre che la volontà del Legislatore sia stata quella di mantenere in vita la CIGS per crisi con cessazione (totale o parziale) di attività. Certo è che se l'intento era quello di eliminare, o quantomeno ridurre, il dispendio di risorse pubbliche in quelle ipotesi in cui un recupero dell'attività non sia perseguibile, da una lettura sistematica della normativa sembrerebbe, invece, dover propendere per la tesi opposta. L'introduzione dei fondi di settore e la graduale abrogazione della CiG in deroga La Riforma Fornero istituisce, inoltre, i cd. fondi di solidarietà bilaterale con l'obiettivo di estendere a settori esclusi dall'intervento della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria o Straordinaria una tutela sociale per le ipotesi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa conseguenti al verificarsi delle medesime causali per le quali è previsto l'accesso alla CIGO/CIGS. In particolare, entro sei mesi dall'entrata in vigore della Riforma Fornero (18 luglio 2012), le organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale dovranno stipulare accordi collettivi, anche intersettoriali, aventi a oggetto la costituzione di tali fondi che verranno gestiti dall'inps, con oneri di amministrazione da determinarsi caso per caso mediante appositi decreti ministeriali. Sempre specifici decreti attuativi definiranno poi l'ambito di applicazione dei fondi (con riferimento al settore di attività, alla natura giuridica del datore di lavoro e alla classe di ampiezza ) che saranno comunque sprovvisti di personalità giuridica. Da ultimo, il personale dirigenziale, se non espressamente pattuito, non potrà fruire delle tutele e dei trattamenti previsti dal fondo. Specifiche norme sono poi previste per le modalità di gestione dei fondi di solidarietà cui farà capo un comitato amministratore nominato con decreto ministeriale e che rimarrà in carica per quattro anni o per la durata indicata nel medesimo decreto. Tali fondi, se concordato tra le parti, potranno altresì perseguire ulteriori finalità quali: (a) assicurare ai lavoratori una tutela in caso di cessazione del rapporto di lavoro integrativa rispetto all'aspi; (b) prevedere la corresponsione di assegni straordinari per il sostegno del reddito, riconosciuti nel quadro di processi di agevolazione all'esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei cinque anni successivi e (c) contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con appositi fondi nazionali e comunitari. La Riforma Fornero specifica, inoltre, che per i datori di lavoro che occupino più di 15 dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, i quali non abbiano stipulato entro il 31 marzo 2013 accordi collettivi per l'istituzione di un fondo di solidarietà bilaterale, dovrà essere istituito un fondo di solidarietà residuale, cui contribuiranno sia i datori di lavoro sia i lavoratori. Al pari degli altri fondi di solidarietà, il fondo residuale dovrà essere istituito con decreto ministeriale che determinerà, tra l'altro, l'ammontare delle aliquote di contribuzione. Anche le finalità e le prestazioni del fondo residuale sono analoghe a quelle dei restanti fondi di solidarietà: vale a dire la corresponsione di un assegno ordinario di importo pari all'integrazione salariale (di durata, nello specifico, non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili in un biennio mobile) nonché, ove concordato tra le parti, le ulteriori prestazioni erogabili dai fondi di solidarietà. I fondi di solidarietà (di nuova istituzione o residuale) saranno finanziati con contributi sia del datore di lavoro sia dei lavoratori ripartiti nella misura rispettivamente di due terzi e un terzo, con obbligo di versamento di un contributo aggiuntivo in capo al datore di lavoro, in caso di ricorso alle relative prestazioni, pari all'1,5%. Infine, tutte le tipologie di fondi di solidarietà potranno dotarsi di riserve finanziarie ma avranno il preciso obiettivo di chiudere i bilanci in pareggio con espresso divieto inoltre di erogare prestazioni in assenza di disponibilità. Quale alternativa all'istituzione dei fondi bilaterali, è consentito alle organizzazioni sindacali e datoriali, per le imprese non coperte dalla disciplina in materia di integrazione salariale e in cui operino, alla data di entrata i vigore della Riforma Fornero, consolidati sistemi di bilateralità nonché in considerazione delle particolari esigenze di settore, di armonizzare le finalità istitutive di tali misure bilaterali con quelle previste per i fondi di solidarietà, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della Riforma Fornero. Tale armonizzazione dovrà garantire ai lavoratori una tutela reddituale in caso di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, tenuto conto delle caratteristiche delle attività produttive interessate. Da ultimo, al fine di garantire la graduale transizione verso il nuovo regime degli ammortizzatori sociali viene prorogata, fino a tutto il 2016, la possibilità per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell'economia e delle Finanze, di concedere, sulla base di apposti specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, trattamenti di integrazione salariale in deroga, secondo specifiche modalità e criteri. UNICOLAVORO24 - Gruppo 24 ORE Pagina 6 / 8

7 Approfondimenti dottrinali - Bonardi, «La riforma degli ammortizzatori sociali», in Guida alla Riforma Fornero, I quaderni di wikilabour, 2012, 129 e ss.; - Cannioto, Maccarone, «L'Aspi prenderà il posto della vecchia disoccupazione», in La riforma del lavoro, Il Sole 24 Ore, 2012, 80 e ss.; - Cannioto, Maccarone, «Cig in deroga sostituita dai fondi di settore», in La riforma del lavoro, Il Sole 24 Ore, 2012, 94 e ss.; - Casatti, Gheido, «Nei settori privi di ammortizzatori interviene la solidarietà bilaterale», in La riforma del Lavoro, Guida pratica alla legge 92/2012, Guida Normativa Il Sole 24 Ore, 2012, 74; - Garofalo, «La riforma degli ammortizzatori sociali», su - Mimmo, «Nasce l'assicurazione sociale per l'impiego operativa dal 2013 al posto di due indennità», in La riforma del Lavoro, Guida pratica alla legge 92/2012, Guida Normativa, Il Sole 24 Ore, 2012, 74; - Vallebona, La riforma del lavoro, Giappichelli, 2012, 101 e ss. Considerazioni conclusive Il nuovo sistema di ammortizzatori sociali si pone come obiettivo primario quello di razionalizzare e rendere maggiormente equa la distribuzione delle risorse attraverso una sostanziale riduzione della durata complessiva dei trattamenti di sostegno del reddito cui fa da contraltare l'estensione dell'ambito di applicazione degli stessi in favore, quindi, di una più ampia gamma di dipendenti. L'Aspi, che entrerà a pieno regime solo dal 1 gennaio 2017, diverrà sostanzialmente l'unico ammortizzatore sociale contro la disoccupazione eliminando, dunque, le differenziazioni di trattamento prima esistenti tra coloro che potevano fruire della indennità di disoccupazione (della durata massima di 12 mesi) e coloro che, invece, potevano fruire della ben più lunga indennità di mobilità (della durata massima di 36 mesi e, in talune zone disagiate, 48 mesi). Analogo discorso vale per l'estensione dei trattamenti di integrazione salariale alle imprese che occupino più di 15 dipendenti escluse dal campo di applicazione della Cassa Integrazione Guadagni. Ulteriore caratteristica certamente positiva di tale riforma è l'affiancamento a una tutela di sostegno del reddito di tipo meramente economica di misure finalizzate a tentare il reinserimento del lavoratore nel mercato del lavoro quali, ad esempio, la centralizzazione della banca dati anagrafica presso l'inps, al fine di favorire con maggiore facilità l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, e l'istituzione di corsi formativi e di aggiornamento. Dunque, una disciplina che nel complesso, quantomeno sulla carta, presenta certamente aspetti positivi e che, tuttavia, ove l'economia ed il sistema paese dovesse stentare a ripartire, potrebbe dar luogo a problemi sociali di non poco conto in considerazione della complessiva riduzione della durata (per tanti lavoratori) dei trattamenti di sostentamento. la PRATICA Tabelle riassuntive Durata dell'aspi nella fase transitoria (1 gennaio dicembre 2015) e dal 1 gennaio 2016 in cui diverrà operativa a pieno regime Anno Età del dipendente Durata Aspi 2013 Inferiore a 50 anni 8 mesi Pari o superiore a 50 anni 12 mesi 2014 Inferiore a 50 anni 8 mesi UNICOLAVORO24 - Gruppo 24 ORE Pagina 7 / 8

8 Compresa tra 50 e 54 anni 12 mesi Superiore a 54 anni 14 mesi* 2015 Meno di 50 anni 10 mesi Compresa tra 50 e 54 anni 12 mesi Superiore a 54 anni 16 mesi 2016 Inferiore a 55 anni 12 mesi Pari o superiore a 55 anni 18 mesi* * Nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi 2 anni Durata dell'indennità di mobilità (abrogata a decorrere dal 1 gennaio 2017) Età/Anni Fino a 39 anni Da 40 a 49 anni Oltre 50 anni Durata dell'indennità di mobilità per i soggetti rientranti nei Territori di cui all'ex Testo Unico Mezzogiorno (abrogata a decorrere dal 1 gennaio 2017) Età/Anni Fino a 39 anni Da 40 a 49 anni Oltre 50 anni UNICOLAVORO24 - Gruppo 24 ORE Pagina 8 / 8

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