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1 Strutture e contenuti L Iliade, più di esametri suddivisi in 24 libri dall alessandrino Zenodoto, è il poema di Ilio o Troia, cioè della guerra decennale combattuta attorno a questa città. Le vicende narrate occupano, però, poco più di 50 giorni, dal momento della contesa tra Agamennone e Achille alla morte di Ettore. La guerra scoppia dieci anni prima per il ratto di Elena, donna bellissima e moglie di Menelao, da parte di Paride, figlio di Priamo, re di Troia. Ma il motivo della guerra s interseca, all interno del poema con quello dell ira di Achille, che, anzi, costituisce il tema unificante della materia. L ira di Achille ha la sua causa nell arroganza di Agamennone, fratello di Menelao e capo dei Greci. Questi costringe Achille a cedergli la schiava Briseide in sostituzione di Criseide, che egli ha dovuto restituire a Crise, sacerdote di Apollo, per ottenere la cessazione di una terribile peste che il dio ha seminato nell esercito acheo. Achille sdegnato abbandona il campo e si ritira nella tenda con l amico Patroclo. La guerra continua. Gli eserciti si affrontano in battaglie campali; più spesso, si verificano duelli come quelli tra Paride e Menelao (libro III), tra Ettore e Aiace (libro VII), tra Patroclo ed Ettore (libro XVI), tra Ettore e Achille (libro XXII); oppure le aristeiai degli eroi, come quelle di Diomede (libro V), di Agamennone (libro XI), di Patroclo (libro XVI), di Menelao (libro XVII). Dopo alterne vicende nell VIII libro le sorti della guerra sembrano volgere a favore dei Troiani. È lo stesso Zeus a deciderlo in un concilio in cui vieta a tutti gli dei ogni ulteriore partecipazione alla lotta e le bilance pendono subito dopo dalla parte degli Achei; i Troiani devono, almeno per ora, vincere per far sentire ad Agamennone il peso dell assenza di Achille. Un ambasceria composta da Fenice, Odisseo e Aiace si reca nella tenda dell eroe per dargli soddisfazione e riconoscere il torto fatto, ma non ottiene risultati. Una nuova battaglia (libri XI-XV) conduce i Troiani fino alle navi dei Greci ed è qui che l amico di Achille, Patroclo, in pianto, riesce a strappare all eroe l assenso della sua partecipazione alla lotta. Rivestito delle armi di Achille, a capo dei Mirmidoni, compie gesta di valore; alla fine è stordito da Apollo e abbattuto da Ettore. La disperazione di Achille per l amico caduto lo riconcilia con Agamennone e lo accende di un odio feroce contro Ettore. L eroe, indossate le nuove armi fabbricate da Efesto, compie stragi di Troiani, ma il bersaglio ultimo, quello che solo può placarlo è Ettore. Finalmente lo raggiunge e, dopo un epico duello, lo uccide; non sazio di sangue, infierisce sul cadavere, trascinandolo nella polvere sotto gli occhi inorriditi e straziati di Priamo, Ecuba e Andromaca. L odio di Achille si placa solo quando, dopo le esequie di Patroclo e i giochi in suo onore (libro XXIII), il proprio pianto si mescola con quello del vecchio Priamo, venuto nella notte a riscattare il corpo del figlio. Con la sepoltura di Ettore il poema si chiude. L Odissea si apre con uno scenario in cui le lotte di Troia rimangono sullo sfondo e nei ricordi. Gli eroi sono sulla via del ritorno, anzi solo uno è sulla via del ritorno, perché gli altri hanno già raggiunto attraverso

2 varie avventure la loro patria. Odisseo è ancora lontano da Itaca, e sono trascorsi dieci anni dalla caduta di Troia, trattenuto nell isola di Ogigia presso la dolce ninfa Calipso da Posidone, irritato con lui per l accecamento del figlio Polifemo. L Odissea racconta appunto il nostos di Odisseo. Divisa come l Iliade in 24 libri, occupa uno spazio temporale di 30/40 giorni e ha una struttura chiaramente tripartita, cioè la Telemachia (libri I- IV), il soggiorno di Odisseo nell isola dei Feaci (libri V-XIII) e la mnesterofonia (=strage dei pretendenti) (libri XIII-XXIV). Questa articolazione fa pensare all aggregazione successiva di un materiale vastissimo via via elaborato nei secoli. In ogni caso le parti sono accortamente strutturate, perché lo svolgimento parallelo delle prime due (ricerca del padre da parte di Telemaco e peregrinazioni di Odisseo nel viaggio verso Itaca) converge nell incontro tra padre e figlio per l annientamento dei pretendenti. L azione inizia a Itaca, che nell assenza di Odisseo è dominata dai Proci insolenti, tra il pianto di Penelope, la moglie, e l impotenza del figlio Telemaco. Ma Atena, sotto le sembianze del re Mente, infonde nuovo coraggio nel giovinetto, che decide di andare alla ricerca del padre. Partito di nascosto con un nave, tocca Pilo per incontrare il vecchio Nestore (libro III) e poi approda a Sparta, dove ha interessanti ragguagli da parte di Menelao (libro IV). Nello stesso tempo anche Odisseo salpa da Ogigia e Poseidone, se pur sa trattenersi dallo scatenare una nuova tempesta, non può impedirgli di giungere sfinito sulle rive della Scheria. Qui lo trova Nausicaa, la figlia del re Alcinoo, che lo guida e lo introduce nel palazzo reale. Odisseo non ha ancora svelato la sua identità, ma rivive con commozione episodi antichi quando Demodoco narra le vicende di Troia; poi rivela il suo nome e inizia il racconto delle sue avventure. Così attraverso un abile flashback, veniamo a conoscenza, nella sua interezza, del viaggio di Odisseo, dall arrivo nel paese dei Ciconi all incontro con i Lotofagi e con Polifemo (libro IX), dall ospitalità concessa da Eolo alle avventure dei Lestrigoni e di Circe (libro X), dalla discesa nell Ade agli scampati pericoli delle Sirene, di Scilla e Cariddi e dell isola del Sole. Terminato il flashback e, insieme, il soggiorno presso Alcinoo, l azione del poema converge su Itaca. Qui la nave dei Feaci depone Odisseo addormentato, che al suo risveglio, ripara presso il porcaro Eumeo; presso Eumeo ritorna anche Telemaco, e, riconosciuto il padre, concerta con lui il piano di vendetta sui pretendenti. Prima di tutto sotto le spoglie di un mendico Odisseo entra nel palazzo reale senza che nessuno s accorga della sua reale identità, fuorché il vecchio e fedele cane Argo, che muore di gioia; poi Penelope, ancora all oscuro di tutto, propone ai pretendenti la gara dell arco: chi riuscirà a tenderlo sarà suo sposo. Nessuno vi riesce eccetto Odisseo, che vinta la prova, rivolge l arco sui pretendenti e inizia la strage. Gli ultimi due libri narrano il riconoscimento di Penelope, la visita al vecchio padre Laerte, lo scontro e la riconciliazione con i parenti degli uccisi.

3 L Iliade o l età degli eroi Il mondo sociale, religioso e umano che i poemi omerici sottendono è prima di tutto quello della civiltà micenea. Infatti le vicende si iscrivono storicamente negli ultimi decenni dell età del bronzo. Nonostante questo la comparazione attenta dei dati forniti dall archeologia e di quelli contenuti nei poemi dà risultati piuttosto deludenti. I maggiori riscontri obiettivi tra poemi e società sembrano rintracciabili nel periodo dei secoli bui, quando dopo il crollo della civiltà micenea, rinascono comunità politiche con strutture più aperte e meno sfarzose. Qui l autorità del wanax miceneo tende a dissolversi in quella limitata e malsicura del basileus. I rapporti tra Agamennone e gli altri re nell Iliade, ma anche quelli tra re e nobili nell Odissea, riflettono questa disgregazione del potere. Al mondo postmiceneo riconducono anche due aspetti della società che possono essere circoscritti cronologicamente con notevole precisione, cioè il commercio e le cerimonie funebri. Il commercio nei poemi appare gestito dai Fenici, per i Greci essere mercanti è un disonore. Una mentalità del genere è concepibile solo in un età anteriore a Omero, poiché nell VIII secolo il commercio greco insidia già quello fenicio. Quanto ai riti funebri gli studi archeologici dicono che la società micenea seppelliva i suoi morti in fosse o in tombe a cupola. Attorno all anno 1050 a.c., invece, quasi tutta la Grecia conosce la cremazione, che viene nuovamente sostituita dall inumazione verso l anno 850. Nei poemi omerici si parla solo di cremazione: una pratica dei secoli bui. Dunque i poemi omerici non rispecchiano una civiltà, ma una stratificazione di tre civiltà: il presente di Omero, l età micenea e i secoli bui. I procedimenti della dizione orale non sono gli unici a contare nella determinazione di questo mondo così composito; essi si intersecano di continuo con la trasfigurazione mitica, che accresce le ambiguità e rende più problematica la decifrazione della realtà storica. È difficile dire dove finisce il mito e dove inizia la storia. Caratteri dell eroe omerico L eroe omerico non differisce sostanzialmente da quello esiodeo. Egli è bello e grande; ma grandezza e bellezza sono doti assunte in una sfera sovrumana. Altra caratteristica fondamentale dell eroe omerico è l onore (timé). Senza onore l eroe non potrebbe esistere, perché, fagocitato dalla massa affonderebbe in un anonimato senza segni di riconoscimento e senza virtù. L eroe quindi si distingue per la nobiltà di nascita, che lo pone, per natura, in una posizione eminente; ma soprattutto si distingue per le doti di mente e di cuore, per le imprese gloriose.

4 L Iliade è lo stupendo scenario in cui l onore viene proposto all ammirazione e applaudito. Quando poi l onore viene oltraggiato, le reazioni che si scatenano diventano abnormi e la collera scoppia con una violenza che non risparmia nessuno. Nell Iliade i rapporti dominanti non sono tra basileus e popolo ma tra i vari eroi o basilees e rivelano con chiarezza un organizzazione prevalentemente aristocratica della società. Agamennone sotto le mura di Troia è solo un primus inter pares, ma si differenzia dagli altri prima di tutto perché è signore di tre potenti città, Micene, Argo e Tirinto, e ha condotto a Troia cento navi. La ricchezza è la prima sorgente del potere. La seconda sorgente del potere è costituita dal prestigio personale, dal valore (areté). Inoltre il potere è essenzialmente individuale e personale. I questa società la solidarietà tra cittadini non ha peso, lo stato dei cittadini, la polis, non esiste ancora. Umanità e socialità di Ettore Non tutti gli eroi omerici sono così individualistici. Ettore, per esempio, sembra diverso. È probabile che l ideale eroico incarnato da Ettore si colleghi a una fase successiva, quando l aristocratico distacco e l egocentrismo dell eroe hanno perduto l antico rigore a contatto con una società più solidale e più umanizzata. La socialità è la prerogativa di Ettore; dietro la sua azione e la sua morte c è una città e la sua gente. Molto significativo a questo riguardo appare l ultimo incontro tra Ettore e la moglie Andromaca alle porte Scee (libro VI): oltre alla guerra è il sentimento della timé a dominare. Un sentimento più forte dell amore é la gloria acquistata per sé, per la famiglia, per la città. È vero però che un insieme di affetti purissimi stringe Ettore, Andromaca e Astianatte. Il solco che separa la donna e l uomo nella società antica è profondo, ma qui non si sente. L amore dei due sposi si incontra e si esalta nel piccolo Astianatte. Una costante dell ultimo incontro tra Ettore e Andromaca è il pensiero della morte: Ettore consegna ad Astianatte la sua severa e serena meditazione sul destino dell uomo valoroso o vile. Dice che non serve affliggersi, nascere vuol dire morire e nessuno può sottrarsi alla sorte fissata dal fato. L unico atteggiamento responsabile rimane quello di accettare la morte, quando verrà e intanto vivere per sé e per gli altri. La morte degli eroi Quando Achille torna a combattere più feroce di prima ognuno sente che la morte di Ettore è inevitabile. E si arriva allo scontro finale. Dall alto delle mura tutti gli occhi si volgono a Ettore, solo nella piana, e ad Achille, che avanza da lontano. Quando Achille è vicino Ettore trema e fugge. tre volte gira intorno alle mura, poi, confortato da Deifobo, si ferma e lo affronta. È l ultimo inganno: Deifobo non è il dolce fratello, ma Atena la dea nemica; il destino di

5 morte che incombe dal momento dell incontro con Andromaca è ormai una realtà. La furia di Achille dopo la morte di Patroclo è enorme, lo fa esultare quando il nemico stramazza nella polvere colpito a morte e lo condurrà ad abbandonare il cadavere ai cani e agli uccelli. Ettore cade circondato da un alone di bellezza e di gloria. La sua non è neppure una sconfitta: la sua morte fissa per sempre una gloria, una giovinezza e un vigore stroncati nel loro pieno fiorire. Di duelli come questo, di scontri, di vittorie e di sconfitte è piena l Iliade, che è il poema della guerra. Bisogna però ricordare che l accento non viene posto sulla guerra in se stessa ma sulla gloria (kleos) che ne consegue. Questo carattere si deduce dalla configurazione delle battaglie che lasciano il posto sempre a duelli di cui sono protagonisti gli eroi. Il perdono e la pietà sono sconosciuti, perché la gloria dell eroe si nutre dell annientamento e della spoliazione del nemico. Dalla bestialità alla partecipazione umana Dopo lo strepito dei combattimenti e il furore delle passioni, il travagliato mondo dell Iliade si stringe nello spazio di una tenda che nella sua raccolta intimità sembra azzerare la violenza esterna e riaccendere i più segreti moti dell animo. Qui troviamo Achille e Priamo. Priamo in un gesto implorante e amoroso, bacia la mano tremenda omicida che molti figli gli ha ucciso; Achille guarda stupito il vecchio venerando simile ai numi. I nemici non sono più nemici. Piange Priamo il figlio; piange Achille ora il caro amico Patroclo ora il padre che ricorda nell immagine dolente del vecchio re, e le lacrime creano in Achille un cuore nuovo. L eroe si apre alla pietà, l ira si placa; dà un consiglio di saggezza al vecchio re, invitandolo ad andare oltre il dolore, perché i morti non rivivono più, perché un destino di dolore incombe su tutti gli uomini. Il mondo eroico pur così rigoroso e compatto dell Iliade, non è privo di incrinature. Tersite e il mondo popolare Nell Iliade non esiste solo il mondo eroico; sui campi di battaglia lottano e muoiono turbe di uomini comuni e nelle assemblee viene radunato tutto l esercito. Ma il poeta non ha occhi per loro, li avvolge in un grigio anonimato e tutt al più li usa in funzione di cornice per i suoi eroi. Solo una volta Omero indugia con compiacenza su un oscuro rappresentante della folla ed è a proposito di Tersite. La sua azione di ribelle e di demagogo si inserisce in un momento di grande sbandamento per l esercito acheo. Agamennone viene a sapere da un sogno fallace che Troia è prossima a cadere e, poiché un consiglio ristretto di capi conferma la credibilità del sogno, convoca i soldati per portare l ultimo attacco alla città. Lamenta i disagi di nove anni di guerra e, per metterli alla prova, propone di ritornare in patria. La proposta viene accolta con gioia e tutti si precipitano verso le navi. A questo

6 punto Era, che non può tollerare uno smacco così clamoroso per i Greci, invia Atena da Odisseo perché blocchi immediatamente la fuga. Tra tutti emerge Tersite che getta fango sugli eroi e in particolare su Agamennone. L attenzione davvero eccezionale che Omero riserva a uno del volgo coincide con una feroce marchiatura di infamia. Ma il disprezzo di cui é coperto Tersite non è solo personale; coinvolge tutta la classe sociale a cui appartiene. Non solo Tersite, ma anche tutto il popolo non conta nulla né in guerra né in consiglio; se sa stare al suo posto, viene ignorato e, al più, blandito, se si fa sentire viene schiacciato con forza. Nella figura di Tersite emerge l antieroe: se l eroe è bellissimo, Tersite è l uomo più brutto che è giunto a Troia, è zoppo con le spalle curve, rientranti sul petto, ha il capo aguzzo, cosparso di radi capelli, la sua voce stridula non cessa di seminare parole, ma a caso, vane. Più che un ritratto è una caricatura tratteggiata con disprezzo. Anche il suo discorso contro i capi è privo di credibilità politica e il ritratto dell antieroe trova il suo compimento quando Tersite riceve una scarica di colpi da Odisseo e, il suo corpo deforme si contorce, una grossa lacrima scende infantilmente dagli occhi e un livido si gonfia enorme sul dorso. Non sempre il popolo esce ridicolizzato dall ideologia aristocratica, se si pone al servizio dei nobili viene osservato con comprensione o idealizzato. Questo atteggiamento si può rintracciare quando nella descrizione dello scudo di Achille, la mietitura viene rappresentata come un momento di festa, che unisce falciatori, legatori, fanciulli che spigolano, donne che preparano il pasto, il re che benevolmente osserva. Più vere appaiono le figure degli umili delineate nelle similitudini. Gli dei di Omero Gli dei occupano gli spazi più vitali nel mondo eroico. La causa della guerra di Troia, cioè il rapimento di Elena, trova le sue origini prime in una contesa tra Era, Atena e Afrodite e nella promessa fatta a Paride di avere la donna più bella. Una volta scoppiata la guerra accanto agli eroi combattono gli dei, divisi in due fazioni: una in favore dei Greci, l altra dei Troiani: -sono schierati con i Greci Era e Atena e poi anche Podeidone, Ermes, Efesto -con i Troiani stanno Afrodite e Ares, Apollo e la sorella Artemide -Zeus imparziale interprete del destino, non partecipa alla lotta. Nel cielo si trova un mondo specchio di quello terreno. Nel libro XXI contemporaneamente alla battaglia risolutiva che si svolge fra Greci e Troiani, gli dei vengono a loro volta a una rissa generale. Significativa appare poi la contesa tra Era e Zeus nel libro I: essa trae origine da una visita a Zeus di Teti. La dea implora una solenne sconfitta dei Greci, che faccia rimpiangere il valore del figlio Achille, che nel frattempo si era allontanato dal campo di battaglia a causa dell offesa di Agamennone. La contesa tra Zeus e Era è tutta umana: non sembra di trovarci di fronte alle due più grandi divinità olimpiche, esse appaiono prive della loro sacralità e

7 della loro potenza. L alterazione affannosa e le minacce senza dignità situano la scena non in cielo, ma in un interno di famiglia. Alla fine la tensione si scioglie e la corte celeste fa intravedere uno scorcio di vita beata, ma anche in questo gli dei rispecchiano gli uomini. Il primo carattere degli dei è l antropomorfismo. Esso non implica solo la rappresentazione in forma umana, ma anche l appropriazione delle forme della vita psichica dell uomo, come le passioni, le doti, i vizi. Antropomorfismo non vuol dire per gli dei annullamento né dell autonomia del proprio campo d azione né di alcuni caratteri distintivi. Anche se gli dei nascono nel tempo, la loro esistenza continua indefinitamente fuori del tempo, mentre la vita degli uomini degrada inesorabilmente versi la vecchiaia e la morte. Gli uomini sono mortali, gli dei immortali. Nella vita privata frivolezza d infedeltà sono dominanti. Gli amori irregolari non si contano e causano continue baruffe e risate. Alcuni studiosi hanno interpretato le divinità greche come rappresentazioni simboliche di particolari aspetti dell uomo. Se nell uomo esiste la bellezza viene trasfigurata in Afrodite, se nel mondo esiste il furore sconsiderato esso viene rappresentato da Ares ecc. in questa visione non ha senso parlare di immoralità degli dei omerici, perché ognuno realizza compiutamente un aspetto del mondo all interno del quale non vi possono essere né limiti né contraddizioni proprio per la sua unicità. Un altra interpretazione più tradizionale è quella naturalistica. La distinzione tra natura ed essere vivente è sempre stata per gli antichi debole ed equivoca. Kronos, oltre che un dio, è anche il tempo, il Sonno, la Notte, l Aurora, oltre che fenomeni della natura sono anche persone. Zeus con i suoi epiteti formulari tradisce la sua origine atmosferica: signore del tuono, candida folgore, nube nera. Bisogna allora pensare che l antropomorfismo altro non sia che la Personificazione dei fenomeni naturali. Una terza interpretazione degli dei omerici potrebbe essere definita sociologica, in quanto sostiene che l Olimpo è lo specchio della società aristocratica di un epoca però più antica di quella di Omero, quella del Medioevo ellenico. Zeus sarebbe una proiezione della figura del basileus. Al suo arrivo tutti gli dei si alzano in piedi in segno di rispetto, ma poi sanno ribellarsi, come Era, o adirarsi, come avviene quando il litigio minaccia la gioia del banchetto. Lo stesso trattamento tocca ad Agamennone nel campo greco. Il problema rimane aperto. Si può però affermare che gli dei omerici sono immersi nella solarità; non sono mai personificazioni di forze occulte, misteriose, malefiche. La loro azione è chiara, inequivocabile. Il lato oscuro della vita viene attribuito alla moira (destino), che non è una divinità come le altre, è un elemento astratto: è la parte o sorte che tocca agli uomini dopo la morte. La sfera di influenza delle divinità si ferma, impotente, di fronte all oscurità della morte.

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