Alterazioni geniche nei tumori dell uomo: il modello del cancro della tiroide

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1 Alterazioni geniche nei tumori dell uomo: il modello del cancro della tiroide Capitolo 18 Alterazioni geniche nei tumori dell uomo: il modello del cancro della tiroide Alfredo Fusco, Giuseppe Viglietto, Massimo Santoro I tumori sono causati da alterazioni del genoma. Negli ultimi 25 anni sono stati compiuti progressi straordinari nella scoperta dei geni che sono mutati nei tumori e della funzione delle proteine codificate da essi. I carcinomi (tumori epiteliali maligni) sono i più frequenti tumori dell uomo ed i carcinomi della tiroide, in particolare, sono le più frequenti neoplasie maligne che colpiscono il sistema endocrino. Negli ultimi anni sono state scoperte molte delle lesioni geniche che caratterizzano i carcinomi tiroidei. Queste scoperte hanno reso la cancerogenesi tiroidea uno dei piu interessanti modelli per lo studio della genetica delle neoplasie umane. Oggi, sappiamo che i diversi tipi di carcinoma tiroideo sono contraddistinti dall attivazione di specifici oncogeni. Queste scoperte hanno aperto nuovi scenari per lo sviluppo di terapie molecolari dei tumori della tiroide. Questo capitolo riassume le attuali conoscenze delle lesioni genetiche responsabili dei tumori dell uomo ed analizza il caso del carcinoma della tiroide come esempio paradigmatico della patogenesi molecolare di una neoplasia, delle sue basi genetiche, dei suoi fattori eziologici ed infine delle nuove possibilità terapeutiche. Apoptosi Morte cellulare programmata. Un tipo di morte cellulare che a differenza della necrosi avviene in maniera attiva, risponde ad un preciso programma genetico e dipende dall attivazione di proteasi chiamate caspasi. Senescenza L arresto della capacità proliferativa delle cellule. Può essere reversibile o irreversibile. La senescenza è legata all attivazione di meccanismi di difesa delle cellule che bloccano transitoriamente la sintesi Alterazioni geniche nei tumori Lo sviluppo di una neoplasia è dovuto all accumulo di mutazioni di specifici geni all interno di una cellula che acquisterà così un vantaggio proliferativo rispetto alle cellule normali. I geni che sono responsabili di questo processo sono numerosi: un recente censimento ha portato alla classificazione di 291 geni colpiti da mutazioni nei tumori umani, un numero che corrisponde a circa l 1% dell intero genoma. Queste mutazioni causano l acquisizione delle 6 caratteristiche fondamentali comuni a tutti i tumori maligni e cioè: i) proliferazione incontrollata; ii) resistenza all apoptosi; iii) evasione dal fenomeno della senescenza; iv) angiogenesi; v) resistenza ai segnali anti-proliferativi; vi) invasione e metastasi. Esistono una serie di database consultabili on-line nei quali queste alterazioni geniche sono catalogate, come ad esempio il COSMIC (Catalogue of Somatic Mutations in Cancer) database ( cosmic). Come illustrato nella Tabella 1, i geni alterati nei tumori sono classificati in tre gruppi principali: i) oncogeni, ii) geni oncosoppressori e iii) geni che controllano l integrità del genoma (geni care-takers ).

2 Biologia molecolare di DNA oppure all accorciamento delle estremità terminali dei cromosomi, i telomeri, che avviene progressivamente nel corso dei vari cicli cellulari. Angiogenesi Lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni nei tumori. Il processo è spesso sostenuto dalla secrezione da parte delle cellule tumorali di fattori di crescita per i vasi come il VEGF (vascular endothelial growth factor). Progressione L evoluzione progressiva di una neoplasia verso forme via via più aggressive. Si ritiene che essa sia causata dall accumulo progressivo di mutazioni di oncogeni e geni oncosoppressori sostenuta dall instabilità genetica causata dal cattivo funzionamento dei geni care-taker. Oncogeni: la storia della loro scoperta e i nuovi metodi per identificarli Sono da considerarsi oncogeni tutti quei geni che attraverso un guadagno di funzione ( gain-of-function ) favoriscono la trasformazione e la progressione neoplastica (Tabella 1). Si tratta di geni dominanti, nel senso che è sufficiente che l alterazione avvenga in eterozigosi (a carico di un solo allele) affinchè essa si traduca nel fenotipo trasformato. Gli equivalenti normali degli oncogeni sono chiamati proto-oncogeni. I proto-oncogeni sono altamente conservati durante l evoluzione e codificano per proteine essenziali nei processi di proliferazione, sopravvivenza e differenziamento cellulare. Ad esempio, i proto-oncogeni codificano per fattori di crescita, recettori di membrana, proteine coinvolte nella trasduzione del segnale, e fattori di trascrizione. Evidenze recenti indicano che molti dei prodotti proteici degli oncogeni funzionano in vie di trasduzione del segnale. Mutazioni a vari livelli di queste cascate oncogeniche sarebbero la causa dei tumori. La conversione dei proto-oncogeni ad oncogeni, con la conseguente trasformazione cellulare, può avvenire attraverso due meccanismi principali: i) alterazioni strutturali del prodotto proteico (alterazioni qualitative) o ii) alterazioni della regolazione della sua espressione (alterazioni quantitative) (Tabella 1). Le prime possono essere causate da: a) mutazioni puntiformi; come avviene, per esempio, nel caso del gene RET nei pazienti affetti dalle sindromi neoplastiche MEN 2 che colpiscono varie ghiandole tra cui la tiroide (cfr. paragrafo 3c); b) troncamento del gene e fusione con geni partners. Questo determina la creazione di geni e proteine chimeriche, come avviene, per esempio, nel caso degli oncogeni chimerici RET/PTC nei carcinomi papilliferi della tiroide (cfr. paragrafo 3a). L aumentata espressione dell oncogene può invece essere causata da: a) amplificazione genica; come ad esempio nel caso del gene c-erbb2/her2 nei carcinomi della mammella; b) alterazione del controllo trascrizionale. Un classico esempio è rappresentato dal linfoma di Burkitt dove il proto-oncogene c-myc viene traslocato dal cromosoma 8 su altri cromosomi, trovandosi sotto il potente controllo trascrizionale dei promotori delle catene pesanti (traslocazione 8-14) oppure leggere (traslocazioni 8-2 e 8-22) delle immunoglobuline. Diversi filoni di ricerca hanno portato all identificazione degli oncogeni (Tabella 1). Spesso diversi approcci sperimentali hanno condotto all identificazione indi- Tabella 1. I geni che causano il cancro Gene Identificazione Tipo di alterazione Esempi Oncogeni 1. Retrovirus 2. Trasfezione 3. Citogenetica 4. Sequenziamento Qualitativa: 1. Mutazione puntiforme 2. Riarrangiamento Quantitativa: 1. Amplificazione 2. Iperespressione RAS, BRAF, RET, BCR- ABL, MYC, HER2 Geni oncosoppressori 1. Malattie tumorali familiari 2. Citogenetica 3. Siti di integrazione di virus e trasposoni 4. Librerie di RNAi Qualitativa: 1. Mutazione puntiforme (missense, nonsense, frameshift) 2. Troncamento Quantitativa: 1. Delezione 2. Ridotta espressione P53, Rb, PTEN Geni care-takers 1. Malattie tumorali familiari Qualitativa: 1. Mutazione puntiforme (missense, nonsense, frameshift) 2. Troncamento Quantitativa: 1. Delezione 2. Ridotta espressione P53, MSH, MLH

3 Alterazioni geniche nei tumori dell uomo: il modello del cancro della tiroide Retrovirus Virus a RNA con genoma diploide. I retrovirus effettuano nel corso del loro ciclo biologico la retrotrascrizione del RNA genomico in DNA grazie ad un enzima chiamato trascrittasi inversa. PCR Reazione a catena mediata dalla polimerasi. Una metodica di laboratorio che ha rivoluzionato la manipolazione degli acidi nucleici consentendo l amplificazione di sequenze di DNA (PCR) oppure di RNA (RT-PCR). Carcinoma Tumore maligno dell epitelio. pendente dei medesimi oncogeni. Molti oncogeni sono stati isolati a partire da retrovirus acuti. Questi virus derivano da passaggi seriali di retrovirus leucemici cronici in animali. A differenza di questi ultimi, i retrovirus acuti sono in grado di trasformare cellule in coltura e di indurre neoplasie con breve latenza ed alta incidenza. L analisi comparativa del genoma dei virus cronici e dei corrispondenti virus acuti portò alla dimostrazione che i secondi derivavano dai primi in seguito ad un processo di ricombinazione con il genoma dell ospite. Questo processo portava all acquisizione (trasduzione) da parte del genoma virale di un protooncogene di origine cellulare che era responsabile della capacità trasformante del virus. Il gene fu denominato v-onc ed il corrispondente proto-oncogene cellulare venne definito c-onc. Ad esempio, l oncogene H-RAS fu isolato a partire dal virus del sarcoma di Harvey derivato da passaggi seriali del virus leucemico di Moloney. Nonostante non presentino geni v-onc, anche i retrovirus cronici, seppure con minore efficienza, sono in grado di indurre malattie neoplastiche negli animali da esperimento. Infatti, nel corso del loro ciclo replicativo, i retrovirus cronici integrano il proprio genoma sotto forma di provirus in quello della cellula ospite e sono così in grado di causare mutazioni; un processo noto come mutagenesi inserzionale. L analisi dei siti di integrazione provirali mise in evidenza l esistenza di siti preferenziali che erano adiacenti a particolari geni della cellula ospite. Fu così scoperto che i retrovirus cronici causavano trasformazione cellulare perché attivavano l espressione di specifici protooncogeni cellulari in prossimità dei quali si erano integrati. L enorme sviluppo dell ingegneria genetica ha dato nuovo impulso a questo filone di ricerca. Le sequenze complete di molti genomi sono pubblicamente accessibili e facilmente consultabili online ( Il genoma dei retrovirus è stato modificato ( etichettato ) aggiungendo sequenze nucleotidiche facilmente identificabili tramite PCR. I retrovirus così modificati sono stati usati per infettare topi; negli animali che hanno sviluppato tumori i siti di integrazione del retrovirus sono stati facilmente individuati grazie alla etichetta che era stata aggiunta e grazie alla conoscenza dell intero genoma. Ancora più di recente sono stati utilizzati i trasposoni per pescare dal genoma nuovi oncogeni ed anche nuovi geni oncosoppressori. I trasposoni sono stati modificati tramite ingegneria genetica per funzionare anche in mammiferi e sono stati utilizzati per scoprire nuovi oncogeni tramite l esplorazione sistematica del genoma di topi in cui neoplasie erano state indotte dalla loro inserzione. Un altro filone che ha portato all identificazione di oncogeni è stato quello basato sull applicazione della tecnica della trasfezione. Questa tecnica consiste nel trasferimento di DNA genomico estratto da cellule tumorali in fibroblasti murini denominati NIH3T3. Le cellule NIH3T3 sono particolarmente suscettibili alla trasformazione. La presenza di oncogeni attivati nel DNA tumorale causa la trasformazione neoplastica delle cellule recipienti che si traduce nella formazione di foci di trasformazione. Da questi ultimi, l oncogene trasferito può essere isolato. Mediante la tecnica della trasfezione è stato isolato, a partire da linee cellulari derivanti da carcinoma della vescica, l oncogene H-RAS portatore di una mutazione al codone 12, lo stesso oncogene che era stato isolato precedentemente studiando il virus di Harvey. Alcuni oncogeni sono stati isolati attraverso lo studio delle alterazioni cariotipiche caratteristiche di specifiche neoplasie. Questo è ad esempio il caso della traslocazione 9-22 (cromosoma filadelfia) e dell oncogene BCR-ABL, che si riscontra con altissima frequenza nella leucemia mieloide cronica. Infine, il completo sequenziamento del genoma dell uomo, come ricordato sopra, ha dato un enorme impulso alla scoperta di nuovi oncogeni. La conoscenza, infatti, della sequenza di tutti i geni umani ha consentito di sviluppare progetti focalizzati

4 Biologia molecolare al sequenziamento dell intero genoma di cellule tumorali. Nuovi oncogeni sono già stati scoperti con questo approccio, come il gene BRAF, coinvolto in melanomi ma anche in carcinomi papilliferi della tiroide (cfr. paragrafo 3b) e nuovi oncogeni coinvolti nella trasduzione del segnale nei carcinomi del colon. I geni oncosoppressori: geni che prevengono il cancro Per gene oncosoppressore si intende qualsiasi gene che, quando inattivato ( loss-of-function ),contribuisce al processo di carcinogenesi (Tabella 1). Si tratta nella maggior parte dei casi di geni codificanti per proteine che arrestano la crescita cellulare oppure promuovono l apoptosi. In alcuni casi, i geni soppressori sono dei veri e propri antagonisti di oncogeni (come per esempio soppressori che codificano per fosfatasi che antagonizzano l azione di oncogeni che codificano per chinasi); questo giustifica la definizione di antioncogeni che a volte si usa per definire questi geni. Un esempio di questo concetto è rappresentato dalla frequente inattivazione in tumori umani, incluso tumori della tiroide, del gene PTEN che codifica per una fosfatasi che normalmente antagonizza i segnali proliferativi dei fattori di crescita (cfr. paragrafo 3f). Molteplici meccanismi possono bloccare la funzione dei geni oncosoppressori nei tumori, quali: i) delezione del gene; ii) mutazioni inattivanti; iii) ridotta espressione genica spesso determinata da fenomeni di ipermetilazione. Non è raro che i diversi meccanismi possano coesistere in specifici tumori a carico dei due alleli di uno stesso gene oncosoppressore. Infatti, i geni oncosoppressori si comportano da geni recessivi, nel senso che affinché essi possano svolgere un ruolo nel processo di trasformazione cellulare è necessario che entrambi gli alleli siano alterati. Alfred Knudson agli inizi degli anni 70 formulo il modello dei due hits per descrivere la mutazione sequenziale dei due alleli di un gene oncosoppressore nei tumori. Ci sono eccezioni importanti a questa regola. In alcuni casi, è sufficiente la mutazione a carico di un solo allele affinchè la funzione di specifici oncosoppressori venga resa inefficace. Questo avviene, ad esempio, nel caso del gene p53, uno degli oncosoppressori più importanti per i tumori dell uomo. Il gene p53 codifica per una proteina nucleare che svolge la sua funzione sotto forma di tetramero (cfr. paragrafo 3e). Nel caso di mutazioni anche di un solo allele, la presenza di catene polipeptidiche alterate danneggia la funzione delle molecole normali, un fenomeno definito dominanza negativa. Ci sono altre condizioni nelle quali è sufficiente la mutazione di un solo allele di un gene oncosoppressore. Si parla di aploinsufficienza quando è indispensabile un dosaggio genico completo e dunque l integrità funzionale di entrambi gli alleli di un gene oncosoppressore per evitare lo sviluppo di neoplasie. I geni oncosoppressori sono stati scoperti in molti casi studiando alcune rare malattie tumorali familiari di cui sono responsabili come ad esempio il retinoblastoma, il tumore familiare del colon e della mammella, la sindrome di Li-Fraumeni e la sindrome di Cowden (che, come descritto al paragrafo 3f, predispone anche allo sviluppo di tumori della tiroide) (Tabella 1). Come nel caso degli oncogeni, la scoperta del genoma e le nuove tecnologie dell ingegneria genetica stanno facilitando la scoperta di nuovi geni oncosoppressori. Negli ultimi anni, ad esempio, è stato sviluppato un sistema per bloccare l espressione genica determinando la degradazione specifica del mrna corrispondente. Questo si ottiene con dei frammenti di RNA corrispondenti al mrna che si vuole degradare, i quali attivano un meccanismo enzimatico di digestione del mrna ( RNA interference ). Grazie a questa tecnologia è stato possibile sintetizzare librerie di RNAi in grado di bloccare selettivamente l espressione di tutti i geni noti e queste librerie sono state utilizzate con successo per scoprire nuovi geni oncosoppressori la cui degradazione portava alla trasformazione neoplastica.

5 Alterazioni geniche nei tumori dell uomo: il modello del cancro della tiroide I geni care-takers : geni che controllano l integrità del genoma Da quanto illustrato sinora, risulta chiaro che il processo di carcinogenesi è causato da alterazioni sequenziali nel tempo di oncogeni e geni oncosoppressori. Non sorprende, dunque, che un terzo gruppo di geni coinvolti nel processo di cancerogenesi comprende i geni che presiedono al riparo del DNA (Tabella 1). Il loro cattivo funzionamento causa la ipermutabilità del genoma della cellula, la quale può così accumulare le mutazioni degli oncogeni e dei geni oncosoppressori che alla fine la conducono alla trasformazione neoplastica. Proprio perché si occupano dell integrità del genoma, questi geni sono stati definiti care-takers. La cellula eucariotica possiede diversi meccanismi di riparo del DNA che riparano i principali tipi di mutazioni come la rottura a doppio filamento del DNA ( double strand DNA break ) casuata da radiazioni ionizzanti o cancerogeni chimici, le mutazioni puntiformi ( mismatch ) spontanee o causate da cancerogeni, la formazione di dimeri di pirimidina indotta da raggi ultravioletti. I meccanismi di riparo sono chiamati HR ( homologous recombination : ricombinazione omologa) per la riparazione delle rotture del DNA, MMR (acronimo inglese di Mismatch Repair ) per correggere nucleotidi male appaiati, NER ( nucleotide excision repair ) per rimuovere i dimeri di pirimidina. L inattivazione di questi meccanismi è responsabile di specifici tipi di tumore dell uomo. L esempio più noto è l inattivazione dei geni MSH ed MLH, responsabili del MMR, nel carcinoma del colon non poliposo ereditario (HNPCC) o Sindrome di Lynch. Questi sistemi di riparo entrano in funzione quando la cellula segnala un danno subito a carico del DNA. Esistono infatti delle proteine di controllo che verificano che le varie fasi del ciclo cellulare si stiano compiendo correttamente e che il DNA non sia mutato. Anche l inattivazione di queste proteine di controllo, oltre che la diretta inattivazione dei sistemi di riparo, può causare tumori. Un esempio è rappresentato ancora una volta da p53 che oltre che agire come un classico oncosoppressore e bloccare la proliferazione cellulare è anche in grado di comportarsi da care-taker innescando gli opportuni sistemi di riparo quando avverte la presenza di mutazioni. I carcinomi della tiroide I tumori tiroidei sono distinti in tumori benigni e maligni. I tumori benigni sono rappresentati essenzialmente dagli adenomi. I tumori maligni sono, nella grande maggioranza dei casi, carcinomi. I carcinomi tiroidei rappresentano circa l 1% delle neoplasie maligne dell uomo. La loro incidenza varia tra 8 e 50 casi per milione negli uomini e tra 19 e 190 casi per milione nelle donne. Come illustrato nella Tabella 2, i carcinomi tiroidei sono suddivisi in 4 sottotipi caratterizzati da diversa morfologia, comportamento clinico ed eziologia; il carcinoma papillifero (PTC), il carcinoma follicolare (FTC), il carcinoma anaplastico (ATC) ed il carcinoma midollare (MTC). Oggi sappiamo che i vari carcinomi tiroidei sono associati a varie alterazioni geniche (Tabella 2). Nella tiroide sono presenti due tipi di cellule endocrine: le cellule follicolari e le cellule parafollicolari. Le cellule follicolari originano dall entoderma e costituiscono la larga maggioranza delle cellule tiroidee. Esse formano delle strutture follicolari che sono deputate alla sintesi degli ormoni tiroidei, triodotironina (T3) e tiroxina (T4). Gli ormoni tiroidei sono sintetizzati a partire da una proteina ricca in residui tirosinici, la tireoglobulina, e dallo iodio che viene captato specificamente dalle cellule tiroidee sotto forma di ioduri. La crescita delle cellule follicolari è regolata dalla tireotropina ipofisaria (TSH- Thyroid Stimulating Hormone ). Invece, le cellule parafollicolari, dette anche cellule C, derivano dalla creste neurali e rappresentano circa l 1% di tutte le cellule tiroidee. Esse secernono la calcitonina, un ormone che regola il

6 Biologia molecolare Tabella 2. Alterazioni geniche nei carcinomi della tiroide Tipo di tumore Tipo cellulare Fattori eziologici Lesione molecolare* Gain-of-function Loss-of function PTC Cellula follicolare Radiazioni ionizzanti FTC Cellula follicolare Carenza di iodio ATC Cellula follicolare Progressione tumorale RET (r) TRK (r) BRAF (pm) PAX8/PPARγ (r) RAS (pm) RAS (pm) BRAF (pm) TP53 (vari) MTC Cellula parafollicolare Familiare (ereditarietà) RET (pm) Cellula parafollicolare Sporadico (sconosciuta) RET (pm) *: r= riarrangiamento; pm= mutazione puntiforme. metabolismo del calcio. Mentre gli MTC derivano dalle cellule C, gli altri 3 tipi di carcinoma tiroideo (PTC, FTC ed ATC) derivano dalle cellule follicolari (Tabella 2). Segue una breve descrizione delle caratteristiche più importanti dei vari tipi di carcinoma tiroideo e delle alterzioni geniche che li contraddistinguono. Il carcinoma papillifero (PTC): una neoplasia causata dalle radiazioni Il PTC è di gran lunga il più frequente carcinoma tiroideo (circa l 80% dei casi). La sua frequenza è superiore nelle donne rispetto agli uomini (2.6-6 volte). I PTC mostrano una tipica architettura papillare e cellule con tipiche alterazioni nucleari (nuclei a vetro smerigliato). Molto spesso i PTC sono multifocali e tendono a metastatizzare ai linfonodi regionali. Varie considerazioni indicano che il fattore di rischio più importante per il PTC è rappresentato dalle radiazioni ionizzanti. Infatti, un alta incidenza di PTC si è verificata tra i sopravvissuti alle bombe atomiche di Nagasaki ed Hiroshima. I soggetti che sono stati trattati negli anni 50 con radiazioni nelle regioni del collo e della testa per la terapia di iperplasia timica o infezioni micotiche hanno presentato una maggiore suscettibilità allo sviluppo di PTC. Le regioni geografiche che presentano la più alta incidenza di PTC sono le Isole Hawai e l Islanda, due regioni vulcaniche con alti livelli di radiattività ambientale. Infine, recentemente, in seguito all incidente del reattore nucleare di Chernobyl nell aprile del 1986 si è verificato un incremento notevole (fino a 100 volte) di PTC nei bambini della Bielorussia e dell Ucraina. I PTC conseguenti al disastro di Chernobyl sono più aggressivi rispetto a quelli che si riscontrano nelle regioni non esposte a radiazioni, e presentano spesso un istologia particolare con struttura a cellule addensate (PTC della variante solida). Il carcinoma follicolare della tiroide (FTC) L FTC è un tumore abbastanza raro (circa il 10% dei carcinomi tiroidei). L FTC è ben differenziato, solitamente unifocale, incapsulato, e tende ad invadere i vasi sanguigni e a diffondere per via ematica alle ossa ed al polmone. Nelle regioni dove è presente un alta incidenza di gozzo endemico, dovuta a carenza di iodio, c è anche una maggiore incidenza di FTC. Un tipo particolare di carcinoma della tiroide è quello a cellule ossifile o a cellule di Hurthle. Le cellule di Hurthle

7 Alterazioni geniche nei tumori dell uomo: il modello del cancro della tiroide Metastasi La riproduzione a distanza di un tumore maligno. Le metastasi si disseminano il piu delle volte tramite i vasi sanguigni oppure i vasi linfatici. sono larghe cellule poligonali ricche in granuli eosinofili e mitocondri. I carcinomi ossifili sono considerati oggi delle varianti dei PTC oppure degli FTC. Il carcinoma anaplastico (ATC): una delle neoplasie più aggressive dell uomo Gli ATC sono, per fortuna, tumori molto rari (2-5% dei carcinomi tiroidei). Essi sono molto aggressivi ed altamente indifferenziati, cioè composti da cellule che non sono capaci di sintetizzare tireoglobulina e di captare lo iodio. Più del 75% dei pazienti presentano già metastasi al momento della diagnosi e la loro sopravvivenza media è di circa 6 mesi (17). Questo rende l ATC un modello di studio per le neoplasie umane molto aggressive. Gli ATC non rispondono alla radioterapia nè alla chemioterapia; identificare le lesioni molecolari responsabili di questo tumore sarà cruciale per identificare nuovi bersagli per terapie più efficaci (cfr. paragrafo 4). Gli ATC si sviluppano in età molto più avanzata rispetto ai PTC ed agli FTC. Molte evidenze suggeriscono che almeno in alcuni casi gli ATC possano derivare dalla progressione di preesistenti PTC oppure FTC. Tale ipotesi è avvalorata dalla presenza, in alcuni pazienti, di aree indifferenziate (anaplastiche) che coesistono con aree più differenziate del tipo papillifero o follicolare. Il carcinoma midollare della tiroide (MTC): forme sporadiche e forme familiari Gli MTC rappresentano il 5-10% dei carcinomi tiroidei. Nel 75% circa dei casi gli MTC sono sporadici. Nel restante 25% dei casi, l MTC è ereditato nell ambito della sindrome da neoplasia endocrina di tipo 2 (MEN 2). La MEN 2 è una malattia familiare trasmessa con carattere mendeliano autosomico dominante. Esistono tre sottotipi di MEN 2 (MEN 2A, MEN 2B e FMTC): i pazienti MEN 2A sono predisposti oltre che ad MTC anche a tumori delle paratiroidi e della midollare del surrene (feocromocitoma); i pazienti MEN 2B sono predisposti a MTC, feocromocitoma, tumori dei gangli nervosi e a volte anomalie scheletriche (habitus marfanoide; i pazienti FMTC, infine, sono predisposti solo a MTC. Come illustrato in seguito (cfr. paragrafo 3c) mutazioni del gene RET sono la causa degli MTC familiari e di una parte cospicua di quelli sporadici Le alterazioni geniche dei carcinomi della tiroide I riarrangiamenti dei recettori RET e TRK nel PTC Molti degli oncogeni isolati da tumori dell uomo codificano per proteine dotate di una specifica attività enzimatica, l attività chinasica). Questi enzimi sono in grado di trasferire il fosfato in posizione γ del ATP su residui di tirosina (tirosino-chinasi, TK) o di serina e treonina (serino/treonino-chinasi) di proteine substrato. Questo risulta nell attivazione delle proteine fosforilate (per cambio di localizzazione, modificazione conformazionale, associazione con altre proteine) e l inizio di un processo che viene definito trasduzione del segnale. I PTC sono un esempio di tumore umano causato dall attivazione di chinasi. Infatti, una frazione consistente dei PTC (circa il 30%) presenta una tipica alterazione genica consistente nel riarrangiamento del proto-oncogene RET (Tabella 1 e 2). Il proto-oncogene RET codifica per un recettore di membrana con un domino extracellulare con cui lega gli specifici fattori di crescita (GDNF: glial-derived neurotrophic factor ), un dominio idrofobico di ancoraggio alla membrana cellulare ed un dominio intracellulare dotato di attività tirosino-chinasi (TK) (Figura 1). In condizioni normali, il legame al GDNF causa l attivazione di RET e la trasduzione del segnale. Nei PTC, specifiche inversioni o traslocazioni cromosomiche che interessano il braccio lungo del cromosoma 10 (10q11.2), re-

8 Biologia molecolare Figura 1. È rappresentato il meccanismo di attivazione di RET in seguito ai riarrangiamenti RET/PTC (dimerizzazione mediata dai domini coiled-coil), alle mutazione dei residui di cisteina MEN 2A (dimerizzazione mediata da ponti disolfuro inter-catena) e alla mutazione MEN 2B (M918T) (attivazione della chinasi senza dimerizzazione). P: residui fosforilati di tirosina; C: cisteina; M: metionina; T: treonina; punta di freccia: punto di rottura del gene. gione in cui mappa il gene RET, causano la rottura di RET tra il dominio TK ed il dominio transmembrana e la fusione del dominio TK alla parte 5 -terminale di altri geni. I risultanti geni di fusione (geni chimerici) sono stati chiamati RET/PTC. Questa denominazione riflette la loro derivazione da RET e la loro presenza selettiva nel PTC e non in neoplasie di altri tessuti nè in altri tumori tiroidei (Figura 1). I geni RET/PTC sono dei potenti oncogeni. Sono state isolate molte varianti RET/PTC, tutte invariabilmente contenenti lo stesso dominio TK e differenti geni partners fusi ad esso (Figura 2). Tuttavia le varianti più frequenti sono RET/PTC1 e RET/PTC3. Nel primo caso la fusione del TK di RET avviene con il gene H4, mentre nel secondo caso la fusione avviene con il gene RFG. I meccanismi alla base della capacità oncògena dei geni RET/PTC sono molteplici. Per prima cosa bisogna considerare che normalmente RET non viene espresso nelle cellule follicolari tiroidee. Infatti, esso è espresso in tessuti di derivazione neuroectodermica, ad esempio in alcune regioni del sistema nervoso centrale e periferico, nella midollare del surrene, e nelle cellule parafollicolari della tiroide (un fattore importante come spiegato in seguito per comprendere il suo ruolo anche nel MTC). In seguito alla fusione con i geni partners la trascrizione del gene RET passa sotto il controllo dei promotori dei geni che si fondono ad esso; questi ultimi sono ubiquitari e quindi capaci di attivarne la trascrizione. Accanto all espressione ectopica, il cambiamento strutturale della proteina è un altro elemento essenziale per l attivazione. Infatti, i recettori TK, come RET, sono normalmente attivati dalla dimerizzazione provocata dal legame allo specifico fattore di crescita. I riarrangiamenti RET/PTC mimano questo processo ed attivano RET anche in assenza del fattore di crescita. Infatti, le varie proteine partners di fusione nelle diverse varianti RET/PTC, presentano invariabilmente regioni contenenti strutture coiled-coil. Il coiledcoil è un dominio proteico in grado di

9 Alterazioni geniche nei tumori dell uomo: il modello del cancro della tiroide Figura 2. È illustrata la struttura di RET e delle diverse varianti di RET/PTC isolate. I vari partners di fusione di RET sono disegnati ed i loro domini coiled-coil sono evidenziati. TK: dominio tirosino-chinasi; punta di freccia: punto di rottura del gene. dimerizzare e di attivare le proteine RET/ PTC in quanto conferisce alla molecola chimerica la capacità di formare dimeri. Molte evidenze suggeriscono che i geni RET/PTC siano eventi precoci in grado di iniziare il processo di cancerogenesi tiroidea. Infatti, essi si riscontrano con alta prevalenza in PTC molto piccoli (i cosidetti microcarcinomi); se introdotti in cellule tiroidee normali in coltura ne causano la trasformazione neoplastica ed infine se introdotti in topi geneticamente modificati (topi transgenici) sono in grado di portare allo sviluppo di PTC. Le

10 Biologia molecolare TK giocano senz altro un ruolo importante nella formazione dei PTC (Tabella 2). Questo è confermato dal riscontro, in una fascia più piccola dei casi, di analoghi riarrangiamenti del gene TRK che codifica per un altra proteina con funzione tirosino-chinasi. Infatti, TRK codifica in condizioni normali per il recettore con funzione TK del NGF (nerve-growth factor). In circa il 10% dei PTC, si trovano riarrangiamenti di TRK e fusione a geni partners del tutto simili ai riarrangiamenti RET/PTC. BRAF: un oncogene chiave per PTC ed ATC Oltre a RET e TRK un altra proteina con funzione chinasica, BRAF, svolge un ruolo importante nei carcinomi della tiroide (Tabella 2). BRAF è una serino/ treonino chinasi citoplasmatica ed insieme a CRAF ed ARAF costituisce la famiglia delle proteine RAF. Le chinasi RAF sono attivate dal legame alle proteine G monomeriche della famiglia RAS. A loro volta i geni RAS sono importanti oncogeni coinvolti in molti tumori umani tra cui anche i carcinomi tiroidei (cfr. paragrafo 3d). CRAF è stato uno dei primi oncogeni isolati tramite lo studio di specifici retrovirus acuti. Come illustrato nella Figura 3, la proteina BRAF è costituita da tre dominii proteici principali: a) CR-1, che corrisponde al sito di legame per RAS; b) CR-2, che presenta una serie di siti di fosforilazione; c) CR-3, che presenta il domino chinasico. BRAF è colpito da mutazioni attivanti in circa il 40% dei PTC e circa il 20% degli ATC. Nella maggior parte dei PTC si riscontra una specifica mutazione puntiforme di tipo missense di BRAF, la stessa rinvenuta anche nel melanoma. La Figura 3 mostra che questa mutazione consiste nella trasversione T>A a livello del nucleotide 1796 che risulta nella sostituzione valina 600 ac. glutammico (V600E). Studi di cristallografia ai raggi X hanno mostrato che la mutazione V600E elimina l interazione idrofobica tra l ansa di attivazione ed il sito di legame per l ATP che normalmente mantiene la chinasi chiusa e dunque inattiva. In questo modo, la mutazione V600E conferisce a BRAF un attività chinasica basale molto alta convertendola in una oncoproteina. Molto più raramente si trova la mutazione K601E. Molto recentemente, è stato dimostrato che alcuni PTC sviluppatisi in seguito all incidente nucleare di Chernobyl, presentano un alterazione diversa di BRAF. In questi tumori, infatti, è stato riscontrato un riarrangiamento (simile ai riarrangiamenti RET/PTC) che fonde il dominio chinasico di BRAF al gene AKAP9. Questo riarrangiamento è causato da un inversione paracentrica del braccio lungo del cromosoma 7 (24). Nei PTC, le mutazioni di BRAF ed i riarrangiamenti RET/PTC sono mutuamente esclusive e non si trovano mai contemporaneamente negli stessi pazienti. Questo suggerisce che le due proteine possano funzionare sulla stessa cascata di trasduzione del segnale. Normalmente tale cascata parte con l attivazione di un recettore TK (come RET), che attiva Figura 3. Disegno schematico della proteina BRAF e dei suoi domini principali (CR1, CR2 e CR3). Sono evidenziate la mutazione V600E e la rara mutazione K601E. Le mutazioni si localizzano nel segmento di attivazione, un ansa della chinasi che normalmente stabilisce un interazione con il segmento-p. Questa interazione è impedita dalle mutazioni che così attivano la chinasi. 10

11 Alterazioni geniche nei tumori dell uomo: il modello del cancro della tiroide la proteina RAS che, a sua volta, lega ed attiva BRAF che infine attiva le protein chinasi attivate da mitogeni (MAPK) che esitano nello stimolo alla sintesi del DNA ed alla crescita cellulare (vedi Figura 4). Le mutazioni di BRAF e i riarrangiamenti di RET/PTC comunque non sono completamente equivalenti ed una serie di evidenze suggerisce che i PTC positivi per BRAF siano più aggressivi di quelli positivi per RET/PTC. Probabilmente, l osservazione più importante è il riscontro di mutazioni di BRAF anche in circa il 20% dei carcinomi anaplastici della tiroide. Le mutazioni di RET in MEN 2 ed in MTC sporadici. Sorprendentemente il gene RET svolge non solo un ruolo importante nella patogenesi dei PTC (come descritto sopra) ma anche degli MTC (Tabella 2). Infatti, specifiche mutazioni puntiformi di RET che intervengono a livello germinale sono la causa delle sindromi MEN 2. Le stesse mutazioni si riscontrano in circa il 25% degli MTC sporadici. Le sindromi MEN 2 sono quindi uno dei pochi esempi di malattie tumorali familiari associate alla trasmissione di un oncogene dominante, piuttosto che ad un gene oncosoppressore. Inoltre, il rapporto esistente tra sindromi MEN 2 e mutazioni di RET dimostra il concetto della correlazione genotipo-fenotipo : diverse mutazioni di uno stesso gene (RET) causano diversi sottotipi (MEN 2A, MEN 2B e FMTC) di una medesima malattia (MEN 2). La grande maggioranza dei pazienti MEN 2A presenta una mutazione puntiforme che comporta la sostituzione di uno dei Figura 4. Illustrazione schematica del circuito di interazioni molecolari nei tumori della tiroide (vedi testo per i dettagli). In rosso sono segnalate le proteine direttamente coinvolte nei tumori tiroidei. Tramite un particolare residuo di tirosina (Y1062) RET lega alcune proteine adattatrici (Shc, Grb2, Gab1) che a loro volta legano SOS, l enzima che attiva RAS (sinistra) oppure la PI3K (destra). A sua volta RAS attiva BRAF e la cascata delle MAPK (MEK seguita da MAPK); questa cascata culmina con lo stimolo alla proliferazione cellulare ma attiva anche un circuito di feedback negativo promuovendo l espressione di INK4 un inibitore dei complessi ciclina-cdk. PI3K, invece, attiva tramite la chinasi PDK1, la proteina AKT (una serino/treonino chinasi). AKT a sua volta attiva almeno due diverse chinasi mtor ed IKK, entrambe in grado di stimolare la crescita cellulare. IKK in particolare stimola il fattore trascrizionale oncogeno NFkB. I geni oncosoppressori antagonizzano queste cascate: PTPRJ è in grado di inibire RET; PTEN inibisce l attivazione di AKT; p53 blocca tramite la stimolazione dell inibitore WAF1, i complessi ciclina-cdk. A fianco ad alcune delle proteine chiave del circuito sono indicati composti a varie fasi di sviluppo che sono in grado di inibirle. 11

12 Biologia molecolare residui di cisteina localizzati nella regione extracellulare di RET (il più delle volte la cisteina 634) con vari altri aminoacidi. Questo comporta l attivazione costitutiva della TK di RET. Si ritiene che, in condizioni normali, le cisteine extracellulari formino dei ponti disolfuro intra-molecolari (nell ambito della stessa catena polipetidica). La mutazione di una di esse comporta lo spiazzamento della cisteina partner che quindi rimane libera per formare un ponte disolfuro inter-molecolare (tra due catene polipeptidiche adiacenti). Si formano in questo modo dei dimeri con conseguente attivazione della funzione TK (Figura 3). Nel caso della MEN 2B, invece, la mutazione è nella larga maggioranza dei casi la sostituzione della metionina in posizione 918 nel dominio catalitico di RET con un residuo di treonina (M918T). Questa mutazione non causa dimerizzazione ma colpendo direttamente il sito catalitico aumenta l attività TK e rende accessibile l enzima a substrati diversi dai normali (Figura 3). La mutazione M918T è anche quella più frequentemente riscontrata negli MTC sporadici. I pazienti FMTC, infine, presentano spesso mutazioni simili a quelle trovate nella MEN 2A oppure altre mutazioni più rare. La scoperta delle mutazioni di RET ha rivoluzionato la diagnosi e la terapia chirurgica dei pazienti affetti da MEN 2. Altrettanto importante è la possibilità che farmaci anti-ret possano essere utilizzati per bloccare l oncoproteina sia in casi familiari che sporadici di MTC (cfr. paragrafo 4). Le lesioni genetiche del FTC Gli FTC sono divisi in almeno due gruppi: quelli che portano mutazioni nei geni RAS e quelli che portano il riarrangiamento PAX8-PPARγ. Il gruppo più nutrito è senz altro il primo, rappresentato dai casi con mutazioni dei geni RAS (circa il 50% dei casi) (Tabella 1). Negli FTC, tutti e tre i geni RAS (K-RAS, H- RAS e N-RAS) presentano mutazioni puntiformi a livello dei codoni 12, 13 e 61. Si tratta, ragionevolmente, di lesioni molecolari precoci dal momento che esse sono frequenti anche negli adenomi follicolari, considerati precursori degli FTC. Anche gli ATC sono abbastanza spesso associati a mutazioni di RAS, suggerendo che essi possano derivare da pre-esistenti FTC. Si ritiene, invece, che le mutazioni di RAS siano molto rare nei PTC. Il secondo gruppo di FTC presenta una specifica traslocazione cromosomica t(2;3)(q13;p25) che porta alla fusione di due proteine nucleari con attività trascrizionale: la proteina PAX8 ed il recettore nucleare PPARγ (Tabella 2). È ancora poco chiaro il meccanismo con cui la proteina di fusione che si genera, PAX8- PPARγ, sia in grado di contribuire alla trasformazione neoplastica delle cellule tiroidee. È stato dimostrato che PPARγ esercita in condizioni normali attività antiproliferativa e che PAX8-PPARγ inibisce questa funzione stimolando così la crescita delle cellule tumorali. Il gene p53 e gli altri geni coinvolti nel ATC Come descritto sopra, è noto che alcuni ATC presentano mutazioni in RAS oppure in BRAF (Tabella 2). Tuttavia l alterazione molecolare che senza dubbio caratterizza gli ATC rispetto ai carcinomi differenziati tiroidei è la mutazione del gene p53 che rappresenta uno dei più noti geni oncosoppressori (Tabella 1 e 2). Il prodotto di p53 è una proteina che esercita una funzione di controllo dell integrità del genoma. In caso di danno al DNA, p53 viene attivata da complessi eventi di fosforilazione e così inibisce la crescita cellulare ed induce apoptosi. Questa sua funzione viene abrogata da vari tipi di mutazioni, spesso mutazioni puntiformi a carico del dominio di legame al DNA. Praticamente tutti gli ATC presentano l inattivazione di p53. È dunque altamente probabile che sia proprio il deficit di p53, combinato a mutazioni di oncogeni quali RAS e BRAF, a determinare l alto indice proliferativo e l alta aggressività di questo tumore. 12

13 Alterazioni geniche nei tumori dell uomo: il modello del cancro della tiroide Altri geni oncosoppressori nei carcinomi tiroidei A parte il ruolo ben stabilito di p53 negli ATC, le conoscenze sul ruolo svolto da altri geni oncosoppressori nei carcinomi tiroidei sono ancora molto limitate. Recentemente, comunque, almeno 4 geni oncosoppressori sono stati chiamati in causa: APC, PRKAR1A, PTEN e PTPRJ. APC è il gene responsabile della poliposi familiare del colon (FAP): alcuni pazienti FAP sviluppano PTC, suggerendo che l inattivazione di APC possa contribuire allo sviluppo di questa neoplasia. PRKA- R1A è l oncosoppressore responsabile della sindrome di Carney, una rara malattia familiare che predispone tra l altro anche allo sviluppo di neoplasie tiroidee. PRKAR1A codifica per una proteina che controlla la funzione della protein chinasi A (PKA) che quindi potrebbe essere coinvolta in tumori tiroidei. Un discorso a parte meritano PTEN e PTPRJ (Figura 4). Si tratta in entrambi i casi di proteine con funzione fosfatasica. PTEN, in particolare, è una fosfatasi lipidica che degrada il fosfatidilinositolo-3-fosfato (PIP3) prodotto da un enzima: la fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K). PI3K, a sua volta, è normalmente attivata dai recettori TK. Il PIP3 è un secondo messaggero cellulare che attiva varie proteine tra cui AKT, una oncoproteina con funzione chinasica. Dunque PTEN degradando il PIP3 antagonizza la funzione di PI3K e di AKT. PTEN è l oncosoppressore responsabile della sindrome di Cowden, una rara malattia tumorale familiare che predispone a tumori della mammella e della tiroide. Numerose evidenze suggeriscono che, inoltre, PTEN sia spesso deleto o comunque inattivato anche in carcinomi sporadici della tiroide. PTPRJ è invece una proteino-fosfatasi di membrana, specifica per proteine fosforilate su residui di fosfotirosina. Come tale la sua azione è in grado di antagonizzare quella di tirosino-chinasi come RET. Infatti, l espressione di PTPRJ è costantemente ridotta nei carcinomi tiroidei, suggerendo che possa funzionare da oncosoppressore in questi tumori. I tumori della tiroide come modello per lo sviluppo di terapie molecolari Per terapia molecolare dei tumori si intende l utilizzo di farmaci in grado di bloccare selettivamente l azione di proteine oncògene, piuttosto che in maniera poco selettiva la crescita cellulare, come fanno i chemioterapici tradizionali. Esistono numerosi esempi di farmaci di questo tipo, alcuni dei quali hanno rivoluzionato la cura di specifici tumori. Esempi paradigmatici sono rappresentati da un anticorpo monoclonale, il trastuzumab, che blocca il recettore HER2 nei tumori della mammella e da una piccola molecola, l imatinib, un inibitore competitivo del ATP, che blocca la chinasi BCR-ABL nella leucemia mieloide cronica (Tabella 1). L imatinib, in particolare, è stato il primo di una lunga serie di composti, che sono stati sviluppati per inibire diverse chinasi oncogeniche. Da quanto descritto, si evince come i tumori tiroidei possano essere un terreno fertile nel quale sviluppare approcci terapeutici di questo tipo. Infatti, anche se lo scenario è ancora largamente incompleto, oggi si conoscono lesioni geniche frequenti nei PTC (RET/PTC e BRAF), negli MTC (RET), negli FTC (RAS e PAX8-PPARγ) e negli ATC (BRAF, RAS e p53). È possibile dunque cominciare a disegnare un modello della cancerogenesi tiroidea a livello molcolare in cui le varie oncoproteine siano coinvolte. La Figura 4 riporta questo modello, mostrando come ci siano dei rapporti funzionali tra le varie proteine oncogeniche, che funzionano in cascata, e le proteine con funzione di oncosoppressione che antagonizzano queste cascate. Per esempio, RET (ma anche TRK) attiva RAS che a sua volta attiva BRAF: un pathway che culmina nell attivazione delle MAPK. Le MAPK stimolano la proliferazione cellulare e attivano anche meccansimi di feedback negativo come il blocco dei complessi ciclina-cdk: blocco, quest ultimo, che è esercitato a sua volta anche da p53. RET (come anche TRK) attiva anche la 13

14 Biologia molecolare PI3K che, stimolando AKT e chinasi che funzionano a valle di AKT come mtor e le IKK (che stimolano il fattore NFkB), contribuisce ulteriormente alla crescita delle cellule tumorali. Questo pathway è bloccato dalla fosfatasi PTEN. Infine, RET è direttamente inibita da PTPRJ. Questo non è solo un utile esercizio per mettere insieme le varie lesioni molecolari presenti nei vari tipi di tumore della tiroide ma offre anche lo spunto per pensare a possibili bersagli terapeutici per curare questi tumori. Nella Figura 4 sono evidenziati questi possibili bersagli. Sicuramente le chinasi RET e BRAF sono bersagli elettivi per questo scopo; tuttavia, anche il blocco di chinasi che funzionano lungo queste cascate come MEK, AKT, mtor ed IKK potrebbe avere successo nel bloccare lo sviluppo dei tumori della tiroide. Alcuni composti con queste capacità sono già in fase di studio clinico. Letture consigliata Vogelstein, B., & Kinzler, K.W. The Genetic Basis of Human Cancer. McGraw-Hill,2002. Fusco, A. et al. A new oncogene in human thyroid papillary carcinomas and their lymph-nodal metastases. Nature 328, (1987). DeLellis, R.A. & Williams, E.D. Thyroid and parathyroid tumors. In World Health Organization Classification of Tumours. Pathology and Genetics. Tumours of Endocrine Organs, (Eds DeLellis RA et al.) Geneva: WHO Press (2004). Santoro, M., Carlomagno, F., Melillo, R.M., & Fusco, A. Dysfunction of the RET receptor in human cancer. Cell. Mol. Life Sci. 61, (2004). Pierotti, M.A. et al. Rearrangements of TRK proto-oncogene in papillary thyroid carcinomas. J. Endocrinol. Invest. 18, (1995). Kimura, E.T., Nikiforova, M.N., Zhu, Z., Knauf, J.A., Nikiforov, Y.E. & Fagin J.A. High prevalence of BRAF mutations in thyroid cancer: genetic evidence for constitutive activation of the RET/PTC- RAS-BRAF signaling pathway in papillary thyroid carcinoma. Cancer Res. 63, (2003). Fusco, A., Viglietto, G., & Santoro, M. A new mechanism of BRAF activation in human thyroid papillary carcinomas. J. Clin. Invest. 115, 20-3 (2005). Santoro, M., et al. Activation of RET as a dominant transforming gene by germ-line mutations of MEN 2A and MEN2B activate. Science 267, (1995). Fagin, J.A, Matsuo, K., Karmakar, A., Chen, D.L., Tang, S.H., & Koeffler, H.P. High prevalence of mutations of p53 gene in poorly differentiated human thyroid carcinomas. J. Clin. Invest. 91, (1993). Carlomagno, F. et al. ZD6474, an orally available inhibitor of KDR tyrosine kinase activity, efficiently blocks oncogenic RET kinases. Cancer Res. 62: (2002). Webgrafia COSMIC (Catalogue of Somatic Mutations in Cancer) database CGP/cosmic Genomi consultabili on-line nih.gov/entrez 14

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