Istituti deflattivi e Contenzioso Fiscale di Marco Tognarini

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1 Istituti deflattivi e Contenzioso Fiscale di Marco Tognarini La condanna dell ufficio al rimborso delle spese di lite e al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata nel processo tributario Il regime delle spese processuali e le disposizioni a tutela del contribuente In materia di spese processuali sono intervenute due recentissime sentenze della Suprema Corte che è opportuno, in questa sede, sinteticamente analizzare. Con la sentenza n del 21/09/10 la Corte ha affrontato la questione del regolamento delle spese processuali allorquando un atto impositivo sia integralmente annullato in autotutela dall ufficio nelle more del processo tributario, con conseguente dichiarazione di estinzione del processo per cessazione della materia del contendere ai sensi dell art.46, co.1, del D.Lgs. n.546/92. La Corte ribadisce che la fattispecie in questione (estinzione del giudizio per annullamento in autotutela dell atto impugnato) non rientra, quanto al regime delle spese processuali, nel campo di applicazione dell art.46, co.3, del D.Lgs. n.546/92 (che prevede una compensazione automatica delle spese) ma nel campo di applicazione dell art.15 del D.Lgs. n.546/92 e dell art. 92 del c.p.c., per cui, trattandosi di un ipotesi di soccombenza totale dell ufficio, il giudice potrà condannare quest ultimo al rimborso delle spese oppure compensare in tutto o in parte le stesse se ritiene che concorrono gravi ed eccezionali ragioni che deve indicare nella motivazione, secondo la disciplina che sarà illustrata nel prosieguo. Con la sentenza n del 27/09/10 la Corte ha cassato la sentenza impugnata giacché il giudice del merito, in un caso di soccombenza totale dell ufficio, aveva disposto la compensazione delle spese processuali senza tuttavia motivare nella sentenza le ragioni per le quali dovevano ritenersi sussistenti giusti motivi (oggi sarebbero le gravi ed eccezionali ragioni ) per ritenere equa la compensazione delle spese. Nel processo tributario vige il principio dell assistenza tecnica obbligatoria, per cui il contribuente che intende adire le Commissioni Tributarie per difendersi da una pretesa fiscale o per ottenere un rimborso negato dall ufficio finanziario deve avvalersi di un professionista abilitato, fatta eccezione per le controversie di valore inferiore ad 2.582,28 5. Peraltro, anche in quest ultimo caso la Commissione Tributaria può ordinare al contribuente di munirsi di un difensore abilitato, fissando un termine entro il quale il ricorrente deve, a pena di inammissibilità del ricorso, conferire detto incarico. Come conseguenza logica di tale obbligo, sostenendo le relative spese, è stata prevista la condanna dell ufficio finanziario al rimborso al contribuente delle spese processuali in caso di vittoria di quest ultimo. Si tratta del c.d. principio della soccombenza disciplinato dall art.15 del D.Lgs. n.546/92, secondo cui la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza. È tuttavia evidente che parte soccombente possa risultare, alla fine del processo, non soltanto l ufficio finanziario, ma anche il contribuente che veda rigettarsi il ricorso o l appello, con la conseguenza che le considerazioni che saranno qui di seguito illustrate sono applicabili tanto quando parte soccombente è l ufficio finanziario, tanto quando parte soccombente è il contribuente. 5 Ai sensi dell art.12, co.5, del D.Lgs. n.546/92 sul processo tributario, per valore della lite si intende l importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l atto impugnato. In caso tuttavia di controversie relative esclusivamente a sanzioni, il valore della lite è costituito dalla somma delle sanzioni irrogate. 19

2 Occorre peraltro precisare che il rimborso delle spese di lite può essere ottenuto anche dal contribuente che, nei processi di valore fino ad 2.582,28, si sia difeso personalmente, essendo tuttavia di tutta evidenza che, in questa ipotesi, non avendo sostenuto costi per onorari professionali, avrà diritto al rimborso delle sole spese in senso proprio che ha dovuto sostenere nel corso del processo (es. marche da bollo e notifiche). Oltre alla possibilità per il contribuente di ottenere il rimborso delle spese processuali che ha dovuto sostenere per affrontare il processo tributario, la normativa in materia di contenzioso tributario prevede altresì la possibilità, per la parte vittoriosa, di ottenere anche la condanna della parte soccombente al risarcimento dei danni (diversi dalle spese processuali) che ritenga di avere subito a causa della lite fiscale. Valgono ovviamente anche per l ipotesi in questione di risarcimento del danno le considerazioni formulate sopra a proposito del concetto di parte soccombente. Specifiche disposizioni sul regime delle spese processuali nel processo tributario sono, infine, contenute nel corpo del D.Lgs. n. 546/92: nell art. 44 nell art. 45 e nell art.46 estinzione del processo per rinuncia al ricorso; estinzione del processo per inattività delle parti; estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere. Nell ambito del processo tributario, il contribuente ha quindi le seguenti due possibilità, tra loro non alternative e quindi cumulabili: rimborso delle spese processuali ottenere una sentenza che condanna l ufficio finanziario al rimborso delle spese processuali che ha sostenuto per difendersi nel processo tributario; risarcimento dei danni ottenere una sentenza che condanna l ufficio finanziario al risarcimento dei danni (diversi dalle spese processuali) che ritiene di avere subito. Il rimborso delle spese processuali Il rimborso delle spese di lite segue, come detto, il principio della soccombenza, nel senso che il giudice tributario può condannare soltanto la parte soccombente alla refusione alla controparte delle spese di lite. La parte interamente vittoriosa non può essere condannata, neanche per una minima quota, al rimborso alla controparte delle spese processuali. La soccombenza può essere totale quando al termine del processo vi è una parte interamente vittoriosa (ad es. il contribuente che ottenga l annullamento integrale dell atto impugnato o il rimborso dell intera somma che era stata richiesta all ufficio); o reciproca quando al termine del processo nessuna delle parti può essere ritenuta interamente vittoriosa (ad es. il contribuente che ottenga l annullamento soltanto parziale dell atto impugnato o il rimborso di una parte della somma richiesta). 20

3 Soccombenza totale In caso di soccombenza totale dell ufficio, il giudice ha due possibilità, ossia: 1) condannare quest ultimo a rimborsare al contribuente le spese di lite; 2) oppure compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti ai sensi dell art.92, co.2 c.p.c., la cui applicazione al processo tributario è espressamente richiamata dall art.15, co.1, del D.Lgs. n.546/92. La possibilità per il giudice tributario di compensare, parzialmente o per intero le spese di lite in caso di integrale vittoria del contribuente, può tuttavia avvenire alle condizioni espressamente previste dall art.92, co.2, c.p.c. (nel testo novellato dall art.45, co.11, della L. n. 69/09), ossia se concorrono gravi ed eccezionali ragioni le quali devono essere, dal giudice tributario, esplicitamente indicate nella motivazione 6. In altri termini: in caso di soccombenza totale la regola generale è la condanna al rimborso delle spese di lite, mentre la compensazione delle spese costituisce la deroga a detta regola generale, che può trovare applicazione soltanto se, come detto, ricorrono gravi ed eccezionali ragioni che il giudice deve esplicitamente indicare nella motivazione della sentenza. Sotto il vigore del testo dell art.92, co.2, c.p.c., precedente a quello attuale, che prevedeva la ricorrenza di meri giusti motivi (in luogo delle gravi e eccezionali ragioni previste dal testo attuale) per poter compensare le spese processuali fuori dai casi di soccombenza reciproca, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n.20598/08, enuclearono una serie di casi in cui potevano ritenersi sussistenti i predetti giusti motivi. In particolare, le Sezioni Unite indicarono come giusti motivi di compensazione delle spese: oscillazioni della giurisprudenza sulla questione oggetto del contendere; oggettive difficoltà di accertamenti su questioni di fatto rilevanti ai fini della conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti; comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione al risultato del processo; palese sproporzione tra l interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali poste in essere. Al di fuori di queste ipotesi, o di casi ad esse analoghi, non sarebbe quindi stata legittima, secondo la Suprema Corte, la compensazione delle spese processuali in caso di soccombenza totale di una delle due parti. Occorrerà vedere se, alla luce della novella che ha interessato l art.92, co.2, c.p.c., limitando la facoltà del giudice tributario di disporre la compensazione delle spese alla ricorrenza di gravi e eccezionali ragioni, la Cassazione rettificherà il predetto elenco. In ogni caso, esso costituisce, nell attuale contesto normativo, un punto di riferimento per il contribuente che risulti interamente vittorioso per sostenere che, al di fuori di dette ipotesi, non si dovrebbe procedere, a maggior ragione (visto che attualmente è richiesta la ricorrenza di gravi ed eccezionali ragioni ), alla compensazione delle spese processuali. 6 L art. 92, co.2, del c.p.c., prima delle modifiche apportate a tale articolo dalla L. n. 69/09, prevedeva, come condizione per poter compensare le spese di lite fuori dai casi di soccombenza reciproca, la ricorrenza di giusti motivi. Il testo dell art. 92, co.2, c.p.c. attualmente in vigore richiede invece, come detto, la ricorrenza di gravi ed eccezionali ragioni. La novella è stata interpretata dalla dottrina tributaria nel senso che il Legislatore ha voluto, in tal modo, limitare le ipotesi in cui il giudice tributario possa, fuori dai casi di soccombenza reciproca, disporre la compensazione totale o parziale delle spese processuali. 21

4 Pertanto il contribuente che affronti un contenzioso tributario contro un atto illegittimo e si avvede che non ricorre alcuno dei predetti casi enucleati dalla Suprema Corte, avrebbe tutto l interesse a rilevare, nel ricorso, che non ricorrono le condizioni per la compensazione, neppure parziale, delle spese processuali, spiegando analiticamente perchè non ricorrerebbero le gravi ed eccezionali ragioni. In questo modo il giudice tributario che, ciò nonostante, decidesse di compensare le spese processuali, sarebbe onerato di fornire, nella sentenza, una motivazione particolarmente qualificata al fine di confutare la tesi esposta dal contribuente. Con la conseguenza che l eventuale omessa o carente motivazione della sentenza in ordine alla ricorrenza di tali condizioni determina un vizio della sentenza per violazione dell art.92, co.2, c.p.c., nella parte in cui prevede che è fatto obbligo al giudice esplicitare le gravi ed eccezionali ragioni - che il contribuente, seppure integralmente vittorioso nel merito della causa, può far valere impugnando la sentenza limitatamente al capo della stessa in cui il giudice tributario ha pronunciato la compensazione delle spese processuali. Soccombenza reciproca In caso di soccombenza reciproca il giudice ha facoltà di compensare, parzialmente o per intero, le spese processuali, senza che sia richiesta la condizione della ricorrenza delle gravi ed eccezionali ragioni, necessaria invece, come detto, per compensare le spese processuali in caso di soccombenza totale di una delle due parti. Pertanto, la sentenza non dovrà contenere una particolare motivazione in ordine alle ragioni per cui il giudice tributario ha ritenuto di procedere alla compensazione, rappresentando quest ultima l ipotesi normale in caso di soccombenza reciproca. Infatti, l art.92, co.2, del c.p.c. non prevede un analogo onere di motivazione della decisione di compensare le spese in caso di soccombenza reciproca. Domanda di rimborso delle spese Secondo la giurisprudenza e la dottrina tributaria, il regolamento delle spese processuali deve considerarsi consequenziale e accessorio alla definizione della causa e può, pertanto, essere disposto dal giudice anche d ufficio. Secondo questa tesi la parte soccombente potrebbe quindi essere condannata al rimborso delle spese anche in mancanza di un esplicita richiesta o domanda in tal senso formulata dalla parte risultata vittoriosa 7. Dal che si fa discendere il corollario per cui l inosservanza dell art.75 delle disposizioni di attuazione al c.p.c., secondo cui è compito del difensore inserire nel fascicolo di causa la nota delle spese, non comporta il venir meno del potere-dovere della commissione tributaria di pronunciarsi sul regolamento delle spese processuali 8. In quest ultimo caso di mancata presentazione della nota spese, il giudice tributario liquiderà le medesime in base agli atti che rinverrà nel fascicolo della causa, nei limiti del minimo e del massimo della tariffa professionale. Nel caso invece in cui il contribuente abbia presentato un'apposita nota spese, il giudice ha l onere, nel caso in cui decida di eliminare una voce della tariffa, di darne adeguata motivazione nella sentenza. 7 8 Cfr. Cass. sent. n.7140/00. Cfr. Cass. sent. n /94; Cass., sent. n. 3149/88, Cass. sent. n.7248/86. 22

5 La condanna alle spese a seguito del tentativo di conciliazione giudiziale Come è noto, nel corso del processo tributario ciascuna parte può proporre all altra parte la conciliazione della controversia ai sensi dell art.48 del decreto sul contenzioso tributario. Il tentativo di conciliazione può essere esperito d ufficio anche dalla commissione tributaria provinciale. In questi casi dovrebbe trovare applicazione l art. 91 del c.p.c., ai sensi del quale, il giudice: se accoglie la domanda in misura non superiore all eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta. Il contribuente che ritenga di non poter conseguire, dal processo tributario, un risultato integralmente favorevole, potrebbe pertanto avere un interesse concreto a proporre all ufficio la conciliazione giudiziale della controversia e a portare la commissione tributaria a conoscenza del contenuto della proposta conciliativa formulata all ufficio. Così facendo: se la commissione tributaria dovesse accogliere parzialmente il ricorso in modo che la somma che risulti dovuta dal ricorrente non sia superiore a quella proposta all ufficio per la conciliazione della controversia la commissione, in applicazione del sopra citato art.91 del c.p.c., potrebbe condannare l ufficio, che abbia senza giustificato motivo rifiutato la proposta conciliativa, al rimborso delle spese processuali maturate successivamente alla proposta conciliativa medesima. Resta ferma, anche in questa ipotesi, la possibilità per la commissione tributaria di disporre la compensazione delle spese ritenendo sussistenti le già illustrate gravi ed eccezionali ragioni previste dall art.92, co.2, del c.p.c., con relativo obbligo di motivazione. Il risarcimento dei danni Come detto in premessa, oltre al rimborso delle spese processuali può essere chiesta la condanna della controparte al risarcimento dei danni (diversi dalle spese processuali) che si ritenga di avere subito dal comportamento dell avversario. La norma di riferimento è contenuta nell art.96 del c.p.c., che la giurisprudenza e la dottrina prevalenti ritengono applicabile anche al processo tributario. Il caso Poniamo il caso del contribuente che si veda applicare una misura cautelare illegittima che gli abbia provocato gravi conseguenze: ad esempio, un imprenditore che, nonostante abbia ottenuto l annullamento dell atto impositivo, continui a subire un fermo amministrativo di un bene necessario alla sua attività o un ipoteca su un proprio immobile con conseguenze sui rapporti bancari quali revoca di affidamenti, ecc., e che abbia dovuto agire in giudizio per ottenere dal giudice tributario l annullamento della misura cautelare illegittima. L articolo 96 del c.p.c. prevede due modalità tramite le quali il contribuente potrebbe ottenere una tutela risarcitoria di fronte al giudice tributario, da esercitare, in via accessoria, nello stesso contenzioso tributario instaurato dinanzi alla commissione tributaria contro l atto che si reputa illegittimo: 23

6 la fattispecie prevista dal co.1 dell art.96 c.p.c. in base alla quale il ricorrente, nel proprio ricorso, deve chiedere espressamente al giudice tributario, oltre all annullamento dell atto impugnato e al rimborso delle spese processuali, la condanna della controparte al risarcimento dei danni (che potrebbero essere anche di tipo morale) e fornire la prova che la controparte ha resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (nel caso utilizzato sopra come esempio, quanto meno la colpa grave sembrerebbe in re ipsa); appare altresì opportuno fornire una prova dell ammontare dei danni, così da agevolare il giudice tributario nella quantificazione degli stessi; la fattispecie prevista dal co.3 dell art.96 c.p.c. in base alla quale il giudice tributario, anche se il ricorrente non ha domandato nel ricorso il risarcimento dei danni, può, d ufficio, condannare la parte soccombente (oltre che al rimborso delle spese processuali) al pagamento di un risarcimento danni determinato in via equitativa. Appare, pertanto, quanto mai opportuno che i contribuenti, che ritengano di avere subito un comportamento palesemente scorretto da parte di un ufficio finanziario o di un agente della riscossione, utilizzino la facoltà, loro concessa dall art. 96 del c.p.c., di chiedere espressamente al giudice tributario, nel ricorso con il quale chiedono l annullamento di un atto o anche il rimborso di una somma, il risarcimento dei danni (patrimoniali e/o morali) sofferti dal comportamento pervicace tenuto dalla controparte, oltre ovviamente al rimborso delle spese processuali. 24

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