Il male detto amianto Ing. Michela Savioli Oil& Gas Professional
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1 Il male detto amianto Ing. Michela Savioli Oil& Gas Professional Lunedì 13 febbraio Il caso giudiziario Eternit giunge alla sentenza finale dopo un processo lungo 34 mesi. Nelle aule del Tribunale di Torino Giuria, avvocati e Procuratori affacciano su una folla di estrazioni e provenienze molto diverse. Sono rappresentanti collettivi di parti civili, giornalisti, portavoce delle parti lese, 160 delegazioni straniere provenienti da sette diversi Paesi; ma soprattutto sono migliaia di persone che, seppur indaffarate nella propria vita lontano da quell aula di tribunale, hanno seguito la fine di un processo giudiziario destinato a destare scalpore e a lasciare un segno indelebile nella storia del diritto del lavoro. Di fronte ad un pubblico così vasto è stata deliberata la condanna a 16 anni di reclusione per i due imputati, i dirigenti Schmidheiny e Jean Louis de Cartier, per disastro doloso ed omissione di cautele. L utilizzo dell amianto risale a tempi antichissimi. Persiani e Romani lo utilizzavano per fini magici, sepolcrali e rituali; testimonianze di una lunga tradizione si hanno anche da parte dei cinesi, che utilizzavano questa sostanza in applicazioni tessili e medico-curative, in particolare per la preparazione di unguenti considerati miracolosi per la guarigione di ferite e malattie. Con l avvento dell epoca nuova la neonata industria, accorgendosi ben presto dell amianto e della sue molteplici proprietà, ne portò l estrazione ad una escalation apparentemente senza limiti promuovendone l utilizzo nei settori cruciali per la costituzione del nuovo tessuto industriale, quali i trasporti, l edilizia, la meccanica e la coibentazione. Fu così che in breve tempo l amianto venne a configurarsi come il materiale per eccellenza del ventesimo secolo, al punto tale che, al momento della sua fine 1
2 ingloriosa, ha potuto vantare circa 175 milioni di tonnellate estratte dalle cave di tutto il mondo. Ripercorrendo la storia dell amianto vi sono alcuni eventi che vanno ricordati per aver acceso per la prima volta i riflettori sulle possibili applicazioni del materiale per molto tempo considerato miracoloso. Il più importante di questi è l incendio avvenuto nella metropolitana di Parigi, che con i suoi 83 morti condusse alla decisione di sostituire tutti i materiali infiammabili e soggetti alla produzione di scintille (tra cui i freni delle carrozze) con manufatti contenenti amianto, minerale dotato di una eccezionale resistenza al calore. L esperimento sembrava così ben riuscito che poco più tardi venne ripetuto per la metropolitana di Londra e per la coibentazione del transatlantico Queen Mary, nel gran clamore dell attenzione mediatica che, così facendo, favorì un atteggiamento di assoluta euforia ed eccessiva confidenza nei confronti dell amianto. Fu così che si innescò il processo di dilagante propagazione che successivamente andò a consolidarsi con l avvento della miscela cemento-amianto, meglio nota con il nome commerciale di Eternit. Dalla coibentazione degli edifici (scuole, ospedali, cinema, ecc.) alla fabbricazione di mezzi di trasporto (treni, navi civili), come materiale per edilizia (tegole, vernici, pavimenti, tubazioni) o per la produzione di plastiche, cartoni, corde e persino tessuti (vedi le tute dei Vigili del Fuoco), l Eternit in breve tempo raggiunse dei primati senza precedenti in moltissime applicazioni civili ed industriali. Anche in ambito militare se ne fece largo impiego, soprattutto da parte della Marina, che dal primo dopoguerra fino agli anni 70, acquistò e ristrutturò decine di navi e sommergibili. Tutto questo avvenne per decenni e provocò un progressivo ma veloce accumulo di amianto negli ambienti di vita e di lavoro. Il termine amianto deriva dal greco e significa immacolato, incorruttibile, mentre la parola asbesto, nome alternativo, vuol 2
3 dire perpetuo, inestinguibile. Si tratta di un minerale naturale a struttura microcristallina e di aspetto fibroso appartenente alla classe chimica dei silicati. E' presente in natura in diverse parti del pianeta e si ottiene facilmente dalla roccia madre grazie ai processi di macinazione ed arricchimento, in genere in miniere a cielo aperto. La sua forza e la sua debolezza risiedono entrambe nella sua struttura fibrosa. Infatti le finissime fibre che ne costituiscono la cordatura, 1300 volte più sottili di un capello, gli conferiscono spiccate qualità in termini di flessibilità e di resistenza meccanica, termica, resistenza all azione di agenti chimici e biologici, all abrasione e all usura. Inoltre può essere facilmente filabile, è dotato di notevoli proprietà fonoassorbenti e termoisolanti, si lega facilmente con altri materiali da costruzione e con i polimeri. In altre parole si tratta di un materiale resistente, versatile ed addirittura economico...un qualcosa inizialmente apparso come perfetto dal punto di vista sia tecnologico che commerciale. Fu solo una volta raggiunta la massa critica di diffusione che si ebbe modo di notare anche il suo lato oscuro, quel suo essere fortemente nocivo che tutto ad un tratto gettò delle ombre scurissime sulla enorme quantità di manufatti e strutture che costituivano la scenografia di vita della seconda metà del Novecento. Per certi versi può sembrare un paradosso, ma il male dell amianto risiede proprio nella stessa consistenza fibrosa che gli conferisce così tante ed apprezzabili qualità. La pericolosità deriva infatti dal rilascio, a seguito di corrosione, delle sottilissime fibre (polveri) che, essendo inalabili, possono creare delle gravi patologie a carico prevalentemente del sistema respiratorio. E sebbene l entità e le dinamiche del rilascio dipendano molto dalla friabilità del materiale, è ormai certo che una esposizione anche di breve durata aumenta drasticamente la probabilità di contrarre forme tumorali in grado di manifestarsi in un orizzonte temporale di lungo periodo (15-30 anni), come forma degenerativa di una malattia cronica (asbestosi) consistente 3
4 nell inspessimento della membrana polmonare. Purtroppo i primi a farne le spese furono i lavoratori e i cittadini delle zone limitrofe a quelle in cui il materiale veniva estratto o manipolato per fini produttivi, al punto che fu proprio l improvviso e circoscritto manifestarsi di problematiche respiratorie ad attirare l attenzione nei confronti di un fenomeno fino ad allora sconosciuto e ad innescare l inizio dei vari studi epidemiologici. La prima nazione al mondo a riconoscere formalmente la potenzialità cancerogena dell'amianto e a prevedere un risarcimento per i lavoratori danneggiati fu la Germania nazista nel 1943, a seguito di pionieristici studi medici che dimostrarono il rapporto diretto tra l utilizzo di amianto e l insorgere di malattie tumorali. In realtà già dai primi del 900 i ricercatori inglesi cominciarono ad osservare un grande numero morti premature e di malattie respiratorie nei luoghi di produzione o di lavorazione dell amianto. Un approccio più rigoroso alle ricerche sulle malattie asbesto-correlate vi fu tuttavia solo negli anni 60, quando il dott. Selikoff condusse uno studio su un campione di persone, evidenziando come i lavoratori esposti all amianto, anche per brevi periodi, risultavano particolarmente soggetti alla contrazione di malattie cancerogene, o comunque a lesioni polmonari riscontrabili fino ai 30 anni successivi al periodo di esposizione. Gli studi di Selikoff divennero delle vere e proprie istituzioni in materia; essi furono infatti utilizzati come base scientifica dapprima dall'occupational Safety and Health Administration, per la definizione dei limiti di esposizione per i lavoratori, e successivamente dall Environmental Protection Administration per la delibera di nuove norme volte al graduale azzeramento della produzione di prodotti con asbesto. In Europa le reazioni alle evidenze empiriche e scientifiche furono meno ricettive e, ad eccezione della Svezia che fin dagli anni 70 proibì parzialmente l impiego dell amianto in alcuni 4
5 materiali da costruzione, dovettero passare 20 anni affinché i governi nazionali iniziassero a prendere delle iniziative in materia, svincolandosi dalle pressioni esercitate dalle lobby dell industria dell amianto e delle associazioni di categoria. In altre parole si dovette raggiungere la massima e non più trascurabile evidenza di correlazione tra esposizione all amianto e malattie polmonari perché anche in Europa venissero emesse delle normative specifiche sul commercio di prodotti contenenti amianto, protezione dei lavoratori contro i rischi da esposizione ed abbattimento delle emissioni causate dall asbesto. E se questo discorso vale per i singoli Paesi, nel caso dell Unione Europea si è dovuto aspettare addirittura fino al 1998 per vedere finalmente riconosciuta la necessità di avallare e formalizzare quanto già fatto singolarmente da 9 dei 15 Paesi membri (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Olanda e Svezia), ovvero il divieto di avviare nuove produzioni di materiali e manufatti contenenti cemento-amianto a partire dal 1 gennaio Prima di allora infatti, le direttive emanate a partire dal 1993 dal Parlamento Europeo, si limitavano a regolamentare il commercio di tipologie di amianto secondarie, diverse dal crisotilo che costituisce il 95% dei quantitativi estratti a livello mondiale. Chiaramente ogni anno di inadempienza e di ritardi da parte dei legislatori internazionali non ha fatto altro che favorire il proliferare delle malattie polmonari lasciate in eredità dal libero commercio dell amianto e dei suoi derivati. Basti pensare che le stime del World Health Organization (WHO), ritenute le più aggiornate ed affidabili, parlano di un numero annuo di quasi morti derivanti da malattie asbestocorrelate contratte in ambienti di lavoro. Inoltre gli esperti sostengono che il ritmo di questo fenomeno non esiterà a diminuire nei prossimi venti anni, ed è anzi probabile che in Europa occidentale un cinquantenne su 150 morirà di mesotelioma, con un bilancio che potrebbe arrivare a decessi/anno nei prossimi 35 anni. 5
6 Questo scuro presagio non risparmia l Italia, che sebbene abbia deliberato lo stop alle produzioni nel 1992 (Legge Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), sembra essere destinata a scontare il fatto di essere stata il secondo produttore di amianto tra i Paesi Europei, dopo l Unione Sovietica. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino alla deliberazione del bando, l Italia ha registrato una produzione di tonnellate di amianto grezzo, con un picco di circa 160 mila tonnellate/anno nel periodo , a cui vanno ad aggiungersi le altrettanto cospicue importazioni provenienti in primis da Canada, Australia e Sud Africa (77 mila tonnellate annue nel periodo ). Si tratta di dati oramai certi che già da tempo vengono impiegati come base analitica di riferimento per gli studi valutativi e previsionali delle curve epidemiologiche, grazie ai quali è stato possibile notare come, rispetto all andamento dei consumi degli altri maggiori produttori, nel nostro paese vi sia un insorgenza delle malattie asbestocorrelate caratterizzata da un ritardo di circa 10 anni; tradotto in termini pratici potrebbe significare un incremento dei decessi dai 5000 casi del 1998 ai 9000 del Particolare preoccupazione viene riservata nei confronti delle zone limitrofe ai luoghi di produzione, come Casale Monferrato, che dal 1906 ha ospitato la prima fabbrica Eternit in cui si stima siano stati lavorati circa 23 milioni di tonnellate di prodotto finito, al caro prezzo di quasi 3000 morti denunciate per mesotelioma dalla fine degli anni 70 ad oggi. In questa zona purtroppo, ad essere potenzialmente soggetti alle forme tumorali, non sono stati solamente i lavoratori, ma anche tutti gli abitanti del Comune che inconsapevolmente inalavano le polveri nocive disperse dall efficiente sistema di areazione dello stabilimento. Considerando l ormai comprovato tempo di incubazione della malattia di circa 30 anni, malauguratamente ciò lascia presagire che le 128 nuove vittime di Monferrato registrate nel biennio non siano le ultime da annoverare nel bilancio dello stabilimento Eternit. 6
7 Tuttavia non è ammissibile pensare che il problema si limiti alle zone del Piemonte e della Lombardia: considerando che la distribuzione geografica della malattia presumibilmente ricalca la localizzazione dei poli produttivi a maggior intensità di utilizzo di amianto, si può facilmente dedurre che le Regioni potenzialmente più a rischio sono Liguria, Toscana e Friuli Venezia Giulia (sedi di importanti cantieri navali), Puglia (residenza di note acciaierie), Lazio (dal notevole tessuto industriale) ed infine Campania (in quanto principale polo siderurgico italiano). In realtà non si capisce fino a che punto ed in che misura si sapeva, o se invece si è finto di non sapere quando ormai in gioco c erano interessi ed affari da milioni di dollari. Quello che sicuramente è vero è che l eredità lasciata alla generazioni future dalla superficialità e della trascuratezza (ove non dal dolo) di una parte importante della classe politica e dirigenziale di quegli anni, è una colossale opera di valutazione, manutenzione, bonifica e smaltimento di manufatti e strutture componenti amianto. La prima questione che si pone è la constatazione della presenza di amianto. In ottemperanza alla normativa n. 257 entrata in vigore nel 1992 a vietare la vendita di materiali in eternit, è ragionevole supporre che tutte le strutture di età inferiore ai anni sono con buona probabilità prive di amianto, anche se secondo la normativa fino al 2004 materiali acquistati in periodi precedenti al 1992 potevano essere comunque utilizzati dai proprietari. Ciò nonostante la valutazione della presenza di amianto non è così immediata e deve essere effettuata da personale accreditato; infatti già dalla fine degli anni 80 sono in commercio delle lastre ondulate utilizzate per le coperture, che sebbene alla vista appaiano identiche all eternit, al posto dell amianto contengono fibre organiche o in polivinilalcol. Se non fosse per il marchio asbestos free apposto su questi materiali, ai non addetti ai lavori sarebbe impossibile verificare 7
8 la differenza, dal momento anch essi, come l eternit, sono caratterizzati da una matrice cementizia per oltre l 80%. Per gli edifici pubblici la normativa italiana ha già previsto un censimento obbligatorio e vincolante, mentre in ambito privato l obbligo di verificare la presenza di amianto negli edifici è demandato ai singoli proprietari. E tuttavia importante sottolineare che la presenza di amianto di per sé non costituisce un rischio certo per la salute o per l ambiente dal momento che, come già detto, la pericolosità è subordinata alla dispersione delle fibre in aria e/o nel suolo, la quale si verifica conseguentemente alla perdita di consistenza e di compattezza del materiale a seguito della lunga esposizione agli agenti atmosferici, ove non per danneggiamento. Partendo quindi dal presupposto che se il materiale è in buone condizioni il rischio non è apprezzabile, il primo passo da compiere in presenza di strutture in amianto è quello di verificarne lo stato di conservazione. La legislazione vigente in materia stabilisce che tali verifiche debbano essere effettuate da un tecnico specializzato in grado di valutare le condizioni del materiale e di regolare le azioni da intraprendere tra il non intervento, la manutenzione ordinaria e la rimozione. Nel caso della rimozione si attua la completa eliminazione delle potenziali fonti di esposizione, con l applicazione di un materiale sostitutivo a quello contenente amianto. Tale tecnica, sebbene più radicale delle altre disponibili, espone i lavoratori preposti all intervento ad un rischio estremamente elevato e comporta la produzione di rifiuti pericolosi che devono essere smaltiti in ottemperanza alla normativa di riferimento ed in discariche autorizzate. In considerazione di tali problematiche, laddove possibile, si procede con gli interventi di manutenzione, da effettuarsi mediante una delle due tecniche di incapsulamento o di confinamento. Con l incapsulamento il materiale, che generalmente si presenta in lastre, viene trattato in superficie con sostanze di natura sintetica che operano inglobando e bloccando fisicamente 8
9 le fibre della matrice cementizia per impedirne il rilascio in ambiente. Le sostanze incapsulanti possono essere di tipo impregnanti, che penetrano nello strato superficiale e fissano le fibre alla matrice, o ricoprenti, che formano una membrana protettiva che ostacola il distacco delle fibre e protegge dal deterioramento degli agenti atmosferici e dei raggi ultravioletti. Affinché tale tecnica sia efficace è fondamentale che la superficie venga pulita da eventuali incrostazioni mediante una operazione di lavaggio, che a sua volta può comportare la liberazione delle fibre in ambiente e nelle acque di risulta, che devono essere raccolte e trattate in modo adeguato. Ciò comporta che il ricorso a tale tecnica posso avvenire nel caso di superfici ancora funzionali e caratterizzate da una buona resistenza meccanica. La tecnica di confinamento e/o rivestimento consiste invece nell installazione di una barriera che separa meccanicamente i materiali contenenti amianto dall ambiente esterno. Rispetto all incapsulamento tale metodo ha il vantaggio di essere più economico e soprattutto di non produrre rifiuti pericolosi, anche se, di contro., tra gli interventi possibili risulta il meno risolutivo poiché non blocca il rilascio di fibre ma ne evita solamente la dispersione nell ambiente fintanto che la barriera conserva una tenuta perfetta. Qualsiasi sia la tecnica di manutenzione intrapresa certo è che la questione non può considerarsi risolta in modo definitivo, ed anzi è d obbligo continuare a monitorare con cadenza periodica lo stato di conservazione della struttura. Purtroppo questo della valutazione e della manutenzione è un onere che riguarda solo alcuni Paesi, mentre altri, generalmente quelli in via di sviluppo, continuano a produrre, lavorare ed utilizzare amianto con scarse forme di precauzione e tutela nei confronti delle categorie esposte, siano essi lavoratori o semplici cittadini. L Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2010 ha infatti stimato che sono ancora 125 milioni i lavoratori della 9
10 filiera residenti nei Paesi primi per produzione di amianto: tra essi Russia (1 milione ton), Cina ( ton), Brasile ( ton), Kazakhstan ( ton) e Canada ( ton). Alquanto singolare appare la politica del Canada, che sebbene sia un Paese che vanta una lunghissima tradizione democratica, ad oggi continua ad estrarre amianto e ad esportarlo verso paesi in via di sviluppo, particolarmente esposti al rischio anche per via della dislocazione nei loro territori di siti di smaltimento di materiale proveniente dalle nazioni più sviluppate che così facendo riescono a vantare sensi di responsabilità e coscienze più integre nei confronti delle proprie cittadinanze. In tal senso la fine del caso giudiziario Eternit ha assunto una importanza fondamentale soprattutto per il suo valore fortemente simbolico, che ha fatto di una condanna propriamente detta in termini di reclusioni e risarcimenti, un deciso monito nei confronti dei crimini derivanti dalla negligenza e dall omertà nella gestione del rischio industriale. 10
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