Editoriale. su una scala più ampia (almeno regionale). In questo modo si avrebbe sinergia e sarebbe più facile impostare politiche virtuose.

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1 Editoriale ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Conoscenza scientifica dei fenomeni, responsabilità della politica e controlli efficaci Oramai ci pensano le cronache dei telegiornali e della carta stampata a sottolineare quanto sia importante, in qualche caso drammatico, l insieme delle problematiche che a diverso titolo riguardano la questione dei rifiuti nel nostro Paese. Ovviamente il clamore della cronaca, inevitabile in un Paese democratico, non aiuta né a comprendere tutti i risvolti della questione, né a risolvere i problemi più urgenti che si presentano. Penso anzi che l emergenza Campania rischia di generare uno sbigottimento che degenera in ulteriore sfiducia e spirito di separatezza nei confronti di un sud incapace di compiere uno fra i più elementari atti di responsabilità, appunto quello di smaltire i propri rifiuti. Si tratterebbe di un pensiero rozzo, che non fa distizioni doverose, perché anche al sud vi sono punti d eccellenza e al nord non sono mancati, e non mancano, momenti di criticità; certo la durata degli stessi un valore ce l ha! Per venire a noi, cerchiamo di comprendere come le agenzie ambientali possano dare un contributo. Il ruolo che riveste il sistema delle agenzie nell importante e delicato settore dei rifiuti è legato sia alla complessa attività di raccolta, analisi ed elaborazione di dati (con riferimento ai compiti delle Sezioni regionali e della Sezione nazionale del Catasto rifiuti), sia al controllo e monitoraggio degli effetti sull ambiente delle attività connesse alle diverse fasi di gestione. Un efficace e completo sistema conoscitivo sui rifiuti fornisce un quadro di informazioni oggettivo, puntuale e aggiornato che rappresenta la base per la pianificazione delle politiche, per il monitoraggio degli interventi di attuazione e per la verifica degli obiettivi prefissati. Il primo obiettivo è, quindi, quello di conoscere per dare un contenuto di oggettività al confronto. Parallelamente, il sistema dei controlli ambientali, strettamente legato alla base conoscitiva, permette di individuare comparti problematici, in relazione alla qualità e quantità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati, trattati, stoccati, riciclati/recuperati e smaltiti, per i quali risulta di evidente complessità seguire i flussi delle molteplici trasformazioni e destinazioni. Collegata a questi aspetti vi è la necessità di contribuire ad alimentare e accrescere il livello tecnico e il dibattito sulle problematiche ambientali, sociali e sanitarie legate alle modalità di gestione dei rifiuti, dibattito che probabilmente viene troppo spesso trascurato e lasciato a valutazioni parziali, di immediata presa emotiva, e non supportate scientificamente. su una scala più ampia (almeno regionale). In questo modo si avrebbe sinergia e sarebbe più facile impostare politiche virtuose. Un aspetto che richiede un approfondimento tecnico è legato all evoluzione delle strategie di gestione dei rifiuti urbani necessaria per raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata del 60-65% come richiesto dalla normativa europea e nazionale. Nei prossimi anni una parte consistente di rifiuti che ora è principalmente destinata a smaltimento, sarà sottoposta a riciclaggio. Il riciclaggio e il recupero riceveranno un notevole impulso dall attuazione delle direttive sui veicoli fuori uso, sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché dalla recente revisione della direttiva sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio. Tali direttive prevedono, infatti, il raggiungimento di importanti obiettivi di riciclaggio/recupero. Man mano che il riciclaggio diventerà una soluzione privilegiata di trattamento, l impatto ambientale di questa operazione dovrà essere controllato; infatti, mentre esistono norme precise per il controllo di discariche e inceneritori, non ne esistono di specifiche per il riciclaggio. In questo contesto i sistemi di gestione dei rifiuti dovranno presentare caratteristiche di flessibilità, avere uno stretto legame con il territorio, ricercare e applicare le migliori tecnologie. Alla base di tali caratteristiche vi sono: la conoscenza delle tecnologie per i trattamenti più adeguati alla realtà da pianificare la corretta caratterizzazione merceologica delle varie tipologie dei residui per meglio valorizzare materia ed energia che ne possono derivare la progettazione di un sistema integrato di monitoraggio che possa rilevare le diverse specie di inquinanti emesse per poterne stimare il rischio relativo sia diretto che indotto. Questo numero speciale della rivista dedicato alla gestione dei rifiuti e il convegno che si svolge a Bologna il 9 luglio prossimo costituiscono il nostro piccolo, ma convinto, contributo. Alessandro Bratti Direttore generale Arpa Emilia-Romagna 1 Gli impianti presenti sul territorio regionale garantiscono l autosufficienza dello smaltimento per il settore dei rifiuti urbani e/o speciali di derivazione urbana. La raccolta differenziata si sta avvicinando, pur in modo non omogeneo a livello provinciale, a valori significativi, si comincia a promuovere e programmare interventi per favorire un effettiva riduzione della produzione dei rifiuti (in modo che essa non rimanga solo un enunciato), si applicano strumenti quali LCA per studiare tutte le fasi del ciclo di vita dei materiali e per valutare gli impatti ambientali di un sistema integrato di gestione. Nonostante l approvazione a livello provinciale dei Piani dei rifiuti, è probabilmente necessario riportare la programmazione

2 2 Rivista di Arpa Agenzia regionale prevenzione e ambiente dell Emilia-Romagna numero 2 anno X marzo-aprile 2007 sped. abb. postale art. 2 comma 20/C legge 662/96 Filiale di Bologna Euro 2.58 Abbonamento annuale: fascicoli bimestrali Euro 20,66 con versamento sul c/c postale n , intestato a: Arpa Servizio Meteorologico Regionale Viale Silvani, Bologna Segreteria: ArpaRivista, redazione Via Po, Bologna Tel Fax arpared@arpa.emr.it DIRETTORE Alessandro Bratti DIRETTORE RESPONSABILE Giancarlo Naldi COMITATO DI DIREZIONE Vito Belladonna, Mauro Bompani, Vittorio Boraldi, Fabrizia Capuano, Simona Coppi, Giuseppe Dallara, Sandro Fabbri, Francesco Fortezza, Gianfranca Galliani, Paolo Lauriola, Lia Manaresi, Giancarlo Naldi, Vanna Polacchini, Raffaella Raffaelli, Massimiliana Razzaboni, Attilio Rinaldi, Leonardo Riveruzzi, Licia Rubbi, Franco Scarponi, Mauro Stambazzi, Stefano Tibaldi. RIVISTA ISSN Sommario 1 Editoriale Conoscenza scientifica dei fenomeni, responsabilità della politica e controlli efficaci Alessandro Bratti 3 Qualità, sostenibilità e innovazione per recuperare il terreno perduto Ermete Realacci 4 Cambiare le politiche di sviluppo per produrre meno rifiuti Lino Zanichelli 5 Differenziata e autosufficienza: i punti di forza del sistema emiliano-romagnolo Giuseppe Bortone 6 La terra del fuoco Francesco Bertolini 7 Lotta alle ecomafie, serve una riforma di civiltà Roberto Della Seta, Stefano Ciafani 8 Obiettivi e azioni dell Ue in materia di rifiuti Paola Ficco 10 La definizione di rifiuto tra decreto Ronchi, interpretazione autentica e il Dlgs 152/2006 Veronica Celenza 12 Il sistema dei controlli e l apparato sanzionatorio Giovanni Fantini 13 Occorrono normative fondate scientificamente Claudio Galli 14 L importanza della conoscenza, dati e informazioni su particolari tipologie di rifiuti Emiliano Altavilla, Cecilia Cavazzuti, Tanya Fontana, Maria Concetta Peronace, Barbara Villani ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile Inceneritori, gli impianti e le tecnologie Adelmo Benassi 38 Il trattamento meccanico-biologico, quadro strategico e prospettive Enzo Favoino, Alberto Confalonieri 39 Ridurre inceneritori e discariche, differenziata oltre il 40%: la cura di Ferrara Sergio Golinelli 40 Raccolta porta a porta Reggio Emilia, obiettivo 70% di differenziata Pinuccia Montanari 42 Differenziata spinta in provincia di Treviso e chi inquina paga Paolo Contò 44 Le sfide della Provincia di Reggio Emilia: ridurre, differenziare, innovare Alfredo Gennari 45 Agenzie di ambito: caratteri nazionali, potenzialità e criticità nelle esperienze in corso Giuseppe Benedetti 46 Governance e regolazione del servizio pubblico Andrea Cirelli 48 Agenzie di ambito territoriale ottimale, l esperienza di Ato5 Bologna Marco Morselli 49 Sostenibilità e gestione dei rifiuti, selezione di siti A cura di Caterina Nucciotti 50 Da ex municipalizzate a gestori forti, opportunità e riflessioni Stefano Amaducci, Ivan Strozzi COMITATO EDITORIALE Coordinatore: Leonardo Riveruzzi Marco Biocca, Lea Boschetti, Giuseppe Caia, Giorgio Celli, Giorgio Corazza, Giorgio Freddi, Cesare Maioli, Giorgio Merli, Carlo Pellacani, Giordano Righini, Stefano Zan, Gianni Zapponi, Adriano Zavatti, Carlo Zoli. Chiuso in redazione il: Contesto, tecnicalità e ambiti decisionali: una riflessione sulla pianificazione Walter Ganapini 23 Ciclo di vita ed ecodesign: prevenzione alla fonte Paolo Masoni 26 Acquisti verdi e riduzione dei rifiuti, una proposta di legge per l Emilia-Romagna Daniela Guerra 27 Performance e criticità nella raccolta differenziata Luciano Morselli, Sara Cavaggion 28 Strumenti per validare il sistema integrato di gestione dei rifiuti Luciano Morselli, Ivano Vassura, Fabrizio Passarini 52 Comunicare l ambiente per un approccio partecipato nella gestione del territorio Liliana Cori 54 Verso la Conferenza nazionale Cambiamento climatico, al G8 di Heiligendamm è andata meglio del previsto Daniele Violetti 56 In Emilia-Romagna è il 2006 l anno più asciutto dal 1951 Paolo Mezzasalma 58 La tesi Traffico aereo ed effetto serra Edoardo Rampini 60 Il tempo e il clima Redattore: Daniela Raffaelli Segretaria di redazione: Claudia Pizzirani Impaginazione e grafica: Cl grafica di Claudia Ferri Stampa: Labanti & Nanni - Bologna Registrazione Trib. di Bologna n del 21/1/1993 Stampa su carta: Fedrigoni Freelife Symbol Satin 50% pura cellulosa ECF, 40% riciclo preconsumer selezionato,10% riciclo postconsumer deinchiostrato 30 Il sistema di monitoraggio delle discariche controllate Vito Belladonna 32 L esperienza di Reggio Emilia nell applicazione delle nuove norme per le discariche Fabrizia Capuano, Enzo Tacconi 34 Monitoraggio e controllo degli impianti soggetti alla direttiva Ippc Gianna Sallese 35 Moniter, il progetto di monitoraggio inceneritori dell Emilia-Romagna Mauro Bompani 62 Legislazione news 63 Libri Ambiente Italia 2007 Vito Belladonna Un manuale per l analisi di sito e la valutazione del rischio di inquinamento Daniela Ballardini 64 Memo/Eventi

3 La gestione dei rifiuti ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Qualità, sostenibilità e innovazione per recuperare il terreno perduto Una corretta gestione dei rifiuti presume un processo virtuoso che veda, in primo luogo, una riduzione dei rifiuti prodotti, successivamente un riciclo ottimale; solo quello che non può essere trattato in altro modo può essere smaltito in discarica o negli inceneritori di nuova generazione. In Italia si producono ancora troppi rifiuti e la raccolta differenziata riguarda meno del 25% del totale, a fronte di un obiettivo del 35% che avremmo dovuto conseguire nel Sul tema dello smaltimento, particolarmente scottante proprio in questi giorni, si misura la capacità di governo di una classe dirigente. Nel nostro paese la produzione dei rifiuti procapite è ancora molto alta, pari a 538 kg per abitante ogni anno. La maggior parte finisce in discarica, circa 280 kg per abitante l anno, mentre 62 kg per abitante l anno viene smaltito negli inceneritori. La raccolta differenziata è ancora lontana degli obiettivi previsti dalla legge. A fronte di un obiettivo del 35% di raccolta differenziata (da conseguire nel 2003), nel 2005 la raccolta differenziata, secondo le prime stime, ha avviato a recupero circa 7,5 milioni di tonnellate di rifiuti, pari a meno del 25% dei rifiuti prodotti. Sicuramente una corretta gestione dei rifiuti presume un processo virtuoso che veda, in primo luogo, una riduzione dei rifiuti prodotti, successivamente un riciclo ottimale dei rifiuti e infine, solo quello che non può essere trattato differentemente può essere smaltito in discarica o negli inceneritori di nuova generazione. Gli obiettivi normativi, come abbiamo visto restano però ancora lontani. Nel 2004 solo tre regioni (Veneto, Lombardia, Trentino-Alto Adige) hanno superato l obiettivo del 35% di raccolta differenziata e solo altre sei (tutte le regioni settentrionali e la Toscana) hanno superato l obiettivo del 25%. Lo scarto tra Nord e Sud del paese in materia di gestione dei rifiuti si allarga. La raccolta differenziata mostra un maggiore dinamismo nei piccoli e medi centri piuttosto che nelle grandi aree urbane. Questo se guardiamo i dati a livello di macroarea. Andando però nel dettaglio comunale troviamo molte sorprese anche nel sud Italia: come i 95 Comuni campani che Legambiente ha premiato come ricicloni lo scorso dicembre a Napoli per aver superato il 35% di raccolta differenziata, con punte di eccellenze che in pro- vincia di Salerno superano anche il 70%. Per le future leggi sui rifiuti basterebbe che l Italia recepisse al meglio, e nei tempi stabiliti, le direttive europee, ma questo non sempre è stato fatto. Per quanto riguarda la normativa in vigore il decreto 152/2006 per intenderci ci sono diverse questioni che vanno in contrasto proprio con la normativa europea e su queste si sta lavorando negli ultimi mesi. Sulla questione dei rifiuti è di primaria importanza la responsabilizzazione delle istituzioni locali, delle forze politiche e dei cittadini. Per prima cosa è fondamentale affrontare le emergenze che si registrano in alcune regioni italiane, a partire dalla Campania, dove si è dimostrato completamente inutile il lungo commissariamento. Il tema della gestione dei rifiuti, o se si vuole essere più realistici del loro smaltimento, è di quelli particolarmente caldi, su cui si misura la capacità di governo di una classe dirigente. Associare le parole qualità, sostenibilità e innovazione alla gestione dei rifiuti può sembrare fuori luogo. A maggior ragione in un Paese come il nostro che negli ultimi decenni si è caratterizzato per l arretrato sistema di gestione del problema. Eppure è improrogabile agire. Ermete Realacci Presidente VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, Camera dei deputati 3 9 Luglio 2007 Bologna Per una gestione sostenibile dei rifiuti. Tecnologie a confronto Convegno La legislazione comunitaria in materia di rifiuti, orientata a una Europa del recupero, e i suoi obiettivi di raccolta differenziata e di riutilizzo in materiali ed energia, che nel 2012 deve interessare il 65% del totale, costringono gli Stati membri a misurarsi con la sfida di saper adottare tecnologie innovative, mature e applicabili a flussi di rifiuti non ancora sfruttati. Questo scenario comporta, a livello nazionale, regionale e locale, una ridefinizione degli attuali sistemi di gestione dei rifiuti, che ne potenzi ulteriormente i caratteri di sostenibilità per l'ambiente, per l'economia e per la sicurezza e accettabilità sociale. L evento ha dunque l'obiettivo di mettere a confrono le performance di quegli impianti di trattamento e smaltimento che offrono alti standard di recupero e riciclaggio e limitati impatti sull ambiente. Il raffronto, oltre agli aspetti tecnologici, include anche l analisi dei contesti ambientali e socio-economici in cui operano tali impianti. Il convegno è organizzato da Regione Emilia-Romagna, Arpa Emilia- Romagna, Provincia di Bologna, Università di Bologna. Nella sessione del mattino si tratteranno gli aspetti riguardanti la normativa, la produzione e la gestione dei rifiuti con approfondimenti sulla revisione del Dlgs 152/2006, sugli strumenti di gestione, sul monitoraggio in Emilia-Romagna, sulla valutazione del ciclo di vita (LCA) come strumento di pianificazione e gestione dei rifiuti solidi urbani. Nella sessione del pomeriggio focus sulle tecnologie innovative in relazione al riciclo, al trattamento bio-meccanico, ai trattamenti termici, agli impianti a combustione flameless. E previsto un intervento sul ruolo futuro delle discariche. Segreteria organizzativa: Elisabetta Montanari, 051/396226, emontanari@arpa.emr.it Cinzia Callegari, 051/ , ccallegari@arpa.emr.it

4 La gestione dei rifiuti ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Cambiare le politiche di sviluppo per produrre meno rifiuti Prevenzione, riduzione della produzione procapite di rifiuti, riciclaggio e smaltimento in sicurezza con recupero energetico: su questi obiettivi si misura l azione politica della Regione Emilia-Romagna sui rifiuti, illustrata nell articolo da Lino Zanichelli, assessore regionale all Ambiente e sviluppo sostenibile. 4 I rifiuti sono forse la metafora più nitida del nostro rapporto burrascoso con l ambiente: non ci curiamo del loro aumento, ma non ci piace averli tra i piedi. Lo dice la parola stessa: rifiuto!. Così Mr. Hyde getta nel cassonetto, senza troppi complimenti, sacchetti e bottiglie, mentre il Dr. Jeckyll si preoccupa per la discarica o l inceneritore. Se presi uno a uno ci dichiariamo virtuosi, sommati tutti insieme continuiamo a aumentare i nostri rifiuti, passati da 573 a 663 chilogrammi annui a persona in meno di 10 anni. Un incremento superiore a quello della popolazione e del reddito delle famiglie. Aggiungiamo i rifiuti di origine produttiva e la sfida che abbiamo di fronte appare ineludibile: ridurre la produzione a monte, recuperare e riciclare il più possibile e smaltire in sicurezza, assumendo quel principio di responsabilità che è alla base dei nostri successi del passato. Per questo lavoriamo sull idea dello sviluppo sostenibile, che significa crescita, coesione e tutela delle risorse naturali. L ambiente non può essere più quel business che aggiunge la qualità alla quantità, ma deve affidare all innovazione tecnologica e alle imprese che la praticano il compito di riqualificare il territorio, di ridurre il consumo idrico ed energetico e la produzione di rifiuti. E ormai il tempo di progettare i prodotti con un analisi del loro ciclo di vita che ne contenga i consumi energetici e ne riduca l impatto finale. E il tempo di realizzare aree ecologicamente attrezzate ad alto rendimento tecnologico e a basso impatto ambientale; e di dotarsi di strumenti di contabilità per verificare non solo gli indicatori economici, ma anche quelli sociali e ambientali. L Emilia- Romagna occupa posizioni d avanguardia nelle certificazioni della qualità dei processi e dei prodotti ed è nelle condizioni dunque di compiere un ulteriore salto di qualità nelle sue politiche di sviluppo. È questo del resto il senso delle proposte contenute dei nuovi Piani di sviluppo rurale e strutturali, del Piano energetico e delle scelte principali della Giunta. La prevenzione è importante, ma la riduzione dei rifiuti passa anche attraverso una strategia variegata che rafforzi ad esempio i protocolli con il Conai (Consorzio per gli imballaggi) e le sue filiere con le imprese per ottenere la riduzione degli imballaggi. La grande distribuzione poi è cruciale per ridurre gli imballaggi e promuovere quelli riciclabili, estendere le ricariche, promuovere forme di last minute market nel settore alimentare per buttare il minimo. Occorre un investimento culturale sulle imprese, ma soprattutto sulle persone e sulle associazioni volontarie che possono fare delle stazioni ecologiche punti vitali di eco-scambio e di recupero. Un altro punto essenziale è quello della raccolta differenziata, orientata al recupero e al riciclaggio: la nostra Regione è virtuosa, ma non riesce ad accelerare il passo. I sistemi porta a porta hanno rappresentato un progresso e vanno sviluppati, ma occorre individuare le soluzioni più appropriate per i singoli territori e le più confacenti alle diverse categorie produttive. Importante è ancora un integrazione dell intera filiera capace di valorizzare quanto viene recuperato ad esempio negli impianti di compostaggio. Questo ci conduce infine all impiantistica: 20 impianti di compostaggio, 5 di biostabilizzazione, 11 di trattamento meccanico, 9 impianti di incenerimento con recupero energetico e 29 discariche per rifiuti non pericolosi sono una buona dotazione. Un forte impegno che ci ha messo al riparo da situazioni di emergenza che interessano altre aree del paese. Le nuove tecnologie ci consentono di garantire livelli sempre maggiori di sicurezza e di tutela della salute umana. Comprendiamo bene le preoccupazioni dei cittadini investiti da una crescente incertezza, ma la colpa più grave sarebbe l immobilismo. Quindi una gerarchia precisa, prevenzione, riduzione, riciclaggio e smaltimento in sicurezza con recupero energetico. E una programmazione con precisi obiettivi di contenimento della produzione pro-capite di rifiuti, con una progressione che riporti in qualche anno a mezza tonnellata ad abitante una produzione annua che oggi è di Kg. A questo fine pensiamo anche ad azioni di deassimilazione dei rifiuti produttivi, all utilizzo dell ecotassa e di altri strumenti fiscali tesi a incentivare gli obiettivi di raccolta differenziata e di riduzione. Istituzioni lungimiranti, cittadini e imprese consapevoli. Al riguardo mi preme sottolineare la presenza di aziende multiservice con un forte radicamento territoriale, ma anche con la volontà e la capacità di affrontare un settore sempre più aperto alla competizione di scala europea. La loro dimensione territoriale e forma sociale, che non è più quella delle aziende dei Comuni, richiede dunque di individuare strumenti di indirizzo e di controllo altrettanto robusti ed efficaci. All altezza di quella nuova stagione di politiche per lo sviluppo sostenibile che è già cominciata. Lino Zanichelli Assessore all Ambiente e sviluppo sostenibile Regione Emilia-Romagna FOTO D. RAFFAELLI

5 ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Differenziata e autosufficienza: i punti di forza del sistema emiliano-romagnolo La Regione Emilia-Romagna ha indirizzato la propria azione politica coerentemente alle indicazioni dell Unione europea. Tra i risultati più significativi un sistema di gestione dei rifiuti urbani in grado di soddisfare completamente il fabbisogno regionale di smaltimento, rendendo complessivamente autosufficiente il territorio. La quota di raccolta differenziata è pari al 34,2 %, dato che colloca la regione tra le prime a livello nazionale. Più critico il sistema di gestione dei rifiuti speciali in relazione alle operazioni di intermediazione e di transito che interessano il territorio regionale. La Regione ha da tempo indirizzato le proprie azioni per allinearsi alle indicazioni della Ue, traducendole nell adozione di politiche concrete in termini di pianificazione, riorganizzazione dei servizi, sensibilizzazione dei cittadini, oltre che in risultati misurabili quali l incentivazione della raccolta differenziata e del recupero. I dati che vengono presentati sono relativi all anno 2005, l ultimo attualmente disponibile. I RIFIUTI URBANI La produzione dei rifiuti urbani (RU) ha registrato negli ultimi anni una lieve tendenza all aumento. Nel 2005 tale produzione è stata di tonnellate, con un incremento dell 1,5% rispetto al Da evidenziare come tale incremento risulti però decisamente inferiore a quello medio registrato nel periodo (circa 3% annuo). Una rilevante parte di tale produzione ( tonnellate) è stata raccolta in modo differenziato mediante un articolato sistema di strutture attivate su tutto il territorio regionale anche con il contributo economico della Regione (25 milioni di euro di contributi). In particolare sono state realizzate 344 stazioni ecologiche attrezzate (SEA), aree presidiate e allestite per il raggruppamento differenziato dei RU per frazioni omogenee, che vengono successivamente avviate a trattamento e recupero. Alle tradizionali raccolte stradali, si sono progressivamente affiancate nuove modalità(raccolte porta a porta, SEA ecc.), rendendo il sistema il più possibile integrato in relazione alle caratteristiche geografiche, demografiche e socio-economiche del territorio. La quota di raccolta differenziata (RD) è pari al 34,2% del totale dei rifiuti urbani prodotti, dato che colloca questa regione tra le prime a livello nazionale. Le frazioni con i valori più elevati, in peso, sono rappresentate dalla frazione verde (24,0%) e dalla carta 20,7%. La restante parte dei rifiuti urbani ( tonnellate) trova collocazione in un articolato sistema di impianti costituito da: 29 discariche controllate 9 inceneritori (8 con recupero energetico e 1 senza recupero energetico, inattivo dal 2006) 20 impianti di compostaggio 5 impianti di biostabilizzazione 1 impianto di produzione di combustibile da rifiuti (CDR) Le quote di rifiuti destinati a tali impianti sono così ripartite - 59% discarica - 31% incenerimento - 8% biostabilizzazione/compostaggio - 2% produzione CDR Da segnalare la progressiva e costante riduzione dell utilizzo della discarica, passato dal 77% del 1996 al 59% del Allo stato attuale, sulla base dei disposti previsti dalla normativa statale e regionale, tutte le Province hanno avviato il processo di revisione e adeguamento dei vigenti piani provinciali (Piano provinciale gestione rifiuti, Ppgr). Questa nuova fase di pianificazione si è già conclusa per la maggior parte delle Province, mentre è in itinere (in fase di concertazione o di approvazione) nei rimanenti territori provinciali. I RIFIUTI SPECIALI I dati indicano per il 2004 (ultimo dato disponibile) una produzione complessiva di 11 milioni di tonnellate, comprese tonnellate di rifiuti pericolosi, con un dato tendenziale di leggera crescita negli anni. Anche nel settore dei rifiuti speciali vi sono stati diversi interventi regionali per la riduzione della produzione, l innovazione tecnologica e l incentivazione al recupero (circa 27 milioni di euro di contributi). Il sistema regionale avvia a recupero circa il 70% dei rifiuti speciali complessivamente gestiti, attraverso un sistema di impianti che si attesta tra le 1500 e le 2000 unità. Il restante 30% viene avviato a smaltimento in oltre 300 impianti. È necessario precisare che in tali impianti vengono conferiti anche quantitativi di rifiuti speciali provenienti da territori extraregionali, mentre una quota di rifiuti prodotti da aziende del territorio regionale viene conferita a impianti ubicati nel territorio di altre regioni. Tale situazione discende dalla previsione normativa statale di libero mercato dei rifiuti speciali. Oltre 800 dei citati impianti di recupero e smaltimento sono in realtà impianti di stoccaggio, nei quali i rifiuti speciali transitano per poi essere avviati ad altri impianti. Il sistema di gestione dei rifiuti urbani è in grado pertanto di soddisfare completamente il fabbisogno regionale di smaltimento, rendendo complessivamente autosufficiente il territorio (pur con qualche disomogeneità a livello dei singoli territori provinciali). Tale sistema si avvale di impianti che utilizzano tecnologie consolidate e affidabili, nel rispetto della normativa tecnica vigente, collocando la Regione a un grado di efficienza ed efficacia paragonabile ai più avanzati sistemi impiantistici delle regioni europee. Peraltro il complesso sistema di gestione dei rifiuti speciali ha sul territorio una connotazione particolare, in quanto si caratterizza anche come sistema di transito e intermediazione, rendendo il territorio regionale esposto a comportamenti illeciti e a situazioni di rischio. Giuseppe Bortone Direttore generale Ambiente e difesa del suolo e della costa Regione Emilia-Romagna FOTO ARCHIVIO HERA 5

6 La gestione dei rifiuti ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 La terra del fuoco La terra del fuoco oggi non è più il sud dell Argentina; a Napoli e in altre parti della Campania si accende un falò ogni dieci minuti, ma non si bruciano risorse naturali; si brucia spazzatura, con i suoi veleni e i suoi fumi neri. L ennesima emergenza rifiuti, un emergenza che dura da 14 anni. Eppure in Campania ci sono Comuni che hanno saputo incrementare significativamente la raccolta differenziata, con punte superiori al 70%. Questa sensibilità ambientale dei cittadini dovebbe essere raccolta dal mondo della politica per diventare l elemento centrale su cui innestare piani di sviluppo realmente nuovi. 6 Dall oceano si vedevano falò; segnalavano una terra dal clima rigido e difficile da abitare. Per questo motivo fu chiamata la terra del fuoco. I falò si sentivano, con lo schioppettare della legna e si respiravano con i loro profumi e le loro polveri; polveri sottili, è vero, come quelle che si respirano nelle nostre città moderne, ma tutto un altro fascino. La terra del fuoco oggi non è più il sud dell Argentina; a Napoli e in altre parti della Campania si accende un falò ogni dieci minuti, ma non si bruciano risorse naturali, si brucia spazzatura, con i suoi veleni e i suoi fumi neri. È l ennesima emergenza rifiuti, un emergenza che dura da quattordici anni, e come molti altri problemi di questo paese sembra ormai un emergenza insanabile, schiacciata tra rischi ambientali, interessi locali, voti di scambio e interessi della criminalità. Si invoca l esercito, per far cosa? Per aprire nuove discariche, asfaltando i comitati locali che vi si oppongono? Ci vorrebbe sì l esercito, ma per spostare chi avrebbe dovuto risolvere questi problemi e non ha nessuna intenzione di spostarsi, di lasciare il potere, e che continua a parlare di etica, responsabilità, partecipazione e sviluppo sostenibile. Bello sviluppo quello di una regione dove ormai pecore e capre hanno nel latte un livello di diossina pari a venti volte il livello consentito, e dove ormai questi veleni sono entrati nella catena alimentare. E allora sì all esercito, magari straniero, come forza neutra, forza di interposizione di una situazione che è lo specchio dell incapacità e dell inadeguatezza della classe politica di questo paese. Esercito che dovrebbe garantire l attivazione della raccolta diffe- renziata, unica strada per attivare quel sistema virtuoso, aggettivo ridicolo in una situazione come quella campana, in grado di provare a invertire la rotta. Ma la raccolta differenziata sembra passata di moda; i termovalorizzatori, nome nobile dei vecchi inceneritori, sono l altra medicina che viene proposta come rimedio al male della spazzatura, male inevitabile di una società dei consumi come la nostra. Termovalorizzatori come grandi bocche di orchi (buoni o cattivi, decidete voi) sempre affamate di rifiuti; e così i piani dei rifiuti, a tutti i livelli, si adeguano e si pongono obiettivi ambiziosi, dove l obiettivo strategico è spesso ridicolo, se comparato al trend di crescita nella produzione di rifiuti. D altra parte gli investimenti sostenuti per realizzare i termovalorizzatori richiedono quantità di rifiuti in linea con i piani di ritorno del capitale, devono raggiungere il break even point: molto meglio bruciare rifiuti che bruciare denaro. Non si capisce il motivo per cui la straordinaria sensibilità ambientale dei cittadini (anche in Campania esistono 95 Comuni che hanno superato il 35% di raccolta differenziata, con punte superiori al 70), non venga raccolta come input politico, non diventi l elemento centrale su cui innestare piani di sviluppo realmente nuovi, che ormai nel nostro territorio devastato non possono che essere piani di riqualificazione e recupero. Il problema rifiuti, così come tanti altri problemi del territorio, è stato delegato a tecnici, bravi nel valutare l efficienza energetica e il costo di un chilogrammo di rifiuto bruciato, ma incapaci, anche perché non è loro compito, di avere un obiettivo di ampio respiro, che veda i rifiuti come risorsa e come terreno su cui sviluppare un attività d informazione ed educazione ambientale. Si dice spesso che la raccolta differenziata costa: mai sentito dire che il costo non è altro che un trasferimento di denaro da un attore economico a un altro. Il denaro è una convenzione che, da non poi così tanti anni, ci siamo dati per regolare lo scambio, ma il denaro non incide sulla ricchezza del mondo perché può solo comprare ciò che già esiste, può solo trasferire la proprietà delle cose. Se ragioniamo da questo punto di vista, che ha regolato l umanità per quasi tutta la sua storia, il denaro circola, diffondendo aspettative e illusioni sul futuro; quando scompare l illusione crolla. Nel nostro paese il denaro spesso scompare; forse per questa ragione si preferisce bruciare i rifuti. Francesco Bertolini Università Bocconi, Milano Roberto Saviano GOMORRA Viaggio nell impero economico e nel sogno di dominio della camorra Ed. Mondadori, 2006 pagg. 332, euro 15,50 Questo incredibile, sconvolgente viaggio nel mondo affaristico e criminale della camorra si apre e si chiude nel segno delle merci, del loro ciclo di vita. Le merci fresche, appena nate, che sotto le forme più svariate pezzi di plastica, abiti griffati, videogiochi, orologi arrivano al porto di Napoli e, per essere stoccate e occultate, si riversano fuori dai giganteschi container per invadere palazzi appositamente svuotati di tutto, come creature sventrate, private delle viscere. E le merci ormai morte che, da tutta Italia e da mezza Europa, sotto forma di scorie chimiche, morchie tossiche, fanghi, addirittura scheletri umani, vengono abusivamente sversate nelle campagne campane, dove avvelenano, tra gli altri, gli stessi boss che su quei terreni edificano le loro dimore fastose e assurde dacie russe, ville hollywoodiane, cattedrali di cemento e marmi preziosi che non servono soltanto a certificare un raggiunto potere, ma testimoniano utopie farneticanti, pulsioni messianiche, millenarismi oscuri. Questa è oggi la camorra, anzi, il sistema, visto che la parola camorra nessuno la usa più: da un lato un organizzazione affaristica con ramificazioni impressionanti su tutto il pianeta e una zona grigia sempre più estesa in cui diventa arduo distinguere quanta ricchezza è prodotta direttamente dal sangue e quanta da semplici operazioni finanziarie. Dall altro lato un fenomeno criminale profondamente influenzato

7 ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Lotta alle ecomafie, serve una riforma di civiltà Le navi dei veleni con i loro carichi di scorie tossico-nocive destinate ai Paesi in via di sviluppo hanno occupato le pagine di cronaca dei quotidiani nazionali negli anni ottanta. La firma della Convenzione di Basilea, nel 1989, non ha purtroppo risolto il problema. Anche in Italia il problema è molto grave e le azioni di contrasto si sono intensificate negli ultimi anni, ma è quanto mai urgente una riforma di civiltà che si compirà con l inserimento dei delitti contro l ambiente nel nostro Codice penale. Pronto da tre legislature un disegno di legge che va in questa direzione. Questo Governo ha l opportunità di anticipare l Europa, una volta tanto. Erano gli anni Ottanta quando le navi dei veleni occupavano le pagine di cronaca dei quotidiani nazionali. I giornali descrivevano le disinvolte modalità di smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi da parte di alcune industrie italiane, che riempivano le cosiddette carrette dei mari di scorie di ogni tipo e le spedivano verso i Paesi in via di sviluppo. Era l esplosione di un fenomeno ben più vasto che su scala planetaria vedeva il Nord del mondo smaltire, senza farsi troppi pro- blemi, diversi milioni di tonnellate di rifiuti nei Paesi poveri, dove la normativa ambientale, ma non solo quella, era praticamente inesistente. E che portò nel 1989 alla firma della Convenzione di Basilea, il trattato internazionale sulla movimentazione transfrontaliera dei rifiuti pericolosi, che ha regolamentato le spedizioni, ma che non ha purtroppo risolto il problema*. In Italia, il problema del traffico e dello smaltimento clandestino dalla spettacolarizzazione mediatica, per cui i boss si ispirano negli abiti e nelle movenze a divi del cinema e a creature dell immaginario, dai gangster di Tarantino alle sinistre apparizioni de Il corvo con Brandon Lee. Figure come Gennarino McKay, Sandokan Schiavone, Cicciotto di Mezzanotte, Ciruzzo o Milionario, se non avessero provocato decine di morti ammazzati potrebbero sembrare in tutto e per tutto personaggi inventati da uno sceneggiatore con troppa fantasia. In questo libro avvincente e scrupolosamente documentato Roberto Saviano ha ricostruito sia le spericolate logiche economico-finanziarie ed espansionistiche dei clan del napoletano e del casertano, da Secondigliano a Casal di Principe, sia le fantasie infiammate che alle logiche imprenditoriali coniugano il fatalismo mortuario dei samurai del medioevo giapponese. Ne viene fuori un libro anomalo e potente, appassionato e brutale, al tempo stesso oggettivo e visionario, di indagine e di letteratura, pieno di orrori come di fascino inquietante, un libro il cui giovanissimo autore, nato e cresciuto nelle terre della più efferata camorra, è sempre coinvolto in prima persona. Sono pagine che afferrano il lettore alla gola e lo trascinano in un abisso dove davvero nessuna immaginazione è in grado di arrivare. Roberto Saviano è nato a Napoli nel 1979, dove si è laureato in Filosofia. Ricercatore dell Osservatorio sulla camorra e sull illegalità, collabora con L espresso e La Repubblica. Suoi racconti e reportage sono apparsi su Nuovi Argomenti, Lo Straniero, Nazione Indiana, Sud, e si trovano inclusi in diverse antologie fra cui Best Off. Con Gomorra ha vinto il Premio Viareggio-Repaci Opera Prima, il Premio Giancarlo Siani, il Premio Dedalus, il Premio Lo Straniero, il Premio Letterario Edoardo Kihlgren Opera Prima. Gomorra sarà tradotto per la diffusione in più di 15 Paesi e ne sarà tratto un film. Straordinario caso editoriale del 2006, questo libro particolare, tra il saggio e il romanzo, ha venduto circa copie in un anno, un numero impressionante per un Paese, come l Italia, che legge poco (siamo al terz ultimo posto nell Europa a 15, dati 2006). DR dei rifiuti, che naturalmente non investe solo i movimenti transfrontalieri, è al tempo stesso più grave oltre 20 miliardi di euro il fatturato annuale della mondezza connection, ma anche molto meglio conosciuto. Grazie all attività di analisi e di denuncia svolta da Legambiente testimoniata in particolare dalla pubblicazione dell annuale Rapporto Ecomafia (termine coniato dalla nostra associazione nel 1994 ed entrato 5 anni più tardi nel vocabolario Zingarelli) l informazione sulle ecomafie si è progressivamente dettagliata e chiarita. Al nostro contributo si è aggiunto quello della Commissione d inchiesta sul ciclo dei rifiuti, attiva nel Parlamento italiano dal Ne è conseguita una maggiore presa di coscienza da parte dei cittadini e dei media, da una parte, e del mondo politico e istituzionale dall altra, che ha permesso una sempre più articolata azione di contrasto nei confronti dei trafficanti di rifiuti: negli anni si è assistito a un ampliamento dell organico delle forze dell ordine che si occupano di ecomafia, a un maggior interessamento da parte delle Procure della Repubblica, della Procura nazionale antimafia e degli stessi Servizi di sicurezza. Sul fronte del contrasto ai traffici di rifiuti, una prima svolta rispetto al passato c è stata l 8 marzo 2001, quando fu approvata l introduzione di una nuova fattispecie delittuosa nella normativa ambientale italiana: quella che sanziona l organizzazione di traffico illecito di rifiuto (art. 53 bis dell abrogato Decreto Ronchi, oggi art. 260 del Codice ambientale). Il nuovo delitto ha permesso un salto di qualità nelle attività di contrasto dei traffici di rifiuti e, fino a oggi, ha permesso a 48 Procure di concludere ben 73 indagini, con l emissione di 480 ordinanze di custodia cautelare, la denuncia di 1905 persone, il coinvolgimento di 481 aziende, 19 regioni italiane e di 9 Stati esteri. Ora occorre completare quella che noi abbiamo definito una riforma di civiltà, che si compirà quando verranno inseriti nel nostro Codice penale i delitti contro l ambiente. Il Governo ha approvato il 24 aprile scorso un disegno di legge che va in questa direzione. La stessa Commissione bicamerale d inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha presentato al Parlamento un ddl che si aggiunge a quelli presentati all inizio dell attuale legislatura da Ermete Realacci e Francesco Ferrante, rispettivamente alla Camera e al Senato. E quanto mai urgente concludere il travagliato iter legislativo di questo provvedimento, al vaglio del Parlamento già da tre legislature e che non è mai arrivato all approvazione definitiva. Sarebbe anche un modo per anticipare l Europa, una volta tanto, che su questo fronte si è già attivata con una proposta di Direttiva del Parlamento e del Consiglio sulla tutela penale dell ambiente approvata il 9 febbraio scorso. Un iniziativa comunitaria quanto mai necessaria e urgente, visto che i trafficanti di veleni non conoscono confini nazionali, integrandosi al meglio nel mercato globalizzato. Roberto Della Seta Presidente nazionale Legambiente Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale, Legambiente *ndr: v. anche ArpaRivista 4/2005, L'esportazione dei rifiuti pericolosi, una responsabilità globale 7

8 La gestione dei rifiuti ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Obiettivi e azioni dell Ue in materia di rifiuti A livello sia comunitario sia nazionale, è in atto una profonda revisione della disciplina di base in materia di rifiuti. L interpretazione della nozione di rifiuto si arricchisce di ulteriori spunti di merito e correlativamente vengono ridelineate le nozioni di materia prima secondaria, sottoprodotto e rocce e terre da scavo. Nell articolo un excursus sugli orientamenti prevalenti e sulle azioni in corso nel processo di revisione normativa. 8 di direttiva 1 in data 21 dicembre Tuttavia, tale revisione in corso non ha mera natura compilatoria (come per la direttiva 2006/12/CE, cit.), ma è un vero e proprio atto di riscrittura dei principi comunitari in materia di rifiuti, poiché si rende necessario non solo chiarire la definizione di rifiuto, ma anche (ex plurimis) distinguere tra operazioni di smaltimento e di recupero, al fine di superare per quanto possibile l eterogeneità di approccio che si registra in ambito europeo al tema della gestione dei rifiuti. Il 13 febbraio 2007, il Parlamento Ue (in prima lettura) approvava importanti modifiche alla proposta iniziale della Commissione e il rapporto relativo alla Strategia tematica sulla prevenzone e riciclaggio dei rifiuti (i cui principi sono poi tradotti nelle modifiche citate). Il 21 febbraio 2007, la Commissione Ue ha approvato una comunicazione interpretativa su rifiuti e sottoprodotti 2. Ora si attende (non prima della pausa estiva) la posizione comune del Consiglio europeo. È ragionevole ritenere che l acmente) derivare avrebbe un immediata influenza diretta sulla concorrenza tra imprese. Infatti, la nozione di rifiuto (e, quindi, di non rifiuto) determina immediate conseguenze sull alterazione della concorrenza tra imprese sia a livello europeo negli scambi tra imprese, sia a livello nazionale per la conduzione dei controlli, poiché è ormai a tutti fin troppo evidente che, laddove condotto in modo non uniforme su tutto il territorio nazionale, il controllo diventa un potente fattore di alterazione della concorrenza tra imprese, dovuto alla variegata e personalistica applicazione di leggi e regolamenti (che riesce addirittura a prescindere dal diritto) e che, ovviamente, induce anche un diverso grado di efficacia del controllo. LA REVISIONE DELLA DIRETTIVA 2006/12/CE Sotto il profilo della revisione della direttiva 75/442/Cee (poi sussunta, con tutte le modifiche intervenute negli anni, nella direttiva 2006/12/CE) a opera degli Organi comunitari, si ricorda che la Commissione Ue ha presentato al Consiglio e al Parlamento europei una proposta La disciplina base comunitaria in materia di gestione dei rifiuti è rappresentata dalla direttiva 2006/12/CE e dalla direttiva 91/689/CE in materia di rifiuti pericolosi. Il principale corollario tecnico risidede nella decisione 2000/532/CE che reca il relativo elenco europeo. Sul fronte nazionale, tale disciplina è rinvenibile nella parte IV del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice ambientale ) con notevoli differenze. Tuttavia, a livello sia comunitario sia nazionale, è in atto una profonda revisione di tale disciplina base. Un profondo dibattito si registra sull interpretazione della nozione di rifiuto che si arricchisce di ulteriori spunti di merito. Il che dimostra la consapevolezza della non rinunciabilità di prevedere espressamente un regime giuridico per alcune categorie di beni, sostanze e materiali con caratteristiche merceologiche che, a determinate condizioni, ne legittimano l esclusione dall alveo dei rifiuti (e dall applicazione della relativa disciplina). La possibile certezza del diritto che dall ampio dibattito in corso potrebbe (auspicabilcordo politico possa essere raggiunto sotto la presidenza tedesca, il prossimo 28 giugno. Il testo della posizione comune è stato proposto dalla stessa presidenza tedesca ed è noto; pertanto, può essere considerato una base avanzata nell iter di approvazione della nuova direttiva. Infatti, la Commissione Ue partecipa al Consiglio ed è ragionevole ritenere che essa si assocerà alle sue conclusioni. Sotto il profilo procedurale, si ricorda che il Parlamento Ue potrà poi approvare il testo del Consiglio o proporre modifiche, ma solo con l approvazione della maggioranza più uno dei suoi componenti. Su questioni di rilevo (come quelle che qui interessano) è difficile, tuttavia, che possano essere proposte modifiche, a causa degli equilibri raggiunti in sede comunitaria. LA REVISIONE DEL DLGS 152/2006, PARTE IV Agli inizi di giugno, le Commissioni Ambiente della Camera e del Senato hanno iniziato l esame del decreto legislativo correttivo del Dlgs 152/2006. Come noto, si tratta del secondo correttivo, approvato dal Consiglio dei ministri nell ottobre del 2006, e riguardante la terza e la quarta parte del Codice. Il primo correttivo (Dlgs 284/2006) è già vigente. L urgenza con cui il Governo intende definire tali modifiche deriva soprattutto dalla necessità di adeguare diverse disposizioni

9 ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 del Codice al diritto comunitario, per chiudere le numerose procedure di infrazione comunitaria a oggi aperte nei confronti dell'italia e di evitare il rischio di condanne da parte della Corte di Giustizia. Dopo l espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, il provvedimento dovrà tornare in Consiglio dei ministri per una nuova approvazione e quindi ancora all'attenzione delle Commissioni per un secondo parere, prima del varo definitivo da parte del Governo. MPS E SOTTOPRODOTTI La questione viene affrontata in questa sede in una ovvia prospettiva comunitaria poiché essa dovrebbe ripercuotersi, inevitabilmente, sul secondo correttivo al Dlgs 152/2006 (parte IV, si veda sopra) che il Governo sta predisponendo. La definizione di Mps (materia prima secondaria) è fondamentale. Al riguardo, si sottolinea che la proposta della nuova direttiva comunitaria quadro in materia di gestione dei rifiuti stabilisce dei criteri per la riclassificazione di alcuni rifiuti in materie, sostanze od oggetti secondari: si tratta di materiali che sono classificati secondari non con riferimento alla provenienza, bensì alle loro caratteristiche, che sono diverse da quelle delle materie prime primarie; tuttavia, sono idonee per assoggettarli al regime dei prodotti e non al regime generale dei rifiuti, poiché sono certe le altre condizioni le quali indicano che il detentore non se ne disfa né ha intenzione di disfarsene. I citati criteri, tuttavia, dovranno completarsi con future decisioni della Commissione che stilerà specifici elenchi di non rifiuti. Tra i criteri generali meritano di essere ricordati i seguenti: la materia, la sostanza o l oggetto devono essere prodotti da un operazione di riutilizzo,di riciclaggio o di recupero di rifiuti il loro uso sia certo e non comporti danni all ambiente e alla salute abbiano un valore economico di mercato è necessario individuare le categorie e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre, e le modalità e le condizioni delle operazioni di riutilizzo,di riciclaggio o di recupero che producono tale materia, sostanza od oggetto è necessario precisare i criteri ambientali e di qualità che soddisfino i requisiti tecnici per uno specifico impiego in un processo produttivo o, nel caso di prodotti, rispettino norme e standard di tali prodotti. L esistenza dei sottoprodotti non può essere ignorata, ma occorre sia disciplinata. Vi sono sull argomento numerose sentenze della Corte di Giustizia (ex plurimis: 18 aprile 2002, Palin Granit; 11 novembre 2004, Niselli) le quali affermano che un materiale o una materia derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è destinato principalmente a produrlo può costituire non un rifiuto, ma un sottoprodotto, del quale il detentore non ha l intenzione di disfarsi, solo nel caso in cui il riutilizzo sia certo, senza trasformazione preliminare e avvenga nel corso del processo di produzione. Successivamente, la Corte di Giustizia (sent.8 settembre 2005, causa Commissione/Spagna) sancendo che il sottoprodotto può esistere anche se utilizzato per soddisfare il bisogno di operatori diversi dall impresa che lo ha prodotto, ha chiarito che il riutilizzo del sottoprodotto deve avvenire in un processo di produzione o di utilizzazione. Fermo restando che la valutazione deve avvenire caso per caso e non in generale e a priori, che la materia, la sostanza o l oggetto abbia un valore economico e che esso venga utilizzato con le normali pratiche senza rischi per la salute e per l ambiente. L orientamento del Parlamento europeo sulla distinzione rifiutosottoprodotto è tutta fondata sulla certezza del suo utilizzo. Tuttavia, il progetto di direttiva quadro (stante la previsione di una proposta legislativa da parte della Commissione sui criteri di riclassificazione di determinate tipologie di rifiuti in prodotti, materiali o sostanze secondarie ) sembra iniziare un processo che appare inevitabile per giungere alla disciplina certa (soprattutto sotto il profilo della tutela dell ambiente) di quei materiali e sostanze il cui utilizzo nei cicli produttivi precede qualsiasi normativa di carattere ambientale in un paese (come l Italia) da sempre povero di materie prime. Il legislatore italiano, in attesa dei citati criteri, per il momento, non può che adeguare la norma in termini di principio. ROCCE E TERRE DI SCAVO Sull esclusione dal regime dei rifiuti delle terre e rocce da scavo (articolo 1, commi 17 e 19 legge 443/2001, cd. Lunardi ), pende un procedimento alla Corte di Giustizia (C-194/05), la sentenza è prevista entro l estate. Al riguardo, si sottolinea che il Parlamento Ue (lo scorso 13 febbraio) ha proposto un emendamento alla proposta di nuova direttiva della Commissione che esclude dai rifiuti i materiali scavati non contaminati che possono essere utilizzati allo stato naturale nello stesso o in altro sito. Tale formulazione non è stata recepita nel testo proposto al Consiglio dalla Presidenza tedesca e pare in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Giustizia. E appena il caso di evidenziare che gli incisi non contaminati e allo stato naturale, non appaiono di facile applicazione, poiché anche i terreni agricoli contengono residui di fertilizzanti e di altro e non sono allo stato naturale. Anche questo è un tema sul quale sarebbe quantomai opportuno attendere il testo del Consiglio Ue, per l adozione di una disciplina in perfetta linea con l Europa e quindi, con quella di tutti gli Stati membri. Paola Ficco Docente universitario di Diritto comunitario dell ambiente Direttore responsabile Rifiuti Bollettino di informazione normativa Esperto gestione rifiuti e prevenzione inquinamento Ufficio legislativo ministero dell Ambiente, della tutela del territorio e del mare NOTE 1 COM (2005) in 7_comp.htm; testo in italiano 9

10 La gestione dei rifiuti ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 La definizione di rifiuto tra decreto Ronchi, interpretazione autentica e il Dlgs 152/2006 La definizione giuridica di rifiuto e di sottoprodotto è materia assai controversa, in particolare quando il residuo del ciclo produttivo può avere un valore commerciale o può essere riutilizzato in un altro ciclo produttivo. Legalità del riutilizzo, riutilizzo certo e non eventuale, assenza di trasformazioni preliminari al riutilizzo, riutilizzo nel corso del processo di produzione: per la Commissione europea sono queste le condizioni affinché un residuo di produzione possa essere considerato come sottoprodotto. Nell articolo un approfondimento delle fonti normative e della giurisprudenza più significative in materia. 10 Confrontando l art. 6, comma 1, lett. a) del Dlgs 22/1997 (c.d. decreto Ronchi) e il suo omologo contenuto nell art. 183, comma 1, lett. a) del Dlgs 152/2006 relativi alla definizione di rifiuto si potrebbe essere indotti a credere che nulla sia mutato in materia, in quanto entrambi riproducono la definizione fornita dalla normativa comunitaria (cfr. Direttiva 75/442/CEE, come modificata dalla Dir. 91/156/CEE 1 ), individuando come rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell Allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l obbligo di disfarsi 2. È, tuttavia, da un esame più attento delle norme contenute nel Dlgs 152/2006 che emerge come, in realtà, l impianto normativo contenga alcune apparenti restrizioni della nozione di rifiuto. A tale proposito occorre richiamare, ad esempio, la definizione di sottoprodotto (art. 183, comma 1 lett. n), di materia prima secondaria (art. 183, comma 1, lett. q) e rinvio all art. 181, commi 6 e 12-14), combustibile da rifiuti di qualità elevata (art., 183, comma 1, lett. s), materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche (art. 183, comma 1, lett. u). Ulteriori delimitazioni della nozione di rifiuto possono rinvenirsi in altre disposizioni del Dlgs 152 che circoscrivono un comparto confinante rappresentato dalla tipologia delle sostanze o rifiuti esclusi dalla nuova disciplina. Tali sono gli artt. 185 Limiti al campo di applicazione della parte quarta e 186 Terre e rocce da scavo. Pertanto, da questo primo sguardo d insieme, appare che la categoria giuridica di rifiuto risulti relativamente ridimensionata dall esterno sotto due profili: da un lato prevedendo esclusioni espresse (materiali vegetali non contaminati, materiali litoidi, coke da petrolio, ceneri di pirite, polveri di ossido di ferro, terre e rocce da scavo, cdr di qualità elevata ecc.) e, dall altro, operando una dilatazione delle categorie di specifiche sostanze o determinate attività fatte oggetto di una disciplina propria. In quest ultima fattispecie rientrano le materie prime secondarie e soprattutto la nozione di sottoprodotto. Per meglio delineare la definizione di rifiuto, dunque, risulta opportuno soffermarsi ad approfondire l opposta nozione merceologica costituita dal sottoprodotto e definita minuziosamente nel richiamato art. 183, comma 1 lett. n). Occorre ricordare che la nozione di sottoprodotto ricalca in parte, e assorbe, il famoso art. 14 della L 78/2002 (c.d. definizione autentica di rifiuto) che formò oggetto di numerosi pronunciamenti da parte dei Giudici, sia comunitari che nazionali, e destinato a ricomprendere molte tipologie di residui produttivi o di consumo. Con riferimento all origine, formazione e destinazione, il sottoprodotto è considerato dalla legge come un prodotto derivante da un attività di impresa, con il carattere della continuità, intesa nel senso della ricorrenza di una necessità tecnologica intrinseca e propria di un determinato processo produttivo adottato dall imprenditore il quale genera il prodotto tipico di quella specifica lavorazione e contestualmente un sottoprodotto. Quest ultimo, pur non costituendo l oggetto dell attività principale, scaturisce comunque in via continuativa dal processo industriale dell impresa e per il suo valore commerciale viene in concreto destinato a un ulteriore impiego o al consumo 3. La legge, poi, individua ulteriori condizioni il ricorrere delle quali è necessario affinché il sottoprodotto possa essere esonerato dalla disciplina dei rifiuti: - che l impresa non si disfi di esso (e ovviamente non abbia deciso di disfarsi o non abbia l obbligo di disfarsi per legge o per provvedimento legittimo dell autorità) - che sia reimpiegato direttamente presso l impresa che lo produce - che in alternativa lo commercializzi, a condizioni economicamente favorevoli per l impresa stessa, direttamente per il consumo o per l impiego - senza la necessità di operare trasformazioni preliminari 4 - l utilizzazione deve essere certa e non eventuale - che l utilizzo del sottoprodotto tal quale non comporti per l ambiente o la salute condizioni peg-

11 ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 giorative rispetto a quelle delle normali attività produttive - la conformità del sottoprodotto agli standard merceologici, nonché alle norme tecniche di settore, di sicurezza e di settore. Da questo complesso di elementi si può intuire come il cardine della questione concernente l ambito di applicazione della nozione di rifiuto sia strettamente correlato al significato del termine disfarsi e alla rilevanza che si vuole attribuire alle risultanze oggettive, ovvero alle intenzioni del detentore. A tal fine, dunque, in relazione ai concetti di rifiuto e sottoprodotto, sarà da considerarsi disfatto quel residuo produttivo o di consumo che viene prodotto solo in via accessoria e di cui l impresa cerca di limitare la quantità. Ne consegue che, in linea di principio, è rifiuto ciò che viene prodotto accidentalmente nel corso delle lavorazioni del materiale e non il risultato di una scelta tecnica il cui ottenimento, seppure accessorio alla produzione principale, costituisce obiettivo dell impresa. Inoltre, sarà altresì da considerarsi rifiuto il residuo produttivo per il quale vi sia una mera possibilità di riutilizzazione della sostanza, ma non una certezza nel farlo. Come si è già avuto modo di osservare, a livello comunitario il legislatore ha provveduto a individuare solamente la definizione normativa di rifiuto, essendo per contro la nozione di sottoprodotto, ora introdotta nel nostro ordinamento con il citato art. 183, comma 1 lett. n), di derivazione strettamente giurisprudenziale, in quanto elaborazione dei princìpi 5 contenuti nelle numerose sentenze della Corte di Giustizia europea interpretative della nozione di rifiuto 6. Ed è proprio partendo da tale elaborazione che la Commissione Ue, con propria comunicazione del 21 febbraio 2007, ha ritenuto opportuno fissare linee guida al fine di consentire il corretto inquadramento giuridico da parte degli operatori economici dei residui derivanti dai processi di lavorazione. Tali indirizzi individuano alcune condizioni fondamentali che debbono contemporaneamente sussistere affinché un residuo di produzione possa essere considerato come sottoprodotto ed essere gestito come un bene anziché come un rifiuto. Le condizioni sono costituite dai seguenti punti: a) legalità del riutilizzo b) riutilizzo certo e non eventuale c) assenza di trasformazioni preliminari al riutilizzo d) riutilizzo nel corso del processo di produzione. Quest ultimo elemento, secondo quanto sopra osservato, confligge con quanto statuito all art. 183, comma 1, lett. n) in quanto il nostro legislatore ha previsto che il riutilizzo possa essere effettuato direttamente presso l impresa che lo produce o che, in alternativa, il sottoprodotto sia commercializzato, a condizioni economicamente favorevoli per l impresa stessa, direttamente per il consumo o per l impiego. Tale questione peraltro è stata oggetto di una recentissima sentenza della Corte di Cassazione 7 nella quale i Giudici hanno ravvisato un contrasto con la nozione comunitaria di rifiuto, laddove la definizione in esame sottrae alla disciplina sui rifiuti il sottoprodotto riutilizzato in un ciclo diverso da quello di origine. Ciò in quanto, se il reimpiego avvenisse in un diverso ciclo produttivo vorrebbe dire che il produttore ha inteso disfarsi del residuo, seppure per commercializzarlo o comunque cederlo a terzi per la riutilizzazione 8. Infine si segnala come il Dlgs152/2006 sia attualmente NOTE oggetto di revisione e come il 12 ottobre 2006 il Consiglio dei ministri abbia approvato in prima lettura un decreto legislativo di modifica, che avrebbe dovuto incidere anche sulle parti relative ai rifiuti. In tale schema di decreto veniva, tra l altro, eliminata la definizione di materia prima secondaria e di sottoprodotto. Tuttavia, lo schema licenziato dal Governo non ha trovato il gradimento della Conferenza Stato-Regioni la quale il 15 marzo 2007 ha espresso parere negativo. Per superare questa empasse il 29 marzo 2007 si è riunita la Conferenza unificata dove è stata raggiunta un intesa su una nuova formulazione del decreto legislativo correttivo. Successivamente, poi, tale provvedimento è stato rinviato all'esame delle competenti Commissioni di Camera e Senato. Tuttavia, il testo che è emerso dal vaglio delle Commissioni e che è attualmente in corso di approvazione ha eliminato dal novero delle definizioni la nozione di sottoprodotto. Alla luce di quanto osservato, in particolare in relazione alla genesi di quest'ultima nozione, l'atteggiamento del legislatore nazionale ha inteso anche prudentemente, al fine di porsi al riparo da ulteriori eventuali procedure di infrazione aderire integralmente alla volontà del legislatore comunitario, nel senso di limitarsi definire a livello normativo il solo rifiuto. Sempre nell'ottica di un più conforme adeguamento ai principi Ue, deve aggiungersi che l'attuale definizione di rifiuto come sopraindicata, sarà riformulata con l'aggiunta dell'inciso l'ambito di applicazione della nozione di rifiuto deve essere interpretato, in conformità alle finalità risultanti dalla normativa comunitaria, alla luce dei principi di precauzione e di azione preventiva nonché della salute umana e dell'ambiente. Veronica Celenza Arpa Emilia-Romagna 1 La Dir. 75/442 è stata abrogata dalla recente 2006/12/CE nella quale è stata modificata solo una parola, infatti, il termine abbia deciso è stato sostituito da abbia l intenzione. Tale formulazione sembrerebbe esprimere uno stato psicologico più attenuato e cronologicamente anteriore alla decisione (cfr. P. Giampietro Nuova nozione di rifiuto e sottoprodotto più conforme ai canoni comunitari in Ambiente e Sicurezza n. 14 del 2006 pp. 70 e ss). 2 Il contenuto tipico della nozione di disfarsi, secondo un primo orientamento della Corte di Giustizia europea (Sent. 15 giugno 2000 Arco Chemie), era costituito dalla destinazione di un rifiuto a operazioni di smaltimento o di recupero. Tuttavia, tale interpretazione subordina la qualifica di rifiuto a un operazione che a sua volta può essere qualificata come smaltimento o recupero solo ove applicata a un rifiuto. Ne consegue che in tal modo non viene minimamente precisata la nozione di rifiuto (cfr. Sent. CGE 11 novembre 2004 C-457/02, Niselli). 3 A tale riguardo, si ritiene opportuno evidenziare che la destinazione a un ulteriore impiego o consumo non costituisce una decisione facoltativa o arbitraria dell imprenditore, ma obbligatoria, nel senso che, ove venga assunta o dichiarata senza essere realizzata di fatto perché il residuo produttivo sia destinato allo smaltimento (anche abusivo mediante abbandono) esso dovrà essere qualificato rifiuto. In altri termini, il suo utilizzo effettivo rappresenta un elemento costitutivo della stessa qualifica di sottoprodotto. 4 Da intendersi come operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità o le sue caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso già possiede. 5 Ne fornisce un ampia disamina P. Giampietro I nuovi criteri di individuazione del sottoprodotto secondo il giudice comunitario in 6 Sentt. Corte di Giustizia: 15 giugno 2000, cause riunite C-418/97 e C- 419/97 Arco Chemie; 18 aprile 2002, C-9/00, Palin Granit Oy; 11 settembre 2003, C-114/01 Avesta Polarit; 11 novembre 2004 C-457/02 Niselli, Ordinanza Corte di Giustizia 15 gennaio 2004, Saetti e Frediani, in materia di riutilizzo del coke da raffinazione di petrolio; sentt. CGE 8 settembre 2005 su cause C-416/02 e C-121/03. 7 Cass. Pen. Sez. III Sentenza 11 aprile 2007 n su 8 Corte di Giustizia Ue Sent. 11 novembre 2004 C-457/02 Niselli in particolare par. 45 ( ) tenuto conto dell obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuti, per limitare gli inconvenienti o i danni inerenti alla loro natura, il ricorso a tale argomentazione, relativa ai sottoprodotti, dev essere circoscritto alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza previa trasformazione, e avvenga nel corso del processo di produzione (sentenza Palin Granit, cit., punto 36). 11

12 La gestione dei rifiuti ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Il sistema dei controlli e l apparato sanzionatorio È indubbio che modelli di vigilanza basati esclusivamente sul principio del command and control siano intrinsecamente insufficienti ad affrontare le problematiche ambientali connesse alla gestione dei rifiuti; a tal riguardo devono essere valutate positivamente forme di cooperazione con le aziende. È altrettanto indubbio che, ove i responsabili non ottemperino alle prescrizioni loro assegnate, l amministrazione dovrebbe poter disporre di un adeguato sistema sanzionatorio basato sui principi di certezza e proporzionalità. Le luci e le ombre della parte IV del Dlgs 152/2006 e le prospettive di riforma in materia di reati ambientali. 12 NON SOLO COMMAND AND CONTROL È ormai dato acquisito che i tradizionali strumenti di command and control basati sulla sequenza procedurale pianificazione> autorizzazione> irrogazione di sanzioni, non sono di per sé idonei ad assicurare una tutela efficace dell ambiente, se considerati in maniera avulsa rispetto alla complessità del sistema economico e istituzionale nel quale dovrebbero produrre i loro effetti. Da un lato, infatti, sotto un profilo economico, la rigidità delle regole può creare inefficienze perché non tiene conto delle differenti situazioni territoriali e delle specificità dei singoli impianti e può portare conseguenze negative sugli investimenti scoraggiando l introduzione nel mercato di nuovi prodotti o l utilizzo di tecniche più evolute 1. D altro lato, sotto il profilo dell organizzazione istituzionale, è oggettivamente difficile pensare che gli organi preposti alla vigilanza ambientale possano disporre di un presidio territoriale così capillare e permanente da perseguire la protezione dell ambiente tramite azioni puramente repressive. Non vi è dubbio, pertanto, che vada salutata positivamente la recente tendenza legislativa che si basa su un mix di azioni che comprende anche forme di autocontrollo ispirate a un principio di leale collaborazione tra imprese e pubblica amministrazione (v. ad esempio la normativa Ippc). Detto ciò, è altrettanto fuori di dubbio che, ove i soggetti responsabili non si facciano carico spontaneamente delle esternalità negative generate nei cicli produttivi, è opportuno che l Amministrazione abbia a disposizione un adeguato apparato sanzionatorio basato su principi di certezza e proporzionalità. Tale esigenza vale per ogni settore ambientale, ma in particolare nella materia dei rifiuti, ove una gestione non corretta può portare a danni ambientali estremamente significativi. LE SANZIONI AMMINISTRATIVE La parte IV del Dlgs 152/2006 presenta un apparato sanzionatorio che, sotto il profilo sostanziale, risulta pressoché immutato rispetto al Decreto Ronchi 2. La modifica più rilevante introdotta dal testo unico riguarda infatti un profilo prettamente procedimentale, e consiste nel rafforzamento della potestà sanzionatoria dell Amministrazione provinciale. Mentre sotto la vigenza del Decreto Ronchi l Autorità competente per gli abbandoni illeciti era il Comune, ora in base al nuovo articolo 262 tale competenza è della Provincia (dopo il Dlgs 152/2006 il Comune rimane competente solamente per un ipotesi piuttosto marginale quale lo smaltimento in discarica degli imballaggi). È peraltro opportuno sottolineare che quando la norma parla di Autorità competente intende identificare esclusivamente il soggetto titolare del potere di emanare le ordinanze-ingiunzioni e d incassare i proventi delle sanzioni; resta invece generale la competenza ad accertare le sanzioni (v. oltre). In materia di sanzioni amministrative riguardanti la gestione dei rifiuti è interessante evidenziare come si sia registrata la tendenza a compensare un asserita eccessiva mitezza degli importi edittali con l applicazione di istituti giuridici particolarmente punitivi quale il cosiddetto concorso materiale degli illeciti. Può sembrare una questione scolastica, ma non lo è affatto, basta pensare al tema del trasporto di rifiuti che in base all art. 193 del Dlgs 152 avviene con l accompagnamento di un formulario di identificazione dal quale devono risultare i dati identificativi dello specifico viaggio. A tal riguardo si segnala come la recente giurisprudenza 3 propenda per la tesi che si debbano irrogare tante sanzioni quanti sono gli illeciti commessi escludendo che si possa applicare la continuazione al di fuori delle materie per le quali è espressamente prevista dalla legge 689/81. Analogo discorso potrebbe farsi con riferimento alle annotazioni sui registri di carico e scarico, le cui violazioni sono sanzionate ai sensi dell art. 258, comma 2 del testo unico 4. Si deve registrare, infine, come il Dlgs 152/2006 nulla innovi relativamente agli strumenti di tutela giurisdizionale a disposizione del soggetto a cui è stata comminata una sanzione amministrativa, che potrà esperire l ordinario giudizio di opposizione ai sensi dell art. 23 della legge 689/81. Come per tutte le questioni ambientali l ufficio competente sarà quello del Tribunale civile e non quello del Giudice di pace; tuttavia, in base a quanto previsto dal Dlgs 40/2006 (modifiche al codice di procedura civile) contro la Sentenza di primo grado può ora essere proposto anche appello, oltre che ricorso per Cassazione. LA TUTELA PENALE E LE PROSPETTIVE DI RIFORMA Passando a esaminare il versante penale del sistema sanzionatorio sui rifiuti si deve evidenziare come il Dlgs 152/2006 non brilli certamente per chiarezza e contenga alcune norme che, se mal interpretate, potrebbero portare a conseguenze a dir poco peculiari. È il caso dell art. 195, comma 5 che delinea un elenco parziale delle forze di polizia deputate all accertamento degli illeciti che, se mal interpretato, potrebbe spingersi fino al paradosso di mettere in dubbio la competenza generale di tutta la polizia giudiziaria (ivi inclusa ovviamente quella delle Arpa) sulla materia in questione. Nel Dlgs 152 manca inoltre, e questo è ancora più grave, una qualsiasi norma che raccordi l attività dei molteplici organi di vigilanza che operano nel settore ambientale. È indubbio, infatti, che una maggiore pianificazione dei controlli eviterebbe inutili sovrapposizioni e consentirebbe una presenza più capillare sugli impianti. Da un punto di vista della configurazione giuridica le fattispecie penali previste nella parte IV del Decreto 152 si presentano quasi tutte come reati contravvenzionali, con la conseguenza pratica di avere tempi di prescrizione assai brevi (quattro anni in base all art. 157 c.p.) che mettono a rischio continua a pag. 62

13 ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Occorrono normative fondate scientificamente La normativa in materia ambientale deve essere il risultato di sviluppi scientifici e tecnologici maturati su scala internazionale e non il prodotto di emotività e dell affermazione di gruppi di pressione il cui fine potrebbe essere limitato a contrastare la realizzazione di impianti indispensabili. getti (controllori e controllati) di operare con spirito di collaborazione. A proposito degli organismi di controllo, va osservato che ad essi è richiesta una competenza tecnica e giuridica di alto profilo, che non può essere presente in tutte le strutture che per legge sono a ciò deputate. Nello stesso periodo sono state realizzate le più importanti strutture impiantistiche da parte delle aziende di gestione dei servizi: impianti di potabilizzazione e di depurazione delle acque urbane, impianti chimico-fisici per il trattamento delle acque di processo e altri per il recupero e lo smaltimento dei rifiuti speciali principalmente in Emilia-Romagna, dove il sistema produttivo è caratterizzato dalla presenza di piccole e medie aziende, impianti di termovalorizzazione, discariche, impianti di compostaggio e di recupero delle frazioni secche presenti nei rifiuti. La produzione normativa si è evoluta nel tempo, in una logica di continuità e di coerenza, ed è stata accompagnata dalla ricerca scientifica, dallo sviluppo tecnologico e dalla pianificazione del territorio, senza causare impatti traumatici né alle imprese del comparto produttivo, né a quelle dedicate alla gestione dei servizi, in un ottica di compatibilità dei costi che sarebbero gravati sulla comunità nel suo complesso, e di miglioramento della qualità ambientale. Quando, invece, le normative non rispondono a queste logiche e non sono conseguenti ad approfondimenti scientifici e sviluppi culturali quali sono stati la Conferenza di Rio de Janeiro e il Protocollo di Kyoto e vengono introdotti in modo estemporaneo in provvedimenti atipici (le norme in materia ambientale approvate con la legge Finanziaria 2007 attraverso emendamenti dell ultima ora) si generano distorsioni che creano disorientamento e rischiano di introdurre solo effetti negativi nella gestione ambientale. Evitando di portare ad esempio l esperienza di Hera, ritenendo che le principali iniziative in corso siano fatte salve dal provvedimento, si porta ad esempio ciò che accade in numerose altre regioni italiane; in molte di esse, a causa della difficoltà a realizzare impianti di termovalorizzazione dei rifiuti indifferenziati, è stato pianificato di produrre del CDR e di destinarlo a impianti promiscui (ma nell ultimo decennio ciò è stato realizzato solo in pochi casi e per quantità limitate) o in impianti dedicati di termovalorizzazione o di gasificazione da realizzare. A causa della legge Finanziaria 2007 le iniziative programmate, ma non autorizzate o per le quali non siano concretamente iniziati i lavori, sono state sospese perché non riescono a reggere economicamente senza la contribuzione prevista dalla previgente legislazione. Questo in quanto il CDR è prevalentemente formato da frazioni non biodegradabili dei rifiuti. La conseguenza è l aggravamento della situazione emergenziale nella gestione dei rifiuti, che vede nella Campania l esempio più noto, ma non l unico, essendo nominati e operanti da anni i Commissari straordinari per gestire l emergenza in cinque regioni italiane. Nella stessa legge Finanziaria il comma 1108 (disposizioni in materia di raccolte differenziate), è caratterizzato da forte impatto emotivo, ma di dubbia validità, che trae origine dalla teoria dei rifiuti zero e da una metodica di raccolta differenziata, il porta a porta che è diventata una bandiera per gran parte dei comitati che si oppongono alla realizzazione di impianti di trattamento dei rifiuti. Alcune considerazioni preliminari: il recupero di materia attraverso L evoluzione della normativa ai diversi livelli istituzionali (Unione europea, Stato italiano e Regioni) è strettamente connessa a sensibilità sempre più estese verso la salvaguardia dell ambiente e alla conoscenza degli effetti prodotti da uno sviluppo incontrollato che si fondava sulla convinzione che l ambiente fosse una risorsa infinita. In taluni casi, però, accade che si formino movimenti d opinione contro la realizzazione di iniziative (proponendo alternative utopistiche) fondando i propri orientamenti su valutazioni parziali, di immediata presa emotiva, e/o non supportate scientificamente. Alla prima delle fattispecie deve essere attribuito il merito dello sviluppo normativo in favore dell ambiente negli ultimi tre decenni del secolo scorso; Direttive comunitarie in materia di tutela delle acque, di corretta gestione dei rifiuti, di contenimento delle emissioni di gas in atmosfera e di salvaguardia del territorio. Tutte le Direttive sono state recepite in norme nazionali e regionali che hanno fortemente influenzato il sistema produttivo e la gestione dei servizi. Intanto le imprese hanno investito molto in tecnologie finalizzate a ridurre i rifiuti sia in termini di quantità, sia di pericolosità; hanno installato sistemi di abbattimento delle emissioni e di decontaminazione delle acque di processo, hanno inserito nella loro organizzazione figure dedicate alla gestione ambientale, consapevoli che i fattori ambientali rappresentano un fattore di rischio e una componente di costo del prodotto finito non più trascurabile. Nella crescita di questa consapevolezza hanno esercitato un ruolo fondamentale le strutture pubbliche di controllo e i sistemi di certificazione ambientale e di registrazione Emas, che sempre più devono consentire ai diversi sogla raccolta differenziata deve essere perseguita per limitare lo smaltimento dei rifiuti urbani la teoria rifiuti zero trova supporto sugli obiettivi che si sono dati gli Stati di New York e della California, ma la loro attuazione è programmata, rispettivamente per il 2020 e il 2023, mentre nel frattempo nel primo caso la RD è limitata al 13% e t/giorno vengono smaltite in discariche di altri Stati; la seconda ha raggiunto risultati eccellenti di RD solo grazie all assimilazione ai rifiuti urbani dei materiali da costruzione e demolizione, ma oltre 800 kg/a/ab vengono smaltiti in discarica (cioè quantità quasi quattro volte superiori a quelle della nostra regione). Inoltre il dibattito in corso si limita ai rifiuti urbani, che, in termini di quantità, è pari a meno della metà dei rifiuti speciali prodotti in Italia, al netto dei rifiuti da costruzione e demolizione e un terzo in Emilia-Romagna. In sintesi, la normativa in materia ambientale deve essere il risultato di scientifici e tecnologici sviluppi su scala internazionale e non il prodotto di affermazioni di gruppi di pressione, il cui fine è esclusivamente limitato a contrastare la realizzazione di impianti necessari per la gestione dei rifiuti urbani e speciali. Claudio Galli Direttore Divisione Ambiente Hera spa 13

14 Raee, veicoli fuori uso, rifiuti con pcb e da imballaggi in Emilia-Romagna ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile L importanza della conoscenza, dati e informazioni su particolari tipologie di rifiuti Un efficace e completa base conoscitiva sui rifiuti rappresenta lo strumento più idoneo per attuare un sistema adeguato di controlli in un settore che risulta particolarmente a rischio di illeciti. La principale fonte informativa per quantificare la produzione di rifiuti e accertarne le modalità di gestione è costituita dalle dichiarazioni effettuate ai sensi della L 70/94 attraverso il modello unico di dichiarazione ambientale (MUD). Essa non consente la quantificazione dell intera produzione di rifiuti speciali in quanto sono previste diverse esenzioni 1 dall obbligo di dichiarazione. In Emilia-Romagna per sopperire a questa carenza di informazioni in particolare per quanto riguarda le apparecchiature elettroniche, i veicoli fuori uso, i policlorobifenili, gli imballaggi e rifiuti da imballaggio l analisi è stata effettuata incrociando i dati MUD con quelli derivati da altre fonti. Nelle pagine che seguono un inquadramento normativo, la produzione e la gestione di questi rifiuti in Emilia-Romagna. Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) Rappresentano uno dei flussi di rifiuti individuati come prioritari dalle politiche dell Unione europea sia per la loro complessa composizione, spesso caratterizzata dalla presenza di sostanze pericolose, sia per l elevata produzione registrata negli ultimi anni. Il Decreto legislativo 151/2005 Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione dell uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti prevede che a farsi carico di seguire il ciclo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), compreso il fine vita, siano i produttori e i distributori, individualmente o attraverso forme consortili, e fissa obiettivi minimi di reimpiego, riciclaggio e recupero che i produttori dovranno raggiungere. Per poter assicurare il conseguimento di tali obiettivi, si sta passando dal sistema esistente (i Comuni come unici responsabili della gestione dei RAEE domestici) a quello nuovo, incentrato sui sistemi individuali e collettivi dei produttori. Il Dlgs 151/2005 prevede che, alla data di adozione dei provvedimenti attuativi e comunque non oltre il 30 giugno 2007, i commercianti saranno tenuti a garantire il ritiro gratuito delle apparecchiature dismesse dai consumatori, i costi di raccolta dalle piattaforme predisposte dai Comuni e quelli di recupero e smaltimento saranno a carico dei produttori e degli importatori, vi saranno obblighi di marcatura dei prodotti e obiettivi di riciclaggio e di recupero dei materiali e dei componenti contenuti nei Tab. 1 - Raccolta differenziata dei RAEE provenienti dai nuclei domestici Anno CER * CER * CER Totale t/anno Pro-capite kg/ab*anno , , ,22 RAEE che oscillano, secondo le diverse tipologie, fra il 50 e l 80% rispetto al peso medio dell apparecchio. L obiettivo di raccolta differenziata da raggiungere a livello europeo è di 4 kg per persona entro il 31 dicembre LA PRODUZIONE E LE ATTUALI MODALITÀ DI GESTIONE I quantitativi di RAEE prodotti in Emilia-Romagna possono essere stimati sulla base dei dati di immesso al consumo a livello nazionale e del tasso medio di ritorno a fine vita fornito da Anie e Fise Assoambiente. Tali stime, poiché contengono approssimazioni legate sia alla quantificazione di alcune tipologie di AEE, sia all estrapolazione dei dati di livello nazionale alla scala regionale, non sono da considerarsi come valori assoluti bensì come ordini di grandezza. I valori di immesso al consumo di AEE (domestici+professionali) tra il 1999 e il 2003 sono passati da circa a tonnellate che corrisponde a una crescita annua pari all 8,9%; parallelamente i RAEE sono passati da circa a tonnellate, pari a un incremento annuo del 9%. L analisi del sistema di gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche a livello regionale e provinciale è stata condotta utilizzando i dati provenienti dai Rendiconti comunali presentati ai sensi della Lr 27/94 per i RAEE di origine domestica e quelli contenuti nelle dichiarazioni MUD presentate dai soggetti obbligati ai sensi della L 70/94 e smi, per i RAEE professionali. Per quanto riguarda i RAEE domestici dei 285 comuni (dati riferiti all anno 2004) che effettuano la raccolta differenziata dei rifiuti ingombranti, 150 realizzano la raccolta separata dei RAEE tramite le stazioni ecologiche attrezzate (297 distribuite su tutto il territorio regionale), 30 utilizzano il sistema del ritiro a domicilio (29 per prenotazione e 1 secondo scadenze mensili), mentre 103 comuni utilizzano entrambi i sistemi. Fanno eccezione 2 comuni ove la raccolta avviene in aree attrezzate aperte al pubblico. I RAEE raccolti in modo differenziato nel quadriennio 2003, 2004, 2005 e 2006 sono indicati nella tabella 1. Nel 2006 il quantitativo di RAEE provenienti dal circuito della raccolta differenziata è stato di circa tonnellate, il 12,6% in più rispetto al 2005 e ha raggiunto i 2,47 kg/abitante. In regione sono operativi 10 impianti per la gestione dei RAEE domestici che effettuano essenzialmente operazioni di recupero di materia (R4 - Metalli o composti metallici e R5 - Altre sostanze inorganiche). La quantità di RAEE domestici gestita in Emi ,47 CER *: frigoriferi, surgelatori, condizionatori contenenti CFC CER *: televisori, monitor di computer CER : grandi elettrodomestici, lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi, surgelatori, condizionatori non contenenti CFC, altre apparecchiature Fonte: elaborazioni Arpa sui dati provenienti dai Rendiconti comunali 1 Alle esenzioni già indicate dal Dlgs 22/97 si aggiungeranno, a partire dal 2006 quelle indicate dall art. 189 del Dlgs 152/06 che introducendo l esonero della dichiarazione MUD per tutti i produttori di rifiuti speciali non pericolosi rende ancora più problematica la messa a punto di un sistema di contabilità dei rifiuti. * I rifiuti contrassegnati con asterisco * nell elenco CER 2002 sono rifiuti classificati come pericolosi ai sensi della direttiva 91/689/CE

15 ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Tab. 2 - RAEE provenienti da raccolta differenziata e avviati a recupero/smaltimento (t/anno 2004) CER Totale gestito Riciclo % Recupero Energetico % Discarica % Altre forme smaltimento % * ,22-0,00 0 0, , * ,65-0,00 0 0, , ,08-0,00 1 0, ,87 Totale ,32-0,00 1 0, ,18 Fonte: elaborazioni Arpa su dati MUD lia-romagna nel 2004 è stata di circa t, di queste t pari all 86% sono state recuperate, mentre 694 t sono state smaltite. La tabella 2 riporta i dati relativi alle modalità di gestione nel 2004 (ultimo anno disponibile per i dati MUD). Per quanto riguarda i RAEE professionali, l analisi delle quantità prodotte, della gestione, dei flussi in entrata e in uscita rispetto alla regione e delle quote di rifiuti avviate a recupero/smaltimento complessivo, è stata effettuata sulla base dei dati MUD 2004, per le seguenti tipologie: CER *: trasformatori e condensatori contenenti PCB CER *: apparecchiature fuori uso contenenti PCB o da essi contaminate, diverse da quelle di cui alla voce CER *: apparecchiature fuori uso, contenenti clorofluorocarburi, HCFC, HFC CER *: apparecchiature fuori uso, contenenti amianto in fibre libere CER *: apparecchiature fuori uso, contenenti componenti pericolosi diversi da quelli di cui alle voci e CER : apparecchiature fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci da a Sono state analizzate anche le componenti pericolose rimosse da apparecchiature fuori uso (CER *) e le componenti rimosse da apparecchiature fuori uso, diverse da quelle di cui alla voce (CER160216). La quantità di RAEE provenienti dalle attività produttive e di servizi che non conferiscono al servizio pubblico di raccolta, prodotta nel 2004, è stata pari a t, mentre, il quantitativo totale gestito è stato di t ( t recuperate e t smaltite). L analisi dei flussi in entrata e in uscita rispetto al territorio regionale (MUD 2004) mostra che il quantitativo complessivo in entrata (pari a t) è stato più basso di quello in uscita (pari a t); i flussi principali sono diretti verso impianti del Veneto, della Lombardia, delle Marche e del Piemonte. Gli impianti presenti nel territorio regionale che gestiscono RAEE professionali con recupero dei metalli o dei composti metallici e recupero di altre sostanze inorganiche (operazioni di recupero R4/R5), sono 15, gli impianti che effettuano trattamento fisico-chimico (D9), seppur per quantitativi ridotti, sono due. Veicoli fuori uso (VFU) La gestione dei veicoli fuori uso è disciplinata dal Dlgs 209/2003, in attuazione alla Direttiva 2000/53/CE. Per una corretta gestione dei rifiuti derivanti dai VFU le Autorità competenti favoriscono il reimpiego dei componenti suscettibili di riutilizzo e il riciclaggio dei componenti non riutilizzabili dei materiali. Gli operatori economici devono garantire percentuali crescenti di riutilizzo tra il 2006 e il Dal 1 luglio 2003, a eccezione di alcuni casi, è vietata la produzione o l immissione sul mercato di materiali e di componenti di veicoli contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente. Il Dlgs 209/2003 si applica ai veicoli, ai veicoli fuori uso e ai relativi componenti e materiali, a prescindere dal modo in cui il veicolo è stato sottoposto a manutenzione o riparazione nel corso del suo utilizzo, nonché dal fatto che esso sia dotato di componenti forniti dal produttore o d altri componenti il cui montaggio come ricambio corrisponde alle norme comunitarie o nazionali in materia. Gli scopi generali prefissati sono: - ridurre al minimo l impatto dei VFU sull ambiente, al fine di contribuire alla protezione, alla conservazione e al miglioramento della qualità dell ambiente - evitare distorsioni della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda l accesso delle piccole e medie imprese al mercato della raccolta, della demolizione, del trattamento e del riciclaggio dei VFU - determinare i presupposti e le condizioni che consentono lo sviluppo di un sistema che assicuri un funzionamento efficiente, razionale ed economicamente sostenibile della filiera di raccolta, di recupero e di riciclaggio dei materiali degli stessi veicoli. Per una corretta gestione dei rifiuti derivanti dai VFU, le Autorità competenti favoriscono: il reimpiego dei componenti suscettibili di riutilizzo il riciclaggio dei componenti non riutilizzabili dei materiali, se sostenibile dal punto di vista ambientale. Gli operatori economici garantiscono il raggiungimento degli obiettivi (art. 7): - entro il 1 gennaio 2006, per tutti i VFU prodotti a partire dal 1 gennaio 1980, la percentuale in peso di reimpiego e recupero deve essere almeno dell 85% del peso medio del veicolo per anno, e quella di reimpiego e riciclaggio per gli stessi veicoli è pari almeno all 80% del peso medio del veicolo per anno. Per i veicoli prodotti anteriormente al 1 gennaio 1980, la percentuale di reimpiego e di recupero è pari ad almeno il 75% del peso medio per veicolo e per anno e la percentuale di reimpiego e riciclaggio è pari ad almeno al 70% del peso medio per veicolo e per anno - entro il 1 gennaio 2015 per tutti i VFU, la percentuale di reimpiego e recupero è pari almeno al 95% del peso medio del veicolo per anno e la percentuale di reimpiego e riciclaggio è pari ad almeno all 85% del peso medio per veicolo e per anno. Inoltre il Decreto vieta dal 1 luglio 2003, a eccezione dei casi contenuti nell Allegato II, la produzione o l immissione sul mercato di materiali e di componenti di veicoli contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente. LA PRODUZIONE E LE MODALITÀ DI GESTIONE IN EMILIA-ROMAGNA Lo studio dei veicoli fuori uso (VFU) risulta assai articolato e complesso, sia per i diversi codici CER coinvolti (da un singolo veicolo avviato a demolizione si possono originare flussi di rifiuti con numerose codifiche diverse, che risulta difficile seguire nei diversi passaggi di stoccaggio, recupero, smaltimento), sia per la dimensione che tale nicchia ha assunto all interno del mondo dei rifiuti. In generale, le informazioni e i dati utili necessari per lo studio della filiera dei veicoli 15

16 Raee, veicoli fuori uso, rifiuti con pcb e da imballaggi in Emilia-Romagna ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Tab. 3 - VFU, numero di veicoli immatricolati in Regione e categoria nell anno 2004 Autobus Autocarri trasporto merci Autoveicoli speciali / specifici Autovetture Motocarri e quadricicli trasporto merci Motocicli Motoveicoli e quadricicli speciali / specifici Rimorchi e semirimorchi speciali / specifici Rimorchi e semirimorchi trasporto merci Trattori stradali o motrici Totale complessivo Totale Fonte dati: Aci 16 fuori uso possono essere forniti dall Aci, per quanto riguarda la fase di immatricolazione e deregistrazione dei veicoli stessi e dalla banca dati MUD, per quanto concerne le modalità di gestione. Prendendo come fonte i dati forniti dall Aci si osserva che, in Italia, il parco veicolare rimane praticamente stabile nel triennio (con valori che oscillano circa tra i 43 e i 44 milioni di veicoli). Nel 2004 in particolare il parco circolante è di 43,9 milioni di veicoli, dei quali oltre il 77% è costituito da autovetture, che risultano ancora in numero elevato di età superiore a dieci anni (quasi il 35%). Il dettaglio relativo all Emilia-Romagna, riportato in tabella 3, segue l andamento evidenziato a livello nazionale per l anno Altro dato utile fornito dall Aci e riportato in tabella 4 è il numero di veicoli radiati e demoliti dal 2002 al 2004 in Italia, e in dettaglio in Emilia-Romagna. Il numero totale di veicoli radiati comprende quelli effettivamente demoliti (gli unici di nostro interesse), quelli esportati all estero, quelli destinati a circolare in aree private e, infine, quelli rientranti in categorie minori. Prendendo come fonte la banca dati MUD, relativa all anno 2004, si limita lo studio al CER * (veicoli fuori uso contenenti sostanze pericolose), voce estremamente importante in quanto questi rifiuti hanno un potenziale impatto paesaggistico e ambientale rilevante. (tabella 5). Il confronto tra i dati forniti dall Aci (numero di veicoli immatricolati, radiati e/o demoliti) e i dati di produzione e trattamento elaborati dai dati MUD (in tonnellate/anno) evidenzia differenze consistenti. Considerando un peso medio dell autoveicolo pari a 1,25 t (perché variabile tra 1 t e 1,5 t, a seconda della categoria di veicolo considerata), e la quantità complessiva di veicoli trattati (con riferimento ai dati MUD, tabella 5) risultano nel 2004 circa veicoli avviati a trattamento, valore inferiore rispetto ai dati Aci riportati in tabella 4, che segnalano la demolizione di veicoli. La modalità di trattamento prevalente per questa categoria di rifiuti, risultante dall elaborazione dei dati MUD, è l attività R4 (riciclo/recupero dei metalli e dei composti metallici), seguita dall R13 (messa in riserva di rifiuti per sottoporli ad operazioni di recupero). I dati riportati evidenziano chiaramente come sia difficile seguire il flusso di questa tipologia di rifiuti, la quota dichiarata prodotta non corrisponde con quanto è stato trattato in regione, questo perché esistono flussi che entrano da fuori regione (secondo la banca dati MUD nel 2004 sono entrati in regione oltre t di rifiuti con CER ) e quote che, pur essendo state prodotte in regione, vengono avviate a trattamento fuori regione (secondo i dati MUD nel 2004 sono usciti dalla regione oltre t di rifiuti con CER ). Il monitoraggio del flusso dei rifiuti derivanti dalla demolizione dei veicoli a fine vita rappresenta, allo stato attuale, un punto critico del sistema. Al fine di superare tali criticità, il Dpcm del 22 dicembre 2004 ha introdotto una sezione speciale del MUD (in attuazione della Direttiva 2000/53/CE) dedicata ai soggetti che gestiscono questa particolare tipologia di rifiuti. Il nuovo modello prevede schede specifiche identificative dei soggetti gestori delle diverse tipologie di impianti di trattamento dei veicoli fuori uso: autodemolitori, rottamatori e frantumatori. Le informazioni fornite nella sezione veicoli fuori uso ancora incomplete nell anno 2004, consentiranno nel futuro una più completa e corretta analisi del flusso di questa categoria di rifiuti. I policlorobifenili (PCB) Le priorità della normativa europea: eliminare progressivamente l uso e l immissione sul mercato di PCB (policlorobifenili) e PCT (policlorotrifenili) e degli impianti, apparecchi e fluidi in cui tali sostanze sono contenute. Sono fissati obblighi temporali di decontaminazione e smaltimento. La Direttiva 96/59/CE è stata recepita nell'ordinamento statale con il Decreto legislativo 209/1999 Attuazione della direttiva 96/59/CE relativa allo smaltimento dei PCB e PCT, a cui sono seguite ulteriori disposizioni tecniche emanate con il Dm del 11 ottobre 2001 Condizioni per l utilizzo dei trasformatori contenenti PCB in attesa della loro decontaminazione e dello smaltimento. Secondo il Dlgs 209/1999 tutti i detentori di apparecchi contenenti PCB per un volume superiore a 5 dm 3, sono tenuti a comunicare alla Sezione regionale del Catasto dei rifiuti una serie di informazioni che servono per la predisposizione dell inventario (art. 3, Dlgs 209/99). La comunicazione dei dati da parte dei detentori deve essere effettuata con cadenza biennale. Lo stesso Decreto Tab. 4 - VFU, numero di veicoli radiati e demoliti dal 2002 al totale veicoli di cui vetture totale veicoli di cui vetture totale veicoli di cui vetture RER rad dem ITA rad dem Fonte dati: Aci

17 ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 fissa degli obblighi di decontaminazione e smaltimento. I PCB e gli apparecchi contenenti PCB devono essere decontaminati o smaltiti e i PCB usati devono essere smaltiti entro il 31 dicembre La decontaminazione o lo smaltimento degli apparecchi soggetti a inventario ai sensi dell articolo 3 devono essere effettuati entro e non oltre il 31 dicembre 2010, mentre gli apparecchi soggetti a inventario che contengono fluidi con concentrazione di PCB compresa fra 50 e 500 ppm devono essere smaltiti alla fine della loro esistenza operativa, qualora non vengano decontaminati entro il 2005 o il Inoltre, esiste in particolare il programma temporale di smaltimento, introdotto dalla legge 62/2005, art.18, secondo cui: a) la dismissione di almeno il 50% degli apparecchi detenuti alla data del 31 dicembre 2002 avviene entro il 31 dicembre 2005 b) la dismissione di almeno il 70% degli apparecchi detenuti al 31 dicembre 2002 avviene entro il 31 dicembre 2007 c) la dismissione di tutti gli apparecchi detenuti alla data del 31 dicembre 2002 avviene entro il 31 dicembre 2009 d) i trasformatori che contengono fluidi con una percentuale di PCB compresa tra lo 0,05% e lo 0,005% in peso possono essere smaltiti alla fine della loro esistenza operativa nel rispetto delle condizioni stabilite dall'articolo 5, comma 4, del citato decreto legislativo n. 209 del La Sezione regionale del Catasto rifiuti (c/o Arpa Emilia-Romagna), detiene l inventario regionale degli apparecchi contenenti PCB ed è deputata alla raccolta delle dichiarazioni di detenzione che, dopo una verifica e l implementazione in un apposito database, sono trasmesse alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti presso l Apat. ANALISI DEI DATI DA INVENTARIO La tabella 6 riporta i dati dell inventario relativi all ultimo biennio , secondo il formato di trasmissione all Apat. La necessità di un conteggio specifico per gli stabilimenti Enel è legata, come si vede, all elevato numero di apparecchi detenuti. Si tratta in ogni caso di apparecchi con una concentrazione di PCB minore di 500 ppm, per cui non è prevista, nella dichiarazione, la comunicazione del quantitativo di PCB contenuto. Gli apparecchi con una concentrazione superiore a tale soglia sono allocati presso gli altri soggetti. Il quantitativo complessivo di PCB contenuto in questi apparecchi è pari a circa 63,3 t. I dati riguardanti i soggetti detentori diversi da Enel non sono da considerarsi definitivi in quanto non sono pervenute tutte le dichiarazioni entro il termine previsto dalla normativa. Tuttavia è possibile fornire il dato parziale degli apparecchi che sono stati sicuramente smaltiti in base alle sole dichiarazioni pervenute: si tratta di 215 apparecchi, pari al 15% degli apparecchi risultanti dalle dichiarazioni relative al biennio I dati relativi agli apparecchi posseduti dagli stabilimenti Enel sono invece completi e confrontabili con il biennio precedente. Nella tabella 7 viene quindi riportato un confronto fra i dati relativi al biennio e quelli relativi all ultimo biennio che mostra come siano stati smaltiti circa apparecchi poco meno di 1/3 rispetto al biennio precedente. ANALISI DEI DATI DA ELABORAZIONE MUD È possibile anche ricavare dall analisi dei dati MUD, il quantitativo di rifiuti contenenti PCB prodotti e gestiti in regione. Il dato in questione non è paragonabile a quello ricavato dall inventario, in quanto i quantitativi che derivano dall inventario si riferiscono al peso del PCB contenuto negli apparecchi detenuti con un volume superiore ai 5 dm 3 mentre il quantitativo ricavato dalle elaborazioni MUD si riferisce al peso dell apparecchiatura dismessa compreso il PCB contenuto. Nella tabella 8 sono riportati i dati relativi al triennio , riguardanti le seguenti tipologie di rifiuti con i relativi codici: CER *: oli per circuiti idraulici contenenti PCB CER *: oli isolanti e termoconduttori contenenti PCB CER *: trasformatori e condensatori contenenti PCB CER *: apparecchiature fuori uso contenenti PCB o da essi contaminate. Il quantitativo dei rifiuti contenenti PCB gestiti è sempre minore di quello prodotto, ciò sta a indicare che lo smaltimento finale avviene in parte in impianti al di fuori della regione. SITUAZIONE IMPIANTISTICA Il numero di impianti, che in regione sono autorizzati a effettuare le operazioni di smaltimento per i rifiuti contenenti PCB, è riportato nella tabella 9; la maggior parte di essi è autorizzata solo allo stoccaggio o deposito e solo una piccola parte effettua operazioni di decontaminazione, selezione/cernita, trattamento chimico-fisico e termodistruzione. Tab. 5 - VFU, CER *: produzione, numero di impianti e quantità trattate nel 2004 Provincia Fonte dati: MUD Prod. veicoli fuori uso t/a N. impianti Veicoli trattati t/a Bologna Ferrara Forlì - Cesena Modena Parma Piacenza Ravenna Reggio Emilia Rimini Totale Emilia-Romagna Tab. 6 - PCB, sintesi dei dati ricavati dall inventario regionale (biennio ) Soggetti detentori diversi da Enel N totale di apparecchi * dati parziali Fonte dati: Inventario regionale Arpa N apparecchi con conc > 500 mg/kg N apparecchi con conc [50-500] mg/kg Q.tà totale (kg) di PCB per apparecchi con conc > 500 mg/kg 585* 309* 276* ,5 Enel Totale ,5 Tab. 7 - PCB, numero di apparecchi detenuti da Enel soggetti a inventario nei bienni e Enel N totale di apparecchi Fonte dati: Inventario regionale Arpa N apparecchi con conc > 500 mg/kg N apparecchi con conc [50-500] mg/kg % - 31,5 0-31,5 17

18 Raee, veicoli fuori uso, rifiuti con pcb e da imballaggi in Emilia-Romagna ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile Gli imballaggi e i rifiuti di imballaggio Le normative italiane e comunitarie indicano strategie finalizzate al recupero, al riciclaggio e alla prevenzione intesa sia in termini di riduzione della quantità immessa al consumo, sia di miglioramento della compatibilità ambientale degli imballaggi. Gli enti locali titolari dei Piani per la gestione dei rifiuti devono inserirvi un capitolo dedicato agli imballaggi. Un quadro conoscitivo complessivo è fornito dal confronto tra i dati contenuti nella relazione annuale del Conai (Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi), i dati delle dichiarazioni MUD e i Rendiconti comunali. Nel 2003 in Emilia-Romagna la quota che risulta avviata a recupero è circa il 32,98% rispetto al totale immesso al consumo. La gestione degli imballaggi e dei rifiuti da essi derivati è divenuto un aspetto centrale nella tematica della gestione dei rifiuti. Le vigenti normative italiane e comunitarie indicano strategie finalizzate non solo al recupero e al riciclaggio, ma anche alla prevenzione intesa sia in termini di riduzione della quantità immessa al consumo, sia di miglioramento della compatibilità ambientale degli imballaggi e invitano gli enti delegati alla programmazione a inserire, nei loro Piani per la gestione dei rifiuti, un apposito capitolo dedicato agli imballaggi. Allo stato attuale, sia a livello nazionale, sia a livello comunitario, non esiste ancora un sistema certificato e condiviso che fornisca dati certi sulla produzione degli imballaggi e sulla gestione dei rifiuti di imballaggio. Una delle principali fonti di dati, a livello nazionale, è rappresentata dal Programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi che il Conai pubblica annualmente. Esso contiene dati sulla produzione, sull immesso al consumo, sulla gestione e recupero degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio. A essa si affianca il Catasto regionale rifiuti che elabora annualmente i Tab. 8 - Trend triennale dei rifiuti contenenti PCB prodotti e gestiti. Dati espressi in tonnellate Fonte dati: MUD Produzione 913,97 512,22 638,44 Gestione 684,99 316,53 582,19 Tab. 9 - Numero impianti autorizzati allo stoccaggio e al trattamento dei rifiuti contenenti PCB Provincia Fonte: Osservatori provinciali rifiuti Impianti autorizzati allo stoccaggio e al trattamento dei rifiuti contenenti PCB Impianti autorizzati al trattamento Piacenza 5 1 Parma 1 0 Reggio Emilia 3 0 Modena 6 0 Bologna 10 2 Ferrara 2 0 Ravenna 2 5 Forlì-Cesena 5 0 Rimini 1 1 Totale Emilia-Romagna 35 9 dati contenuti nell archivio dei rendiconti annuali del servizio di raccolta differenziata e finalizzata (Lr 27/94 e Dgr 1620/01) e quelli presenti nell archivio delle dichiarazioni MUD (L. 70/94). Le fonti appena descritte sono state analizzate e commentate in maniera distinta in quanto non è possibile integrarle poiché le informazioni che forniscono non sono confrontabili. QUADRO CONOSCITIVO SECONDO I DATI FORNITI DAL CONAI I dati forniti dal Conai sono stati utilizzati per stimare l immesso al consumo (che si considera per convenzione equivalente ai rifiuti di imballaggio prodotti), e i quantitativi di imballaggi avviati a recupero di materia e di energia; tali elementi costituiscono la base di riferimento per il calcolo del tasso di recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio, finalizzato alla verifica del raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa. Il Conai ha pubblicato, nel Programma generale del 2005, i dati dell immesso al consumo degli imballaggi sul territorio nazionale relativi al biennio L immesso al consumo degli imballaggi sul territorio nazionale è stato stimato utilizzando, come fonte primaria, i dati provenienti dalle dichiarazioni del Contributo ambientale Conai, poi confrontato, in base a procedure certificate, con altre fonti tratte da banche dati dei Consorzi di materiali, da ricerche di settore e dalle associazioni di categoria. A livello regionale gli unici dati ufficiali disponibili, relativi all immesso al consumo, sono quelli che si riferiscono al 2002 forniti dal Conai. Quindi i dati di immesso al consumo, a livello provinciale/regionale, relativi agli anni 2003 e 2004 sono stati stimati, correlando i valori di immesso al consumo a due variabili che caratterizzano la popolazione e le singole realtà territoriali: il Pil utilizzato solo per il calcolo di immesso al consumo regionale e il numero di abitanti legali, utilizzato per il calcolo dell immesso al consumo provinciale. A scala regionale nel 2002 il quantitativo di imballaggi immesso al consumo è risultato pari a t, nel 2003 a t e nel 2004 a t, con un aumento percentuale medio del 5,7%. A livello nazionale l immesso al consumo, secondo dati Conai, è di circa 12 milioni di tonnellate con incrementi annui pari al 4,2%. Bologna è la provincia che immette al consumo il più alto quantitativo di imballaggi, seguita dalle province di Modena e Reggio Emilia; le frazioni di imballaggi maggiormente commercializzate, in ordine decrescente, sono carta, legno, plastica e vetro. Il sistema Conai/Consorzi di filiera, gestisce direttamente il riciclo e il recupero soltanto di una parte dei rifiuti di imballaggio. L altra parte è lasciata al libero mercato ed è documentabile unicamente dalle dichiarazioni MUD. Le convenzioni stipulate fra i Comuni (o loro delegati) e i diversi Consorzi di Filiera nell ambito dell accordo Anci-Conai, rappresentano lo strumento attraverso il quale Conai collabora con le amministrazioni pubbliche, erogando corrispettivi a sostegno dei costi della raccolta differenziata. Le convenzioni stipulate tra i Comuni, o direttamente o tramite loro delegati, e i vari Consorzi di filiera del Conai, al 31 dicembre 2004 erano, in Emilia-Romagna, I materiali con la più alta diffusione di convenzioni sono: la carta, la plastica e il legno rispettivamente con l 89%, l 87% e l 82%, seguiti dall alluminio e dall acciaio, rispettivamente con il 70% e il 62%. Il materiale che presenta la più bassa copertura è il vetro con solo il 39% di Comuni convenzionati. Nel 2004 il quantitativo totale di rifiuti di imballaggio, raccolto in modo differenziato, a scala regionale, e conferito ai Consorzi di filiera è stato pari a tonnellate. In termini quantitativi sono i rifiuti in carta a incidere maggiormente sui quantitativi complessivi, seguiti dai rifiuti in legno. I due materiali, infatti, rappresentano complessivamente il 64% dei rifiuti di imballaggi complessivamente entrati nel circuito consortile nel Se si considerano anche i rifiuti di imballaggio destinati a termovalorizzazione per i quali il nuovo Accordo quadro Anci-Conai prevede un contributo economico come forma di incentivo al recupero la quantità complessivamente recuperata (materia ed energia) nel 2004 è stata pari a t, che rappresenta il 24,6% degli imballaggi immessi al consumo (18,2% recupero di materia e 6,4% recupero di energia); tuttavia l incompletezza dei dati forniti dal Conai non consente la verifica a livello regionale del raggiungimento degli obiettivi di legge, in quanto: - i dati di gestione relativi al recupero di materia forniti dai consorzi si rife-

19 ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 riscono alla sola gestione consortile e ai soli rifiuti raccolti su suolo pubblico; non esiste nessun riferimento relativo alla raccolta extra consortile e ai rifiuti provenienti da suolo privato - i dati relativi al recupero energetico, si riferiscono ai soli quantitativi per i quali viene richiesto dai gestori, e riconosciuto, il corrispettivo economico dell Accordo quadro e non ai quantitativi di materiali avviati effettivamente a recupero energetico. Il sistema impiantistico regionale di raccolta e trattamento dei rifiuti di imballaggio è costituito da: stazioni ecologiche attrezzate, impianti denominati centri di valorizzazione, piattaforme mono e plurimateriale per il conferimento di imballaggi secondari e terziari. In particolare i centri di valorizzazione trattano alcune frazioni merceologiche provenienti dalla raccolta differenziata svolta presso i comuni, ma anche provenienti da soggetti privati, per renderle idonee al recupero di materia. I centri di valorizzazione presenti sul territorio regionale aggiornati al 31 dicembre 2004 sono 91; il materiale con il più alto numero di centri è il legno seguito dalla carta e cartone e dai metalli. QUADRO CONOSCITIVO SECONDO LE DICHIARAZIONI MUD E I RENDICONTI COMUNALI L analisi della quantità di rifiuti di imballaggi prodotti, della gestione e delle quote di rifiuti avviate a recupero complessivo, è stata effettuata per le seguenti frazioni merceologiche (CER 2002): carta e cartone e imballaggi in carta e cartone, vetro, imballaggi in vetro, plastica e imballaggi in plastica, metalli e imballaggi metallici, legno e legno contenente sostanze pericolose, imballaggi in legno e imballaggi compositi, imballaggi in più materiali, imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze. Per ciascuna frazione sono stati considerati sia i quantitativi provenienti dal circuito della raccolta differenziata, sia i quantitativi provenienti dalle attività produttive e di servizi che non conferiscono al servizio pubblico di raccolta. Nel 2001 il quantitativo di rifiuti di imballaggio prodotti è risultato pari a t, nel 2002 a t e nel 2003 a t di cui t provenienti da sola raccolta pubblica. Per quanto riguarda le singole frazioni quelle maggiormente prodotte sono state carta/cartone e legno seguite dagli imballaggi in più materiali. Si ricorda che il valore della produzione stimata sulla base dei dati MUD non è direttamente confrontabile con il valore dell immesso al consumo/produzione calcolato su base Conai ( t nel 2003 contro le t) in quanto l immesso al consumo deriva da una discesa di scala dei dati forniti dal Conai a scala nazionale, non tiene conto dei flussi in entrata e in uscita dalla Regione e non tiene conto che alcune tipologie di imballaggi vengono riutilizzati (es. bottiglie di vetro o cassette di plastica per verdura e frutta); mentre i dati MUD considerano i soli rifiuti di imballaggio identificati con i codici CER 1501** e non tengono conto della quota di imballaggi presenti nelle singole frazioni raccolte in modo differenziato che il gestore spesso tratta unitamente alle così dette frazioni similari. Nel 2003 il quantitativo totale di rifiuti di imballaggio gestiti sul territorio regionale è stato di t. di cui avviati a recupero e avviati a termodistruzione. I rifiuti di imballaggio in più materiali costituiscono la frazione che maggiormente incide sul quantitativo complessivamente gestito, rappresentando infatti, circa il 33% del totale gestito sul territorio regionale, seguiti dai rifiuti in carta e cartone la cui quota rappresenta circa il 27% del totale gestito (i rifiuti gestiti sono superiori rispetto ai quantitativi prodotti nello stesso anno in quanto influiscono sia i flussi in entrata e in uscita sia i quantitativi di rifiuti stoccati e posti in deposito temporaneo nell anno precedente rispetto a quello di riferimento, nel corso del quale poi vengono gestiti). Analizzando i dati di produzione e gestione relativi al 2003 emerge quanto segue: - i rifiuti di imballaggio complessivamente avviati a recupero corrispondono al 75% rispetto al totale prodotto. La quota avviata a riciclo (recupero di materia) corrisponde al 74% mentre la quota avviata a recupero di energia corrisponde a 1,74% - il quantitativo di rifiuti di imballaggio complessivamente stoccati nell anno 2003 è di t pari a 18% del totale gestito. Poiché tali rifiuti possono essere o utilizzati come combustibile e quindi avviati a recupero energetico o recuperati come materia, non vengono computati né nel calcolo dei rifiuti avviati a riciclo né nel calcolo dei rifiuti avviati a recupero energetico - la quota conferita in discarica corrisponde al 16% del prodotto ed è principalmente costituita da rifiuti di imballaggio in materiale misto e da rifiuti di imballaggio in metallo. CONFRONTO TRA I DUE QUADRI CONOSCITIVI Confrontando i valori di immesso al consumo ottenuti dall elaborazione dei dati forniti dal Conai, con quelli sulle modalità di recupero ottenuti dall elaborazione dei dati MUD si osserva che la quota che risulta avviata complessivamente a recupero è circa il 32,98% rispetto al totale immesso al consumo; di questi il 32,59% è stato riciclato mentre la quota avviata a recupero energetico corrisponde a circa lo 0,39%. Si rileva che l obiettivo minimo di riciclaggio complessivo, fissato al 25% dell immesso al consumo dalla Direttiva 94/62, è stato conseguito, mentre il recupero totale non ha ancora raggiunto l obiettivo minimo fissato al 50%. Il quadro che emerge dall analisi dei dati sintetizzata nelle pagine precedenti, mostra per i rifiuti di imballaggio complessivamente un livello di recupero elevato. Occorre tenere presente inoltre che i numeri relativi al recupero (dati MUD) sono sottostimati in quanto: - considerano i soli rifiuti di imballaggio identificati con i codici CER 1501** e non tengono conto della quota di imballaggi presente nelle singole frazioni raccolte in modo differenziato che il gestore spesso tratta unitamente alle così dette frazioni similari - non considerano la quota di rifiuti di imballaggio stoccati e quindi non gestiti nell anno di riferimento. Di fondamentale importanza sarà monitorare e verificare l evoluzione del recupero complessivo che potrebbe, nonostante i buoni risultati ottenuti, essere ulteriormente incrementato adottando, per esempio, azioni specifiche che permettano di avviare a recupero di materia o di energia anche le quote di rifiuti di imballaggio presenti nel rifiuto urbano misto, che non sono intercettate dal sistema di raccolta differenziata. Emiliano Altavilla Cecilia Cavazzuti Tanya Fontana Maria Concetta Peronace Barbara Villani Arpa Emilia-Romagna FOTO D. RAFFAELLI 19

20 La gestione dei rifiuti ARPA Rivista N. 2 marzo-aprile 2007 Contesto, tecnicalità e ambiti decisionali: una riflessione sulla pianificazione Il clima cambia in modo innegabile, le cause antropiche sono ineludibili; ciò costituisce un contesto imprescindibile per pianificare correttamente la gestione dei rifiuti. Occorrono poi quel grado di conoscenza e di tecnicalità che nel nostro Paese stenta ad affermarsi per la resistenza di una certa governance recalcitrante. Le risorse intellettuali non mancano e nemmeno le esperienze innovative di una parte delle imprese. Occorre liberare queste energie con una pianificazione che avvenga in una sede fredda dove la conoscenza possa esplicare tutto il suo potenziale. 20 ciali sono inquinate, l aria che vi si respira ne fa una delle quattro aree più contaminate al mondo, la impermeabilizzazione del suolo è cresciuta vertiginosamente, il depauperamento della fertilità dei terreni rischia di aggravarsi a seguito degli effetti già in essere del cambiamento climatico che colpiranno anche le zone costiere e la relativa economia turistica), l esigenza di bonifica delle aree contaminate è del tutto inevasa, la biodiversità non è sufficientemente tutelata, come non lo sono, a sufficienza i beni architettonici e paesistici. LA BUONA PRATICA Non si governa alcun processo, a scala territoriale come a quella aziendale, se: - non se ne conoscono gli aspetti quantitativi e i caratteri qualitativi/compositivi (il mai troppo citato conoscere per deliberare einaudiano) - se queste informazioni non vengono inserite in modo adeguato nel Sistema informativo territoriale - se su tale sistema non si simulano, in base a vincoli quali le considerazioni preminentemente logistiche, le possibili sub-articolazioni (bacini di raccolta, di trattamento ecc.) fino a ottimizzarne alcune configurazioni circa le quali porre in essere strumenti valutativi ambientali a scala di Piano (la Valutazione ambientale strategica) ed economici (costi/benefici, VAN, ROI) - se sulle più rilevanti configurazioni ottimizzate non si applicano consolidate metodologie di siting delle principali infrastrutture la cui realizzazione emerga come priorità e del relativo sizing, tenuto conto delle dimensioni (taglie, capacità, portate ecc.) del preesistente e di considerazioni statistiche a carattere socio-economico e demografico (e quindi ragionevoli curve prospettiche di produzione dei rifiuti ecc.). Quanto sopra sintetizzato dovrebbe costituire cultura tecnica più che consolidata, trattandosi di nozioni, oltrechè di buon senso (in ogni azienda nessun manager verrebbe considerato tale se digiuno di questo approccio al business planning), già formalizzate in Manuale operativo in Gazzetta Ufficiale dei primi dell 88 dal ministero dell Ambiente, come supporto alla attuazione della importante L. 441/87 per quanto atteneva l assegnazione alle Regioni delle competenze di pianificazione anche in materia di rifiuti. In verità, oltre al clamoroso perdurare di atteggiamenti omissivi ed elusivi, in materia, da parte di un gran numero di Amministrazioni (atteggiamento spesso prodromico alle emergenze oggi in essere), sono rari i casi in cui la descritta tecnicalità sia stata applicata al meglio e non distorta a servizio delle esigenze e IL CONTESTO Il contesto nel quale inserire oggi una riflessione sulla pianificazione della gestione integrata del ciclo dei rifiuti è costituito anche nella percezione sociale diffusa dall oggetto prioritario trattato dai G8 a Rostock e conclamato nella recente sessione parigina del Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico (Ipcc): la certezza che il clima sta vivendo il maggiore cambiamento mai avvenuto negli ultimi 5mila anni. L Enea evidenzia come aumenti di temperatura, precipitazioni estreme, innalzamento del livello dei mari, problemi di reperibilità di risorse idriche, variazioni nella qualità del terreno e rischio di desertificazione siano ormai ben riscontrabili anche in Italia. Aree aride, semi-aride e subumide, con tendenza al degrado, coprono attualmente il 47% della Sicilia, il 31% della Sardegna, il 60% della Puglia e il 54% della Basilicata. Si può perciò parlare di rischio di desertificazione nel Sud Italia, per cui erosione, salinizzazione del suolo e ingressione salina nelle falde e negli ambiti deltizi, perdita di sostanza organica (e quindi di fertilità) non sono ormai temi da agronomi e naturalisti, ma difficoltà con cui si confrontano agricoltori e operatori turistici. Contemporaneamente, le immagini del satellite Envisat (inquinamento atmosferico a scala planetaria) e i dati dell Oms (sull impatto epidemiologico di tale fenomeno), caratterizzano la Pianura Padana come luogo di conclamata crisi ambientale e sanitaria. Il dissesto idrogeologico e il relativo rischio esondativo sono gravi, le acque di falda e superfidelle previsioni, che il committente aveva preventivamente esplicitato come desiderio all accademico e allo studio tecnico di turno circa il territorio dato. Lo mostrano centinaia di processi e di sentenze in giudicato, ma sarebbe sufficiente la lettura di alcune delle decine di piani rifiuti (regionali e provinciali) che ho recentemente donato alla Fondazione Micheletti di Brescia per ricavare la sensazione di rigetto verso chiunque citi la sindrome Nimby, quando l Europa dal 90 ci insegna come la prima causa di conflitto ambientale sia la Nimto (not in my terms of office, non di mia competenza ), quello scaricabarile istituzionale così presente nell esperienza del nostro Paese, dove così poche sono le schiene dritte che cercano di fare con decenza ciò che loro compete. Non buona prova diede di sé allora neppure l Emilia-Romagna, che inventò l immediato trasferimento della competenza di pianificazione dalla sede regionale (quella giusta, esigendo una questione calda come quella dei rifiuti una sede di pianifica- FOTO ARCHIVIO HERA

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