L ATTIVITA DI FLOROVIVAISMO VECCHI RISCHI NUOVI ACCERTAMENTI
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- Fabrizio Giuseppe
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1 Forlì, 12 dicembre 2013 Prot. n. 217/2013 L ATTIVITA DI FLOROVIVAISMO VECCHI RISCHI NUOVI ACCERTAMENTI PREMESSA NORMATIVA I redditi fondiari sono disciplinati dall art. 25 D.P.R. 917/86, e si distinguono in redditi dominicali dei terreni, redditi agrari e redditi da fabbricati, mentre la nozione di imprenditore agricolo è normativamente sancita dall art c.c., a mente del quale è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell azienda normalmente impiegate nell attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di recezione ed ospitalità come definite dalla legge. Da un punto di vista squisitamente fiscale, invece, è necessario far riferimento all art. 32 D.P.R. 917/86, che, sotto la rubrica reddito agrario, al comma 2 stabilisce che sono considerate attività agricole: a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura 1
2 b) l allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto al terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste; c) le attività di cui al terzo comma dell art del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali. L ambito normativo è circoscrivibile a tali articoli di legge, che disciplinano in modo compiuto la qualifica e lo status di imprenditore agricolo. Da un punto di vista civilistico, pertanto, le attività il cui svolgimento permette di parlare di imprenditore agricolo sono quelle di: 1) coltivazione del fondo; 2) selvicoltura; 3) allevamento di animali; 4) attività connesse. Le prime tre costituiscono le attività principali, specificamente qualificate nel 2 comma dell art c.c. e sono dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, mentre le attività connesse sono quelle esercitate dallo stesso imprenditore agricolo e dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell azienda normalmente impiegate nell attività agricola esercitata. Da un punto di vista fiscale, la normativa ha subito una modifica essenziale con l art. 2 della L. 24/12/2003, legge finanziaria 2004, che ha riformulato l art. 32, c.2, lett. C), allineandolo con la disciplina civilistica. In pratica, la qualifica di imprenditore agricolo viene data dalla tipologia di attività svolta in concreto dal soggetto agente, che può estrinsecarsi nelle tre attività principali o, in subordine, in quelle connesse qualora ne ricorrano i requisiti. ATTIVITA NORMALMENTE SVOLTA DA UN FLOROVIVAISTA L attività normalmente svolta da un azienda florovivaistica, può essere suddivisa nelle seguenti sotto-categorie: 1) Attività di produzione di piante e ortaggi attraverso l acquisto dei mezzi produttivi necessari ed in particolari delle sementi specifiche; 2
3 2) Attività di produzione di fiori attraverso l acquisto di piante giovani ovvero piante allo stato embrionale per le quali è necessario un processo biologico di accrescimento al fine di ottenere un prodotto finito idoneo alla vendita (in particolare ciclamini, stelle di natale, crisantemi, viole del pensiero, viole, primule, calceolarie, gerani zonaie, edere, parigini e ortensie); 3) Attività di commercializzazione di piante da vivaio, ornamentali, vasi e accessori acquistati al solo scopo di una immediata vendita, che non necessitano di un ciclo biologico necessario. 4) Attività di prestazioni di servizio svolte (manutenzione di parchi e giardini) con mezzi e strumenti normalmente e prevalentemente impiegati nell attività agricola. INQUADRAMENTO NORMATIVO DELL ATTIVITA Come anticipato, le norme fondamentali nel settore dell imprenditoria agricola sono l art c.c. e l art. 32 D.P.R. 917/86, così come modificato dall art. 2. c. 6. Lett. A) della L. 350/2003, ossia la legge finanziaria 2004, che contiene anche ulteriori modifiche normative sul tema. Con tale modifica, si è allineata la normativa fiscale a quella civilistica, per cui, attualmente, a legislazione vigente, dal combinato disposto delle due norme, è imprenditore agricolo chi esercita attività di: 1) coltivazione del fondo 2) selvicoltura 3) allevamento di animali 4) attività connesse. Le prime tre attività sono legate alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere animale o vegetale. Si considerano, invece, connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dell allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell azienda normalmente impiegate nell attività agricola esercitata. Ai fini fiscali, sono considerate attività agricole, produttive di reddito agrario, le seguenti: attività dirette alla coltivazione del terreno e della silvicoltura; attività di allevamento di animali e di produzione di vegetali, se vengono rispettati i previsti parametri quantitativi; le attività di cui al terzo comma dell art c.c., dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non 3
4 svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del bosco e del fondo o dall allevamento di animali, rispetto a particolari beni individuati con appositi decreti ministeriali. Pertanto, perché possa parlarsi di effettiva attività connessa a quella agricola principale è necessario che ve ne sia una, appunto, principale dedicata alla produzione di prodotti agricoli propri, che viene implementata da tali attività collaterali che si rifanno, ad ogni modo, sempre necessariamente alla trasformazione e alla manipolazione oppure all incremento tramite una fase biologica del ciclo produttivi di tali prodotti agricoli, successivamente conservati, commercializzati e valorizzati. In altre parole, sia dalla lettura sistematica delle norme del settore, sia dalla circolare Agenzia Entrate n. 44/2004, si evidenzia che le attività connesse a quella agricola principale realizzano in tutte le fattispecie una sostanziale manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli, oppure una fase consistente del ciclo biologico. Conseguentemente la semplice conservazione, commercializzazione e valorizzazione, considerate autonomamente, non possono dar luogo ad attività connesse. Come ripreso anche dalla circolare esaminata, è la stessa ratio legis del settore che demarca gli ambiti delle attività svolte, delineandone esattamente i contorni perché possano rientrare nell attività agricola o meno. La relazione di accompagnamento al decreto ministeriale del 19 marzo 2004, ossia il primo decreto previsto dall art. 32 TUIR finalizzato all individuazione di attività riguardanti determinati beni rientranti nell ambito di applicazione dello stesso art. 32, afferma, infatti, che dette attività di conservazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti agricoli, prese di per sé singolarmente non possono mai produrre reddito agrario ai sensi dell art. 32, comma 2, lettera c) del Tuir, bensì reddito di impresa ai sensi dell art. 55 del Tuir. In pratica, possono verificarsi le seguenti fattispecie: 1) l imprenditore agricolo produce direttamente i prodotti, per cui tale attività rientra nell ambito applicativo dell art. 32 Tuir; 2) l imprenditore agricolo trasforma e/o manipola, eventualmente esercitando anche attività di conservazione, commercializzazione e valorizzazione, i prodotti ottenuti prevalentemente dall attività agricola principale, per cui si resta nell ambito dell art. 32; 3) essendo stato normativamente introdotto il requisito della prevalenza, si è dato spazio al ricorso ad attività svolte da terzi, nell ambito, tuttavia, proprio della prevalenza, per cui l imprenditore agricolo deve produrre in proprio la maggior parte del prodotto; 4) la stessa circolare 44/2004 testualmente afferma che considerato che, allorquando tali attività [di conservazione, commercializzazione e valorizzazione] non sono esercitate congiuntamente ad un processo di manipolazione o trasformazione viene a mancare ogni connessione con l attività agricola principale, si ritiene che producano redditi da determinarsi analiticamente secondo le ordinarie disposizioni in tema di redditi d impresa contenute nell art. 56 del Tuir e siano, quindi, esclusi anche dall applicazione del regime forfettario di cui allo stesso art. 56-bis del Tuir ; 4
5 5) quando, pertanto, non vi è alcuna prevalenza perché, a monte, manca una qualsiasi attività agricola principale o un qualsiasi processo di manipolazione o trasformazione del prodotto cui poter afferire l attività di commercializzazione, valorizzazione e conservazione, come nel caso in parola, allora la concreta attività svolta non può ritenersi in alcun caso produttiva di reddito agrario, ma va considerata produttiva di reddito d impresa; 6) continua la circolare nel senso che nel caso in cui l attività di conservazione, commercializzazione, e valorizzazione, abbia ad oggetto prodotti agricoli acquistati da terzi, la relazione di accompagnamento al decreto ministeriale chiarisce che dette attività non possono mai essere assoggettate al regime di determinazione del reddito previsto dall art. 32. E evidente, pertanto, che la mera commercializzazione, se slegata da qualsiasi connessione con attività agricole principali o con processi di manipolazione e trasformazione del prodotto agricolo prevalente, oppure tramite una fase biologica del ciclo produttivo, non può mai ed in alcun caso ricondursi ad attività rientrante nel reddito agricolo, essendo, invece, correttamente da inquadrare in attività produttiva di reddito d impresa. Gli esempi indicati nella stessa circolare 44/2004 possono, in questo caso, aiutare. Ipotesi A: un imprenditore agricolo produce ciliegie per 100 quintali e ne acquista altri 50 quintali per commercializzarle insieme alle proprie tout court, senza alcun intervento di manipolazione o trasformazione. Si avrà, in tal caso, un doppio binario: i 100 quintali di ciliegie prodotti direttamente rientrano nell ambito applicativo dell art. 32, c. 2, lett. a), i restanti 50 quintali saranno produttivi di reddito d impresa in via analitica. Ipotesi B: un altro imprenditore agricolo, che produce ciliegie per farne marmellata, acquista in misura non prevalente anche fragole da terzi per trasformare anche queste in marmellata, e diversificare, in tal modo la propria offerta. In tal caso, vi è un attività agricola prevalente, vi è un processo di trasformazione di prodotti agricoli acquistati da terzi in misura non prevalente, si rimane nello stesso comparto produttivo dell imprenditore, per cui il reddito agrario attrae a sé anche la commercializzazione di fragole, proprio perché prodotto acquistato da terzi in misura non prevalente ed oggetto di trasformazione prima della sua commercializzazione. Allo stesso modo, con risoluzione n. 158/E del 5 luglio 2007, l Agenzia delle Entrate ha avuto modo di confermare l interpretazione sistematica delle norme in discussione, precisando che, perché l attività di trasformazione e successiva commercializzazione possa rientrare nell ambito dell attività agricola principale, sono necessari vari requisiti: 1) uno, soggettivo, che l imprenditore che eserciti le attività connesse di trasformazione e manipolazione, e successivamente di eventuale 5
6 commercializzazione, sia lo stesso che esercita l attività agricola principale, in questo caso la coltivazione del fondo o del bosco; 2) l altro, oggettivo, che i prodotti oggetto di tali attività connesse rientrino nei vari D.M. emanati dal Ministero, primo fra tutti il già citato D.M. 19 marzo 2009, che tali prodotti provengano prevalentemente dall attività di coltivazione svolta dell imprenditore, senza, tuttavia, che l attività di trasformazione ne stravolga la natura, ad es. attraverso un procedimento più complesso dal quale origina un bene di natura diversa non riconducibile ad una attività agricola. A tal proposito, pertanto, è stata confermata la natura di reddito agrario del funghicoltore che produce funghi e ne destina una parte alla commercializzazione sott olio, in quanto vi è trasformazione del fungo prodotto direttamente dall imprenditore e sua successiva commercializzazione. Seguendo identici principi sistematici, è stata negata la natura di reddito agrario in favore di quella, fiscalmente più corretta, di reddito d impresa, allo stesso imprenditore che voleva destinare parte del proprio prodotto alla produzione di pasta al fungo, in quanto tale trasformazione, e successiva commercializzazione, presuppongono un procedimento complesso in cui entrano vari altri ingredienti, come farina, uova, etc. che snaturano il fungo quale prodotto direttamente dall imprenditore, a favore di qualcosa di profondamente diverso e rientrante, pertanto, nell attività di impresa e non in quella agricola. La commercializzazione, pertanto, si ripete, non può mai essere considerata produttiva di reddito agrario nel momento in cui viene effettuata in via autonoma, senza alcuna attività ortodromica di coltivazione, almeno prevalente, del prodotto considerato e di una sua eventuale trasformazione e/o manipolazione. A maggiori chiarimento di quanto esposto si segnala ad esempio che la coltivazione di 10 ettari di lavanda determina un vantaggio in via agevolativa a chi produce in prima persona tale lavanda, per cui concedere il medesimo vantaggio a chi non la produce ma si limita ad acquistarla, una volta matura, per la sua immediata rivendita costituirebbe un inaccettabile duplicazione ingiustificata di uno stesso vantaggio che insisterebbe sulla medesima situazione. E appena il caso di sottolineare, a scanso di qualsiasi equivoco, che, ovviamente, deve parlarsi, ai fini di commercializzazione del medesimo prodotto cui è destinata l attività principale. In altri termini, anche al fine di evitare interpretazioni del tutto arbitrarie della norma, non è possibile invocare la connessione tra commercializzazione e attività agricola, se si produce direttamente un ciclamino mentre si commercializza, senza alcuna produzione, un orchidea, in quanto quest ultima non rientra in alcun modo nella produzione diretta effettivamente svolta, o, per dirla con la circolare, mele con pere, pomodori con cipolle. La cessione di piante e fiori acquistati presso terzi e non prodotti nel vivaio configura, infatti, un attività commerciale oggettiva in senso stretto, del tutto avulsa dalla pur possibile coltivazione del fondo relativamente ad altri prodotti rispetto a quelli acquistati. 6
7 Si tratta, infatti, nel caso di specie, di oggettiva commercialità dell attività consistente nella cessione di piante e fiori acquistate da terzi, già pronte per la vendita, che hanno assunto i caratteri tipici propri di un attività commerciale quale attività del tutto autonoma ed avulsa rispetto a quella agricola. ATTENZIONE: ACQUISTO DELLE PIANTE DALL OLANDA O DA ALTRI PAESI ESTERI Relativamente all attività florovivaistica ed alle sue rischiosità di natura fiscale, si ritiene opportuno segnalare alcune particolarità relative agli acquisti dall estero, ma comunque in ogni caso corrispondente alla casistica di seguito indicata. Come tutti ben sanno, le aziende vivaistiche hanno l'obbligo, pena l'applicazione di una sanzione, di acquistare piante da ricoltivare esclusivamente da aziende autorizzate ad emettere il passaporto delle piante ed accompagnate da detto passaporto. Se ne deduce che chi acquista piante senza passaporto (piante finite) può solo rivenderle tali e quali, facendo quindi attività commerciale. L'esempio dell'olanda cade a pennello. In quel Paese, come in molti altri, avere l'autorizzazione all'emissione del passaporto è molto oneroso, quindi molte aziende vi rinunciano, specializzandosi nella produzione di piante per il consumatore finale, indipendentemente dalla dimensione. Un privato può farsi un giardino con conifere o altre piante di piccole dimensioni, non necessariamente già grandi. Il concetto di pianta finita si riferisce all utilizzatore, si intende finita quando è destinata tal quale all utilizzatore finale, anche se è chiaro che una pianta non è mai finita. I florovivaisti quindi non possono rifornirsi da chi non è in grado di emettere il passaporto, in quanto quelle piante non sono state sottoposte all origine ai controlli previsti per quelle destinate alla ricoltivazione. L attività relativa a queste piante acquistate, prevede la mera manutenzione, valorizzazione e commercializzazione delle stesse, destinate fin da subito al commercio e alla distribuzione, per cui è ovvio che, nei casi in cui le vendite non si concludano a breve, la Parte se ne prende cura, le mantiene in vita, le annaffia, le espone alla luce e alla temperatura più corrette, senza, con ciò, manipolare o trasformare la pianta, che viene semplicemente curata e mantenuta, ai fini di una vendita che avvenga il prima possibile. REALIZZAZIONE DI COMPOSIZIONI FIORITE La composizione di mazzi di fiori o di piante fiorite ottenuti da piante coltivate nelle proprie serre, nonché il loro confezionamento, è indubbiamente un attività agricola. Altra questione invece è il solo confezionamento di fiori o mix di fiori acquistati da 7
8 terzi. In questo caso si sta parlando di mero confezionamento e composizione di piante acquistate già pronte per la rivendita, il cui ciclo biologico è già completato e le cui fasi successive sono, se del caso, meramente eventuali e mai necessarie, per cui si tratta di attività di valorizzazione, manutenzione e conseguente commercializzazione quali attività slegate da una qualsiasi connessione con la produzione. LA FATTURAZIONE DELLE PIANTE Si ribadisce che quando si emette una fattura occorre rispettare alcune precise indicazioni previste dall art. 21 D.P.R. 633/72, che prescrive la fatturazione delle operazioni imponibili indicando, tra l altro, natura, qualità e quantità dei beni che formano oggetto dell operazione Normalmente invece è prassi comune indicare, per i prodotti in uscita, la tipologia della pianta venduta, senza precisare gli elementi che ne definiscono la qualità ossia, la grandezza, l altezza, il diametro del vaso e, nel caso di piante da esterno, la circonferenza del tronco. Questa prassi ai fini della fatturazione non è corretta e quindi in caso di verifica viene sanzionata. LA GESTIONE DEI CORRISPETTIVI La vendita dei prodotti derivanti dall attività florovivaistica a privati consumatori, qualora venga svolta nel rispetto del regime IVA normale, è soggetta all obbligo della emissione dello scontrino fiscale. Chi invece rimane nel regime naturale (speciale per l agricoltura) per le vendite al minuto non ha la necessità di dotarsi di un registratore di cassa, ma deve registrare i corrispettivi giornalieri senza obbligo di emettere il relativo scontrino. Normalmente l emissione dello scontrino avviene tramite l utilizzo di un registratore di cassa che contiene anche un cassetto dove vengono conservati gli incassi giornalieri. In caso di verifica in azienda da parte degli organi compenti, una delle prime analisi che viene effettuata è il controllo del saldo di cassa. Qualora vi sia difformità fra il totale risultante dal registratore di cassa e il denaro presente nel cassetto (saldo del registratore minore rispetto al denaro presente) si presuppone la mancata emissione dei relativi scontrini e quindi la redazione del relativo verbale. 8
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