RAPPORTO BANCA-IMPRESA ALLA LUCE DELLA NUOVA NORMATIVA BANCARIA

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1 CENTRO DI PRODUTTIVITÀ VENETO CAMERA DI COMMERCIO, INDUSTRIA, AGRICOLTURA E ARTIGIANATO DI VICENZA RAPPORTO BANCA-IMPRESA ALLA LUCE DELLA NUOVA NORMATIVA BANCARIA Quirino Biscaro Atti del seminario sulle problematiche finanziarie delle PMI 11 novembre 1997 presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Vicenza

2 A - Le prospettive sottese dal nuovo Testo Unico Nel gennaio del 1994 è entrato in vigore il Testo Unico sul tema dell'attività bancaria e creditizia, che è andato a sostituire ma anche a integrare tutta la congeria di leggi e regolamenti emessi in materia dal 1936 in avanti. La sostanziale novità di questo Testo Unico è il riconoscere la banca come una qualsiasi impresa operante in regime di mercato; di per sè questo principio può rendere enormemente più flessibile il rapporto tra le istituzioni creditizie e le PMI. Nonostante il basso livello di capitalizzazione delle PMI suggerisca che l'apporto di nuovo capitale di rischio sia la via principale per riequilibrare la gestione finanziaria aziendale, non si può pensare di eliminare il ricorso al capitale intermediato. Il debito esiste e quindi è razionale cogliere le opportunità fornite dal Testo Unico al fine di gestirlo nel modo più efficiente. La nuova normativa, eliminando la separazione tra banche di credito ordinario e istituti di credito speciale, imposta una banca multiprodotto autorizzata a tutte le operazioni che godono del mutuo riconoscimento, in pratica la ben nota banca universale. Le operazioni in questione sono sinteticamente le seguenti: - raccolta di fondi con obbligo di restituzione; - operazioni di prestito (ivi comprese le cessioni di credito pro-soluto e pro-solvendo); - leasing finanziario; - servizi di pagamento; - emissione e gestione di mezzi di pagamento; - garanzie e impegni di firma; - operazioni in strumenti di mercato monetario, strumenti finanziari a termine e opzioni, contratti sui cambi e sui tassi di interesse, operazioni in valori mobiliari; - prestazioni di servizi in emissione di titoli; - consulenza alle imprese in tema di struttura finanziaria e strategia industriale; - servizi del tipo "money-broking"; - consulenza nella gestione dei patrimoni; - servizi di informazione commerciale. Come si può notare, oltre alle tradizionali attività gestite dalla banca ve ne sono altre sulla base delle quali può instaurarsi un rapporto più stringente con l'impresa. B - La gestione del patrimonio del piccolo imprenditore Va osservato che nelle piccole e piccolissime aziende il patrimonio personale-familiare dell'imprenditore è quasi coincidente con il patrimonio aziendale. Per cui lo sviluppo di un rapporto del tipo "private banking" è utile alla funzione finanziaria dell'azienda ogni qualvolta quest'ultima è costituita in forma di azienda individuale o di società di persone (più in generale in tutti quei casi in cui l'azienda non gode di autonomia patrimoniale perfetta). Il private-banking rappresenta normalmente un insieme di servizi a tutto campo, presuppone la fidelizzazione del piccolo imprenditore ed è caratterizzato da tre aspetti principali: la personalizzazione del servizio, svariate tecnologie finanziarie, la segmentazione per tipologia di clientela. La combinazione di questi tre parametri può avvenire a qualsiasi livello e quindi la logica del private-banking si può applicare non solo a imprenditori con elevate dotazioni patrimoniali ma anche ad imprenditori con patrimoni relativamente ridotti. Può limitarsi in via esclusiva alla gestione patrimoniale ( european style banking ) oppure spingersi nel terreno fiscale e nella concessione di finanziamenti ( american style banking ). 1

3 Un rapporto banca-impresa del tipo private banking, se inteso nella sua accezione specialistica di servizi di vasta gamma e personalizzati, deve essere considerato separatamente dalla tradizionale offerta commerciale delle banche, anche perchè può coinvolgere altri intermediari. Il private-banking di tipo europeo si caratterizza per una fusione tra la fase di pianificazione delle esigenze del piccolo imprenditore e la fase tecnica di personalizzazione del portafoglio. In queste due fasi l'operato della banca è fondamentale dato che il piccolo imprenditore raramente propone di sua iniziativa il modello di portafoglio a lui più adatto, quindi in realtà la personalizzazione del servizio avverrà sulla base di una griglia di opzioni predefinite dalla banca e che si caratterizzano per orizzonte temporale, rischio e redditività degli investimenti, per livelli di liquidità, nonchè per tutta una serie di variabili fiscali e valutarie. Dalla prima fase di specificazione delle esigenze, il piccolo imprenditore sarà classificato come "wealth preserver", se orientato alla redditività attuale e al mantenimento del potere di acquisto del patrimonio, come "wealth builder", se il suo orizzonte temporale è più orientato sul lungo periodo e se è dotato di una media propensione al rischio, oppure come "wealth maximizer", se alla pari del wealth builder è orientato sul lungo periodo ma è disposto ad assumere rischi più decisi miranti alla massimizzazione dei capital gain. In questo rapporto con la banca il piccolo imprenditore può porsi in posizione attiva o passiva. Nel primo caso esso manterrà costantemente il controllo del portafoglio anche dopo aver dato mandato per la gestione del suo patrimonio, mentre nel secondo caso la delega è totale. Appare chiaro che le maggiori ricadute sull'attività della PMI si avranno in presenza di una posizione attiva del piccolo imprenditore, in quanto mandato di gestione sottoscritto con la banca prevede un continuo scambio di informazioni che vanno ad aggiornare gli scenari di riferimento in base ai quali il portafoglio è stato modellato, scenari che sostanzialmente sono gli stessi in cui opera l'azienda. In pratica il rapporto di private banking spesso va oltre la gestione del patrimonio ma sconfina nella vera e propria attività imprenditoriale. Nel caso del private banking europeo, come d'altra parte per quello statunitense, i piccoli e medi imprenditori tendono frequentemente a porsi in posizione attiva, e su ciò pesano non poco le commissioni generalmente commisurate al patrimonio gestito 1. Il successo di un simile rapporto banca-piccolo imprenditore dipende strettamente dalla fidelizzazione di quest'ultimo, il che si inquadra in una attività creditizia sul tipo della banca universale se non anche dell' hausbank. C - Il "customer dealing room desk" La domanda rivolta alle banche per la gestione dei rischi finanziari, sia di cambio che di interesse, è variabile tanto quanto sono volatili i mercati valutari e finanziari. Questa domanda è più pressante nel caso di una PMI, vista la ridotta dimensione aziendale che non giustifica l'impiego di specifiche risorse (soprattutto umane) per l'approfondita valutazione delle correlazioni tra scelte operative e scelte finanziarie; spesso però è una domanda latente, inespressa. Da quando nel 1993 è mancato l'ancoraggio della Lira allo SME, con tutte le ben note conseguenze non solo sui tassi di cambio ma anche sui tassi di interesse, la stessa gestione finanziaria di breve periodo appare piuttosto problematica. In presenza di instabilità dei mercati valutari e finanziari la priorità con cui una PMI (ma anche una grande impresa) prende le sue decisioni, fa anteporre le scelte finanziarie a quelle operative, stando a significare che anche per le PMI le scelte finanziarie concorrono anticipatamente all andamento della gestione. Non appaiono più sufficienti coperture finanziarie reattive ma sembra essere necessario un atteggiamento anticipativo; per fare un esempio, nel caso di una PMI esportatrice il rischio di 1 Normalmente sono inversamente correlate al patrimonio, ma dipendono anche dal tipo di posizione assunta dall'imprenditore (attiva o passiva) e dalla presenza di una consulenza che deborda dalla gestione patrimoniale per arrivare a quella aziendale; formalmente le commissioni non risultano da un'esplicito e separato contratto di consulenza. 2

4 cambio non va aggredito al sorgere del credito in valuta ma è auspicabile che sia affrontato già dal perfezionamento del contratto. La gestione finanziaria proattiva ha per la PMI lo specifico vantaggio di evitare le sovracoperture/sottocoperture del rischio tipiche della gestione operazione per operazione, e accresce forzatamente la cultura finanziaria in tema di direzione, ampiezza e timing delle aspettative sui cambi e sui tassi. La dimensione della copertura incide fortemente la struttura economica della PMI, nel senso che coeteris paribus essa preferirà coperture tanto più flessibili e limitate in presenza di un breve ciclo economico aziendale 2. La qualità della copertura è normalmente influenzata dalla propensione della PMI a sostenerne i costi, limitatamente a quelli che non sarebbero presenti in posizioni aperte (ovvero non coperte). In considerazione di tutto questo la scelta sulla gestione dei rischi finanziari appare estremamente soggettiva, ma l'aspetto più delicato è del tipo "make or buy". Normalmente nella PMI mancano attitudini spiccatamente finanziarie tenuto conto del fatto che il know how del piccolo imprenditore è quasi esclusivamente tecnico e commerciale: la scelta cruciale è perciò quella fra l'approntare la copertura finanziaria internamente all'azienda ( make ) o rivolgersi ad un intermediario specializzato in tal senso ( buy ). Anche tenendo conto che una delle maggiori remore del piccolo imprenditore alla soluzione del tipo "buy" è quella che il rivolgersi all'esterno riduce il suo controllo sull attività, la nuova normativa bancaria prefigura buone prospettive per un approfondimento del rapporto banca-impresa. A questo scopo le banche hanno cominciato a istituire al loro interno i cosidetti "customer dealing room desk", ovvero nuclei operativi che forniscono complessi servizi di copertura finanziaria. Con questo strumento la banca supera la sua tradizionale posizione passiva di semplice servizio informativo per il cliente che ne faccia richiesta, a favore di un atteggiamento propositivo e continuativo. Compito principale dei customer dealing room desk è quello di intervenire tempestivamente per la copertura finanziaria del piccolo imprenditore evitando da un lato operazioni non redditizie per la banca e dall'altro operazioni troppo costose per l'impresa. Questo tipo di rapporto banca-impresa è innovativo non solo perchè è di tipo continuativo ma anche perchè si inquadra nella generale attività di banca universale. E' infatti necessario un legame più stringente ed esclusivo tra l'imprenditore e la banca, nel senso che il primo non fissi l'attenzione soltanto sulla quantità dell'assistenza bancaria e sia più attento ai differenziali di prezzo dei servizi richiesti, e la seconda non sia orientata a una logica di prodotto ma a una logica per cliente. Il primo passo dello staff del customer dealing room desk è quello di una visita aziendale al fine di meglio qualificare le grandezze a rischio, ma la fase cruciale è quella di presentare all'imprenditore la gamma di opzioni evidenziandone vantaggi e svantaggi rispetto alla loro realizzazione interna all'azienda. Nella realtà bancaria italiana questo tipo di servizio si svolge con lo schema del "problem solving", il quale porta progressivamente l'impresa nell'ottica della banca universale. Questa strategia si basa sulla fidelizzazione dell'imprenditore, che è la leva principale per superare gli ostacoli che si frappongono alla diffusione degli strumenti di copertura. Il primo degli ostacoli da superare è la diffidenza dell'imprenditore e la sua scarsa conoscenza degli strumenti di gestione del rischio, ostacolo aggirabile proprio da una relazione banca-impresa costante e continua. Un secondo ostacolo è la perdita dell'"upside potential", ovvero il mancato profitto che si potrebbe conseguire con posizioni non coperte in presenza di una favorevole evoluzione dei cambi e dei tassi. L'errore tipico dell'imprenditore è quello di paragonare l upside potential con il costo della copertura, quando invece quest'ultima deve essere considerata una forma assicurativa. Un trasparente rapporto con l'imprenditore può risolvere il problema, nel senso che il customer dealing room desk può contrattare con l'impresa coperture parziali e flessibili non 2 Per esso intendiamo il tempo medio intercorrente tra il sostenimento di un costo e l'ottenimento del corrispondente ricavo. 3

5 azzerando del tutto l' upside potential. Altro ostacolo è il costo della copertura, che con un'orientamento al cliente piuttosto che al prodotto da parte della banca può essere contenuto entro limiti accettabili attraverso operazioni selettive 3. Come quarto ostacolo vi è l'identificazione tra "mancanza di uno strumento idoneo" e "mancanza del bisogno di copertura", confusione che viene evitata da un rapporto diretto e continuato tra imprenditore e banca. La limitazione principale alla diffusione del customer dealing room desk sembra essere l'asimmetria informativa tra l'impresa e la banca. La carenza di informazioni tempestive e trasparenti impedisce alla banca di fidelizzare il rapporto con l'impresa, e la scarsa diffusione di segnali riguardanti l'attività della PMI dipende molto spesso dal fatto che questa non è dotata di un buon sistema informativo interno. Questo vincolo va rimosso ma ciò può avvenire solo sostenendo costi materiali e psicologici. I primi attengono alla formazione del personale aziendale addetto alla funzione finanziaria mentre i secondi riguardano l'innata resistenza alla rimozione di procedure amministrative vecchie ma consolidate. Il principale fattore che può far superare questi ostacoli è paradossalmente un ridotto margine di struttura: in tal caso, infatti, la PMI si troverebbe ad agire nei pressi del break even point rendendosi così necessaria la gestione anticipata della tesoreria. D - La partecipazione della banca al capitale di rischio della PMI Il rapporto partecipativo tra banca e piccola impresa è una via attraverso cui realizzare un'operatività di medio e lungo periodo tra i due soggetti. In realtà il Testo Unico in materia bancaria non disciplina questo tema, che resta caratterizzato dalla normativa imposta dalla Banca d'italia e dal Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio. Al riguardo è stato mantenuto il principio della separatezza, in base al quale è opportuna la distinzione tra l'azienda e la banca finanziatrice. Le norme attuali consentono alle istituzioni creditizie investimenti partecipativi complessivamente non superiori al 15% del loro patrimonio di vigilanza, con un limite del 3% in relazione ad ogni singola partecipazione, e un ulteriore limite del 15% del capitale dell'impresa partecipata; queste soglie possono essere superate da banche di grandi dimensioni. Se queste opzioni fossero utilizzate appieno per le PMI, più che vincoli all'intervento del sistema bancario appaiono come nuove opportunità di ricapitalizzazione. Si ricordi che nel sistema creditizio tedesco non sono rare partecipazioni in piccole imprese che si spingono fino al 90% del capitale dell'azienda partecipata. Un interessante opportunità offerta dalle normative della Banca d'italia è l'operazione comunemente nota come "debt-for-equity-swap". E' prevista infatti la conversione in partecipazioni di crediti bancari verso aziende in difficoltà, anche se permane l'obbligo di dismetterle alla prima favorevole occasione. Resta però il fatto che nel frattempo la banca deve predisporre un piano di riequilibrio finanziario non superiore ai cinque anni, e che nell'effettuare una simile operazione possano essere superati i limiti precedentemente visti. Al di la dei vincoli normativi imposti alle banche, si impongono alcune riflessioni. Le caratteristiche strutturali delle PMI sono dominate dalla contemporanea presenza di un basso livello di capitalizzazione, in relazione al rischio d'impresa, e dall'elevata incidenza del debito a breve termine. Le banche non possono superare ragionevoli livelli di rischio nello svolgere la loro funzione creditizia, e anche eventuali interventi che andassero a ridefinire la struttura del debito per scadenza ripristinerebbero l'equilibrio finanziario di breve periodo ma non potrebbero certamente realizzare l'auspicata netta separazione tra rischio di credito e rischio d'impresa. L'intervento di ricapitalizzazione ad opera della banca stessa contribuirebbe certamente ad attenuare questi aspetti negativi, anche è opportuno che il coniugare la posizione di finanziatore sia di rischio che di credito sia solo una soluzione temporanea. Tra l'altro, per svolgere questa funzione suppletiva (in attesa di 3 Un caso tipico si verifica per la PMI esportatrice alla quale può essere proposto un pacchetto del tipo "zero cost collar" con il quale si incrociano la vendita di un'opzione put e l'acquisto di un'opzione call. 4

6 altri finanziatori a titolo di rischio) per la banca sarebbe necessario poter disporre di informazioni più approfondite riguardo le prospettive economiche della PMI. 5

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