LA REGOLAZIONE GENICA NEGLI EUCARIOTI. 1. Il genoma eucariotico è più complesso di quello procariotico
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- Jacopo Marrone
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1 LA REGOLAZIONE GENICA NEGLI EUCARIOTI INTRODUZIONE Tutti sanno, almeno in generale, come una generazione di esseri viventi dà origine alla successiva; ma quali meccanismi sono alla base di questo processo? Ancora una volta, dobbiamo rifarci alla più piccola unità funzionale di un organismo: la cellula. I processi mediante i quali una cellula si riproduce sono infatti alla base della formazione di un essere vivente, della sua crescita e del suo funzionamento. Quella macchina meravigliosa che è l'organismo di un essere vivente si riproduce. Per tutti gii altri organismi viventi la riproduzione è affidata fondamentalmente, agli acidi nucleici. 1. Il genoma eucariotico è più complesso di quello procariotico Il sistema genetico degli Eucarioti. Il genoma degli eucarioti presenta telomeri alle estremità di ciascun cromosoma lineare. Come abbiamo visto queste sequenze evitano i danni causati dalla perdita di nucleotidi che, a ogni duplicazione, si verifica all estremità della molecola di DNA. Gli Eucarioti per evolversi e adattarsi all ambiente attuano una duplice strategia, basata da un lato nel conservare con la diploidia un informazione genica che in futuro potrebbe risultare utile (la comunicazione verticale), dall altro nel trasmettere questa riserva di variabilità genetica al momento opportuno con la riproduzione sessuata (comunicazione orizzontale). In termini di contenuto aploide di DNA, il genoma degli eucarioti è più grande di quello dei procarioti. Questo non deve sorprendere; quasi tutti gli organismi eucariotici, infatti, sono pluricellulari, contengono cellule specializzate per forma e funzioni e svolgono molteplici attività che richiedono un gran numero di proteine, tutte codificate dal DNA. Inoltre gli organismi pluricellulari devono possedere anche i geni per le proteine che servono a tenere unite le cellule in tessuti, i geni per il differenziamento cellulare e i geni per la comunicazione intercellulare. Per questo, mentre il DNA di un virus in media contiene circa coppie di basi (bp) e il DNA di E. coli 4,6 milioni di bp, gli esseri umani possiedono un numero di geni e di sequenze regolatrici ben maggiore: in ogni cellula somatica (cioè diploide) del corpo umano sono stipati circa 6 miliardi di bp (pari a circa 2 m di DNA). Tuttavia, la quantità di DNA di un organismo non è sempre proporzionale alla sua complessità: per esempio, il giglio (che, rispetto all uomo, fabbrica un numero di proteine decisamente inferiore) possiede un DNA 18 volte più grande del nostro. In realtà, gli Eucarioti si differenziano dai Procarioti anche nell uso che essi fanno della maggiore quantità di informazione genetica che hanno a disposizione: essi l hanno adibita non tanto alla fabbricazione di nuovi enzimi, o meglio di filamenti polipeptidici in generale, ma alla regolazione e al coordinamento dell entrata in funzione dei geni, a seconda delle esigenze dell organismo. Ovvero, i genomi eucariotici possiedono più sequenze regolatrici (e più proteine regolatrici che vi si legano) rispetto ai genomi procariotici. L enorme complessità degli eucarioti richiede un elevato livello di regolazione, che si manifesta nei numerosi meccanismi di controllo legati all espressione del genoma eucariotico. In realtà, già nei Batteri circa il 50% del genoma è adibito a questa funzione, svolta secondo schemi operativi molto semplici; nei Protozoi e in tutti gli Eucarioti pluricellulari la porzione di materiale genico avente funzioni regolative, e probabilmente anche altre come lo sviluppo embrionale, la produzione di anticorpi e altre che ci sono ancora sconosciute, si calcola che sia almeno il 95% di tutto il patrimonio ereditario e che il restante 5% sia più che sufficiente per codificare tutti gli enzimi e tutte le proteine strutturali necessari alla sopravvivenza. 1
2 Nel genoma degli eucarioti sono presenti molte sequenze ripetitive, i cosiddetti geni ripetuti. Nei Batteri si stima che il numero di geni necessari per la sopravvivenza della cellula sia circa Nei Funghi la quantità di DNA per cellula è 10 volte superiore di quello dei Batteri, nei Protozoi è da 100 a 1000 volte superiore a quella necessaria per specificare la sintesi di 4000 proteine. Nei Mammiferi vi è una quantità di DNA sufficiente per specificare di geni. Poiché però il numero di proteine necessarie alla vita di una cellula eucaristica non supera di molto quello di una cellula procariotica, qual è la funzione di questo eccesso di DNA? In questi ultimi anni si è scoperto che nel genoma degli Eucarioti esistono delle sequenze di basi di DNA di varia lunghezza che si ripetono, identiche o quasi identiche, più volte (da 1000 a volte) all interno dello stesso patrimonio gentico. Queste sequenze non specificano la sintesi di enzimi: alcune di esse costituiscono delle famiglie di sequenze che codificano gli RNA dei ribosomi, altre codificano gli RNA di trasporto, e di altre ancora si pensa che possono svolgere la funzione di regolare l azione di geni strutturali oppure che non svolgono più alcuna funzione. Non si sa come questo DNA ripetitivo si sia formato. Per una parte di esso, si fa l ipotesi che sia derivato da una copia in RNA di uno o più geni. Questa copia in RNA viene convertita più volte in copie complementari di DNA circolare che si possono inserire in punti variabili dei cromosomi. Sequenze di basi capaci di «trasporsi», cioè di passare da un punto all altro dei cromosomi, sono già state identificate nella drosophila, in alcune piante (tra cui il mais), nel lievito e anche nei Batteri. Inoltre, sono stati scoperti i cosiddetti ribozimi, che sono molecole di RNA con capacità auto catalitiche, insomma capaci di auto duplicarsi. Negli eucarioti molti geni che vengono tradotti in proteine sono interrotti, i cosiddetti geni discontinui o interrotti. L enorme quantità di DNA presente negli Eucarioti è dovuta, oltreché alle sequenze ripetute di DNA, anche al fatto che i geni degli Eucarioti sono interrotti da tratti talvolta molto lunghi di DNA che non hanno la funzione di codificare amminoacidi («DNA non codificante»). Il gene negli Eucarioti è perciò «discontinuo», fatto cioè da una successione di tratti di DNA codificante sequenze di amminoacidi e tratti non codificanti. Entrambi questi tipi di tratti vengono trascritti in una molecola di RNA messaggero, dalla quale successivamente, tramite enzimi speciali, vengono rimossi i tratti corrispondenti alle porzioni non codificanti. Dal nucleo esce quindi una molecolari RNA messaggero più corta, costituita dalle sole porzioni realmente codificanti gli amminoacidi di una proteina. Come si sono evoluti questi geni discontinui? Un ipotesi è che essi possano essere stati «assemblati» per rimescolamento di geni singoli (non discontinui), i quali inizialmente codificavano ciascuno una catena proteica funzionale, ed erano localizzati o in parti diverse dello stesso cromosoma o su cromosomi diversi (abbiamo visto che tra i cromosomi si possono avere scambi di loro frammenti). Certamente la formazione di un nuovo gene per assemblaggio di pochi geni separati è stato un mezzo rapidissimo di evoluzione del genoma, e quando si è verificato ha accelerato enormemente l evoluzione della specie. Non è però chiaro quale possa essere oggi il significato biologico delle sequenze non codificanti che si alternano a quelle codificanti amminoacidi. Forse potrebbe essere quello di proteggere il gene da eventuali mutazioni, infatti se la mutazione avviene nelle sequenze non codificanti non avrà nessuna conseguenza sul fenotipo. 2. La regolazione genica negli eucarioti Introduzione Negli eucarioti, i meccanismi di regolazione sono più numerosi e complessi di quelli che abbiamo visto per i procarioti. Negli organismi eucarioti pluricellulari, inoltre, la regolazione genica è alla base del differenziamento cellulare: le cellule somatiche di un individuo, infatti, pur condividendo lo stesso patrimonio genetico, lo esprimono in modo differenziato a seconda della funzione che svolgono. In altre parole, in ogni tipo di cellula sono attivati i geni che determinano la produzione di quelle proteine che 2
3 consentono alla cellula di svolgere le proprie funzioni specifiche e disattivati i geni che producono le proteine che non servono. La regolazione è indispensabile anche per la corretta crescita di un organismo pluricellulare: in ogni momento è necessario che siano prodotte, nella giusta quantità, determinate proteine e non altre. Nei procarioti la regolazione dei geni interviene soprattutto a livello di trascrizione; negli eucarioti può avvenire prima, durante e/o dopo la trascrizione o anche durante e/o dopo la traduzione (V. figura 1). figura 1 Il controllo della espressione genica La trascrizione presenta differenze nei procarioti e negli eucarioti Negli eucarioti la trascrizione e la traduzione avvengono in ambienti separati. La sintesi dell mrna avviene nel nucleo, la sintesi proteica ha luogo nel citoplasma. Inoltre l mrna, prima di uscire dal nucleo, subisce un processo chiamato «maturazione», assente nei procarioti. Questa separazione spaziale consente che prima dell inizio della traduzione vi siano molte occasioni di regolazione: durante la sintesi del trascritto primario (pre-mrna), durante la sua trasformazione in mrna maturo e infine durante il suo trasferimento nel citoplasma per la traduzione. Sebbene il processo di trascrizione proceda in modo analogo nei procarioti e negli eucarioti, tra i due gruppi esistono alcune differenze che hanno ripercussioni importanti sulle modalità di regolazione dell espressione dei geni. Una prima differenza riguarda il fatto che, mentre nei procarioti i geni che codificano proteine con funzioni correlate sono raggruppati in operoni e vengono trascritti come un unica unità in una sola molecola di mrna, negli eucarioti questi geni sono dispersi nel genoma e vengono trascritti separatamente. In altre parole, negli eucarioti ogni gene è sottoposto a una propria regolazione, anche se esistono meccanismi che consentono la coordinazione di più geni. Un altra differenza importante riguarda il fatto che nei procarioti la RNA polimerasi riconosce direttamente la sequenza di basi del promotore e vi si lega senza che sia necessario l intervento di altre molecole, mentre negli eucarioti l inizio della trascrizione coinvolge numerose proteine (fattori di trascrizione) che insieme all RNA polimerasi costituiscono il complesso di trascrizione. Inoltre, sono presenti altre sequenze regolatrici, oltre al promotore, che contribuiscono a modulare finemente il livello di trascrizione dei singoli geni. Infine, mentre i procarioti hanno un solo tipo di RNA polimerasi, gli eucarioti ne hanno tre, ciascuno dei quali trascrive un tipo di RNA (rrna, trna, mrna). La regolazione può precedere la trascrizione Se srotolato, il DNA complessivo dei 46 cromosomi di una cellula, raggiungerebbe tre metri di lunghezza. Tutto questo DNA può essere contenuto in un nucleo grande circa 5 m, grazie a un elaborato sistema di avvolgimento e di ripiegamenti (spiralizzazione). Tale sistema prevede più livelli di complessità ed è caratterizzato dal fatto che il DNA (inizialmente ha 2 nm di diametro) è associato a piccole proteine 3
4 chiamate istoni. Al primo livello di spiralizzazione gli istoni sono attaccati al DNA. Si vengono così a formare i nucleosomi (10 nm di diametro), formati da un filamento di DNA avvolto due volte attorno a un nucleo proteico formato da 8 istoni. I nucleosomi adiacenti sono uniti tra loro da brevi tratti di DNA, chiamati linker. In un successivo livello di spiralizzazione la collana si avvolge su se stessa, formando una fibra elicoidale compatta (30 nm di diametro). Un ulteriore riavvolgimento di questa fibra dà origine a una struttura elicoidale più spessa con un diametro di circa 300 nm. Successivi livelli di ripiegamento e avvolgimento consentono alla cellula di contenere enormi quantità di DNA. Quindi le cellule possono usare i più alti livelli di spiralizzazione per mantenere a lungo i geni inattivi, visto che per far attivare un gene, gli istoni devono staccarsi dal DNA (despiralizzazione). figura 2 Infatti, affinché un gene possa essere trascritto, è necessario che i nucleosomi vengano «srotolati» da specifiche proteine chiamate proteine rimodellanti. Nella figura 2 si osserva come l azione di queste proteine rimodellanti permetta l apertura di uno o più nucleosomi e quindi la trascrizione di un gene specifico. La regolazione del cromosoma X Nelle femmine dei mammiferi, può accadere, che uno dei due cromosomi X si presenta fortemente condensato in tutte le cellule somatiche e quasi del tutto inattivo. Questa disattivazione del cromosoma X, che può essere sia quello di origine materna che quello di origine paterna, si verifica in uno stadio precoce dello sviluppo embrionale coinvolgendo uno a caso dei due cromosomi X e viene ereditata da tutte le rispettive cellule figlie. Ad esempio, i gatti calicot sono riconoscibili per il pelo a macchie arancioni e nere. Il gene calicot si trova sul cromosoma X e il fenotipo richiede la presenza di due differenti alleli: uno per il colore del pelo arancione, e uno non arancione che risulta nero. Se una femmina è eterozigote per il gene calicot, si osserva il fenotipo calicot: le macchie arancioni sono formate da gruppi di cellule in cui è attivo il cromosoma X con l allele per il colore arancione, mentre le macchie nere sono dovute a cellule in cui è attivo il cromosoma X con l allele per il pelo non arancione. L inattivazione del cromosoma X viene annullata durante la meiosi: in tal modo ogni gamete riceve un cromosoma X funzionante La regolazione durante la trascrizione Diversamente dai geni degli operoni batterici, ogni gene eucariote ha di solito una propria serie di sequenze di controllo e in più, sono presenti gli induttori. Lo stato «normale», negli eucarioti pluricellulari sembra essere quello disattivato. Una cellula eucariotica ha bisogno di attivare (quindi di trascrivere) solo quella piccola parte dei geni necessaria per la sua specifica funzione all interno dell organismo. Cerchiamo di essere più chiari. Nelle cellule ci sono alcuni geni detti costitutivi, che sono sempre espressi, in quanto codificano per prodotti essenziali per tutte le cellule, ed altri geni la cui espressione deve essere precisamente regolato, in quanto i loro prodotti sono necessari solamente in una data fase della vita di una cellula in un determinato tessuto. Si pensi allo sviluppo embrionale e quindi al differenziamento cellulare. 4
5 Una delle modalità con cui le cellule ottengono tale diversificazione è basata sulla trascrizione differenziale ( figura 3) di determinati geni in specifici tipi cellulari. Vediamo in che modo. L attivazione di un gene eucariotico coinvolge, oltre all RNA-polimerasi, alcune proteine di regolazione chiamate fattori di trascrizione, tra cui gli induttori; essi si legano ad alcune sequenze di DNA chiamate enhancer o intensificatori. Probabilmente il DNA si ripiega e gli induttori interagiscono con altri fattori di trascrizione che poi si legano tra loro presso il promotore del gene. Questo complesso di proteine facilita il corretto legame tra l RNA-polimerasi e il promotore, e favorisce l inizio della trascrizione. Oltre agli enhancer e agli induttori, vi sono anche i repressori, proteine che possono legarsi alle sequenze di DNA chiamate silencer (silenziatori) e funzionare di conseguenza da inibitori per l avvio della trascrizione. In sintesi, sia gli eucarioti sia i procarioti regolano la trascrizione del DNA tramite proteine che si legano al DNA, ma nei primi il processo è più complesso. Inoltre, i geni degli eucarioti, i cui prodotti hanno una correlazione funzionale (geni coordinati), generalmente non sono raggruppati negli operoni come succede nei procarioti, insomma non si trovano in posizione vicine su un cromosoma. Allora, per poter essere trascritti contemporaneamente questi geni devono contenere le stesse sequenze di regolazione, in grado di legarsi alle stesse proteine regolatrici (regolazione di geni coordinati). Infine, per aumentare la produzione di una proteina rispetto ad un altra, le cellule possono ricorrere all amplificazione genica, cioè alla creazione di più copie dello stesso gene che vengono tutte trascritte contemporaneamente. La regolazione dopo la trascrizione I geni che presentano introni ed esoni sono detti geni interrotti e circa la metà dei geni umani è rappresentata da geni interrotti. Una volta completata la trascrizione, gli introni (segmenti non codificanti), vengono rimossi grazie al processo di splicing. In altre parole, come abbiamo già considerato nel «Capitolo sulla Biosintesi» la produzione di mrna da un gene interrotto richiede, oltre la trascrizione, un ulteriore passaggio: dal trascritto, detto trascritto primario o pre-mrna, gli introni vengono tagliati e rimossi, mentre gli esoni sono saldati tra loro in sequenza. Tale processo, chiamato splicing dell RNA, richiede l intervento di particolari complessi molecolari, detti snrnp costituiti da rrna e proteine. Esistono vari tipi di snrnp che si legano, per complementarietà delle basi, a particolari sequenze (dette sequenze consenso), situate in posizione 5 e 3 di un filamento di premrna. Alle due molecole di snrnp si legano anche alcune proteine, e così si viene a formare un complesso detto spliceosoma, una sorta di ripiegamento a forma di ansa sulla molecola di pre-mrna. L ansa corrisponde a un introne. Le due estremità dell introne vengono tagliate e gli esoni vengono uniti. Lo spliceosoma si stacca e viene in seguito degradato. La maturazione comporta un ulteriore modifica della molecola di mrna: l aggiunta, all estremità 5, di un nucleotide contenente la base guanina (detto cappuccio) e, all estremità 3, di una coda formata da circa 200 nucleotidi con base adenina (coda poli-a). Il cappuccio e la coda poli-a servono a facilitare il legame dell mrna con i ribosomi durante la traduzione. 5
6 In alcuni casi la cellula può svolgere lo splicing in maniera differente e generare così diverse molecole di mrna a partire dallo stesso trascritto in RNA. Con questa sorta di splicing alternativo un organismo può ottenere polipeptidi diversi dallo stesso gene. Sembra, infine, che l mrna prima di fuoriuscire dal nucleo subisca una sorta di «controllo qualità» da parte di uno specifico complesso enzimatico, che, se non superato, ne determina la distruzione. Si stima che, nei mammiferi, solo 1/20 circa della massa totale di mrna trascritto lasci effettivamente il nucleo, la parte restante viene degradata. È il caso dei frammenti «avanzati» dopo lo splicing (introni ed esoni) o di RNA modificati in modo incompleto o danneggiati. La regolazione durante e dopo la traduzione Nelle cellule eucariotiche esistono molti meccanismi che regolano l espressione durante la traduzione delle proteine (controlli traduzionali) e altri che agiscono dopo che le proteine sono state sintetizzate (controlli post-traduzionali) Nel citoplasma si trovano degli enzimi che hanno il compito di degradare le molecole di mrna una volta finita la traduzione. Nei procarioti l mrna viene degradato dagli enzimi dopo pochi minuti; questo è uno dei motivi per cui i batteri possono modificare le loro proteine piuttosto velocemente in risposta ai cambiamenti ambientali. L mrna degli eucarioti, invece, può sopravvivere diverse ore o perfino settimane. I polipeptidi che si formano dopo la traduzione devono essere modificati per diventare funzionali. Negli eucarioti i meccanismi di controllo post-traduzionali contemplano spesso l eliminazione di una porzione del polipeptide. Il risultato è una proteina più piccola e attiva. Un esempio è l insulina, che è sintetizzata come un unica catena polipeptidica, che diventa però attiva come ormone solo a condizione che da essa sia asportato un grosso segmento centrale. I due frammenti estremi della catena originaria vanno a costituire la forma funzionale ( ovvero la struttura quaternaria) dell insulina. Un altro meccanismo dopo la traduzione è la demolizione selettiva delle proteine. Un tale meccanismo di regolazione permette a una cellula di modificare il tipo e la quantità di proteine in risposta ai cambiamenti dell ambiente. Inoltre, con questo meccanismo vengono anche eliminate le proteine che hanno accumulato delle anomalie e che devono essere quindi sostituite. L apparato che controlla questo smantellamento prevede una fase di identificazione delle proteine da degradare, che avviene mediante il legame con piccole sequenze proteiche. Queste, vengono poi riconosciute da un apparato di demolizione detto proteasoma, che le riduce in frammenti più piccoli consumando energia. 3. La regolazione genica interviene nello sviluppo embrionale Gli eucarioti, soprattutto quelli pluricellulari, sono in grado di regolare in modo più versatile l espressione dei propri geni rispetto ai procarioti. Questa capacità è di particolare rilevanza nel corso dello sviluppo, il processo mediante cui un organismo subisce una serie di cambiamenti progressivi fino al raggiungimento della sua forma matura. Nelle prime fasi di sviluppo, l organismo è definito embrione. Lo sviluppo è molto rapido durante la vita embrionale, ma gran parte degli organismi pluricellulari continua a svilupparsi, anche se più lentamente, per tutta la vita; lo sviluppo termina soltanto con la morte. Le tappe fondamentali dello sviluppo Negli organismi pluricellulari le cellule sono specializzate e organizzate a formare tessuti, organi e apparati. L organizzazione e la specializzazione si determinano in modo diverso da specie a specie durante la vita embrionale, durante la quale avvengono tre processi fondamentali: 1. la proliferazione cellulare che avviene per mitosi; 2. il differenziamento delle cellule, che assumono una funzione e una forma specifiche pur mantenendo identico patrimonio genetico; 6
7 3. la morfogenesi, cioè l organizzazione delle cellule in organi e apparati secondo l architettura di ciascuna specie. Lo sviluppo embrionale pone alla genetica molti interrogativi. Come può una cellula dare origine in breve tempo ad altre cellule che hanno proprietà differenti l una dall altra, anche se conservano gli stessi geni? Come possono formarsi organi e apparati secondo un modello prestabilito che conferisce al corpo una forma tridimensionale ben precisa? L espressione differenziale dei geni durante lo sviluppo produce cellule diverse nel medesimo organismo. Il processo di differenziamento cellulare avviene principalmente grazie all attivazione o alla disattivazione di geni diversi in cellule che hanno destino e compiti diversi. Molti dei geni che controllano lo sviluppo codificano fattori di trascrizione che agiscono su proteine coinvolte in cascate di eventi. Questi geni dello sviluppo sono stati scoperti soltanto a metà degli anni Ottanta del secolo scorso, poiché in precedenza i genetisti si erano concentrati soprattutto sulla trasmissione dei caratteri ereditari dagli adulti alla progenie. Fino a quel periodo, pertanto, la genetica si occupava quasi esclusivamente dello studio di quella parte del DNA che codifica proteine ed enzimi. I processi dello sviluppo erano rimasti una sorta di «scatola nera molecolare». La scoperta dei cosiddetti «mutanti di sviluppo» in Drosophila melanogaster portò infine all identificazione dei geni e dei prodotti genici responsabili di alcuni aspetti dello sviluppo degli insetti. Queste ricerche portarono il premio Nobel nel 1995 alla biologa tedesca Christiane Nüsslein-Volhard, assieme a Eric Wieschaus e Edward B. Lewis. Utilizzando le tecniche della genomica comparativa, i ricercatori scoprirono che un simile corredo di geni esisteva anche nei vertebrati. La scoperta di un corredo comune di geni dello sviluppo in organismi evolutivamente distanti, come il moscerino della frutta e il topo, portò i biologi evolutivi dello sviluppo a trarre un importante conclusione: la straordinaria diversità di organismi è prodotta da un numero modesto di geni regolatori. Le differenze osservate a livello della forma corporea derivano da differenze spaziali e temporali con cui questi geni sono attivati o inattivati. I fattori di trascrizione e le molecole segnale che controllano la formazione dei piani organizzativi degli organismi pluricellulari e i geni che li codificano possono essere immaginati come una sorta di «cassetta degli attrezzi molecolari». I morfogeni e l informazione posizionale. Gli studiosi della biologia dello sviluppo insistono spesso sull importanza del «qui e ora» per determinare il destino di una cellula, vale a dire dove e quando una data cellula o un gruppo di cellule si trovano. Questa informazione posizionale proviene generalmente da un particolare segnale chimico, definito morfogèno, che diffonde da un gruppo di cellule lungo l asse corporeo, instaurando un gradiente di concentrazione. Le diverse concentrazioni di morfogèni esercitano la loro azione regolando in modo differenziale l espressione genica nelle relative cellule bersaglio. L organismo modello che viene spesso utilizzato per studiare questo processo è il moscerino della frutta. Morfogenesi deriva dal greco morphé, «forma», e génesis, «nascita», per indicare il processo da cui prende origine il cosiddetto «piano corporeo». Nella drosofila, una cascata di fattori di trascrizione stabilisce la segmentazione. Come tutti gli insetti, la drosofila ha un piano corporeo caratterizzato dalla ripetizione di segmenti, che appaiono molto differenti in diverse regioni del corpo. La definizione dei piani organizzativi del corpo segmentato è controllata da complesse interazioni tra diversi gruppi di geni. Il moscerino adulto possiede un capo (formato da più segmenti fusi), tre diversi segmenti toracici e otto segmenti addominali. 7
8 Sebbene nella larva di drosofila i segmenti toracici e quelli addominali si somiglino, essi hanno già ricevuto le istruzioni per formare i segmenti specializzati che caratterizzano l adulto. Per definire questi segmenti, nell embrione vengono espressi in sequenza numerosi tipi di geni che codificano per fattori di trascrizione, i quali a loro volta controllano la sintesi di altri fattori di trascrizione che agiscono sulla tappa successiva di geni. La descrizione di tali eventi durante lo sviluppo del moscerino della frutta costituisce una delle grandi scoperte della biologia moderna; vediamo ora le singole tappe una per una. I geni a effetto materno sono i primi ad attivarsi. Per prima cosa, una serie di geni provenienti dalle cellule della madre determina l asse antero-posteriore e quello dorsoventrale dell uovo. Le uova e le larve di Drosophila, infatti, sono caratterizzate da una distribuzione disomogenea di specifiche molecole segnale nel citoplasma ( figura 4). Queste molecole, che includono mrna e proteine, sono codificate da alcuni geni particolari, chiamati geni a effetto materno; questi geni sono trascritti nelle cellule dell ovaio che circondano la futura porzione anteriore dell uovo, e determinano quelli che saranno gli assi corporei. Figura 4 Le informazioni posizionali della proteina Bicoid In drosofila, l asse antero-posteriore dell embrione viene determinato dal gradiente di un morfogèno codificato dal gene bicoid. La proteina Bicoid svolge la funzione di fattore di trascrizione e attiva un gene che stabilisce se la regione in questione svilupperà le strutture della testa. Altri geni a effetto materno presenti nella porzione posteriore dell embrione inibiscono l azione di Bicoid, delimitando pertanto la regione della «coda». I geni per la segmentazione determinano numero, confini e polarità dei segmenti. In seguito, una serie di geni dell embrione definisce la posizione di ciascuna cellula in un segmento rispetto agli assi corporei. Il risultato finale è che ogni cellula «sa» con precisione dove si trova all interno dell embrione. Questi geni, detti geni per la segmentazione ( figura 5), vengono espressi quando l embrione possiede circa 6000 cellule e codificano proteine che determinano il numero dei segmenti, i confini tra le varie regioni e la polarità dei segmenti. Diverse classi di geni regolano, in sequenza, i dettagli sempre più fini della segmentazione. Figura 5 Nell embrione di drosofila la formazione dei piani organizzativi è controllata da una cascata genica (A) I geni a effetto materno inducono i geni della segmentazione. (B) I prodotti di due geni gap (in arancione e in verde) si sovrappongono; entrambi questi geni vengono trascritti nell area gialla. (C) Un gene pair rule viene trascritto nelle aree blu scuro. (D) Il gene per la polarità dei segmenti (verde chiaro) si osserva in una posizione più avanzata rispetto a quanto illustrato in (A) 8
9 Vediamo ora in dettaglio come agiscono i geni per la segmentazione. I geni gap organizzano ampie aree somatiche lungo l asse antero-posteriore; mutazioni a livello dei geni gap portano alla mancanza di numerosi segmenti larvali. I geni pair rule dividono l embrione in unità, ciascuna comprendente due segmenti. Mutazioni a livello dei geni pair rule portano alla formazione di larve che mancano del secondo segmento di ogni unità. I geni per la polarità dei segmenti determinano i confini e l organizzazione antero-posteriore dei singoli segmenti. Mutazioni a livello di questi geni originano segmenti in cui le strutture posteriori risultano sostituite da strutture anteriori speculari. I geni omeotici controllano l identità di ciascun segmento. Infine, una serie di geni, definiti geni Hox o geni omeotici, viene espressa in varie combinazioni lungo l asse antero-posteriore dell embrione; la loro espressione «ordina» alle cellule di un segmento della testa di produrre occhi e antenne, a quelle di un segmento del torace di produrre ali e così via ( figura 6). Quando l uovo si schiude, i segmenti della larva sono completamente determinati. I geni per l effetto materno, quelli per la segmentazione e quelli omeotici interagiscono in modo tale da «costruire» la larva di Drosophila passo dopo passo, a iniziare dall uovo fecondato. Figura 6 I geni omeotici in drosofila Due gruppi di geni situati sul cromosoma 3 (al centro) determinano la funzione dei segmenti nel moscerino adulto (in alto). Questi geni vengono espressi nell embrione (in basso) molto tempo prima che le strutture compaiono effettivamente nei segmenti. Figura 7 Le mutazioni a livello dei geni omeotici provocano la formazione di parti del corpo in segmenti errati (A) Una drosofila con genotipo normale (selvatico). (B) Un moscerino mutante antennapedia. (C) In un mutante bithorax il terzo segmento toracico, che normalmente non sviluppa ali, viene convertito in un duplicato del secondo segmento toracico (provvisto di ali). 9
10 Come sappiamo che i geni Hox determinano l identità dei segmenti? Un importante indizio proviene da bizzarre mutazioni di Drosophila chiamate omeotiche. Nella mutazione antennapedia, le zampe crescono al posto delle antenne ( figura 7B pagina precedente); nel mutante bithorax su un segmento toracico cresce una coppia di ali in più ( figura 7C pagina precedente). Il primo gruppo di geni Hox, il gruppo bithorax, specifica i segmenti anteriori del corpo, a partire dai vari segmenti della testa fino ai segmenti toracici. Il secondo gruppo, chiamato antennapedia, inizia con un gene che specifica l ultimo segmento toracico, seguito da un gene per i segmenti addominali anteriori per chiudersi con un gene per i segmenti addominali posteriori. I ricercatori hanno ipotizzato che tutti questi geni Hox potrebbero essersi originati per duplicazione di un singolo gene in un organismo ancestrale non segmentato. La sequenza omeobox è uguale in molti animali, uomo compreso. I biologi molecolari hanno scoperto una sequenza di DNA che è uguale in tutti i geni omeotici. Questa sequenza si trova inoltre in numerosi geni per la segmentazione e in altri geni che codificano fattori di trascrizione. La sequenza di DNA di 180 coppie di basi viene definita homeobox e codifica per un polipeptide di 60 amminoacidi, definito dominio omeotico, che si lega al DNA. Il dominio omeotico, con l aiuto di altri fattori di trascrizione, riconosce una specifica sequenza di DNA del promotore dei geni che deve attivare. Geni omeotici sono stati individuati in molti animali ( figura 8), compreso l uomo. Il fatto di trovare geni omeotici in organismi tanto distanti tra loro come piano corporeo e come storia evolutiva è una prova che essi sono comparsi molto presto nella storia del regno animale e che gran parte degli animali oggi esistenti li ha ereditati da un antenato comune molto antico. Figura 8 I geni regolatori manifestano quadri d espressione simili I geni omologhi che codificano fattori di trascrizione simili sono espressi secondo un quadro simile lungo l asse antero-posteriore sia negli insetti sia nei vertebrati. Lo sviluppo prevede la morte programmata di alcune cellule. Figura 9 Lo sviluppo della mano avviene grazie all apoptosi All inizio del secondo mese di sviluppo embrionale, il tessuto membranoso che unisce le dita viene eliminato in seguito a fenomeni di apoptosi, separando le singole dita. 10
11 Un aspetto sorprendente del controllo genetico dello sviluppo è il fatto che esso prevede anche la morte programmata di interi gruppi di cellule. Tale fenomeno, chiamato apoptosi, è necessario affinché gli organi assumano la loro forma corretta. Un esempio tipico è fornito dallo sviluppo della mano: senza l apoptosi di specifiche cellule sull abbozzo embrionale della mano, essa crescerebbe tutta insieme formando una specie di zampa «palmata», senza consentire la separazione delle dita ( figura 9 pagina precedente). 4. La versatilità del genoma eucariotico: la produzione degli anticorpi Il genoma eucariotico è estremamente versatile ed esiste un metodo di regolazione dell espressione genica del tutto particolare: per ottenere proteine diverse in cellule specializzate non si modifica l mrna, ma viene riorganizzato direttamente il DNA. In tal modo in un solo organismo (quindi partendo da un unico genoma) si producono cellule specializzate che contengono geni diversi. Un esempio di queste capacità di adattamento del genoma eucariotico è il meccanismo che permette la produzione di anticorpi nei mammiferi. Le tappe fondamentali dello sviluppo Nei mammiferi gli anticorpi sono molecole proteiche con funzione «difensiva», prodotte da un tipo particolare di globuli bianchi, i linfociti B. Gli anticorpi riconoscono, grazie a un meccanismo a «incastro», sostanze estranee presenti nel sangue e vi si legano, per inattivarle. Le sostanze estranee riconosciute e attaccate dagli anticorpi sono chiamate antigeni. Gli anticorpi appartengono alla classe delle immunoglobuline e sono formati da quattro catene polipeptidiche, identiche a due a due: due sono dette catene pesanti, le altre due sono dette catene leggere. Ciascuna catena possiede una regione costante e una regione variabile ( figura 10): 1. le regioni costanti sono simili in tutte le immunoglobuline e determinano la classe dell anticorpo, vale a dire la sua funzione; 2. le regioni variabili delle catene sono invece specifiche per ciascun anticorpo. Figura 10 La struttura delle immunoglobuline (A) Le quattro catene polipeptidiche, due leggere e due pesanti, che costituiscono la molecola di un immunoglobulina. (B) Un modello tridimensionale di una molecola di anticorpo con lo stesso orientamento del disegno. Le catene leggere sono più corte di quelle pesanti a cui sono unite da ponti disolfuro in modo da formare una Y. Alle estremità dei bracci della Y si trovano le regioni variabili di entrambe la catene che, unendosi, formano il sito di legame per l antigene. La diversa struttura primaria delle catene (cioè la sequenza amminoacidica) comporta una diversa struttura terziaria, vale a dire una differente forma dell anticorpo e, in particolare, del sito in cui esso riconosce l antigene. Così ogni anticorpo risulta specifico per un diverso antigene. Ogni individuo ha la capacità di produrre nel corso della sua esistenza milioni di anticorpi diversi, ciascuno dei quali ha una struttura e una funzione specifica. Ogni linfocita B inoltre produce sempre e solo un unico tipo di anticorpo. Dal punto di vista genetico ciò pone un quesito fondamentale: in che modo un singolo organismo può produrre milioni di proteine differenti? 11
12 Una delle prime ipotesi formulate per rispondere a questa domanda era che esistessero milioni di geni per le catene leggere e per le catene pesanti degli anticorpi. Ciò non è possibile: se ciò fosse vero, infatti, il nostro intero genoma sarebbe costituito solo da geni per gli anticorpi. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso è stata formulata un ipotesi alternativa: tutte le cellule di un mammifero neonato possiedono inizialmente un corredo identico di informazioni genetiche per la sintesi delle catene leggere e pesanti degli anticorpi; durante lo sviluppo dei linfociti B, però, i loro genomi vengono tagliati, rimescolati e modificati in modo che ogni linfocita B sia in grado di produrre un solo tipo di catena pesante e leggera. In tal modo linfociti B diversi sviluppano genomi lievemente differenti, che codificano per anticorpi differenti. La composizione dei geni per gli anticorpi presenti nei diversi linfociti B risulta differente anche rispetto alle altre cellule somatiche dello stesso individuo. Tale rimescolamento dell informazione genetica, insieme all associazione casuale tra catene pesanti e leggere, determinerebbe la straordinaria diversità degli anticorpi. Questa seconda ipotesi è la teoria attualmente accettata dalla genetica molecolare. La diversità degli anticorpi è il risultato della riorganizzazione del DNA Secondo la teoria attualmente accettata ciascun gene che codifica una catena di immunoglobulina (ricordiamo che un anticorpo ne contiene due coppie) costituisce in realtà un «supergene», costruito a partire da gruppi di geni più piccoli distribuiti all interno di una porzione di cromosoma ( figura11). Figura 11 I geni che codificano le catene pesanti Le catene pesanti delle immunoglobuline di topo possiedono quattro regioni, ognuna delle quali è codificata da uno di una serie di possibili geni selezionati da un gruppo di geni simili. Ogni cellula dell organismo possiede centinaia di questi piccoli geni, raggruppati in modo indipendente, potenzialmente in grado di partecipare alla sintesi delle regioni variabili e costanti delle catene polipeptidiche delle immunoglobuline. Nella maggior parte delle cellule e dei tessuti, questi geni rimangono intatti e indipendenti l uno dall altro. Invece all interno di ciascun linfocita B in via di sviluppo questi gruppi di geni subiscono un profondo rimaneggiamento: di ogni gruppo viene conservato un solo gene selezionato casualmente, mentre i tratti restanti vengono tagliati ed eliminati. I segmenti di DNA selezionati vengono poi riuniti secondo un ordine preciso. In questo modo si assiste all assemblaggio di un «supergene» unico a partire da «porzioni» selezionate casualmente. Ciascuna cellula precursore di un linfocita B provvede all assemblaggio dei due propri supergeni per gli anticorpi, uno per una specifica catena pesante e uno per una specifica catena leggera. I «supergeni» per le catene pesanti e leggere delle immunoglobuline sono geni interrotti, nei quali gli introni separano le sequenze codificanti provenienti dalle diverse famiglie di geni. Dopo la trascrizione quindi si assiste alla rimozione degli introni, cosicché l mrna maturo contiene una sequenza continua che codifica la catena pesante o leggera di una immunoglobulina. La traduzione produce infine le catene polipeptidiche che si combinano per formare l anticorpo attivo ( figura 12 pagina seguente). Attraverso questo straordinario processo di differenziazione cellulare irreversibile, nel medesimo organismo (quindi dal medesimo genoma originario), in cellule diverse, vengono generati numerosissimi anticorpi diversi, uno per ogni linfocita B. Come esempio consideriamo cosa accade nel genoma del topo. I gruppi di piccoli geni che codificano per le catene pesanti delle immunoglobuline si trovano su cromosomi diversi rispetto a quelli che codificano per le catene leggere. Ogni catena è assemblata unendo una regione costante e una variabile. La 12
13 regione variabile della catena leggera viene codificata da due famiglie di geni, mentre quella della catena pesante viene codificata da tre famiglie di geni denominate V, D e J. La regione costante viene codificato da una sola famiglia di geni (che chiameremo gruppo C). Figura 12 I meccanismi di riorganizzazione e di splicing di un gene che codifica le catene pesanti Per la formazione di un anticorpo sono necessari due tipi di riorganizzazione all interno del gruppo di geni che codificano la catena pesante. (A) Prima della trascrizione, il DNA è riorganizzato in modo tale da unire ognuno dei geni V, D, e J in un «supergene» corrispondente alla regione variabile. (B) Dopo la trascrizione, lo splicing dell RNA provvede a unire la regione VDJ alla regione costante. La figura 12, mostra le quattro famiglie geniche che codificano le regioni variabili e costanti della catena pesante di topo: ci sono rispettivamente 100 geni V, 30 D, 6 J e 8 C. Ogni linfocita B impegnato nella produzione di un anticorpo seleziona casualmente un gene da ognuno di questi gruppi per produrre la sequenza codificante finale della catena pesante, VDJC. In questo modo il numero di catene pesanti diverse che può essere prodotto attraverso questa ricombinazione casuale è piuttosto elevato (ovvero 100V x 30D x 6J x 8C = possibili combinazioni nel topo). Se si considera che le catene leggere vengono prodotte in modo simile, si capisce che il numero complessivo di combinazioni derivato dall unione di catene leggere e pesanti di immunoglobuline è pari a catene leggere diverse x catene pesanti diverse = 21 miliardi di possibilità. Altri meccanismi aumentano la diversità degli anticorpi Esistono anche altri meccanismi che aumentano ulteriormente la diversità anticorpale; aggiungendo queste possibilità ai miliardi di possibili combinazioni in base alla riorganizzazione casuale, non sorprende che il sistema immunitario sia in grado di rispondere a quasi tutte le sostanze naturali o artificiali. Quando le sequenze di DNA che codificano per le regioni V, J e C vengono riorganizzate in modo tale da trovarsi l una vicino all altra, il processo di ricombinazione non è preciso e si possono verificare degli errori nei punti di giunzione. Questa ricombinazione imprecisa crea nuovi codoni in corrispondenza delle giunzioni, con conseguente cambiamento degli amminoacidi. Dopo che le sequenze di DNA sono state tagliate, ma prima che avvenga la loro saldatura, un enzima aggiunge alcuni nucleotidi alle estremità libere dei segmenti di DNA. Queste basi aggiunte generano mutazioni da inserzione. I geni delle immunoglobuline sono caratterizzati da un tasso di mutazione piuttosto elevato. Ancora una volta, questo processo crea molti nuovi alleli, aumentando la diversità degli anticorpi. SCHEDA 1 LA CLONAZIONE La clonazione fornisce numerose prove che le cellule differenziate mantengono appieno il loro potenziale genetico. La clonazione degli animali può essere effettuata tramite il metodo del trasferimento nucleare. Questa tecnica consiste nella rimozione nel nucleo della cellula uovo e nell inserimento del nucleo di una cellula somatica del donatore adulto nella cellula uovo (priva del suo nucleo). La cellula uovo inizia così a dividersi e, circa cinque giorni più tardi, si forma un embrione allo stadio blastocisti (sfera costituita da circa 200 cellule). Nei mammiferi, dopo questa fase, per ottenere un individuo è necessario impiantare l embrione nell utero della madre surrogata. L animale derivante da questa procedura, detta 13
14 clonazione riproduttiva, sarà un clone della cellula del donatore (quindi geneticamente identico). Il ricercatore scozzese Wilmut ha usato questa tecnica per clonare la pecora Dolly. La clonazione fornisce numerose prove che le cellule differenziate mantengono appieno il loro potenziale genetico. La clonazione degli animali può essere effettuata tramite il metodo del trasferimento nucleare. Questa tecnica consiste nella rimozione nel nucleo della cellula uovo e nell inserimento del nucleo di una cellula somatica del donatore adulto nella cellula uovo (priva del suo nucleo). La cellula uovo inizia così a dividersi e, circa cinque giorni più tardi, si forma un embrione allo stadio blastocisti (sfera costituita da circa 200 cellule). Nei mammiferi, dopo questa fase, per ottenere un individuo è necessario impiantare l embrione nell utero della madre surrogata. L animale derivante da questa procedura, detta clonazione riproduttiva, sarà un clone della cellula del donatore (quindi geneticamente identico). Il ricercatore scozzese Wilmut ha usato questa tecnica per clonare la pecora Dolly. In una differente procedura di clonazione dalla blastocisti si ottengono delle cellule staminali embrionali (cellule ES) che hanno la potenzialità di generare tutte le tipologie di cellule dell organismo. Queste vengono utilizzate nella clonazione terapeutica, per guarire i pazienti con danni irreversibili a determinati tessuti. I critici sottolineano che l attuazione della clonazione umana presenta molti ostacoli, di carattere sia pratico sia etico. Da un punto di vista pratico, la clonazione degli animali è molto difficile e inefficiente. Da un punto di vista etico, la clonazione suscita molti interrogativi. Nel frattempo, la ricerca e il dibattito continuano. SCHEDA 2 LE BASI GENETICHE DEL CANCRO Il cancro può essere considerato una malattia nella quale le cellule sfuggono ai meccanismi di controllo che normalmente limitano la loro divisione, ciò avviene perché si modificano i geni di alcune cellule. Uno dei primi passi nella lotta contro il cancro fu la scoperta, nel 1911, di un virus che determina l insorgenza di un tipo di tumore nei polli. I virus che causano il cancro possono rimanere permanentemente all interno delle cellule integrando il proprio DNA in quello dell ospite. Molti virus in grado di provocare il cancro portano nel proprio genoma specifici geni che, una volta all interno delle cellule ospiti, possono rendere la cellula cancerosa. Un tale gene, che può causare il cancro quando è presente in singola copia nella cellula, è detto oncogène. Ricerche hanno dimostrato che i cromosomi di diversi animali, compreso l uomo, contengono protooncogèni, cioè geni che possono essere trasformati in oncogèni. Affinché un proto-oncogène divenga un oncogène si deve verificare una mutazione nel DNA, come mutazioni nello stesso proto-oncogène, errori nella duplicazione del DNA o nella ricombinazione, spostamenti del proto-oncogène dal suo sito originario nel DNA. Il cancro può essere indotto anche da alterazioni dei geni, questi sono detti oncosoppressori perché le proteine che essi codificano contribuiscono a impedire una divisione cellulare incontrollata. Mutazioni nella sequenza di trasduzione del segnale: Nel caso in cui il segnale iniziale sia il fattore di crescita, la risposta finale della cellula bersaglio sarà la sintesi di una proteina che induce la cellula a dividersi. Se questa proteina derivata da un protogène chiamato ras, il prodotto normale dovrebbe essere una proteina di trasmissione che, non è in grado di funzionare senza essere sollecitata dal fattore di crescita. La proteina identificata dall oncogène è invece una versione iperattiva e incontrollata di quella normale. Nel caso in cui un fattore inibente la crescita, si leghi con il recettore della cellula bersaglio, si produrrà una proteina che blocca la proliferazione della cellula. L oncosoppressore p53 codifica per un fattore di trascrizione e inibisce la divisione cellulare. Se avviene un mutamento di questo oncosoppressore tale fattore non inibirà più la divisione cellulare, rendendo possibile una proliferazione anomala. Mutazioni a carico del gene ras o p53 sono presenti nella maggior parte dei tumori. 14
15 Come accade per altri tumori, lo sviluppo del cancro è in grado di produrre metastasi (diffusione oltre il sito di origine), è un processo graduale che in genere impiega una decina di anni per svilupparsi. 1. Il primo segnale di un tumore (ad esempio del colon, uno tra i più diffusi) è un insolito aumento nella frequenza delle divisioni cellulari dei tessuti che lo rivestono internamente. 2. In seguito, si forma un tumore benigno (polipo) nella parete del colon. 3. Infine, e il tumore maligno (carcinoma). Queste modificazioni cellulari sono l espressione di alterazioni a livello del DNA che avvengono in sequenza, tra cui l attivazione di un oncogène e l inattivazione di due geni oncosoppressori. Queste mutazioni genetiche comportano variazioni delle sequenze di trasduzione del segnale. È necessario che si verifichi più di una mutazione (solitamente quattro) nelle cellule somatiche affinché si abbia un completo sviluppo del cancro. Solitamente le prime due mutazioni fanno in modo che le cellule si dividano più rapidamente, apparendo per tutto il resto normali; la terza mutazione incrementa la velocità di divisione cellulare, ma provoca anche cambiamenti nell aspetto delle cellule stesse; infine, una quarta mutazione cancerogena che determina l avvio di una divisione incontrollata e l invasione dei tessuti circostanti. 15
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