Laboratorio di fotografia. La cura in un gesto. La dimensione estetica del dolore

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1 Laboratorio di fotografia La cura in un gesto La dimensione estetica del dolore 1

2 Laboratorio di fotografia La cura in un gesto A cura di Stefania Mattioli Nessuna cura - nemmeno quella somministrata con più solerzia ed efficienza - può sostituire il miracolo della parola, il miracolo umano della presenza, del desiderio dell Altro. Editing fotografico in collaborazione con Lorenzo Giglio Giovanni Pelloso Massimo Recalcati (Ritratti del desiderio, 2012) Grafica e stampa Graphomedia Cremona Hanno collaborato Patrizia Agati, Raffaella Balzani, Daniela Bassani, Marialaura Caruso, Marta Caviglia, Donatella Chiozzi, Federica Cellai, Sabina Cigoli, Giusy Costa, Iris Dall Aglio, Luisa Dizioli, Gianvito Donati, Giulia Fabiano, Alessio Faliva, Rosa Stella Fontanella, Giuseppina Generali, Loredana Massari, Lino Miglioli, Elisabetta Scotti. Vittorio Cigoli, Raffaella Gazzoni, Nadia Poli, Emanuela Saita, Enzo dal Verme. Cremona, dicembre

3 Progetto a cura di ACCD Onlus promozione e finanziamento Laboratorio di fotografia La cura in un gesto Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Cremona ideazione e realizzazione La dimensione estetica del dolore Dall attesa alla speranza passando per i luoghi e il con-tatto con l altro Aroproductions partner unico 4 5

4 ACCD: DA PIÙ DI VENT ANNI NELLA CURA DEL DOLORE QUANDO LA CURA PASSA ATTRAVERSO LA COMUNICAZIONE E con immenso piacere che l Associazione Cremonese per la Cura del Dolore ha sostenuto e promosso, in ogni sua fase, il progetto di formazione e comunicazione La cura in un gesto; progetto innovativo che mette al centro la persona in ogni declinazione e, nello specifico, intesa come operatore sanitario, paziente e volontario. La cura in un gesto è un progetto singolare e per sua intrinseca natura precursore. Nato dall esigenza di sondare nuovi percorsi di comunicazione e formazione, con lo scopo di indagare i molteplici aspetti della relazione all interno di un organizzazione sanitaria, si è trasformato in un autentico racconto per immagini. ANTONIO AURICCHIO PRESIDENTE ACCD ONLUS Questo nella piena convinzione che la collaborazione fra mondo del volontariato e servizio pubblico sia una risorsa imprescindibile; nel nostro caso comprovata da un esperienza proficua che vede, da più di dieci anni, ACCD Onlus impegnata con l Azienda Ospedaliera di Cremona nella gestione dell Hospice - ubicato all interno dell Ospedale cittadino - e nell assistenza domiciliare sul territorio. SIMONA MARIANI DIRETTORE GENERALE AO CREMONA Il progetto, reso possibile dalla collaborazione sinergica con l ACCD Onlus, ha coinvolto gli operatori dell Unità Operativa di Cure Palliative con Hospice, dei reparti oncologici e i volontari. Questo perché si è voluto sperimentare un metodo basato su uno scambio reale fra docenti e discenti all interno di un gruppo eterogeneo che ricreasse in aula un équipe multidisciplinare. La precisa volontà che l Hospice non sia vissuto esclusivamente come un luogo di dolore o fine vita ha motivato la nostra Associazione a sondare percorsi alternativi di comunicazione finalizzati a far conoscere la realtà essenziale delle cure palliative. Realtà fatta di momenti vitali, di accoglienza e sostegno ai pazienti e ai loro familiari, di un approccio terapeutico e di luoghi che ripercorrono tempi e modi della quotidianità domestica. Se è vero che il dolore è un esperienza che fa parte della vita è altrettanto vero che va affrontato con tutti gli strumenti oggi disponibili. Strumenti fra i quali la formazione e la comunicazione devono essere ritenuti passaggi peculiari e paradigmatici nella promozione e divulgazione di una cultura del dolore libera da pregiudizi e fondata sulla complessità dell individuo. Per queste ragioni l auspicio è che iniziative come questa si possano ripetere in futuro. A tale proposito ACCD desidera sin d ora rinnovare il proprio impegno in questa direzione poichè è solo mediante lo scambio esperienziale, il confronto aperto, lo studio e la ricerca che si può guardare in modo costruttivo al futuro. Nella convinzione che la comunicazione non può essere efficace se non condivisa anche nella pratica quotidiana, mediante l ascolto dei protagonisti della relazione di cura, si è pensato di valorizzare attraverso l impiego di una didattica innovativa, gli aspetti individuali e umani che nella loro unicità contraddistinguono ogni persona anche nello svolgimento della professione. A sorprendere è stata la partecipazione, il coinvolgimento, l impegno di ciascuno e soprattutto gli esiti positivi in termini di utilità e ben-essere sia personale che professionale. Il 99% dei partecipanti ha, infatti, valutato l intero percorso formativo con il massimo del punteggio previsto. Questo grazie all opportunità offerta di poter sperimentare che l ospedale non è necessariamente un non luogo, che partire da ciò che si vede, spesso, significa arrivare all essenza; che considerare le diversità e parlare di noi aiuta a capire gli altri senza vincoli o pregiudizi di sorta. Questa pubblicazione diviene quindi testimonianza emblematica di una esperienza concreta di umanizzazione in ospedale che, attraverso la fotografia e le parole, evidenzia in modo insolito ma peculiare la capacità di pensiero e di elaborazione, la sensibilità e le competenze di chi ogni giorno entra in contatto con il dolore. 6 7

5 PIANTE VERDI NONOSTANTE TUTTO STEFANIA MATTIOLI RESPONSABILE UFFICIO STAMPA E COMUNICAZIONE AZIENDA OSPEDALIERA DI CREMONA RESPONSABILE SCIENTIFICO E DOCENTE PROGETTO LA CURA IN UN GESTO Laureata in Lettere moderne presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell Università degli Studi di Parma, dal 2003 è giornalista pubblicista. Collaboratore di StileArte dal 2000 e di altri periodici di settore, da 15 anni si occupa di comunicazione aziendale e ufficio stampa in diversi ambiti. In aula ho incontrato persone. Persone capaci di ascolto, di raccontare l essenziale, di rappresentare ciò che solitamente sfugge al primo sguardo. Persone curiose verso l inatteso, desiderose di comprendere ed elaborare concetti e sensazioni, di rompere con la consuetudine e scoprire modi altri di mettersi in relazione, difficoltà comprese. Caos. Tensione. Telefono che squilla in continuazione. Disordine organizzato. Senza finestre aperte sull esterno. Paura di quello che può accadere. Unione, accoglienza, sofferenza, abbracci. Intimità. Silenzi. Commozione. Piante verdi nonostante tutto. Parole scritte durante una esercitazione da chi abita i reparti oncologici perché è lì che lavora ogni giorno. Parole che raccontano in modo fulmineo una quotidianità fatta di malattia, professionalità e umanità; di fatica e doveri, di riconoscimento nella gratitudine di chi in quel momento ha bisogno di attenzioni e risposte. Parole in grado di restituire a ciascuno una visione che si fa immagine reale, empatica. Parole che racchiudono meglio di qualsiasi saggio l essenza di quanto accaduto durante gli otto incontri che hanno caratterizzato il foto-laboratorio sperimentale La cura in un gesto ideato e realizzato, con il sostegno lungimirante di ACCD Onlus, dall Ufficio stampa e comunicazione dell Azienda Ospedaliera di Cremona in collaborazione con Aroproductions e molti altri professionisti autorevoli, portatori di nuovi saperi e conoscenze. Per comunicare e comprendere il dolore dobbiamo affidarci alle parole e all immaginazione di chi ascolta. Questo è accaduto attraverso una sperimentazione didattica che mai ha significato improvvisazione; che ha impiegato strumenti non convenzionali (per un operatore sanitario) quali letteratura, fotografia, pittura, cinema, con lo scopo di attivare percezioni individuali e affidare a ciascuno il compito di creare collegamenti proficui con il proprio vissuto personale e professionale. Quale rara opportunità? Trasformare un percorso formativo in testimonianza individuale e per questo unica. Che non ci possa essere umanizzazione senza umanesimo è convinzione comprovata anche da questa esperienza all interno della quale ogni tema è stato trattato con intenti di profondità e leggerezza, mettendo da parte tecniche e tecnicismi per annullare la giusta distanza che separa, approdo salvifico, talvolta inconscia rimozione. Raccontare il dolore non ha significato allontanarlo, renderlo inoffensivo, bensì affermarlo come elemento vitale. Che non sarebbero esistite risposte giuste o sbagliate ce lo siamo detti al primo incontro. Della complementarietà del potere evocativo di parole e immagini e di tutti gli altri elementi di comunicazione (gesto, tatto, luogo, sguardo, ecc.) abbiamo avuto prova ad ogni esercitazione. Parlare di noi per comprendere gli altri è considerazione annotata più volte da chi si è messo in cammino in un simile viaggio dal quale nessuno poteva prevedere con che cosa sarebbe tornato a casa. Pensare a questa pubblicazione come una sorta di ritorno a casa, preludio certo di nuove partenze, è forse l approccio simbolicamente più rappresentativo. Un ritorno che trova la sua ragion d essere nella diversità di impressioni ed emozioni, nella rivelazione di attitudini e potenzialità altrimenti inespresse. Senza incespicare in presunzione alcuna, con ogni probabilità, ciò che si scorge nelle fotografie qui scattate per diletto è semplicemente l invisibile vita che è il più della nostra vita. Nota: ho rubato il titolo Piante verdi nonostante tutto dagli appunti di Daniela che ringrazio perché non avrei saputo fare di meglio. 8 9

6 DA DOVE SIAMO PARTITI Dal desiderio di mostrare che professione e passione sono due elementi complementari che costituiscono l essenza di ciascuno. Dalla considerazione che osservare è capire, vedere è raccontare. Siamo partiti nel 2012 dalla realizzazione di uno spot commissionato da ACCD Onlus. Lo scopo era quello di illustrare il principio essenziale delle cure palliative e l attività in Hospice. In quell occasione proprio le stanze dell Hospice, grazie ad Aroproductions, si sono trasformate in set cinematografico e gli operatori sanitari in attori per un giorno. Cosa è accaduto? Un elemento vitale ed estraneo è entrato in un luogo al quale si associano in prevalenza dolore e mancanza di speranza. L energia scaturita e la richiesta inaspettata di una paziente che si è offerta come testimonial della campagna fotografica ci ha fatto intendere che quello sarebbe stato l inizio di qualcosa di altro, che in ogni situazione si può fare molto. PERCHÈ LA CURA IN UN GESTO Se è vero che la terapia farmacologica non è l unica possibile, in che modo la cura passa attraverso il gesto? Quali sono i gesti che curano? Ogni gesto ha un peso nella relazione con l altro? In che misura i nostri gesti comunicano esattamente ciò che desideriamo comunicare? Quali sono i gesti che esprimono e raccontano il dolore? Come vengono percepiti e con quale esito? Come vengono rappresentati e come potrebbero essere rappresentati? Interrogativi, questi, che non possono avere risposte univoche e universali, bensì declinate dal sentire individuale nella consapevolezza che la professione svolta in ambito sanitario (qualsiasi ruolo) è imprescindibile dalla relazione con l interlocutore che (nello specifico) è una persona vulnerabile poiché attraversata da una fase complessa dell esistenza (malattia/dolore). SCOPO Fornire agli operatori dell Hospice e dell Area oncologica dell Azienda Ospedaliera di Cremona, attraverso elementi non sanitari (fotografia, letteratura, cinema, interpretazione iconografica e iconologica) uno strumento di indagine e riflessione sulla loro professione/ruolo, sulla relazione con l altro (paziente, collega, volontario) e con il luogo. Offrire la possibilità di rappresentare attraverso le immagini competenze, emozioni, vissuti e sensazioni. METODO Il laboratorio non ha valenze di apprendimento in senso stretto, bensì valenze comunicative e ludico-esperienziali. Lezioni frontali ed esercitazioni pratiche, sia in aula che a casa, contraddistinguono gli otto incontri del percorso. I tutor hanno il compito di gestire la relazione in aula mediante una forma di insegnamento caratterizzato esclusivamente da uno scambio esperienziale e paritario. I partecipanti possono sperimentare una nuova modalità di interpretazione della realtà che passa attraverso il pensiero, l emozione e la creatività. UNA CLASSE ETEROGENEA Il confronto per essere autentico deve essere diversificato. L idea di aprire il corso a medici, infermieri, oss, volontari, amministrativi e studenti è supportata dalla convinzione che lavorare insieme in ogni contesto, in particolare all interno di un organizzazione complessa come è un ospedale, significa conoscere e riconoscere le singole professionalità, mettere in relazione diversi ruoli e competenze nella condivisione di una finalità comune. ESITO La possibilità di elaborare vissuti ed emozioni in modo inconsueto e peculiare, comprendere le potenzialità della fotografia e delle immagini quale accesso facilitato ai sentimenti e alla parola. I temi affrontati (gesto, dolore, attesa, con-tatto, luogo, scelta) hanno permesso di creare un clima di fiducia in cui la testimonianza di ciascuno talvolta molto privata è stata vissuta come spontanea: l assenza di giudizio ha fatto sì che il gruppo si comportasse come tale senza generare alcun conflitto. Durante il percorso formativo, grazie a metodologia e strumenti utilizzati, si sono annullati i ruoli e sono emerse le persone. Le diversità di cultura e formazione non sono mai state un ostacolo, anzi. L intento riuscito è stato quello di costituire uno spazio di ascolto e di intervento nel quale ciascuno ha potuto essere parte di un esperienza che ammette il confronto, il dialogo, la ricerca e l esplorazione. Il 99% dei partecipanti ha valutato il corso con il massimo punteggio possibile in termi di utilità e ben-essere. STRUTTURA DEL FOTOLIBRO Nella redazione del fotolibro si è seguito un criterio teso a dare evidenza e valore al lavoro di tutti: ordine alfabetico, massimo quattro foto per autore, didascalie che raccontano, immagini che attestano la sensibilità, il gusto estetico, la capacità riflessiva ed espressiva di ciascuno. Partendo dall assunto che brutto e bello sono sterili convenzioni, ogni linguaggio è degno di essere interpretato e una interpretazione è sempre possibile. INFORMAZIONI Stefania Mattioli Ufficio stampa e comunicazione Azienda Ospedaliera di Cremona Tel s.mattioli@ospedale.cremona.it

7 I DOCENTI CHE HANNO COLLABORATO LORENZO GIGLIO FOTOGRAFO Diplomato alla scuola di fotografia R. Bauer di Milano, ha eseguito lavori in Italia e all estero, pubblicati da autorevoli riviste (D di Repubblica, Class, Gioia, Grazia, Oggi, Chi, ecc ). Socio fondatore di Aroproductions, da anni si occupa di nuove tecnologie legate a fotografia e video che intende non solo quali mezzi di documentazione ma soprattutto di espressione e comunicazione. Il suo lavoro di fotografo, nel tempo, si è arricchito di numerose esperienze in qualità di regista e direttore della fotografia. Credo nella fotografia e nelle relazioni. Per questa ragione ho contribuito alla ideazione di questo corso di formazione. La fotografia rappresenta, per me, un mezzo ideale nel rapporto con il mondo; è uno strumento capace di abbracciarlo e di vincere barriere e ostacoli. Le giornate trascorse all interno del corso raccolgono un percorso che utilizza la fotografia come medium, metafora, luogo del confronto e del contatto; come fondamentale processo che aiuta a crescere e a migliorarsi. Nella vita professionale e privata desidero, quando possibile, condividere il mio cammino ed è per questo che ho desiderato rendere partecipi di questa esperienza anche Luca Orioli e Gianmaria Carrara, due cari amici oltre che alleati in Aroproductions. VITTORIO CIGOLI PSICOLOGO Professore ordinario di Psicologia Clinica delle Relazioni di Coppia e di Famiglia presso l Università Cattolica di Milano. Direttore dell Alta Scuola di Psicologia A. Gemelli (Master, Workshop e Seminari internazionali), dove dirige i Master Universitari di Mediazione Familiare e Comunitaria e di Clinica delle relazioni di coppia. Ho deciso di partecipare a questa iniziativa per il suo valore intrinseco. Da anni, all interno di diversi gruppi di ricerca, mi occupo della cura e del sostegno psicologico di persone, coppie e famiglie colpite da patologie oncologiche, spesso alle prese con la complessità e la delicatezza che la fase terminale della vita comportano. L aspetto che più mi ha interessato del laboratorio La cura in un gesto è l eterogeneità dei discenti. Affrontare un percorso formativo insieme a medici, infermieri operatori socio-sanitari e volontari, nella condivisione delle diverse competenze, ritengo sia la strada da percorrere per il bene del paziente, per una sanità tesa al futuro con uno sguardo aperto e capace di valorizzare gli aspetti più autentici dell individuo. EMANUELA SAITA PSICOLOGA EMANUELA SAITA PSICOLOGA Professore Associato, Facoltà di Psicologia presso l Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Impegnata in diversi progetti di ricerca, è autrice del saggio Psico-oncologia: una prospettiva relazionale (2009 UNICOPLI - Milano - Italy) e di numerose altre pubblicazioni. GIOVANNI PELLOSO CRITICO FOTOGRAFICO Laureato in Sociologia e dottore di ricerca in Marketing e Comunicazione d Impresa, è giornalista e critico di fotografia del Corriere della Sera. Coautore del Dizionario mondiale della fotografia (Rizzoli/ Contrasto), dal 2009 è membro del comitato direttivo del PhotoFestival di Milano. Docente a contratto, si occupa di sociologia dei consumi e di strategia pubblicitaria. Svolge attività didattica e di ricerca presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo dell Università IULM. È ricercatore associato dell Acquario Civico di Milano. Perché ho deciso di partecipare a questa iniziativa? Per un dialogo, un confronto. Ritengo che la fotografia sia un medium straordinario: vicino all uomo, semplice e, al tempo stesso, inaspettato e rivelatore. Perché può ispirare, stimolare. Può far nascere riflessioni e suggerire, a colui che s avvicina senza pregiudizi, l esistenza di più punti di vista. La fotografia ci propone di avvicinare il mondo; di incontrare l altro scansando un unico sguardo, un unico protocollo, un unico pensiero. Di scoprirci uomini fra gli uomini. Di abbandonare per un attimo il nostro ruolo, le formalità, ed essere viaggiatori. Semplicemente. Meravigliosamente. Ho scelto di esserci per approfondire, in un territorio che comprende il dolore, l incertezza, la sofferenza, la partecipazione e la dedizione, il valore di un percorso di relazione e di emozione

8 RAFFAELLA GAZZONI Da 20 anni opera nel campo del massaggio. Da qui ha sentito l esigenza di approfondire lo studio degli effetti a livello psico-emotivo del tatto/con-tatto: l aptonomia, ossia la tecnica del contatto psicosomatico. Col tatto si comunica, si comprende, ci si emoziona, ma soprattutto si coinvolge tutto il corpo grazie alla nostra pelle. Durante le lezioni come quella tenuta per il progetto La cura in un gesto si sperimenta la potenzialità del tatto e del contatto. L aula diventa un luogo di incontro e scambio; di emozioni, ricordi, scoperte, approfondimenti, sguardi; le distanze si accorciano, le barriere si allentano, le difese si abbassano e scopriamo quanto sia importante la nostra pelle come organo sensoriale e di comunicazione, quanto si possano amplificare le situazioni, quante sfumature regolarmente ci sfuggono. Credo molto nei progetti di questo tipo, ritengo che tutto questo sia importante nell ambito ospedaliero per evitare di cadere nella monotonia dei gesti, nella meccanicità comportamentale. Entrando in con-tatto col paziente si può comunicare in modo diverso, si possono cogliere esigenze nascoste, l individualità, le sfumature di ognuno e ciò permette loro di manifestarsi liberamente e vivere meglio il momento di malattia che stanno attraversando, e a noi, di svolgere meglio il nostro lavoro. ENZO DAL VERME FOTOGRAFO I ritratti di Enzo Dal Verme sono stati pubblicati da Vanity Fair, l Uomo Vogue, The Times, Vogue Sport, Marie Claire, Gioia, Grazia, Flair, Amica, D di Repubblica, l Espresso, Madame Figarò, Elle, Glamour, Class, Max, Panorama e molte altre riviste. Ho accettato con entusiasmo la richiesta inusuale di intervenire nella serie di incontri all Ospedale di Cremona perché ho trovato il progetto interessante e utile. Quando mi è stato spiegato l intento della serie di lezioni che si sono susseguite prima della mia, ho deciso di adattare, per l occasione, ciò che generalmente insegno a un pubblico di fotografi a proposito di ritratti. Abbiamo esaminato tanti fattori che spesso interferiscono nel rapporto fotografo soggetto: pregiudizi, insicurezze, incomprensioni, timori. Si è parlato di molti aspetti, per esempio dove puntare l obiettivo (sulle forme o sulla vita che anima le forme?) e abbiamo esplorato alcune qualità che occorre coltivare per vedere nelle persone ciò che spesso si tende a non percepire. Diversi sono stati gli esercizi per provare in prima persona come preparare il terreno perché in un incontro anche brevissimo ci possa essere fiducia, rispetto e apertura in modo da favorire un buon ritratto o semplicemente una buona comunicazione. È stato interessante per me rivolgermi ad un pubblico diverso dal solito percependo comunque un grande interesse. Noi Infermieri italiani nel tempo, abbiamo percorso una lunga strada che ci ha portato ad accrescere le nostre conoscenze in molti ambiti del sapere scientifico e umanistico. Dobbiamo ricordarci continuamente che in ogni nostro gesto di cura si nasconde la vera essenza dell assistere, che ogni con-tatto con e per l altro è cura, è aiuto. NADIA POLI DIRETTORE SITRA AZIENDA OSPEDALIERA DI CREMONA Infermiere di lunga esperienza, docente presso Corsi di Laurea in Infermieristica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università degli Studi di Brescia. Autice insieme a Giuliana Masera del saggio Vicinanza e lontananza attraverso i gesti di cura (Franco Angeli Editore). Capire quando e come avvicinarsi o sottrarsi al corpo dell altro, richiede sensibilità e capacità di accoglienza. Corpi quotidianamente incontrati provocano, a volte inquietano, rimandano spesso al senso ultimo del nostro esistere, mettendo a dura prova la capacità di essere accanto al pudore ed alla vergogna, ma soprattutto al dolore e alla sofferenza. L attenzione alla comunicazione corporea, ai messaggi trasmessi più o meno consapevolmente anche attraverso i gesti, può consentire agli operatori maggiore consapevolezza, aprendo così uno spazio di riflessione circa il proprio modo di agire la cura

9 Laboratorio di fotografia La cura in un gesto FOTO-GRAFIE Racconto per immagini dei partecipanti 16 17

10 PATRIZIA AGATI la luce dopo le tenebre s i l e n z i o è a t t e s a il calore di un abbraccio professione contabile passione creazione di bigiotteria il mio peggior difetto disordinata colore preferito rosa il mio sogno di felicità amare ed essere amata 18 19

11 RAFFAELLA BALZANI l infraordinario quotidiano trovo eleganti le cose che non urlano lo sguardo/abbraccio di una mamma il colore di un bacio professione t e c n i c o s a n i t a r i o i n r a d i o t e r a p i a passione lettura il mio peggior difetto c a p a r b i e t à colore preferito rosso, blu, giallo, verde, nero il mio sogno di felicità vivere sempre a colori 20 21

12 DANIELA BASSANI nulla è come prima suona la campana del mattino vengo anch io sì tu sì professione coordinatore radioterapia passione lettura il mio peggior difetto indulgenza colore preferito verde smeraldo il mio sogno di felicità viaggiare a lungo 22 23

13 MARIALAURA CARUSO nel vortice delle mie emozioni quotidiane il colore dell esperienza all infinito donare tempo, tempo che scorre inevitabilmente una carezza inaspettata professione medico hospice passione cucinare il mio peggior difetto grido quando perdo la pazienza colore preferito blu il mio sogno di felicità maternità 24 25

14 MARTA CAVIGLIA spaccatura (il dolore spacca ogni equilibrio) ferita che rimane impressa nel tempo libertà, più leggeri dopo aver vissuto il dolore professione infermiera oncologia passione s t a r e c o n l a m i a b a m b i n a il mio peggior difetto cambio umore facilmente colore preferito giallo il mio sogno di felicità veder crescere mia figlia 26 27

15 DONATELLA CHIOZZI i limiti del dolore riconoscere il dolore s e n z a p e n s i e r i c è sempre speranza professione infermiera assistenza domiciliare passione fare la mamma il mio peggior difetto timidezza colore preferito b l u il mio sogno di felicità io e mio marito in una casa di campagna con figli ed amici 28 29

16 FEDERICA CELLAI quando tutto dorme raccoglimento sospesi e accolti professione infermiera hospice passione apprendere il mio peggior difetto l incostanza colore preferito azzurro, amaranto il mio sogno di felicità un amore pieno 30 31

17 SABINA CIGOLI attesa (l ospite che arriva) la vita è andata a nascondersi, magari dopo torna prospettiva di serenità con-tatto e con-dolcezza, il tempo non è uguale per tutti professione i n f e r m i e r a t e r a p i a d e l d o l o r e c o n h o s p i c e passione famiglia il mio peggior difetto introversione colore preferito blu il mio sogno di felicità molte più ore libere 32 33

18 GIUSY COSTA anche la notte ha la sua luce presenza costante albero, attesa, volo resti sospesa tra il cielo e la terra professione infermiera day surgery passione famiglia il mio peggior difetto impulsività colore preferito azzurro il mio sogno di felicità salute, pace e serenità 34 35

19 IRIS DALL AGLIO in casa il contatto che cura lasciare assenza professione educatrice e musicoterapista passione ballare il tango il mio peggior difetto giudico spesso colore preferito blu il mio sogno di felicità vivere in campagna, vicino al mare 36 37

20 LUISA DIZIOLI sognare, sperare, intravedere mantenere un contatto, trasmettere sentire insieme all altro avvolgere, sostenere, circondare professione infermiera oncologia passione giardinaggio il mio peggior difetto scarsa autonomia colore preferito verde il mio sogno di felicità un viaggio 38 39

21 GIANVITO DONATI la retta via calma apparente in attesa dei passeggeri professione c a p o s a l a d a y h o s p i t a l o n c o l o g i c o passione sport il mio peggior difetto riservatezza colore preferito blu il mio sogno di felicità in riva al mare con la mia famiglia 40 41

22 GIULIA FABIANO tracciati sguardo, incontro non solo una scala professione psicologa passione leggere sul divano il mio peggior difetto p i g r i z i a colore preferito dal blu all azzurro, tutte le tonalità il mio sogno di felicità un capanno in riva al mare 42 43

23 ALESSIO FALIVA speranze fiducia vivere e sentimento professione medico terapia del dolore passione costruire con le mani il mio peggior difetto pigrizia colore preferito blu il mio sogno di felicità famiglia allegra 44 45

24 ROSA STELLA FONTANELLA speranza e tenacia sguardo che riflette abbraccio che partecipa professione volontaria passione decupage e sartoria il mio peggior difetto decisionalismo e autonomia colore preferito verde il mio sogno di felicità al mare con tutta la mia famiglia 46 47

25 GIUSEPPINA GENERALI s u l l a s t r a d a d i c a s a la giusta distanza questa sono io attesa di felicità professione caposala hospice passione lettura il mio peggior difetto ipercritica colore preferito rosso, arancio il mio sogno di felicità abitare vicino al mare 48 49

26 LOREDANA MASSARI l abbandono q u a l c u n o s i a l l o n t a n a essere lasciati professione infermiera day hospital oncologico passione musica e fotografia il mio peggior difetto ostinazione colore preferito blu il mio sogno di felicità le risate in famiglia davanti al camino acceso 50 51

27 STEFANIA MATTIOLI chiedimi se sono felice vuoto a perdere chi è di scena? relazione evanescente professione giornalista pubblicista passione e s s e r e i n v i a g g i o il mio peggior difetto pigrizia invernale colore preferito blu, grigio il mio sogno di felicità a piedi nudi sulla sabbia 52 53

28 L i n o h a p a r t e c i p a t o a d o g n i l e z i o n e e h a d e c i s o d i n o n r a p p r e s e n t a r e p e r i m m a g i n i i l s u o s e n t i r e. L a s u a p r e s e n z a i n c a t a l o g o è n e c e s s a r i a m e n t e a f f i d a t a a l l e s u e p a r o l e. Il tempo di accompagnamento dei pazienti in Hospice è u n t e m p o m o l t o l e n t o, p r e z i o s o, f a t t o d i p i c c o l e c o s e e d a t t e n t o ai movimenti impercettibili delle sensibilità dell animo. È e s s e n z i a l e, p r i m a d i d i r e o f a r e, e s s e r c i. Per essere volontari in Hospice bisogna amare la vita. LINO MIGLIOLI professione volontario ACCD passione non so, sono troppe il mio peggior difetto accumulare per poi esplodere colore preferito verde il mio sogno di felicità volare 54 55

29 ELISABETTA SCOTTI luogo sicuro e sconosciuto sguardo oltre conflitti e difficoltà riflessi di dolore la vita nonostante tutto professione Oss in hospice passione lettura il mio peggior difetto reagire con rabbia in alcune situazioni colore preferito rosso il mio sogno di felicità futuro di serenità 56 57

30 PAROLE IN CORSO Frammenti letterali tratti dai diari di chi ha partecipato Dopo ogni lezione abbiamo chiesto a ciascun discente di rispondere in modo sintetico e di raccontare con sincerità le proprie impressioni, sensazioni, opinioni rispetto a quanto era stato proposto in aula. Qui pubblichiamo in forma anonima alcuni passaggi fra i più salienti. La trascrizione è letterale. Un aspetto peculiare che l ha particolarmente colpita/o sorpresa? Le profonde sensibilità espresse. Imparare a pensare attraverso i miei occhi, gli esempi fatti sull importanza della forza mentale come via di uscita anche da un corpo malato. Intendere la fotografia come mezzo per parlare agli altri di sé stessi. La relazione fra l arte e il gesto: mi ha interessato notare il filo del processo creativo negli artisti proposti. Tutti ci siamo mostrati e raccontati in maniera molto intima. La difficoltà a commentare immagini molto personali da parte di persone di solito per nulla timide. Una cosa mi ha colpito: che un immagine ad una persona possa dire poco o niente e ad un altra persona destare curiosità, sensazioni, emozioni. Vedere le cose sotto altri punti di vista con l aiuto della fotografia. L opportunità attraverso la fotografia di conoscere l altro. La spontaneità del gruppo a mettersi in gioco. Che è molto difficile raccontarsi in pubblico. Riuscire a parlare di argomenti personali davanti a persone che non conosco. Che il dolore può essere un elemento vitale. Questo corso è nuovo, interessante, stimolante. La sensibilità e la ricchezza dei contenuti. L uso della fotografia nel lavoro fatto con i ragazzi guariti dal tumore. Che il dolore, le emozioni, le sensazioni, gli stati d animo possano avere una connotazione visiva, possano essere documentati dalla fotografia. Che la foto è un accesso ai sentimenti e alle percezioni del paziente legate alla sua esperienza. Mi ha colpito quanto possa essere diverso osservare la stessa cosa da differenti punti di vista, la visualizzazione della sequenza fotografica come espressione dell evoluzione di una emozione. L ascolto silenzioso delle persone in aula. La forza dell immaginazione che impieghiamo per superare il limite fisico. Come si possa attaccarsi e resistere attraverso immaginazione e memoria, mi è piaciuto come nell impossibilità più totale in realtà l essenza vitale continui nella dimensione delle immagini e delle sensazioni. Il vissuto di ognuno di noi plasma il sentimento, il pensiero, la visione delle cose: attesa, speranza, disperazione, distacco, cambiamento se resto in posizione di ascolto, attendo e ho speranza. La verità dei vissuti che influenza la lettura di immagini e accadimenti e rende atto a differenti interpretazioni. Mi è piaciuto molto il poter vedere, sperimentare, riflettere, lasciare delle tracce. Non avevo mai e poi mai pensato all attesa come incontro, alla potenza delle immagini come tramite dell io verso gli altri e viceversa. La chiara e sensibile esposizione del tocco relazionale. Come il con-tatto possa eludere le barriere, creare armonia e serenità anche fra persone che non si conoscono. Mi ha colpito il fatto che questa mattina ci siamo tutti sciolti, lasciati andare; che eravamo sereni e sembrava che ci conoscessimo da tempo. La cordialità di questa giornata. Mi ha colpito pensare ai luoghi che ogni persona attraversa. La funzione complementare di parola e fotografia. I luoghi silenti che danno il massimo significato alle cose che non vogliono averne, bellissimo vero!! Che ogni luogo e ogni cosa possono essere vissuti da me in modo unico. Quanto parola e immagine possano essere potenti: come vedere con occhi diversi possa trasformare un luogo di abitudine in un luogo di sorpresa. L attenta osservazione dello spazio. L approfondimento di un luogo che è abitato da pazienti e noi operatori, abitare è fare esperienza di relazione. Non mi aspettavo che la difficoltà ad aprirsi e mettere in gioco aspetti di sé stessi si potesse palesare attraverso la difficoltà di scattare ritratti. Mi ha colpito quanto il fermarsi soffermarsi su un particolare anche bello della persona con cui ci si relaziona alteri, condizioni la mediazione, la relazione. Una cosa alla quale non aveva mai pensato/o che non conosceva? Non conoscevo la poetica di Alberto Burri, mi ha commosso. Che dietro alla fotografia ci fosse un progetto, questo mi ha incuriosito. Ho trovato fantastico Giacometti. La frase di Mimmo Jodice chi guarda una mia foto guarda i miei pensieri. Scoprire la forza della fotografia intesa come strumento di indagine di storie, fatti, culture ed emozioni che riguardano l uomo. La differenza fra una buona foto e una bella foto. Che spesso l opera d arte è una ricerca di senso di sé e che il processo creativo sempre cura. L ospedale così come lo vedo ora. Non avevo mai pensato di eseguire un percorso di questo tipo associando fotografia a dolore, ne sono affascinato. Quanto può esprimere una immagine quante emozioni. La difficoltà a raccontarmi. Come in base al vissuto soggettivo si possano scoprire da una foto idee sensazioni diverse rispetto a chi l ha materialmente scattata. La luce diversa che hanno negli occhi quelli che soffrono e che poi diventano più forti. La parola da sola non è in grado di farsi memoria, c è bisogno dell immagine. Come è difficile fotografare la speranza. L uso della macchina fotografica per me un illustre sconosciuta. Non ho mai pensato a come è significativa l esperienza del dolore nella vita di tutti noi. Che la fotografia non documenta solo fatti o persone ma stati d animo, passaggi di emozioni, frammenti di pensiero. Non riesco più a spostarmi senza macchina fotografica al seguito. Di fissare la mia attenzione su particolari che prima passavano inosservati ma che ad una lettura più attenta e profonda possono rivelarsi davvero significanti. Condividere con altri dipendenti le riflessioni proposte dal corso ha permesso di riorganizzare meglio alcuni comportamenti, atteggiamenti e consuetudini che sono migliorate. La parola attesa a cui ho sempre attribuito un sentimento statico oggi la sento come un occupazione della mente: anche attendere vuol dire fare qualcosa

31 PAROLE IN CORSO Frammenti letterali tratti dai diari di chi ha partecipato Non pensavo fosse così stimolante immedesimarsi in un quadro e fare associazioni. Credo sia servito alla mia autostima perché purtroppo sono una persona insicura e timida; ho bisogno di poter condividere sempre con altri le mie sensazioni. Non avevo mai visto, letto, pensato la vita come un susseguirsi di attese. Alla sottile linea che separa l attesa dalla speranza che spesso di fondono in un unica dimensione. Alla possibilità di riordinare i pensieri grazie ad un corso di formazione. Le molteplici e infinite possibilità soggettive di interpretazioni. Spesso è quello che non c è nell immagine a suggerire il significato. Ho imparato a mantenermi in una posizione di ascolto. Una cosa a cui non avevo mai pensato è che il vero compimento dell attesa è la vita. La possibilità di trovare una visione soggettiva e profonda di immaginazione a prescindere dalle intenzioni dell autore dando a sé stessi la possibilità di conoscersi meglio affinando la percezione della realtà. Che il ben-essere deriva dalla condivisone. L aver approfondito un argomento così delicato (con-tatto) con tanta sensibilità e serenità. Il contatto rappresenta un canale privilegiato di emozioni e sensazioni. Non ho mai pensato che il mio voler con-tattare un altra persona non procurasse lo stesso piacere che dava a me, anzi che potesse creare disagio. Che il luogo comincia con le parole ed è davvero così. Che la vita è andata a nascondersi. Magari dopo torna ; questa frase è molto espressiva. Non ho mai dato un significato alla parola infraordinario ma soprattutto non gli avevo mai attribuito un importanza così ampia; l ordinario è veramente straordinario. Non avevo mai pensato alla forza evocativa che può avere anche un graffio sul muro, quasi come un orma lasciata dall anima. Saper ascoltare un luogo lasciandolo essere. Osservare dettagli di un luogo sconosciuto. Non immaginavo che si potesse creare un rapporto così intimo fra due sconosciuti attraverso l obiettivo della macchina fotografica. Quanto la fotografia potesse essere interessante e parlarci di relazione. In relazione alla Sua professione, in che misura da 5 a 10 ritiene utile questa giornata di studio e perché? Il 98% dei partecipanti ha assegnato il punteggio massimo ad ogni incontro. Il 99% dei partecipanti ha valutato nel suo complesso il corso con il massimo del punteggio. Qui sono riportate solo le considerazioni legate al perché è stato utile. Per staccare la spina dai pensieri lavorativi e riattaccarla dopo qualche ora carica di sentimenti positivi, soddisfatta. superare il dato scontato per riscoprire l unicità di ogni uomo. Il contenuto espresso fa parte del mio essere volontario in Hospice. I gesti e la comunicazione sono alla base della nostra professione. Tutto ciò che fa pensare è utile. Per l utilizzo di un strumento nuovo come possibilità di espressione. La conoscenza e il confronto sono sempre molto utili. Per l apertura ad una nuova prospettiva e ad una maggiore attenzione ai dettagli. Perché mi ritrovo sempre di più nel mio ruolo. Perché sono riuscita ad associare ogni foto, dipinto ad esperienze lavorative e a pazienti; ciò mi ha permesso di elaborare le mie emozioni. È stata importante perché mi ha ricordato che oltre alle mie mansioni da svolgere è doveroso non dimenticare l aspetto emotivo durante la relazione con l ammalato. Perché ritengo fondamentale nel mio lavoro comprendere e trattare il dolore in tutte le sue sfumature e apprenderlo attraverso esperienze e vissuti di altre persone è impagabile. Bello partire da noi, esporsi e raccontarsi. Per la capacità di evocare emozioni. Perché in una professione che si basa sulla comunicazione, l approfondimento dei diversi stili comunicativi è fondamentale. Ritengo siano molto utili le esercitazioni in classe e a casa. Perché il dolore è un esperienza che vivo quotidianamente nel reparto dove lavoro. Perché capisco che non esiste solo il mio punto di vista. Perché ha soddisfatto la mia esigenza di acquisire competenza nella comunicazione, in particolare rispetto al linguaggio non verbale. Perché mi ha aiutato a capire che il dolore è unico per ognuno che io non lo posso gestire ma comprendere. Perché la condivisione e la partecipazione creatasi in aula è di stimolo e di auto. Ho trovato utile il lavoro a casa sulla sequenza fotografica sul dolore, quasi terapeutico. Per trovare, provare, sostare, ascoltare, dire. Perché mi ha fatto fermare per ascoltare l altro. Perché si parla di noi e si capiscono gli altri. Perché ha rafforzato la mia convinzione che il rapporto con il paziente nasce attraverso lo sguardo. Perché aiuta a migliorarsi. Perché spesso ci si trova a sostenere lo sguardo dei nostri pazienti che è come se ci entrassero dentro per chiedere aiuto, cercare risposte, comunicarci il loro stato. Perché mi è servito ad aprire la mente. Perché ritengo che le relazioni con gli altri siano molto importanti. Perché il dolore ti fa perdere l umanità e nella mia professione è importante non far perdere l umanità a chi soffre. Perché mi aiuta ad essere una migliore osservatrice e affrontare al meglio le relazioni. Perché mi ha dato la possibilità di conoscere l utilizzo dell immagine come strumento per l assistenza del gruppo familiare. Come sempre mi è servita ad apprendere tante cose di me in rapporto con l altro e capire se sono davvero pronta all ascolto. Perché ha contribuito a dare un significato più autentico al contatto. Perché mi ha fatto pensare a quanto può essere importante il tocco nella nostra professione. Perché ho capito quanto un corso possa essere importante. Perché mi aiuta ad apprezzare le piccole cose e a valorizzarle. Perché serve a migliorare il nostro lavoro. Per le interessanti considerazioni sul luogo, perché un luogo non è mai neutro. Perché l ascolto dei colleghi aiuta a capire meglio il nostro lavoro. Perché mi ha aiutato ad affinare lo spirito di osservazione e di comparazione fra attese dei pazienti e ciò che veramente un luogo di lavoro può offrire. Perchè tutte le cose raccontate sono riportabili al lavoro della relazione di aiuto. Perché è stata decisamente utile allo svolgimento della mia professione riguardo la terapia del dolore: cercare di entrare in sintonia con le persone, riuscire a discriminare fra i nostri pregiudizi e gli stati emozionali reali del paziente non va mai sottovalutato e non bisogna mai dar per scontato di essere in grado di farlo. Mi ha aiutato a capire aspetti della mia personalità che pensavo di non avere. Questo corso mi ha aiutato a valorizzare alcuni aspetti della mia professione come l ascolto e a migliorare il rapporto con le persone. Utilissimo, per leggere dentro di me aspetti positivi e negativi del mio carattere; per potermi migliorare e offrire ai miei pazienti il meglio nel loro ultimo percorso di vita. Ritengo utilissimo questo percorso formativo perché mi ha fatto sperimentare nuovi punti di vista e conoscere diverse possibilità comunicative da applicare nel quotidiano della professione

32 Laboratorio di fotografia La cura in un gesto backstage 62 63

33 Laboratorio di fotografia La cura in un gesto backstage 64 65

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35 Vincere il pregiudizio è possibile, soprattutto allontanando paura e solitudine. Anche quando la malattia è in fase evolutiva o non è guaribile si può fare molto. Sostieni l ACCD Onlus Banca Popolare di Cremona IBAN IT 92 Q Banca di Credito Cooperativo del Cremonese IBAN IT 55 D Cariparma e Piacenza IBAN IT 42 C Destina il 5 x 1000 Codice fiscale ACCD Onlus: Informazioni Segreteria Hospice Presidio Ospedaliero di Cremona, Largo Priori, da lun a ven hospice.cremona@gmail.com Segreteria ACCD Onlus Via Palestro, 1 Cremona da lun a ven ; da lun a merc accd@accdcr.org L Associazione Cremonese Cura del Dolore Onlus, nata nel 1986, opera al fine di promuovere ed attivare iniziative assistenziali, culturali e scientifiche per favorire il diffondersi della filosofia che sostiene le cure palliative. L ACCD sino ad oggi si è presa cura di più di 5000 persone. Moltissimi sono stati i sostenitori che hanno contribuito a costruire la storia e consolidare la presenza di ACCD sul territorio Cremonese. L Hospice è un luogo dove si cura la persona e non la malattia, dove si condivide insieme ai propri cari e a personale specializzato un percorso finalizzato ad alleviare sia il dolore fisico sia la sofferenza psicologica. Un luogo fatto di stanze luminose che non assomigliano a quelle di un ospedale quanto a quelle di casa propria; un luogo dove si ricevono cure mediche e infermieristiche, ma anche attenzioni, sorrisi, ascolto e tempo dedicato. L Hospice è una struttura moderna e confortevole ubicata all interno dell Ospedale di Cremona e come tale interagisce con tutte le Unità Operative dell Azienda Ospedaliera di Cremona. L assistenza domiciliare è l insieme degli interventi sanitari, socio-sanitari ed assistenziali che garantiscono l erogazione delle cure palliative a casa. Ciò consente al malato e ai familiari di conservare ritmi e cosuetudini; di mantenere il contatto quotidiano con le persone care e le proprie cose. Il tipo di assistenza erogata a domicilio corrisponde al modello di Ospedalizzazione Domiciliare di Cure Palliative (come normato nel 2008 da Regione Lombardia) e ricalca la multidisciplinarietà dell assistenza Hospice mediante un servizio attivo 24 ore su

36 RINGRAZIAMENTI Sovvertendo l ordine gerarchico dei ruoli desidero ringraziare Tutti i discenti per la loro apertura e disponibilità al confronto che ho vissuto come un regalo; Lorenzo Giglio per aver contribuito alla nascita del progetto, per avere supportato e sopportato ogni mia bizzarria, per i nostri accordi e disaccordi; Giovanni Pelloso perché la prima impressione non è quella che conta, per la sua capacità di entrare in con-tatto con l aula; Vittorio Cigoli che con la sua presenza ci ha concesso un momento di studio intenso e singolare; Emanuela Saita perché il suo incontro è di quelli che non si dimenticano, Raffella Gazzoni per l energia positiva e vitale, per il suo intervento decisamente salubre; Enzo dal Verme perché i suoi esercizi di conversazione hanno rivelato sorprese; Nadia Poli per aver testimoniato l importanza del con-tatto nella relazione di cura. Luca Orioli e Giammaria Carrara che ci hanno seguito da lontano. Simona Mariani per aver riposto fiducia in questo progetto, per avermi concesso la possibilità di sperimentare e sondare nuovi percorsi di comunicazione; Ida Beretta che ha condiviso gli obiettivi del progetto in termini di benessere del personale dipendente. Camillo Rossi perchè si è appassionato all idea e ne ha colto il valore umano; Marita Mariotti che da subito ha ritenuto interessante l iniziativa accreditando il corso al sistema ECM. Donatella Giannunzio per il suo appoggio ideologico e l aiuto nella promozione. L ACCD Onlus perché senza la condivisione dei principi e le risorse economiche messe a disposizione il progetto non avrebbe trovato compimento; Antonio Auricchio perché sin dall inizio ha detto sì, perché è un fotografo sensibile; Marisa Dossena perché la differenza generazionale che ci contraddistingue si è rivelata un fondamento sul quale costruire; Giorgio Nolli per l entusiasmo che ha mostrato e rinnovato ad ogni lezione; Diva Negroni per aver capito le reali potenzialità di questa iniziativa e aver assecondato tutte le esigenze organizzative. Katia Ferrari che ha gestito le mie ansie e collaborato alla realizzazione pratica del corso. Tutto lo staff dell Ufficio Formazione dell Azienda Ospedaliera di Cremona che è stato presente e ha garantito lo svolgimento logistico delle lezioni. Grazia Bodini e Daria Scalabrini dell Ufficio stampa aziendale che mi hanno permesso di dedicare tempo e pensiero a questo laboratorio. Elena Viscardi perchè mi ha seguito scrupolosamente nell impaginazione di questo catalogo, per la sua spontaneità appassionata; Enrico Lombardi che da qualche anno mi aiuta a realizzare graficamente idee e progetti a tempo di record. (s.m.) 70 71

37 Associazione Cremonese per la Cura del Dolore Onlus Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Cremona Ufficio stampa e comunicazione

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