26 febbraio 2016 CRO Aviano. Atti del convegno ESPRESSIONI DI CURA. Medicina narrativa in oncologia. V edizione

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "26 febbraio 2016 CRO Aviano. Atti del convegno ESPRESSIONI DI CURA. Medicina narrativa in oncologia. V edizione"

Transcript

1 26 febbraio 2016 CRO Aviano Atti del convegno ESPRESSIONI DI CURA Medicina narrativa in oncologia V edizione

2

3 ESPRESSIONI DI CURA Medicina narrativa in oncologia V edizione Atti del convegno 26 febbraio 2016 CRO Aviano a cura di LINDA M. NAPOLITANO VALDITARA Centro di Riferimento Oncologico di Aviano 2017

4 CROinforma. Atti. 5 Indice COMITATO SCIENTIFICO - ORGANIZZATIVO DEL CONVEGNO Nicoletta Suter, Ivana Truccolo, Nancy Michilin, Marilena Bongiovanni, Paolo De Paoli, Mario Tubertini, Gruppo Patient Education & Empowerment CRO con il supporto di Enjoy Events s.r.l. PAOLO DE PAOLI: Introduzione... pag. 1 A cura di Linda M. Napolitano Valditara Centro di Riferimento Oncologico di Aviano - IRCCS - Istituto Nazionale Tumori Via Franco Gallini, Aviano (PN) - Contatti Biblioteca Scientifica e per Pazienti infobib@cro.it people@cro.it Parte I. Le narrazioni al CRO... pag. 3 1) Ivana Truccolo, Nicolas Guarin: Un ponte fra due storie... pag. 5 2) Alberto Garlini: Il valore delle narrazioni... pag. 10 3) Piervincenzo Di Terlizzi, Margherita Venturelli: Le parole salvano... pag. 14 Questa pubblicazione ha licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. La paternità dei contributi di questa pubblicazione spetta agli autori e al Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. È possibile distribuire, riutilizzare, creare opere derivate dall originale, ma non a scopi commerciali, a condizione che venga riconosciuta la paternità dell opera all autore. Le opere derivate dovranno avere la stessa licenza (quindi a ogni derivato non sarà permesso l uso commerciale). Espressioni di cura. Medicina narrativa in oncologia. V edizione. Atti del convegno ISBN Parte II. Ancora riflessioni sulla Medicina Narrativa... pag. 19 1) Sandro Spinsanti: Narrazioni in medicina: paradossi e sinergie... pag. 21 a) Al singolare o al plurale? b) Narrazioni per comprendere c) Narrazioni per guarire d) Narrazioni per praticare la buona medicina e) La medicina vestita di narrazione 2) Fabrizio Artioli: Narrazione e cura in oncologia: l esperienza sul campo di un medico... pag. 32 Parte III. Laboratori di Medicina Narrativa... pag. 37 Centro di Riferimento Oncologico di Aviano Collana CROinforma curata dalla Direzione Scientifica - Biblioteca Responsabile Scientifico: Paolo De Paoli (Direttore Scientifico CRO) Coordinamento editoriale: Ivana Truccolo (Responsabile Biblioteca CRO) Grafica e impaginazione: Nancy Michilin (Biblioteca CRO) 1) Nicoletta Suter: Introduzione ai laboratori del convegno... pag. 39 a) Laboratori in un convegno di Medicina Narrativa? b) Perché educare alla Medicina Narrativa attraverso il laboratorio? c) Il laboratorio narrativo-esperienziale d) Conclusioni

5 2) Linda M. Napolitano Valditara: Introduzione: le molte pratiche utili del narrare... pag. 48 3) Daniele Bruzzone: La cura nello sguardo: arti figurative e scrittura... pag. 56 a) Rimanere esseri umani b) La cura ha inizio dallo sguardo c) Un laboratorio di immagini e narrazioni d) Il significato dell esperienza 4) Marco Dalla Valle: Curarsi con i libri: laboratorio di biblioterapia... pag. 65 a) I libri al centro b) Storia e metodologia c) Esempi pratici d) La chiarezza nei confini e) Leggere insieme f) Laboratorio simulato di biblioterapia g) Domande e risposte h) Restituzioni i) Per concludere: storia di un lettore-biblioterapista j) Suggerimenti per una lettura biblioterapeutica in campo sanitario 5) Lorenza Garrino: Cinema e formazione: disease related movies per riflettere sulla cura... pag. 82 a) L utilizzo della cinematografia nella formazione b) L esperienza laboratoriale c) Riflessioni scaturite dalla visione del film e dalla discussione successiva d) Gradimento e reazioni dei partecipanti 8) Patrizia Rigoni: La poesia è cura: laboratorio di poesia... pag. 126 a) Breve storia professionale b) Lavorare al CRO c) Quinto convegno di Medicina Narrativa d) La poesia è cura e) Il programma del laboratorio f) Il gruppo CRO g) Contributi e ricadute 9) Nicoletta Suter: Strumenti per il benessere degli operatori: laboratorio di scrittura autobiografica e riflessiva... pag. 134 a) Il background: a1) La narrazione nell educazione continua dei professionisti sanitari a2) La scrittura di sé b) Il laboratorio: b1) L idea b2) La realizzazione c) I feedback dei partecipanti d) Conclusione 10) Nicoletta Suter, Ivana Truccolo: Benefici e rischi della Medicina Narrativa: il punto di vista dei partecipanti al convegno... pag. 153 Appendice... pag. 161 Libri di testimonianze pubblicati dal CRO... pag. 163 Antologie del concorso letterario pubblicate dal CRO... pag ) Linda M. Napolitano Valditara: La meditazione condivisa: laboratorio di pratiche filosofiche... pag. 92 a) Le pratiche filosofiche b) La pratica filosofica del Dialogo Socratico c) Strutturazione del laboratorio: c1) La dimensione temporale c2) L oggetto narrativo d) La meditazione individuale e condivisa e) Restituzioni 7) Anna De Odorico: Dai banchi dell università al CRO... pag. 117 a) Dai banchi dell università al CRO b) Prendersi cura di chi cura c) Coinvolgimento di soggetti diversi d) L utilizzo delle immagini come oggetto narrativo e) La messa in parola f) La riflessione bidirezionale

6 Introduzione Paolo De Paoli La felicità della tua vita dipende dalla qualità dei tuoi pensieri. Marco Aurelio Il convegno di Medicina Narrativa organizzato dal CRO di Aviano, giunto alla sua quinta edizione, è stato istituto per offrire un orizzonte differente alle cure oncologiche. Per garantire un tasso qualitativo sempre più elevato, l iniziativa si è affinata progressivamente coinvolgendo non solo i pazienti ma anche le altre, fondamentali componenti che a diverso titolo fanno parte dei percorsi di cura. Parimenti si è provveduto ad allargare la composizione della giuria del concorso artistico-letterario a un numero più elevato di membri; essi non hanno direttamente a che fare con l oncologia, ma sono componenti della parte letteraria e della società civile in senso ampio. E questo ha consentito di affinare significativamente le modalità di valutazione degli elaborati. Vorrei infine sottolineare come, nell ottica della trasparenza e della necessità di valutare dal punto di vista squisitamente scientifico quanto viene fatto, abbiamo inserito negli atti un capitolo su benefici e rischi della Medicina Narrativa. Come sempre, un grandissimo grazie a tutti quelli che hanno dato il loro contributo con passione ed entusiasmo a questa edizione del convegno. PAOLO DE PAOLI Direttore Scientifico del CRO di Aviano 1

7 Parte I Le narrazioni al CRO

8 I.1 Un ponte fra due storie Ivana Truccolo, Nicolas Guarin A cosa servono le narrazioni in medicina? Secondo Giorgio Bert, medico e antesignano della Medicina Narrativa in Italia 1, le narrazioni possono gettare un ponte fra le due rive di un fossato (incolmabile, ovviamente), fra la storia narrata con la voce della medicina [come disciplina] e quella narrata con la voce della vita vissuta 2. La letteratura dei pazienti è ormai un genere trasversale e sempre più esteso che concepisce la scrittura e, in generale, l espressione di sé come strumento di empowerment. Tutte le narrazioni nascono da un esperienza di malattia, senza necessariamente parlarne, per fornire una rappresentazione del mondo dal punto di vista del paziente. Alcuni studi di tipo qualitativo hanno dimostrato l efficacia di queste espressioni durante il percorso di cura, sia che si tratti di scrittura spontanea o sulla base di stimoli, sia che si tratti di racconti, romanzi, testimonianze, poesie, fiabe, fotografie o disegni. In ambito oncologico, il disagio emotivo è certamente uno dei sintomi più frequenti tra i pazienti in terapia. Il ricorso alla scrittura espressiva a uno stadio precoce della malattia può migliorarne il trattamento riducendone i sintomi fisici e psicologici: queste le conclusioni cui sono arrivati Gallo, Garrino e Di Monte nella loro analisi della letteratura sull argomento 3. È con la stessa convinzione che nel 2012 il CRO di Aviano ha deciso di realizzare il concorso artistico-letterario Espressioni di cura. Parole e immagini per narrare la malattia oncologica. L obiettivo è quello di 1 G. Bert, Medicina narrativa: storie e parole nella relazione di cura, Il pensiero scientifico, Roma Tratto dal post pubblico apparso sul profilo Facebook dell autore il 18/11/ I. Gallo, L. Garrino, V. Di Monte, L uso della scrittura espressiva nei percorsi di cura dei pazienti oncologici per la riduzione del distress emozionale: analisi della letteratura, Professioni Infermieristiche, 68(1), 2015, pp

9 promuovere elaborati artistici inediti che esprimano il rapporto con la malattia oncologica. Il concorso rientra a pieno titolo nel programma istituzionale Patient Education & Empowerment dell Istituto, volto a favorire la comunicazione tra i pazienti e il personale sanitario 4. Gli elaborati di questa edizione, come i precedenti, saranno utilizzati infatti per migliorare l organizzazione dei percorsi di cura delle strutture sanitarie. Inizialmente rivolto ai soli pazienti oncologici, il concorso si è poi ampliato ad altre categorie includendo gli operatori sociosanitari e i caregiver, ovvero persone che si sono prese cura di pazienti con tumore (come familiari, amici, volontari ecc.). Negli anni il concorso ha registrato un aumento costante di partecipanti passando dai 36 della prima edizione ai 56 del 2015, così suddivisi: 29 pazienti, 6 operatori e 21 caregiver. La maggioranza dei partecipanti è di genere femminile (43), proviene dal Nord Italia (51) e ha un età media di 43 anni, in deciso calo rispetto all edizione 2014 (51 anni). Ulteriore novità riguarda le tipologie di elaborati con cui nel 2015 era possibile concorrere: oltre ai racconti, si potevano inviare una fotografia o un video. In uno studio volto a esaminare come l uso delle narrazioni possa favorire l educazione alla salute del seno in alcune donne anziane afro-americane, Williams-Brown, Baldwin e Bakos hanno enucleato sei categorie di storie: perdita, dolore, sofferenza, paura e preoccupazione, morte e, infine, preghiera e fede in Dio 5. Questi sentimenti accomunano da sempre anche gli elaborati partecipanti al concorso. Il tema dell edizione 2015 a cui i partecipanti dovevano attenersi era L incontro. La giuria chiamata a giudicare gli elaborati applicando dei criteri di giudizio pertinenza con il tema, originalità del soggetto, qualità tecnica/capacità compositiva era composta da esponenti del mondo socioculturale esterni all Istituto, a eccezione della presidente: 4 I. Truccolo, C. Cipolat Mis, P. De Paoli (a c. di), Insieme ai pazienti. Costruire la patient education nelle strutture sanitarie, Il pensiero scientifico, Roma S. Williams-Brown, D.M. Baldwin, A. Bakos, Storytelling as a method to teach African American women breast health information, Journal of Cancer Education, 17(4), 2002, pp Ivana Truccolo (presidente), responsabile Biblioteca Scientifica e per Pazienti CRO Aviano; Dafne Bertoncello, ex paziente oncologica; Paolo Dal Pont, esperto di produzione di audiovisivi; Piervincenzo Di Terlizzi, dirigente scolastico e insegnante; Alberto Garlini, scrittore, tra i curatori della festa del libro Pordenonelegge; Moira Piemonte, insegnante presso il liceo artistico E. Galvani di Cordenons (PN); Enzo Russo, scrittore; Angela Ruzzoni, filologa; Marta Santin, tecnico di laboratorio ed ex paziente oncologica; Cinzia Spadola, insegnante, autrice ed ex paziente oncologica; Anna Vallerugo, giornalista e traduttrice; Daniele Zanello, formatore esperto di didattica audiovisiva. Da tempo però il concorso non si esaurisce nella giornata di premiazione. Con il patrocinio di alcuni enti come il Comune di Aviano, il Comune di Pordenone, l Associazione Italiana Biblioteche del Friuli Venezia Giulia e la collaborazione della Mediateca Cinemazero di Pordenone, il concorso è riuscito ad andare oltre l ambiente sanitario, diventando un appuntamento annuale a cui partecipano nuove e vecchie conoscenze. Alcuni vincitori sono stati coinvolti in altre iniziative per raccontare la loro esperienza di scrittura. Le antologie dei racconti edite ogni anno dal CRO sono state presentate alla comunità di Aviano e alla festa del libro Pordenonelegge, facendo sì che attorno al concorso e alle storie dei partecipanti si crei uno spirito comunitario. Inoltre il gemellaggio con l iniziativa analoga realizzata dalla Fondazione Edo ed Elvo Tempia assieme alla ASL di Biella Gim, paladino di un sogno ha permesso al concorso una maggiore visibilità a livello nazionale. L iniziativa è sostenuta dalle donazioni del alla ricerca perché accostare la medicina basata sulle prove di efficacia (EBM) e la medicina basata sull evidenza delle narrazioni (NBM) che tiene conto della migliore letteratura, delle preferenze del paziente e del giudizio del clinico può servire a superare sterili contrapposizioni. Ziebland e Herxheimer sostengono che le persone sono naturalmente attratte 6 7

10 dalle storie di altre persone. Tali storie aggiungono rilevanza all informazione medica e rendono i dati di fatto gradevoli e difficili da dimenticare. Le esperienze dei pazienti non sono un alternativa all EBM, ma sono parte di essa 6. E, aggiungiamo noi, aiutano a inverare lo spirito dell EBM così come lo intendeva Sackett 7, in modo che la medicina non sia solo una mera applicazione di risultati della migliore letteratura, ma abbia un attenzione rivolta anche al punto di vista dei pazienti e alla riflessione critica di medici e operatori sanitari. Le narrazioni, dunque, non sono un fine, ma possono essere uno strumento utile. Bibliografia G. Bert, Medicina narrativa: storie e parole nella relazione di cura, Il pensiero scientifico, Roma I. Gallo, L. Garrino, V. Di Monte, L uso della scrittura espressiva nei percorsi di cura dei pazienti oncologici per la riduzione del distress emozionale: analisi della letteratura, Professioni Infermieristiche, 68(1), 2015, pp I. Truccolo, Omaggio a David Sackett, Notizie GIDIF RBM, 25(2), 2015, pp I. Truccolo, C. Cipolat Mis, P. De Paoli (a c. di), Insieme ai pazienti. Costruire la patient education nelle strutture sanitarie, Il pensiero scientifico, Roma S. Williams-Brown, D.M. Baldwin, A. Bakos, Storytelling as a method to teach African American women breast health information, Journal of Cancer Education, 17(4), 2002, pp S. Ziebland, A. Herxheimer, How patients experiences contribute to decision making: illustrations from DIPEx (personal experiences of health and illness), Journal of Nursing Management, 16(4), 2008, pp S. Ziebland, A. Herxheimer, How patients experiences contribute to decision making: illustrations from DIPEx (personal experiences of health and illness), Journal of Nursing Management, 16(4), 2008, pp [Traduzione a cura degli autori]. 7 I. Truccolo, Omaggio a David Sackett, Notizie GIDIF RBM, 25(2), 2015, pp Ivana Truccolo Responsabile della Biblioteca Scientifica e per Pazienti del CRO di Aviano Nicolas Guarin Collaboratore della Biblioteca Scientifica e per Pazienti del CRO di Aviano 8 9

11 Il valore delle narrazioni 1 Le caratteristiche che rendono riconoscibile una storia sono: l azione, i personaggi, le vicende, il nodo narrativo, il conflitto da sbro- I.2 gliare, l esito. Questo modo di pensare le storie si può definire antropologico perché fa parte dell uomo fin dall inizio della sua storia. Nella Poetica di Aristotele un libro importantissimo, il cui valore Alberto Garlini resta immutato nei secoli la narrazione viene definita una mimesi di un unica azione divisa in tre atti: il primo atto serve a impostare la Che cos è una narrazione? Una narrazione racconta delle vicende storia, il secondo serve a svilupparla e il terzo a concluderla. Questa che accadono e sono compiute da alcuni personaggi. Contiene in sé definizione è alla base di tutte le storie che vengono narrate oggi. un nodo narrativo, o comunque un conflitto che tiene insieme l intera Syd Field e Christopher Vogler sono due grandi teorici della narratologia contemporanea. Field ha scritto Screenplay nel 1979, un testo narrazione. Se si pensa all Odissea, la domanda, il nodo narrativo si cui si basa la canonico studiato ancora oggi, dove sostiene che la costruzione della storia è: riuscirà Ulisse ad arrivare a Itaca? L opera racconta il viaggio storia avviene in tre atti, con alcuni momenti che dividono atto da di un uomo che vuole tornare a casa, utilizzando un tipico incastro atto, in particolare il primo, cosiddetto turning point o punto di svolta. Dopo che la storia è stata impostata, serve un momento in cui il in parallelo dove le vicende di Penelope, che i Proci concupiscono, si intrecciano a quelle di Ulisse che deve tornare in tempo per salvarla. conflitto deflagra. Vogler invece è stato per molto tempo a capo dei Si tratta di due situazioni che muovono verso un esito comune che film della Disney e sostiene che una storia inizia quando dal mondo può essere bloccato o meno dall arrivo dell eroe. In un altra grande ordinario si passa al mondo dell avventura. Questo meccanismo vale narrazione fondante della nostra storia, l Iliade, il problema è lo stesso: per la maggior parte dei romanzi che leggiamo e dei film che vediamo. riusciranno gli Achei a conquistare Troia? Anche qui il conflitto, il nodo Nel film La stanza del figlio di Nanni Moretti si vede inizialmente una narrativo, l azione primaria è molto semplice: chi dei due vincerà? famiglia felice e benestante, ma a un quarto della narrazione succede che il figlio va a fare un corso per sub e muore. Da quel momento nasce l elaborazione del lutto che porterà molte difficoltà. Dal mondo in In questo momento le narrazioni classiche di genere costituiscono quasi il novanta per cento delle narrazioni che conosciamo. Si pensi al cui non succede nulla si passa a dover fronteggiare qualcosa di nuovo giallo, dove la domanda è: riuscirà l investigatore a trovare l assassino? e imprevisto. Il mondo dell avventura porta con sé un nodo narrativo, O ai cosiddetti romanzi rosa in cui il nodo narrativo è sempre il seguente: riusciranno i due innamorati, dopo che il conflitto sarà risolto, un conflitto da sbrogliare di cui segue gli esiti fino alla fine. a essere felici insieme? Come scrive Tolstoj all inizio di Anna Karenina: Si tratta di un dato antropologico che riguarda anche le narrazioni Tutte le famiglie felici sono felici allo stesso modo, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Non esiste una storia d amore felice. concorso Espressioni di cura è presente questo nodo narrativo: un di malattia. Nella maggior parte dei racconti che hanno partecipato al Esistono solamente degli amori conflittuali che hanno dei problemi. certo giorno arriva una certa comunicazione e la vita cambia completamente. Dal mondo ordinario si entra in un altro mondo a cui inizial- Di questo conflitto si seguono gli esiti fino alla conclusione, che può essere positiva, negativa o neutra, a seconda del tipo di morale e messaggio storie: ci raccontiamo una nostra storia che ci dà un senso, una spemente è difficile dare un senso. Ognuno di noi crea continuamente 1 che si vuole dare alla narrazione. cificità, una ragione, per avere dei progetti, un avvenire. Queste storie hanno delle difficoltà che la psicoanalisi chiama il rimosso: ci sono alcuni traumi che non riusciamo a inserire nella nostra narrazione e che 1 Il presente contributo è la trascrizione della lezione magistrale tenuta oralmente da Garlini il 25 febbraio

12 dobbiamo nascondere. Quando ci troviamo di fronte a una situazione completamente inedita, siamo davanti all origine delle narrazioni antropologiche del passato. Un mondo ordinario, un mondo dell avventura e un tentativo di dare senso a questa nuova situazione. Leggendo i racconti, molto spesso, quasi sempre, ci si accorge che chi racconta cerca di trovare una ragione, un motivo, una speranza, un tema narrativo che possa risolvere il conflitto di base e riportare il personaggio al mondo ordinario. Il ritorno con l elisir, come lo chiama Vogler. Il percorso diventa quindi un occasione narrativa per uno sviluppo e una crescita personale. Anche se non sempre si torna al mondo ordinario con una saggezza confortante, bisogna fare in modo che la narrazione possa ricondurre a quel mondo. Le narrazioni vengono utilizzate non solo per delle strategie individuali, ma anche per strategie di gruppo. Si parla di epos, ghenos e logos come le fonti che riuniscono e rendono tale una popolazione. C è la possibilità che la narrazione fondante di una popolazione, il cosiddetto epos, dia una sorta di vantaggio evolutivo. Le prime società che conosciamo si raccontavano storie che, vagliate con il metro odierno della scienza, non hanno alcun valore scientifico, ma che riuscivano a creare un gruppo. Questo non è un particolare riduttivo se si pensa che le forme narrative forti hanno più possibilità di creare delle comunità di persone attorno a queste storie. L Iliade e l Odissea sono stati dei libri fondanti per tutte le popolazioni che si riconoscevano nell essere greche. In tutti i gruppi di cui si può far parte medici, pazienti, italiani, europei esistono delle narrazioni che dicono più o meno chi siamo e perché ci comportiamo eticamente in un determinato modo. Leggendo i racconti del concorso ci si rende conto di come essere pazienti o vivere un certo tipo di esperienza di malattia abbia bisogno di una narrazione propria, con delle caratteristiche comuni che la rendono riconoscibile, avvicinando gli uni agli altri. Creare e diffondere una narrazione comunicabile, che possa aiutare chi si trova in mancanza di senso, può essere molto utile a livello di gruppo. Per la ragione fondante e antropologica della necessità di una storia, per la funzione che la storia ha sull individuo e all interno del gruppo, formando un sentire comune, le narrazioni possono fornire dei vantaggi anche ai pazienti, offrendo loro condizioni migliori per affrontare il percorso della malattia. Alberto Garlini Scrittore e cocuratore della Festa del libro Pordenonelegge 12 13

13 I.3 Su In ospedale Le parole salvano Piervincenzo Di Terlizzi, Margherita Venturelli Inserire Pierluigi Cappello nella quinta edizione del convegno di Medicina Narrativa ha il potere di testimoniare, attraverso l esperienza esistenziale e poetica di Cappello, che le parole salvano. Le parole scritte sono davvero la pallida traccia della condivisione di alcuni segni di un esperienza poetica. Abbiamo scelto, per concretizzarlo, alcuni testi di uno dei più intensi e nitidi poeti italiani, Pierluigi Cappello: Margherita li ha letti con una giustezza di cui il silenzio del pubblico in sala ha reso l adeguata misura, Piervincenzo ha provato a suggerire alcune tracce di lettura. La parola di Pierluigi Cappello nasce da una creaturalità ungarettiana. Questa creaturalità porta con sé il desiderio di nominare le cose, di assegnare loro, insieme con il nome, un posto nell ordine di ciò che appare: altro sforzo di marcata ascendenza ungarettiana, il buio della parola rimanda al nulla di un indicibile segreto. L universo è duro, secco, arido, di un nitore che però si stempera nel trascorrere di una cosa nell altra: la parola (che segue, nella concitazione dei versi, questa vicenda) appare, nella sua esattezza e ricerca di senso, un gesto di cura. Su La luce toccata La luce, dice il poeta nella conclusione: ma può benissimo intendersi, per le ragioni che si sono appena dette, la parola. Il battito del giorno alla finestra innesca il ricordo di un luogo, di una vita semplice e precisa nei suoi gesti. Lo spazio per questa evocazione di una vita limpida e povera è infinitesimale, come si conviene allo spazio della rivelazione: è un millesimo, però decisivo, dell esperienza del poeta. Il testo esibisce esplicitamente la propria nudità autobiografica, bipartendosi. La prima parte è durezza, inverno, vecchiaia senza bellezza, un impietosa collana di asprezze della vita. La seconda metà del testo è l appuntamento per il fuori della guarigione: evocato dalla leggerezza dell immagine del pilota acrobata, in realtà è la conquista del precario assetto di volo, che necessita di passare per la carne tagliata prima di essere guarigione. Su Lettera per una nascita Abbiamo preso confidenza, nei testi precedenti, con l importanza della parola netta, con le terre antiche e povere nelle quali l esperienza del poeta ha nutrito la ricerca della parola: qui questi fili dell ispirazione convergono per dire l esplosione gioiosa di una nascita, quella della nipote. Richiamando ancora la matrice ungarettiana, Cappello ci ricorda di essere solo un uomo: ma il solo ha con sé l urgenza dell unicità e di quelle parole che parrebbero, come promette l incipit del testo, facili, mentre facile è solo il gesto dell avvio della scrittura, perché su quel solo, segno dell unicità dell esperienza, si gioca l unicità della parola. La parola di Cappello in realtà nasce da una misura pazientemente messa alla prova nell arco del verso, secondo l insegnamento del sonetto d avvio del Canzoniere di Petrarca, nel quale (come acutamente notava Pietro Bembo) il grappolo di parole Voi che ascoltate in rime sparse il suono è stato girato e rigirato in tutte le possibili collocazioni, fino a produrre quella attesa. Su Assetto di volo Creaturalità, unicità dell esperienza, pazienza nella sofferenza: la poesia che dà titolo a una delle raccolte principali di Cappello condensa le fila che abbiamo appena suggerito in un testo denso, intriso dell irripetibilità del tempo, agostinianamente evocata, e di 14 15

14 un desiderio di perfezione fatta dell equilibrio di un attimo, prima del volo. Si sta in quest epoca assistendo alla sua agonia, alla sua agonizzante deriva. Ma la scrittura deve morire per poter rinascere. Si legge Pierluigi Cappello prima di sapere che è Cappello: si riscopre la parola, la si ritrova in vita, si assiste alla sua rinascita, alla sua resurrezione. Si comprende che la poesia c è; la parola che dice, che ha ancora da dire. Leggere Cappello rassicura dal timore che la parola poetica si sia smarrita. Non si rimane qui senza uno scopo. Pierluigi Cappello Si subisce l imperdonabile equivoco che la scrittura sia una non azione, passiva e imbelle. Questo torbido pensiero è l effetto dei tempi sciagurati in cui viviamo, dove le stanze sono svuotate della parola e stipate di parole che non rispondono, che non si riconoscono più in alcun alfabeto, dove la scrittura è desolatamente trascurata, disprezzata come un randagio preso a calci per strada. La nullità, il nulla, in stanze vuote. È giunto, invece, il tempo dell azione: di riannodare i fili, di rimettersi al telaio, dopo aver appreso faticosamente la virtù dell attesa. Il silenzio e la pazienza: due grandi virtù che preparano all azione. E la solitudine: perché l approdo a un pensiero forte, al risveglio è sempre un naufragio dell uomo solo e che resta tale. Oggi l intellettuale è ritornato solo: in questo sta la sua condizione. Quell essere in via di estinzione si ritrova in stanze svuotate dagli amici, non più cenacoli, non più convivi né comuni. Non più confronti né dialoghi. Mancano interlocutori, mancano dialoganti. I tempi sono cambiati. Non si cerca più l incontro con il lettore, d incrociare lo sguardo di quell unico, solo come te e capace lui solo di capire la scrittura che nel leggerla si dipana sotto i suoi occhi. Si ambisce, oggi, ai grandi numeri, al sopra-soglia, altrimenti non sei uno scrittore, sei solamente uno che scrive. In tanti scrivono; pochi, tuttavia, poche unità davvero, frequentano le stanze della scrittura, pochi vi sono ammessi, coloro che si esercitano, che si applicano, vi si dedicano. Non si scrive più per passione. E muore la passione per la scrittura. Piervincenzo Di Terlizzi Dirigente Scolastico dell Istituto di Istruzione Superiore E. Torricelli di Maniago (Pn) Margherita Venturelli Responsabile della Biblioteca Civica del Comune di Aviano 16 17

15 Parte II Ancora riflessioni sulla Medicina Narrativa

16 II.1 Narrazioni in medicina: paradossi e sinergie Sandro Spinsanti a) Al singolare o al plurale? Medicina Narrativa: se ne parla abitualmente al singolare. Una questione preliminare a ogni ulteriore considerazione riguarda la natura della narrazione che si interfaccia con la medicina: si tratta di un realtà plurale o singolare? Stiamo parlando di una sola pratica oppure di pratiche diverse? Una rapida analisi fenomenologica ci permette di rilevare tre diversi contesti in cui la narrazione si intreccia con la medicina. Ci sono narrazioni artistico-letterarie che hanno come tema la medicina nelle sue diverse articolazioni; abbiamo racconti del vissuto di malattia e di percorsi di cura (che possiamo chiamare, genericamente, racconti del dolore ); e c è infine la narrazione che prende corpo nel rapporto che intercorre tra i professionisti della cura e chi ricorre al loro aiuto. Ci sentiamo quindi autorizzati a parlare di narrazioni al plurale riferite alla medicina. Il secondo chiarimento preliminare riguarda il concetto di paradosso. Lo possiamo assumere nell accezione più semplice: una proposizione formulata in apparente contraddizione con l esperienza comune, ma che all esame critico si dimostra valida. Nel linguaggio quotidiano, il paradosso si articola nell esclamazione: Non ci posso credere!. Ebbene, possiamo affermare che è paradossale che narrazione e medicina abbiano trovato un intesa così profonda. Saremmo portati, d intuito, a negare qualsiasi rapporto tra loro. La medicina, ovvero l arte di curare i mali del corpo, la immaginiamo su un piano diverso rispetto alle parole, che costituiscono la trama della nostra vita sociale. Invece medicina e narrazione hanno trovato, nei recenti sviluppi dell arte della cura, modalità inedite di collaborazione. In tutt e tre le accezioni di narrazione. Vediamo in dettaglio questa paradossale sinergia, a cominciare dalle narrazioni artistico-letterarie. 21

17 b) Narrazioni per comprendere Fino a pochi anni fa le narrazioni letterarie di malattia e di morte erano molto rare. La morte di Ivan Il ič di Tolstoj era una piccola grande eccezione. Lo testimonia Atul Gawande, raccontando la sua formazione universitaria 1 : durante il suo intero curriculum di studi una sola ora è stata dedicata a confrontare i futuri medici con la morte e la mortalità, leggendo il romanzo breve di Tolstoj. Letto e subito accantonato come irrilevante per la formazione di un chirurgo. La distanza tra medicina e narrazioni letterarie era favorita dal fatto che queste ultime solo marginalmente si addentrano nei fatti patologici e nei percorsi terapeutici che scandiscono la vita umana. Le narrazioni artistico-letterarie evitano in genere tematiche di questo genere. Nel 1930 Virginia Woolf in un saggio sulla malattia scriveva: Considerato quanto sia comune la malattia, appare davvero strano che non figuri insieme all amore, alle battaglie e alla gelosia tra i temi principali della letteratura. Verrebbe da pensare che romanzi interi siano stati dedicati all influenza, poemi epici alla febbre tifoidea, liriche al mal di denti. Ma no; salvo poche eccezioni, la letteratura fa del suo meglio perché il proprio campo di indagine rimanga la mente 2. Ai nostri giorni Virginia Woolf dovrebbe ritrattare completamente questa sua notazione, perché nel frattempo la narrazione letteraria, sia scritta che filmica e dei serial televisivi, si è impadronita dell ambito della malattia, della morte e della cura, in tutte le sue dimensioni umane. Sia in quanto terapeuti che come fruitori della cura possiamo trarre un grande beneficio dalla frequentazione di queste narrazioni. La narrazione letteraria si colloca in netto contrasto con il procedimento riduzionistico proprio della medicina, la quale si appoggia sulle scienze esatte: il riduzionismo, tipico di queste, induce a mettere tra parentesi componenti essenziali della realtà umana, per cercare di spiegarla servendosi di elementi più semplici. L attenzione è rivolta essenzialmente alla struttura biologica del corpo, considerata a un livello sempre più fondamentale: la struttura cellulare, il tessuto fisico e chi- mico del vivente, il substrato genetico, fino alla dimensione molecolare. Questo riduzionismo è lo strumento giusto se si vuol spiegare la realtà della patologia: che cosa la provoca, come si può contrastarla. Ma non basta più se, invece, la si vuol comprendere. A questo scopo bisogna ricorrere a qual vasto corredo di saperi che confluiscono oggi nelle scienze umane (psicologia, sociologia, antropologia culturale, storia, diritto, etica ecc.). E interrogare le arti. La narrazione letteraria si colloca a pieno diritto in questo contesto. Bussiamo allora alla porta della letteratura per comprendere il vissuto umano della cura, mentre la scienza medica si limita a spiegarci (e non è per nulla poco!) che cosa fare per combattere le malattie. Il contributo delle narrazioni letterarie alla crescita in umanità (ovvero ciò che rende l uomo più uomo ) è efficacemente descritto da Giorgio Cosmacini: È tale la letteratura fatta di poesie, di novelle, di saggi, di romanzi che con le vicende di vita dei personaggi narrati aiuta a capire e a colmare il divario esistente, in medicina, tra l obiettività dell avere una malattia e la soggettività dell essere malati. Se l obiettività è pertinente all informazione medica, trattatistica o massmediale, la soggettività è propria di chi trova nella lettura umanistica motivi, se malato, di sostegno e conforto alla solitudine e, se medico o altro curante, di miglior comprensione delle altrui ansie e paure, talora o spesso oscillanti tra lampi di speranza e buio disperante 3. Chi si accosta a questi testi letterari lo fa per il piacere estetico, ovviamente. Ma la lettura comporta anche benefici personali di ordine terapeutico, tanto che qualcuno si sente autorizzato a parlare di biblioterapia quando la narrazione artistico-letteraria è utilizzata per ampliare l orizzonte mentale ed emotivo circa i fatti che riguardano la cura 4. c) Narrazioni per guarire La seconda forma di narrazione abbinata alla medicina che ha preso piede negli ultimi decenni è la narrazione del dolore, ovvero il racconto di quello che si patisce quando si è costretti ad attraversare 1 A. Gawande, Essere mortale. Come scegliere la propria vita fino in fondo, tr.it., Einaudi, Torino V. Woolf, Sulla malattia, tr.it., Bollati Boringhieri, Torino G. Cosmacini, Medicina narrata, Dejaco, Mergozzo 2015, p In merito alla biblioterapia, si vedano, in questo stesso volume, le considerazioni nel contributo di Marco Dalla Valle [N.d.C.]

18 il buio territorio della malattia. Anche questo tipo di narrazioni si è affacciato solo di recente nella nostra vita sociale. A illustrare il cambio di scenario un solo riferimento: nel 1973 il giornalista Gigi Ghirotti ha fatto scandalo perché, dopo che gli è stato diagnosticato un cancro, è andato in televisione e ha parlato della sua vicenda clinica. Il servizio è poi diventato il libro Nel tunnel della malattia 5. In quegli anni portare in pubblico una vicenda che ruotava intorno alla patologia era una cosa scioccante: la tendenza di chi era colpito da una malattia in genere e da alcune in particolare, come il cancro, era di tacere. Cercava di nascondere, non ne parlava. Mentre oggi la prima reazione di chi ha un fatto patologico grave è di mettersi in rete, raccontandola: tanto che siamo praticamente invasi da storie (auto) biografiche in inglese misery reports che raccontano le vicende della lotta per la salute e della convivenza con la malattia dal punto di vista di chi le ha vissute. Non c è patologia che non abbia il suo referente narrativo. La narrazione del dolore è diventato un argomento di condivisione quasi ossessiva: è un selfie con malattia. Ai nostri giorni chiunque si sente pienamente autorizzato a mettersi online e parlare del suo vissuto di malattia dalla diagnosi alle terapie giungendo nei casi più estremi a raccontare in diretta la propria morte. Un caso emblematico di narrazione del dolore è stato l appello lanciato da Salvatore Iaconesi, che, dopo la diagnosi di un tumore al cervello, ha voluto condividere in rete la sua malattia 6, chiedendo ai cybernauti di aiutarlo a combattere la malattia e di accompagnarlo sulla strada della guarigione. Nel giro di poco tempo ha avuto un milione di contatti. Anche la sua vicenda è diventata un libro 7. Che cosa possiamo attenderci da questo tipo di narrazioni? Anche se l affermazione può sembrare presuntuosa, possiamo osare di rivendicare loro una funzione terapeutica: queste narrazioni collaborano alla guarigione. Ci sono cure fatte esclusivamente di parole. Accettata dapprima con molta diffidenza, la psicoterapia è riuscita col tempo a farsi prendere sul serio nella nostra società: non suona strano che tro- 5 Il libro è stato ripubblicato anche di recente con il titolo Il lungo viaggio nel tunnel della malattia, Franco Angeli, Milano S. Iaconesi, O. Persico, La cura, Codice, Torino vare le parole per dire il proprio malessere sia considerato una vera e propria cura, nel senso del classico saggio di Marie Cardinal 8. Ma il suo ambito è correntemente limitato alle patologie riconducibili ai disturbi dell umore, delle relazioni, dell ambito mentale. Per quanto riguarda i mali del corpo, la medicina sembra non aver bisogno delle parole. È il regno del fare, più che del parlare; gli strumenti di cui si serve la medicina per guarire sono bisturi e farmaci, non la narrazione. Sulle parole sembra cadere il discredito che si merita ciò che non gravita intorno al fare (fatti e non parole: è uno slogan semplicistico molto in voga ai nostri tempi). È arrivato il momento di rimettere in discussione questo schema. Le parole sono importanti in medicina; ancor più, la narrazione è uno strumento di guarigione. Come valvola di sfogo per il dolore, anzitutto. Come esorta Shakespeare nel Macbeth: Date la parola al dolore [ ] Il dolore che non parla sussurra al cuore oppresso e gli ordina di spezzarsi 9. Ma non solo: la narrazione della malattia e dei percorsi di cura è essenziale per trovare un senso a ciò che si sta vivendo. Sia come professionisti della cura che come persone curate. Ne fa fede l esplosione di narrazioni che gravitano intorno alla malattia: invadono gli scaffali delle librerie, ma soprattutto il web. Scrivono i professionisti (qualche sito: nottidiguardia, camiciazzurri, infermierincontatto), scrivono i malati (lastranamalattia, pazientemanontroppo, lemalattierare); si scambiano informazioni e storie di associazioni. Il sito più esplicito ucare osa proporre storie che curano. Ben vengano, dunque, macchinari sofisticati e pillole sempre più potenti per far fronte ai mali che ci affliggono: ma porte aperte anche alle parole. Non si tratta di sostituire le aspirine con le parole; in medicina c è posto per i farmaci, ma anche per la narrazione. Soprattutto la narrazione che avviene in rete, attraverso la condivisione di racconti di malattie e guarigioni, sta modificando il modello di cura: essa infatti rimette completamente in discussione il modello tradizionale della medicina paternalistica. Questo prevedeva che il paziente 8 M. Cardinal, Le parole per dirlo, tr. it., Bompiani, Milano W. Shakespeare, Macbeth, tr. it., in Id., Tutto il teatro, Newton Compton, Roma

19 bussasse alla porta e si affidasse a chi ha la competenza, la conoscenza, la volontà e l organizzazione per risolvere il problema o quanto meno per accompagnarlo nel percorso della cura. L elemento fondante era la compliance: Un malato comincia a guarire quando ubbidisce al medico, sentenziava il clinico spagnolo Gregorio Marañón 10. Ora i ruoli dei protagonisti della cura stanno cambiando. Il medico, anche il più competente e aggiornato, deve accettare che la sua scienza è sotto la vigilanza della sua coscienza e non rappresenta più l unico canale informativo aperto al paziente. Egli propone il percorso terapeutico e le eventuali alternative, ma non le impone. Eventualmente può offrire un consiglio, che il malato, però, non è obbligato né tenuto a osservare. Il paziente si informa e spesso cerca una seconda opinione. Andare in rete è una sorta di thousand opinion, con tutti i rischi che comporta, perché la rete ha qualche analogia con le discariche, dove si può trovare sì di tutto e di più, senza avere la garanzia che la cosa trovata sia buona, cioè che l informazione condivisa sia corretta. Inoltre troppe informazioni possono essere per il paziente anche un rischio di confusione: potrebbero aumentare ancora l incertezza, fino a produrre un senso di paralisi rispetto a decisioni drammatiche. È dunque necessario che il cittadino che entra nella rete dei social faccia uso di un senso critico ancora più sviluppato. Questo scenario ci obbliga a rimettere in discussione il concetto di empowerment nella relazione tra professionisti della cura e malato. La modifica dei rapporti di potere in ambito medico si può muovere in due diverse direzioni: quella della persona che viene effettivamente potenziata attraverso la conoscenza e l assunzione di responsabilità, ma anche quella della persona che vuole comandare il percorso di cura e guarigione e pretendere di guidarlo. Nella seconda ipotesi questa presa di potere può condurre a un drammatico isolamento del malato, che viene lasciato solo a decidere (secondo il brutale modello: Vuoi la pillola rossa o quella bianca? Decidi tu! ). Oggi non è inconsueto il caso del paziente che si rivolge al medico con una sua opinione già formata, quasi che il parere del medico sia una second 10 G. Marañón, El médico y su ejercicio profesional en nuestro tiempo, Editora Nacional, Madrid opinion; e del medico al quale viene chiesto di essere compliant rispetto a quanto stabilito dal paziente rispetto alla terapia. Così inteso e praticato, l empowerment comporta una subordinazione del medico a un autoreferenzialità assoluta del malato. Allo stesso tempo dobbiamo rimettere in discussione quei modelli fasulli di attribuzione di potere, purtroppo molto diffusi nella pratica clinica, nei quali il consenso informato si riduce a una mera procedura burocratica per tutelare il medico e la struttura. La questione di fondo non è chi comanda nel processo di cura, ma come percorrere insieme la strada che porta a decisioni condivise. Basterebbe che il medico si facesse la domanda: Che cosa vuole sapere il malato che ho davanti a me?. Fornire al malato che ha appena ricevuto una diagnosi devastante tutta una serie di informazioni, comprese le percentuali di sopravvivenza e di esito, potrebbe essere paralizzante e portare al disempowerment. Le informazioni non richieste possono costituire anch esse una forma di violenza. Per conoscere ciò che la persona vuole sapere e che cosa la rende unica, il buon professionista non ha altro strumento che la narrazione: cioè sollecitare il malato a raccontare la sua storia e disporsi ad ascoltarla. È questa, in buona sostanza, la Medicina Narrativa nella pratica clinica: uno strumento per arrivare a una decisione condivisa. Questa è anche la proposta formulata dalle Linee di indirizzo della Medicina Narrativa in ambito clinico-assistenziale nella conferenza di consenso convocata dall Istituto Superiore di Sanità nel giugno In questo documento troviamo la definizione di narrazione applicata alla medicina che ci porta direttamente nel terzo scenario evocato nelle riflessioni iniziali, ovvero nella narrazione come modalità di relazione clinica: Con il termine Medicina Narrativa si intende una metodologia di intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura)

20 Da questa definizione vediamo profilarsi un modello di relazione terapeutica distante sia dalla sottomissione implicata dalla compliance proposta dalla tradizionale medicina paternalistica, sia dall autonomismo esasperato che fa indebitamente ricadere sul malato decisioni e responsabilità. d) Narrazioni per praticare la buona medicina Potremmo dire che il nuovo paziente è quello che ha fatto proprio il profilo che il filosofo Immanuel Kant assegnava al cittadino entrato nell era dell Illuminismo: un soggetto uscito dalla condizione di minorità non dovuta a cui fino ad allora si adattava. È quello stato a cui alludiamo, in senso positivo, con il termine inglese empowerment. A condizione di delimitarlo con chiarezza. Usare un termine straniero che non ha il suo corrispettivo in italiano è già di per sé indice che ci muoviamo in un territorio per il quale non disponiamo di risorse terminologico-linguistiche e probabilmente nemmeno di quelle culturali. Un termine straniero come empowerment è una gruccia che utilizziamo per camminare anche molto faticosamente. Spesso viene proposto ed enfatizzato il termine alleanza, ma anche in questo caso è necessario riflettere sul significato della parola. Il termine di alleanza nella nostra eredità linguistico-religiosa (l antica alleanza ebraica e la nuova alleanza cristiana) equivale ad affidarsi a un entità potente che assicura la salvezza. Applicato alla medicina, può costituire una trappola, perché evoca una relazione sì tra alleati, ma che non hanno lo stesso potere: c è qualcuno che concede l alleanza e un altro che l accetta; per restare nell alleanza bisogna osservare ciò che stabilisce colui che concede l alleanza (nel contesto religioso, i comandamenti; in quello medico ciò che viene prescritto dal curante). Questo tipo di alleanza è essenzialmente asimmetrica. Per molto tempo la medicina si è esercitata su questo modello: il medico porta il paziente alla guarigione e il paziente deve aderire alla prescrizione. Se il paziente non è obbediente (compliant), infrange l alleanza. Ma non è questo che la nuova medicina e la nuova cultura della cura richiedono: quando siamo malati non ci mettiamo nelle mani di un salvatore, ma ci adoperiamo perché si incontrino competenze diverse: quella del curante, basata sulla scienza, e quella di colui che viene curato, basata sulla sua biografia. Tra l uno e l altro emerge il ruolo decisivo della narrazione. e) La medicina vestita di narrazione Tornate all antico e sarà un progresso : la nota esortazione di Giuseppe Verdi è stata per lo più applicata all ambito dell arte. Possiamo forse osare di riferirla anche alla medicina. Vale a dire alla pratica sociale dove il progresso si identifica con gli avanzamenti del sapere scientifico e della tecnologia; l ambito dove oggi anche la scientificità dell EBM (la medicina basata sulle prove di efficacia) viene giudicata insufficiente e si ragiona di medicina di precisione. Può suonare come una provocazione proporre alla medicina di ripensare la pratica quotidiana recuperando la parola, la più semplice e povera risorsa dell arsenale terapeutico. Qualcuno potrebbe pensare che la narrazione sia da assegnare a chi non dispone di sufficiente sviluppo economico e sociale da potersi permettere la medicina dei ricchi. Quasi che, in assenza di rimedi davvero efficaci, sia legittimo ripiegare sulla parola (che magari qualche maligno squalificherà come chiacchiere ). I più generosi possono arrivare a pensare che la medicina delle parole sia appropriata limitatamente ai contesti multiculturali. Ma la vera sfida della Medicina Narrativa è di uscire dall ambito ristretto che le potrebbe eventualmente riservare chi accetti il multiculturalismo, per affermare con decisione che la narrazione è necessaria per praticare la buona medicina sempre e dovunque. I paesi a più basso sviluppo tecnologico non hanno per questo una medicina più povera dal punto di vista della relazione. Al contrario, possiamo immaginare che nella realtà culturale dell Africa susciterebbe giustamente scandalo la proposta di praticare la medicina sprovvista di parola e di relazione, così come la conosciamo alla nostra latitudine. La Medicina Narrativa non è, perciò, un prodotto da esportare nei paesi poveri, ma un proposta per curare i mali che affliggono la nostra pratica di cura. Il primo passo verso questo approccio che si propone di recuperare l antico consiste nel riconoscere che nel suo sviluppo recente la medicina ha imboccato dei vicoli ciechi. La pratica medica ha introdotto in poco tempo dei grandi cambiamenti rispetto al modello di 28 29

21 rapporto terapeutico che ha prevalso per secoli. Questo non prevedeva che il medico comunicasse al malato diagnosi e prognosi; e tanto meno che indagasse che cosa era prioritario per la persona malata, in modo da decidere il percorso di cura insieme con lui/lei. Il buon medico prendeva le decisioni per il malato, magari condividendole, alle sue spalle, con i familiari. Il modello dell informazione obbligatoria e del consenso esplicito a qualsiasi trattamento ha modificato questa prassi (che a ragione viene qualificata come paternalistica, perché il medico si comportava con il malato come un buon padre o madre si relaziona con un bambino piccolo, non in grado di comprendere e di esprimere il proprio interesse e la propria volontà). La Medicina Narrativa fa procedere oltre, correggendo al tempo stesso le deformazioni a cui il consenso informato è esposto. La Medicina Narrativa può essere un etichetta nuova per veicolare un aspirazione antica: che coloro che forniscono la cura e i malati che la ricevono si incontrino anzitutto come esseri umani. L umanizzazione dei trattamenti sanitari, che viene tanto spesso invocata, non passa attraverso i buoni sentimenti. Empatia e condivisione non guastano, certo; ma è essenzialmente la parola quella che costituisce il dono e il compito della nostra umanità. Anche se in medicina oggi l informazione dilaga, l ascolto latita. Senza ascolto le decisioni cadranno sempre dall alto, per quanti moduli di consenso informato si facciano firmare al paziente. La conversazione intesa non come chiacchierata amichevole, ma come scambio reciproco di saperi e di valori, nel rispetto dell ineliminabile diversità di posizione tra chi richiede la cura e chi è in grado di erogarla è l anima della Medicina Narrativa. È in questo contesto che nascono le decisioni condivise: quelle tagliate su misura, come abiti di sartoria. Bibliografia M. Cardinal, Le parole per dirlo, tr. it., Bompiani, Milano G. Cosmacini, Medicina narrata, Dejaco, Mergozzo A. Gawande, Essere mortale. Come scegliere la propria vita fino in fondo, tr. it., Einaudi, Torino G. Ghirotti, Il lungo viaggio nel tunnel della malattia, Franco Angeli, Milano S. Iaconesi, O. Persico, La cura, Codice, Torino G. Marañón, El médico y su ejercicio profesional en nuestro tiempo, Editora Nacional, Madrid V. Woolf, Sulla malattia, tr. it., Bollati Boringhieri, Torino Sitografia Sandro Spinsanti Fondatore e direttore dell Istituto Giano di Roma 30 31

22 II.2 Narrazione e cura in oncologia: l esperienza sul campo di un medico Fabrizio Artioli Molti ritengono che per narrare storie, la propria o quella di altri, ci si debba immergere in una specie di mondo a noi estraneo, dal quale poter trarre conclusioni più o meno accattivanti per il lettore. Oppure che si debba avvertire, come un sottile piacere, che la storia che andremo a raccontare diventi vera solo nel momento in cui qualcuno la leggerà: una forma di transfert, nel quale noi finalmente diventiamo veri perché apparteniamo non più solo a noi stessi, ma anche agli altri. E più i sentimenti che raccontiamo sono per noi forti e violenti, più questa sensazione si acuisce. Io non credo che sia così, o, meglio, può anche essere così: ma non credo che questa strada ci porti a realizzarci come scrittori, o meglio, a realizzare un progetto che coinvolga davvero il lettore in ciò che noi andiamo scrivendo. La Medicina Narrativa ha una sua storia, ormai lunga: ma vi è un momento ben preciso nel quale essa entra a pieno titolo a far parte di un percorso scientifico, intendendo per scientifico ciò che avvicina l uomo alla conoscenza di sé e del mondo che lo circonda. È nel 2001 che compare per la prima volta sul prestigioso Journal of the American Medical Association (rivista ufficiale dell Associazione americana dei medici) un articolo firmato da Rita Charon, il quale introduce l espressione Narrative Based Medicine, mutuandola dalla nota Evidence Based Medicine: la medicina che, nel secolo scorso, definì quello scientifico, basato appunto sulle evidenze rilevabili, come metodo di approccio alla medicina, fino ad allora ancora troppo legata all empirismo. Scrive dunque Rita Charon: La Medicina Narrativa fortifica la pratica clinica con la competenza narrativa per riconoscere, assorbire, metabolizzare, interpretare ed essere sensibilizzati dalle storie della malattia; essa aiuta medici, infermieri, operatori sociali e terapisti a migliorare l efficacia di cura attraverso lo sviluppo della capacità di attenzione, riflessioni, rappresentazione e affiliazione con i pazienti e i colleghi 1. La narrazione diventa così parte integrante del processo di cura: non solo, ma è in grado di migliorare l atteggiamento degli operatori nei confronti dei malati e delle loro malattie. La Charon sembra offrire sì uno spunto di riflessione su un possibile significato della Medicina Narrativa, ma non risponde alla domanda di fondo: perché scriviamo? Ciascuno può dare a questa domanda la risposta che più si avvicina alla sua sensibilità: ma io penso che in buona parte noi scriviamo perché scrivere ci consente di guardare noi stessi da fuori, di cambiare la nostra visuale. Le emozioni troppo forti e la malattia, così come la scomparsa di una persona cara, inducono emozioni molto forti ci costringono, come avviene nei sogni a essere troppo dentro al problema, tanto da sentire di non riuscire a gestirlo. Sentiamo allora il bisogno di trascendere, di guardare oltre la mera esperienza, per non esserne schiacciati o impauriti. In questo modo si domina la scena, si è nello stesso tempo attori e spettatori e qualche volta anche registi. Ma spesso l attore trasmette angoscia e lo spettatore freddezza, un circolo vizioso da cui non si esce, come bene ci descrive Luigi Pirandello nell opera teatrale L uomo dal fiore in bocca, con i suoi tre personaggi: il malato angosciato, l avventore freddo e distaccato e lo scrittore, che partecipa dei sentimenti di entrambi 2. Si può essere freddi cronisti di una storia, anche personale, oppure immersi nel buio dell angoscia dell interprete, o nel freddo sentire di chi ci guarda dall esterno (ad esempio un operatore); oppure si può entrare in una prospettiva assolutamente nuova, quella di chi abbia elaborato il proprio vissuto, forse anche la malattia, ponendosi in una prospettiva emozionale nuova, profonda, vera, che lo trasforma da scrittore cronista in scrittore narratore. È vero che chi scrive lo fa innanzitutto per soddisfare un bisogno personale: ma se riesce a compiere il difficile passo di diventare narra- 1 R. Charon, Narrative Medicine. A Model for Empathy, Reflection, Profession and Truth, The Journal of the American Medical Association, 286(15), 2001, pp Cfr. L. Pirandello, Dalle novelle al teatro, a c. di P. Briganti, Mondadori, Milano

23 tore, allora si affaccia l idea che qualcun altro si possa riconoscere nella nostra storia e così forse può trovarne conforto; può capire che la malattia e l angoscia possono essere dominate e potrebbe nascere un piccolo miracolo fra narratore e lettore, un miracolo che si chiama empatia. Il lettore dovrà trovare la sua strada, ma non è più solo; nessuno si potrà sostituire al narratore, ma, forse, il fardello diventerà più lieve. E quand è il medico a diventare narratore? Se egli è anche protagonista della storia, allora la partita si fa più dura, le parti si invertono e le emozioni diventano più confuse. Se invece si trova a raccontare storie di pazienti, il lavoro è duplice: egli non potrà mai essere narratore se non saprà farsi coinvolgere dall altro, arrivare fino a immedesimarsi in lui, ma con la capacità di mantenere sempre uno sguardo un po da fuori; egli deve, cioè, saper entrare nell altro e uscire da lui, per poter vedere, per poter aiutare, per poter curare e anche narrare. Questa è la relazione, un processo dinamico che si svolge davanti ai nostri occhi di operatori; sta a noi saperla cogliere, saperla vivere, in questo continuo coinvolgimento emotivo, per ritrovare poi la lucidità del distacco, per poter curare al meglio chi ci sta davanti, capendone le esigenze; ma anche per potere raccontare quanto accade, così come farebbe un narratore. Scrivere diventa così un modo per mettere ordine nello svolgersi delle cose, ci consente di progettare e di spostare la nostra vita un passo in avanti, investendo energie ed emotività. Sì, scrivere è terapeutico. Racconta una paziente: E qui comincia la mia storia con il dottor [ ] fatta sicuramente di alti e bassi, è talmente efficiente e preciso che a volte fa arrabbiare. Come quando, ad esempio, ti telefona alle ore più impensate anche di domenica [ ] solo per spostarti un appuntamento della settimana dopo. Ma poi ricordi che ha fatto lo stesso quando aspettavi l esito istologico e ti passa. Come quando in visita sfoglia e riordina la tua cartella, rileggendola dalla prima all ultima riga, come per entrare nel personaggio e nella sua storia; dopo un quarto d ora di questo silenzio sfibrante tu, lì davanti, non sai più che posizione assumere sulla sedia. Ma poi se ne esce con un Buon compleanno, signora (ma allora legge anche le date inutili) e ancora una volta ti passa. Che dire? Santo Subito! 3 3 Libere di vivere, a c. di M. Russomanno, AMO, Carpi 2005, p. 48. In un altro libro la giornalista Milena Bidinost, racconta con rabbia e orgoglio: Ora, da quando il cancro ha abbandonato il mio corpo, non so più contro chi lottare. Il mio vero terrore è che il male ritorni e che questa volta sia per sempre. D ora in poi il mio nemico sarà questo terrore [ ] Ma la mia storia mi ha insegnato: i miracoli esistono e sono opera della nostra forza di volontà 4. Infine c è il racconto di un medico ammalato di tumore, che conosce bene la propria prognosi e che descrive la vita come un viaggio in mare, un viaggio che non può durare in eterno [ ] alla fine le possibilità sono due: che la malattia ti faccia naufragare, ma è possibile che tu riesca a condurre la navicella in porto, a raggiungere l approdo 5. Se fosse così, la speranza non coinciderebbe con la guarigione, ma con l approdo, e ciascuno di noi a un certo punto della propria vita troverebbe la sua risposta al viaggio. Bibliografia M. Bidinost, Mi riprendo il biglietto. Un nuovo cielo dopo la chemio, L Omino rosso, Pordenone C. Carapezzi, Note, a c. di A. Bonaretti, AMO, Carpi R. Charon, Narrative Medicine. A Model for Empathy, Reflection, Profession and Truth, The Journal of the American Medical Association, 286(15), 2001, pp L. Pirandello, Dalle novelle al teatro, a c. di P. Briganti, Mondadori, Milano M. Russomanno (a c. di), Libere di vivere, AMO, Carpi M. Bidinost, Mi riprendo il biglietto. Un nuovo cielo dopo la chemio, L Omino rosso, Pordenone 2009, p C. Carapezzi, Note, a c. di A. Bonaretti, AMO, Carpi 2009, p. 92. Fabrizio Artioli Direttore di Medicina Interna Oncologica presso gli Ospedali di Carpi e Mirandola, Modena 34 35

24 Parte III Laboratori di Medicina Narrativa

25 III.1 Introduzione ai laboratori del convegno Nicoletta Suter a) Laboratori in un convegno di Medicina Narrativa? Non è usuale introdurre attività laboratoriali all interno di un convegno, che di norma, attraverso il susseguirsi di numerose relazioni frontali, persegue l obiettivo di approfondire la conoscenza in un determinato ambito del sapere. Le precedenti quattro edizioni del convegno di Medicina Narrativa organizzato annualmente al CRO si sono in effetti svolte secondo questa modalità classica: l intento era quello di analizzare a fondo il quadro teorico e i riferimenti epistemologici di una disciplina che va affermandosi in ambito sanitario, proponendo la ricerca di un integrazione fra tutti gli ambiti della cura, nonché fra scienze cosiddette naturali e le scienze umanistiche. La quinta edizione del convegno ha invece indossato un nuovo abito: cioè, come forse scriverebbe Sandro Spinsanti, è stata vestita di narrazioni 1. Lo spazio iniziale è stato affidato, come sempre, a due esperti di Medicina Narrativa, Sandro Spinsanti e Fabrizio Artioli, che nelle loro letture magistrali hanno introdotto i temi della giornata. In seguito un insegnante, ora direttore didattico, Piervincenzo Di Terlizzi, e una bibliotecaria, Margherita Venturelli, hanno onorato il poeta e scrittore friulano Pierluigi Cappello attraverso la lettura e il commento di alcuni testi. Il pubblico è stato così indotto a riflettere sul valore umano e curativo della poesia, sia per chi ascolta sia per chi scrive. Cappello, nel suo testo autobiografico Questa libertà, così spiega il suo legame con la letteratura: 1 S. Spinsanti, La medicina vestita di narrazione, Il pensiero scientifico, Roma

26 Sono entrato in pronto soccorso la sera del 10 settembre Sono uscito dall istituto di riabilitazione nella mattina del 16 marzo Sono date che si possono scrivere anche così: 10/09/ /03/1985, con il trattino in mezzo. E benché inizio e fine abbiano importanza, è quel trattino teso fra loro come una fune che riempie di senso l una e l altra e, illuminando, avvicina le due sponde [ ] Dentro quel trattino fra due date posso metterci poche sicurezze [ ] Ma ciò che è rimasto in piedi e che ha rappresentato la linea continua tra la vita di prima e la vita di dopo, è stata la letteratura [ ] Ho riempito in questo modo diversi quaderni, ma non ho riempito un tempo vuoto, perché è stato il tempo a riempirmi di sé. E ancora oggi considero quei balbettii le mie prime prove di poesia 2. Terminato lo spazio dedicato all autore, sono stati allestiti sette spazi di laboratori narrativo-esperienziali, condotti da facilitatori esperti, ripetuti in una sessione mattutina e una pomeridiana, tanto che ogni partecipante ha potuto iscriversi e frequentare due diverse attività durante la giornata. Le esperienze laboratoriali sono state poi riportate in plenaria dai facilitatori con un dibattito a seguire. Ecco i titoli dei sette laboratori, illustrati dettagliatamente dai conduttori/facilitatori nelle prossime pagine: 1) Pratiche filosofiche e riflessività nella formazione degli operatori (Linda M. Napolitano Valditara e Francesca Bisiani) 2) Biblioterapia: obiettivi e modalità di applicazione con le persone malate (Marco Dalla Valle) 3) Maneggiami con cura: esperienza di laboratorio teatrale sul prendersi cura (Franca Tragni e Luisella Notari) 3 4) La scrittura riflessiva e autobiografica: strumenti per il benessere degli operatori (Nicoletta Suter) 5) La cura nello sguardo: arti figurative e scrittura (Daniele Bruzzone) 6) Cinema e formazione: disease related movies per riflettere sulla cura (Lorenza Garrino) 7) Parole, emozioni e immagini: poesia come metafora della cura (Patrizia Rigoni) b) Perché educare alla Medicina Narrativa attraverso il laboratorio? Proviamo dunque a esplorare un po più a fondo questa metodologia didattica per comprenderne il senso all interno del convegno. Con il termine laboratorio s intende l insieme di quelle situazioni formative in cui al partecipante, ma anche al formatore, è richiesto di mettersi in gioco non solo come identità professionale, ma anche come persona. Infatti questa metodologia tende a promuovere lo sviluppo personale attraverso il lavoro su di sé e l utilizzo del gruppo come catalizzatore di apprendimento collaborativo. Il formatore, come un regista, partendo da un copione iniziale, realizza l azione formativa sviluppando un itinerario taylored (tagliato, confezionato) sui partecipanti, coinvolgendoli e rendendoli protagonisti non solo per ciò che attiene ai contenuti, ma anche per ciò che attiene alla sfera emotivo-affettiva e relazionale-sociale 4. Il termine laboratorio è polisemico: in senso stretto indica uno spazio didattico diverso dall aula-madre, nella quale l attività è prevalentemente frontale, tipica della trasmissione culturale e dove al discente è richiesto prevalentemente l ascolto. In senso largo è un attività pedagogica che presenta la caratteristica dell apprendimento attivo, cioè dell imparare facendo: si tratta cioè di un contesto di azione, di uno spazio mentale, simbolico dove al discente è richiesto di interagire, fare, pensare, riflettere. Le attività di laboratorio portano il partecipante a imparare a pensare in modo riflessivo, cioè ad acquisire una propensione generale a riflettere sulla propria attività prima, durante e dopo il suo evolversi. Il laboratorio è dunque uno spazio didattico in cui, grazie alla guida del facilitatore, si realizzano la meta-cognizione (cioè l interrogazione sul proprio modo di pensare), la meta-emozione (cioè l interrogazione sul proprio modo di sentire), e l auto-formazione (rispondendo a domande del tipo come hai imparato ciò che sai, che sai fare, ciò che sei oggi? Come racconti il tuo sapere? Quali desideri di formazione e di crescita hai? ). 2 P. Cappello, Questa libertà, Rizzoli, Milano 2013, pp Di questo laboratorio purtroppo non c è qui un contributo scritto. 4 M. Rotondi, Facilitare l apprendere. Modi e percorsi per un apprendimento di qualità, Franco Angeli, Milano , pp

27 La didattica laboratoriale richiede dunque di passare dall informazione alla formazione, incoraggiando nei partecipanti un atteggiamento attivo e di ricerca verso la conoscenza, che ne mobilita le capacità e l apprendimento significativo per scoperta 5. Essa inoltre va non a sostituirsi, ma a integrarsi con attività didattiche frontali, coinvolgendo persone con diversi stili di apprendimento, stimolando curiosità, favorendo la condivisione della propria esperienza e migliorando l apprendimento in senso generale. Troppo spesso le attività educative, anche nella formazione continua in medicina, si fondano sull assunto che la vita intellettuale di una persona si risolva esclusivamente attraverso l attività teorica fondata sulla parola e sul libro, l articolo e così via. Spesso l agire e il riflettere sul fare e sul pensare non sono considerati importanti, oppure sono considerati solo aspetti di supporto al sapere teorico. Inoltre vi è una predominanza di logiche quantitative (come, ad esempio, attribuire valore all attività didattica in base al numero di crediti!) su quelle della qualità dei contenuti, di logiche di apprendimento individuali e competitive rispetto a quelle che hanno il loro focus nel lavoro con il gruppo e nell apprendimento di tipo collaborativo. In particolare quest ultimo diviene un allenamento fondamentale al lavoro in team, che di norma non viene insegnato nella formazione di base. Gli stessi curricula didattici universitari sono impostati in modo mono-disciplinare (gli studenti di medicina studiano e si confrontano solo con altri studenti di medicina, gli infermieri solo con studenti di infermieristica, e via dicendo), benché poi nei luoghi di lavoro emerga sempre più la necessità del lavoro in team, di fatto, però, da attuarsi in assoluta carenza di premesse formative adeguate. Ma per lavorare efficacemente con altri non è sufficiente l indicazione deontologica a farlo o la buona intenzione: occorre un allenamento sia alla metodologia del lavoro di gruppo, sia ad acquisire tutte le abilità dell intelligenza emotiva e sociale 6. La partecipazione costante nel tempo ad attività di tipo laboratoriale incrementa certa- 5 D.P. Ausubel, Educazione e processi cognitivi. Guida psicologica per insegnanti, tr. it., Franco Angeli, Milano D. Goleman, Lavorare con intelligenza emotiva. Come inventare un nuovo rapporto col lavoro, tr. it., Rizzoli, Milano mente queste competenze, che sono alla base del successo dei team di cura. Recuperare il valore del sapere pratico attraverso le attività laboratoriali prevede come punto di partenza il fare un esperienza all interno di uno spazio didattico protetto, a cui seguono la riflessione, la costruzione di significati, fino all ancoraggio con saperi teorici che non sono dati dal formatore a priori, ma vengono scoperti, individuati e rielaborati dai discenti. c) Il laboratorio narrativo-esperienziale In questi ultimi anni, dopo la nascita del movimento della Medicina Narrativa nel Nordamerica, anche in Italia si sta avvertendo l esigenza di introdurre una pedagogia narrativa nei percorsi della formazione, sia universitaria che continua. Essa è intesa: come un approccio all insegnamento/apprendimento che privilegia la narrazione dell esperienza professionale dei discenti quale strumento di conoscenza e comprensione di sé e degli altri; come dispositivo educativo per stimolare la riflessione sulla cura nelle sue diverse declinazioni 7 ; come leva strategica volta ad allenare la competenza narrativa, cioè la capacità di accogliere, ascoltare, assorbire, comprendere, interpretare e rispondere con un paradigma narrativo alle storie di malattia delle persone 8. Il nostro Istituto Superiore di Sanità ha già accolto questa importante sfida. Nelle Linee di indirizzo per l utilizzo della Medicina Narrativa in ambito clinico-assistenziale, per le malattie rare e cronico degenerative, alla quarta raccomandazione esso infatti enuncia: Si raccomanda di introdurre la competenza narrativa in tutti i suoi aspetti e ambiti di applicazione nei percorsi formativi accademici e di sanità pubblica degli operatori sanitari e socio-sanitari. Si raccomanda la progettazione di percorsi multidisciplinari e interprofessionali 9. 7 L. Formenti (a c. di), Attraversare la cura. Relazioni, contesti e pratiche della scrittura di sé, Erickson, Trento R. Charon, Narrative Medicine. Honouring the Stories of Illness, Oxford University Press, New York 2006, p

28 Il punto critico è però come insegnare agli studenti e ai professionisti la competenza narrativa, che è certamente un costrutto complesso e non disgiunto dall allenamento di competenze comunicative e relazionali. Ora, Charon, Hermann e Devlin hanno sviluppato un modello d interpretazione della competenza narrativa, che si sviluppa attraverso tre movimenti 10 : l attenzione, la rappresentazione, l affiliazione, processi che coinvolgono il livello cognitivo, emotivo e anche corporeo del singolo, con forte impatto nella relazione con l altro (paziente, collega, team, comunità sociale ecc.). Per sviluppare competenze narrative vengono dunque proposte attività di osservazione incarnata, di close reading (letture ravvicinate) e di reflective writing (scritture riflessive): esse consentono di allenare abilità della comunicazione (l ascolto attento e profondo, il fare domande, il dare feedback), abilità dell intelligenza emotiva e sociale (fra cui l empatia) e abilità peculiari di una pratica clinica e educativa riflessiva 11. Le Medical Humanities, riconosciute come un dispositivo pedagogico per mettere in dialogo le scienze mediche e le scienze umane, portano l attenzione su una conoscenza derivante da un processo di costruzione di significati da diversi punti di vista (filosofico, sociologico, antropologico, storico, psicologico, teologico, etico ecc.) attraverso stimoli provenienti da letteratura, teatro, cinema, arti visive, ma anche dalle storie narrate e scritte da pazienti, operatori, caregiver, storie autobiografiche e non autobiografiche 12. Forse adesso risulta più chiara la scelta di offrire ai partecipanti del convegno attività didattiche in forma di laboratori, in cui hanno potuto fare esperienza di narrazioni attraverso svariati registri, all interno di uno o più dei seguenti obiettivi: sviluppare capacità di stare con se stessi e con gli altri; sviluppare abilità relazionali nei contesti di cura; aumentare la propria consapevolezza rispetto alle proprie pre- 10 R. Charon, N. Hermann, M.J. Devlin, Close Reading and Creative Writing in Clinical Education: Teaching Attention, Representation, and Affiliation, Academic Medicine, 20 (2015), pp G. Bolton, Reflective Practice. Writing and professional Development, Sage, London L. Zannini, Medical Humanities e Medicina Narrativa. Nuove prospettive nella formazione dei professionisti della cura, Cortina, Milano 2008; J. Shapiro et al., Medical Humanities and their Discontents: Definitions, Critiques and Implications, Academic Medicine, 84 (2009), pp comprensioni cognitive e pre-significazioni emotive rispetto all oggetto del laboratorio; imparare a sospendere il giudizio e comunque a percepirne l influenza nel lavoro di cura; ampliare le chiavi di lettura dei contesti proposti nel laboratorio; sviluppare capacità espressive e creative; sviluppare capacità di analisi, riflessione, valutazione; aumentare la motivazione a innovare e sperimentare; accrescere la consapevolezza dell indispensabilità della narrazione di sé e dell altro nel lavoro di cura; comprendere l importanza della cura di sé come atto propedeutico alla cura dell altro; imparare dagli altri 13. Molti di questi obiettivi intersecano il programma delle Life Skills Education for Children and Adolescents in School-Program on Mental: esso è stato lanciato nel 1993 dall OMS per segnalare quanto sia importante promuovere, nell infanzia e nell adolescenza, l acquisizione di competenze relazionali e sociali, necessarie a fronteggiare problemi e sfide del vivere e funzionali alla realizzazione di un esistenza sana, ricca di soddisfazioni. Nel documento dell OMS tali competenze vengono così elencate: decision making, problem solving, pensiero creativo, pensiero critico, comunicazione efficace, capacità di relazioni interpersonali, autoconsapevolezza, empatia, gestione delle emozioni, gestione dello stress 14. Dunque, come non suggerire di estendere questa educazione anche nel mondo universitario, nei luoghi di cura in senso più ampio e nella forma del long life learning? 15. d) Conclusioni La scelta della formula pedagogica del laboratorio narrativo-esperienziale è stata dunque innovativa all interno di un convegno e certo lo è anche nei setting educativi delle professioni sanitarie in generale. 13 Rinvio ancora al testo di Shapiro citato alla nota precedente, e a quello di Rotondi citato sopra, alla nota P. Marmocchi, C. Dall Aglio, M. Zannini, Educare le Life Skills. Come promuovere le abilità psicosociali e affettive secondo l Organizzazione Mondiale della Sanità, Erickson, Trento S. Polvani, Cura alle stelle. Manuale di salute narrativa, Emmebi, Firenze

29 È anche in qualche modo una sfida, in quanto di Medicina Narrativa non si può solo parlare e discutere: essa ha bisogno urgente di ricevere applicazioni concrete nella relazione di cura, nel team di colleghi, nella cura di sé come professionisti e nella promozione della salute della comunità 16. Immergiamoci ora nella lettura dei testi che, attraverso le tappe di un viaggio fatto di parole, immagini, emozioni, gesti ed esperienze, ci racconteranno come concretamente diventare un po più esperti di narrazioni. A conclusione del viaggio vi proporremo ancora alcune note sull efficacia percepita da parte dei partecipanti rispetto ai vantaggi e rischi della Medicina Narrativa negli ambiti di cura, attraverso un analisi critica dei loro testi prodotti al termine del convegno stesso. Buona lettura. Bibliografia D.P. Ausubel, Educazione e processi cognitivi. Guida psicologica per insegnanti, tr. it., Franco Angeli, Milano G. Bolton, Reflective Practice. Writing and professional Development, Sage, London P. Cappello, Questa libertà, Rizzoli, Milano 2013, pp R. Charon, Narrative Medicine. Honouring the Stories of Illness, Oxford University Press, New York 2006, p. 4. Ead., Narrative Medicine: the essential Role of Stories in medical Education and Communication, in AA.VV., Creative Dialogues. Narrative and Medicine, Lady Stephenson Library, Newcastle (UK) Ead., N. Hermann, M.J. Devlin, Close Reading and Creative Writing in Clinical Education: Teaching Attention, Representation, and Affiliation, Academic Medicine, 20 (2015), pp L. Formenti (a c. di), Attraversare la cura. Relazioni, contesti e pratiche della scrittura di sé, Erickson, Trento D. Goleman, Lavorare con intelligenza emotiva. Come inventare un nuovo rapporto col lavoro, tr. it., Rizzoli, Milano P. Marmocchi, C. Dall Aglio, M. Zannini, Educare le Life Skills. Come promuovere le abilità psicosociali e affettive secondo l Organizzazione Mondiale della Sanità, Erickson, Trento L. Mortari, Aver cura della vita della mente, Carocci, Roma S. Polvani, Cura alle stelle. Manuale di salute narrativa, Emmebi, Firenze M. Rotondi, Facilitare l apprendere. Modi e percorsi per un apprendimento di qualità, Franco Angeli, Milano , pp J. Shapiro et al., Medical Humanities and their Discontents: Definitions, Critiques and Implications, Academic Medicine, 84 (2009), pp S. Spinsanti, La medicina vestita di narrazione, Il pensiero scientifico, Roma L. Zannini, Medical Humanities e Medicina Narrativa. Nuove prospettive nella formazione dei professionisti della cura, Cortina, Milano Sitografia 16 Charon, Narrative Medicine: the essential Role of stories in medical Education and Communication, in AA.VV., Creative Dialogues. Narrative and Medicine, Lady Stephenson Library, Newcastle (UK) 2015; L. Mortari, Aver cura della vita della mente, Carocci, Roma Nicoletta Suter Responsabile Centro Attività Formative del CRO di Aviano 46 47

30 III.2 Introduzione: le molte pratiche utili del narrare Linda M. Napolitano Valditara Nell editare, ancora una volta, i 15 contributi riferentisi al quinto convegno dal titolo Espressioni di cura. Medicina narrativa in oncologia, tenutosi al CRO di Aviano il 26 febbraio 2016, e nel confezionare un libro che efficacemente li contenga, devo constatare quanto cammino si sia fatto dalla prima edizione 1. Nelle varie edizioni del convegno, come al concorso letterario che lo affianca, è stata, di anno in anno, anzitutto data voce a soggetti diversi, allargandone progressivamente la platea, e questa è la prima grande ricchezza che mi pare si sia acquisita nel tempo: medici, infermieri, volontari, pazienti, parenti e teorici come sono io, una volta all anno raccolti insieme, fra momenti di minuta analisi teorica e altri d intenso coinvolgimento emotivo, a monitorare ed esplorare quest unico oggetto comune della Medicina Narrativa. Rispetto allo standard ormai classico della sua applicazione che fa carico al curante di acquisire skill narrative per ottimizzare il rapporto diagnostico e terapeutico col paziente abbiamo quindi imparato come la Medicina Narrativa sia in realtà declinabile da prospettive diverse ma con identica utilità 2. Sono le prospettive dei molti soggetti coinvolti in 1 Ho avuto l onore di curare io stessa gli atti delle quattro edizioni precedenti: un lavoro non sempre facile, dal quale nondimeno ho imparato molto. Cfr. dunque: Leggiamoci con cura: scrittura e narrazione di sé in medicina, I edizione, Aviano 16 settembre 2011, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano 2012 (14 contributi); e, con lo stesso titolo, la II edizione, Aviano 12 ottobre 2012, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano 2013 (11 contributi); la III edizione, Aviano 24 ottobre 2013, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano 2014 (18 contributi), e la IV edizione, Aviano 13 novembre 2014, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano 2016 (14 contributi). I contributi sono stati perciò, finora, in totale, 57; e, coi 15 di questa edizione, fanno Lo rileva, in questo stesso volume, Sandro Spinsanti nel suo contributo Narrazioni in medicina: paradossi e sinergie, mostrando come la Medicina Narrativa non si declini affatto al singolare ma al plurale (romanzi di malattia, racconti del dolore e narrazioni emergenti nel rapporto medico-paziente) e come le diverse declinazioni tutte contribuiscano a far comprendere il fenomeno questo sì, sempre singolare della malattia. una storia di malattia e di cura: tutte queste differenti voci sono utili a dare concretezza e sostanza a una medicina che voglia essere davvero centrata sul paziente (patient centered) e rispondente al ben noto paradigma bio-psico-sociale. Perché di fatto molti sono gli implicati in una storia di malattia, in ruoli e da punti di vista differenti, e l integrazione delle loro voci, l intreccio delle loro storie riesce a dare solido corpo a quella comunità di cura senza di cui nessuna vicenda di malattia evolve in modo positivo: dove, per parlare di evoluzione positiva, continuo a credere laterale, benché ovviamente auspicabile, poter far scorrere i titoli di coda dietro a un lieto fine, ma centrale com è in realtà diritto di ogni curato e dovere di ogni curante aver la ragionevole certezza che la cura prestata sia (o sia stata) la più efficace e la più umana possibile. L integrazione in parola, di prospettive e competenze disciplinari diverse, è importante anche per un altra ragione: perché ancora troppo poco, negli ambiti della ricerca scientifica e delle successive diverse forme di cura, si è allenati a interagire tra figure specialistiche differenti e da prospettive diverse. Mentre, come di recente e autorevolmente si è notato, la medicina del futuro esigerà sempre più questa capacità d integrazione: la declinazione pratica di questo sapere complesso richiede l apporto indispensabile e insostituibile di tante figure professionali sanitarie assai diversificate, che vanno molto oltre quelle classiche del farmacista, dell infermiera e dell ostetrica [ ] [mentre] c è [ ] una chiara difficoltà a comunicare con medici appartenenti a specialità diverse [ ] la nostra generazione comincia ad avere solo adesso l esperienza delle relazioni tra professioni diverse nella cura dei pazienti 3. 3 L. Vettore, G. Delvecchio, Dottori domani. Storie, dialoghi e riflessioni per una nuova educazione alle cure, Delfino, Roma 2016, p. 47, corsivo mio. Un analoga difficoltà, devo dire, percepisco anche nel mio campo disciplinare, quello delle scienze umanistiche, dove sempre più micro-parcellizzato è l impegno scientifico richiestoci (siamo divisi in Settori Scientifico Disciplinari, o SSD, dai quali non possiamo uscire pena lo scarso o nullo riconoscimento dei prodotti della nostra ricerca): al contrario, l interdisciplinarietà in ogni ambito arricchisce i quadri di riferimento e concretizza i problemi affrontati. Com è difficile che il lavoro di un chirurgo ortopedico riesca bene senza un dialogo con l anestesista e il fisioterapista, così il lavoro di uno storico della filosofia antica, come sono io, è certamente arricchito dallo scambio con uno storico dell arte greca o della letteratura antica e il lavoro educativo (anch esso lavoro di cura) è facilitato dalla collaborazione con pedagogisti e psicologi

31 Come abbiamo imparato, la Medicina Narrativa può e deve infatti avere un impiego non soltanto per migliorare la qualità della vita del paziente, non solo per rendere più efficace la sua interazione col curante, ma anche per migliorare le condizioni nelle quali il curante stesso eroga il suo lavoro, con motivazioni chiare e costantemente rinforzate e ribadite, con una capacità sempre migliore d interagire col suo curato, come di lavorare in team con i colleghi ed entro la struttura che ne ospita l attività. Un secondo elemento di grande ricchezza emerge soprattutto da questo convegno, dove si è mirato non tanto e non solo, come nelle altre occasioni simili, ad approfondire teoricamente che cosa sia la Medicina Narrativa, perché essa abbia senso, a quale fine operi e facendo perno su quali competenze (razionali ed emozionali) dei soggetti siano in essa implicati, ma si è voluto concretamente provare a operare per suo tramite, allestendo i laboratori dei quali la parte III di questo libro dà conto: il fine era quello di far fare ai partecipanti al convegno un esperienza concreta dell applicazione su se stessi e a loro stesso vantaggio della narrazione in medicina. E qui devo confessare che il giorno del convegno, dopo aver letto i titoli dei laboratori allestiti dai miei colleghi (da Daniele Bruzzone sull uso delle immagini a Marco Dalla Valle sulla biblioterapia, da Lorenza Garrino sui film di malattia a Nicoletta Suter sulla scrittura autobiografica e Patrizia Rigoni sulla poesia), avrei volentieri lasciato la conduzione del mio laboratorio di pratiche filosofiche per andare a seguire i loro laboratori e imparare da essi: tutti erano stimolanti e interessanti, tutti suscitavano la mia curiosità. Ma moltissimo ho imparato non solo dai partecipanti al mio laboratorio (che ovviamente non ho lasciato), ma anche, adesso, dai contributi che seguono, dalla restituzione per iscritto di quanto, nei vari laboratori, quel giorno, in contemporanea sforzo organizzativo non da poco, grazie al personale del CRO si è provato a fare. Del taglio e valore pedagogico dei laboratori rende conto, certo meglio di me, Nicoletta Suter nella sua Introduzione, come di nuovo lei e Ivana Truccolo riflettono, alla fine della parte III, su quanto emerge del gradimento che i laboratori stessi hanno indotto nei partecipanti al convegno 4. Io vorrei, qui, fare una considerazione diversa, a proposito di quello mi pare si possa chiamare l oggetto o lo strumento narrativo e il suo uso. Nei laboratori sono stati impiegati oggetti e strumenti narrativi fra loro diversi, ma nondimeno ricorrenti: immagini (da Bruzzone e da me), pellicole cinematografiche (da Garrino), poesie (da Rigoni), testi letterari (da Dalla Valle e Suter) e perfino la scrittura autobiografica (da Suter e in parte anche da me). Può apparire a prima vista sconcertante e perfino segno di scarsa chiarezza d idee che, in laboratori di Medicina Narrativa diretti a professionisti della cura, si possano impiegare strumenti fra loro così differenti (per quale ragione mai, poi, sono reputati, tutti e alla pari, strumenti narrativi?); oppure, al contrario, che lo stesso strumento possa essere utilizzato in laboratori diversi. Se è facile chiarire che tutti questi sono strumenti narrativi perché raccontano, seppure per tramiti differenti, una storia, nella quale il destinatario può ritrovare la propria stessa storia e iniziare perciò, da lì, a riflettervi sopra, qualcuno potrebbe però eccepire questo l ho già visto usare in un altro laboratorio e intendere come un arrampicarsi sugli specchi l uso del medesimo strumento (il brano letterario o l immagine) in laboratori che pure s intitolano differentemente. Mi pare, nondimeno, che un rilievo simile non sia stato fatto dai 110 partecipanti a questo convegno: e forse è già questo un buon risultato. La cosa interessante da precisare in proposito, prima di provare a ragionare sul perché un simile uso sia non solo legittimo, ma una vera e propria risorsa della Medicina Narrativa, è che i conduttori dei laboratori sono stati contattati dal CRO individualmente, ognuno sulla base di esperienze e competenze maturate nel tempo, e che non c è stato, prima del convegno, alcuno scambio fra noi e alcun confronto Incomprensibile a molti è, perciò, la mia posizione scientifica, di storica della filosofia antica, interessata addirittura alla Medicina Narrativa Non posso che rinviare, per fondarla e illustrarla, ai vari contributi da me proposti nei volumi citati alla nota 1. 4 Cfr. N. Suter, I. Truccolo, Benefici e rischi della Medicina Narrativa: il punto di vista dei partecipanti al convegno, dove sono state esaminate le 440 risposte date dagli iscritti al convegno ai quesiti loro proposti

32 su quanto ciascuno nel proprio laboratorio avrebbe allestito 5. Noi organizzatori e conduttori dei laboratori ci siamo visti e confrontati solo nel briefing finale, prima della chiusura del convegno, e provenivamo del resto da percorsi formativi e professionali, come da esperienze in Medicina Narrativa, anche molto differenti fra loro; di tale percorso ciascuno ha reso in qualche modo conto, su mia richiesta, qui, nel suo contributo scritto. Ora, il fatto che, senza accordi preliminari, tutti ci si sia orientati a scegliere strumenti simili dovrebbe essere una garanzia sulla comune base tecnico-pratica della Medicina Narrativa: le pratiche del narrare sono quelle ed esattamente quelle, ed è a esse (immagini, film, racconti, poesie, diari) che ci si affida in una formazione all uso della relazionalità narrativa. Gli strumenti per indurre abilità e competenze a un approccio narrativamente esperto con se stessi, coi pazienti, coi colleghi di fatto sono quelli 6. Questa base tecnico-pratica, questi come li chiamerebbe l amico Dalla Valle attrezzi del mestiere, pure comuni, non possono però essere impiegati in modo tecnicamente predeterminato e rigido: ogni conduttore può aver maturato esperienze personali diverse nel loro uso, può avere in merito una diversa preparazione teorica e addirittura una diversa sensibilità personale rispetto alla loro gradevolezza ed efficacia. Nello strumento narrativo che usa, quale che sia, il condut- 5 A onor del vero uno scambio fra il biblioterapista Marco Dalla Valle e me c è stato, se non altro perché, a Verona, con-dirigiamo, con altri, lo stesso Centro di ricerca, Asklepios. Filosofia, cura, trasformazione presso il Dipartimento Universitario di Scienze Umane: nondimeno lo scambio si è dovuto limitare, per mancanza di tempo, solo ad alcune informazioni base. La collaborazione fra Marco e me è comunque consolidata da altre attività svolte insieme negli ultimi anni, aventi sempre come focus l impiego della MN e della biblioterapia. 6 Al Convegno è stato allestito anche un Laboratorio teatrale, da Franca Tragni e Luisella Notari, dal titolo Maneggiami con cura: esperienza di laboratorio teatrale sul prendersi cura : di esso purtroppo non abbiamo qui una restituzione in un contributo scritto e il confronto è perciò, a posteriori, impossibile. Particolare strumento narrativo è, naturalmente, anche quello dell esecuzione musicale: in parte l ho utilizzato io nel mio Laboratorio (le campane tibetane), ma rinvio, in merito, p.es. all attività dei Donatori di Musica, rete di musicisti, medici e volontari, nata nel 2009 per realizzare e coordinare stagioni di concerti negli ospedali. L esperienza emotiva e umana dell ascolto della musica dal vivo è un diritto di tutti, e in particolare di chi si trova ad affrontare situazioni critiche (cfr. Nel 2016 sono stati realizzati 77 concerti negli ospedali italiani. tore deve comunque credere lui per primo: solo così l uso di esso sarà davvero efficace. E tale circostanza segnala un tratto importante, cioè che nessuno degli organizzatori-conduttori di un laboratorio di Medicina Narrativa può utilizzare uno strumento narrativo la cui presa, prima, egli non abbia rilevato su di sé: questa immagine, questo film, questa poesia, questo brano letterario mi coinvolge, mi induce a pensare, su di me e sulla mia vita, e dunque credo e spero, raccontandotelo, che esso possa coinvolgere e far pensare anche te. Inoltre, ed è questo l aspetto più difficile, qui non si trattava semplicemente come di solito si fa in un laboratorio d insegnare a ripetere meccanicamente la sequenza dei gesti necessari per praticare un iniezione endovenosa, per applicare un catetere o per imparare a usare un nuovo programma informatico: qui si trattava di utilizzare strumenti che inducano, nei destinatari, una postura nuova, una nuova maniera di disporsi dinnanzi a se stessi e agli altri, quella appunto, per dirla con Rita Charon, fondatrice della Medicina Narrativa, che rende onore alle storie. E allora, gli strumenti narrativi utili a far questo, benché siano di fatto quelli ricorrenti già richiamati, possono essere diversi, diversamente impiegabili e perfino ibridabili, cioè mescolabili uno con l altro (nel mio laboratorio ho usato l immagine, la scrittura autobiografica e la lettura ad alta voce di testi letterari): del resto, nessuno dei conduttori sapeva, prima, a quale tipo di uditorio si sarebbe trovato a rivolgersi, quale preparazione ed esperienza di partenza, e dunque quale aspettativa, avrebbero avuto i partecipanti. Perciò ciascuno si è orientato su ciò che riteneva più efficace secondo la propria competenza e sensibilità personale e i partecipanti stessi hanno segnalato il loro maggiore o minore gradimento rispetto allo strumento narrativo di volta in volta impiegato. La flessibilità e duttilità di cui sto parlando non significa però improvvisazione; chi porta e condivide storie è dunque sempre in cammino, naviga per così dire sempre in mare aperto: ma questo non è per nulla un limite, bensì una straordinaria ed entusiasmante risorsa, che, quando si provi ad applicarla, credo affini l elasticità mentale e la creatività necessarie per vivere. Cosa che nessuna semplice tecnica, da impiegare meccanicamente, saprebbe fare. Io stessa ho imparato che non con tutti i destinatari si possono usare i medesimi strumenti narrativi e che anzi essi vanno scelti certamente 52 53

33 rispetto al campo disciplinare e specialistico dei destinatari stessi: è impossibile formare alla Medicina Narrativa nello stesso modo degli operatori di hospice, il personale di una struttura come il CRO di Aviano o quello, per esempio, di un centro per la riabilitazione D altra parte, costruire e consolidare una postura narrativamente esperta non è qualcosa che si possa concludere in due ore: i laboratori del febbraio 2016 sono perciò dei semplici assaggi di quello che un educazione costante nel campo della Medicina Narrativa indurrebbe nei destinatari (operatori sanitari, ma anche in chiunque lavori su di sé e per sé con la narrazione). E il corale gradimento di questa formula da parte dei partecipanti al convegno, con la matura consapevolezza anche dei rischi e limiti applicativi della Medicina Narrativa, conferma che forse non solo un unica esperienza di laboratorio, ma dei corsi laboratoriali otterrebbero e davvero consoliderebbero i risultati che il Ministero della Salute auspica vengano raggiunti tramite un applicazione della Medicina Narrativa stessa 7. Quindi, nonostante tutto e il non poco già fatto, certamente c è ancora molto da fare. Bibliografia Leggiamoci con cura. Scrittura e narrazione di sé in medicina, Atti del convegno I, Aviano 16 settembre 2011, a c. di L.M. Napolitano Valditara, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano Leggiamoci con cura. Scrittura e narrazione di sé in medicina, Atti del convegno II, Aviano 12 ottobre 2012, a c. di L.M. Napolitano Valditara, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano Leggiamoci con cura. Scrittura e narrazione di sé in medicina, Atti del Convegno III, Aviano 24 ottobre 2013, a c. di L.M. Napolitano Valditara, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano Leggiamoci con cura. Scrittura e narrazione di sé in medicina, Atti del Convegno IV, Aviano 13 novembre 2014, a c. di L.M. Napolitano Valditara, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano L. Vettore, G. Delvecchio, Dottori domani. Storie, dialoghi e riflessioni per una nuova educazione alle cure, Delfino, Roma Sitografia 7 Cfr. Linda M. Napolitano Valditara Professore Ordinario di Storia della filosofia antica, Università degli Studi di Verona, studiosa di Medicina Narrativa 54 55

34 III.3 La cura nello sguardo: arti figurative e scrittura Daniele Bruzzone Ci sono pochissimi occhi in cui esiste lo sguardo. Alberto Giacometti Lo scopo delle Medical Humanities è quello integrarsi alla formazione scientifica e tecnica dei professionisti della salute 1 : ciò allo scopo di prevenire e contrastare quelle modalità dell agire e, ancor prima, del pensare e del sentire che minacciano di dis-umanizzare i luoghi della cura e di sottrarre al rapporto terapeutico la sua valenza etica e la sua matrice affettiva 2. Per non smarrire e, anzi, affinare la sensibilità, l attitudine relazionale, la capacità comunicativa ed empatica, che consentono di mettere in atto un etica della cura davvero adeguata alla dignità delle persone, è indispensabile offrire a coloro che quotidianamente sono a contatto con situazioni di vulnerabilità e di sofferenza saperi e strumenti che li aiutino, da un lato, a non incorrere nell affaticamento emotivo che l inevitabile coinvolgimento talvolta produce e, dall altro, a non cedere ai meccanismi difensivi del distacco e del cinismo che non di rado rischiano di privare i pazienti di ciò che è loro più necessario: la comprensione e la solidarietà di chi si prende cura di loro. a) Rimanere esseri umani Sul frontespizio dell antico edificio che ospitava l Allgemeine Krankenhaus di Vienna, per volere dell imperatore Giuseppe II, fu scolpita all atto della sua inaugurazione (1784) un iscrizione che recita: Saluti 1 L. Zannini, Medical humanities e medicina narrativa. Nuove prospettive nella formazione dei professionisti della cura, Franco Angeli, Milano V. Iori (a c. di), Quando i sentimenti interrogano l esistenza. Orientamenti fenomenologici nel lavoro di cura, Guerini, Milano 2006; D. Bruzzone, E. Musi (a c. di), Vissuti di cura. Competenze emotive e formazione nelle professioni sanitarie, Guerini, Milano et solatio aegrorum, dedicando cioè l ospedale non solo alla guarigione, ma anche alla consolazione dei malati. Il dottor Viktor Frankl, che per oltre venticinque anni era stato il primario del reparto di Neurologia e Psichiatria del policlinico viennese, nel corso di un intervista, cercando di riassumere il senso della sua vocazione terapeutica, diceva: Volevo essere un buon medico, non un cattivo medico. E, soprattutto, volevo ciò nonostante rimanere un essere umano. Ci sto ancora provando 3. Il fatto stesso che un medico (tra i più noti del secolo scorso) possa ammettere il timore di perdere la propria umanità suggerisce che nel paradigma della medicina come scienza naturale si cela la possibilità (forse estrema, ma non remota) di smarrire la sua essenza originaria: quella, cioè, di un sapere che scaturisce dall umana compassione. Certo com-patire significa, almeno in parte, com-partire la sofferenza dell altro. Ed è proprio per evadere da questa inquietudine che la scienza tende, invece, a oggettivare ciò che vede. Non a caso, il principio fondamentale del metodo galileiano consiste nell osservazione. Beninteso: osservazione neutrale. Se questo sguardo si applica alla medicina, il suo oggetto non può che essere un corpo-cosa (Körper), un meccanismo che si guasta e si può riparare, non certo il corpoesistenza (Leib), una vita cioè che sempre racchiude una coscienza e un progetto di sé 4. Il dipinto di Rembrandt La lezione di anatomia del dottor Tulp (1632), commissionato allora dalla Gilda dei Medici di Amsterdam, rappresenta bene il procedimento oggettivante della scienza: quello che l illustre cerusico disseziona e mostra ai discepoli non è (o non è più) una persona, con una sensibilità, una vita emotiva, una storia da raccontare, ma solo una macchina o un apparato il cui funzionamento dipende dalle leggi della fisica e della biologia. Si tratta di una lezione: pertanto il dottore ha qualcosa da spiegare (Erklären); ciò che sfugge agli astanti 3 The Choice is Yours. The Life and Philosophy of One of the World s Greatest Psychiatrists: Viktor Frankl, MD, PhD., a film directed by R. Yorkin Drazen, American Board of Internal Medicine Foundation, Philadelphia Per approfondimenti, si rinvia a D. Bruzzone, Viktor Frankl. Fondamenti psicopedagogici dell analisi esistenziale, Carocci, Roma Il merito di aver ripristinato la dimensione esistenziale della corporeità, superando il dualismo cartesiano di res cogitans e res extensa, spetta in particolar modo alla fenomenologia, a partire da E. Husserl, Meditazioni cartesiane, Bompiani, Milano Per una più ampia contestualizzazione storico-filosofica, cfr. U. Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Milano

35 (tutti peraltro intenti a scrutarlo da vicino) è che dinanzi a loro c è anche qualcuno da comprendere (Verstehen) 5. Non importa, alla scienza, l identità o la storia di quel corpo (il volto è volutamente lasciato in ombra dall artista); anzi: ciò che eccede la pura osservazione oggettiva viene intenzionalmente escluso. Come in un altro quadro famoso, Ciencia y caridad (1897) che un giovanissimo Pablo Picasso dipinge a Barcelona, in piena temperie positivista: dove un medico, ritratto nell atto di misurare le pulsazioni cardiache, ha un contatto fisico con la paziente, ma a ben vedere non intrattiene con lei alcuna relazione (non si guardano, probabilmente non si parlano neppure); l attenzione della donna, anzi, è tutta rivolta dall altra parte del capezzale, dove una religiosa infermiera tiene in braccio il suo bambino. Forse l artista vuole sottolineare che quella donna, benché sia un ammalata, non ha smesso di essere una madre (chi si occupa di questa sua dimensione esistenziale, che trascende la sua condizione clinica?) e che, separando la scienza dalla carità, la competenza tecnica da quella emotiva, si finisce per disumanizzare inesorabilmente la cura. L assenza di dialogo è, qui, anzitutto l assenza di uno sguardo capace di vedere l altro nella sua sofferenza più profonda; e viceversa: l incapacità di vedere preclude ogni comunicazione che non sia puramente strumentale. b) La cura ha inizio dallo sguardo Il lavoro di cura, dunque, ancor prima di tradursi in parole chiarificatrici o in gesti efficaci, esige l esercizio dello sguardo 6. È infatti, prima di tutto, in un determinato modo di vedere (o di non vedere) che si decide della qualità della relazione terapeutica. E poiché la cura inizia dallo sguardo, non è possibile non interrogarsi su quale cura dello sguardo debba avere il professionista, per non perdere di vista 5 L opposizione metodologica tra spiegazione e comprensione, sviluppata nella seconda metà dell Ottocento per distinguere le scienze naturali (Naturwissenschaften) dalle scienze umane (Geisteswissenschaften), è stata poi ripresa emblematicamente da K. Jaspers, Psicopatologia generale, tr. it., Il pensiero scientifico, Roma Per ulteriori approfondimenti sulla fenomenologia dello sguardo e degli altri sensi, si veda D. Bruzzone, L esercizio dei sensi. Fenomenologia ed estetica della relazione educativa, Franco Angeli, Milano l esistenza e la dignità ferita 7 che si trova dinanzi, riducendola magari a qualcosa di meramente oggettivo e fattuale. Sotto questo profilo, l impiego dell arte figurativa nell ambito delle Medical Humanities e della Medicina Narrativa può rappresentare una risorsa preziosa per educare lo sguardo a cogliere l essenziale, a ritrovare genuinità e trasparenza al di là del pre-giudizio scientifico, a lasciarsi interrogare da ogni paziente e da ogni situazione come da qualcosa di nuovo e irriducibile, invece di considerarlo (con una certa miopia) semplicemente come l ennesimo caso di una categoria di fenomeni perlopiù già noti. Se l altro è un soggetto, d altronde, non posso ridurlo a un oggetto (di conoscenza, di intervento) ma solo entrare con lui in uno scambio inter-soggettivo. In certo qual modo, l opera d arte nella misura in cui non è una mera rappresentazione oggettiva, ma contiene in sé un intenzionalità ci obbliga a questo esercizio di decentramento: mentre la guardiamo, essa ci ri-guarda. Esattamente come la presenza umana: inclusa quella del paziente, che non è semplicemente un altro-da-me, ma in certa misura è anche un altro-me. La sua situazione è, almeno potenzialmente, anche la mia (e senza questa comunanza probabilmente il gesto di cura non sorgerebbe); sicché nel suo destino ne va anche di me stesso. c) Un laboratorio di immagini e narrazioni Il potenziale pedagogico dell utilizzo dell arte figurativa è corroborato dalle ricerche neurofisiologiche, che dimostrano come il cervello processi in modo più veloce e incisivo le immagini rispetto ad altri stimoli sensoriali (ad esempio uditivi) e come il potere strutturante delle sollecitazioni figurative sia più profondo e pervasivo di quelle verbali 8. Poiché, poi, le immagini stimolano risposte empatiche tramite l attivazione dei neuroni specchio, esse appaiono più efficaci nel determinare scelte e comportamenti. Inoltre, certi tipi di immagini paradossali o ambivalenti (come quelle adottate in questo laboratorio) si prestano a 7 S. Moravia, L esistenza ferita, Feltrinelli, Milano 1999; E. Borgna, La dignità ferita, Feltrinelli, Milano G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Cortina, Milano

36 sollecitare la dimensione cognitiva nella forma della riflessività e della ricerca di senso 9. Se associato alla pratica della scrittura, pertanto, l uso dell opera d arte come situazione-stimolo può contribuire all affinamento di quella capacità di attenzione e di quell attitudine interrogativa che dello sguardo costituisce, in un certo senso, l anima. La narrazione, infatti, specie quando associata alla dimensione estetica, rappresenta un potente veicolo formativo 10. Nel corso del laboratorio si sono proposti allo sguardo dieci dipinti di René Magritte ( ): Il seduttore (1953) La firma in bianco (1965) La riproduzione vietata (1937) L impero delle luci ( ) Il donatore felice (1966) Chiaroveggenza (1936) La risposta imprevista (1933) La battaglia delle Argonne (1959) La vittoria (1939) La riconoscenza infinita (1963) La scelta dell autore è dovuta essenzialmente a una caratteristica delle sue opere che le rende particolarmente adatte a questo tipo di attività formativa: ognuno dei suoi quadri, infatti, contiene un paradosso, un elemento che contraddice il senso comune e, quindi, implicitamente, sollecita una domanda. Non per nulla Magritte è ritenuto uno tra i maggiori esponenti del Surrealismo, il cui intento artistico non è di tipo mimetico o descrittivo, bensì simbolico e metafisico: non alla realtà esterna, dunque, si rivolge l artista, bensì a quella onirica e inconscia. Si è chiesto ai partecipanti di esercitare per alcuni minuti su ciascuna immagine proiettata uno sguardo riflessivo: non tanto, cioè, un in- 9 Esiste un ampia letteratura sull esercizio dell arte figurativa (pittura, scultura, cinema, fotografia, fumetto ecc.) come metodo per l autoespressione. Poiché, però, l obiettivo era in questo caso l esercizio dello sguardo, l arte non è stata usata come linguaggio espressivo (in senso pratico-poietico) ma essenzialmente come interlocutore di un dialogo possibile (in senso, dunque, squisitamente contemplativo). 10 M. Dallari, La dimensione estetica della paideia. Fenomenologia, arte, narratività, Erickson, Trento 2005; M. Castiglioni (a c. di), Figure della cura. Gesti, immagini, parole per narrare, Guerini, Milano tenzione interpretativa ( Secondo me, questo quadro significa ), bensì un interrogazione quasi autobiografica ( Questo quadro suscita in me, oppure Questo quadro mi fa pensare a ). Lo scopo, del resto, non era svelare un messaggio implicito né, tanto meno, decifrare l intenzione dell artista, bensì lasciarsi interrogare dall opera d arte e cercarvi un nesso con la propria esperienza della cura. Questo tipo di sguardo, più intimo e soggettivo, meno definitivo (o definitorio), somiglia maggiormente allo sguardo fenomenologico, che lo psichiatra Ludwig Binswanger assimila a quello dell artista che vede nel paesaggio che ritrae non il paesaggio in sé, ma la relazione che esso instaura con la vita di chi lo osserva: Quando van Gogh dipinge un albero frustato dal vento o un campo di grano, vede nell albero non l albero singolo, strutturato in un certo modo, bensì, come egli stesso scrive, un dramma ; nel grano nuovo, non i singoli steli, bensì qualcosa di indicibilmente puro e mite [ ] che suscita una commozione analoga a quella suscitata per esempio dall espressione di un bambino dormiente. Egli vede perciò uno stesso fenomeno nell albero in lotta col vento e nel destino dell uomo (un dramma), uno stesso fenomeno (la purezza, la dolcezza) nel grano nuovo e nel bambino dormiente. [ ] Non si tratta di un vedere con gli occhi, eppure si tratta di una presa di coscienza immediata, di un vedere dentro che non ha nulla da invidiare alla conoscenza sensoriale 11. Per ogni dipinto ciascun partecipante ha fissato per iscritto, di getto, il pensiero o il ricordo o la sensazione che gli ha suscitato: una frase, un breve racconto, un verso, una singola parola. Al termine, per ogni quadro proposto, i partecipanti hanno condiviso le diverse impressioni e scritture, al fine di evidenziare la molteplicità degli sguardi e quindi dei significati di cui un oggetto apparentemente identico è suscettibile. Ne è risultata una sorta di scrittura collettiva che, nel suo insieme, rappresentava l intero: ciò che, nella parzialità del suo punto di vista, nessuno poteva cogliere in modo esaustivo. 11 L. Binswanger, Sulla fenomenologia [1923], in L. Binswanger, A. Warburg, La guarigione infinita. Storia clinica di Aby Warburg, tr. it., Neri Pozza, Vicenza 2005, pp (il riferimento è alla Lettera n. 242 di van Gogh al fratello Theo del 5 novembre 1882)

37 d) Il significato dell esperienza Al termine del tempo dedicato all esercitazione, è stato chiesto a ogni partecipante di esprimere liberamente il guadagno tratto dall esperienza laboratoriale: a che cosa può servire l esperienza estetica nella formazione continua di un operatore sanitario? In che cosa può aiutarlo la contemplazione di un opera d arte, nelle diverse forme in cui si offre allo sguardo? Il riscontro dei partecipanti restituisce la ricchezza delle diverse sensibilità presenti, ma conferma anche in modo sostanzialmente univoco la potenzialità del metodo. Pressoché tutti hanno trovato l esperienza stimolante e creativa e perfino illuminante e ne hanno tratto un invito a fermarsi a guardare con occhi diversi, più consapevoli e coscienti, a riabilitare l occhio all esercizio dello sguardo e a educare il modo di guardare, a valorizzare la molteplicità dei punti di vista, a collegare mente, cuore e corpo e a osservare le persone nella loro totalità, ma anche a guardare con attenzione dentro se stessi e gli altri e a riconoscere le proprie emozioni e i propri vissuti. Accostando l arte come occasione di introspezione e di condivisione, alcuni hanno sperimentato la possibilità di riscoprire il primato del corpo e dei sensi rispetto alla logica e al pensiero, trovandovi un modo straordinario di sovvertire il mentale ; altri vi hanno colto l urgenza di avvicinarsi al punto di vista dell altro con lo sguardo attento che è in grado di cogliere anche un particolare, o l esigenza di apprendere l arte di perder tempo come premessa indispensabile alla conoscenza dell altro, o l auspicio di cambiare atteggiamento nei confronti di coloro con cui abbiamo a che fare nel lavoro, cercando di guardare con più attenzione e meditazione ciò che a volte si dà per scontato e imparando a vedere con altri occhi qualcosa che ci cammina accanto ogni giorno e per colpa del tempo o dell incuria non ce ne accorgiamo. Ne emerge, per un verso, l esigenza di prestare maggiore attenzione verso le persone in generale e in particolare verso i pazienti e di considerare che lo sguardo dell altro potrebbe non vedere allo stesso modo la stessa cosa, ma anche, d altro canto, l importanza della pazienza per capire veramente, del saper guardare con cura e con occhi curiosi, del non accontentarsi delle apparenze e dell andare oltre le categorie e i pregiudizi. Ma, in fin dei conti, questa è stata per tutti un occasione per sottolineare l importanza di guardarsi dentro, che forse è il requisito più significativo di chi fa un lavoro di cura. Perché forse soltanto chi è capace di avere un contatto profondo con se stesso può entrare in contatto con l altro in modo autentico e non superficiale

38 Bibliografia L. Binswanger, A. Warburg, La guarigione infinita. Storia clinica di Aby Warburg, tr. it., Neri Pozza, Vicenza E. Borgna, La dignità ferita, Feltrinelli, Milano D. Bruzzone, Viktor Frankl. Fondamenti psicopedagogici dell analisi esistenziale, Carocci, Roma D. Bruzzone, L esercizio dei sensi. Fenomenologia ed estetica della relazione educativa, Franco Angeli, Milano D. Bruzzone, E. Musi (a c. di), Vissuti di cura. Competenze emotive e formazione nelle professioni sanitarie, Guerini, Milano M. Castiglioni (a c. di), Figure della cura. Gesti, immagini, parole per narrare, Guerini, Milano M. Dallari, La dimensione estetica della paideia. Fenomenologia, arte, narratività, Erickson, Trento U. Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Milano E. Husserl, Meditazioni cartesiane, tr. it., Bompiani, Milano V. Iori (a c. di), Quando i sentimenti interrogano l esistenza. Orientamenti fenomenologici nel lavoro di cura, Guerini, Milano K. Jaspers, Psicopatologia generale, tr. it., Il pensiero scientifico, Roma S. Moravia, L esistenza ferita, Feltrinelli, Milano G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Cortina, Milano L. Zannini, Medical humanities e medicina narrativa. Nuove prospettive nella formazione dei professionisti della cura, Franco Angeli, Milano III.4 Curarsi con i libri: laboratorio di biblioterapia Marco Dalla Valle a) I libri al centro Definire in modo esaustivo la biblioterapia è complicato. Molti autori hanno provato a formulare una definizione soddisfacente affinché fosse chiaro a che cosa essa serve e come agisce. Fra le tante, che nei diversi campi sono state enunciate, alcune di queste definizioni possono dare un idea di ciò che si intende per biblioterapia: è una famiglia di tecniche per strutturare l interazione tra il facilitatore e un partecipante, basandola sulla condivisione della letteratura; è uno strumento che può essere usato per promuovere la salute attraverso i libri; è il processo di crescita verso uno stato di buona salute emotiva attraverso la mediazione della letteratura; è l uso dei libri per aiutare le persone a risolvere i problemi; è l uso della lettura guidata per aiutare il lettore a crescere nella consapevolezza di sé e per aiutare a pensare alla propria situazione particolare attraverso l indagine critica 1 ; è l utilizzo creativo e ragionato con l obiettivo di favorire il benessere della persona 2. Al centro del metodo scelto per il laboratorio svolto al CRO stanno, quindi, i libri: ma come spiegare le potenzialità e i meccanismi di funzionamento di questo strumento, che ha sì una storia lunghissima, ma che in questo caso veniva usato in modo nuovo? Perché tutti i partecipanti trovassero il passo giusto, il laboratorio ha fatto, inevitabilmente, un uso dei libri non tradizionale, ma molto vicino alla pratica stessa, crean- Daniele Bruzzone Professore Associato di Pedagogia generale e sociale, Facoltà di Scienze della Formazione, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano 1 C.E. Johnson et al., Booking It to peace: Bibliotherapy for Teachers, Bradley University, Peoria 2001, pp M. Dalla Valle, Esiste davvero la biblioterapia?, Bi blioteche oggi, 32 (2014), p

39 do quindi momenti ricchi di scambi: ma a questi ne ha affiancati altri di ridotta interattività, per fornire le conoscenze metodiche minime. Lo ripeto: spiegare e riuscire a far capire la biblioterapia è estremamente difficile. È necessario fornire riferimenti teorici, ma, ancora di più, far sperimentare le emozioni derivanti dalla lettura di un brano: inoltre occorre anche decodificare le nozioni indirette fornite da determinati testi, indicando come raggiungere i propri obiettivi professionali partendo proprio dalle nozioni scoperte leggendo insieme. Le due ore a disposizione sono state perciò suddivise secondo il seguente schema: presentazione del laboratorio; conoscenza fra i partecipanti; lezione frontale divisa in tre parti; lettura del racconto di Jorge Bucay, Il cercatore 3 ; discussione sulle emozioni suscitate e le nozioni offerte dal brano; simulazione di un laboratorio di biblioterapia; conclusioni e lettura di un brano tratto da Il midollo del leone di Italo Calvino 4. b) Storia e metodologia Dopo la presentazione del docente e degli obiettivi dei lavori, il laboratorio si è aperto con la presentazione dei singoli partecipanti, a cui sono stati chiesti il nome, la professione e le aspettative che nutrivano verso il laboratorio che si accingevano a seguire. La lezione frontale è durata circa 40 minuti ed è stata a sua volta divisa in tre parti. La prima parte ha accennato alla storia della biblioterapia, partendo dalla catarsi aristotelica fino ai primi approcci in ambito psichiatrico nel XIX secolo e a un illustrazione più dettagliata per il XX secolo. Infatti, il termine biblioterapia fu coniato da Samuel Crothers nel Successivamente, nel 1937, William Menninger pubblicò il saggio dal titolo 3 J. Bucay, Cuentos para pensar, Oceano, Mexico 2002, pp I. Calvino, Una pietra sopra, Mondadori, Milano 1980, pp Dalla Valle, Viaggio attraverso i primi cent anni della biblioterapia, Bi blioteche oggi, 34 (2016), pp Bibliotherapy 6, considerato pietra miliare della biblioterapia in ambito clinico. Queste tappe fondamentali della prima metà del Novecento furono accompagnate da una ricca esperienza di biblioterapia applicata ai veterani di entrambe le guerre mondiali, per aiutarli a superare i traumi che ne avevano riportato 7. Con la conclusione delle azioni di guerra, ci fu una fioritura culturale che coinvolse anche la biblioterapia. Caroline Shroedes, nel 1949, discusse un importante tesi di dottorato sul tema 8 : essa divenne fondamento della biblioterapia moderna, creando un modello chiamato psicodinamico, ma che poteva essere utilizzato anche in ambito non psicologico. Incredibile fu la fioritura della biblioterapia negli Stati Uniti durante gli anni Sessanta: l American Library Association si fece promotrice di importanti studi sull argomento e nel 1962 pubblicò un intero numero di Library Trends, rivista dell associazione, sulla biblioterapia applicata nei diversi ambiti, clinici e non clinici 9. E, se si dovette attendere fino al 1980 per vedere erogato da un università il primo corso di biblioterapia 10, gli anni precedenti e quelli successivi furono comunque sempre ricchi di studi e applicazioni. Ancora oggi, negli Stati Uniti, lavora proficuamente un ente nato proprio dal lavoro svolto nei decenni del secondo Novecento: si tratta della IFBPT (International Federation of Biblio-Poetry Therapy) che forma i futuri biblioterapisti, sia medici sia di altre professioni, rilasciando, dopo un percorso di studi e un tirocinio supervisionato sul campo, una certificazione che cambia a seconda della professionalità di base del corsista 11. Non ci sono dubbi: oggi la biblioterapia è ancora in evoluzione. Le risorse disponibili e i bisogni da soddisfare si stanno modificando e, con essi, il modo di utilizzare i libri. In Italia siamo ancora agli albori. Nonostante ciò, abbiamo questa ricca tradizione anglosassone a disposizione, che, seppure proveniente da lontano, da un luogo dove il 6 W. Menninger, Bibliotherapy, in R.J. Rubin (Ed.), Bibliotherapy Sourcebook, Oryx Press, Phoenix (Arizona) 1978, pp Rubin, Using Bibliotherapy, Oryx Press, Phoenix (Arizona) 1978, p C. Shroedes, Bibliotherapy: A theoretical and Clini cal-experimental study, Unpublished doctoral dissertation, University of California at Berkeley. 9 sequence=3&isallowed=y. 10 E. Dale Pehrsson, P. McMillen, A Bibliotherapy Evalutation Tool: grounding Counselors in the therapeutic Use of Literature, The Arts in Psychotherapy, 32 (2005), pp Cfr

40 sistema culturale e l organizzazione socio-sanitaria sono estremamente diversi dai nostri, può servirci da guida. Modificandola per renderla applicabile alla realtà italiana, essa potrà aiutarci a trasformare, anche qui, i libri anche in un incredibile opportunità, applicabile sì ai contesti di malattia, ma utile a ciascuno di noi. Nella seconda parte della lezione frontale sono stati approfonditi i meccanismi e le dinamiche che stanno alla base della biblioterapia, a partire dal modello psicodinamico elaborato nella dissertazione di dottorato di Shroedes: esso prevede tre tappe, cioè identificazione, catarsi e introspezione 12. L identificazione segnala un meccanismo facilmente intuibile in ogni lettore: leggendo un romanzo, è possibile identificarsi in uno o più dei suoi personaggi, oppure ritrovare una situazione simile che si sia vissuta in prima persona. È possibile veder descritti particolari stati d animo e sentimenti, che il lettore può confrontare con i propri, trovando similitudini e differenze fra quanto letto e quanto vissuto. Va specificato che l identificazione non è destinata a esser trovata sempre in trame simili alla propria vita: essa si sviluppa là dove il lettore trova una similitudine che può essere anche irreale, ma che comunque crea un emozione e suscita un ragionamento. Ad esempio, un lettore può identificarsi nella vittima oppure nel carnefice, ma non per questo, nella vita, sarà l una oppure l altro: semplicemente, il poter vestire i panni di altri può aiutare a capire meglio se stessi e l identificazione di sé passa anche attraverso la comprensione dell altro, del suo sentire e delle sue scelte. La fase successiva descritta da Schroedes, la catarsi, non è dissimile da quella descritta da Aristotele nella sua Poetica 13 : essa è la condizione di trasformazione emozionale e purificazione che lo Stagirita riteneva avvenisse negli spettatori delle tragedie teatrali. Diverse teorie di filosofia della lettura hanno appurato che questo processo avviene anche nei lettori. Non solo: in particolare, le teorie sulla ricezione del testo hanno stabilito che ogni lettore reagisce in modo diverso allo stesso libro, alla stessa vicenda narratavi. Avviene in lui una sorta di riscrittu- 12 C. Shroedes, Application of dinamic Personality Theory to the Dynamics of the aesthetic Experience; Implications for Psycotherapy, in Rubin (Ed.), Bibliotherapy sourcebook cit., pp Aristotele, Poetica, a c. di D. Lanza, Rizzoli, Milano 1987, p ra del testo, generata dalle sue peculiarità cognitive ed emotive, esse stesse rielaborate dall esperienza, più o meno lunga, di vita e rese, tramite questo meccanismo psicologico, più esplicite e chiare a colui che legge 14. Per ultima, giunge la fase dell introspezione, in cui il tempo e la riflessione permettono che la purificazione catartica diventi solidamente stabile, le sequenze emozionali ancora più consapevoli e le conseguenti visioni e scelte valoriali ancora più deliberate e personali. Grazie a questo modello, negli Stati Uniti si svilupparono studi e sperimentazioni che permisero l applicazione della biblioterapia nei campi più diversi. Ciò favorì la nascita di nuovi modelli, che portarono alla distinzione della biblioterapia in due branche: la biblioterapia clinica, utilizzata da psichiatri e psicologi, e la biblioterapia dello sviluppo, strumento per le professioni laiche (ovvero non mediche) 15. c) Esempi pratici La terza parte della lezione frontale ha avuto come focus l utilizzo pratico della biblioterapia attraverso esempi concreti: un libro può essere consigliato, discusso in gruppo, letto ad alta voce, confrontato con altri, sezionato in parti per utilizzarne solo alcune. Ma può anche diventare il trampolino di lancio per sbloccare una comunicazione difficile 16. Il primo esempio è quello di un paziente quarantenne colpito da infarto miocardico acuto: fumatore, obeso, è un uomo sposato con due figli che è nel pieno della fase della negazione. Rifiuta di ascoltare le raccomandazioni di medici e infermieri, fingendo che il problema non esista, ma è evidentemente preoccupato (la comunicazione non verbale lo rivela), probabilmente per il suo futuro lavorativo e i dubbi sulla sua futura capacità di provvedere alla propria famiglia. 14 L. Ferrieri, P. Innocenti, Il piacere di leggere. Teorie e pratiche della lettura, Unicopli, Milano 1998, pp P.S. McMillen, D. Pehrsson, Bibliotherapy for hospital patients, Journal of Hospital Librarianship, 4(1), 2004, pp (open access in internet: digitalcommons.library.unlv.edu/ lib_articles/34). 16 J.L. Cohen, The Experience of Therapeutic Reading, in Western Journal of Nursing Research, 16 (1994), pp

41 Eppure, ogni tentativo per raccogliere e condividere le sue difficoltà da parte del personale sanitario sono vane. Rimane muto davanti alle informazioni dei medici e si sottrae alle spiegazioni degli infermieri. Se quest uomo è un lettore e tiene i propri libri sul comodino, un infermiere, avendo competenze di biblioterapia, può iniziare a parlare con lui partendo proprio dai volumi che vede, condividendo col paziente le opinioni sullo scrittore e sulla trama del romanzo. Si avvierà in questo modo una conversazione informale e serena, assolutamente altra dalle questioni sanitarie. Il paziente riconoscerà nell infermiere non il professionista della salute, ma il lettore, su un piano paritario e su un argomento piacevole e condivisibile. I giorni successivi, quello stesso infermiere potrà tentare un approccio più specifico, magari avendo scambiato prima qualche battuta sulla letteratura. Potrà così chiedere se sente l astinenza dal fumo, informandolo della possibilità di essere aiutato, ad esempio con dei cerotti alla nicotina; o interrogarlo delicatamente sul fatto di sentire l esigenza d informazioni su come calare di peso. Ebbene, nella maggior parte dei casi, un approccio simile centrato sull interesse comune alla lettura porta a un apertura del paziente e alla possibilità di aiutarlo: mentre in precedenza evitava in ogni modo di sentirsi dire qualsiasi cosa e di affrontare il problema, ora, presa fiducia, egli inizia ad aprirsi e a porre domande. I lettori sono una comunità distribuita nel mondo a macchia di leopardo: non hanno una patria, ma quando si incontrano si riconoscono. È per questo riconoscersi, in un rapporto di reciproca stima e onestà che, successivamente, il paziente supererà il timore di quello che potrebbe sentirsi dire. Il rapporto di fiducia che nasce non si basa su un rapporto tra curante e curato, ma su una condizione paritaria tra lettori in cui il curante viene percepito non più come figura sanitaria che potrebbe giudicare le cattive abitudini di vita o portare brutte notizie, ma come figura positiva d aiuto che parla lo stesso linguaggio e che comprende la difficile situazione in essere. Gli esempi di biblioterapia illustrati durante il laboratorio si sono poi susseguiti brevemente su diversi fronti: dal fumetto disegnato per spiegare ai bambini una pratica chirurgica, all utilizzo della saga di Harry Potter per elaborare il lutto dovuto alla morte di un genitore, fino alla lettura di brani o di interi libri per aiutare a venire a patti con una malattia cronica. d) La chiarezza dei confini In qualsiasi modo venga utilizzata la biblioterapia, rimane indiscutibile un punto: i confini della propria professione vanno mantenuti fermi. Ogni tipo di materiale letterario può essere utilizzato con obiettivi differenti e ogni professionista ha i propri: quelli dell infermiere sono diversi da quelli dello psicologo. E anche se entrambi lavorano per lo stesso paziente, ognuno deve rimanere all interno delle proprie competenze professionali. Certamente, l infermiere potrebbe collaborare con lo psicologo e addentrarsi oltre il proprio ambito di autonomia, ma supervisionato da lui. Non esiste materiale letterario che metta al riparo dalla possibilità di sconfinare in competenze professionali non proprie. Per questo motivo è possibile asserire che è non il testo, ma l abilità del professionista a mantenere l uso del testo stesso in un limite preciso: è lui che traccia i confini e non il testo utilizzato. Purtroppo non è raro che l utilizzo della biblioterapia venga evitato a favore di strumenti più neutrali o, quantomeno, che nella loro denominazione non includano la parola terapia che tanto spaventa 17, dimenticando che in origine essa è stata fusa con biblio per indicare il curare, lo stare accanto, e non il guarire in senso medico 18. L errore insito nella possibilità di sconfinare in un ambito professionale diverso dal proprio in questo modo gestito generandone un altro, forse non meno grave: ovvero evitando pratiche utili come la biblioterapia che, invece, potrebbero rendere più completa la professionalità sia degli psicologi sia degli infermieri. e) Leggere insieme Giunti alle letture, è iniziato il vero coinvolgimento dei partecipanti: leggere insieme, di qualsiasi laboratorio si tratti, è il fulcro della biblio- 17 J.L. Jones, A closer Look at Bibliotherapy, Young Adult Library Service, 5 (2006), p Rubin, Bibliotherapy Sourcebook, cit., p. XI

42 terapia. I testi non vanno cercati e poi affrontati avendo come riferimento quando ne scrivono i critici letterari: essi vanno scelti secondo il grado di istruzione, l amore che se ne ha, la capacità di affrontare un determinato argomento, la scala di valori, il gusto personale, il problema da affrontare della persona o del gruppo da gestire. In questo caso il mio obiettivo era far sperimentare quanta emozione un testo può evocare: ho scelto quindi uno scritto di Jorge Bucay dal titolo Il cercatore, la cui lettura è stata seguita dai commenti dei partecipanti. Il cercatore racconta di un uomo, definito come un cercatore in senso astratto, che si mette in viaggio e si ritrova in un cimitero, sulle cui lapidi è scritto il nome del defunto e la data esatta della morte espressa in anni, mesi e giorni: nessuno dei defunti sepolti in quel luogo, stando ai numeri incisi sulle loro lapidi, supera gli undici anni. Questa consapevolezza rattrista il cercatore, ma, mentre piange per essa, gli viene incontro il custode del cimitero: egli spiega come quella notazione in anni, mesi e giorni non si riferisca all età del defunto, ma al periodo in cui egli ha gioito nella propria vita, periodo segnato, momento per momento, in un quaderno regalato da ogni genitore ai figli al quindicesimo compleanno. E quei momenti di gioia, rappresentati dalle sensazioni per il primo bacio o per l innamoramento o per un qualsiasi momento di felicità, sono per gli abitanti di quel paese l unico vero tempo vissuto e per questo degno di essere considerato vita. Il racconto è molto emozionante e il contributo dei partecipanti, dopo questa lettura, è stato decisivo per avviare la discussione. Non è stato necessario porre domande-stimolo se non l invito a esprimere le proprie sensazioni e i propri pensieri: la grande forza evocativa, pur nella brevità di questo brano, ha permesso di iniziare a capire e vivere insieme il suo straordinario potere. I partecipanti, ascoltandosi vicendevolmente, hanno avuto la possibilità di capire quanti punti di vista diversi sono possibili, pur generati dallo stesso brano. Ho poi ragionato con loro sulle tante possibilità che un biblioterapista ha di utilizzare domande-stimolo per dirigere il gruppo su un argomento evocato dal testo piuttosto che su un altro: tutto questo ha permesso di capire meglio quanto, pur nell indubbia difficoltà, sia efficace l utilizzo di un testo selezionato con metodo e quindi della biblioterapia. f) Laboratorio simulato di biblioterapia Ho poi cercato di simulare un laboratorio di biblioterapia, avendo come obiettivo la comprensione dei diversi significati del dolore in ambito socio-sanitario, ma visto dal punto di vista dell operatore. Il tentativo era di far sperimentare la biblioterapia come utenti, avendo la consapevolezza dei meccanismi che stanno alla sua base: in particolare, miravo a far comprendere le possibilità applicative nella pratica professionale quotidiana. La scelta iniziale dei testi in vista di un laboratorio di biblioterapia viene solitamente fatta considerando gli obiettivi fissati e il tipo di platea a cui ci si rivolge: viene quindi scelto un vasto numero di brani potenzialmente utilizzabili, nella consapevolezza che solo una parte verrà di fatto adoperata. La selezione di quelli effettivamente utilizzati viene fatta in itinere, a seconda delle reazioni dei partecipanti: anche in questo caso è successa la stessa cosa. Per questo motivo, pur partendo da una serie di brani da cui potevo scegliere, uguali per entrambi i gruppi, anche in questo caso, dove l argomento e gli obiettivi erano i medesimi, le peculiarità dei singoli partecipanti ha indirizzato in modo differente la discussione, e, quindi, la scelta dei testi. Il meccanismo della scelta dei materiali per un gruppo di biblioterapia è ben diverso da quello solitamente utilizzato in una situazione tradizionale d insegnamento: in un gruppo d istruzione tradizionale, un docente insegna una materia ai discenti, i quali, ognuno con le proprie capacità e coi propri limiti, devono apprendere il massimo e il meglio possibile da testi scelti preliminarmente dal docente. In un gruppo di biblioterapia avviene esattamente il contrario: un docente studia le caratteristiche del gruppo costituitosi con un obiettivo predefinito, e sceglie i testi adatti per permettere a tutti i partecipanti di raggiungerlo. È conseguenza naturale che gruppi diversi, pur con il medesimo obiettivo, necessitino di testi differenti. Non nascondo che la mia esperienza mi ha convinto come buona parte delle reazioni dei partecipanti nei gruppi di biblioterapia dipenda dall entusiasmo che io stesso, come facilitatore biblioterapista, riesco a metterci. L amore e la passione per i libri del facilitatore come dei partecipanti sono parte integrante del background formativo necessario per utilizzare la biblioterapia in ogni campo professionale. Tutti gli studi svolti finora sono concordi nell affermare che non è possibile 72 73

43 utilizzare la biblioterapia dove l utente non abbia almeno un minimo interesse per la lettura: io dall esperienza ormai non breve che ne ho fatto e in gruppi e situazioni differenti credo fermamente che questo valga anche per i biblioterapisti. Ci sono eccellenti conoscitori di letteratura ai massimi livelli accademici che non potrebbero essere buoni biblioterapisti, perché, pur apprezzando le lettere, non sono in grado di riconoscere nei libri le potenzialità terapeutiche non appartenenti all alta letteratura, perché non riescono a condividere la passione per la lettura in modo empatico, non sono in grado di riconoscere i bisogni della persona e capire quali testi sarebbero adatti a soddisfarli, considerando non il proprio gusto letterario, ma quello dell altro. g) Domande e risposte Nella fase del laboratorio succeduta alla lettura ovvero il porre domande-stimolo per evidenziare ciò che il testo condiviso aveva prodotto nei partecipanti è diventato naturale un colloquio franco e produttivo. I partecipanti appartenevano ai gruppi professionali più diversi: psicologi, bibliotecari, infermieri, educatori, volontari. Nel laboratorio del mattino era presente anche un ex paziente. Ognuno di loro, in modo diverso, era accomunato, oltre che dalla tecnica professionale, dalla passione per i libri. In questo modo le letture proposte, le citazioni di titoli e autori, gli esempi sull utilizzo dei libri in ambito clinico/educativo hanno permesso di parlare agevolmente dei testi che apprezzavano maggiormente, degli autori preferiti, della loro esperienza lavorativa e degli interrogativi che nascevano in loro riguardo la possibilità di fare della letteratura preferita uno strumento di lavoro. È utile, infatti, che coloro che vogliono utilizzare la biblioterapia inizino dalle competenze già in loro possesso: risulta inevitabile e non è affatto inutile che il genere letterario prediletto divenga lo strumento di partenza per muovere i primi passi nell ambito della biblioterapia. In molti casi, i libri possono essere efficaci anche senza che l intervento del facilitatore vada oltre il consiglio letterario: proprio per questo, però, la conoscenza dei libri che si consigliano non può essere approssimativa. E dove si renda necessario creare un laboratorio o anche un setting face-to-face, si deve riuscire a utilizzare i testi con professionalità, ma anche attraverso una relazione empatica che parte, inevitabilmente e ancora una volta, dalla comune passione per i libri: in caso contrario, si rischia un rapporto freddo e non produttivo, in cui il discente si sentirebbe subalterno del docente. h) Restituzioni Al termine del laboratorio, per meglio valutarne l efficacia, ho somministrato un breve questionario, con una batteria di sei affermazioni alle quali indicare il grado di accordo attraverso la scala Likert di gradimento (da assolutamente in disaccordo, con gradimenti intermedi, fino ad assolutamente d accordo). Le affermazioni erano le seguenti: la biblioterapia può essere un metodo che dà buoni risultati anche in ambito clinico; la letteratura può arrivare dove altre tecniche faticano a giungere; l esperienza del laboratorio di biblioterapia è riuscita a dimostrarmi in modo pratico l efficacia dell utilizzo dei libri; prima di questo laboratorio non ero a conoscenza di questo metodo; prima del laboratorio ero già convinto che la biblioterapia fosse un buon metodo; mi piacerebbe approfondire la mia formazione sulla biblioterapia per arrivare a utilizzarla nella mia realtà professionale. Il gruppo del mattino era formato da 22 persone, mentre quello del pomeriggio da 15. Nell osservare i dati non ho preso in considerazione né il sesso né altre variabili: i gruppi erano disomogenei per età e professionalità. Ho calcolato i risultati anzitutto percentualmente: è emerso che le risposte nei due gruppi sono sovrapponibili con differenze modeste, tenendo in considerazione i pochi numeri su cui si è lavorato. Dai questionari si evince che la maggior parte dei partecipanti considera la biblioterapia un buon metodo anche in ambito clinico e che considera possibile che la letteratura riesca ad arrivare dove altre tecniche faticano a giungere. Il laboratorio è stato considerato utile per trovare dimostrazione pratica dell efficacia nell utilizzo dei libri. La maggioranza dei partecipanti avevano già dall inizio una percezione positiva dell utilità della biblioterapia, seppure la metà di loro 74 75

44 dichiari di non aver avuto conoscenza del metodo prima di partecipare al laboratorio. Questo fornisce l idea che l utilità dei libri è chiaramente sentita da quanti sono dei lettori, senza bisogno di conoscerne il motivo, ma partendo dalle sensazioni che da sempre genera in loro. Si conferma così l idea che la passione per i libri può essere il primo gradino per molti professionisti per imparare a utilizzare la biblioterapia. i) Per concludere: storia di un lettore-biblioterapista Il tipo di laboratorio scelto è connaturato nella biblioterapia stessa: i piccoli gruppi (in questo caso il numero dei partecipanti era superiore di qualche unità rispetto ai che un gruppo di biblioterapia richiederebbe, ma non ha inciso sull obiettivo prefissato) sono ideali per lavorare in modo interattivo e permettere una conoscenza maggiore della materia e lavorare proficuamente sulle sue basi. Cioè: condividere l amore per i libri (personalmente l ho avuto sin da bambino), utilizzare un brano o un libro precedentemente letto come base per domande-stimolo che andranno ad avviare la discussione è quanto permette al facilitatore di gestire il gruppo senza perdere di vista i bisogni formativi del singolo. Ho gestito un gruppo di biblioterapia per la prima volta nel 2010 e si trattava di quindici adulti, di cui solo due maschi, all interno dell Università Popolare di Sona (VR): allora, le uniche indicazioni a me note, rispetto al modo di utilizzare la biblioterapia, erano puramente teoriche. Ho potuto così iniziare a sperimentare una biblioterapia italiana, adatta alla nostra popolazione e al nostro modo di pensare. Ancora oggi tengo corsi nello stesso luogo e alcuni corsisti sono gli stessi del Per questo ogni anno porto nuovi libri e nuove idee per sviluppare un setting di biblioterapia da esportare poi in altre realtà e accrescere la mia conoscenza. Ma questa conoscenza è difficile da trasmettere ad altri senza riprodurre il metodo e farlo sperimentare. Seguendo gli studenti del corso di Infermieristica dell Università di Verona che desiderano scrivere una tesi sulla biblioterapia, mi sono accorto quanto il solo studio di una bibliografia, anche se mirata, non basti a far capire a fondo il metodo: d altro canto, senza le basi teoriche fondamentali risulta vano far comprendere la scientificità dell approccio e il ragionamento che stanno alla base della costruzione di una seduta o di un progetto di biblioterapia. È l interazione concreta, volta a volta, con i partecipanti che è riuscita, almeno per me, ad aumentare in modo esponenziale le possibilità di comprensione e di applicazione diversificata ed efficace di un metodo nel quale, ovviamente, credo. In quell interazione si mettono in moto non solo le capacità cognitive, ma anche quelle emotive. La lettura emoziona e in ambito formativo (non solo per trasmettere le conoscenze sulla biblioterapia) queste emozioni sono in grado di favorire l apprendimento, che non passa per i canali tradizionali, ma attraverso una capacità recettiva ben più efficace e importante per noi operatori sanitari: il cuore. j) Suggerimenti per una lettura biblioterapeutica in campo sanitario Molti articoli scritti sulla biblioterapia contengono, al termine dell esposizione, un elenco di libri utili da utilizzare nei laboratori, dividendoli per argomenti: il problema, per noi italiani, è che quei testi sono in lingua diversa dall italiano e quindi inutilizzabili per lo scopo. Di seguito e sulla base dell esperienza concreta che ne ho fatto, come lettore e come biblioterapista, inserisco un elenco non esaustivo di libri che come si desume dal brevissimo riassunto fatto per ognuno parlano di dolore, di morte e di ambienti sanitari, senza tralasciare, però, la speranza: di libri che, perciò, potrebbero essere utili a chi lavora in campo sanitario. Seppur divisi in tre argomenti, nessuno di essi parla solamente del tema principale: ciascuno sconfina sugli altri argomenti, completa e lancia nuovi interrogativi, come non aspettasse altro che essere utilizzato non solo da chi individualmente ami leggere, ma anche nella condivisione fra colleghi e in un laboratorio di biblioterapia

45 Cura e assistenza Le scarpe appese al cuore di Ugo Riccarelli Un uomo si trova a dover subire un trapianto cuore-polmoni in un paese straniero, dove, al di là della lingua, riceve comunque l assistenza necessaria. Cosa sognano i pesci rossi di Marco Venturino Un medico e un paziente raccontano la propria esperienza, in capitoli alterni, che rendono una visione molto realistica delle contraddizioni dell assistenza e del curare. L imperatore del male di Siddhartha Mukherjee La storia del cancro viene scritta in questo libro come fosse un romanzo, con inserti di vita in ospedale per non dimenticare che non c è la malattia, ma il malato. Non smettere mai di abbracciarmi di Alessandra Merighi A capitoli alterni due realtà differenti: un adolescente ribelle e addolorata e una giovane malata di tumore. Due destini differenti, ma non così diversi. Hanoi di Adriana Lisboa Un ragazzo si trova con poco tempo da vivere. Solo, perso nel dolore, trova conforto nelle persone attorno a sé. La solitudine del morente di Norbert Elias Ormai novantenne, Elias ragiona sulle difficoltà del morente in maniera incredibilmente precisa e lucida attraverso un saggio filosofico chiaro e dettagliato. Speranza nonostante la sofferenza Il vizio di vivere Rosanna Benzi Autobiografia di una donna vissuta in un polmone d acciaio, ma che non ha mai rinunciato all entusiasmo e alla consapevolezza del suo essere donna. Cosa ti manca per essere felice di Simona Atzori Ballerina e motivatrice, Simona Atzori è nata senza braccia, ma ha saputo fare della propria vita un capolavoro. Nati due volte di Giuseppe Pontiggia Un padre con un figlio disabile ripensa alla sua incapacità di aiutarlo. Ne risulta un analisi dei problemi, ma anche delle risorse che si possono e si devono mettere in campo nei momenti difficili. Veronica decide di morire di Paulo Coelho Una giovane suicida viene salvata e nonostante questo è infelice. Storia di una ricerca della felicità di vivere che spesso ci è accanto. Morte e accompagnamento La morte amica di Marie de Hennezel Una psicologa racconta in modo semplice ed efficace l accompagnamento al morente negli hospice, con suggestioni utili all attività professionale. I miei martedì col professore di Mitch Alboom Un uomo incontra per caso l ex professore dell università, prossimo alla morte, ma pieno di vita. Si incontreranno più volte per imparare insieme da questa esperienza. Accabadora di Michela Murgia Nella tradizione sarda l accabadora è una donna che aiuta a cessare le sofferenze di quanti chiedono il suo aiuto. Controverso, è un romanzo che riesce a osservare diversi punti di vista

46 Bibliografia Aristotele, Poetica, a c. di D. Lanza, Rizzoli, Milano J. Bucay, Cuentos para pensar, Oceano, Mexico I. Calvino, Una pietra sopra, Mondadori, Milano J.L. Cohen, The Experience of Therapeutic Reading, Western Journal of Nursing Research, 16 (1994), pp E. Dale Pehrsson, P. McMillen, A Bibliotherapy Evalutation Tool: grounding Counselors in the therapeutic Use of Literature, The Arts in Psychotherapy, 32 (2005), pp M. Dalla Valle, Viaggio attraverso i primi cent anni della biblioterapia, Biblioteche oggi, 34 (2016), pp M. Dalla Valle, Esiste davvero la biblioterapia?, Bi blioteche oggi, 32 (2014), p. 45. L. Ferrieri, P. Innocenti, Il piacere di leggere. Teorie e pratiche della lettura, Unicopli, Milano 1998, pp C.E. Johnson et al., Booking It to peace: Bibliotherapy for Teachers, Bradley University, Peoria 2001, pp J.L. Jones, A closer Look at Bibliotherapy, Young Adult Library Service, 5 (2006), p. 24. P.S. McMillen, D. Pehrsson, Bibliotherapy for hospital patients, Journal of Hospital Librarianship, 4(1), 2004, pp (open access in internet: digitalcommons.library.unlv.edu/lib_articles/34). W. Menninger, Bibliotherapy, in R.J. Rubin (Ed.), Bibliotherapy Sourcebook, Oryx Press, Phoenix 1978, pp R.J. Rubin, Using Bibliotherapy, Oryx Press, Phoenix C. Shroedes, Bibliotherapy: A theoretical and Clini cal-experimental study, Unpublished doctoral dissertation, University of California at Berkeley. C. Shroedes, Application of dinamic Personality Theory to the Dynamics of the aesthetic Experience; Implications for Psycotherapy, in R.J. Rubin (Ed.), Bibliotherapy sourcebook cit., pp Sitografia opt.pdf?sequence=3&isallowed=y Marco Dalla Valle Infermiere presso l Unità Coronarica dell Ospedale di Borgo Trento (VR). Si occupa di biblioterapia anche attraverso il suo blog (

47 III.5 Cinema e formazione: disease related movies per riflettere sulla cura Lorenza Garrino a) L utilizzo della cinematografia nella formazione Nella formazione, un grande impegno è attivare un lavoro di riflessione orientato a superare la barriera di autocontrollo razionale, per far sì che emergano immagini, considerazioni ed emozioni che rappresentino in qualche modo un esperienza originaria, spontanea e autentica. Lo strumento filmico, che, per immediatezza ed efficacia, risponde bene a questi bisogni formativi, dev essere valorizzato in un epoca come la nostra e in un contesto come quello sanitario, in cui i numerosi dilemmi impongono di saper riconoscere e individuare valori e principi della persona assistita. Tale compito richiede abilità di comprensione e d azione che proprio il dispositivo filmico induce, per la sua straordinaria efficacia narrativa e didascalica, per la sua capacità di penetrazione nelle pieghe dell interiore e per l intrinseca forza di rappresentazione. Il cinema nella formazione dei professionisti della cura trova perciò la sua applicazione prevalentemente nelle discipline umanistiche, etiche, cliniche e di promozione della salute, proprio perché è in grado di emozionare e coinvolgere, ma anche di fornire elementi per insegnare qualcosa o consentire di elaborarlo criticamente. Il cinema è evento e rappresentazione e ha una grande presa sul pubblico per la capacità che ha di trasportare lo spettatore in un altra realtà. Rappresenta una possibilità, un luogo naturale dove è consentito provare, ma anche conoscere, riconoscere, metabolizzare, rendere tollerabili le emozioni, i sentimenti e le situazioni limite. Il cinema, poi, potenzia il ruolo della narrazione come motore della riflessione e l autoriflessione. La domanda che si pone può essere, quindi: perché il film risulta molto più efficace, nell esprimere un medesimo messaggio, rispetto a libri, articoli di giornale, trasmissioni televisive e, in generale, altre espressioni artistiche? Da che cosa esattamente derivano la forza espressiva e l immediatezza del cinema? La visione di un film si svolge su due piani: uno evidente e uno nascosto, uno di verosimiglianza di quanto narrato sullo schermo, l altro che rende possibile la nostra visione, la credenza in ciò che stiamo vedendo. Altro elemento importante è proprio il luogo fisico e temporale dove comunemente si assiste a un film, cioè la sala cinematografica, che, con la sua accogliente oscurità e con quel particolare senso che induce di isolamento collettivo, ispira un livello di ricettività del tutto speciale. Per tutto ciò, l immagine filmica può rivelarsi un fondamentale aiuto nei processi di formazione: centrale, in tal senso, è l affrontare i processi formativi non solo secondo una razionalità puramente logica, il cui canone faccia riferimento alla spiegazione di tipo lineare, ma di introdurre, nel processo di comprensione del reale, un elemento affettivo o, meglio ancora, una chiave ermeneutica, come elemento essenziale di accesso al mondo. Le storie dei personaggi filmici e letterari, anche se non sono veramente accadute, sono accolte come portatrici di una verità esistenziale indubitabile: esse catturano l attenzione, stupiscono, sfidano, stimolano la fantasia, in un succedersi di collegamenti non solo razionali ma emozionali. La visione del film, o di sequenze filmiche, fa risuonare dentro lo spettatore una possibilità di confronto tra quanto visionato e il proprio vivere quotidiano, soprattutto il proprio sistema di attribuzione di senso rispetto al tema trattato. Queste storie rappresentano perciò un laboratorio di esperienze, di pensiero indispensabile per crescere in umanità, una possibilità di esplorare temi e problemi, contribuendo allo sviluppo della comprensione di se stessi e degli altri. Nella formazione, l utilizzo riflessivo e autoriflessivo delle arti visive ha la finalità di sviluppare nuovi atteggiamenti nei confronti di se stessi e delle funzioni svolte, imparando nell applicazione in campo sanitario a riflettere sui modi con cui si apprendono e si vivono la relazione con il malato e le esperienze di malattia dei pazienti

48 b) L esperienza laboratoriale Il laboratorio è stato allestito con l intento di sviluppare attraverso lo stimolo filmico, le competenze professionali, inducendo a riflettere sulle pratiche di cura, a esplorare i significati e il senso dell esperienza di malattia e a sviluppare la sensibilità all ascolto interiore e alla comprensione della persona assistita. Il laboratorio narrativo-esperienziale ha avuto una durata complessiva di tre ore ed è iniziato con la visione di alcuni estratti del film Verso il sole di Michael Cimino (1996), della durata complessiva di 40 minuti (Box 1). Box 1: Trama del film Verso il sole (M. Cimino, 1996) Box 2: Spunti di riflessione per l analisi del film Rispetto al film che hai visto, Verso il sole (M. Cimino, 1996), brevemente per scritto: 1. Indica gli episodi e i personaggi che ritieni più significativi sul piano della cura nell ambito della vicenda rappresentata; 2. Analizza le dinamiche interne ai comportamenti e alle azioni di cura da te individuate; 3. Evidenzia gli espedienti e le strategie di cura posti in atto e rappresentati nel film, valutandone l efficacia e la bontà; 4. Esprimi con una metafora o una analogia l idea di cura che il film ha in te suscitato; 5. Proponi il titolo che tu daresti al film che hai visto. Nel film prescelto, Michael Reynolds, medico di successo, è incaricato di visitare un detenuto, un ragazzo Navajo di nome Blue, di sedici anni, al quale resta solamente un mese di vita per uno stato di tumore avanzato. Ma Blue ha un obiettivo molto legato alla sua cultura, ben diversa da quella del medico: egli vuole trovare un lago leggendario, situato tra le cime della montagna sacra, le cui acque potrebbero guarire tutte le malattie, come un indiano della sua tribù gli ha raccontato una volta. Blue tenta la fuga e rapisce Reynolds, obbligandolo a uscire dalla città. Inizia così un lungo viaggio nello Utah, in Arizona e nelle montagne del Colorado. Un viaggio fatto di incontri, di ostacoli e di discussioni, durante il quale s instaura fra i due una relazione di fiducia. Reynolds comprende che per Blue è molto importante trovare quel lago: perciò cercano insieme di raggiungerlo. I due arrivano presso il luogo dove vive l antico indiano Navajo che prende con sé Blue negli ultimi momenti di vita. Dopo questo incontro per Reynolds il lavoro, la professione, le cose della vita non sono più le stesse. Al termine della proiezione, sono stati forniti ai partecipanti alcuni spunti di riflessione sul film appena visto: attraverso una traccia scritta, è stato loro chiesto d individuare gli episodi più significativi sul piano della cura e di analizzare le dinamiche interne e i comportamenti dei personaggi, al fine di capire i meccanismi sottostanti questo processo. Una volta analizzate le dinamiche, i partecipanti hanno evidenziato gli espedienti di cura posti in atto nel film, valutandone l efficacia e stimandone il risultato raggiunto (Box 2). c) Riflessioni scaturite dalla visione del film e dalla discussione successiva Dai partecipanti sono stati evidenziati i seguenti aspetti: già durante la prima visita il medico decide di cambiare l approccio con Blue: egli esce dalla camera e poi vi rientra, ponendosi in modo diverso con il paziente. Rivedersi nell azione e modificare il proprio comportamento è un segno di attenzione nei confronti dell altro costituisce un punto di partenza nel favorire un rapporto di fiducia; durante il viaggio Reynolds condivide i vissuti e le emozioni di Blue. Il complesso processo di condivisione contribuisce a tessere progressivamente un rapporto di fiducia; il medico mostra di possedere dei valori veri nei quali credere e per i quali è pronto ad assumersi dei rischi. Sia Blue sia il dottore beneficiano del rapporto che vanno instaurando, ma il secondo supera l approccio puramente tecnico-razionale per lui, come professionista, abituale. Gli esiti della vicenda legati al rapporto di fiducia portano a un cambiamento degli atteggiamenti nei confronti di se stessi, della professione e delle cure; durante il viaggio Reynolds cerca di comprendere la ragione della ricerca del lago sacro. Chi, dunque, si prende cura di chi? Chi dà e chi riceve nel rapporto che viene delineandosi? 84 85

49 Box 3: Titoli alternativi del film proposti dai partecipanti La bellezza ci salverà La montagna incantata Serpente elettrizzato Insieme verso il sole Il grande viaggio La metamorfosi Aiutami a prendermi cura di te Accade Il ragazzo e la montagna Ritorno a me Specchiarmi per riflettere d) Gradimento e reazioni dei partecipanti La maggior parte dei partecipanti ha sottolineato come il laboratorio abbia corrisposto alle aspettative: attraverso il film è stato possibile mettere a fuoco e approfondire diversi aspetti legati alla cura e alla relazione con la persona assistita. Anche il successivo lavoro di analisi e di confronto è stato percepito come utile approfondimento della tematica. Coloro che erano interessati allo sviluppo delle competenze legate alla gestione dello strumento filmico hanno manifestato il loro soddisfacimento rispetto alla proposta metodologica (Box 4). Box 4: Estratti dal gradimento dei partecipanti in relazione alla soddisfazione delle aspettative Il laboratorio ha risposto alle mie aspettative perché ha sviluppato l utilizzo filmico mettendo in evidenza aspetti diversi della cura: dalla relazione ad approcci diversi della cura stessa, alla costruzione della fiducia. Sì, è stato uno spunto da poter riportare nella mia professione, con un tempo ben gestito, dove la parte pratica e quella di ascolto sono state accompagnate dalla riflessione. Ho sperimentato il film come strumento di metodo. Sono stato stimolato all approfondimento. Purtroppo il tempo era breve. Sì, è stato utile cimentarsi sulla parte pratica e provare ad analizzare il film. La docente ha mostrato una grande passione per ciò che fa e per l approfondimento. Non ho molta esperienza in questo ambito e non mi sono portata via niente di nuovo. Sì, mi ha fornito una chiave di lettura della filmografia quale metodologia di cura. Il film è stato interessante e molto utile per la formazione con gli studenti infermieri. La tematica ha risposto alle mie aspettative soprattutto per la scelta filmica utile. Sicuramente sì, perché mi ha aiutato a capire come l arte e la scrittura siano uno strumento prezioso sia per il paziente che per gli operatori. La rappresentazione cinematografica mi ha consentito di riflettere su alcuni punti fondamentali del rapporto medico-paziente, sui differenti punti di vista e sull importanza di creare un rapporto di empatia nella relazione di cura. Ha risposto alle mie aspettative e portato a nuovi ragionamenti e idee. I partecipanti sottolineano come l attività laboratoriale sia stata uno stimolo per apprendere o scoprire qualcosa di nuovo, oppure per vedere con altri occhi qualcosa di conosciuto. È stata un esperienza importante per valorizzare il film come risorsa rivolta a tutti, aperta a molte interpretazioni, che permette di avvicinarsi agli aspetti emotivi legati alle diverse situazioni di fragilità. Analizzare le dinamiche e condividere i significati aiuta a progredire, a evolvere e a modificare i nostri comportamenti verso una tutela personale e un miglioramento dell atteggiamento di cura (Box 5). Box 5: Estratti dal gradimento dei partecipanti in relazione allo stimolo per apprendere qualcosa di nuovo L attività proposta si è rivelata utile in particolare per riuscire ad allenare lo sguardo. Ascoltare le diverse letture di una visione o di un esperienza attraverso gli occhi degli altri

50 È stato uno stimolo perché porta a una riflessione interiore e l ascolto di altri punti di vista allarga il pensiero. Bisognerebbe allenarsi e soffermarsi di più sui particolari anche della vita quotidiana perché non passi solo come un film, senza toccarci dentro e farci crescere. Sì, la condivisione di scene e particolari della proiezione evocano in ciascuno di noi professionisti della cura e non commenti ed emozioni diversi e quindi utili per ampliare le nostre vedute. Rispetto alla possibilità di applicare qualche aspetto sperimentato nel laboratorio nella pratica quotidiana lavorativa, relazionale e personale, i partecipanti si sono espressi positivamente: essi dichiarano di aver trovato utili gli spazi di riflessione, che hanno consentito di dare un nome alle emozioni. Hanno inoltre sottolineato come la lettura dei bisogni dell utente possa passare anche attraverso diverse modalità e arti, quali la cinematografia, il teatro, le arti pittoriche. È stato sottolineato come importante lo stimolo dato dalle domande, semplici ma profonde, e come l uso di strumenti audiovisivi evocativi e arricchenti per la pratica quotidiana possa sviluppare la riflessione personale e quella sul proprio operato, promuovere la condivisione nei gruppi di lavoro e costituire un generale stimolo al miglioramento (Box 6). Box 6: Estratti dal gradimento dei partecipanti circa la possibilità di applicare qualche aspetto nella pratica quotidiana Lo strumento proposto attraverso il laboratorio è senz altro applicabile alla mia professione. In particolare l utilizzo del film, quale narrazione di un vissuto, reale o immaginario, può aprire la possibilità di elaborazione e quindi di proposta di un modo di vedere più semplice. Indubbiamente sì; tutto ciò che ci tocca le corde interiori può essere applicabile in ogni ambito. Nel mio ambito di salute mentale è auspicabile l utilizzo di tali laboratori. Sicuramente sia come passione che già c era (il cinema), che continuerò ad approfondire; e poi anche il messaggio del film stesso, che ha dato degli strumenti da portare nel mio modo di agire nel lavoro. Già nell esperienza lavorativa avevo sperimentato l utilizzo dei film per formazione. Mi ha invogliato ancor più ad approfondire. Si, soprattutto che il parere del gruppo è molto forte e muove molte energie e idee. Bisogna scegliere titoli e stimoli giusti di film perché sono applicabili a tutti gli ambiti succitati. Sì, bisogna usare il cinema e l arte figurativa per far apprendere e far riflettere. Ogni tanto serve fermarmi e riflettere sulla situazione, mettermi dall altra parte e vedere l altro cambiando prospettiva, soffermarmi come ho potuto fare analizzando il film: ma nella vita quotidiana è una cosa che raramente faccio. Sì. Uso dell allenamento all analisi e sguardi alternativi per imparare e favorire pratiche diverse. Tutto si collega alla realtà, non ci sono né divisioni né separazioni. È un impegno quotidiano. Penso che sia utile sia a livello personale come riflessione sul proprio vissuto, sia come strumento di riflessione come tutor didattico e come strumento di formazione. Il percorso formativo affrontato trovo sia utile col mio lavoro teatrale, per la peculiarità degli spunti e per la diversificazione delle offerte. Trovo difficile creare spazi di proiezione-riflessione se non in contesti fuori dal lavoro. In conclusione possiamo affermare come l utilizzo cinematografico e filmico contribuisca a potenziare l osservazione e l ascolto, con la finalità di migliorare la qualità delle azioni. Nel quadro d impiego di questa metodologia didattica e formativa e per una questione di correttezza intellettuale e metodologica, sottolineiamo l importanza di esplicitare sempre l orizzonte della scena pedagogica che sottostà alla decisione di utilizzare la filmografia e la profondità degli intrecci sopra definiti. Solo così possiamo intendere la formazione come una possibilità liberatrice, che può definire l educazione come esistenza, come esperienza vissuta dell uomo in quanto cultura. Il concetto di formazione-educazione ha come elementi forti il soggetto, l esperienza, l altro, la costruzione di senso della propria esperienza; in altri termini il discorso formativo prende avvio dal ritenere costantemente la formazione come esperienza vissuta, sulla quale operare costantemente. Avendo chiaro lo sfondo pedagogico, risulta più semplice o per lo meno si è criticamente avvertiti dell uso che si fa del film, nella selezione 88 89

51 del film, nei contenuti, nei montaggi filmici e nei loro dispositivi didattici. Vorrei terminare con le parole di un/a partecipante: Mi piacerebbe molto costruire una sala cinematografica in cui proiettare spezzoni di filmati utili al lavoro terapeutico con i pazienti. Sì, perché l arte visiva può distruggere barriere fisiche di linguaggio cercando di soddisfare i bisogni esistenziali dei pazienti. Lo sguardo diventa l inizio della cura, i primi gesti di cura. Bibliografia D. Bergonzo, L. Garrino, V. Dimonte, Il cinema per la formazione medica e infermieristica: analisi della letteratura, Tutor, 10, 2010, pp G. Bert, Medicina narrativa: storie e parole nella relazione di cura, Il pensiero scientifico, Roma P.G. Blasco, M.G. Blasco, M.R. Levites, G. Moreto, Educating through Movies: How Hollywood Fosters Reflection, Creative Education, 2(3), 2011, pp P.G. Blasco, G. Moreto, A. Roncoletta, M.R. Levites, M.A. Janaudis, Using Movie Clips to Foster Learners Reflection: Improving Education in the Affective Domain, Family Medicine, 38(2), 2006, pp J. Carpenter, B. Stevenson, E. Carson, Creating a Shared Experience Using Movies in Nursing Education, Nurse Educator, 33(3), 2008, pp R. Charon, Narrative Medicine. Honouring the Stories of Illness, Oxford University Press, New York D. D Incerti, M. Santoro, G. Varchetta, Schermi di formazione, Guerini, Milano D. Darbyshire, B. Baker, A systematic review and thematic analysis of cinema in medical education, Medical Humanities, 38(1), 2012, pp S. DasGupta, R. Charon, Personal Illness Narratives: using reflective Writing to teach Empathy, Academic Medicine, 79, 2004, pp L. Garrino, L utilizzo dei filmati per lo sviluppo della competenza emotiva nella relazione di cura: una proposta formativa, Tutor, 7, 2007, pp L. Garrino, A. Gargano, M.G. Bedin, Tisser des liens de confiance dans la relation formative. Le cinéma comme outil pédagogique, Perspective soignante, 35, 2009, pp L. Garrino, La medicina narrativa nei luoghi di formazione e di cura, Centro Scientifico, Milano L. Garrino (a c. di), Strumenti per una medicina del nostro tempo: Medicina narrativa, Metodologia Pedagogia dei Genitori e International Classification of Functioning (ICF), Florence University Press, Firenze L. Garrino, A. Gargano, M.G. Bedin, Le cinéma dans la formation en éthique des professionnels de la santé, in M. Dupuis, R. Gueibe, W. Hesbeen, Les formations aux metier de la Santé. Du projet de formation au projet pedagogique en pratique, Seli Arslan, Paris L. Garrino, S. Gregorino, L immagine filmica nella formazione alle cure: Indicazioni Metodologiche e Pratiche di Utilizzo, MEDIC, 19 (2011), pp V. Masini, Medicina narrativa. Comunicazione empatica ed interazione dinamica nella relazione medico-paziente, Franco Angeli, Milano L. Mortari, L. Saiani, Gesti e pensieri di cura, McGraw Hill, Milano J. Oh, J. Kang, J.C. De Gagne, Learning concepts of cinenurducation: An integrative review, Nurse Education Today, 32, 2012, pp J. Shapiro, L. Rucker, The Don Quixote Effect: Why Going to the Movies Can Help Develop Empathy and Altruism in Medical Students and Residents, Families, Systems, & Health, 22(4), 2004, pp L. Tesio et al., Scene di integrazione: l utilizzo del cinema nella formazione all interculturalità, Tutor, 13, 2013, pp C.M. Weber, H. Silk, Movies and Medicine: An Elective Using Film to Reflect on the Patient, Family, and Illness, Family Medicine, 39(5), 2007, pp L. Zannini, Medicina narrativa e Medical Humanities, Cortina, Milano Lorenza Garrino Ricercatore in Scienze Infermieristiche, Università degli Studi di Torino 90 91

52 III.6 La meditazione condivisa: laboratorio di pratiche filosofiche Linda M. Napolitano Valditara a) Le pratiche filosofiche Al convegno sulla Medicina Narrativa tenutosi al CRO nel 2016 mi è stato affidato il compito di organizzare e condurre un laboratorio di pratiche filosofiche per gli operatori sanitari. Il compito, prima ancora della sua fase attuativa, era denso di questioni preliminari da sciogliere, di cui anche qui vanno riprese le principali: bisogna chiarire anzitutto che cosa siano le pratiche filosofiche, che cosa il Dialogo Socratico e perché questo scelto quale metodo da impiegare nel laboratorio sia una pratica filosofica; occorre poi chiarire che cosa tutto ciò (pratica filosofica e Dialogo Socratico) abbia a che fare con la Medicina Narrativa su cui il convegno verteva 1. La conoscenza delle pratiche filosofiche non è diffusa e spesso anche chi miri a saperne qualcosa si trova davanti non poca confusione in merito. Del resto, come ammettere che la filosofia materia che tutti ricordiamo dalle scuole superiori come astratta e talora, per ciò stesso, astrusa preveda una declinazione pratica? Come ammetterlo, per giunta, in un ambiente come quello medico-sanitario, dove ancor oggi, per indicare ciò che ha al più una pretesa teorica di verità, ma che non si ritiene dimostrabile e men che meno praticabile, si usa proprio la qualifica di filosofico? Ancora: come ammetterlo entro 1 Uso le maiuscole per Dialogo Socratico perché L. Marinoff, nel molto discusso Platone è meglio del Prozac, tr. it., Pickwick, Casale Monferrato 2001 (or. 2000), riprendendo quello socratico come metodo dei suoi lavori di gruppo, lo ritiene però inconcludente e dunque da scriversi con le iniziali minuscole: mentre solo il dialogo da lui stesso praticato sarebbe capace di giungere a una conclusione e dunque meritevole del maiuscolo. Non concordo con questa tesi: nei Dialoghi giovanili di Platone è vero che Socrate non arriva a dar risposta alle domande che pone, ma solo a mostrare che le risposte fornitegli dall interlocutore si contraddicono; ciò però non significa che il metodo, com è proposto nei Dialoghi, sia di per sé incapace di arrivare a una conclusione e a risposte condivisibili dagli interlocutori. le stesse Medical Humanities, le quali come alcuni dei facilitatori esperti presenti al convegno teorizzano anche qui, nelle presentazioni dei loro laboratori operano non coi/sui ragionamenti e le teorie, ma semmai colle/sulle emozioni e le esperienze? Una definizione utile si trova in un testo di Moreno Montanari: egli qualifica come orientato appunto sulle pratiche filosofiche il movimento, non solo italiano, ma internazionale e ormai alquanto ampio e variegato, che negli ultimi venticinque-trent anni ha cercato di rilanciare una funzione sociale e non accademica della filosofia, declinandola in nuove pratiche che sappiano accogliere e prendersi cura delle domande esistenziali delle persone, richiamandosi, in maniera più o meno diretta e fedele, alla funzione che la filosofia ricopriva nell antichità 2. Il punto, per me che sono una storica della filosofia antica (quella, per intenderci, che studia Socrate, Platone, Aristotele, Epicurei e Stoici), è proprio questo richiamo a qualcosa che non sarebbe nuovo, né come molti credono e forse perfino temono una semplice, indebita scimmiottatura di quanto le scienze umane e le pratiche di counselling oggi già propongono e praticano. Mettere la filosofia in pratica rispondendo, come precisa Montanari, alle domande esistenziali delle persone e alla richiesta di cura da esse emergente, non sarebbe che riprendere quanto già la filosofia antica faceva alle origini della nostra cultura: ciò che, per varie ragioni, si sarebbe nei secoli perduto e che le varie tecniche di counselling riprenderebbero oggi, presentandolo invece come una novità e spesso ascrivendosene la paternità 3. 2 M. Montanari, Hadot e Foucault nello specchio dei Greci. La filosofia antica come esercizio di trasformazione, Mimesis, Milano-Udine 2009, p. 176, corsivo mio. Sono trattati qui due pensatori francesi, Pierre Hadot (morto nel 2004) e Michel Foucault (morto nel 1984), che più di tutti hanno mostrato, nei loro libri, questo modo particolare, pratico appunto, di proporre e vivere la filosofia già nel mondo antico. 3 Sulle ragioni storiche del perdersi della visione antica della filosofia quale stile di vita (tèchne toû bìou), cfr. M. Foucault, L ermeneutica del soggetto. Corso al Collège de France , tr. it., Feltrinelli, Milano 2003 (or. 2001), pp , e P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, tr. it., Einaudi, Torino 2005 (or. 2002), capp. 3 e 7. Sul rapporto fra pratiche filosofiche e psicoterapie, cfr. Giacometti (a c. di), Sofia e psiche. Consulenza filosofica e psicoterapie a confronto, Liguori, Napoli Per anni, per indicare le pratiche filosofiche, si è usata la formula consulenza filosofica (la si sente spesso ancora): essa, negli anni 80, fu usata per tradurre in italiano il nome della prima Società fondata in Germania da Gerd Achenbach, la Gesellschaft für Philosophische Praxis, alla lettera Società per la prassi filosofica. L aver tradotto coi termini consulenza e counselling, oltre a perdere tutta 92 93

53 A me, per credere a questo assunto e sentirmi impegnata a dimostrarne tenuta e veridicità, basta ricordare che il primo a parlare di cura di sé, intesa come attenzione alla richiesta di senso sulla propria vita, è proprio Platone, in un dialogo risalente all inizio del IV secolo a.c., l Alcibiade primo. Egli vi usa, per la prima volta nella storia culturale dell Occidente, l espressione epimèleia heautoû, cura di sé appunto: questa indica però non scontatamente la cura terapeutica che ripara un malanno o guarisce un disagio (inglese: cure), bensì quella promotiva (inglese: care) che fa fiorire potenzialità e scoprire e impiegare risorse interiori e che, se manca, benché non ci renda malati, non può che farci soffrire 4. Quella cura che ogni malato richiede tanto quanto e forse anche più delle cure tecnico-riparative somministrategli e rispetto alla quale Medical Humanities e Medicina Narrativa svolgono un ruolo fondamentale. Tale cura filosofica di sé non si traduce infatti solo in visioni generali dell uomo, del mondo, della vita, della sofferenza, della morte, tutti temi comunque ben presenti nei Dialoghi di Platone e che ancora letteralmente incantano i miei studenti all università, o i non pochi uditori degli interventi sempre più frequenti richiestimi fuori dall accademia. la potenza di pràxis, termine di origine grecoantica, ha creato numerosi fraintendimenti con le psicoterapie e le varie forme di counselling. Perciò io preferisco usare l espressione pratiche filosofiche e, potendo, recupererei perfino il termine di Achenbach: prassi filosofica. Cfr. G. Achenbach, La consulenza filosofica. La filosofia come opportunità di vita, tr. it., Feltrinelli, Milano 2009 (or. 1987). Sull uso delle tecniche di counselling in campo sanitario, soprattutto per l acquisizione di abilità relazionali, cfr. G. Del Vecchio, L. Vettore, Dottori domani. Storie, dialoghi e riflessioni per una nuova educazione alle cure, Delfino, Milano 2016, pp , con la relativa bibliografia. 4 Sulla cura filosofica di sé, la letteratura sarebbe ormai amplissima: mi permetto di rinviare, per una ricostruzione sintetica dello status quaestionis e della letteratura recente, al primo paragrafo del mio Cura, eros, felicità. In margine all antropologia di Platone, Thaumàzein. Rivista di filosofia online, 1 (2013), pp Punto centrale di differenza fra le pratiche filosofiche e le odierne forme di counselling e le psicoterapie è questo non reputare patologico (cioè malattia) ogni tipo di sofferenza e, di conseguenza, non reputare ogni cura come riparativo-terapeutica. Ogni essere umano può soffrire moltissimo (p. es. della perdita di un proprio caro, del proprio invecchiare, per una patologia fisica), ma tale sofferenza non lo segnala come malato: nondimeno egli ha bisogno di curarsi di sé dando senso alla sofferenza che prova. La filosofia si oppone alla corrente medicalizzazione di ogni sofferenza argomentando che non ogni male di cui l uomo soffre sia una malattia da eliminare, e che, perciò, non ogni cura debba avere carattere terapeutico. 94 La cura platonica di sé esige una postura interiore 5. Questa cura induce un modo concreto di stare al mondo, da tradursi in atti quotidiani ben precisi e ripetuti: a) l interrogazione costante di se stessi e della propria vita, dei valori che la guidano e delle opinioni che la nutrono, come delle proprie aspirazioni, paure, angosce e in generale delle emozioni che si vanno esperendo; b) l aspirazione a esser consapevoli di quei valori, di quelle opinioni, come delle proprie emozioni, e a fondare le prime e governare le seconde nel modo più personale e autonomo: non vivendo, dunque, solo perché l educazione ricevuta, la moda, la tradizione, l abitudine, i mass-media mostrano e insistono che si vive e si sente così 6 ; c) il costante esercizio a trovare motivazioni fondate e personali a ciò che si crede vero e al comportamento che divenga, perciò, meritevole del nostro costante desiderio e della nostra quotidiana fedeltà. La platonica cura di sé è non può essere che una filosofia tradotta in pratica, cioè un vedere, un sentire e un agire integralmente trasformati rispetto a se stessi e al mondo. Il perno di tutto potrebbe essere proprio il poter ripetersi, ogni giorno: ora so che la mia vita ha questo 5 Anche quest esigenza, nel darsi cura di sé, di maturare poco a poco una vera e globale postura interiore differenzia le pratiche filosofiche da tutte le tecniche di counselling: nessuna pratica filosofica è riducibile a una semplice tecnica da impiegare, automaticamente o strumentalmente, senza una globale adesione a esse del proprio sé. Perciò anche il laboratorio al convegno non era che un assaggio di quanto andrebbe fatto in veri e propri cicli laboratoriali di pratiche filosofiche. Il termine pratiche filosofiche è, poi, usato al plurale perché non uno, ma molti sono gli esercizi spirituali che possono contribuire a indurre e consolidare questa postura interiore: Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, cit., pp , ne elenca alcuni, cioè l imparare a vivere; l imparare a dialogare, l imparare a morire (!); l imparare a leggere. 6 Uso non l espressione peraltro frequentissima gestire le proprie emozioni, bensì governare le proprie emozioni: la prima è di derivazione finanziario-aziendalistica (si gestisce il proprio conto corrente, oppure un pacchetto di azioni), la seconda rende meglio il greco àrchein, governare appunto. Governare sottolinea come non si tratti solo di conoscere e organizzare tecnicamente a proprio vantaggio il pacchetto emozionale che ci si trova in mano: si tratta di conoscerlo, di far emergere il più possibile le ragioni di ogni emozione esperita e di trovare le risorse se una risulti disfunzionale o afflittiva per trasformarla nel suo contrario oppure in un emozione diversa, che dia meno dolore tanto quanto indurrà ad agire diversamente. Nessuno di noi, infatti, è responsabile delle emozioni che prova, ma solo del modo in cui, a partire dall emozione che prova, poi si comporta. L emozione esperita, del resto, dipende dalla nostra visione del mondo: dandosi cura di ri-meditare tale visione, è possibile che l emozione stessa che ne deriva si trasformi. 95

54 senso e che esso è, propriamente, il senso che io, finché mi sarà possibile, scelgo di vivere e desidero e amo vivere. Poiché con sole due ore per gruppo laboratoriale non vi sarebbe stato il tempo di spiegare ai partecipanti tutto ciò, abbiamo chiesto agli organizzatori di fornire preventivamente, a quanti si sarebbero iscritti, un breve vademecum (una sola pagina) di presentazione dove il laboratorio era introdotto così: MATERIALI E SUPPORTI FORNITI (1): Nel nostro laboratorio applicheremo la pratica filosofica più antica, cioè il Dialogo Socratico. Avremo il supporto sonoro del più autorevole sostegno riconosciuto alla meditazione: le campane tibetane, suonate in diretta appositamente per noi. Il nostro scopo è creare, pur nella brevità del tempo concessoci, uno spazio di sosta e tranquillità per riflettere insieme su aspetti centrali legati alla professione di cura e sanitaria. Per partecipare al laboratorio non sono necessarie nozioni di filosofia o di storia della filosofia. Ogni essere umano, in quanto portatore di lògos (= parola/ragione), può partecipare attivamente alla pratica del Dialogo Socratico e ricavarne un utile in termini di maggiore consapevolezza e serenità. Per partecipare occorrono soltanto disponibilità: alla riflessione autentica e profonda; al confronto con gli altri delle proprie opinioni; alla creazione condivisa di prospettive nuove che il Dialogo Socratico faccia emergere. b) La pratica filosofica del Dialogo Socratico Un brano di Platone spiega quanto anticipato fin qui, mostrando che ogni pratica filosofica si lega al dialogo, come Socrate lo conduceva per le strade e nelle piazze di Atene, e a quella che oggi chiamiamo Medicina Narrativa. Dice dunque il generale Nicia, presentando Socrate all amico Lisimaco: Mi pare che tu [Lisimaco] non sappia che chi più si trova vicino a Socrate [ ] e più dialoga con lui, anche se prima ha iniziato a discutere di tutt altro, non può smettere di farsi condurre da lui nel discorso, fino a che non abbia dato ragione di se stesso, del modo in cui ora sta vivendo e di che vita abbia vissuto in passato: e, quando abbia iniziato a far questo, Socrate non lo lascerà andare prima di averlo messo alla prova su tutte queste cose, in modo minuzioso e al limite della tortura. Io che lo conosco bene, so che non si può sfuggire a un simile trattamento da parte sua e che dovrò a mia volta sottopormici ancora. Ma io, Lisimaco, ho piacere a starci insieme, perché credo che non ci sia niente di male a richiamarci su quanto abbiamo fatto o stiamo facendo in modo non bello: ma che, anzi, chi non fugge davanti a questo trattamento si faccia più accorto per il tempo a venire, purché lo voglia e sia convinto [ ] di aver da imparare finché vive e non creda che sia la vecchiaia a farlo saggio 7. Il Dialogo Socratico inizia dunque col porre una domanda: nella tradizione socratica originaria, ripresa nei Dialoghi di Platone, essa suona come che cos è x? (di solito una virtù, oggi noi diremmo un valore, come amicizia, devozione, saggezza, coraggio, giustizia ecc.). Con la sua domanda in un momento storico simile al nostro quanto alla perdita e revisione di valori fino ad allora solidi e tradizionali Socrate mirava a trovare una definizione di x tale da coprire tutti i casi che di quel x s incontrassero. Trovare una definizione di amicizia che rendesse ragione di tutti i legami di amicizia, una definizione di coraggio capace di dar conto di tutte le azioni coraggiose, d indicare il tratto che ognuna e tutte le azioni devono esibire per esser dette, appunto, casi di amicizia o di coraggio. Talvolta egli formulava la domanda in un altro modo, cioè chiedeva: che cosa dici che è x?, o anche che cosa chiami x?. Egli, dunque, chiedeva a ognuno degli interlocutori incontrati nelle piazze, case e palestre di Atene la propria opinione personale su x, la resa di conto di quanto la propria esperienza e storia personale permettesse loro di dirne 8. Più o meno, dunque: tu, Nicia, che sei un famoso generale e sei stato in guerra, che cosa dici, stando alla tua esperienza personale e storia di vita, che sia il coraggio? Tu, Menone, che sei un bravo oratore e hai riscosso successo nel far conferenze sull eccellenza umana, che cosa, stando alla 7 Platone, Lachete, 187e-188b, la tr. it. dal greco antico e i corsivi sono miei. 8 Ho trattato la diversa formulazione della domanda socratica di partenza ne Il sé, l altro, l intero. Rileggendo i Dialoghi di Platone, Mimesis, Milano-Udine 2010, pp

55 tua esperienza personale e storia di vita, dici debba possedere un uomo per dirsi eccellente? Che idea te ne sei fatto, tu, che esperienza hai avuto, tu, di questo valore? E perciò che cosa, adesso, dici che questo valore è? Come lo chiami, come lo definisci? Inizia a emergere qui il legame fra Dialogo Socratico e narrazione: come quest ultima implica un affinamento delle competenze a raccontare la propria storia e, insieme, a comprendere le storie altrui (ciò che sta alla base della Medicina Narrativa), così già Socrate mirava a trarre dai propri interlocutori un sapere basato sulle loro storie ed esperienze di vita, a ricevere risposte che fossero frutto di quelle storie ed esperienze e che quindi in qualche modo le narrassero. Nel brano citato a inizio paragrafo questo appare chiaro: non importa di che cosa l interlocutore si trovi a parlare con Socrate perché, anche se prima ha iniziato a discutere di tutt altro, non può smettere di farsi condurre da lui nel discorso, fino a che non abbia dato ragione di se stesso, del modo in cui ora sta vivendo e di che vita abbia vissuto in passato. Ciò che ognuno di noi ora crede sia amicizia, coraggio, salute, malattia, sofferenza, morte, vita ecc., ciò che ognuno, invitato a parlarne, può dirne, la parola stessa che usa per nominarlo dipendono esattamente dall idea che se ne è fatto nella sua storia di vita, dall esperienza che ne ha avuto e che ora, appunto, il Dialogo Socratico lo chiama a narrare e a restituire 9. La domanda socratica quale che sia il suo specifico tema mira far sì che l interlocutore renda ragione (lògon didònai) di sé, del modo in cui in vive e sta vivendo; dunque a far emergere quanto al paragrafo precedente (punto a) ho indicato come primo passo di una pratica filosofica quale forma di cura di sé: l interrogazione costante di se 9 Un esempio personale a supporto di questo legame fra nome dato alle cose ed esperienza vissuta: la mia generazione ha assistito alla nascita anche in Italia del femminismo e io lavoro in un università dove si studia il problema femminile. Varie mie colleghe pretendono, proprio per sottolineare la parità fra uomo e donna, che davanti al loro cognome non sia messo l articolo determinativo femminile la (dunque si chiamano, l una l altra, Rossi, Bianchi, Verdi, lasciando impregiudicato se si tratti, ogni volta, di maschi o femmine). Io invece che, pur non avendo mai militato nel femminismo, né avendolo mai studiato, mi reputo serenamente pari a ogni maschio che incontri desidero invece che l articolo preceda il mio cognome ( la Napolitano), proprio perché sia chiaro che colei che parla o che scrive è una donna. Banalmente, perché nella mia storia di vita è stato importante esserlo e si tratta solo di un articolo! stessi e della propria vita, del valore su cui questa poggia, dell opinione che crede vera, di quanto in essa suscita emozione e dirige, poi, atteggiamenti e azioni 10. Ma non basta. Socrate non si accontenta che l interlocutore racconti la sua esperienza di vita, narri l idea che si è fatto di x e casomai confidi e condivida l emozione che x gli suscita: egli, nel Dialogo Socratico, pretende di più. Prima di chiarire questo di più, devo precisare (come già ho fatto altrove) che talvolta a me pare invece che nei focus group, o nelle pratiche laboratoriali usate anche al convegno, benché ci si proponga di riflettere sull esperienza, invece la narrazione delle esperienze vissute e la messa in comune delle storie personali siano reputate non solo necessarie, ma, alla fine, anche sufficienti e che la riflessione condotta insieme sia meno di quella che potrebbe/ dovrebbe essere. Certamente porre la propria esperienza dinnanzi a sé, attraverso la verbalizzazione nel gruppo o addirittura la messa per iscritto, è importante: perché già questo narrarla ne implica in qualche modo l oggettivazione. Utile è il fatto che, narrandomi, io comprenda e senta quantomeno che sono io ad avere un problema, piuttosto che sentirmi angosciosamente immerso in un problema che in qualche modo ha me. Compiere questo passo narrazione/oggettivazione della propria storia non è per nulla poco. Esso, per basilare che sia, però non basta: riflettere sull esperienza vissuta non significa solo narrarla o esprimerla ad altri, alleggerendone così in qualche modo il peso, oppure limitarsi a confrontarla con l esperienza altrui, per concludere (come molti dei partecipanti ai laboratori effettivamente hanno fatto), che diversi sono i modi, tutti legittimi, di vedere e sentire una stessa questione, e aumentare così la propria disponibilità ad accettare modi diversi dai propri. Dialogare socraticamente sull esperienza, riflettere su di essa, significa soprattutto chiedersi se l esperienza stessa, il valore su cui essa si basa e l emozione e l azione che essa induce: 10 Questo legame fra Dialogo Socratico e narrazione di sé è per lo più trascurato dalla letteratura tradizionale: cercherò di metterlo in luce in un mio lavoro ora in uscita per Mimesis: Il dialogo socratico. Fra tradizione storica e pratica filosofica per la cura di sé

56 a) siano coerenti fra loro e con altri elementi esistenziali importanti per chi risponde/narra; b) se quel valore, quella conoscenza, quell emozione e quell azione siano tutto ciò che in merito si può conoscere, credere, sentire e agire, o se non siano possibili, in quel campo, conoscenze, opinioni, emozioni e azioni diverse o perfino opposte. Questa richiesta di coerenza non solo logica, ma esistenziale e soprattutto questa interrogazione sull alternativa, questa conversione o rigiramento dello sguardo, credo sappia porle solo, o soprattutto, la filosofia 11. E credo che lo strumento capace di farlo sia, appunto, il Dialogo Socratico, il quale, per questo, è non solo la più antica delle pratiche filosofiche (di certo più antica, checché se ne pensi, di ogni tecnica di counselling), ma anche la più basilare delle pratiche di cura : cioè quella che ogni altra pratica di fatto e spesso senza rendersene conto impiega Cfr. in merito già il mio Oltre la narrazione: il nostro bisogno di filosofia, in Leggiamoci con cura. Scrittura e narrazione di sé in medicina, Atti del convegno IV, Aviano 13 novembre 2014, a c. di L.M. Napolitano Valditara, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano 2016, pp , soprattutto (sullo stesso brano del Lachete qui proposto a inizio paragrafo). La coerenza esistenziale è banalmente quella che tutti pretendiamo, dagli altri e prima ancora da noi stessi, fra le cose dette e le azioni compiute (cfr. Platone, Lachete, 188 c-d; Gorgia, 482 b-c; Fedro, 279 b-c). Quanto alla conversione dello sguardo, richiamavo, nel saggio ora citato (ivi, p. 255), anche il passo 518c-d della Repubblica, in cui a tale conversione Platone allude col termine periagoghè, rigiramento su se stessi. Nel laboratorio al CRO il passo dell interrogazione sull alternativa, mirante a indurre tale rigiramento dello sguardo, è stato compiuto ponendo ai partecipanti, come vedremo, domande opposte sul medesimo oggetto: credi che valga x?, oppure credi forse che valga non-x? e inducendoli a riflettere sulle conseguenze derivanti dall una e dall altra alternativa. L Aristotele del secondo libro della Metafisica chiamerebbe questo: procedere attraverso le aporie, diaporêsai kalôs: ma il metodo che esplora ipotesi opposte (cioè che qualcosa sia così, ma anche non così) è teorizzato già da Platone nel Parmenide, 135e-136a. 12 In effetti, anche in altri laboratori al convegno è stata usata la domanda su che cosa il brano filmico, o quello del libro, la poesia recitata o l immagine mostrata suscitassero nei partecipanti, o ispirassero loro, in rapporto appunto all esperienza di vita di ciascuno. Un analogia è stata notata, nel questionario finale, anche da una partecipante al laboratorio di pratiche filosofiche (cioè che anche le riunioni fatte nel suo reparto utilizzassero un metodo simile a quello del nostro laboratorio, cosa di cui però solo ora, dopo avervi partecipato, ella si dichiarava consapevole). Credo però che solo nel laboratorio di pratiche filosofiche si sia chiesto se l oggetto narrativo ispirasse o suggerisse x oppure forse anche non-x (interrogazione, appunto, dell alternativa): e anche questo aspetto è stato sottolineato da alcuni partecipanti nei questionari finali (cfr. sotto, Restituzioni). Non per caso, nel brano citato a inizio paragrafo, l interrogare di Socrate è paragonato a una tortura : perché egli continua a interrogare l interlocutore, non lasciandolo andare, ma neppure lo abbandona lui, prima di aver testato la coerenza delle risposte ch egli dà e prima di aver raggiunto lo scopo del suo dialogare. Anche questo è indicato in modo chiaro; precisa Nicia, pur dicendo di sapere che lui stesso dovrà sottoporsi alla tortura socratica: io ho piacere a star insieme [a Socrate], perché credo che non ci sia niente di male a richiamarci su quanto abbiamo fatto o stiamo facendo in modo non bello: ma che, anzi, chi non fugge davanti a questo trattamento si faccia più accorto per il tempo a venire, purché lo voglia e sia convinto [ ] di aver da imparare finché vive e non creda che sia la vecchiaia a farlo saggio. Dunque non c è nulla di male nell assillante richiesta socratica di render ragione della propria vita, delle proprie opinioni, delle proprie emozioni e azioni: la sua interrogazione mira appunto a rilevare quanto si sia fatto o si stia facendo in modo non bello, cioè inconsistenze, fragilità o contraddizioni del proprio quadro esistenziale, valori inverificati, opinioni non fondate, emozioni non confessate o di cui ci vergogna, azioni a cui ci si sente obbligati e nelle quali però non ci si riconosce. Tutto quel non-curato che può dare e anzi certamente dà sofferenza, anche prolungata e profonda, a chi peraltro non può, a causa di tutto questo dolore che prova, esser qualificato malato o pazzo. Per rilevare tutto questo, e divenire però per il futuro più accorti, occorre sottoporsi, appunto, alla tortura (bàsanos) del Dialogo Socratico 13. Il brano conclude che ognuno di noi esseri umani è di fatto e sempre in cammino: ci si sottopone volentieri alla tortura del Dialogo Socratico, se si ha chiaro che non basta l età, cioè la quantità di vita vissuta, a renderci saggi e che invece sempre, finché si vive, ci sarà qualcosa da imparare (e che, perciò, farà soffrire). Da imparare una saggezza un perché dei valori in cui crediamo, delle opinioni che 13 In greco antico il bàsanos è la prova a cui si sottopone qualcosa per testarne il valore, e, letteralmente, la pietra usata per testare la purezza dell oro: valori, opinioni, sentimenti e azioni che siano frutto di un autentica e protratta meditazione personale e di una storia coerente di vita difficilmente, sottoposte alla prova del Dialogo Socratico, mostrano debolezze, fragilità o incoerenze. Esse sono l oro puro rimasto in fondo al crogiolo che ogni giorno dolorosamente testa il valore e la consistenza della vita che ci curiamo di darci e di vivere

57 nutriamo, delle emozioni che proviamo, delle azioni che compiamo che non si acquisisce senza la postura di cura di sé tipica della pratica filosofica e realizzata tramite il Dialogo Socratico: la postura di chi per dirla ancora con Platone sa, come essere umano, di non esser sapiente come un dio, né privo di sapienza come una bestia, ma di potere e dovere per la vita intera appunto, continuare a essere amante di sapienza, philòsophos appunto 14. Nel vademecum proposto preliminarmente ai partecipanti tutto questo era sintetizzato così: MATERIALI E SUPPORTI FORNITI (2): Qualche notizia sul Dialogo Socratico È la modalità di comunicazione-riflessione praticata dal filosofo Socrate ad Atene nel V secolo a.c., secondo la testimonianza lasciatecene da Platone ( a.c.) nelle sue opere, non per caso aventi anch esse la forma di dialoghi. Questa particolarissima forma di dialogo (interrogazione, esame delle opinioni, confutazione di quelle parziali o infondate, ricerca condivisa di opinioni nuove più fondate) ha trovato grandi commentatori e imitatori nella riflessione del 900: sia in campo filosofico (Martin Buber), sia in sede pedagogica (Leonard Nelson, Gustav Heckmann), sia oggi, almeno in parte, in campo psicologico (Paul Watzlawick, Giorgio Nardone). Nel campo delle pratiche filosofiche cioè dei tentativi odierni di riapplicare la filosofia alla vita quotidiana, com era nell antichità - è forse la pratica per eccellenza. Infatti, da un punto di vista antropologico l uomo è l animale che, per diventare adulto (vale a dire per essere responsabile e per inserirsi se possibile creativamente in una cultura) ha bisogno di una serie ininterrotta di dialoghi 15. Vero ciò, va anche ricordato che comunicazione è, oggi, una sorta di parola-valigia che entra in ogni forma di discorso e di vita [ ] [ma essa] significa entrare in relazione con la nostra interiorità e con quella degli altri. Nella convinzione che comunicazione sia sinonimo di cura Cfr. Platone, Simposio, 203d, col mio commento in Amante di sapienza per la vita intera. PLATONE, Simposio. 203 d 7, in L. Cardullo, D. Iozzia (a c. di), Bellezza e virtù. Studi in onore di Maria Barbanti, Bonanno, Acireale-Roma 2014, pp M. Trevi, Dialogo sull arte del dialogo, Feltrinelli, Milano E. Borgna, Parlarsi. La comunicazione perduta, Einaudi, Torino In questa presentazione, inoltre, si faceva riferimento ad alcuni testi importanti per la conoc) Strutturazione del laboratorio Due persone mi hanno aiutato a preparare e strutturare, passo dopo passo, il laboratorio: Anna De Odorico, consulente filosofico di trasformazione, e Francesca Bisiani, operatrice del benessere ed esperta del massaggio vibrazionale sonoro. Da anni con queste due persone ho rapporti non solo di amicizia, ma di condivisione filosofica e perciò di fiducia in quanto andavamo a fare: fiducia derivante dal fatto che ognuna non solo l ha studiato in teoria, ma l ha sperimentato anzitutto e con esiti positivi su se stessa e per condividerlo poi con altri. Anna ha messo a disposizione l esperienza già fatta al CRO, dove aveva allestito e guidato dei focus group con gli operatori, per il tirocinio del suo Master in Consulenza filosofica come via di trasformazione 17 ; Francesca ha fornito un supporto basilare, mettendoci a disposizione la sua esperienza nell uso, a fini di meditazione, delle campane tibetane, che, durante il laboratorio, ha suonato in diretta. Ecco come quest ultimo particolarissimo aspetto era presentato nel vademecum preliminarmente fornito ai partecipanti: MATERIALI E SUPPORTI FORNITI (3): Qualche notizia sulle campane tibetane Sono strumenti considerati da molti popoli come capaci di emettere una forma pura di suono, ovvero di vibrazione poli-armonica: perciò sono definiti strumenti vibrazionali. Prodotte in Tibet, Nepal, India, ma anche in Cina, Giappone e Corea, le campane hanno però una provenienza e storia ancora avvolte nel mistero. Sono composte di sette metalli diversi, ognuno tradizionalmente legato a uno dei pianeti del sistema solare: oro/sole; argento/luna; mercurio/ Mercurio; rame/venere; ferro/marte; stagno/giove; piombo/saturno. scenza del dialogo, socratico e non: M. Buber, Il Dialogo. Parole che attraversano, ed. ebook 2013 (or. 1984), e Il principio dialogico e altri saggi, tr. it., San Paolo, Milano 2014, nonché B. Casper, Il pensiero dialogico. Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner e Martin Buber, tr. it., Morcelliana, Brescia 2008 (or. 1967); P. Dordoni, Il dialogo socratico. Una sfida per il pluralismo sostenibile, con scritti di L. Nelson, G. Heckmann e M. Specht, Apogeo, Milano 2009; G. Nardone, A. Salvini, Il dialogo strategico. Comunicare persuadendo: tecniche evolute per il cambiamento, Ponte alle Grazie, Milano ed. ebook Il Master era attivato all Università di Verona, Dipartimento di Scienze Umane, fino al 2016: cfr. l elaborato finale A. De Odorico, Prendersi cura di chi cura, Master di II livello Consulenza filosofica come via di trasformazione, Biennio

58 Il suono emesso cambia non solo rispetto alla modalità di percussione (battito o strofinamento), ma in base a diverse caratteristiche della campana, quali la proporzione con cui sono presenti i diversi metalli, lo spessore e la forma. Chiamata anche singing bowl (= ciotola cantante), è un valido supporto per tutte le pratiche che necessitano di rilassamento e meditazione. Quanto a quest ultimo aspetto, molte ricerche evidenziano come, quando vengano suonate, le campane tibetane emettano onde alfa, simili alle onde cerebrali, regolari e sincronizzate, caratterizzate da frequenze fra gli 8 e i 12 hertz: tali onde sono rilevabili durante la veglia a occhi chiusi e nei momenti precedenti l addormentamento (cfr. Per Francesca, che suonerà per noi le campane, il loro canto, posto tradizionalmente in armonia con le vibrazioni delle sfere celesti, ha la meravigliosa capacità di portare chi le ascolta a raggiungere appunto le frequenze alfa delle onde cerebrali tipiche degli stati meditativi più profondi. Il corpo umano stesso, inoltre, non è che un insieme di vibrazioni e onde, il cui equilibrio energetico ottimale è garantito da una risonanza con la frequenza armoniosa originaria 18. Nei lavori preparatori a tre, di per sé assai arricchenti per tutte noi, abbiamo individuato alcuni obiettivi, reputati insieme basilari da conseguire nel tempo dato per ogni laboratorio; per ogni obiettivo abbiamo poi definito gli strumenti che meglio permettessero di raggiungerlo. c1) La dimensione temporale Era nostro obiettivo che in quelle due ore ogni partecipante esperisse un tempo diverso, durante il quale non stava solo imparando/applicando l ennesima tecnica nuova: stava sperimentando un 18 Molti partecipanti, nei questionari finali, hanno segnalato, come vedremo, la positività dell esperienza fatta con le campane tibetane: uno solo (l unico, su 19, che, fra l altro, assegna al laboratorio un punteggio negativo) dichiara di aver trovato curioso l uso delle campane a scopo terapeutico (corsivo mio). Ma né in questo vademecum, né durante il laboratorio si è mai accennato al fatto che le campane fossero usate a scopo terapeutico. Dopo la visione dei questionari finali, Francesca Bisiani, da me interpellata sul punto, ha ribadito con motivazioni analoghe a quelle indicate da Marco Dalla Valle per il laboratorio di biblioterapia che un uso terapeutico delle campane tibetane non era e non è tra i suoi fini e che anzi ella ha ben chiaro che non debba esserlo. Le campane erano solo un supporto alla meditazione, per le ragioni spiegate crediamo senza possibilità di fraintendimento già nel vademecum. distacco dalla frettolosità quotidiana, di rientro autentico e profondo in sé e di rapporto con altri altrettanto aperto, intenso e vero. Un tempo che, sperimentato in quell occasione, potesse anche da sé ritrovare e rivivere, se una situazione di stress o d incertezza gliene avesse in seguito segnalato il bisogno. Per conseguire quest obiettivo strumento basilare erano appunto, le campane tibetane: ne sono state portate e deposte in terra, su una coperta e accanto ai partecipanti riuniti in cerchio, una ventina, di varie misure, ed esse sono state suonate in apertura e chiusura del laboratorio e nelle fasi della scrittura meditativa individuale. Strumenti secondari per quest obiettivo erano dei gesti simbolici: all inizio del laboratorio ogni partecipante è stato invitato dopo la presentazione delle conduttrici a prendere, da un cesto deposto al centro, un piccolo sacchetto trasparente, contenente dei sassolini e chiuso da un nastrino colorato. Ognuno è stato invitato a scegliere quello che più gli piacesse e a tenerlo un po fra le mani, mentre Francesca si muoveva attorno, suonando una campana e invitando i partecipanti a chiudere gli occhi e a respirare profondamente (gesti compiuti anche dalle conduttrici Linda e Anna). È stato precisato che quel sacchetto simboleggiava la vita di ogni partecipante, con le sue inevitabili pesantezze e asperità (i sassolini), ma anche coi suoi tratti positivi e amabili (i colori del nastro). Ognuno, dopo aver tenuto il sacchetto fra le mani per prendere coscienza della propria vita, quando se la fosse sentita lo avrebbe deposto a terra accanto a sé: a segnalare che i problemi esistenziali erano in quel tempo non negati o fuggiti, ma messi da parte, scaricati, proprio per consentire, distaccandosene, di meditarci su. Alla fine del laboratorio ognuno è stato invitato a riprender su e a portarsi via il suo sacchettino esistenziale: la vita di sempre aspettava ognuno di noi fuori di lì e l auspicio era che l averne, per un po, scaricato il peso la rendesse più vivibile. L eccezionalità del tempo del laboratorio stava quindi fra un apertura e una chiusura siglate da gesti simbolici. La chiusura è stata ulteriormente ribadita dalla consegna finale, a ogni partecipante, di un cordoncino dorato, con cui legare, arrotolandoli, i fogli su cui aveva scritto le proprie meditazioni durante

59 il laboratorio: una sorta di mini-diploma delle riflessioni di cui, in quel tempo speciale, era stato lui stesso capace. Un tempo, quindi, e una capacità che, se l avesse voluto, avrebbe potuto ritrovare anche in seguito. MATERIALI E SUPPORTI FORNITI (4): - sacchettino esistenziale ; - cordoncino dorato per chiudere il foglio delle proprie riflessioni. c2) L oggetto narrativo Nei laboratori allestiti al CRO son stati usati vari oggetti narrativi: racconti, poesie, film, immagini. Anche noi abbiamo scelto un oggetto narrativo costituito da un immagine: dopo la presentazione reciproca dei partecipanti, ognuno, aprendo la cartellina consegnatagli, ha infatti trovato una riproduzione a colori, in A4, de Il compianto sul Cristo morto di Sandro Botticelli 19. Ognuno è stato invitato a osservare l immagine e a rispondere, per iscritto, a delle domande, compito per cui sarebbe stato dato un certo tempo, durante il quale Francesca avrebbe accompagnato la meditazione individuale col suono delle campane; gli esiti di quanto scritto sarebbe poi stato messo in comune nella meditazione condivisa 20. Perché si è scelta fra vari oggetti narrativi un immagine? Per due ragioni: anzitutto, essendo per noi basilari, con la condivisione narrativa, altre fasi strutturali del laboratorio (meditazione individuale e meditazione condivisa) e poiché queste prendevano tempo, sulle due ore globali assegnateci ne avevamo in proporzione poco per iniziare condividendo un racconto o una poesia. L immagine, iconografica o filmica, è strumento narrativo il cui impatto, al fine di narrare una storia, è invece più diretto e immediato 21 : ognuno avrebbe 19 È una tempera su tavola (170 71), dipinta fra il 1495 e il 1500, inizialmente per una pala d altare di una chiesa fiorentina: il dipinto è esposto oggi al Museo Poldi Pezzoli di Milano. 20 Meditazione individuale e meditazione condivisa sono illustrate subito di seguito. 21 Interessanti, qui, le analoghe considerazioni di Daniele Bruzzone (per il laboratorio sulle immagini iconografiche) e di Lorenza Garrino (per quello sulle disease related movies). Qualcuno, nei questionari finali, ha dichiarato di sentire più adatto alle proprie corde uno strumento narrativo diverso dalla nostra immagine, forse, appunto, un oggetto letterario (cfr. sotto, Restituzioni). dunque, da solo, guardato la stessa immagine proposta agli altri e avrebbe poi riflettuto sulla storia che vedeva narrata in essa 22. Perché, poi, è stata scelta questa immagine? È stato subito chiarito che il focus non era sul carattere religioso del dipinto, cioè sul fatto che rappresenti la Passione di Gesù, e la formulazione delle domande rendeva altrettanto chiaro che non occorresse improvvisarsi critici d arte per ragionarvi sopra (anche se in merito c è stato poi, soprattutto nel Gruppo 1, un dibattito). Il compianto sul Cristo morto, opera della maturità di Botticelli, ha un elevata intensità espressiva, sia per i colori che impiega (su cui in effetti i partecipanti hanno ragionato), sia ancor di più per lo stretto intreccio che propone fra i corpi dei sette personaggi rappresentati. Essi sono letteralmente legati uno all altro, a costituire una sorta di piramide umana orientata verso l alto, e ognuno è in contatto fisico stretto con uno o più di quanti gli stanno attorno, a loro volta uniti ad altri 23. Ciascuno e tutti i personaggi, quindi, pur non guardandosi (molti hanno gli occhi chiusi o socchiusi), sono presentati come materialmente, carnalmente legati nella stessa sofferenza, centrata sul cadavere del Gesù, ciascuno e tutti sono accomunati nel dolore della sua perdita, in un contatto di gambe e mani che sorreggono e carezzano, detergono e stringono, di volti che si nascondono a piangere o si appoggiano uno all altro per sostenersi vicendevolmente. L immagine è stata scelta proprio perché narra con grande intensità la storia di una sofferenza (quella della fragilità umana e della morte) che chiama tutti, senza differenze, all appello e che dunque tocca tutti; ma che, insieme, coinvolge tutti nel rapporto stretto, fisico, carnale con l altro e nella possibilità, proprio perché nessuno può 22 Anche Anna De Odorico ha lavorato con le immagini nei focus group a suo tempo allestiti al CRO (e così Nicoletta Suter nel laboratorio di scrittura riflessiva): ma ne proponeva molte, diverse, invitando ciascun partecipante a scegliere quella che sentiva più rappresentativa di sé (cfr. il suo Elaborato finale, citato sopra). 23 Al centro, esanime, si trova Gesù, appena deposto dalla Croce, che è sorretto in grembo alla Madonna e circondato alle estremità dalle tre Marie (in basso a sinistra, la Maddalena si china sui piedi trafitti dai chiodi, ripetendo il gesto del primo incontro). La Madonna, a sua volta, reggendo il figlio morto, pare venir meno ed è sorretta da san Giovanni. In alto, a chiudere questa sorta di dolorante piramide umana, sviluppata in verticale verso l oscurità del sepolcro aperto in cima, sta Nicodemo, con in mano la corona di spine e i chiodi appena tolti dal corpo martoriato del defunto: il suo sguardo, rivolto al cielo, pare sottolineare l inaccettabile enormità di quanto appena accaduto

60 chiamarsi fuori dal dolore, di esser valido sollievo e supporto al dolore altrui. Fin dall inizio l immagine ci è parsa adatta a rappresentare il contesto spirituale profondo del lavoro di cura, nel suo male (il dolore che tocca a tutti) come nel suo bene (la cura stessa che, proprio perché il dolore non esclude nessuno, ognuno senta, moralmente ed empaticamente, di poter dare all altro sofferente). d) La meditazione individuale e condivisa Dunque, dopo i gesti simbolici iniziali, la presentazione sia delle conduttrici che dei partecipanti e la consegna e apertura delle cartelline, è stato assegnato un tempo preciso (15 minuti) perché ognuno riflettesse sull immagine propostagli e, supportato nella concentrazione dalle campane tibetane, mettesse per iscritto le proprie riflessioni. Queste miravano a rispondere, intanto, a due domande poste nel secondo foglio della cartellina; e cioè: che cosa vedi di negativo nell immagine propostati? e si lega questo negativo in qualche modo al tuo lavoro?. Per ogni domanda ognuno disponeva di cinque righe per stilare una risposta aperta. Alla fine dei 15 minuti, è stato interrotto il suono delle campane tibetane e i partecipanti sono stati invitati a condividere, uno per uno e in un dialogo di circa mezz ora, le riflessioni appena fatte individualmente: una delle conduttrici ha sintetizzato per iscritto sulla lavagna a fogli mobili quanto progressivamente emergeva da tale messa in comune delle riflessioni individuali (concetti e parole chiave). Durante questo giro, si è cercato anche, con ulteriori domande poste ogni volta, di chiarire e precisare il più possibile quanto ognuno veniva proponendo ( che cosa dici che è? ; che cosa chiami? ). Finito questo primo giro, è iniziato il secondo, dove alla meditazione individuale dei partecipanti sono state proposte, con le stesse modalità procedurali, spaziali e temporali, altre due domande: che cosa vedi di positivo nell immagine propostati? e si lega questo positivo in qualche modo al tuo lavoro? All indicazione iniziale che cosa vedi di negativo in quest immagine?, una partecipante al primo laboratorio ha subito chiesto che cosa dovesse fare rispetto al positivo che ella Per entrambi i giri si è precisato che non esistevano risposte giuste o sbagliate alle quattro domande poste: ognuno doveva rispondere ciò che, rispetto all immagine e alle domande stesse, il proprio vissuto gli suggeriva come importante. Possono emergere ora altri tratti importanti della strutturazione e conduzione del laboratorio, che doveva sì come evidenziato anche per altri laboratori essere flessibile tanto da accogliere le personalità specifiche di chi vi avrebbe partecipato, ma, nello stesso tempo, svolgersi secondo modalità e tappe precise: queste, se non prefiguravano i contenuti emersi, lasciati appunto tutti alla riflessione individuale e condivisa dei partecipanti, dovevano però soddisfare le modalità proprie del Dialogo Socratico; e cioè ognuno: andava aiutato a scavare nella propria storia di vita e professionale 25 ; doveva provare a rispondere a domande binarie (come precisato sopra), essendo indotto a riflettere dunque su tutte le opzioni possibili rispetto al problema posto 26 ; doveva poter mettere in comune e veder comprese e accolte le proprie riflessioni e risposte 27 ; poteva piuttosto trovarvi e le è stato risposto che avesse pazienza, poiché era previsto un successivo spazio preciso anche per questo. Non nego che la successione delle domande opposte, prima richiesta del negativo, poi richiesta del positivo, sia stata pensata sia perché la forte espressività dolorosa dell immagine proposta non prendesse tutto il campo, sia perché l eventuale guadagno del positivo fosse ciò che da una singola e così breve esperienza laboratoriale i partecipanti si portassero a casa. In un ciclo laboratoriale la successione delle domande opposte positivo-negativo dovrebbe essere certamente più articolata e flessibile. 25 Vedi, all inizio del paragrafo b, il brano platonico del Lachete: rendere ragione della propria vita. 26 Si vedano sopra, alla nota 11, i riferimenti al brano aristotelico della Metafisica e a quello platonico del Parmenide. 27 Socrate, nell Apologia (29d-30b), afferma di interrogare e ascoltare chiunque incontri, vecchio o giovane, cittadino e straniero. Ovviamente, se qualcuno avesse preferito non condividere le proprie riflessioni, sarebbe stato rispettato: nondimeno, poiché le modalità di svolgimento del Dialogo Socratico erano state preliminarmente spiegate nel vademecum, c è da chiedersi perché ci si dovrebbe liberamente iscrivere a un evento al quale non s intende partecipare. Comunque se poi, nel corso del laboratorio, fossero emerse emozioni troppo forti da condividere, o da condividere in quel momento, la persona sarebbe stata rispettata nel suo desiderio di restare in silenzio

61 doveva sentirsi compartecipe dell elaborazione di eventuali contenuti condivisi raggiunti tramite il lavoro fatto insieme 28. Si chiarisce qui, e rispetto alla precisa scansione temporale delle varie fasi del laboratorio (due ore sono state comunque brevissime), la ragione per cui si è dovuto chiedere agli organizzatori di prevedere per questo laboratorio il numero chiuso, cioè un tetto di 10 partecipanti per ognuna delle due sessioni (mattutina e pomeridiana) di svolgimento. Come già precisato dai teorici e praticanti del Dialogo Socratico, un numero minore di partecipanti darebbe infatti luogo a poche risposte da condividere, un numero maggiore non consentirebbe a tutti i presenti di proporre e mettere in comune la propria riflessione 29. Data tale richiesta preliminare del numero chiuso, abbiamo ora un campione molto piccolo di questionari finali (19) e non possiamo, come altri, riferirci al numero degli iscritti come dato su cui tarare il gradimento del laboratorio: nondimeno, per piccolo che sia, credo il campione sufficiente per una prima idea dell efficacia della formula laboratoriale proposta. Va precisato infine che questa, nella versione appena ricostruita, è stata proposta al CRO per la prima volta: personalmente, oltre a tentar di utilizzare sempre, alla fine di una lezione frontale, il Dialogo Socratico coi miei studenti, soprattutto magistrali, e oltre ad averlo usato entro il Master veronese Consulenza filosofica come via di trasformazione, avevo già sperimentato, in altre strutture sanitarie, almeno parte delle pratiche qui messe insieme. Avevo utilizzato, con destinatari, come quelli del CRO, non preparati in campo filosofico, sia la formula della lettura di un brano, di un aforisma o di una poesia e della successiva discussione comune, sia quella della narrazione condivisa e successiva discussione dei vissuti dei partecipanti. Erano invece nuove sia la modalità delle domande opposte (interrogazione dell alternativa), sia quella della riflessione individuale per iscritto e della succes- 28 La responsabilità condivisa, ma soprattutto di chi risponde, per le conclusioni raggiunte nel Dialogo Socratico, è punto importante che cerco di evidenziare nel lavoro in uscita su questo tema (cfr. sopra, nota 10). 29 Cfr. Dordoni, Il dialogo socratico, cit., p. 175, per Eckmann (il massimo dei partecipanti è 12, ma Eckmann dichiara, ivi, nota 15, di trovare preferibile un gruppo da 7 a 9); Marinoff, Platone è meglio del Prozac, cit., pp siva messa in comune dialogica, sia quella dell uso in gruppo delle campane tibetane (avevo provato personalmente, e con esiti pienamente positivi, il massaggio vibrazionale sonoro). Soprattutto era nuova l ibridazione, in un unica formula laboratoriale, di queste pratiche: su questo punto mi sento però d insistere 30. Le pratiche filosofiche non sono, come già detto, riducibili a pure tecniche, da applicare in modo automatico e fisso: esse, già nell uso fattone nell antichità sono, invece, molte e diverse 31. Dovendo poi tradurre in un applicazione concreta, di volta in volta e rispetto agli interlocutori e alla singola occasione, un unica postura interiore di fondo, nulla vieta appunto una loro ibridazione, cioè l uso, di caso in caso, solo di una delle pratiche, solo di alcune, oppure di tutte. Gli operatori dell hospice di Latisana, anni fa, non erano certo preparati a letture filosofiche: per cui, dovendoli introdurre a una meditazione condivisa, ho preferito usare lo strumento dei bellissimi Canti di Rabindranath Tagore 32. I miei studenti magistrali di Scienze Filosofiche sono, invece, allenati al ragionamento individuale, ma molto meno a metterlo per iscritto (come dimostrano ahimé i loro elaborati scritti per la tesi): dunque con loro preferisco usare il Dialogo Socratico classico, ch essi conoscono del resto anche teoricamente, cioè la meditazione condivisa orale. Gli iscritti al Circolo lettori di Verona sono abituati alla lettura di fiction e dunque con loro posso, per introdurli alla Medicina Narrativa, aumentare l uso di documentazioni narrative (citazioni letterarie). Con gli operatori sanitari intervenuti al convegno del CRO, data l unicità dell occasione e la ristrettezza del tempo concessoci, abbiamo preferito usare in contemporanea più pratiche e più mezzi, nella speranza che in qualcuno o in tutti persone così diverse, e di cui preliminarmente non sapevamo nulla, si sarebbero ritrovate e avrebbero compreso che cosa, in quelle due ore, stavamo tentando di fare insieme con loro Lo faccio anche nell Introduzione a questo testo da me curato. 31 Cfr. il riferimento in merito fatto sopra, alla nota Cfr. R. Tagore, Gitanjali (= Offerta di canti), Zelig, Verona Come già precisato, la strutturazione, con operatori sanitari, non di un solo laboratorio, ma di veri e propri cicli laboratoriali di pratiche filosofiche non solo sarebbe formativamente molto più efficace, ma potrebbe prevedere l articolazione di moduli organizzati, di volta in volta, diversamente, sia fra loro, sia dal laboratorio appena descritto

62 Il campione dei questionari finali è piccolo sì: ma questo lavoro preparatorio, di strutturazione accurata del laboratorio e di ibridazione delle pratiche utilizzatevi, non pare sia stato inutile, perché le restituzioni superano del tutto, in positività, le nostre attese. MATERIALI E SUPPORTI FORNITI (5): - cartellina personalizzata, con l immagine scelta in A4; fogli con le domande già predisposte; - lavagna a fogli mobili su cui sintetizzare i punti salienti emersi dalla meditazione condivisa. e) Restituzioni Il questionario finale somministrato dagli organizzatori prevedeva, come ricorda nel suo contributo Nicoletta Suter, quattro domande: Il laboratorio ha risposto alle sue aspettative? Le chiediamo di motivare sia il sì che il no ; L attività laboratoriale è stata uno stimolo per apprendere o per scoprire qualcosa di nuovo o per vedere con altri occhi qualcosa di conosciuto? ; Se 0 corrisponde a nessuna utilità e 10 a utilissimo, quanto è stato utile sperimentare questa pratica narrativa? ; Pensa che ci sia qualcosa di applicabile al suo quotidiano (lavorativo, relazionale, personale) di quanto appreso e sperimentato nel laboratorio?. Parto dalla terza domanda, quella sul grado di utilità, che, prevedendo una risposta numerica (da 0 a 10), segnala esiti più oggettivi delle altre. Il laboratorio di pratiche filosofiche ha ricevuto, quanto alla sua utilità, i seguenti risultati in ordine decrescente: otto 10, tre 9, cinque 8, due 7 e un 2 (= 19; media: 8, 58). Come filosofa non posso non ritenermi soddisfatta di una simile media e proprio perché riferita all utilità : Aristotele sosteneva in effetti che tutte le altre discipline sono più utili della filosofia, ma nessuna più necessaria. Mi pare però doveroso riflettere in forma del tutto anonima sull ultimo risultato, sia perché è l unico negativo, sia perché lo è in modo flagrante (è addirittura un 2). All ultima domanda questo partecipante risponde ovviamente con un secco no (cioè che non vi sia, nel Laboratorio, nulla di applicabile al suo quotidiano). Rispondendo alla prima domanda (cioè se il laboratorio abbia risposto alle sue aspettative), dichiara: Conoscevo già le pratiche filosofiche e trovo che, per formazione professionale, non sono affini al mio modo di pensare e operare. Comunque, è stata un esperienza interessante perché mi ha permesso di conoscere un po di più questo approccio. Alla seconda domanda (cioè se l attività laboratoriale sia stata uno stimolo per acquisire qualcosa di nuovo), risponde: No, i temi trattati, anche se da un punto di vista diverso, mi sono da tempo noti. E aggiunge, come già accennato: Curioso è stato l inserimento delle campane tibetane a scopo terapeutico 34. Dunque, in due risposte su quattro, l interessato ripete di conoscere già da tempo sia le pratiche filosofiche, sia i temi in esse trattati; tale ribadita conoscenza non gli impedisce però d intendere come terapeutico l uso di uno strumento (nello specifico le campane tibetane) che nessuna pratica filosofica si sognerebbe mai di fare: di questo mezzo come di alcun altro, proprio perché come ricordato sopra le pratiche filosofiche non hanno, né vogliono avere uno scopo terapeutico. Perciò, non ci si può non chiedere quanto effettiva sia questa dichiarata conoscenza delle pratiche filosofiche, quanto fondato il giudizio negativo espresso e se esso non sia piuttosto dettato da quella scarsa affinità col modo di operare e pensare che questo stesso partecipante attribuisce alla sua diversa formazione professionale. È ben difficile che scopra qualcosa di nuovo chi parte già aspettandosi di non scoprire nulla. Un altra critica viene mossa da due partecipanti quanto a una carenza nella sintesi finale delle riflessioni, che entrambi attribuiscono però al poco tempo disponibile: credo che questa critica vada senz altro accettata, come anche la ragione addotta per la carenza rilevata. Sapevamo fin dall inizio che due ore con 10 partecipanti sarebbero state poche: inoltre, era per noi prioritario porsi domande che facessero esperire sia la temporalità particolare sia la postura 34 Cfr. quanto già rilevato sopra, alla nota

63 interiore propria del Dialogo Socratico. Ci pareva molto che i partecipanti imparassero a interrogarsi in questo modo e a vivere questo particolare tipo di tempo, forse anche più di specifiche risposte di sintesi delle riflessioni fatte. Significativo mi pare perciò che un partecipante dichiari: ho ricevuto spunti di riflessione che voglio approfondire in autonomia. Un altro partecipante dice di trovare stimolante il confronto e l ascolto di altre persone anche se spesso il concetto di narrazione si discosta in maniera sostanziale dal mio : anche in questo caso credo interessante che egli dichiari di aver scoperto modi della narrazione diversi dal suo. Un altro, pur attribuendo un 10 di utilità, precisa giustamente che la modalità riflessiva è certamente il modo più utile per far sì che l uomo evolva [ ] in ambito lavorativo, relazionale, professionale una via da percorrere sine saccenza e velleità di usare soltanto questa modalità. Ho già parlato io stessa dell utilità di usare pratiche diverse e non certo solo questa. Ora i giudizi positivi: in tre casi si precisa che il laboratorio sia stato di più di quanto atteso, in uno che abbia risposto molto alle aspettative. Esso è definito: molto interessante, potente, interessante e stimolante, eccellente, entusiasmante. Uno sottolinea la potenza, la profondità, l intensità dell esperienza. Unica. Totalizzante. Molti segnalano: l importanza della condivisione di punti di vista ed emozioni diverse, come mezzo per aumentare la forza interiore (in un caso si parla di un momento di intimità emozionale ); la possibilità di fare chiarezza sui propri vissuti; la possibilità di riconoscere altre VERITÀ oltre le proprie verità ; la validità di una pratica riflessiva e filosofica per guardare, conoscere, comprendere la realtà. Sulle campane tibetane: molti hanno segnalato il fatto di non averle sperimentate mai prima, la loro utilità a far sentire rilassati e a ricevere i pensieri degli altri partecipanti, a favorire l autoriflessione e l apprezzabilità della sollecitazione fisico-emotiva da esse indotta. Alcuni hanno rilevato anche l interrogazione dell alternativa: descrivere le sensazioni positive e negative percepite e condividere con gli altri del gruppo è stato un esercizio dell arte maieutica ; anche la ricerca degli aspetti negativi e positivi della stessa immagine mi ha stimolato a cercare dentro e fuori me stessa ; interessante l uso dell immagine per evocare emozioni e condivisione in gruppo (esplicitare il positivo e negativo). Una partecipante dichiara: Sono certa che applicherò sia nel lavoro in ospedale con colleghi e pazienti quanto appreso, sia in famiglia e nelle relazioni personali. Credo che in tutti gli aspetti della mia vita ne farò tesoro. Grazie. E un altro riassume in modo sinteticamente perfetto anche il focus filosofico alla base del laboratorio: mi ha fatto capire che noi siamo impotenti verso gli eventi della vita, ma che amare noi stessi e gli altri può fare la differenza. Be, quarantuno anni di riflessione e pratica filosofica non mi permettono di dire né di più, né di meglio. Bibliografia G. Achenbach, La consulenza filosofica. La filosofia come opportunità di vita, tr. it., Feltrinelli, Milano 2009 (or. 1987). E. Borgna, Parlarsi. La comunicazione perduta, Einaudi, Torino M. Buber, Il Dialogo. Parole che attraversano, ed. it. ebook 2013 (or. 1984). Id., Il principio dialogico e altri saggi, tr. it., San Paolo, Milano B. Casper, Il pensiero dialogico. Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner e Martin Buber, tr. it., Morcelliana, Brescia 2008 (or. 1967). G. Del Vecchio, L. Vettore, Dottori domani. Storie, dialoghi e riflessioni per una nuova educazione alle cure, Delfino, Milano A. De Odorico, Prendersi cura di chi cura, Elaborato finale per Master di II livello Consulenza filosofica come via di trasformazione, Università di Verona, Dipartimento di Scienze Umane, Biennio P. Dordoni, Il dialogo socratico. Una sfida per il pluralismo sostenibile, con scritti di L. Nelson, G. Heckmann e M. Specht, Apogeo, Milano M. Foucault, L ermeneutica del soggetto. Corso al Collège de France , tr. it., Feltrinelli, Milano 2003 (or. 2001). G. Giacometti (a c. di), Sofia e psiche. Consulenza filosofica e psicoterapie a confronto, Liguori, Napoli

64 P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, tr. it., Einaudi, Torino 2005 (or. 2002). L. Marinoff, Platone è meglio del Prozac, tr. it., Pickwick, Casale Monferrato 2001 (or. 2000). M. Montanari, Hadot e Foucault nello specchio dei Greci. La filosofia antica come esercizio di trasformazione, Mimesis, Milano-Udine L.M. Napolitano Valditara, Il sé, l altro, l intero. Rileggendo i Dialoghi di Platone, Mimesis, Milano-Udine Ead., Cura, eros, felicità. In margine all antropologia di Platone, Thaumàzein. Rivista di filosofia online, 1 (2013), pp Ead., Amante di sapienza per la vita intera. PLATONE, Simposio. 203 d 7, in L. Cardullo, D. Iozzia (a c. di), Bellezza e virtù. Studi in onore di Maria Barbanti, Bonanno, Acireale-Roma 2014, pp Ead., Leggiamoci con cura. Scrittura e narrazione di sé in medicina, Atti del convegno IV, Aviano 13 novembre 2014, a c. di L.M. Napolitano Valditara, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano 2016, pp Ead., Il dialogo socratico. Fra tradizione storica e pratica filosofica per la cura di sé (in stampa) G. Nardone, A. Salvini, Il dialogo strategico. Comunicare persuadendo: tecniche evolute per il cambiamento, Ponte alle Grazie, Milano ed. ebook R. Tagore, Gitanjali (= Offerta di canti), Zelig, Verona M. Trevi, Dialogo sull arte del dialogo, Feltrinelli, Milano III.7 Dai banchi dell università al CRO Anna De Odorico Ancora adesso, nelle terre di Carewall, tutti raccontano quel viaggio. Ognuno a modo suo. Tutti senza averlo mai visto. Ma non importa. Non smetteranno mai di raccontarlo. Perché nessuno possa dimenticare di quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi. E qualcuno un padre, un amore, qualcuno capace di prenderci per mano e di trovare quel fiume immaginarlo, inventarlo e sulla sua corrente posarci, con la leggerezza di una sola parola, addio. Questo, davvero, sarebbe meraviglioso. Sarebbe dolce, la vita, qualunque vita. E le cose non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima sfiorarle e poi toccarle e solo alla fine farsi toccare. Farsi ferire, anche. Morirne. Non importa. Ma tutto sarebbe, finalmente, umano. Basterebbe la fantasia di qualcuno un padre, un amore, qualcuno. Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare. Strada clemente, e bella. Una strada di qui al mare. Alessandro Baricco, Oceano mare Linda M. Napolitano Valditara Professore Ordinario di Storia della filosofia antica, Università degli Studi di Verona, studiosa di Medicina Narrativa a) Dai banchi dell università al CRO Sono passati diversi anni da quando decisi di iscrivermi al Corso di studi in Filosofia presso l Università di Udine. Allora non avevo ben chiaro quali fossero i motivi che mi spingevano a quella decisione: ma poi, più frequentavo le lezioni, più riuscivo a intravvedere una sorta di utilità nelle parole che studiavo e piano piano ho cominciato a sentire che la filosofia circondava la mia vita e che quanto imparavo sui banchi universitari, apparentemente astratto e lontano, sapeva invece guidarmi nelle decisioni di ogni giorno e aiutarmi nei momenti di difficoltà. Una vocina interiore continuava a ribadire che la filosofia non è solo una serie di parole astruse e astratte scritte su vecchi libri: capire quale sia il potere di quelle parole è stato per me un vero e proprio viaggio

65 Dopo la laurea magistrale in Scienze Filosofiche, mi sono iscritta al Master veronese Consulenza filosofica come via di trasformazione, nella convinzione rafforzata che la filosofia avesse un valore enorme e potesse essere utile in molti contesti, diversi dai banchi della scuola superiore e dell università. Per completare il Master ho avuto la possibilità (ma devo dire l onore) di svolgere un breve tirocinio presso il CRO di Aviano. Il progetto che ho proposto, Prendersi cura di chi cura, prevedeva diversi incontri con due focus group; purtroppo poi, a causa dei tempi stretti e di alcune difficoltà organizzative, sono riuscita a svolgere solo la prima parte del progetto. Nonostante ciò, queste poche ore di lavoro condiviso sono state ricchissime, non solo dal punto di vista della mia ricerca, ma soprattutto dal punto di vista umano. Sono stata poi invitata al convegno sulla Medicina Narrativa tenutosi al CRO nel 2016, come figura di supporto per la conduzione dei laboratori di pratiche filosofiche guidati da Linda M. Napolitano Valditara, mia relatrice durante la laurea magistrale e il Master. Nonostante i due progetti siano diversi tra di loro, è possibile ritrovare diversi aspetti comuni, su cui vale forse la pena fare una riflessione, soprattutto per evidenziare le particolarità e potenzialità di una cura filosoficamente orientata (non terapeutica). b) Prendersi cura di chi cura Il progetto Prendersi cura di chi cura, che ho elaborato come tirocinio per il Master, era nato dalla convinzione che le pratiche filosofiche possano essere d aiuto anche ai curanti: prendersi cura di sé (care) è, infatti, una pratica imprescindibile per potersi prendere cura degli altri (cure). Con questo progetto ho voluto rendere onore per usare le parole della fondatrice della Medicina Narrativa, Rita Charon a tutti i soggetti, professionisti e volontari, che in un modo o nell altro sostengono i malati e le loro famiglie di fronte alla realtà del cancro 1. 1 R. Charon, Narrative Medicine: honoring the Stories of Illness, Oxford University Press, New York La Charon si riferisce qui alle storie dei pazienti, che vanno appunto onorate cioè prese in considerazione, dai curanti: ma anche questi ultimi e tutti i caregiver hanno a loro volta storie a cui rendere pari onore perché sono altrettanto utili. Poiché li si considera dei tecnici, raramente ci si interroga sul modo in cui i curanti vivano il loro lavoro e su come questo influisca sulle loro esistenze; questo aspetto, anzi, viene troppo spesso dimenticato, tralasciato o dato per scontato, come questione vivibile e risolvibile individualmente. Ci si dimentica di quanto sia importante, come vero e proprio strumento professionale, la cura di sé e lo star bene con se stessi e con il proprio lavoro (care) per poter offrire all altro le cure e le attenzioni migliori (cure). La filosofia può dunque offrirsi come strumento di indagine e riflessione per poter pensare e trasformare le pratiche di cura, a partire, appunto, dalla cura di sé: prendersi cura di sé ha significato, all interno del contesto del CRO, partire dal proprio vissuto e dalle proprie esperienze e capire che cosa possa aiutare a migliorare il rapporto con il proprio lavoro, con i pazienti, con i colleghi, attraverso la ridefinizione del senso stesso della cura e del proprio lavoro. Si tratta certamente di un percorso lungo, che richiederebbe diversi momenti e luoghi di incontro e riflessione, scambi di opinioni e momenti di solitudine per far decantare quanto smosso dall emergere di idee nuove e sentimenti spesso celati. La prima tappa di questo percorso è esplorare, conoscere e prendere coscienza del contesto in cui ci si trova e in cui si vuole andare a operare. Come detto prima, il tempo a mia disposizione era davvero poco e ho quindi cercato il modo migliore per portare a termine almeno questa prima parte del progetto, imprescindibile per poter eventualmente continuare un percorso filosofico di cura più articolato e complesso. Ho deciso di concentrarmi su poche ma fondamentali domande: chi siete? qual è il vostro lavoro? quali sono gli aspetti postivi e negativi del vostro lavoro? qual è il vostro rapporto con la filosofia? c) Coinvolgimento di soggetti diversi Con il progetto Prendersi cura di chi cura ho voluto dunque rivolgermi a tutte le figure che entrano in contatto con i pazienti nelle diverse fasi della cura. Nella complessa e articolata organizzazione del CRO di Aviano, non sono solo medici e infermieri a entrare in relazione con i malati e le loro famiglie, ma anche gli psicologi, gli addetti al call center

66 e alla biblioteca, i tecnici di laboratorio, le lettrici e gli insegnanti volontari. Tutte queste figure ricoprono un ruolo preciso nel percorso di guarigione e sono egualmente importanti: tutti entrano in contatto con le storie e il dolore dei curati e ne vengono a propria volta attraversati. Nei singoli reparti di ogni struttura sanitaria esistono già alcuni gruppi di lavoro in cui regolarmente vengono discussi i singoli casi da un punto di vista medico; in questi momenti di incontro, però, il vissuto del personale non è preso in considerazione: è difficile, perciò, confessare al proprio collega o al proprio superiore quelle che s immagina siano percepite come debolezze e cadute di professionalità, soprattutto nei momenti di attrito o conflitto. Anche per questo motivo ho trovato utile costituire dei gruppi di lavoro composti da figure eterogenee, professionalmente diversificate e provenienti da reparti diversi. Già in questo possiamo intravvedere un primo aspetto in comune con i laboratori di pratiche filosofiche condotti dalla Napolitano: i suoi due gruppi, infatti, erano composti anch essi da figure professionali diverse, provenienti da ambienti e luoghi di lavoro diversi. Credo anzi crediamo che parlare e aprirsi di fronte a persone poco o per nulla conosciute possa agevolare lo scambio di opinioni e renda più semplice la narrazione di sé e della propria esperienza. Nonostante la provenienza da reparti e ruoli professionali differenti, molte problematiche sono infatti comuni e questo riconoscimento permette ai partecipanti di far cadere quel velo di vergogna che spesso cela sofferenze e debolezze e mette a tacere eventuali richieste di aiuto. d) L utilizzo delle immagini come oggetto narrativo L immagine rappresenta oggi un canale privilegiato della comunicazione; viviamo costantemente immersi in stimoli visivi, siamo bombardati da immagini che per lo più agiscono su di noi in un modo anche rilevante, ma del quale non siamo consapevoli. Utilizzando le immagini impariamo, ci informiamo sulle ultime notizie (un tempo si leggeva il giornale, oggi si guarda il telegiornale), utilizziamo social network (che basano il loro funzionamento proprio sullo scambio di foto), siamo circondati dalla pubblicità, comunichiamo azioni ed emozioni utilizzando emoticon sui nostri smartphone. In questo panorama, l utilizzo dell immagine rappresenta da un lato un aiuto, dall altro una sfida. Cerco di spiegarmi meglio. Poiché i momenti dedicati dai curanti a se stessi sono molto pochi se non nulli, prendere parola e aprirsi di fronte ad altre persone resta comunque non facile. Nel progetto Prendersi cura di chi cura ho utilizzato l immagine come mezzo per agevolare lo scambio e rendere l ambiente più familiare. Ai partecipanti al focus group ho proposto delle fotografie e dei disegni a tema vario (case, alberi, frutta, semi, animali, fotografati o disegnati ecc.), volutamente prive di collegamenti diretti con la medicina, la malattia o il dolore, per permetterne l utilizzo più aperto possibile. I partecipanti hanno scelto una o due immagini attraverso le quali si chiedeva loro di presentare se stessi e il proprio lavoro. Spesso i partecipanti hanno scelto l immagine senza avere chiaro il motivo della propria scelta: ma, nel momento in cui poi è stato chiesto loro di parlare di sé a partire appunto dall immagine preferita, si sono aperte suggestioni e collegamenti impensati, che hanno portato alla luce le motivazioni della scelta. L utilizzo delle immagini mi ha permesso dunque di ottenere un gran numero di informazioni, molte più di quelle che avrei ottenuto limitandomi a chiedere: chi sei? che lavoro fai? Sono emersi infatti sentimenti, vissuti, esperienze, valori del tutto inaspettati, che per la maggior parte del tempo vengono tenuti celati agli occhi dell altro, quando non ai propri stessi occhi. Il lavoro condotto a partire dalle immagini obbliga a una interrogazione e a una riflessione approfondita, che portano a loro volta a uno spostamento di prospettiva, convergendo su una domanda centrale apparentemente banale: chi sei? Interrogarsi sul sé, scegliere quale parte di se stessi mostrare all altro, trovare le parole più adatte per illustrarla, ascoltare a propria volta attentamente le parole dell altro: tutte queste pratiche, seppur apparentemente molto semplici, difficilmente vengono esercitate al di fuori di questi spazi. Anche il laboratorio di pratiche filosofiche guidato dalla Napolitano è ruotato attorno a una immagine e, come già anticipato da lei stessa, in quel caso la scelta pure diversa dalla mia poiché proponeva un immagine intensamente dolorosa non è stata casuale

67 L immagine, quale che sia e quali che siano le sollecitazioni che è chiamata a veicolare, è un oggetto narrativo immediato, in grado di suscitare, mediante forme e colori, suggestioni del tutto inaspettate, indipendentemente dal soggetto rappresentato. Ma allora perché usare le immagini può essere, come ho detto poco fa, anche un rischio e una sfida? Proprio perché, immersi come siamo in un mondo fatto di immagini, in modo inconscio siamo portati ad affidare un significato già stabilito a tutto ciò che vediamo: ogni rappresentazione, ogni foto, ogni disegno sono già carichi e densi di senso, tutto è già decifrato. Di fronte a Il compianto sul Cristo morto di Botticelli non è stato semplice dimenticarne subito l aspetto religioso già codificato e conosciuto. Il rischio è quindi quello di non riuscire a scindere la propria intima visione dal preconcetto e di non riuscire a staccare l immagine dal contesto in cui è nata o è collocata. Nella quotidianità non è richiesto e non si sente il bisogno di compiere una vera riflessione di fronte a ciò che vediamo: non siamo più abituati a pensare quando siamo posti di fronte a una immagine e, proprio perché essa è già codificata, non siamo abituati a interrogarci sulle sensazioni e sulle emozioni che suscita in noi; siamo quasi anestetizzati. Ecco qui, dunque, la sfida: farsi colpire da un immagine, farsi toccare, farsi prendere e, di conseguenza, poterla usare come mezzo utile per la riflessione e la successiva trasformazione e cura di sé. e) La messa in parola Un primo fondamentale momento per la cura di sé è il mettere in parola la propria esperienza. È questa la pratica filosofica che ho principalmente usato nella conduzione dei focus group. Trovare degli spazi in cui poter enunciare e condividere il proprio sentire è utile innanzitutto per poter prendere coscienza del sé. Come ho già ricordato, spesso, di fronte all imperativo di prestazione, non si ammettono i propri sentimenti, percepiti come segno di debolezza 2. L immaginario collettivo vuole infatti curanti infallibili, impenetrabili, in grado di gestire (o addirittura eliminare) le proprie emozioni; ma gli esseri umani sono fatti anche di sentimenti e metterli a tacere vuol dire 2 Cfr. Byung-Chul Han, La società della stanchezza, tr. it., nottetempo, Roma negarsi in quanto persone. Bisogna quindi riabilitare le emozioni degli operatori e i primi a doversi autorizzare a farlo sono i curanti stessi. Bisogna fare i conti con le proprie emozioni 3. La cura di sé ha inizio con l ascolto di sé e delle proprie emozioni alla luce delle esperienze. La pratica della nominazione consiste nel parlare dei propri vissuti esperienziali, nel dare un nome ai propri sentimenti e nel condividerli con altre persone. Dare un nome al proprio sentire, grazie alla potenza simbolica del linguaggio, rende reale la realtà: una volta pronunciata la parola, questa si mostra, diventa dato tangibile, si apre. L emozione prende forma, diventa reale e così si allarga, la si può ascoltare e guardare senza farsene travolgere 4. La pratica della nominazione, se condivisa, può già produrre un importante spostamento : ascoltare la parola dell altro e sentirla risuonare e vibrare con la propria mostra come i vissuti siano spesso simili e in questo modo il senso di solitudine e isolamento si attenua. Ascoltare le parole altrui può aiutare a riconoscere i propri sentimenti e a far luce su ciò che prima veniva celato perfino a se stessi e che non ci si autorizzava neppure a provare. Mettere in parola è, allora, un momento imprescindibile per poter iniziare una riflessione condivisa, in quanto permette di creare un linguaggio comune, da poter utilizzare durante altri laboratori esperienziali di gruppo e sul lavoro. Nominare, infatti, fa fare dei tagli, crea delle aperture che consentono di vedere cosa c è al di là dei muri che ci confinano. La pratica filosofica della nominazione e quella del Dialogo Socratico sono strettamente legate e anzi dipendenti l una dall altra, come dimostrato dal laboratorio condotto dalla Napolitano: il Dialogo Socratico, partendo da domande poste ai partecipanti, chiama infatti anch esso alla narrazione di sé e delle proprie esperienze e narrare significa a sua volta oggettivare, mostrare e quindi mettere in parola, dare nome. La pratica della nominazione può essere rafforzata dalla scrittura; a differenza della sola riflessione verbale, avvenuta durante i focus group 3 Cfr. L.M. Napolitano Valditara, Narrazione ed empatia nelle relazioni di cura, in Leggiamoci con cura. Scrittura e narrazione di sé in medicina, Atti del convegno II, Aviano 12 ottobre 2012, a c. di L.M. Napolitano Valditara, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano 2012, pp A.M. Piussi, Appunti dalle lezioni presso il Master in Consulenza filosofica come via di trasformazione, Università degli Studi di Verona, Verona

68 da me condotti, la scrittura, richiesta invece nei laboratori di pratiche filosofiche, porta con sé l ulteriore vantaggio di poter leggere e quindi vedere ciò che viene scritto. Il pensiero accompagnato dall atto pratico della scrittura viene quindi rinforzato dal dato visivo: se lo vedo messo nero su bianco, ciò che scrivo diventa reale e si pone davanti a me, tanto da poterlo analizzare. La scrittura di sé porta a uno svuotamento che, se viene poi condiviso, può riempire l anima di qualcosa di nuovo concretamente utilizzabile. La professionalizzazione e la specializzazione portano con sé una perdita di senso della parole usate: la nominazione, la scrittura e la lettura condivisa possono colmare questa perdita. f) La riflessione bidirezionale Ultimo punto di contatto tra i focus group da me rivolti al personale del CRO e i laboratori di pratiche filosofiche che ho contribuito ad allestire, con Napolitano e Bisiani, è l interrogazione e l invito alla riflessione tanto sul positivo quanto sul negativo legato alla propria professione e alla propria esperienza. Le domande che io ho a suo tempo posto nei focus group (che cosa c è di positivo e di negativo nel tuo lavoro?) e le domande a cui la Napolitano invitava i partecipanti ai laboratori a rispondere, prima per iscritto e poi verbalmente nel gruppo, essendo bidirezionali aprivano a 360 gradi la riflessione, invitando a guardare alla propria esperienza tanto per gli aspetti positivi quanto per quelli negativi. Questa, che potremmo chiamare allora riflessione bidirezionale, è tipica, come mostra la Napolitano, della cura filosofica ed è efficace a valere un doppio distacco da sentimenti ed emozioni negati, afflittivi e troppo intensi: questi non solo vengono oggettivati tramite la nominazione e la messa in parola, ma sono per dir così ricalibrati attraverso un nuovo sguardo non più esclusivamente negativo rivolto alle esperienze fatte. Forse non è breve la strada percorsa dall università a queste esperienze di cura filosofica: e sono testimone del fatto, che curando gli altri, ci si cura anche in prima persona; sempre che lo si faccia filosoficamente. Bibliografia G.B. Achenbach, La consulenza filosofica. La filosofia come opportunità di vita, tr. it., Feltrinelli, Milano G. Bert, Medicina Narrativa: storie e parole nella relazione di cura, Il pensiero scientifico, Roma Byung-Chul Han, La società della stanchezza, tr. it., nottetempo, Roma F. Bottaccioli, Filosofia per la medicina, medicina per la filosofia. Cina e Grecia a confronto, Tecniche nuove, Milano A. Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione, Feltrinelli, Milano Diotima, La sapienza di partire da sé, Liguori, Napoli K. Jaspers, Il medico nell età della tecnica, tr. it., Cortina, Milano L.M. Napolitano Valditara, Narrazione ed empatia nelle relazioni di cura, in Leggiamoci con cura. Scrittura e narrazione di sé in medicina, Atti del convegno II, Aviano 12 ottobre 2012, a c. di L.M. Napolitano Valditara, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano 2012, pp A.M. Piussi, Appunti dalle lezioni presso il Master in Consulenza filosofica come via di trasformazione, Università degli Studi di Verona, Verona M. Zambrano, La confessione come genere letterario, tr. it., Mondadori, Milano Anna De Odorico Consulente filosofico di trasformazione; borsista di ricerca del Centro di Ricerca e Formazione, Udine; cultore della materia del Dipartimento di Medicina, Università di Udine

69 III.8 La poesia è cura: laboratorio di poesia Patrizia Rigoni La poesia non è fuori, è dentro! Che cos è la poesia? Non chiedermelo più, guardati allo specchio: la poesia sei tu! Roberto Benigni nel film La tigre e la neve (2005) a) Breve storia professionale Da molti anni conduco laboratori narrativi. Nel 2000 ho aperto a Trieste Azienda Parola, un impresa personale che si occupa di mettere al centro della sua attività il valore della parola, la sua capacità di dire e di rivelare, ma anche di trasformare, organizzare, e persino guarire. Ho iniziato portando nei gruppi di lavoro le fatiche e le piacevolezze della pagina bianca, quelli che potevano essere i trucchi del mestiere di scrittore. L ho fatto con ragazzi delle scuole superiori, con donne e uomini in condizione di fragilità, dentro a quelle fratture che si spalancano a causa di malattie, lutti, sradicamenti, separazioni; là dove il processo identitario subisce forti prove, e va ri-conquistato, ri-costruito. Proprio a partire da queste esperienze e dalla raccolta di centinaia di autobiografie pubblicate in volumi ho lavorato con più attenzione e sempre più passione sulla questione della formazione narrativa dentro le strutture sanitarie, collaborando soprattutto con infermieri, medici, psicologi, tecnici della riabilitazione, tutti gli operatori che avevano a che fare con le vite degli altri, e che in qualche modo, grazie al processo narrativo, potevano creare nuovo dialogo, e soprattutto avviare e governare processi terapeutici di benessere e guarigione. A poco a poco, nella scoperta sempre più evidente dei processi maieutici che la parola metteva in moto, mi sono specializzata sulla Medicina Narrativa. Mi sono trovata sempre più coinvolta in quello che le parole facevano succedere sia a livello personale, ma via via come a effetto domino anche sulle relazioni professionali, e poi ancora sugli organismi rappresentativi, fino a coinvolgere nella riflessione l intera struttura. La Medicina Narrativa infatti non lavora soltanto su aspetti comunicativo-relazionali (come verrebbe da pensare), né soltanto su aspetti organizzativi (che pure vengono messi in discussione), ma anche nella creazione di aspettative future, verso la volontà di tradurre in azioni concrete tutto quello che il dire personale e collettivo può muovere e rimescolare. Le parole diventavano e diventano sempre, il verbo presente in questo caso è proprio obbligatorio una risorsa di conoscenza e ascolto, ma anche di trasformazione di motivazioni e atteggiamenti, requisiti fondamentali per un diverso modo di leggersi e leggere la realtà, e quindi anche di metterci le mani sopra, verso il miglioramento delle cose. b) Lavorare al CRO Avevo già avuto il piacere di un esperienza di conduzione narrativa al CRO, nel 2013, con un percorso dal titolo Di soglia in soglia, ispirato al libro di Paul Celan, rivolto a due gruppi di operatori: un percorso letterario che mettesse a fuoco il limite, la frattura. Proprio dentro quel senso di vertigine, quando il dolore scuote tutti i vecchi riferimenti. È stata una delle mie esperienze professionali più coinvolgenti, per più motivi: il primo motivo si annidava nella forza stessa del luogo, con l anfiteatro delle montagne dietro e i terremoti esistenziali dentro; il secondo nella qualità del tema, nella forza espressiva dei contenuti (Celan, la cui famiglia perì nei campi nazisti, scrive questo libro nel tentativo di ri-costruirsi una casa, nella quale idealmente custodire quanto aveva potuto salvare dalla prima: il ricordo e la lingua materna); ma il terzo e forse ancora più significativo almeno dal punto di vista tecnico ma soprattutto umano stava nella competenza disciplinare degli operatori, per quello che il CRO aveva avviato come processo di ricerca, nella scelta della Medicina Narrativa come nuova formazione

70 Lo dimostrava la disponibilità di tutti i partecipanti a raccontare le proprie esperienze di soglia, con coinvolgimento e capacità di mettersi in gioco in prima persona, ma soprattutto con quella straordinaria versatilità nell interpretare punti di vista diversi del malato, dei familiari, dei dirigenti scientifici, dei colleghi operazione che riesce nella scrittura soltanto quando almeno in parte se ne è tentata l esperienza in prima persona. Gli operatori portavano nel gruppo lunghe pratiche di attenzione, condivisioni di scelte ed esperienze dolorose, dimensione empatiche con pazienti e famiglie già sottoposte a revisioni critiche, ma anche verificate con colleghi, nelle battaglie e negli sforzi e, per fortuna tante volte, anche nei successi terapeutici. c) Quinto convegno di Medicina Narrativa Così come nel 2013, anche per questa edizione 2016, nella giornata del quinto convegno di Medicina Narrativa, mi sono stati offerti due gruppi di lavoro, uno al mattino e uno alla sera. Con stupore, ma anche con grande gioia, mi è stato attribuito il laboratorio di poesia. Poesia viene dal greco antico, dalla voce verbale poiéo, che significa curiosamente fare, creare, produrre. Quindi la cosa meno pratica e concreta del mondo ha un nome che significa azione, fabbricazione, operatività 1. Questo scarto tra senso comune e significato originario segnala sempre una rivelazione, e qui il segreto profondo è che la poesia effettivamente fa. La parola poietica è una parola-che-fa 2 : nel senso che mette in moto una trasformazione che ci costringe come Benigni nel suo film La tigre e la neve (2005), quando si butta per terra e alza gli occhi al soffitto, dicendo: È da distesi che si guarda il cielo a vedere il mondo in modo nuovo, forse più scomodo, ma sorprendente. Perché la parola, quando è poetica, sfonda la realtà-per-come-sembra, apre una porta e fa 1 È Aristotele, nelle sue opere, a codificare il termine poetica, dal greco poietikè tèchne, arte del produrre discorsi con metro, riferita alla sapienza compositiva originariamente orale, non scritta degli aedi arcaici e dei cantori della Grecia classica [N.d.C.]. 2 Ancora secondo Aristotele, la parola poetica (soprattutto della poesia tragica) è quella che induce nell ascoltatore terrore e pietà, cioè una sorta d immedesimazione nelle (e contestuale purificazione dalle) passioni vissute dai personaggi portati sulla scena. Dunque anche la storia del termine dà ragione all Autrice sul dato che la poesia faccia, cioè trasformi il sentire non solo di chi la produce, ma anche di chi l ascolta [N.d.C.]. entrare la luce, non si accontenta mai dell apparenza. La parola poetica permette di ri-creare il mondo includendo quel che prima non appariva, quel che era indicibile. Per questo la poesia ci riguarda tutti da molto vicino, nella nostra condizione universale di umanità; e per questo credo che rappresenti il punto più alto della letteratura. Certo, nella letteratura sono entusiasmanti la capacità della trama, l architettura, la scelta della caratterizzazione dei personaggi. Ma nella poesia la parola è tutto, la parola è il cuore del frutto, è quel soffio d aria che ci passa sul corpo, è il momento di un illuminazione; è soprattutto, almeno per me, il senso ultimo e profondo delle cose. La poesia ci riporta alla nostra unicità di individui, alla nostra complessità valoriale ed etica, alla nostra continua domanda di attaccamento alla vita. Poesia è quando la vita sembra semplice, quando scivola; quando la contemplazione diventa altissima forma di conoscenza; quando siamo stupefatti dalla bellezza umana, da quella che può essere capace di fare; quando siamo storditi di paesaggio e di natura; quando anche il dolore rallenta, e noi ci stupiamo dell incanto che ci colpisce. d) La poesia è cura Era questo il titolo che avevo scelto per il mio laboratorio, dopo averci molto pensato. Usare la parola cura in un ospedale, tanto più in un ospedale oncologico, tanto più nell eccellenza specialista del CRO, dove la scienza e la medicina hanno responsabilità così urgenti, così drammatiche, così complesse, mi sembrava un atto quasi spavaldo, su cui volevo riflettere. Ma più riflettevo e più mi sembrava di poterlo dire. Perché la poesia ci rende più leggeri dove serve, e ci dà peso dove serve. Certo, non la poesia delle rime nauseabonde, non la poesia di cuore amore, ma quella poesia che è fatta di coraggio e onestà, di libertà e verità. La poesia che diventa azione, la poesia che fa. Una poesia che ci metta a nudo, e dica quello che molte volte cerchiamo di coprire. Una poesia che ci riporti al bandolo della nostra matassa, ma anche che ci faccia pescare nella ricchezza della nostra temporalità, al tesoro di quello che abbiamo costruito, nelle dimensioni affettive e intellettuali che abbiamo ten

71 tato di perseguire, dentro il tessuto dei sentimenti e delle aspirazioni, nella nostra fragilità, nei nostri più profondi dubbi. E non c è nulla che curi di più, anche in situazioni di grave stress, come poter ricomporre il nostro valore, quello di figli come di genitori, di professionisti come di amici, di malati come di operatori. La poesia è cura, sì, era un buon titolo. Perché alla fine le forti esperienze della vita ci rendono tutti uguali, e ricordarcelo fa sempre bene. Naturalmente sapendo che non è solo la poesia che ci cura. Ci curano oltre la scienza, oltre la medicina anche l arte, l amore, la musica, la natura, persino del buon cibo gustato con chi amiamo. e) Il programma del laboratorio La poesia soffre del complesso di essere considerata lontana, inafferrabile, a volte quasi straniera, come se appartenesse a pochi prescelti, che difficilmente si possono comprendere. La scuola non aiuta purtroppo, le scelte editoriali e di mercato non aiutano. Ma in realtà tutti, proprio tutti, abbiamo sempre avuto a che fare con la poesia, fin da bambini, quando il nostro linguaggio era denso di stupefazione e di purezza, di creatività e di intuizione. La poesia è là che si annida. Era ed è ogni volta il grande nodo che volevo sciogliere, costruito su un gigantesco equivoco degli adulti e del loro parziale sistema di pensiero. Volevo recuperare l intimità perduta con la poesia. Non lezione frontale, ma gruppo esperienziale, parola che si fa. Poesia che si scrive e si compone in diretta. Riflessione corale sul carico poetico di ogni parola per ciascuno di noi, così strettamente legato a quello che siamo e siamo stati: perché nessuna parola è poetica per definizione, ma tutte lo possono diventare; persino la parola più logorata, più apparentemente consumata e banale, può acquistare poesia dentro una diversa cornice, quando va ad affondare le sue radici nelle nostre vite, nella ricchezza dell evocazione, in quel profumo, nel saper cogliere l attimo in cui ci appare tutto chiaro. Proprio in quel balenare irripetibile del comprendere anche le povere parole quotidiane diventano poetiche, brillano. Trovarle, ritrovarle, è un emozione straordinaria, che ci apre di nuovo la strada, ci incide con pudore e dolcezza la via. Così, tutti gli esercizi del laboratorio La poesia è cura lavoravano su questa profonda convinzione: che in un tempo davvero esiguo ciascuno di noi potesse riuscire ad afferrarne almeno una, di queste parole che brillano. Certo, avrei dovuto chiamarla, la poesia. Perché non appare se non la si chiama. Mi sarei fatta aiutare dai grandi maestri, che hanno avuto il coraggio di abitarla. Rilke, Szymborska, Tomiolo, Meneghello, Scabia, erano lì tutti con noi, con la forza delle loro righe. E poi avevamo ancora articoli di autori e scrittori che continuassero a raccontarci che cosa fosse la poesia, cosa si dice quando si parla di poesia; perché spesso è proprio lei che ci è venuta a mancare quando siamo smarriti, e spesso è ancora lei che ci riempie di pienezza, senza che noi la si riconosca con il suo nome. f) Il gruppo CRO Non mi aspettavo di vedere così tanti iscritti. La sete di poesia per me è sempre un buon segno. Ancora una volta il CRO mi ha stupita. Inizialmente un po intimiditi i miei allievi si sono fidati, non ci hanno messo molto a lasciarsi portare dalle quartine e dalle filastrocche, dal loro ritmo di gioco della mente, di lievità. Capivano che ci avrebbero aiutato ad aprire delle porte. Grazie a questa curiosità aperta e alla sete di ascoltare, ma soprattutto a un inesausta capacità autocritica dovuta al bisogno di cercare che sono sicura sia seminata dalla confidenza quotidiana con i ribaltamenti del destino, con le leggi inesorabili della vita e della morte il laboratorio ha velocemente costruito una caldissima e partecipata atmosfera dove altissimo è stato l ascolto ma molto fertile la produzione. Metafore e versi, giochi di rima e riflessioni quasi filosofiche: tutti potevano raccontarsi, tutti sembravano accendersi in rivelazioni progressive, in piccoli momenti di gioia condivisa. C era una musica che girava, e credo tutti l abbiamo sentita. Avremmo voluto aggiungere ancora commenti, ancora confronti, leggere tutti i pezzi: il tempo diventava sempre più breve, troppo breve, e ci lasciava con la voglia aperta di continuare

72 g) Contributi e ricadute Dalle valutazioni degli allievi che hanno partecipato al laboratorio e che Nicoletta Suter e i suoi collaboratori si sono spesi a riportare e a raccogliere generosamente come ogni volta, emerge un quadro che non può che lusingarmi, non solo a livello personale, ma soprattutto nel rinforzo della convinzione professionale. La parola è uno strumento di infinita ricchezza. La poesia è cura. Dalle tre colonne del file aspettative sul laboratorio, apertura di mondi sconosciuti, possibilità di applicare alcune scoperte nel quotidiano (personale, relazionale, professionale) i commenti di tutti i partecipanti confermano che la poesia permette di trovare quello che c era, e che ci eravamo dimenticati; permette di avvicinarsi a un altro modo di pensare, a un altro modo di trapassare la realtà, di indagare, di capire il mondo degli altri ma anche di capirci noi. Sapere che: si risuona di musica propria, ci si riempie di grazia-gioco e cura d amore, che c è una dimensione nuova che si racconta, che si apre la profondità che parla all inconscio, che si può vivere per immagini, che si raggiunge un approdo senza destinazione, che si prova una boccata d ossigeno, che si aprono finestre da troppo tempo chiuse, che si scopre una modalità precisa e dedicata, che la poesia ha effetto terapeutico può costruire differenza, può avviare salute. E non è solo salute per i malati, è una salute rivolta alla bellezza, è salute culturale per tutti noi. La poesia è quella musica speciale che insieme unisce passato presente e futuro, e ci rende più vivi. Ed è proprio questo renderci più vivi che ci fa venire idee, non solo per scrivere poesie evidentemente certo leggerne una al giorno ci farebbe bene come mangiare una mela ma per lavorare meglio, per credere a quello che facciamo, per non annoiarci mai di fronte a quello che ci capita, e per trovarne sempre un senso. Tanto più dentro alle soglie, tanto più nel ruolo di operatori di una struttura pubblica dove si affollano vite sconosciute e casuali con cui improvvisamente si devono condividere pezzi di cammino. Nessun operatore CRO si è dimenticato della forza d azione della poesia, di quella poiesis. La riflessione sull uso della parola circolava dal proprio mondo personale all ambito professionale e vorrei poter riportare tutti i commenti della terza colonna perché ambito professionale altro non è che ambito di relazione, di confronto, di identificazione e capacità di com-passione: chi abbiamo davanti è innanzitutto umano, e non è detto che riesca a dire tutto quello che vuole dire, non è detto che trovi le parole per dirlo. La poesia allarga le menti, e unisce i pensieri. Se la parola poetica sfonda la realtà-del-come-sembra e va più a fondo, entra da un altra parte, aiuta chi abbiamo di fronte e si ritrova fragile sui suoi passi, allora saperla usare significa avere una possibilità in più di ascoltare, e soprattutto dirigere le azioni. Poiesis. Quel fare. Nascere, amare, costruire, camminare, cercare. E poi ammalarsi, e perdere la direzione. Ammalarsi chiede poesia, guarire chiede poesia. Capire chiede poesia. Lavorare chiede poesia. Materiale utilizzato nel laboratorio Articoli di giornali La poesia mediterranea è uno stato d animo?, La Stampa, Versi sulle soglie dell eternità, Il Sole 24 Ore, Scabia e il tremito del fare poesia, Il Gazzettino, Poesie Eugenio Tomiolo, El mondo xe pitura. Luigi Meneghello, Quaggiù nella biosfera. Rainer Maria Rilke, Appunti sulla melodia delle cose. Giuliano Scabia, Il poeta albero. Wisława Szymborska, Attimo. Patrizia Rigoni Scrittrice, formatrice e fondatrice di Azienda Parola

73 III.9 Strumenti per il benessere degli operatori: laboratorio di scrittura autobiografica e riflessiva Nicoletta Suter a) Il background a1) La narrazione nell educazione continua dei professionisti sanitari La formazione narrativa degli operatori sanitari ha in generale nella pratica della scrittura e nello specifico nella scrittura di sé un grande punto di forza 1. L intento è quello di favorire, a partire dagli studi accademici per proseguire poi nella formazione continua, una maggiore consapevolezza dell utilizzo delle pratiche narrative, riflessive e di scrittura, nei contesti di cura sanitaria e educativa, promuovendo l acquisizione di competenze a vari livelli: nell area delle conoscenze, intende favorire l acquisizione di quadro epistemologico e valoriale di riferimento entro cui collocare le pratiche narrative, riflessive e di scrittura autobiografica; nell area delle abilità, intende allenare studenti e operatori all utilizzo della scrittura: sia come strumento di riflessione sul sé, sull altro e sulla relazione di cura; sia come strumento di cura di sé, per la promozione del proprio benessere; nell area degli atteggiamenti/comportamenti: intende far comprendere all operatore la propria responsabilità narrativa quando si trova a narrare la storia di cura attraverso le varie forme di documentazione clinico-sanitaria 2 ; nell area dei valori: intende ripensare il significato di cura sia in ambito clinico che educativo, costruendo una connessione con i temi della salute e della resilienza 3. Introdurre studenti e operatori a questa pratica significa dunque promuovere un approccio narrativo all esperienza e uno sguardo narrativo all interno del lavoro di cura, per favorire l acquisizione di una nuova postura nel mondo e nella relazione con gli altri e anche una capacità riflessiva del tutto nuova. Significa altresì aiutarli a cogliere la differenza tra il modello di pensiero paradigmatico, razionale, riduttivistico e lineare, e il pensiero narrativo, il quale invece utilizza un approccio fenomenologico all esperienza, indagata secondo le leggi della complessità. Il verbo narrare deriva dal latino gnarus, con il significato di consapevole: il riferimento è alla situazione nella quale, esponendo o rappresentando, a voce, per iscritto o con altri mezzi, vicende e fatti reali o fantastici, vissuti in prima persona e non, si renda anche il destinatario consapevole di qualcosa che prima non sapeva 4. La narrazione, dunque, è un operazione cognitiva: l esperienza viene organizzata attraverso il racconto e acquista significato proprio attraverso la forma data al racconto stesso. La forma della narrazione rivela come colui che narra pensi alla propria esperienza e permette di dare ordine e mettere argine al caos dei pensieri, attraverso il canovaccio che viene a costituirsi con il racconto. Tuttavia in qualsiasi momento può avvenire la trasgressione: è possibile infatti partire da una narrazione all indicativo e arrivare a un racconto al congiuntivo, che apra cioè a nuovi scenari ( è stato [ ] ma è anche possibile che sia ) 5. Nel contesto moderno, educare attraverso la narrazione può significare allenare a un pensiero che sovverte, in quanto porta a esporsi alla riflessione su di sé, ad accogliere l interferenza costituita dalla pre- 1 D. Demetrio, Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Mimesis, Milano-Udine 2013, pp G. Bernegger, Storie che fanno bene, storie che fanno male. Esercitare la responsabilità e le competenze narrative: una proposta didattica, in M. Castiglioni (a c. di) Figure della cura. Gesti, immagini, parole per narrare, Guerini, Milano 2015, pp L. Garrino, La medicina narrativa nei luoghi di formazione e di cura, Centro Scientifico, Torino 2010, pp A. Smorti, G.P. Donzelli, La medicina narrativa in pediatria. Come le storie ci aiutano a capire la malattia, SEID, Firenze 2015, p C. Malvi (a c. di), La realtà al congiuntivo. Storie di malattia narrate dai protagonisti, Franco Angeli, Milano 2011, p

74 senza dell altro e ad acquisire un nuovo atteggiamento, prima individuale (io) e poi relazionale (noi). a2) La scrittura di sé Il verbo scrivere ha radice etimologica nel latino antico, con il significato di segnare lettere e parole con lo stilo sopra tavolette incerate. La scrittura, da un punto di vista pedagogico, è considerata un vincolo o un dispositivo volto a generare processi di apprendimento: quindi non un esercizio fine a se stesso, ma uno strumento per conoscere se stessi (atteggiamenti, posture mentali, sguardi, punti di vista), gli altri, la propria pratica di cura, il mondo. Per quanto riguarda anzitutto la conoscenza di sé, la scrittura aiuta infatti a esplorare/esplicitare: la connessione tra i nostri modelli di pensiero, i nostri stili personali e i nostri valori; i nostri vissuti e le nostre esperienze, con i significati che a esse attribuiamo; le nostre verità latenti, che determinano la nostra visione, la nostra postura e i nostri atteggiamenti verso gli altri e il mondo, la nostra identità professionale e, di conseguenza, il nostro comportamento e le relazioni che intratteniamo 6. La pratica della scrittura autobiografica ha un grande potere e valore pedagogico, perché genera una continuità fra l esperienza del passato e del presente e la previsione/attesa del futuro, cioè una continuità nella linea del tempo al di là della frammentazione quotidiana. Oltre a questo, apre a più interpretazioni, allenando all assunzione di diversi punti di vista: scrivere obbliga infatti a rappresentare l esperienza nel qui e ora, sottoponendola alla domanda e al dubbio. È una pratica che connette in modo dinamico i vissuti, genera risonanze emotive e aiuta a interrogare fatti vissuti ed esperienze fatte. Il testo narrativo-autobiografico è un modo di oggettivare il vissuto, che diventa qualcosa di altro rispetto al narratore: sul testo si può 6 Garrino, L utilizzo dei diari nella formazione infermieristica, Tutor, 7 (2007), pp ; R. Massa, La clinica della formazione, in A. Rezzara (a c. di), Dalla scienza della pedagogia alla clinica della formazione, Franco Angeli, Milano 2004, pp ritornare per riflettere, interpretare, per trovare nuovi o altri punti di vista, per fare scoperte o trovare conferme 7. La scrittura, ancora, aiuta a creare uno spazio riflessivo, facilitando la ricerca e la scoperta interiore, portando a un processo di autocomprensione profonda, fondamentale per chi si occupa di relazione di cura, sia in ambito clinico che educativo 8. Il testo scritto può essere anche sottoposto allo sguardo dell altro, per esempio nel momento in cui, durante una sessione formativa, si condividano le scritture in coppie, terzetti o piccoli gruppi: l altro può osservare, riflettere, interpretare, fare un confronto con la propria esperienza e poi fornire allo scrittore nuovi e diversi punti di vista. La scrittura della propria esperienza aiuta a creare un ponte nelle rotture biografiche (come una malattia o altri eventi marcatori, legati ad amore, lavoro, gioco, morte): scrittura e auto-narrazione infatti, connettendo biologia e biografia, possono divenire fattore produttivo di resilienza, perché sono utili a dare voce a emozioni, sentimenti e pensieri, ad attribuire nuovi significati alle esperienze e a creare l opportunità di riraccontare un evento o una storia in termini di crescita e di evoluzione 9. Se è vero che le persone imparano di più nei momenti di passaggio e nelle crisi di transizione, la scrittura può servire a tornare su quei momenti, recuperandovi memorie di incontri ed eventi, di rotture e perdite, di fratture e ponti, di morti e rinascite, cioè il prima e il dopo e tutti i preziosi significati connessi al processo del ricordare, del narrare e del riflettere. Questi momenti di passaggio o crisi nel mondo della cura non mancano e toccano la vita dei pazienti e dei familiari tanto quanto quella dei curanti. Nei processi formativi, e quindi nei laboratori narrativo-esperienziali, la scrittura di sé si sviluppa in un tempo individuale e in un tempo di gruppo: la riflessione insieme ad altri sulle esperienze fatte e scritte individualmente rende possibili la condivisione e la concettualizzazione di quelle esperienze e le persone possono apprendere attraverso e 7 Castiglioni, L approccio narrativo nella formazione degli operatori medico-sanitari, in Demetrio, Educare è narrare, cit., pp L. Montagna, C. Benaglio, Zannini, La scrittura riflessiva nella formazione infermieristica: background, esperienze, metodi, Assistenza Infermieristica e Ricerca, 3 (2010), pp Castiglioni, La parola che cura, Cortina, Milano 2016, pp

75 grazie al gruppo-aula. La rielaborazione dell esperienza in gruppo ha, perciò, un valore aggiunto: nell incontro fra i loro diversi mondi e punti di vista, le persone si scambiano infatti e si prestano non solo storie, ma anche e soprattutto riflessioni e perciò risorse e strategie. La formazione diviene allora un luogo di apprendimento collaborativo, in cui si impara a riflettere su quanto appreso dalle storie di vita proprie e degli altri, su quali conferme si sono trovate nel gruppo, su quali dubbi sono emersi e quali elementi hanno contribuito a curare una qualche ferita, perdita, frustrazione, dolore. Dovremmo perciò imparare a considerare la narrazione in generale e in particolare la scrittura di sé una pratica riflessiva e una forma di cura (di sé e degli altri), da coltivare nella formazione di base delle professioni sanitarie e poi lungo tutto l arco della vita professionale. b) Il laboratorio b1) L idea Le narrazioni accompagnano da sempre la mia esistenza: mi sono allenata alle pratiche di lettura e scrittura grazie prima ai miei genitori e poi ai maestri e agli insegnanti che mi hanno guidato a vivere nel mondo. Nello specifico, questa pratica laboratoriale ha le sue radici in due esperienze formative importanti e in una convinzione maturata progressivamente in me come formatore. La prima esperienza fa riferimento agli workshop di Medicina Narrativa che ho frequentato alla Columbia University di New York sotto la guida della professoressa Rita Charon e del suo team: in queste occasioni, ho potuto fare pratica di lettura ravvicinata, di scrittura riflessiva e del modo con cui le Medical Humanities possano essere utilizzate per promuovere lo sviluppo della competenza narrativa. Ho anche potuto comprendere come questo metodo possa essere utilizzato al di là della cultura o della lingua di appartenenza e che anzi i testi narrativi tratti dalla letteratura (prosa o poesia), dall arte, dal cinema, quando opportunamente selezionati in relazione al tema di riflessione, possono promuovere l affiliazione all interno del gruppo di apprendimento Charon, N. Hermann, M.J. Devlin, Close Reading and Creative Writing in Clinical Education: Teaching Attention, Representation, and Affiliation, Academic Medicine, 20 (2015), pp La seconda esperienza si riferisce alla frequenza del Corso di perfezionamento Pratiche narrative e di scrittura nella cura educativa e medico-sanitaria, presso l Università Bicocca di Milano, che ha consolidato in me sia gli aspetti valoriali che la forza del metodo narrativo: ho avuto infatti l opportunità di fare esperienza di diverse modalità di applicazione dell approccio narrativo attraverso discipline che possono arricchire il contesto della medicina e che offrono altri e nuovi punti di vista (la pedagogia, l antropologia, la sociologia, la psicologia, la filosofia). Questo laboratorio nasce anche dalla convinzione (diventata tale negli anni, proprio attraverso l esperienza di formatore sul campo), che la formula educativa vincente sia quella che offre all adulto la possibilità di essere protagonista del proprio processo di apprendimento: cosa particolarmente vera quando il sapere si acquisisca facendone esperienza. In questo modo viene ribaltato il processo classico di insegnamento, che privilegia il momento teorico-informativo rispetto a quello esercitativo ed esperienziale. In laboratorio si parte invece dal fare ed è poi la riflessione sull esperienza a portare, in forma collaborativa attraverso l insegnante e il gruppo, ad acquisire per scoperta informazioni e strumenti utili ad agire nella vita, da un punto di vista sia professionale che personale 11. b2) La realizzazione Questa proposta laboratoriale per il convegno di Medicina Narrativa è stata progettata e realizzata secondo una scaletta di attività, che qui di seguito viene descritta nel dettaglio; l intento è dare ai lettori spunti di riflessione sia sui contenuti che sul metodo utilizzato. Autopresentazione del conduttore e dei partecipanti al laboratorio Sono presenti circa 20 persone per ciascuno dei due gruppi laboratoriali, la cui composizione è multi-professionale, compresi alcuni volontari e insegnanti non appartenenti al mondo sanitario. Le presentazioni avvengono in modo snello: 11 M. Rotondi, Facilitare l apprendere. Modi e percorsi per una formazione di qualità, Franco Angeli, Milano 2012, pp

76 chi vuole racconta anche ho scelto questo laboratorio perché ed emergono svariate motivazioni, quali: la curiosità, la voglia di approfondire il lavoro con la scrittura, il desiderio di trovare strumenti per il benessere degli operatori ecc. Presentazione degli obiettivi e delle attività del laboratorio e realizzazione del patto formativo Dalla mia esperienza risulta fondamentale trovare fin da subito un accordo sul programma e su diritti/regole del gruppo. Da una parte, quindi, occorre incrociare le aspettative dei partecipanti con la proposta del formatore; dall altra, bisogna chiarire che in un laboratorio narrativo esperienziale i partecipanti hanno il diritto di dire/non dire, di fare/non fare le attività proposte. Regola principale è la riservatezza, cioè il trattare con delicatezza i racconti personali/intimi delle persone, affinché ciascuno si senta libero di esprimersi se lo desidera. Proposta di un close reading in plenaria Per close reading si intende la lettura attenta di un testo, per avvertire il potere delle parole e per comprenderne il significato: in genere viene data ai partecipanti l indicazione di tenere una matita o una penna a portata di mano, per sottolineare durante la lettura parole o frasi ritenute significative. Il close reading è un esercitazione che ha l obiettivo di prendere confidenza con un testo scritto (in prosa o in poesia), per catturarne sia la sintattica (struttura) sia la semantica (i significati): si tratta di un allenamento importante per poter acquisire competenze narrative fondamentali, in quanto ogni narrazione, anche orale, del paziente, del familiare, del collega ecc., ha una struttura e le parole fanno riferimento a significati attribuiti dal narratore e interpretati dal lettore/ascoltatore. Dopo questi due passaggi sul testo, è possibile fare anche una analisi performativa o dialogica, che porta a comprendere gli effetti di quella narrazione nel contesto in cui viene prodotta 12. Questo tipo di analisi aiuta a riflettere su quanto e come una storia possa agire a livello di relazioni, nuove percezioni della realtà, cambiamenti di punti di vista, indicazioni concrete per un processo di miglioramento ecc. Per questo laboratorio è stato scelto un brano tratto dal libro Con gli occhi del nemico, di David Grossman 13. In breve, Grossman, scrittore di nazionalità israeliana, in questo libro si chiede cosa possa fare uno scrittore per aiutare il proprio paese a ritrovare la pace: egli decide di scrivere e raccontare personaggi e storie in grado di far entrare i lettori nei panni altrui, di pensare con la testa di un altra persona, in modo che possano guardare la realtà con occhi diversi dai propri. E tutto ciò anche se l altro in questione è un nemico. Grossman ritiene che, quando si è conosciuto l altro dall interno, non si possa più essere completamente indifferenti nei suoi confronti: ci risulterà difficile ignorarlo, fare come se fosse una non persona. Non si potrà più rifuggire dalla sua sofferenza, dalla sua ragione, dalla sua storia; e forse si diventerà anche più indulgenti con i suoi errori. L autore vive in un paese in guerra e questo libro vuole accendere una speranza, indicando una possibile via di uscita dal tragico labirinto del conflitto tra israeliani e palestinesi. Per l autore scrivere diventa un mezzo per rendere il mondo meno estraneo e nemico, il dolore meno paralizzante e insopportabile, il linguaggio meno povero e fossilizzato dagli stereotipi dell odio e della paura. Le pagine per il close reading sono state dunque scelte per due motivi: innanzitutto in quanto sono incentrate sul perché della scrittura e quindi sugli effetti che essa ha nella vita cognitiva, emotiva, relazionale dell autore. Questo perché 12 C. Kohler Riessman, Narrative Methods for human Sciences, Sage, London D. Grossman, Con gli occhi del nemico, tr. it., Mondadori, Milano 2007, pp

77 scrivere viene dunque riproposto ai partecipanti del laboratorio in relazione alla propria storia e professione; in secondo luogo queste pagine sollecitano la riflessione su come si faccia a immaginare di stare nei panni altrui e su che cosa accada quando si provi a farlo, sforzandosi di pensare con la sua testa o di guardare la realtà con i suoi occhi. Questo è quello che in genere è richiesto quando si vuole entrare in relazione empatica con un altra persona, operazione, al di là delle buone intenzioni, molto difficile e per nulla scontata. Quindi è importante riflettere sia sulla capacità di entrare in empatia con qualcuno, sia sugli ostacoli e le resistenze che impediscono di raggiungere quest obiettivo. E Grossman propone addirittura di tentare l operazione con colui che ci è nemico! Il close reading viene realizzato dando voce, per ogni paragrafo, a quel partecipante che spontaneamente si propone per la lettura. Analisi approfondita del testo partendo da domande del conduttore Dopo il close reading in un primo tempo si crea un silenzio meditativo, molto importante: ciascuno torna con i propri occhi sul testo a rivedere quanto sottolineato, o a rileggere qualche passaggio. In seguito il formatore sollecita con delle domande un analisi approfondita del testo: Cosa vi ha colpito di questo testo? Cosa avete sottolineato come importante/significativo? Quali emozioni avete provato durante la lettura? Quali riflessioni vi sono venute in mente?. In seguito il formatore propone la trascrizione su una lavagna a fogli mobili delle parole/frasi chiave contenute nelle riflessioni dei partecipanti. Le riflessioni nei due diversi gruppi portano alle trascrizioni riportate nella seguente tabella: 1 gruppo 2 gruppo Le parole chiave del testo sono conflitto, paralisi, vulnerabilità Dinanzi a un conflitto così devastante resta solo il silenzio In Grossman c è un urgenza di scrivere, che è come una sensazione fisica La scrittura scioglie, è una medicina, dà felicità, è una opportunità, porta dolcezza e libertà, coraggio, profondità, energia La scrittura permette anche di stare nel punto di vista del nemico e permette di comprenderlo La scrittura crea consapevolezza del qui e ora, aiuta a comprendere e vivere il momento presente La scrittura permette di respirare anche nel dolore, nel conflitto, questo crea piacere e sensazione di vitalità La scrittura come opportunità per ciascuno di noi, per gli altri La scrittura è un dono La scrittura mette ordine Grossman dice che quando siamo tristi scriviamo del passato, quando siamo felici scriviamo del presente o del futuro e questo dà spazio all immaginazione, alla vita, crea opportunità La scrittura crea parole che possono essere una cura, una guarigione La scrittura aiuta a scomporre, a sciogliere, crea un movimento per interrompere la paralisi, il ghiaccio, la putrefazione La scrittura crea un luogo (aiuta a tornare a casa, a mettere dei confini) e un tempo (passato, presente, futuro); il luogo può essere sia interno (dentro di me) che esterno (il mondo fuori) La scrittura permette di nuovo di respirare, ci rimette a contatto con il corpo e con i nostri sensi La scrittura ci porta verso un linguaggio di parole vere Nel testo la ripetizione Io scrivo è come un mantra, che ci porta a sentire la forza della scrittura In questo racconto lo scrittore fa emergere il conflitto esterno vittima/aggressore, ma anche il conflitto interno: vi è una presa di coscienza di ciò che accade quando guardo veramente attraverso gli occhi del nemico, scopro che anche lui è un essere umano, come me

78 Riformulazione riassuntiva delle riflessioni emerse Da parte del conduttore, che dedica 5 minuti per ricomporre quanto espresso dal gruppo e dare risalto alle parole o a concetti chiave emersi. Input alla scrittura (reflective writing) Da parte del conduttore, che detta per tutti questo titolo: Quella volta che tu ti sei preso cura di me. I partecipanti hanno minuti per scrivere il proprio testo e poi qualche minuto per sottolineare/cerchiare cinque parole significative del proprio scritto (quelle parole che balzano agli occhi e che hanno un significato particolare in questo contesto). L input o prompt dato dal conduttore vuole ora focalizzare l attenzione sul tema della cura. In genere parliamo (molto) e scriviamo (poco) della cura che offriamo agli altri nel nostro ruolo di operatori sanitari. Spostare l attenzione alla cura ricevuta ha il significato di stimolare la riflessione sugli effetti che la cura di qualcun altro ha avuto su di noi, per capire in seconda battuta gli effetti che noi possiamo produrre in altre persone. Il tema della cura è centrale nelle professioni di aiuto e qui si chiede di indagarlo attraverso il pensiero narrativo: si tratta di cercare una storia nella propria memoria e di metterla per iscritto, per avere di fronte a sé un testo su cui riflettere e giungere, attraverso il metodo induttivo, a comprendere quali elementi abbiano realizzato la cura. Quando si parla di cura si va alla radice di azioni, comportamenti, atteggiamenti che dalle origini dell umanità hanno permesso alla vita di esistere e di continuare. È mettere mano a qualcosa che ci ricorda profondamente la nostra radice umana e ci fa comprendere l essenzialità di gesti che promuovono la vita, a partire dalle cure materne. Infatti il prompt non chiede di circoscrivere la ricerca a episodi di cura sanitaria, ma lascia libero lo scrittore di scandagliare nella memoria esperienze diversificate di cura ricevuta. Invito ai partecipanti a formare delle coppie All interno delle coppie ciascuno legge il proprio scritto all altro, che ascolta con attenzione. L ascoltatore, dopo la lettura sollecita domande di approfondimento e dà un feedback non giudicante. Vengono condivise anche le cinque parole sottolineate da ciascuno e ogni coppia riflette sulle dieci parole condivise, fino a trovarne tre-cinque che rappresentano i testi di quella coppia. Questo esercizio ha una durata globale di circa 20 minuti. Il lavoro a coppie permette di condividere in un area protetta, intima, il proprio racconto, a volte anche con una persona sconosciuta prima dell esperienza laboratoriale. Nella coppia si fa esperienza di lettura, di ascolto vero, profondo, di condivisione e si riceve un feedback con gli occhi e orecchi dell ascoltatore. Si fa cioè esperienza di quelli che sono i passaggi tipici del processo empatico! In genere questa esperienza lascia un segno nei partecipanti, che scoprono la possibilità di entrare in contatto con un altro essere umano a partire dalla condivisione di una storia e comprendono, come operatori, la difficoltà che un paziente può avere a raccontare la propria storia a un operatore sconosciuto

79 Condivisione in plenaria delle cinque parole individuate da ogni coppia e trascrizione in lavagna a fogli mobili Nella tabella seguente le parole delle coppie: 1 gruppo Laboratorio mattino Anticipare, conforto, gioia, infinito Diario, rotto, incollato Fiducia, ammirazione, amore Strada, scioglimento, altezza Amore, colore, guaritore, io, tu Sete, fragile, posto giusto, risalita, paura Deriva, interpretare, alfabeto, aiutarmi, vittoria Anghiari, passi, insonne, leggera, la tua presenza Carezze, sempre, reciprocità amore, tenacia, gratitudine Paura, calore, sorriso, dolore, gratitudine, intenso, soffocante Amorevolmente, riconoscimento, bisogno, fortunatamente, ex post 2 gruppo Laboratorio pomeriggio Scoprire, leggerezza, chiarezza, improvviso, conoscere, urgenza, esplorare Falsità, mercé, maschere, ho rispetto Cuore, mano, stretta, spalle, immagini, affidarsi, essenza Grazie, trasformazione, leggerezza, imparare, presenza, consigli, vicinanza, umiltà Silenzioso richiamo, dolore, stare, fermarsi, colore, prendere per mano Solitudine, visibilità, riconoscere, bisogno, vicinanza, aiuto, forza, parole, grazie Incontro di sorrisi, abbraccio, ascolto, credere, speranza, coraggio, riconoscere Odissea, mondo dei libri, scavare, superare, identità, leggera, storie Segue un momento riflessivo in cui le parole e gesti di cura fanno emergere pensieri, emozioni, idee così riassumibili: pensare alla cura vuol dire preoccuparsi della cura di sé e cura dell altro; la cura può essere considerata come ponte durante le difficoltà della vita; le parole della cura emerse nelle coppie fanno molto riferimento al linguaggio del corpo e ai sistemi percettivi (visivo, auditivo, cinestesico); i conflitti relazionali ed etici nei luoghi di cura sono molti, vi è l urgenza di uno spazio per lavorare sulla propria fatica come operatori, perché ognuno ha la sua parte di sofferenza; viene avvertita con forza la necessità di approfondimento degli strumenti della comunicazione, finalizzata all umanizzazione delle cure; il laboratorio ha permesso di sperimentare l affiliazione, percepita come condivisione e anche legame che si instaura tra persone, sentendo l energia del gruppo; il sentimento di gratitudine si è imposto con forza perché, attraverso il lavoro sia in plenaria che in coppia, i partecipanti hanno potuto sperimentare il donare e il ricevere, la cura data e la cura ricevuta. Anche ascoltare con attenzione l altro che legge il proprio scritto è un atto di cura. Metariflessione in plenaria, guidata dalle domande del conduttore Com è stato scrivere un episodio di cura ricevuta? Quali emozioni, ricordi, riflessioni sono stati sollecitati? Ci sono state difficoltà a scrivere? Quali? Com è stato leggere a un altra persona il proprio scritto? E ricevere lo scritto dell altro? Ci siamo sentiti ascoltati e compresi? Quale feedback ci è stato dato? Che cosa è emerso del concetto di cura in questo esercizio? Quanti significati? Riflettere sul tema della cura ha fatto emergere nuovi bisogni (formativi, progettuali, personali ecc.)? Quali scoperte sono state fatte con questo laboratorio? Quali dubbi sono emersi? Perché utilizzare la lettura attenta (close reading) e la scrit

80 tura riflessiva (reflective writing) nella formazione degli operatori della cura? Qualcuno vuole aggiungere qualcosa a conclusione di questo lavoro? Molte sono le parole di questa riflessione, poi anche state trascritte dai partecipanti nel test narrativo di fine corso. Le frasi più significative sono riportate nel paragrafo successivo. Esercizio conclusivo Dall immagine alla parola. Ogni partecipante viene invitato a scegliere una delle immagini in A4 sparpagliate su di un tavolo (le immagini hanno come soggetto la natura, volti umani, animali, forme simboliche ecc.) e, a partire dall immagine, pensare a un messaggio da lasciare al gruppo. Tutti i partecipanti si dispongono in cerchio nell aula e senza un ordine preciso, ognuno esprime il cosiddetto messaggio in bottiglia. Sono messaggi che esprimono emozioni, auguri di buon lavoro e buon cammino, di gratitudine al gruppo. Il conduttore ringrazia e congeda il gruppo augurando a tutti di continuare a praticare la scrittura. c) I feedback dei partecipanti Per ogni laboratorio frequentato, al termine dell esperienza pratica, ai partecipanti è stato chiesto di rispondere per iscritto a varie domande. Qui di seguito riporto alcune risposte significative relative al laboratorio di scrittura, trascritte in forma assolutamente anonima allo scopo di dare voce ai protagonisti del laboratorio stesso. Il laboratorio ha risposto alle sue aspettative? Le chiediamo di motivare sia il sì che il no. Sì, perché l analisi dello scritto ha permesso di individuare altri punti di vista e integrarli nel proprio pensiero. Inoltre si è potuto individuare altri collegamenti e quindi trasporre nel proprio quotidiano i contenuti, le strategie apprese Cura e scrittura. Scrivere per mettere ordine nella propria vita, scrivere per sentirsi liberi mi ha permesso ancora una volta di confrontarmi con la mia capacità di relazioni con persone sconosciute e di constatare quanto le mie difficoltà siano comunque condivisibili e i temi di riflessione siano comuni. Il gruppo intero ha concordato sulla necessità di trovare canali utili a ricaricare le energie mangiate nella relazione di cura di se stessi e degli altri la scrittura è una medicina per curare una malattia, scrivere per essere liberi, per conoscerci. Scrivere per mettere ordine nella propria vita Assolutamente sì. Ha dato strumenti per utilizzare la scrittura riflessiva in vari ambiti con punti di vista ampi che possono far crescere le persone e stimolarle a una riflessione interna ed esterna profonda Sì, perché sono convinta che le parole hanno un significato preciso e che devono essere ponderate perché possono curare ma anche ferire Ha risposto alle mie aspettative per la potenza e l efficacia della scrittura nel far emergere parti di sé che si traducono in consapevolezza. L importanza della condivisione come parte integrante/imprescindibile dell esperienza ho capito che scrivere è uno strumento prezioso per elaborare la sofferenza, le difficoltà, per conoscersi e per conoscere gli altri entrando in empatia L attività laboratoriale è stata uno stimolo per apprendere o per scoprire qualcosa di nuovo o per vedere con altri occhi qualcosa di conosciuto? Scrittura come auto-narrazione. Scrittura per prendersi cura anche di noi stessi Vale sempre la pena di ricordarci che dovremmo metterci più spesso nei panni del nemico

81 L attività di laboratorio nell aspetto della scrittura autobiografica, la condivisione e la sintesi effettuata dal conduttore ha permesso di riflettere sui diversi punti di vista, individuare gli aspetti comuni e come possa essere possibile integrarli nell attività assistenziale Sì, scrivere è vita. Leggere ciò che si è scritto e ascoltare ciò che gli altri hanno scritto è l apertura dell altro e l altro è il mondo che noi non conosciamo Penso di aver capito che si può aiutare gli altri e lavorare bene se per prima cosa si è coscienti di sé, dei propri limiti e risorse. Da soli non si riesce a fare molto, è importante essere inseriti in un gruppo fare della narrazione il proprio luogo di vita e di rimessa in discussione delle proprie categorie e delle dicotomie del reale. La consapevolezza che l incontro con l altro avviene nella narrazione e in quella narrazione si impara a prendere gli occhi dell altro È stato uno stimolo per capire che c è ancora molto da apprendere e scoprire e di sicuro la Medicina Narrativa può diventare un solido strumento e risorsa nella mia professione Certo ribadisco che sentire professionisti con altre storie personali e lavorative, confrontarsi e condividere per riempirci di forza ed energia da portare come prezioso bagaglio nei nostri contesti lavorativi personali e familiari è straordinario Ho scoperto che un modo per prendersi cura di sé è prendersi cura riflessiva della propria mente, percependo il tempo come amico anche se nella malattia Ottimi gli spunti di condivisione e i contenuti emersi, portano a nuove conoscenze e voglia di approfondimento e condivisione [ ] e un desiderio forte di scrivere Pensa che ci sia qualcosa di applicabile al suo quotidiano (lavorativo, relazionale, personale) di quanto appreso e sperimentato nel laboratorio? Nel mio lavoro [ ] penso che un laboratorio di scrittura possa facilitare l espressione delle emozioni da parte degli utenti Questa esperienza può essere calata in ogni luogo, famiglia, lavoro, ambiente extralavorativo. Ti facilita la comprensione degli altri, ti fornisce nuovi strumenti per ascoltare e comprendere ciò che ti sta attorno La scrittura è sempre applicabile sia in ambito personale che lavorativo Sì, l importanza di mantenere un aspetto umano nella cura, non dimenticarmi mai di chiamare il paziente per nome, di presentarmi e coinvolgerlo in prima persona, facendo attenzione alla sua storia, al suo contesto di vita e a quello di cui ha bisogno d) Conclusione Sono sempre più convinta che, nell educazione degli adulti, il formatore possa e debba transitare dal ruolo di esperto di contenuti a quello di facilitatore di processi di apprendimento e accompagnamento al cambiamento, lungo tutto l arco della vita professionale delle persone, riconoscendone risorse, valore, piena dignità. Questo è anche il bisogno che i discenti hanno espresso durante e dopo il laboratorio con le proprie scritture, assieme all idea che il prendersi cura di chi cura costituisca un passaggio essenziale per una cura di qualità, dei sofferenti e dei loro familiari, e anche per promuovere sia il benessere e la motivazione del curante, che il clima all interno dei team di lavoro. Ritengo dunque di grande valore etico sostenere in sanità lo sviluppo di programmi educativi fondati sulle pratiche narrative, autobiografiche e riflessive, che privilegiano l apprendimento attivo e l imparare facendo, dimensione dove interagire, fare, pensare, riflettere è richiesto in prima persona al discente stesso. La formazione dei professionisti è un cardine irrinunciabile, ma regge all interno di un progetto più ampio, che coinvolge anche la cura e la ricerca, i pazienti tanto quanto i curanti e gli amministratori. Infatti, solo attraverso un approccio sistemico è possibile governare la complessità e mantenere la direzione dell umanizzazione e personalizzazione delle cure I. Truccolo, C. Cipolat Mis, P. De Paoli (a c. di), Insieme ai pazienti. Costruire la patient education nelle strutture sanitarie, Il pensiero scientifico, Roma

82 Bibliografia G. Bernegger, Storie che fanno bene, storie che fanno male. Esercitare la responsabilità e le competenze narrative: una proposta didattica, in M. Castiglioni (a c. di), Figure della cura. Gesti, immagini, parole per narrare, Guerini, Milano M. Castiglioni, L approccio narrativo nella formazione degli operatori medico-sanitari, in D. Demetrio, Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Mimesis, Milano- Udine 2013, pp EAD., La parola che cura, Cortina, Milano R. Charon, N. Hermann, M.J. Devlin, Close Reading and Creative Writing in Clinical Education: Teaching Attention, Representation, and Affiliation, Academic Medicine, 20 (2015), pp D. Demetrio, Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Mimesis, Milano- Udine L. Garrino, L utilizzo dei diari nella formazione infermieristica, Tutor, 7(2007), pp D. Grossman, Con gli occhi del nemico, tr. it., Mondadori, Milano C. Malvi (a c. di), La realtà al congiuntivo. Storie di malattia narrate dai protagonisti, Franco Angeli, Milano R. Massa, La clinica della formazione, in A. Rezzara (a c. di), Dalla scienza della pedagogia alla clinica della formazione, Franco Angeli, Milano 2005, pp L. Montagna, C. Benaglio, L. Zannini, La scrittura riflessiva nella formazione infermieristica: background, esperienze, metodi, Assistenza Infermieristica e Ricerca, 3 (2010), pp C. Kohler Riessman, Narrative Methods for human Sciences, Sage, London M. Rotondi, Facilitare l apprendere. Modi e percorsi per una formazione di qualità, Franco Angeli, Milano A. Smorti, G.P. Donzelli, La medicina narrativa in pediatria. Come le storie ci aiutano a capire la malattia, SEID, Firenze I. Truccolo, C. Cipolat Mis, P. De Paoli (a c. di), Insieme ai pazienti. Costruire la patient education nelle strutture sanitarie, Il pensiero scientifico, Roma III.10 Benefici e rischi della Medicina Narrativa: il punto di vista dei partecipanti al convegno Nicoletta Suter, Ivana Truccolo In occasione della compilazione del test finale di apprendimento, è stato chiesto ai partecipanti al convegno 2016 di rispondere ad alcune domande: esse avevano l obiettivo d indagare il loro punto di vista sui benefici che i programmi di Medicina Narrativa possono apportare ai pazienti e ai loro familiari, agli stessi curanti e all organizzazione sanitaria nel suo complesso. È stata però posta anche una domanda sui potenziali rischi percepiti dagli stessi, rispetto all utilizzo delle narrazioni nei luoghi di cura. Sono 110 i partecipanti che hanno risposto a queste domande aperte, la maggior parte costituita da operatori sanitari: ma erano presenti anche counsellor, insegnanti, volontari, alcuni pazienti e alcuni operatori con una storia di malattia alle spalle. Le risposte ridate nei questionari dopo trascrizione sono state sottoposte a un analisi tematica. Presentiamo qui di seguito i principali temi emersi nelle risposte a ciascuna domanda, con la precisazione che questi sono comparsi più volte e contemporaneamente in più risposte, ma sono qui illustrati separatamente solo per dare ordine alla scrittura. In realtà essi sono spesso fra loro interconnessi, cioè l uno richiama l altro. Per ogni tema emerso viene proposta una breve didascalia quale riassunto delle risposte più significative data dai partecipanti. Nicoletta Suter Responsabile del Centro Attività Formative del CRO di Aviano a) Quali benefici/vantaggi possono trarre i pazienti e le loro famiglie dai programmi di Medicina Narrativa? Dare voce, potersi esprimere: la narrazione dà voce al vissuto del paziente e dei familiari, che diventano testimoni della loro esperienza

83 soggettiva; essa facilita l espressione di emozioni, di pensieri e questo crea sollievo e anche la possibilità di essere compresi. Empowerment: il paziente diviene il protagonista della sua storia di vita e il vero esperto della sua malattia; la narrazione lo riposiziona al centro del processo di cura. Autocomprensione: il processo di autoconoscenza e comprensione di sé da parte del paziente viene facilitato dalla narrazione, orale ma ancor di più quando è scritta. Ordine e senso: raccontarsi, scrivere di sé aiuta a fare ordine nel caos provocato dalla malattia, aiuta a ricomporre la frattura biografica, mettendo in moto la ricerca di un senso/significato dell esperienza vissuta. Cura di sé, autoguarigione, valore terapeutico: la narrazione acquista un valore terapeutico proprio perché propone alla persona di prendersi cura di sé e di riprendere il cammino verso un processo di guarigione interiore. Crescita personale: raccontarsi, scrivere di sé aiuta a rielaborare il vissuto, a trasformare il dolore e la sofferenza, a recuperare risorse interiori per ripartire, per aprirsi a nuovi programmi di vita. Aderenza/compliance: l utilizzo della narrazione nel processo di cura migliora la compliance del paziente col curante e dunque l aderenza al piano terapeutico. Benessere: raccontarsi porta leggerezza, serenità, fiducia, sollievo, speranza. Affiliazione/legame: la condivisione delle narrazioni facilita il sostegno reciproco, la socializzazione con altri (malati, familiari, operatori), crea nuovi legami, aiutando le persone a uscire dalla solitudine e dall isolamento provocati proprio dalla malattia. Creatività: raccontarsi, scrivere di sé rivela al narratore risorse di cui egli stesso non era consapevole e apre a strategie creative per affrontare il dolore, la sofferenza, la crisi dovuta alla malattia. Ascolto ed empatia: l utilizzo della narrazione nel processo di cura fa sì che il malato e i suoi familiari si sentano ascoltati con attenzione, compresi e sostenuti, senza giudizio. La relazione si connota di calore umano ed empatia, migliorando così la comunicazione fra le persone. Dignità umana: quando il malato percepisce che il curante accoglie la sua narrazione, egli si sente accettato come persona, al di là della sua malattia. b) Quali benefici/vantaggi possono trarre gli operatori sanitari dai programmi di Medicina Narrativa? Apertura mentale: le pratiche narrative aiutano a cogliere i diversi punti di vista dei soggetti coinvolti nella cura, promuovendo sguardi nuovi e nuove chiavi interpretative dei fenomeni correlati alla cura. Competenze relazionali: attenzione, presenza, ascolto del paziente, comprensione empatica sono indispensabili a una relazione di cura efficace e di qualità; questi atteggiamenti e abilità vengono allenati e potenziati attraverso i percorsi educativi basati su approcci narrativi. Cura del paziente: la cura si fa più attenta alla persona (non solo alla malattia), completa (perché migliora la conoscenza dei suoi bisogni e valori, globalmente della sua storia), personalizzata (perché caratterizzata da umanità, rispetto, tutela della dignità). Cura dei linguaggi: l utilizzo di un approccio narrativo aiuta gli operatori a cogliere il valore e i significati del linguaggio delle parole e del corpo, sia come lettura della comunicazione del paziente, sia come modalità comunicativa dell operatore nella relazione di cura, sia come ricerca di linguaggi che permettano la comprensione reciproca. Vicinanza/affiliazione: la narrazione avvicina le persone fra loro, permette loro di incontrarsi come esseri umani al di là delle differenze (valori, storie di vita, ruoli ecc.). Valore del tempo: c è un tempo della cura che va riconosciuto e protetto, sia che si tratti della cura delle persone sofferenti, sia che riguardi il prendersi cura di sé e della propria storia in quanto curante. Cura di sé: autoconoscenza, autoconsapevolezza, gestione delle emozioni sono alcuni dei passaggi fondanti il processo di crescita personale per coloro che si prendono cura di altri (in particolare nelle situazioni di disagio severo, malattia cronica, sofferenza e dolore)

84 Benessere: la narrazione e in particolare la scrittura riflessiva sono strumenti potenti per la comprensione profonda di sé e della propria identità lavorativa; tali strumenti sostengono la rielaborazione di vissuti professionali critici. Le pratiche narrative, quando diventano parte dello stile professionale, migliorano benessere e soddisfazione professionale, aiutano a gestire lo stress lavorativo e possono essere un fattore protettivo dal burn out. Apprendimento: le pratiche narrative aiutano a nutrire la dimensione umana dei curanti, anche attraverso l utilizzo della letteratura, dell arte, del cinema; grazie alla riflessione sull esperienza favoriscono nuovi apprendimenti quali: comprendere che i disagi si possono trasformare in risorse, imparare a chiedere aiuto e non solo a darlo, impegnarsi nel comprendere i passaggi critici della vita lavorativa e a farvi fronte, potenziare i fattori protettivi di resilienza. c) Quali benefici/vantaggi può trarre l organizzazione sanitaria dai programmi di Medicina Narrativa? Le pratiche narrative innescano circuiti virtuosi che secondo i partecipanti apportano numerosi benefici anche a livello organizzativo: miglioramento dell efficacia (e raggiungimento degli obiettivi di salute); maggiore appropriatezza delle cure; personalizzazione e umanizzazione dell assistenza; empowerment e maggiore coinvolgimento dei pazienti (e loro famiglie); maggiore comprensione delle persone (pazienti, familiari, operatori) e dei loro bisogni da parte dell organizzazione; riduzione dei costi; riduzione dei contenziosi; riduzione dei conflitti (con gli assistiti, fra gli operatori); miglioramento del benessere degli operatori; miglioramento del clima organizzativo; miglioramento del lavoro di squadra; potenziamento dell apprendimento collaborativo nelle organizzazioni; stimoli nuovi per l autoapprendimento degli adulti; possibilità di imparare dagli errori. d) Quali sono i potenziali rischi dell utilizzo delle narrazioni nei luoghi di cura? Dalle risposte dei partecipanti emergono queste principali etichette di rischio: Superficialità e banalizzazione: rischio emergente quando non si tenga conto che le pratiche narrative possono innescare dinamiche importanti a livello emotivo, che richiedono capacità di gestione delle reazioni individuali di ogni persona. Autoreferenzialità: rischio possibile quando si crei uno sbilanciamento perché il curante narra troppo di sé e ascolta troppo poco la narrazione del paziente. Abuso di narrazioni di sé nel web: la proliferazione dell auto-narrazione in internet attraverso i vari social network oggi disponibili può sminuire il valore dello strumento narrativo se lo stesso non viene gestito accuratamente e se non si chiarisce la finalità della narrazione stessa. Assolutizzazione del metodo: accade quando venga potenziato l approccio narrativo a discapito dell Evidence Based Medicine, senza favorire la giusta integrazione tra i due paradigmi. Eccessivo coinvolgimento emotivo del curante: poiché le pratiche narrative mettono in gioco la persona e le sue emozioni, un rischio è quello di non aver appreso a gestirle in modo efficace e in relazione al contesto e, quindi, di lasciarsi coinvolgere troppo dalla storia del paziente, di entrare troppo in empatia, di non definire adeguatamente il confine tra sé e l altro. Relegare la narrazione al lavoro della mente: rischio possibile quando non si tenga conto che le narrazioni non sono solo quelle orali o scritte e che anche il corpo racconta le sue storie. Quindi narrare non è un fatto solo cognitivo, ma molto potente anche a livello emozionale, cinestesico, propriocettivo ecc. Inesperienza di formatori e curanti: le pratiche narrative hanno il loro focus nelle relazioni di cura, dove le persone arrivano con il loro mondo della vita, i vissuti, le emozioni, i disagi. Maneggiare questi elementi richiede una competenza specifica, che non può essere improvvisata. È perciò buona regola che i formatori che utilizzano le

85 pratiche narrative abbiano compiuto percorsi educativi specifici e che loro stessi siano in un processo costante di autoformazione. Resistenze: la medicina che fa riferimento esclusivo al paradigma biomedico porrà sicuramente ostacoli all introduzione delle pratiche narrative nel lavoro di cura; anche le persone che non sono ancora pronte al lavoro su di sé criticheranno la Medicina Narrativa sminuendone il valore; potrebbe esserci anche resistenza rispetto all uso della scrittura riflessiva, perché scrivere non è facile, ancor più difficile è scrivere del proprio dolore, disagio, dei propri errori, smarrimenti ecc. Molto spesso queste resistenze sono legate anche al preconcetto che la Medicina Narrativa operi solamente attraverso materiale proveniente dalle storie di malattia. In realtà, molta parte del lavoro in formazione riguarda una ricerca delle risorse e dei talenti delle persone e spesso porta alla scoperta di capacità (di scrittura, di espressione creativa ecc.) sconosciute anche agli stessi operatori. Riservatezza: narrarsi comporta svelare molto di sé all altro ed è perciò importante tutelare le informazioni contenute nei racconti per tutelare la persona, così come si tutelano tutti i dati sensibili dei pazienti; questa tutela va garantita anche nei contesti formativi, quando a raccontarsi è l operatore. Esclusione della Medicina Narrativa dalla cura: per alcuni questo è il rischio più grande, perché la buona medicina può solo includere le narrazioni e non vi sono rischi se queste vengono utilizzate con cura. Siamo molto contenti di aver dato voce ai partecipanti del convegno su questi temi e a loro va il nostro grazie più sentito per aver contribuito a mettere in moto idee e riflessioni per il futuro narrativo della medicina. Tutti gli stimoli ricevuti rappresentano per noi organizzatori un grande impegno per consolidare il lavoro fin qui svolto e anche per approfondire le nuove tracce emerse, sulle quali continueremo a lavorare con serietà e competenza, per consolidare il paradigma narrativo ai vari livelli: nell educazione continua, nell organizzazione, nella relazione di cura, nella costruzione di reti con la comunità. Infine, un ringraziamento speciale va alle studentesse Sara Mozzon e Silvia Baldasso, del Liceo Leopardi-Majorana di Pordenone, che durante il loro stage al CRO nel 2016 hanno trascritto i test dei partecipanti. e) Conclusioni I feedback dei partecipanti riassunti in questa sezione offrono certamente numerosi spunti di riflessione. Da una parte, abbiamo trovato molte conferme in merito all utilità delle pratiche narrative nella relazione di cura, nella formazione degli operatori e a sostegno di una vision dell organizzazione sanitaria che sceglie di mettere le persone al centro e prima di ogni altra cosa. Dall altra parte, questi stessi feedback mettono in luce alcune criticità che vanno adeguatamente gestite per non rallentare e ostacolare un processo di cambiamento di cui la medicina oggi ha più che mai bisogno. Nicoletta Suter Responsabile del Centro Attività Formative del CRO di Aviano Ivana Truccolo Responsabile della Biblioteca Scientifica e per Pazienti del CRO di Aviano

86 Appendice

87 Libri di testimonianze pubblicati dal CRO La Biblioteca Scientifica e per Pazienti del CRO di Aviano ha a disposizione una vasta scelta di libri di testimonianze di malattia e di Medicina Narrativa. Il catalogo della Biblioteca è consultabile all indirizzo: Di seguito invece i libri pubblicati dal Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. Caro G.A.S. volevo dirti che : il quaderno di pazienti e familiari al CRO / a cura della Biblioteca per Pazienti del CRO di Aviano ed. - Aviano : Centro di Riferimento Oncologico, [2004] p. : ill. color. ; 21 cm. È una raccolta di scritti e disegni nata dall idea di un Gruppo di Animatori Sociali (G.A.S. appunto), che hanno svolto attività di animazione al CRO dal 1998 al Questi volontari hanno messo a disposizione di tutti un quadernone che, a poco a poco, si è riempito di pensieri, poesie, lettere, disegni, ricette che le persone desideravano condividere con gli altri. La Biblioteca Pazienti del CRO, in collaborazione con la Biblioteca Civica del Comune di Aviano, ha pensato di dare voce a questo scrigno di umanità. La prima edizione, del 2002, è piaciuta a quanti vi si sono avvicinati tanto che, nel 2004, ne è seguita una seconda, aggiornata, riveduta e corretta. 163

88 Passaggio al CRO: voci di pazienti, volontari e cittadini / redazione a cura della Biblioteca per Pazienti del CRO di Aviano. - Aviano : Centro di Riferimento Oncologico; Comune, [2006] p. : ill. ; 24 cm. Oltre a 500 scritti di pazienti, familiari e persone che, a vario titolo frequentano l ospedale, sono qui raccolte testimonianze di volontari che collaborano con l Istituto, allo scopo di rendere più accogliente l assistenza, e pensieri di cittadini del Comune di Aviano che ci danno un idea di come il CRO venga percepito nel territorio. Non chiedermi come sto ma dimmi cosa c è fuori : testimonianze di giovani malati di tumore / [testi scritti dai ragazzi in cura presso l Area Giovani del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano ; responsabili del progetto Maurizio Mascarin e Ivana Truccolo ; foto di Attilio Rossetti; disegni di Ugo Furlan]. - Milano : Mondadori Electa; Aviano : Centro di Riferimento Oncologico, p. : ill. ; 23 cm. Nel 2006 prende forma, al CRO di Aviano, un Area dove protagonisti indiscussi sono i giovani ospiti segnati dalla malattia oncologica. In ogni stanza e nel corridoio vengono collocati dei diari: una sorta di invito ai ragazzi a lasciare un ricordo di sé attraverso scritti, pensieri, poesie, lettere nei quali esprimere sensazioni, angosce, paure, ma anche momenti di felicità e soddisfazione quando il male viene domato e sconfitto. Dopo due anni, i medici e gli operatori del CRO hanno letto i quaderni e raccolto i fiori che in essi sono sbocciati. Ne è nato un volume di testimonianze, reso vivo e parlante dalle fotografie scattate da Attilio Rossetti ai giovani ricoverati e dai disegni di Ugo Furlan. CIP non ha paura : racconto per immagini e testimonianze di pazienti anziani in cura presso l Oncologia Medica del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano / a cura di Dipartimento di Oncologia Medica e Biblioteca per Pazienti del CRO di Aviano ; fotografie di Pierpaolo Mittica da un idea del Prof. Umberto Tirelli. - Aviano : Centro di Riferimento Oncologico; Lestans : Centro Ricerca e Archiviazione della Fotografia, p. : in gran parte ill. ; 22 x 24 cm. Nel corso del 2007, è stato avviato un programma di cura per l anziano oncologico presso Il CRO di Aviano. Da allora i pazienti seguiti sono quasi cinquecento. Per alcuni di essi la malattia è diventata un esperienza di vita e di solidarietà con il personale e con il luogo di cura. Da qui è nata l idea di dar loro voce. Sette anziani, sette storie ritratte dal fotografo Pierpaolo Mittica. Continueranno a fiorire stagioni : pensieri raccolti in un istituto tumori, illustrati da giovani studenti / a cura di Centro di Riferimento Oncologico di Aviano- Biblioteca Pazienti ; Istituto Statale d Arte-Liceo Artistico Enrico Galvani di Cordenons. - Aviano : Centro di Riferimento Oncologico, [2011] p. : ill. ; 21 x 30 cm. Le centinaia di testimonianze, annotate nei quaderni tra il 2006 e il 2011 da tante persone di passaggio al CRO, trovano in quest opera un completamento nell espressione visiva del disegno, del colore, delle elaborazioni grafiche e delle fotografie che i ragazzi dell Istituto Statale d Arte E. Galvani di Cordenons hanno realizzato, ispirandosi non solo ai testi, ma anche alle sensazioni derivate dalla lettura e dallo scambio di emozioni con quanti, ogni giorno, per motivi diversi, entrano in contatto con l ospedale

89 Antologie del concorso letterario pubblicate dal CRO Scriviamoci con cura : pazienti oncologici raccontano come levare l ancora con la scrittura : intonazione all estate che arriva : antologia di racconti / a cura del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. - Aviano : Centro di Riferimento Oncologico, [2012] p. : ill. ; 21 cm. ((In testa al frontespizio: Premio letterario. Questa antologia raccoglie i racconti dei cinque vincitori della prima edizione del premio letterario Scriviamoci con cura 2012, seguiti da alcune selezioni di storie narrate da altri partecipanti. Nel ripercorrere le tappe della malattia, gli autori ci regalano delle testimonianze profonde, umane e soprattutto universali. Un cammino fatto di dubbi e attese, passando per la terapia e la vita in ospedale. Un percorso pieno di domande compiuto con determinazione e curiosità, dove il bisogno di narrare, di condividere, di rompere il muro delle frasi fatte e dell indifferenza impone una riflessione. La caduta e la rinascita di chi ha convissuto e convive con il male. La capacità di rialzarsi e affrontare il futuro con un sorriso. Una forte dichiarazione di speranza e di fiducia nella vita. 167

90 Scriviamoci con cura : un racconto per levare l ancora con la scrittura : 2. edizione 2013 : antologia di racconti / a cura del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. - Aviano : Centro di Riferimento Oncologico, [2013]. - V, 155 p. : ill. ; 21 cm. ((In testa al frontespizio: Premio letterario. Questa antologia raccoglie i nove racconti vincitori della seconda edizione del concorso letterario Scriviamoci con cura 2013, seguiti da selezioni di storie narrate dagli altri partecipanti. Il concorso, quest anno, si è rivolto a pazienti oncologici ma anche a operatori sociosanitari. Nel tempo della malattia, caratterizzato da un ribaltamento delle priorità e da un susseguirsi di domande, gli autori si immergono in viaggi reali e metaforici come esploratori in grado di vedere e nominare le cose, definendone i confini. Vicende intime che diventano universali, dove i protagonisti tentano di riconquistare un nuovo modo di stare al mondo. Scriviamoci con cura : un racconto per levare l ancora con la scrittura : 3. edizione 2014 : antologia di racconti / a cura del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. - Aviano : Centro di Riferimento Oncologico, [2015] - V, 205 p. : ill. ; 21 cm. ((In testa al frontespizio: Premio letterario. Questa antologia raccoglie gli undici racconti vincitori della terza edizione del concorso letterario Scriviamoci con cura 2014, seguiti da selezioni di storie narrate dagli altri partecipanti. Il concorso, quest anno, si è rivolto a pazienti oncologici, operatori sociosanitari e caregiver. Una raccolta densa e potente, narrata con passione ma anche con leggerezza e levità: perché ogni racconto possiede una luce propria, un tratto emotivo, una qualità umana. Tante voci che spingono a una lettura attiva e partecipe, ricordando quanto sia importante, e possibile, guardare e vivere in modi diversi. Espressioni di cura : parole e immagini per narrare la malattia oncologica : 4. edizione 2015 : antologia di racconti / a cura del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. - Aviano : Centro di Riferimento Oncologico, [2016]. - V, 201 p. : ill. ; 21 cm. ((In testa al frontespizio: Premio artistico-letterario. Questa antologia contiene i racconti e le fotografie della quarta edizione del concorso artistico-letterario Espressioni di cura, organizzato dal CRO di Aviano e rivolto a pazienti oncologici, operatori sociosanitari e caregiver. Partendo da un unico tema, gli autori creano personaggi e immagini vivide, in grado di narrare l esperienza della malattia con potenza e capacità evocativa. Un bambino di nove anni descrive la malattia della madre dal suo particolare punto di vista. Una donna assiste al concerto del suo gruppo preferito e, grazie alla complicità del figlio, recupera un rapporto di amicizia che sembrava terminato. Osservando un bellissimo ragazzo arrabbiato con la vita, un operatrice impara ad affrontare le avversità. Una figlia rievoca sua madre attraverso alcuni oggetti che le sono appartenuti. Una donna dal corpo segnato scopre come l amore può rivelarsi anche nei luoghi più inaspettati. Storie di incontri e decisioni, lotte e riscatti, cambiamenti e riconciliazioni, dove i protagonisti abitano uno spazio comune fatto di scorci quotidiani e bruschi imprevisti, di rivelazioni capaci di illuminare il volto sconosciuto delle cose. Un susseguirsi di voci e sguardi molteplici, in attesa di una consapevolezza che regala un apertura verso il futuro e la possibilità di osservare il mondo in maniera diversa

91 CROinforma è la collana di informazione divulgativa del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, rivolta a pazienti e cittadini. Tratta argomenti inerenti alla ricerca, prevenzione, cura dei tumori. Prevede tre sezioni: Piccole Guide, Pieghevoli, Atti. Si articola in diverse serie: LA RICERCA CHE CURA; INFORMAZIONI SCIENTIFICHE; PERCORSI DI CURA; ISTRUZIONI ALL USO DI...; AREA GIOVANI; CIFAV INFORMAZIONE SUL FARMACO. Tutte le pubblicazioni di questa collana sono disponibili presso la Biblioteca Pazienti del CRO di Aviano e nel sito Questa attività fa parte del programma di Patient Education & Empowerment del CRO supportato dal destinato alla ricerca che cura. 5 PER MILLE AL CRO Il contribuente che, con il 5 per mille della dichiarazione dei redditi, vuole sostenere la ricerca scientifica al CRO dovrà inserire il Codice Fiscale del CRO nello spazio FINAN- ZIAMENTO DELLA RICERCA SANITARIA e firmare nel riquadro corrispondente. Le scelte di destinazione dell otto per mille dell Irpef e del cinque per mille dell Irpef sono indipendenti tra loro e possono essere espresse entrambe. Codice Fiscale CRO Aviano: Finito di stampare a maggio 2017 da Tipografia Sartor Srl - Pordenone Stampato su carta certificata FSC MIX CREDIT Il marchio FSC identifica i prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici

NARRAZIONI E MEDICINA Paradossi e sinergie. Sandro Spinsanti Istituto Giano, Roma

NARRAZIONI E MEDICINA Paradossi e sinergie. Sandro Spinsanti Istituto Giano, Roma NARRAZIONI E MEDICINA Paradossi e sinergie Sandro Spinsanti Istituto Giano, Roma A) Di che cosa parliamo quando parliamo di Medicina Narrativa? Qualche chiarimento necessario DISAMBIGUARE!!! Che cosa troviamo

Dettagli

Progetto di educazione religiosa anno 2017/2018 Custodi dell alleanza

Progetto di educazione religiosa anno 2017/2018 Custodi dell alleanza Progetto di educazione religiosa anno 2017/2018 Custodi dell alleanza Premessa Il progetto vuole far leva sulla capacità dei bambini di essere dei potenziali CUSTODI di ciò che li circonda. La motivazione

Dettagli

Educazione Terapeutica. Definizione

Educazione Terapeutica. Definizione EDUCAZIONE TERAPEUTICA: il fare del Terapista Occupazionale Educazione Terapeutica Definizione Gabriella Casu «Ogni volta che incontro un paziente Io parto da zero. Letteralmente io non so nulla, nulla

Dettagli

MEDICINA NARRATIVA. le Linee di indirizzo dell Istituto Superiore di Sanità. Domenica TARUSCIO e Amalia Egle GENTILE

MEDICINA NARRATIVA. le Linee di indirizzo dell Istituto Superiore di Sanità. Domenica TARUSCIO e Amalia Egle GENTILE MEDICINA NARRATIVA le Linee di indirizzo dell Istituto Superiore di Sanità Domenica TARUSCIO e Amalia Egle GENTILE La medicina comincia con un racconto. I pazienti raccontano storie per descrivere la malattia,

Dettagli

III CIRCOLO DIDATTICO DI COLLEGNO PROGRAMMAZIONE ANNUALE DI CIRCOLO - IRC - ANNO SCOLASTICO

III CIRCOLO DIDATTICO DI COLLEGNO PROGRAMMAZIONE ANNUALE DI CIRCOLO - IRC - ANNO SCOLASTICO III CIRCOLO DIDATTICO DI COLLEGNO PROGRAMMAZIONE ANNUALE DI CIRCOLO - IRC - ANNO SCOLASTICO 2016/17 CLASSI PRIME Percepire la dimensione del sé, dell altro e della condivisione nello stare insieme Scoprire

Dettagli

La maschera del cuore

La maschera del cuore La maschera del cuore Francesco De Filippi LA MASCHERA DEL CUORE romanzo www.booksprintedizioni.it Copyright 2013 Francesco De Filippi Tutti i diritti riservati Al mio prof Renato Lo Schiavo che ha permesso

Dettagli

IL METODO CLINICO. (Tugnoli, 2013)

IL METODO CLINICO. (Tugnoli, 2013) IL METODO CLINICO PSICOLOGIA CLINICA klinikos, kline letto Malattia Cura Vicinanza al pz. -Sofferenza del pz. -Scienza del curante L INCONTRO CON IL PAZIENTE DOMANDA Soggettività del Pz: bisogno/sofferenza

Dettagli

11/05/2011. La verità al malato San Camillo - 14 aprile La verità al malato. La verità al malato. La verità al malato

11/05/2011. La verità al malato San Camillo - 14 aprile La verità al malato. La verità al malato. La verità al malato San Camillo - 14 aprile 2011 Fabrizio Fracchia Giovanni pensa di non sapere ciò che lui pensa che Maria pensa che lui non sa. Ma Maria pensa che Giovanni lo sa. Così Maria non sa di non sapre che Giovanni

Dettagli

La comunicazione con i familiari

La comunicazione con i familiari A.O.Monaldi 16-23 novembre2005 La comunicazione con i familiari Barbara Leone Coordinamento Prelievi d Organo Regione Campania DONAZIONE e TRAPIANTO SANITA POPOLAZIONE INFORMAZIONE IO DONO TU DONI EGLI

Dettagli

Il progetto Che carattere! ha il preciso scopo di creare collegamenti diretti, anzi, di interscambio tra lettura, scrittura e vita dei ragazzi.

Il progetto Che carattere! ha il preciso scopo di creare collegamenti diretti, anzi, di interscambio tra lettura, scrittura e vita dei ragazzi. Il progetto Che carattere! ha il preciso scopo di creare collegamenti diretti, anzi, di interscambio tra lettura, scrittura e vita dei ragazzi. narrazione, ma si sottovaluta l aspetto psicologico dei personaggi,

Dettagli

Come ascoltare i figli e come farsi ascoltare. Uno sguardo pedagogico centrato sull educazione

Come ascoltare i figli e come farsi ascoltare. Uno sguardo pedagogico centrato sull educazione 1 Come ascoltare i figli e come farsi ascoltare Uno sguardo pedagogico centrato sull educazione Come ascoltare 2 nei momenti normali e speciali a) Guardarlo negli occhi; b) Non fare qualcos altro; c) Ascoltare

Dettagli

Sandro Spinsanti Istituto Giano, Roma. MEDICINA NARRATIVA e relationship care

Sandro Spinsanti Istituto Giano, Roma. MEDICINA NARRATIVA e relationship care Sandro Spinsanti Istituto Giano, Roma MEDICINA NARRATIVA e relationship care Fuori dalla palude degli equivoci Page 2 La Medicina Narrativa è quella prodiga di conversazioni amichevoli o che lascia al

Dettagli

Antonella Moretti Cattedra di Reumatologia Scuola di Specializzazione in Reumatologia Università Politecnica delle Marche. antonellamrt@gmail.

Antonella Moretti Cattedra di Reumatologia Scuola di Specializzazione in Reumatologia Università Politecnica delle Marche. antonellamrt@gmail. Antonella Moretti Cattedra di Reumatologia Scuola di Specializzazione in Reumatologia Università Politecnica delle Marche antonellamrt@gmail.com 1 Il counseling inteso come scienza che: guida l individuo

Dettagli

Bioetica e Medicina narrativa. Nuove prospettive di cura 24 maggio Medicina narrativa: un nuovo strumento di cura

Bioetica e Medicina narrativa. Nuove prospettive di cura 24 maggio Medicina narrativa: un nuovo strumento di cura Bioetica e Medicina narrativa. Nuove prospettive di cura 24 maggio 2012 Medicina narrativa: un nuovo strumento di cura Istituto Change Torino- www.counselling.it Medicina narrativa Storia clinica = la

Dettagli

PROGETTO LETTURA. Spazi: la biblioteca della scuola. Tempi: il progetto ha una durata annuale e prevede orari alternati fra le 5 sezioni.

PROGETTO LETTURA. Spazi: la biblioteca della scuola. Tempi: il progetto ha una durata annuale e prevede orari alternati fra le 5 sezioni. PROGETTO LETTURA Destinatari: l uso della biblioteca è garantito a tutti i bambini della scuola dell infanzia; il progetto lettura è finalizzato prevalentemente ai bambini di 5 anni. Spazi: la biblioteca

Dettagli

La vita dell uomo ha senso? 13/09/1991 Molte persone non si pongono il problema del senso dell esistenza umana, alcuni per scelta personale, altri

La vita dell uomo ha senso? 13/09/1991 Molte persone non si pongono il problema del senso dell esistenza umana, alcuni per scelta personale, altri La vita dell uomo ha senso? 13/09/1991 Molte persone non si pongono il problema del senso dell esistenza umana, alcuni per scelta personale, altri per indifferenza o per immaturità. Eppure il problema

Dettagli

31 Congresso Nazionale ANIARTI. Davide Bove. Riva del Garda,

31 Congresso Nazionale ANIARTI. Davide Bove. Riva del Garda, 31 Congresso Nazionale ANIARTI Riva del Garda, 15.11.2012 Il laboratorio di Infermieristica Narrativa nell insegnamento dell Infermieristica in area critica e della Bioetica: un esperienza al III anno

Dettagli

Indice. Gli autori... XIII. Prefazione. Una narrazione lunga tutta una vita Claudio Mencacci... XVII. Introduzione Alberto Scanni...

Indice. Gli autori... XIII. Prefazione. Una narrazione lunga tutta una vita Claudio Mencacci... XVII. Introduzione Alberto Scanni... Gli autori... XIII Prefazione. Una narrazione lunga tutta una vita Claudio Mencacci... XVII Introduzione Alberto Scanni... XXI 1. Narrare l umano Alberto Scanni... 1 1. Umanità e narrazione: binomio imprescindibile...

Dettagli

Italiano Funzioni del linguaggio.

Italiano Funzioni del linguaggio. Italiano 2012 Funzioni del linguaggio http://www.federicopellizzi.it/custodi/terze/funzioni_linguaggio.pdf 1 Il linguaggio Il linguaggio complesso è una prerogativa degli esseri umani. Solo noi possiamo

Dettagli

Corso Integrato Scienze Umane - Medical Humanities

Corso Integrato Scienze Umane - Medical Humanities Corso Integrato Scienze Umane - Medical Humanities PSICOLOGIA GENERALE Docente. Stefano Tugnoli LEZIONE 3 25/10/17 DALLA COMUNICAZIONE ALLA RELAZIONE IL COLLOQUIO CLINICO IL COLLOQUIO CLINICO Tecnica di

Dettagli

BOZZA DEL CURRICULO VERTICALE DI EDUCAZIONE DELLA LETTURA: SCUOLA DELL INFANZIA

BOZZA DEL CURRICULO VERTICALE DI EDUCAZIONE DELLA LETTURA: SCUOLA DELL INFANZIA BOZZA DEL CURRICULO VERTICALE DI EDUCAZIONE DELLA LETTURA: SCUOLA DELL INFANZIA 1 COMPETENZE Il piacere e la scelta di leggere - All'interno di un ambiente motivante e stimolante, sviluppare la consapevolezza

Dettagli

Trascrizione del videomessaggio inviato al Congresso dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti

Trascrizione del videomessaggio inviato al Congresso dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti Trascrizione del videomessaggio inviato al Congresso dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti Buongiorno a tutti, grazie per l invito che mi avete rivolto, purtroppo non riesco

Dettagli

In I A, di questo percorso, ci vogliamo tenere in mente

In I A, di questo percorso, ci vogliamo tenere in mente In I A, di questo percorso, ci vogliamo tenere in mente la bellezza di descrivere l oggetto che ci rappresenta e scoprire cosa significa per l altro il suo oggetto. x che è stato bello! Ho capito più cose

Dettagli

L obiettivo. Facilitare. Non è convincere. La comunicazione per una scelta consapevole

L obiettivo. Facilitare. Non è convincere. La comunicazione per una scelta consapevole La vaccinazione tra diritto e dovere Quale comunicazione per facilitare la scelta L obiettivo Non è convincere Ma Istituto Superiore di Sanità 10 Gennaio 2011 La comunicazione per una scelta consapevole

Dettagli

LA COMUNICAZIONE DELLA TERMINALITA NELLA MEDICINA DI FAMIGLIA

LA COMUNICAZIONE DELLA TERMINALITA NELLA MEDICINA DI FAMIGLIA LA COMUNICAZIONE DELLA TERMINALITA NELLA MEDICINA DI FAMIGLIA Alberto Marsilio Medico di Famiglia Mira Venezia- Gruppo di studio SIGG LA CURA NELLA FASE TERMINALE DELLA VITA In Italia ogni anno ci sono

Dettagli

LETTURA SCRITTURA ACQUISIZIONE ED ESPANSIONE DEL LESSICO RICETTIVO E PRODUTTIVO

LETTURA SCRITTURA ACQUISIZIONE ED ESPANSIONE DEL LESSICO RICETTIVO E PRODUTTIVO Classe Seconda ASCOLTO E PARLATO LETTURA SCRITTURA ACQUISIZIONE ED ESPANSIONE DEL LESSICO RICETTIVO E PRODUTTIVO ELEMENTI DI GRAMMATICA ESPLICITA E RIFLESSIONE SULL USO DELLA LINGUA Settembre Prove d ingresso

Dettagli

Il ruolo dell'infermiere 04/11/16

Il ruolo dell'infermiere 04/11/16 Il ruolo dell'infermiere nelle Cure Palliative 04/11/16 Lavorare in Cure Palliative significa mettere al centro la persona, la sua storia non solo di malattia, i suoi desideri e la sua volontà, e costruire

Dettagli

Aspetti psicologici ed emotivi dell infertilità!

Aspetti psicologici ed emotivi dell infertilità! Aspetti psicologici ed emotivi dell infertilità! L infertilità è una vera e propria patologia che può avere importanti ripercussioni psicologiche ed emotive sia sui singoli individui che sulle coppie.

Dettagli

OMEOPATIA: VERA MEDICINA O SOLO SEMPLICE ILLUSIONE?

OMEOPATIA: VERA MEDICINA O SOLO SEMPLICE ILLUSIONE? SCUOLA ITALIANA per lo STUDIO e la DIVULGAZIONE dell' OMEOPATIA HAHNEMANNIANA I serata 10/5/2016 OMEOPATIA: VERA MEDICINA O SOLO SEMPLICE ILLUSIONE? Il video della serata è disponibile sul sito: http://www.sisdoh.it

Dettagli

Scuola Primaria Longhena Bologna

Scuola Primaria Longhena Bologna Scuola Primaria Longhena Bologna PROGRAMMAZIONE ANNUALE IRC A.S.2013/2014 1 CLASSE PRIMA Unità di Apprendimento Obiettivi Formativi Obiettivi Specifici Di Apprendimento Indicatori di Competenza LA CREAZIONE

Dettagli

Organizzazione per la Preparazione Professionale degli Insegnanti DESCRIZIONE: Conoscenza di sé e degli altri

Organizzazione per la Preparazione Professionale degli Insegnanti DESCRIZIONE: Conoscenza di sé e degli altri Organizzazione per la Preparazione Professionale degli Insegnanti? DESCRIZIONE: Conoscenza di sé e degli altri IV POMERIGGIO DI FORMAZIONE 20 GENNAIO 2017 CONOSCERE SE STESSI, CONOSCERE L ALTRO Vera Bondi

Dettagli

Aspetti psicologici del dolore

Aspetti psicologici del dolore OSPEDALE SENZA DOLORE Aspetti psicologici del dolore di Marcello Giove Ivrea, 7.11.2011 IL DOLORE È. "un'esperienza sgradevole, sensoriale ed emotiva, associata a un danno dell'organismo: attuale o potenziale

Dettagli

COMPETENZE DISCIPLINARI Religione

COMPETENZE DISCIPLINARI Religione COMPETENZE DISCIPLINARI Religione AL TERMINE DEL PRIMO BIENNIO RELIGIONE COMPETENZA ABILITA L alunno è in grado di CONOSCENZE L alunno conosce Esperienze di vita - Universalità/molteplicità del fatto religioso

Dettagli

METODO ED ETICA NELLE DECISIONI DI CURA

METODO ED ETICA NELLE DECISIONI DI CURA FARE MENO PER FARE MEGLIO SCELTE SAGGE PER UNA MEDICINA EFFICACE, ETICA E PERSONALIZZATA METODO ED ETICA NELLE DECISIONI DI CURA Luciano Vettore SIPeM & Comitato di Bioetica, OMCeO VR Verona, 2 ottobre

Dettagli

L INTEGRAZIONE COMINCIA DA

L INTEGRAZIONE COMINCIA DA INTER-GENERAZIONI I NUOVI ITALIANI INSIEME NELLA SCUOLA E NELLA CITTÀ AREZZO, 10 E 11 OTTOBRE 2013 L INTEGRAZIONE COMINCIA DA PICCOLI. L ITALIANO DEI BAMBINI STRANIERI NELLA SCUOLA DELL INFANZIA. Rete

Dettagli

Educazione Linguistica (lingua come codice) ortografia e punteggiatura morfologia sintassi della frase semplice e complessa

Educazione Linguistica (lingua come codice) ortografia e punteggiatura morfologia sintassi della frase semplice e complessa Liceo B. Russell VIA IV NOVEMBRE 35, 38023 CLES Tutti gli indirizzi Anno scolastico Disciplina: Lingua e letteratura italiana CLASSE 1 1. comunicare e interagire verbalmente in contesti di varia natura

Dettagli

Istituto Tecnico - Settore Tecnologico

Istituto Tecnico - Settore Tecnologico Ministero dell Istruzione, dell Università e della Ricerca I.I.S. CATERINA CANIANA Via Polaresco 19 24129 Bergamo Tel: 035 250547 035 253492 Fax: 035 4328401 http://www.istitutocaniana.it email: canianaipssc@istitutocaniana.it

Dettagli

CURRICOLO DI RELIGIONE CATTOLICA PER LA SCUOLA PRIMARIA CURRICOLO PER LE CLASSI I II III IV - V

CURRICOLO DI RELIGIONE CATTOLICA PER LA SCUOLA PRIMARIA CURRICOLO PER LE CLASSI I II III IV - V ISTITUTO COMPRENSIVO 4 - CORPORENO CURRICOLO DI RELIGIONE CATTOLICA PER LA SCUOLA PRIMARIA CURRICOLO PER LE CLASSI I II III IV - V Anno scolastico 2015 2016 CURRICOLO DI RELIGIONE CATTOLICA CLASSE 1^ Anno

Dettagli

RELIGIONE: TERZO BIENNIO. classe V scuola primaria e classe I scuola secondaria COMPETENZE ABILITA CONOSCENZE

RELIGIONE: TERZO BIENNIO. classe V scuola primaria e classe I scuola secondaria COMPETENZE ABILITA CONOSCENZE RELIGIONE: TERZO BIENNIO classe V scuola primaria e classe I scuola secondaria COMPETENZE ABILITA CONOSCENZE Riconoscere che il rapporto con Dio è esperienza fondamentale nella vita di molte persone, individuare

Dettagli

Condividere la narrazione

Condividere la narrazione Condividere la narrazione Confucio l aveva capito. Dimmi e dimenticherò, mostrami e forse ricorderò, coinvolgimi e comprenderò Potenza, venerdì 27 febbraio 2015 Ore 15.00/18.00 Officina WiFi di Apof il

Dettagli

SCUOLA SECONDARIA DISCIPLINA DI RIFERIMENTO: FRANCESE CLASSE SECONDA

SCUOLA SECONDARIA DISCIPLINA DI RIFERIMENTO: FRANCESE CLASSE SECONDA Fonti di legittimazione : Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio 18.12.2006 - Indicazioni Nazionali per il Curricolo 2012 SCUOLA SECONDARIA DISCIPLINA DI RIFERIMENTO: FRANCESE CLASSE SECONDA

Dettagli

COMUNICAZIONE. Nell ambito del sistema salute si tende. sempre di più a seguire modelli di. tipo olistico

COMUNICAZIONE. Nell ambito del sistema salute si tende. sempre di più a seguire modelli di. tipo olistico COMUNICAZIONE Nell ambito del sistema salute si tende sempre di più a seguire modelli di tipo olistico COMUNICAZIONE Il cittadino dal semplice ruolo di paziente passa a quello di cittadino-utente Con la

Dettagli

Corso di scrittura creativa Dalla creazione di un romanzo al suo invio alle case editrici

Corso di scrittura creativa Dalla creazione di un romanzo al suo invio alle case editrici Corso di scrittura creativa Dalla creazione di un romanzo al suo invio alle case editrici Esercitazione finale Domande 1. Cosa si consiglia di fare quando un autore alle prime armi ha davanti il foglio

Dettagli

Comunicazione medica Cura Terapia Guarigione. Prendersi cura Avere cura Attenzione Premura Riguardo

Comunicazione medica Cura Terapia Guarigione. Prendersi cura Avere cura Attenzione Premura Riguardo Comunicazione medica Cura Terapia Guarigione Prendersi cura Avere cura Attenzione Premura Riguardo Guarigione trattamento terapeutico e premura, solerzia, amorevolezza Secondo Ricoeur fra malato e medico

Dettagli

PREGIUDIZI SULLO PSICOLOGO BREVE VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEI FALSI MITI CHE CIRCONDANO LA FIGURA DELLO PSICOLOGO

PREGIUDIZI SULLO PSICOLOGO BREVE VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEI FALSI MITI CHE CIRCONDANO LA FIGURA DELLO PSICOLOGO 1 LO PSICOLOGO È PER I MATTI 6 È IMPOSSIBILE RISOLVERE PROBLEMI CONCRETI SOLO PARLANDO 2 LO PSICOLOGO È PER DEBOLI (E IO VOGLIO FARCELA DA SOLO) 7 LA PSICOTERAPIA DURA TROPPO 3 LO PSICOLOGO POTREBBE MANIPOLARE

Dettagli

IL SENSO DELLA PSICOLOGIA

IL SENSO DELLA PSICOLOGIA INSEGNAMENTO DI: PSICOLOGIA GENERALE IL SENSO DELLA PSICOLOGIA PROF.SSA ANNAMARIA SCHIANO Indice 1 IL SENSO DELLA PSICOLOGIA -----------------------------------------------------------------------------------------

Dettagli

CLASSI SECONDE LA PROGRAMMAZIONE. - Potenziare il possesso di una lingua sempre più ricca lessicalmente nella molteplicità delle sue espressioni

CLASSI SECONDE LA PROGRAMMAZIONE. - Potenziare il possesso di una lingua sempre più ricca lessicalmente nella molteplicità delle sue espressioni CLASSI SECONDE LA PROGRAMMAZIONE ITALIANO - Potenziare il possesso di una lingua sempre più ricca lessicalmente nella molteplicità delle sue espressioni - Potenziare l ascolto reciproco, il rispetto e

Dettagli

Dott.ssa Enrica Locati, psicologa INCONTRI RIVOLTI ALLE EDUCATRICI

Dott.ssa Enrica Locati, psicologa INCONTRI RIVOLTI ALLE EDUCATRICI INCONTRI RIVOLTI ALLE EDUCATRICI L INTELLIGENZA EMOTIVA Descrizione: le emozioni sono alla base sia dello sviluppo cognitivo che di quello sociale. Il corso, attraverso esercitazioni teoriche e pratiche,

Dettagli

IMPARARE LE LINGUE STRANIERE A SCUOLA Un sondaggio delle convinzioni di studenti e insegnanti I ELABORAZIONE, Aprile 2009

IMPARARE LE LINGUE STRANIERE A SCUOLA Un sondaggio delle convinzioni di studenti e insegnanti I ELABORAZIONE, Aprile 2009 1 IMPARARE LE LINGUE STRANIERE A SCUOLA I ELABORAZIONE, Aprile 29 Scuole campione: 6 Licei Classici, Scientifici, Linguistici di cittadine medio-piccole del Nord Italia; 3 classi prime (N=81); 4 classi

Dettagli

MEDICINA NARRATIVA E TERAPIA DEL DOLORE

MEDICINA NARRATIVA E TERAPIA DEL DOLORE MEDICINA NARRATIVA E TERAPIA DEL DOLORE Cristina Cenci Antropologa, Founder del Center for Digital Health Humanities, Socio fondatore di OMNI- Osservatorio Medicina Narrativa Italia Curatrice del Blog

Dettagli

IL LAVORO SOCIALE NEL SETTORE DELL INFANZIA E DELLA FAMIGLIA: VERSO NUOVI SAPERI FAMIGLIE : QUALI INTERVENTI

IL LAVORO SOCIALE NEL SETTORE DELL INFANZIA E DELLA FAMIGLIA: VERSO NUOVI SAPERI FAMIGLIE : QUALI INTERVENTI IL LAVORO SOCIALE NEL SETTORE DELL INFANZIA E DELLA FAMIGLIA: VERSO NUOVI SAPERI FAMIGLIE : QUALI INTERVENTI LE EMOZIONI IN GIOCO La relazione professionale LA RELAZIONE PROFESSIONALE Non vediamo le relazioni

Dettagli

La forza del cambiamento

La forza del cambiamento Gianni Ferrucci La forza del cambiamento Scegliere la propria vita Indice Premessa 11 I LE MOTIVAZIONI DEL CAMBIAMENTO 15 Fondamenti del cambiamento personale Le abitudini come pericolo per la salute psicologica

Dettagli

INCONTRO CON LA SCRITTRICE Il piacere di Leggere Leggere con piacere

INCONTRO CON LA SCRITTRICE Il piacere di Leggere Leggere con piacere INCONTRO CON LA SCRITTRICE Il piacere di Leggere Leggere con piacere PROGETTO LETTURA Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane né corsieri come una pagina di poesia che

Dettagli

Dagli OSA agli OBIETTIVI FORMATIVI RELIGIONE CATTOLICA CLASSE I

Dagli OSA agli OBIETTIVI FORMATIVI RELIGIONE CATTOLICA CLASSE I CLASSE I Dio creatore e Padre di tutti gli uomini. Gesù di Nazaret, l Emmanuele Dio con noi. La Chiesa, comunità dei cristiani aperta a tutti i popoli. 1) Scoprire nell ambiente i segni che richiamano

Dettagli

ha tanto da fare qui come ha avuto tanto da fare là, Perché voi lo state facendo nella vostra dimensione,

ha tanto da fare qui come ha avuto tanto da fare là, Perché voi lo state facendo nella vostra dimensione, ha tanto da fare qui come ha avuto tanto da fare là, io dirigo il traffico da qui; non sapete quanto è meraviglioso saper aiutare da qui. Perché voi lo state facendo nella vostra dimensione, dove vivo

Dettagli

La dimensione spirituale nella fase terminale della vita

La dimensione spirituale nella fase terminale della vita La dimensione spirituale nella fase terminale della vita Massimo Petrini (Roma) petrinimassimo.m@libero.it Gruppo di Studio della SIGG La cura nella fase terminale della vita, sostenuto da un contributo

Dettagli

Antonella Moretti Cattedra di Reumatologia Scuola di Specializzazione in Reumatologia Università Politecnica delle Marche -

Antonella Moretti Cattedra di Reumatologia Scuola di Specializzazione in Reumatologia Università Politecnica delle Marche - Antonella Moretti Cattedra di Reumatologia Scuola di Specializzazione in Reumatologia Università Politecnica delle Marche - Anconaantonellamrt@gmail.com Occorre capire cos è il dolore cronico non oncologico

Dettagli

La medicina narrativa nelle cure palliative

La medicina narrativa nelle cure palliative La medicina narrativa nelle cure palliative Prof. Lucia Zannini Cattedra di Pedagogia Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute Università degli Studi di Milano Un bisogno atavico dell uomo «Homo

Dettagli

Immaginare per andare a segno

Immaginare per andare a segno Immaginare per andare a segno L immaginazione motoria come tecnica di insegnamento nella scuola secondaria AGILE TEAM Alida Accardo, Cristina Barbera, Antonio Dipace, Paolo Sala, Antonella Sbragi Immagina

Dettagli

IRC PROGETTAZIONE ANNO SCOLASTICO 2013-14 TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE AL TERMINE DELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

IRC PROGETTAZIONE ANNO SCOLASTICO 2013-14 TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE AL TERMINE DELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO IRC PROGETTAZIONE ANNO SCOLASTICO 2013-14 TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE AL TERMINE DELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO L alunno: è aperto alla sincera ricerca della verità; sa interrogarsi

Dettagli

Heidegger e Hölderlin Filosofia e letteratura

Heidegger e Hölderlin Filosofia e letteratura Riflessi: la filosofia si specchia nel mondo videoanimazioni interdisciplinari Heidegger e Hölderlin Filosofia e letteratura Comprensione del testo 1. Da quale poesia sono tratti i versi che aprono l animazione?

Dettagli

IN FORMA. Corso di Formazione per Volontari

IN FORMA. Corso di Formazione per Volontari IN FORMA Corso di Formazione per Volontari IN FORMA è un corso di formazione per volontari, per aspiranti tali e per i collaboratori di ALBA, finalizzato a creare, sviluppare o specializzare le competenze

Dettagli

PROGRAMMAZIONE DEL DIPARTIMENTO DI LINGUE STRANIERE

PROGRAMMAZIONE DEL DIPARTIMENTO DI LINGUE STRANIERE LICEO STATALE SANDRO PERTINI Liceo Linguistico - Liceo delle Scienze Umane (con Opzione Economico- Sociale) Liceo Musicale e Coreutico Sez. Musicale Via C. Battisti, 5-16145 Genova - Corso Magenta, 2 A

Dettagli

TRACCIA PER LA BIOGRAFIA SCOLASTICA E LINGUISTICA DEGLI ALUNNI STRANIERI IN USCITA

TRACCIA PER LA BIOGRAFIA SCOLASTICA E LINGUISTICA DEGLI ALUNNI STRANIERI IN USCITA TRACCIA PER LA BIOGRAFIA SCOLASTICA E LINGUISTICA DEGLI ALUNNI STRANIERI IN USCITA Anno scolastico ( Classe quinta Scuola Primaria e Classe terza Scuola Secondaria di primo grado) Dati personali - Cognome:..

Dettagli

Dai lavori di gruppo alla costruzione di un modello di analisi delle narrazioni Proposta di lavoro

Dai lavori di gruppo alla costruzione di un modello di analisi delle narrazioni Proposta di lavoro Corso formativo permanente in tanatologia Dai lavori di gruppo alla costruzione di un modello di analisi delle narrazioni Proposta di lavoro Elena Bandieri, Referente Formazione Aziendale Cure palliative

Dettagli

Il passato al presente

Il passato al presente QUADERNI Il passato al presente Raccontare la storia oggi di Paolo Rumiz, Carlo Greppi, David Bidussa 2016 Fondazione Giangiacomo Feltrinelli Via Romagnosi 3, 20121 Milano (MI) www.fondazionefeltrinelli.it

Dettagli

FIORI DI BACH LA STORIA

FIORI DI BACH LA STORIA FIORI DI BACH LA STORIA La malattia alla sua origine non è materiale. Ciò che conosciamo della malattia è l ultimo effetto prodotto nel corpo, le risultanze di forze che agiscono per lungo tempo e in profondità.

Dettagli

CAREGIVER DAY 2015: PRENDERSI CURA ED ESSERE CURATI

CAREGIVER DAY 2015: PRENDERSI CURA ED ESSERE CURATI SABATO 30 MAGGIO, AUDITORIUM BIBLIOTECA LOIRA, CARPI CAREGIVER DAY 2015: PRENDERSI CURA ED ESSERE CURATI COMUNICAZIONE MEDICO- PAZIENTE Gabriele Greco 1 RELAZIONE E COMUNICAZIONE CON IL PAZIENTE e non

Dettagli

L infermiere referente GIC colon- retto: quali competenze per garantire la continuità assistenziale

L infermiere referente GIC colon- retto: quali competenze per garantire la continuità assistenziale L infermiere referente GIC colon- retto: quali competenze per garantire la continuità assistenziale Franca Savia Coordinatore Infermieristico SOC Oncologia ASL VCO Torino 9 Giugno 2016 Domodossola Verbania

Dettagli

ALLENATORI & GENITORI FARE GIOCO DI SQUADRA

ALLENATORI & GENITORI FARE GIOCO DI SQUADRA ALLENATORI & GENITORI FARE GIOCO DI SQUADRA Ma è davvero così complesso collaborare? Cosa significa oggi doversi rapportare tra Allenatori e Genitori dei ragazzi che fanno attività sportiva. Come creare

Dettagli

Programmazione Didattica Scuola dell'infanzia

Programmazione Didattica Scuola dell'infanzia Programmazione Didattica Scuola dell'infanzia Istitituti Comprensivi 15 e 17 di Bologna a.s. 2015-2016 Ins. Cice Maria Rosa Le attività in ordine all insegnamento della Religione Cattolica, per coloro

Dettagli

Scuola statale italiana di Madrid Anno scolastico 2016/17 LINGUA ITALIANA Classe 2C Insegnante: Cristina Contri. ABILITÀ Obiettivi di apprendimento

Scuola statale italiana di Madrid Anno scolastico 2016/17 LINGUA ITALIANA Classe 2C Insegnante: Cristina Contri. ABILITÀ Obiettivi di apprendimento Scuola statale italiana di Madrid Anno scolastico 2016/17 LINGUA ITALIANA Classe 2C Insegnante: Cristina Contri NUCLEI FONDANTI ASCOLTO E PARLATO COMPETENZE Ascoltare e comprendere messaggi in contesti

Dettagli

da valutare e certificare Seminario CIDI Milano 20 gennaio 2011 a cura di Daniela Bertocchi

da valutare e certificare Seminario CIDI Milano 20 gennaio 2011 a cura di Daniela Bertocchi da valutare e certificare a cura di Daniela Bertocchi 1 Definizione europea (QEQ) di competenza La comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni

Dettagli

PROGETTO ATTIVITA ALTERNATIVA. all insegnamento della RELIGIONE CATTOLICA

PROGETTO ATTIVITA ALTERNATIVA. all insegnamento della RELIGIONE CATTOLICA ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE Giovanni Dantoni SCICLI PROGETTO ATTIVITA ALTERNATIVA all insegnamento della RELIGIONE CATTOLICA SCUOLA DELL INFANZIA, SCUOLA PRIMARIA, SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO Anno

Dettagli

Il Counselling è una libera professione (a carattere non ordinistico) regolamentata dalla legge 4/2013.

Il Counselling è una libera professione (a carattere non ordinistico) regolamentata dalla legge 4/2013. Professione Counsellor Il Counselling è una libera professione (a carattere non ordinistico) regolamentata dalla legge 4/2013. Chi è il counsellor? E un professionista della relazione d aiuto. Fornisce

Dettagli

Capire i media. UNDICESimA lezione. prof. Peppino Ortoleva.

Capire i media. UNDICESimA lezione. prof. Peppino Ortoleva. UNDICESimA lezione prof. Peppino Ortoleva peppino.ortoleva@gmail.com LE PAROLE SONO IMPORTANTI è essenziale imparare a usarle criticamente: cioè da un lato distinguendo bene i diversi significati, dall

Dettagli

CURRICOLO RELIGIONE CATTOLICA TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE

CURRICOLO RELIGIONE CATTOLICA TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE CURRICOLO RELIGIONE CATTOLICA TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE (Indicazioni per il curricolo, Roma, settembre 2012) L alunno riflette su Dio Creatore e Padre, sui dati fondamentali della vita

Dettagli

FOTOGRAFIA: FINESTRA O SPECCHIO?

FOTOGRAFIA: FINESTRA O SPECCHIO? FOTOGRAFIA: FINESTRA O SPECCHIO? A metà ottobre ho avuto modo di prendere parte alle giornate di studio organizzate a Bibbiena per i docenti e collaboratori del Dipartimento Didattica della FIAF. Due giornate

Dettagli

Istituto Tecnico - Settore Tecnologico Indirizzo: Grafica e comunicazione

Istituto Tecnico - Settore Tecnologico Indirizzo: Grafica e comunicazione Ministero dell Istruzione, dell Università e della Ricerca I.I.S. CATERINA CANIANA Via Polaresco 19 24129 Bergamo Tel: 035 250547 035 253492 Fax: 035 4328401 http://www.istitutocaniana.it email: canianaipssc@istitutocaniana.it

Dettagli

CURRICOLO TRASVERSALE SCUOLA PRIMARIA a.s. 2015-16

CURRICOLO TRASVERSALE SCUOLA PRIMARIA a.s. 2015-16 CURRICOLO TRASVERSALE SCUOLA PRIMARIA a.s. 2015-16 Competenza n 1: Comunicazione nella madrelingua o lingua di istruzione. Utilizza la lingua italiana per comprendere semplici enunciati e raccontare esperienze

Dettagli

LA PIANIFICAZIONE. Le tipologie di testo che si prestano maggiormente ad essere oggetto di pianificazione sono:

LA PIANIFICAZIONE. Le tipologie di testo che si prestano maggiormente ad essere oggetto di pianificazione sono: LA PIANIFICAZIONE La pianificazione di un testo è un'attività che spesso viene recepita dagli alunni come non utile, faticosa e difficile. Quello che viene affrontato nella Scuola Primaria è un avvio ad

Dettagli

FACOLTÀ DI FILOSOFIA IN FILOSOFIA

FACOLTÀ DI FILOSOFIA IN FILOSOFIA FACOLTÀ DI FILOSOFIA Corso di Laurea IN FILOSOFIA PRESENTAZIONE La Facoltà di Filosofia dell Università Vita-Salute San Raffaele si trova in uno dei maggiori centri di ricerca europei, che pone la persona,

Dettagli

Il biglietto di sola andata

Il biglietto di sola andata Il biglietto di sola andata Daniela Demontis IL BIGLIETTO DI SOLA ANDATA racconto www.booksprintedizioni.it Copyright 2013 Daniela Demontis Tutti i diritti riservati A mia madre, perché il modo migliore

Dettagli

Grido di Vittoria.it

Grido di Vittoria.it LA PREGHIERA ARMA POTENTE IN DIO Infatti, anche se noi camminiamo nella carne, non guerreggiamo secondo la carne, perché le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti in Dio a distruggere le

Dettagli

Perché si diventa volontari?

Perché si diventa volontari? Perché si diventa volontari? Per amore del prossimo. Per amore del mondo o forse anche per amore di sé, per potersi confrontare con l altro, e per condividere pensieri ed azioni con l altro. Le ragioni

Dettagli

Linee guida per la progettazione delle sperimentazioni

Linee guida per la progettazione delle sperimentazioni Linee guida per la progettazione delle sperimentazioni Nome PATRIZIA Cognome TRIMARCHI Scuola presidio LICEO SCIENTIFCO FERMI COSENZA Tutor FABIOLA SALERNO Area tematica e percorso di riferimento: 1. Topoi

Dettagli

ASCOLTO E IMPARO Ascoltare per mettere in moto i pensieri

ASCOLTO E IMPARO Ascoltare per mettere in moto i pensieri U. d A.DI ITALIANO: ASCOLTARE 1 COINVOLTE ASCOLTO E IMPARO Ascoltare per mettere in moto i pensieri Prestare attenzione in situazioni comunicative orali diverse, formali e informali, in contesti conosciuti

Dettagli

RELIGIONE CATTOLICA CLASSE PRIMA CONOSCENZE (I SAPERI) ABILITA' (SAPER FARE) DIO E L'UOMO DI COMPETENZA

RELIGIONE CATTOLICA CLASSE PRIMA CONOSCENZE (I SAPERI) ABILITA' (SAPER FARE) DIO E L'UOMO DI COMPETENZA RELIGIONE CATTOLICA CLASSE PRIMA Rflette su Dio Creatore e Padre. Conosce Gesù di Nazaret, L'Emmanuele "Dio con noi". Coglie l'importanza della propria crescita e del vivere insieme nell'accoglienza e

Dettagli

Corso di aggiornamento per insegnanti. TRAPANI giugno 2006

Corso di aggiornamento per insegnanti. TRAPANI giugno 2006 Corso di aggiornamento per insegnanti TRAPANI 20-21 giugno 2006 QI mentale INDIVIDUO POTENZIALITA QI emotivo QI spirituale QI MENTALE Valutazione statica della capacità dell individuo stabilite con un

Dettagli

Condividete con gli altri le vostre esperienze e curate che i membri del vostro staff condividano le esperienze con ciascun altro.

Condividete con gli altri le vostre esperienze e curate che i membri del vostro staff condividano le esperienze con ciascun altro. Condividete con gli altri le vostre esperienze e curate che i membri del vostro staff condividano le esperienze con ciascun altro. Parlate di quello che avete provato quando vi siete sentiti in burnout.

Dettagli

IL COUNSELING NUTRIZIONALE: TECNICHE DI COMUNICAZIONE PER PROMUOVERE IL

IL COUNSELING NUTRIZIONALE: TECNICHE DI COMUNICAZIONE PER PROMUOVERE IL IL COUNSELING NUTRIZIONALE: TECNICHE DI COMUNICAZIONE PER PROMUOVERE IL CAMBIAMENTO DEI COMPORTAMENTI ALIMENTARI Premessa Le tecniche di counseling sono uno strumento particolarmente qualificato per la

Dettagli

PROGETTO ORA ALTERNATIVA ALL I.R.C.

PROGETTO ORA ALTERNATIVA ALL I.R.C. PROGETTO ORA ALTERNATIVA ALL I.R.C. SCUOLA PRIMARIA LIA DE VECCHI FISOGNI ISTITUTO COMPRENSIVO PADERNO DUGNANO - FISOGNI PROGRAMMAZIONE DI ATTIVITA ALTERNATIVA ALLA RELIGIONE CATTOLICA A. S. 2013/2014

Dettagli

7 soluzioni per gestire clienti difficili

7 soluzioni per gestire clienti difficili 7 soluzioni per gestire clienti difficili Ciao E ti do il benvenuto in questo Video Articolo dal titolo 7 soluzioni per gestire clienti difficili. Alzi la mano a chi non è capitato come professionista

Dettagli

Quale informazione per le persone con diabete?

Quale informazione per le persone con diabete? Il diabete. Giornata di lavoro sul PERCORSO INTEGRATO TERRITORIO-OSPEDALE Roviano, 6 giugno 2011 Quale informazione per le persone con diabete? Angela Giusti Istituto Superiore di Sanità Razionale La gestione

Dettagli

L'assistenza al "Sistema Famiglia" nel percorso post-trattamento del mesotelioma da esposizione all'amianto

L'assistenza al Sistema Famiglia nel percorso post-trattamento del mesotelioma da esposizione all'amianto L'assistenza al "Sistema Famiglia" nel percorso post-trattamento del mesotelioma da esposizione all'amianto Un'analisi condotta con il CeDAMAC "Marco Vettori Fondazione ONLUS "Attilia Pofferi" La famiglia

Dettagli

ESSERE INFERMIERA IN HOSPICE. Corso di formazione Donatella Piazza San Vito al T. 24 marzo 2015

ESSERE INFERMIERA IN HOSPICE. Corso di formazione Donatella Piazza San Vito al T. 24 marzo 2015 ESSERE INFERMIERA IN HOSPICE Corso di formazione Donatella Piazza San Vito al T. 24 marzo 2015 1 ASPETTI ASSISTENZIALI Persona no malato persona malata sentire i bisogni della persona malata e prevenire

Dettagli

ADORAZIONE EUCARISTICA OPERATORI PASTORALI

ADORAZIONE EUCARISTICA OPERATORI PASTORALI PARROCCHIA SACRO CUORE ADORAZIONE EUCARISTICA OPERATORI PASTORALI Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 23 Ottobre 2014 Canto d esposizione G. La domenica del comandamento

Dettagli

TSRM Da Arte Ausiliaria a Professione Sanitaria

TSRM Da Arte Ausiliaria a Professione Sanitaria FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea Tecniche di Radiologia Medica Immagini e Radioterapia UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA TSRM Da Arte Ausiliaria a Professione Sanitaria un

Dettagli