Codice Monte Carlo applicato alla simulazione di una tomografia computerizzata effettuata con protoni.

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, Corso di Laurea in Fisica Santi Enrico Mazzaglia Codice Monte Carlo applicato alla simulazione di una tomografia computerizzata effettuata con protoni. TESI DI LAUREA Relatori: Chiar.mo Prof. S. Lo Nigro Dr. G.A.P. Cirrone ANNO ACCADEMICO

2 Indice 1 Fisica delle immagini ottenute con radiazioni ionizzanti Immagini a raggi X Trasmissione, assorbimento, scattering dei raggi X Fisica delle interazioni dei raggi X con la materia Legge di Lambert-Beer per le immagini in medicina diagnostica Applicazioni in medicina diagnostica Discretizzazione del fenomeno Immagini per trasmissione Cenni sullo stato dell arte della diagnostica per immagini Radiografia e Tomografia per trasmissione Immagini con radioisotopi La fisica di base nelle immagini con protoni Potere frenante Range Deflessione angolare spaziale e dispersione energetica di un fascio di protoni

3 INDICE Utilizzo dei protoni nelle immagini per trasmissione Tecniche matematiche per la medicina diagnostica Campionamento reale Trasformata di Radon Proiezioni Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche Forza Bruta ART Back projection e filtered back projection Numero minimo di campionamenti Sviluppo di una Tomografia Computerizzata mediante protoni (pct) Importanza dell utilizzo dei protoni nella compilazione dei piani di trattamento La trasformata di Radon nella pct Proiezioni Densità elettronica dei materiali organici Contrasto e risoluzione in tomografia Fattori fisici che limitano il contrasto e la risoluzione spaziale nella pct Risoluzione in densità di un immagine Risoluzione spaziale di un immagine Dosimetria Unità di misura Dose rilasciata da protoni e ioni pesanti

4 INDICE Dose al centro rilasciata in un fantoccio cilindrico (CTDI) Il programma e i modelli simulati Il metodo MonteCarlo e le sue applicazioni in fisica La simulazione al computer di eventi stocastici Introduzione al toolkit GEANT Una tomografia eseguita seguendo ogni singola particella Struttura del programma in GEANT Percorsi medi possibili Geometria del fascio Numero di proiezioni Struttura dei fantocci ricostruiti Fantocci utilizzati per l analisi della risoluzione Ricostruzione dell immagine Algoritmi di ricostruzione Artefatti energetici in pct Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati Simulazioni sulla dispersione angolare e spaziale (MCS) Confronto analitico con il database del NIST Analisi dei dati delle simulazioni Immagini ottenute Immagini ottenute vincolando i percorsi lungo i confini di ciascuna raggio Immagini ottenute vincolando i percorsi solo agli estremi del raggio di appartenenza

5 INDICE Parametri di risoluzione per fotoni a 52 kev Dosi rilasciate al centro (CTDI) Conclusioni e confronto con i dati più recenti presenti in letteratura Risoluzione spaziale Risoluzione in densità Conclusioni

6 Codice Monte Carlo Geant4 applicato alla simulazione di una tomografia computerizzata effettuata con protoni Santi Enrico Mazzaglia I recenti progressi nella cura dei tumori mediante adroni carichi, hanno come logica conseguenza la necessità di disporre di adeguati piani di trattamento, personalizzati per ogni paziente. Si rende quindi necessario disporre di una mappa dettagliata della densità elettronica delle strutture tumorali e di quelle circostanti, per conoscere la distribuzione della dose rilasciata con sufficiente precisione. A tale scopo codice Monte Carlo, GEANT4, specialmente alla luce della potenza di calcolo oggi disponibile, offre un conveniente sistema, sia per simulare il trattamento al paziente, sia per studiare sistemi d imaging ionizzante nuovi, riducendo notevolmente i costi e i tempi necessari alla loro effettiva implementazione. Il primo codice GEANT4, nasce nel 1974 per simulare il passaggio di una singola particella

7 INDICE 6 attraverso un solo tipo di materiale, oggi, interamente riscritto in C++, è in grado di simulare il passaggio di tutte le particelle conosciute (e anche inventate) attraverso la materia dalle energie da 10 2 ev fino ai 10 TeV del LHC (Large Hadron Collider) al CERN di Ginevra. Il progetto per la realizzazione di un sistema di tomografia computerizzata con protoni (pct) viene oggi esaminato da molti gruppi di ricerca sparsi in tutto il mondo: il Paul Scherrer Institute (Svizzera), Il Loma Linda University Medical CEN- TER (LLUMC, USA) insieme alla collaborazione del Santa Cruz Institute for Particle Physics (SCIPP, USA) e di un gruppo di ricercatori dell INFN e dell università di Firenze. Il programma sviluppato in questo lavoro prende quindi spunto da alcuni lavori svolti recentemente.in esso abbiamo simulato la tomografia di una sezione circolare di un fantoccio cilindrico, variando il tipo di particella ionizzante (protoni, raggi X) e la sua energia. Prima di procedere alla determinazione delle immagini e al calcolo della dose corrispondente, abbiamo inoltre validato il codice prodotto mediante un confronto con la teoria analitica della diffusione coulombiana (Moliere), applicata al modello di fantoccio utilizzato. L equazione di base da cui siamo partiti (ottenuta da una rielaborazione dell espressione potere frenante elettronico) per trasformare i dati di proiezione in un immagine della distribuzione della densità elettronica: Eout E in de F(I(r),E) L = η(r)dl = η(r) l, (1) richiede la conoscenza del percorso L (del singolo protone) lungo cui si sviluppa la somma discreta, relativa alla densità elettronica (η(r)) contenuta in essa. Invece

8 INDICE 7 quello che possiamo conoscere oggi, considerando un mezzo omogeneo, sono: i limiti, in termini della deviazione standard, entro cui percorso reale si sviluppa, e il percorso medio. In questo lavoro, scegliendo gli impulsi iniziali dei protoni tutti paralleli all asse ortogonale al cilindro fantoccio, è stato considerato (in prima approssimazione), come percorso medio, quello rettilineo. Nel calcolare la (1), abbiamo inoltre considerato costante il potenziale di ionizzazione I(r), e pari a quello dell acqua (75 ev), e utilizzato la semplice formula di Bethe Bloch per il potere frenante (valida nel nostro intervallo di energie) per ricavare la funzione F(I(r). Le immagini ottenute, utilizzando il ben noto algoritmo di FBP (retroproiezione filtrata) per invertire l integrale nella (1), di un fantoccio contenente pattern di risoluzione mirati, sono state anche confrontate con le immagini a raggi X (xct), per lo stesso fantoccio, della distribuzione dei coefficienti d attenuazione. Figura 1: Modello tipo per il calcolo delle risoluzioni durante un run (in blu le tracce dei protoni, in rosso quelle degli elettroni e in verde i quanti gamma). Per il calcolo della dose rilasciata, è stato utilizzato un metodo standard che si

9 INDICE 8 serve di una camera di ionizzazione cilindrica posta lungo l asse di simmetria del fantoccio (fig. 2) Le simulazioni hanno richiesto un tempo medio pari a un ora per 10 6 eventi (percorsi seguiti) pari a circa 2 giorni per ottenere una tomografia completa con eventi/proiezione. Nella figura abbiamo riportato un immagine tipo, ottenuta filtrando i percorsi dei protoni dentro il fantoccio imponendo un angolo proiettato massimo in uscita di 10. Alla fine del lavoro abbiamo fatto un confronto dei parametri di risoluzione con i dati più recenti presenti in letteratura. I risultati per i valori della risoluzione spaziale sono stati leggermente inferiori a quelli ottenuti più recentemente (3.3 lp/cm vs 4.5 lp/cm).

10 INDICE 9 Figura 2: Il fascio piano simulato mentre interseca il volume simulato della C.I. Figura 3: protoni simulati a 200 MeV.

11 Introduzione Terapia con fasci di protoni Da quando W. Röntgen nel 1895, scoprì, quasi per caso, i raggi X, passarono circa 30 anni perché venisse intuita l opportunità di un loro utilizzo in diagnostica medica e nella terapia radiante dei tumori (radioterapia). Dalla prima indicazione sull uso di fasci di protoni, ad opera di Wilson nel 1946 [Wil47], per applicazioni terapeutiche nella cura dei tumori con adroni (adroterapia), sono passati più di 50 anni e le tecniche terapeutiche sono state, specialmente in questi ultimi anni, affinate notevolmente. Rispetto alla classica terapia che utilizza fasci collimati di fotoni ed elettroni, l utilizzo dei protoni consente di rilasciare una quantità di dose al tumore superiore, in rapporto a quella depositata nei tessuti sani circostanti, e con maggiore precisione, grazie alle proprietà di frenamento del fascio di protoni che è caratterizzato da un rilascio di dose moderato in entrata e quasi nullo in uscita, mentre l energia viene ceduta principalmente in un intorno del percorso in corrispondenza, nella curva della perdita specifica di energia, del cosiddetto picco di Bragg, alla fine del range ( 1.5.2) delle particelle. Al fine di prevedere la distribuzione di dose rilasciata da fasci di protoni, in modo

12 INDICE 11 da minimizzare il danno da radiazioni nei tessuti circostanti il tumore, è necessario conoscere una mappa tridimensionale (3D) della perdita di energia per unità di lunghezza, e quindi ( 1.5.3), occorre conoscere la corrispondente distribuzione della densità elettronica all interno del tessuto da irradiare. Queste informazioni permettono di simulare il trattamento completo ed ottimizzarlo per il caso specifico (piano di trattamento). A tal fine, sul tessuto contenente il tumore, vengono attualmente eseguite delle tomografie con raggi X (tomografia assiale computerizzata, TAC 1 ) per determinare la mappa dei coefficienti d attenuazione in corrispondenza della lieve disomogeneità tumorale e dei tessuti circostanti sani. Tuttavia, dato che non esiste una corrispondenza biunivoca esatta tra queste due grandezze ( 3.1), tessuti con lo stesso numero atomico effettivo avranno lo stesso comportamento nei confronti dei raggi X, ma possono avere diversa densità elettronica, e viceversa ( 3.1) [Ped94]. Da queste motivazioni di carattere fisico insieme all incremento del numero dei centri per l adroterapia in tutto il mondo, è nata la necessità di studiare la possibilità di usare i protoni come tecnica per ricavare immagini tomografiche (pct). Tomografia con particelle cariche La TAC è essenzialmente il processo di ricostruzione di una funzione (immagine) di due variabili, ad esempio la mappa su di un piano della densità elettronica di un oggetto, a partire dalla conoscenza di un campione di dati costituiti dai suoi integrali di linea o altre funzioni simili, lungo direzioni predefinite ( 1.2). L insieme delle immagini piane ottenute da scansioni contigue, permette di ottenere il 1 Il termine tomografia, indica l immagine di una sezione piana di un oggetto, ortogonale ad un suo asse di simmetria (assiale), e deriva dal greco τoµoσ: taglio

13 INDICE 12 modello 3D dell anatomia del paziente. La possibilità di utilizzare i protoni per tale ricostruzione fu già indicata da A. Cormack nel Successivamente, Crowe (1975), Huesman (1975) e Hanson (1978), provarono che esiste un vantaggio di dose utilizzando protoni invece dei raggi X, per osservare elementi a basso contrasto dentro il corpo umano. Tenendo presente che dai protoni, come anche da altre particelle cariche, è possibile ricavare una mappa della densità elettronica (piuttosto che dei coefficienti d attenuazione) e quindi del potere frenante ( 1.5.1), ne segue che è possibile ottenere informazioni utili ai fini del trattamento di masse tumorali con adroni carichi. Obiettivi del seguente lavoro In questo lavoro si è studiata principalmente l estensione delle tecniche tomografiche, ormai ben consolidate nella diagnostica medica con fasci di raggi X, a fasci collimati piani di protoni monoenergetici. Partendo dalla simulazione di semplici immagini per trasmissione ( 1.3) con fasci di protoni omogeneamente distribuiti, si è investigata la possibilità di simulare una vera e propria tomografia, anche prendendo spunto da alcuni lavori dei primi anni 80 [Han81, Han82] e, soprattutto, dai più recenti dell inizio di questo nuovo secolo [Ped99, Wil04, Sch04, Sch05, Sch06]. Lo scopo principale della seguente tesi è stato dunque quello di ottenere, mediante simulazioni eseguite con l ausilio del toolkit Monte Carlo, GEANT4, immagini tomografiche con protoni (pct 2, acronimo per Proton Computed Tomography)[Can04], 2 Nel seguito indicheremo con l acronimo xct la tomografia eseguita con fotoni X

14 INDICE 13 di sezioni assiali di fantocci costituiti da cilindri d acqua contenenti: inserti di diverso materiale, per la verifica della risoluzione in basso contrasto, e pattern di risoluzione, per la misura di quella spaziale; le stesse sono state confrontate con quelle ottenute sugli stessi fantocci, ma adoperando i classici fotoni X. Nei primi due capitoli verranno descritti gli aspetti fisici e matematici implicati nel processo di ricostruzione tomografica. Nel terzo capitolo verrà descritto l algoritmo della pct ed alcuni aspetti teorici legati alla dose ed ai parametri di risoluzione legati alle immagini ottenute Nel quarto si parlerà della struttura del programma e dei modelli simulati. Nel quinto, infine, saranno analizzati i risultati ottenuti, confrontando i valori della dose rilasciata all interno dei fantocci con i dati presenti in letteratura e paragonandoli nel contempo alla qualità delle immagini ottenute.

15 Capitolo 1 Fisica delle immagini ottenute con radiazioni ionizzanti Introduzione Tutte le immagini attualmente disponibili del corpo umano vengono ricavate dalla interazione di flussi di energia, nella forma di onde meccaniche o elettromagnetiche, con i tessuti umani. I meccanismi fisici di queste interazioni interessano principalmente la corteccia elettronica esterna delle molecole, ma nel presente lavoro l utilizzo di protoni comporterà l attivazione anche di canali di reazione di tipo nucleare.

16 1.1 Immagini a raggi X Immagini a raggi X Trasmissione, assorbimento, scattering dei raggi X Un fascio di raggi X, attraversando la materia, subisce dei processi fisici che determinano una riduzione dell intensità iniziale, sia per assorbimento che per scattering dei fotoni che lo compongono, in funzione, per un dato materiale, della loro energia (hν). In ordine di importanza del contributo alla sezione d urto all aumentare dell energia, questi processi sono: 1. Diffusione coerente (o scattering di Rayleigh), che è un processo elastico d interazione del fotone con l intero atomo che comporta diffusione senza scambio d energia, 2. Assorbimento fotoelettrico, che comporta la scomparsa del fotone a spese dell espulsione di un elettrone atomico (fotoelettrone) con ionizzazione e conseguente emissione di raggi X caratteristici. Può avvenire, per rispettare le leggi di conservazione dell impulso e dell energia, solo in presenza del campo elettromagnetico dell atomo. E un urto anelastico con energia E f del fotoelettrone ed energia di legame dell elettrone urtato E b, legati dalla: E f = hν E b, Alle energie comunemente utilizzate in radiologia diagnostica si ha : E b hν, di modo che risulta: E f = hν. La probabilità d interazione è fortemente dipendente da Z (σ ph Z 4 E 3, per questa ragione le ossa, per la presenza del calcio, assorbono i fotoni

17 1.1 Immagini a raggi X volte di più dei tessuti molli), con picchi ben evidenti in corrispondenza delle energie di legame degli elettroni atomici (quando hν E b ). 3. Diffusione incoerente (o scattering Compton), che si genera dall urto di un fotone su un elettrone, con conseguente diffusione dello stesso fotone a minore energia (E = E ), ed è indipendente dalla presenza 1+(E/(m 0 c 2 )(1 cosθ)) di un campo e.m., con probabilità σ C Z hν. 4. Assorbimento per creazione di coppie, che è il processo di creazione di un elettrone e un positrone con la scomparsa del fotone, possibile solo per energie maggiori di 2m e c 2 e in presenza del campo elettronico o nucleare dell atomo (come per l effetto fotoelettrico), 5. Assorbimento per fotodisintegrazione, che è un processo di cattura del fotone da parte del nucleo ed eccitazione dello stesso che determina l espulsione di uno o più neutroni/protoni Fisica delle interazioni dei raggi X con la materia Alle energie utilizzate per la radiografia convenzionale (valori medi dello spettro 50 70keV ) e per i tessuti biologici, l effetto Compton è prevalente rispetto al fotoelettrico, con una probabilità superiore al 90% (nelle mammografie dove invece l energia media è di 25 kev, i due processi hanno eguale probabilità). Gli altri processi sono assenti, eccetto una piccola probabilità per la diffusione coerente. Quindi è corretto affermare che le immagini in xct si ottengono principalmente dalla misura dell attenuazione per diffusione Compton dei fotoni incidenti: vedi-

18 1.1 Immagini a raggi X 17 amo dunque, per questi processi, quali quantità possiamo ricavare per investigare la struttura interna dei corpi Legge di Lambert-Beer per le immagini in medicina diagnostica Nello studio dell interazione dei raggi X con la materia, per un materiale omogeneo con ρ e elettroni per unità di volume, si definisce il coefficiente d attenuazione lineare (elettronico), µ = ρ e σ tot, (1.1) (o sezione d urto macroscopica), o meglio il coefficiente d attenuazione màssico (indipendente dallo stato fisico del materiale), ottenuto dividendo il primo per la densità di massa: 1, τ = µ ρ = N A A Z σ tot, dove N A /A, rapporto tra il numero di Avogadro e il peso atomico, rappresenta il numero di atomi per grammo di materia, Z il numero atomico, e σ tot = σ R (E, Z R ) + σ ph (E, Z ph ) + σ C (E), (1.2) la sezione d urto elettronica totale (per i processi visti nel escludendo la produzione di coppie), funzione dell energia del fascio e del numero atomico effettivo [Joh83], Z, caratteristico di ciascun processo (per l effetto Compton e per materiali 1 Il coefficiente d attenuazione lineare è pari al prodotto della sezione d urto totale per il numero di nuclei diffondenti per unità di volume. Per miscugli o composti µ ρ = w i µ i ρ i, dove w i è la frazione in peso dell i-esimo elemento.

19 1.1 Immagini a raggi X 18 organici 2 : µ C ρ = N A A Z σ C N AZ AE γ non solo dallo stato fisico). N A 2E γ, quindi è circa indipendente dal materiale e Consideriamo ora un pennello di fotoni monocromatici, caratterizzato quindi dal un numero di fotoni diviso l unità d area (fluenza), I 0, che attraversa un materiale omogeneo di spessore infinitesimo lungo la direzione iniziale del fascio, dl; per la legge di Lambert e Beer, la variazione della fluenza degli stessi all uscita sarà: di = I 0 µdl (di << I 0 ), (1.3) dove si vede che µ rappresenta la frazione dei fotoni che interagisce per unità di lunghezza. Per uno spessore finito, integrando la (1.3) e supponendo di poter trascurare la radiazione diffusa (inserendo dei collimatori all uscita): I(l) = I 0 e µl = I 0 e l λ. (1.4) in cui λ è il libero cammino medio per i fotoni, cioè il percorso medio tra un interazione e la successiva. Usando il coefficiente d attenuazione màssico, τ, e la densità areale, x = ρl, possiamo riscrivere la (1.4) eliminando la dipendenza dalla stato fisico del materiale: 2 Il rapporto A Z 1/2 anche per materiali organici (tab. 3.2). I(x) = I 0 e τx. (1.5)

20 1.2 Discretizzazione del fenomeno Applicazioni in medicina diagnostica Passando al caso più realistico di un materiale non omogeneo, sempre per fotoni monocromatici 3, indicando con L la linea retta d integrazione lungo una sezione piana del materiale e fissato su di essa un sistema di riferimento cartesiano (O,x,y): I(L) = I 0 e L µ(x,y)dl. (1.6) Per un flusso di fotoni, dunque, l informazione che possiamo ricavare, proviene unicamente dalle misure della fluenza in ingresso e di quella uscente. 1.2 Discretizzazione del fenomeno Poichè i rivelatori hanno dimensioni finite (limitate anche dalla necessità di ridurre le fluttuazioni statistiche dei conteggi di fotoni), le equazioni precedenti vanno discretizzate, suddividendo la linea L come in fig. 1.1 I = I 0 e i µ i x (1.7) P = ln I n 0 I = µ i x (1.8) i=1 3 Nel caso di un fascio policromatico occorre considerare la dipendenza di µ anche dall energia e la (1.6) va sostituita con la: I(L) = ( S(E) e µ(x,y,e)dl) L de, in cui si è indicato con S(E) il numero di fotoni nell intervallo di energia tra E ed E + de.

21 1.2 Discretizzazione del fenomeno 20 La funzione P nella (1.8), denominata di proiezione 4, è il numero in effetti misurato. Figura 1.1: Intensità in ingresso e in uscita per un singolo canale Immaginiamo ora di suddividere il blocco di tessuto in tanti foglietti e focalizziamo l attenzione su di uno, suddividendolo tramite una griglia come rappresentato in fig. 1.2: ne risultano m proiezioni degli n m coefficienti di attenuazione. Quindi la funzione (1.7) viene sostituita dalla quantità discreta: P j = n i=1 µ i j x j = 1,2,,m. (1.9) Ciascuna proiezione è uguale alla somma (1.8), riscritta come: I 1 = I 01 e (µ 11 x+µ 12 x+ ) I 2 = I 02 e (µ 21 x+µ 22 x+ )... Il nostro unico compito a questo punto è la determinazione dei µ i j a partire da queste grandezze: vedremo nel capitolo successivo i metodi risolutivi che sono stati studiati fino ad oggi. 4 La funzione di proiezione è dunque l integrale (somma) di determinate proprietà dell oggetto (coefficienti d attenuazione, densità elettronica ecc) lungo una direzione predefinita

22 1.3 Immagini per trasmissione 21 Figura 1.2: Intensità in ingresso e in uscita per un intera sezione piana (slice) 1.3 Immagini per trasmissione Un immagine per trasmissione è una proiezione bidimensionale (2D) della distribuzione tridimensionale (3D) di alcune proprietà fisiche (coefficienti di attenuazione, densità elettronica, densità di massa,ecc) di un dato materiale. Dai paragrafi precedenti si capisce che l informazione ottenuta, nel caso dei fotoni, è in questo caso la somma dei coefficienti di attenuazione lungo le linee del fascio originale, senza nessuna informazione circa la loro distribuzione nello spazio. Nella tecnica radiografica, comunemente utilizzata in medicina per ottenere questo tipo di immagini, e l unica possibile fino agli inizi degli anni 70, si utilizza un fascio collimato di raggi X, proveniente da un tubo radiogeno, di solito a forma conica con vertice sull anticatodo, che, interagendo col corpo in esame, proietta l ombra della distribuzione dei fotoni trasmessi ad esempio su una superficie piana di una lastra fotografica impressionabile, contenente una pellicola dotata di uno strato fotosensibile di alogenuro d argento. Era necessario dunque studiare un sistema non distruttivo, tramite raggi X o altri vettori di energia, che permettesse la visualizzazione delle strutture interne, nella loro reale disposizione 3D. Nella figura

23 1.3 Immagini per trasmissione è stata riportata la simulazione della distribuzione in un piano 2D dei conteggi dei fotoni che attraversano un cubetto d osso, posto dentro una massa adiposa, investito da un fascio circolare di uno spettro X simulato da 120kV p. Come si è visto nel 1.1.1, l immagine si forma tramite il conteggio dei fotoni che Figura 1.3: Immagine per trasmissione a conteggio di fotoni di un cubo osseo (il profilo circolare è quello del fascio) non subiscono scattering/assorbimento, dunque i raggi deviati rispetto alla traiettoria iniziale sono nocivi e devono essere rimossi dal fascio trasmesso (fig.1.4). L energia dei fotoni viene scelta mediante un compromesso tra il contrasto desiderato e la dose accettabile.

24 1.4 Cenni sullo stato dell arte della diagnostica per immagini Cenni sullo stato dell arte della diagnostica per immagini La xct e la risonanza magnetica (RM) forniscono informazioni solo sull aspetto morfologico e non su quello funzionale dei vari organi del paziente. Nei paragrafi seguenti sono descritti alcuni metodi dedicati alla visualizzazione del metabolismo, del flusso sanguigno o dell ossigeno nei tessuti Radiografia e Tomografia per trasmissione Per ricavare immagini per trasmissione ( 1.3) a partire dall assorbimento di un fascio di fotoni, ci si avvale essenzialmente di un tubo emettitore di raggi X (ulteriormente collimati e filtrati), di una griglia che assorbe i raggi diffusi in uscita e di un film radiografico (il principio di funzionamento è riassunto nella figura 1.4:. Lo stesso apparato, ma utilizzando dei rivelatori per fotoni X e di un calcolatore per l applicazione degli algoritmi ai dati, può essere adoperato per ricavare le proiezioni, cioè la frazione della radiazione trasmessa in uscita, definite nell equazione (1.8), necessarie allo sviluppo di un sistema tomografico (xct). In figura 1.6 è mostrato lo schema di principio di uno scanner tomografico moderno, dotato di un sistema di contatori posti su un anello entro cui viene fatto passare il paziente, mentre, in figura 1.5, possiamo osservare quello originale presentato nel 1972 da A.Cormack e G.Hounsfield, con un solo rivelatore che si sposta insieme al generatore dotato di un collimatore per generare un fascio rettilineo. La xct possiede dei vantaggi notevoli rispetto alle semplici immagini radiografiche: essa fornisce una mappa 3D dell anatomia del paziente, combinando le

25 1.4 Cenni sullo stato dell arte della diagnostica per immagini 24 immagini 2D ( 3.1) ottenute da ogni singola scansione, la presenza di collimatori del fascio in ingresso e in uscita riduce i raggi diffusi, dannosi per il contrasto dell immagine, le immagini vengono create e manipolate al calcolatore con la possibilità di migliorare la visualizzazione delle strutture interessanti. Inoltre la geometria delle immagini, che hanno una risoluzione spaziale dell ordine del millimetro, non mostra le distorsioni invece presenti nella Risonanza Magnetica Nucleare RMN. Figura 1.4: Apparato semplificato per radiografie a raggi X. Figura 1.5: Principio di funzionamento dello scanner tomografico di Cormack e Hounsfield (1972). Figura 1.6: Principio di funzionamento di uno scanner tomografico moderno.

26 1.4 Cenni sullo stato dell arte della diagnostica per immagini Immagini con radioisotopi Con questa tecniche vengono introdotti nel corpo del paziente degli emettitori γ (diretti o indiretti), cioè isotopi radioattivi di un elemento utile per alcune funzioni vitali, che si distribuiscono al suo interno a seconda dell elemento utilizzato. Pertanto, a differenza di quanto accade con il metodo precedente: la radiazione primaria viene generata all interno del corpo del paziente l indagine assume una valenza funzionale, specifica di alcuni organi, anziché semplicemente morfologica. Tomografia computerizzata ad emissione di fotone singolo (SPECT) In questa tecnica d imaging viene emesso un solo raggio γ per ciascun decadimento dei nuclei di una sostanza radioattiva 5. Una camera per raggi gamma 6, munita di collimatore a fori paralleli, mentre ruota attorno al paziente, consente di registrarne le proiezioni ( 1.2) in una dimensione. A partire da questi dati, mediante le tecniche di ricostruzione che saranno discusse nel 2.3.3, si ricostruiscono delle immagini 2D della distribuzione del nuclide negli organi dove si concentra. Rispetto ad altri sistemi di formazione d immagine tramite radioisotopi, la SPECT permette di ottenere un maggior contrasto a discapito della risoluzione spaziale (10-20 mm). 5 Principalmente il 99 Tc, che emette un fotone di 140 kev con τ 1/2 di 6 h. 6 Si utilizza una camera Auger costituita da un cristallo di NaI accoppiato a dei fototubi.

27 1.4 Cenni sullo stato dell arte della diagnostica per immagini 26 Tomografia ad emissione di positroni (PET) L esistenza di isotopi emettitori di positroni negli elementi come il carbonio, l azoto o l ossigeno ( 11 C, 13 N, 15 O, detti traccianti), che possono essere elaborati per marcare dei composti organici, coinvolti nei processi biologici 7, permette l utilizzo in medicina di una tecnica per l analisi funzionale dei vari organi. Nella PET i due raggi γ (antiparalleli) di annichilazione del positrone emesso dall isotopo emettitore β + vengono rivelati tramite un cospicuo numero di scintillatori messi intorno al paziente e in coincidenza temporale 8 tra di loro ( quindi la collimazione, a differenza della SPECT dove si hanno collimatori fisici, è di tipo elettronico). Il sistema fornisce quindi una mappa delle attenuazioni dei fotoni da 511 kev lungo le linee opposte tracciate dalle coppie di fotoni di annichilazione. Ricordando infatti la (1.6) ed osservando nella figura 1.7, l emissione di due fotoni da un isotopo dentro l elemento di volume (voxel 9 ) v, distante x dal rivelatore a sinistra, la probabilità che un fotone lo raggiunga è P = e x 0 µ(x)dx ; analogamente per il secondo fotone e il rivelatore di destra. Poichè questi due numeri sono indipendenti, la probabilità di ottenere una coincidenza è P C = e D 0 µ(x)dx, che, a differenza della SPECT, indipendentemente dalla posizione del voxel lungo la linea considerata, fornisce l informazione (eq. (1.8)) necessaria per la ricostruzione (che viene quindi effettuata con gli stessi algoritmi della tomografia per trasmissione). I due parametri della PET che sono al di sotto degli standard raggiunti nella to- 7 Ad esempio, per studiare le attività cerebrali, si adopera acqua contenente 15 O. 8 La finestra temporale entro cui due segnali vengono considerati come vere coincidenze, è di circa 12 ns. 9 Il più piccolo elemento di volume entro il quale l immagine ricostruita dalla tomografia si considera costante.

28 1.4 Cenni sullo stato dell arte della diagnostica per immagini 27 Figura 1.7: Emissione di due fotoni di annichilazione senza scattering. mografia per trasmissione sono la risoluzione spaziale e l efficienza. La risoluzione spaziale (5-10 mm) è limitata da alcuni fenomeni fisici: poichè l energia dei positroni emessi segue una distribuzione, anche il loro percorso prima dell annichilazione subisce delle variazioni; l energia residua del sistema elettrone-positrone riduce l allineamento dei fotoni emessi (con un errore quindi proporzionale alla distanza dei rivelatori dal corpo); lo scattering Compton dei fotoni di annichilazione. Altre fonti di errore nella risoluzione spaziale, dovute alle false coincidenze, sono: la registrazione, in uno dei rivelatori, del fotone associato al decadimento β + invece di quello di annichilazione,

29 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 28 l annichilazione, entro il tempo di risoluzione preimpostato dei rivelatori, di due o più positroni. 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni Il trasferimento di energia di una particella carica (direttamente ionizzante), a differenza dei fotoni (indirettamente ionizzanti), avviene in maniera continua, sia per interazione coulombiana (ionizzazione ed eccitazione), che, in misura diversa a seconda della sua massa e della velocità, per irraggiamento e interazione nucleare 10. Occorre però distinguere, tra le particelle cariche, quelle che hanno una massa paragonabile a quella dell elettrone, che sono facilmente soggette ad angoli di diffusione superiori a 90, da quelle, come il protone, che vengono diffuse raramente a grandi angoli (almeno ad energie inferiori al GeV) Potere frenante La perdita specifica di energia (o potere frenante lineare) [MeV /cm] è definita tramite la derivata de/dl, nota anche come LET (acronimo di linear energy tranfer) 11. Dividendola per la densità di massa, si ottiene il potere frenante (màssico), de/dx [MeV g 1 cm 2 ], cui si farà riferimento in seguito. A causa delle fluttuazioni statistiche nella perdita di energia cui sono soggette le 10 Che è dovuta, a dispetto del nome, ad interazioni di tipo elettromagnetico col nucleo. 11 Il LET è un parametro che indica la perdita lineare d energia avendo escluso i processi di cessione elementare di energia superiori a.

30 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 29 particelle cariche in genere, l energia finale, sarà soggetta a distribuzione (energy straggling), quasi gaussiana, per spessori di materiale piccoli rispetto al range ( 1.5.2) e con deviazione standard crescente fino a spessori di materiale vicini ad esso, mostrando una coda verso le alte energie e andamento asimmetrico [Hag02, Leo94]. Anche la direzione iniziale, per quanto la traiettoria della particella possa considerarsi rettilinea tra una collisione e l altra, a causa del gran numero di collisioni cui sono soggette le particelle, diverge in funzione dello spessore attraversato e dell energia in gioco, dando luogo ad una distribuzione caratteristica 12. Con il significato già visto per i simboli, possiamo scrivere, in ordine d importanza 13 : S el+nucl = de dx = ( ) de + dx ion+ecc ( ) de + dx nucl ( ) de. (1.10) dx rad Occorre notare che, mentre la ionizzazione produce coppie elettrone-ione, l eccitazione è un processo che trasferisce un elettrone legato ad una shell di livello energetico maggiore, senza produrre nessuna coppia di cariche. Il contributo nucleare del trasferimento di energia ai nuclei del mezzo, che nel caso di elettroni è trascurabile, assume un importanza sempre maggiore al crescere della carica e al diminuire dell energia, e comporta la possibilità di uno scattering a grandi angoli (esperienza di Rutherford). Viceversa l ultimo addendo nella (1.10), cioè le perdite per irraggiamento, può essere trascurato per i protoni (che hanno una massa quasi 2000 volte più grande di quella dell elettrone), almeno fino ad energie inferiori ad 1 GeV. Un altra quantità interessante è la quantità di cariche generate per unità di lunghez- 12 Un pennello monocromatico di protoni a 230 MeV, inizialmente ben collimato, subisce un allargamento (FWHM) di circa 14(4) mm nell attraversare un cilindro di 30(15) cm d acqua. 13 Nel caso di una miscela di elementi o composti, ciascun costituente elementare contribuisce secondo la sua rispettiva frazione i-esima in peso de dx = w i de dx i.

31 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 30 za (ionizzazione specifica) de/dl w m [cm 1 ], il cui termine w m, rappresenta l energia media necessaria per creare una coppia di ioni (elettrone-buca o elettrone-ione). Potere frenante elettronico Il potere frenante per processi di ionizzazione ed eccitazione [Jac75], per un materiale omogeneo di densità ρ, introducendo lo spessore màssico: dx = ρ dl, è dato dalla formula di Bethe-Block S el = de dx = 1 de ρ dl = 2πe4 m e c 2 N Z A β 2 L(β), (1.11) A z 2 dove z e β 2 c 2 sono rispettivamente la carica e la velocità al quadrato della particella incidente, Z e A, la carica e il peso molecolare (gmol 1 ) del materiale attraversato, N A il numero di Avogadro (6.022x10 23 mole 1 ) e m e la massa dell elettrone. In prima approssimazione il fattore L(β) = L 0 +zl 1 (correzione di Barkas) +z 2 L nella (1.11) è dato dall espressione ricavabile dalla teoria quantistica delle perturbazioni (approssimazione di Born): L 0 (β) = ln ( 2me v 2 ) E max I 2 (1 β 2 2β 2 δ U. (1.12) ) I primi 2 termini nella (1.12) furono determinati da H. Bethe, il terzo, δ, detto termine di densità che tiene conto della polarizzazione del mezzo, è stato invece ricavato da E. Fermi nel 1940, U dipende dal legame col nucleo degli elettroni delle shell più interne. Ulteriori correzioni al calcolo del potere frenante sono state ricavate, anche recentemente (Lindhard e Soresen,1996), con l applicazione dell equazione di Dirac per un potenziale a simmetria sferica. Gli altri termini nella (1.12) sono:

32 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 31 I, è il potenziale di ionizzazione medio degli atomi del mezzo frenante, E max è l energia massima trasferita ad un elettrone che, per energie molto minori di M 2 pc 2 /2m e, è pari a 2m e v 2 /(1 β 2 ). Quindi il potere frenante, diversamente da quanto visto per i fotoni, è proporzionale a Z/A, che è circa costante ( 5/9 per materiali organici cfr. tab. 3.2) per quasi tutti i materiali, dipende solo col logaritmo naturale dall energia cinetica e dal potenziale di ionizzazione medio, non dipende dalla massa della particella incidente, decresce come 1/v raggiungendo un minimo per protoni intorno a βγ 3 che corrisponde a circa 2GeV cm 2 g 1 (fig. 4.13) permette di esprimere la perdita di energia in funzione dei gcm 2 di materiale attraversato, è indipendente dallo stato fisico in cui si trova il materiale, è relativamente costante per materiali di simile composizione molecolare (quali sono alcuni tessuti organici). quello dell acqua può essere usata anche per tessuti organici o materiali a Z medio basso, se divisa per la densità di massa del materiale in esame. La conoscenza di S el, è importante in fisica nucleare per l identificazione delle masse. In un esperimento ideale, facendo tendere a zero lo spessore màssico, S el x rappresenta proprio l energia media persa. In tal caso un rivelatore sottile può essere

33 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 32 adoperato per misurare questa energia; moltiplicando tale misura per l energia ottenuta da un calorimetro che fermi la particella si ottiene, nel limite non relativistico, mz 2. Potere frenante nucleare Il contributo del potere frenante nucleare, W S nucl = 2πNρ 0 W(θ,E) dσ el sinθdθ (1.13) dw dove N è il numero di atomi per grammo,w(θ,e) è l energia di rinculo dell atomo in funzione dell energia cinetica incidente e dell angolo di diffusione nel sistema del centro di massa. dσ el dw è la sezione d urto elastica calcolabile classicamente, per lunghezze d onda associate al moto del protone piccole rispetto al diametro di collisione, uguale, in funzione del parametro d urto p a: dσ el sinθ = pdp dω dθ (1.14) Il rapporto S el /Snucl, nell intervallo di energie ( MeV) utilizzato nelle simulazioni, è dell ordine di 10 3 [Nist], ed è stato dunque trascurato nei nostri calcoli Range Se costruiamo un diagramma, per un fascio di particelle inizialmente ben collimato e monoenergetico, della fluenza in funzione dello spessore di materia attraversato, notiamo, al variare del tipo di particella considerata, un comportamento

34 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 33 che può essere diversamente classificato a seconda che la particella sia direttamente (protone, elettrone, ecc) o indirettamente ionizzante (gamma, neutroni, ecc) e in base alla sua massa. Per le particelle direttamente ionizzanti e con una massa elevata rispetto a quella dell elettrone, (protoni, atomi ionizzati, ecc.), il comportamento descritto in figura 1.8 evidenzia un andamento quasi costante, seguito da una brusca riduzione della fluenza in prossimità di un certo valore dello spessore detto range. Il range (letteralmente: ampiezza,estensione) per protoni o ioni, di data energia cinetica, E 0, è definito come lo spessore 14 medio di materiale, attraversato dagli stessi, prima di fermarsi: R(E 0 ) = 0 E 0 ( ) 1 0 de = c 2 mβ de/dx β z 2 f (β ) dβ. (1.15) dove mcβ è l impulso classico e f (β) dipende solo da β, fissato il materiale frenante (eq. (1.11)). 15. Questa grandezza è dello stesso ordine di grandezza del percorso medio, mentre per elettroni, per i quali viene definito il range estrapolato (fig. 1.9), il percorso medio è molto maggiore a causa della notevole diffusione angolare, per singola collisione, cui sono soggetti. 14 Di solito espresso in termini di range màssico. [g/cm 2 ], pari allo spessore l [cm] per la densità ρ del materiale attraversato, perché indipendente dallo stato fisico e poco dipendente dal materiale. 15 La (1.15) permette subito di ricavare un utile relazione per il range di particelle differenti, ma con la stessa velocità. Ad esempio per il range del 12 C rispetto quello dei protoni troviamo: R C /R p = M Cz 2 p M = 1/3 cioè, notando che E M p zc 2 C = E C p M p, R p (E) = 3R C (12E).

35 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 34 Figura 1.8: Fluenza φ in funzione dello spessore z attraversato, per protoni o ioni pesanti Figura 1.9: Fluenza φ in funzione dello spessore z attraversato, per elettroni Deflessione angolare spaziale e dispersione energetica di un fascio di protoni Cenno alla teoria della diffusione coulombiana La distribuzione negli angoli in uscita di un fascio di protoni, inizialmente ben collimato e da un oggetto chimicamente e fisicamente omogeneo, proiettata sul piano indicato in figura 1.10 (cfr. anche la (4.2)) è quasi gaussiana. Essa è chiamata distribuzione di Molière [Hig75, Bet53]: f (θ) = [ ] 1 1 2e θ2 2θ 2 rms + f (1) (θ ) + f (2) (θ ) 2πθ 2 rms 2 B B 2 +. (1.16) dove θ è una variabile proporzionale all angolo di diffusione e B una funzione di alcuni angoli caratteristici per il processo di diffusione. Per angoli sufficientemente piccoli (circa il 98% degli angoli di diffusione attorno al valore centrale), la θ 2 rms

36 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 35 diventa la deviazione standard della gaussiana presente in (1.16): f (0) 1 (θ) = e 2θ 2 rms dθ. (1.17) 2πθrms θ 2 Per motivi di simmetria, essendo il corpo considerato omogeneo e non essendoci dunque alcuna direzione preferenziale, queste considerazioni valgono per ciascuno dei tre angoli ottenuti proiettando il vettore impulso sui tre piani individuati dagli assi cartesiani. Considerando la velocità costante, mentre i protoni attraversano l oggetto, ovvero per spessori sottili, risulta: θ rms (p,x) = 13.6MeV βcp x X 0 (1.18) in cui abbiamo indicato per i protoni: con p l impulso, con βc la velocità; X 0 è la lunghezza di radiazione [Hag02] (di solito misurata in kg/cm 2 ) 16 ; β il rapporto tra la loro velocità e quella della luce; p l impulso. 16 Definita tramite l espressione de/e = dx/x 0, è il percorso medio, in un dato materiale, entro cui l elettrone riduce la propria energia a 1/e del valore iniziale, solo per mezzo della radiazione di frenamento. Un suo valore approssimato, per un materiale costituito da un solo elemento di numero atomico Z, è X 0 = 716.4gcm 2 A, mentre, per composti o miscugli, si calcola tramite Z(Z+1)ln(287/ Z) la 1/X 0 = i w i /X i, dove w i e X i sono le frazioni in peso e le lunghezze di radiazione dell i-esimo elemento.

37 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 36 Figura 1.10: Geometria usata per la teoria di Molière: il protone incide nel piano della figura e in direzione ˆx Come si può notare si ha una forte dipendenza inversa, nell intervallo di velocità utilizzato in pct ( MeV, pari a β ), rispetto all impulso del protone e solamente secondo la radice quadrata dello spessore dell oggetto;inoltre, tutte le informazioni sulla distribuzione angolare, nell approssimazione fatta, sono contenute in X 0. Nel caso di un materiale disomogeneo come un corpo umano, poichè la (1.16) non è una distribuzione di Gauss, non è possibile applicare la (1.18) dopo aver suddiviso il corpo in n fette sufficientemente sottili da potersi considerare omogenee (sommando cioè in quadratura i θ rms corrispondenti), senza commettere un errore sistematico per difetto. Tuttavia, fermandosi al primo ordine nella (1.16), cioè per angoli non superiori a qualche volta θ rms della (1.18), e calcolando l impulso tramite simulazioni Monte Carlo o dalla (1.11), è possibile scrivere, per un materiale omogeneo [Bet53]: [ (θ rms ) 2 MeV 2 ] 1 = 13.6 c 2 X 0 x 0 dx β 2 p 2. (1.19)

38 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 37 Esiste anche una relazione tra il valore rms per la deviazione della posizione proiettata sul piano anzidetto e θ rms : y rms = 1 3 xθ rms. (1.20) Come si vede dalla (1.20) esiste una correlazione tra le due distribuzioni, come anche per altre simili grandezze, mentre sono del tutto incorrelate, ad esempio le θ rms e l angolo formato dalla proiezione del vettore impulso sul piano zy con l asse y (cfr. figg e 4.12). Nel capitolo IV queste espressioni analitiche saranno confrontate con i risultati numerici ottenuti da simulazioni, effettuate col toolkit GEANT4, su materiali omogenei e non. Cenno alla teoria di Bethe e Tschalär per la dispersione energetica L energia residua del singolo protone, dopo aver attraversato uno spessore di materia x, è distribuita, con buona approssimazione, secondo la funzione di Landau che può essere visualizzata come una distribuzione di normale con un asimmetria più o meno marcata verso le basse energie. Per perdite di energia media che superano il 20% dell energia iniziale, come avviene nelle nostre simulazioni, la deviazione dalla distribuzione normale diventa sensibile e non può essere più trascurata [Sch05](cfr ) Utilizzo dei protoni nelle immagini per trasmissione In linea di principio è possibile estendere il meccanismo di formazione dell immagine radiografica piana discusso nel 1.3, anche ad un sistema formato da un

39 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni 38 fascio di protoni monoenergetico (PTR, acronimo per proton trasmission radiography) e misurando, mediante un rivelatore di posizione 2D seguito da un calorimetro posto in coincidenza temporale con il primo, l energia residua e la posizione degli stessi. Nella figura 1.11, è stata riportata un immagine relativa a una distribuzione in un piano 2D dell energia residua dei protoni, inizialmente monocromatici e distribuiti con impulso iniziale lungo l asse x e fascio circolare. La perdita di energia, funzione della perdita specifica di energia (3.3), risulta proporzionale alla densità elettronica del mezzo attraversato e quest ultima alla densità di massa e al rapporto Z/A nella (3.9). Quindi una misura della perdita di energia fornisce una stima della quantità di massa attraversata dal fascio se si suppone Z/A costante (tab. 3.2): de E = dx dx = ρ(r) de (r) l (1.21) dx dove dx = ρdl è il differenziale dello spessore massico [g/cm 2 ], e l una differenza finita di quello lineare. Tuttavia, queste immagini, essendo la proiezione in 2D di una struttura tridimensionale (3D), non forniscono informazioni sulla reale distribuzione della materia all interno di un corpo; inoltre i tessuti molli, racchiusi entro una struttura assorbente come le ossa del cranio umano, mostrano, in queste condizioni, un contrasto ancora più basso di quello intrinseco per tali densità. Da qui la necessità, peraltro evidente anche per le immagini ricavate con fotoni X, di ricorrere ad un sistema tomografico analogo a quello utilizzato in xct.

40 1.5 La fisica di base nelle immagini con protoni Figura 1.11: Immagine per trasmissione a perdita di energia con protoni

41 Capitolo 2 Tecniche matematiche per la medicina diagnostica Introduzione Nel 1972 A. Cormack e G.N. Hounsfield, dopo una fase sperimentale iniziata già alla fine degli anni 60, costruiscono il primo apparecchio capace di eseguire una TAC (Tomografia assiale computerizzata) di un oggetto con l ausilio di un computer: per la prima volta, dopo quasi 80 anni dalla scoperta della radiografia per trasmissione ( 1.4.1) di raggi X, era possibile ottenere un immagine dell anatomia interna di un essere umano senza usare mezzi chirurgici. Ruotando l oggetto, mentre viene investito da un fascio di fotoni piano, ad esempio a forma di ventaglio (fan beam) o a raggi paralleli (parallel beam), vengono acquisite, tramite un insieme di rivelatori disposti lungo una linea, una serie di proiezioni (eq. (1.8) ), cioè integrali di linea, costituite, nel caso dei fotoni, da semplici conteggi.

42 2.1 Campionamento reale 41 La ricostruzione dell immagine, a partire da questi dati, viene oggi ottenuta prevalentemente tramite due tecniche: la Filtered Backprojection (FBP), i metodi iterativi (ART,SART,ecc) In questo capitolo saranno focalizzati gli aspetti matematici del problema. 2.1 Campionamento reale Nel processo di acquisizione dei dati necessari alla ricostruzione dell immagine, come visto nel 1.1.2, abbiamo a che fare con un numero limitato di proiezioni e di valori campionati per ciascuna di esse. Dunque il sinogramma 1 ricavato dalla trasformata di Radon va riscritto come la matrice nxm P(n r,m θ), dove: n è un indice del rivelatore interessato e m lo è della proiezione, r e φ sono rispettivamente la larghezza dei rivelatori e lo step angolare a cui vengono effettuate le proiezioni. P m n = P1 1 P P1 m P2 1 P P2 m.... Pn 1 Pn 2... Pn m 1 Un diagramma contenente i valori delle proiezioni in funzione dell angolo.

43 2.2 Trasformata di Radon 42 Un importante proprietà della trasformata di Radon ( 2.2.1) P(r,φ ) = P( r,φ ) (2.1) consente di dimezzare il numero di proiezioni, limitando la rotazione relativa dell oggetto da rappresentare di un angolo piatto, a partire da un qualsivoglia angolo iniziale φ Trasformata di Radon Proiezioni I fasci di fotoni, come abbiamo visto nel capitolo 1, subiscono un attenuazione nell attraversare dei tessuti biologici, a partire dalla quale è possibile ricavare una mappa dei coefficienti d attenuazione del tessuto stesso, dopo averlo suddiviso tramite un reticolo di voxel di dimensione pari alla finestra utile dei rivelatori. Consideriamo quindi la geometria in figura 2.1, relativa ad un conveniente sistema di riferimento appoggiato su una sezione piana del tessuto da visualizzare, dove: Oxy è un riferimento cartesiano ortogonale solidale alla sezione piana, P un punto qualsiasi della sezione da ricostruire e, s e t le coordinate del punto P nel riferimento cartesiano ruotato di φ rispetto al riferimento solidale.

44 2.2 Trasformata di Radon 43 Figura 2.1: Geometria dei sistemi di riferimento utilizzati nel calcolo degli integrali di proiezione e funzione di proiezione all angolo φ, P φ (s). Sotto queste condizioni, possiamo scrivere in maniera più semplice l integrale di linea rispetto alla retta L. Introducendo i versori κ e κ avremo: P (x,y) = sκ +tκ. (2.2) L integrale di linea dei coefficienti µ lungo L è P L = L µ(x,y) dl = µ(sκ +t κ )dt. (2.3) La funzione P φ (s) = µ(sκ +tκ )dt = µ(x, y)δ(xcosφ + ysinφ s)dxdy. (2.4)

45 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche 44 dove si è usata la δ di Dirac e l equazione della linea L, xcosφ + ysinφ = s, è detta trasformata di Radon della µ(x, y), funzione, per un fissato angolo di proiezione, dei coefficienti d attenuazione sul foglietto in esame. L insieme delle trasformate di Radon (integrali di linea) ottenute al variare dell angolo φ, formato dal versore κ con l asse x solidale all oggetto in esame, genera il cosiddetto sinogramma. La soluzione formale µ(x,y) = 1 4π 2 π 0 ( ) 1 Pκ (s) (s, φ)dsdφ, (2.5) xcosφ + ysinφ s s ottenuta invertendo la (2.4), non può essere utilizzata direttamente, sia per la finitezza dei rivelatori che comporta la discretizzazione dei valori delle proiezioni (1.9), sia per la singolarità dell integrando che potrebbe comportarne la non convergenza. 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche Di seguito vengono descritte le principali tecniche matematiche per invertire la trasformata di Radon: Tecnica di inversione diretta (o metodo della forza bruta), Ricostruzione Algebrica (Algebraic Reconstruction Technique ART), Backprojection, Filtered backprojection (FBP). Tra queste, ART e FBP sono le tecniche attualmente oggetto di studio per lo sviluppo di un sistema pct.

46 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche Forza Bruta E il metodo classico che definisce, a partire dalle proiezioni, un set di equazioni lineari da risolvere simultaneamente. Avendo a disposizione 6 proiezioni, nel caso di un immagine 2x2 con incognite x,y,w,z: x y 3 w z cioè: x + y = 3 w + z = 7 x + z = 5 (2.6) Un sistema di rette sovradeterminato con 6 equazioni e 4 incognite. Nel caso più realistico di immagini di 200x200 punti è evidente che il sistema (2.6) risulta difficilmente risolvibile anche per i computer moderni (senza considerare l incompatibilità del sistema dovuta alla presenza delle fluttuazioni statistiche associate alle misura delle proiezioni).

47 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche ART La ricostruzione algebrica iterativa (ART) è un metodo che si serve di un certo numero di iterazioni per la ricostruzione di una matrice di incognite (voxel dell immagine) a partire dalla conoscenza delle loro proiezioni (eq. (1.8) ). Essa si rende necessaria rispetto alla FBP ( 2.3.3), quando non si dispone di un numero di proiezioni uniformemente distribuito rispetto agli angoli, o quando i percorsi dei singoli raggi 2 non intersecano tutte le celle in cui è stato suddivisa l immagine incognita (come avviene tipicamente nella tomografia a emissione interna, 1.4.2). Rispetto alla ricostruzione tramite FBP ( 2.3.3) tuttavia comporta dei tempi di esecuzione più lunghi. Dopo aver suddiviso la sezione da riprodurre con una griglia quadrata di N N cellette (fig. 2.3), cascuna di lato pari alla dimensione della finestra d ingresso dei rivelatori di cui si dispone, il problema s imposta tramite un sistema lineare di equazioni: una per ogni integrale di linea. Indicando con P i (eq. 2.1) l integrale di linea (non necessariamente rette come in figura 2.3) del raggio n-esimo che concorre a formare la generica proiezione, il sistema (2.6) diventa: dove: P i = N j=1 W i j µ j, i = 1,2,...,M (2.7) M è il numero di equazioni (proiezioni) a disposizione, P i indica la proiezione (somma) del raggio n-esimo, 2 Il raggio ha qui uno spessore finito, T, come indicato in fig. 2.3.

48 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche 47 µ j rappresenta la funzione incognita, espressa con un solo indice lungo le righe ( j = 1,2,...,N), W i j è la matrice dei pesi che mette in relazione i punti dell immagine, µ j della cella j-esima, col rapporto tra l area della stessa cella, intersecata dal raggio i-esimo (area nera nella fig.2.3), e la sua area totale, k 2. Nel caso di raggi di spessore nullo, la matrice dei pesi contiene i valori 1 o 0, a seconda che le cellette siano attraversate o meno dal raggio (fig. 2.2). Figura 2.2: Costruzione della matrice dei pesi per raggi di spessore nullo. La Tecnica di Ricostruzione Algebrica si articola in alcuni semplici passi: 1. Assegnare dei valori arbitrari alla soluzione (di solito un valore costante), 2. confrontarli con i valori misurati tramite la retro-proiezione, 3. correggere la differenza osservata fini a quando non si ottengono risultati accettabili. L algoritmo più comune (S.Kaczmarz, 1937), per la cui dimostrazione si rimanda al capitolo 7 di [Kak88], è dato dalla: µ (i) = µ (i 1) µ (i 1) w i P i wi w i wi (2.8)

49 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche 48 Figura 2.3: Griglia di celle e esempio di raggi per la ricostruzione iterativa: il numero di celle dentro la sezione circolare del fantoccio è π 4 ( dk 2 ). dove µ (i) rappresenta la stima di ordine i-esimo del vettore µ j nella (2.7) e wi = (w i1,w i2,...,w in ), la riga i-esima della matrice W i j nella stessa equazione. Gli aspetti negativi di questo metodo, oltre alla lentezza di esecuzione, sono dovuti alle notevoli dimensioni della matrice W i j, ed alla indeterminazione del sistema 2.7, legata alle fluttuazioni dei valori delle proiezioni P 3 i che comporta l oscillazione della soluzione in un intorno delle intersezioni degli M iperpiani della Back projection e filtered back projection Riprendiamo ora il discorso iniziato nel In questo caso, gli iperpiani rappresentati da ciascuna equazione nella 2.7 non si intersecano in un punto ben preciso.

50 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche 49 Il teorema dello strato di Fourier (Fourier slice theorem) Consideriamo la trasformata di Fourier in una dimensione di una proiezione a raggi paralleli (cfr ): possiamo affermare che essa è eguale alla trasformata di Fourier in due dimensioni della funzione proiettata, calcolata lungo la linea parallela alla proiezione e passante per l origine del riferimento cartesiano. Con riferimento alla fig. 2.1, l espressione della trasformata di Fourier 2D del coefficiente d attenuazione, µ(x,y): F (ω x,ω y ) = µ(x,y)e 2πi(ω xx+ω y y) dxdy (2.9) e la trasformata unidimensionale della funzione di proiezione (2.3): F φ (ω) = P φ (t)e 2πit dt. (2.10) Riscrivendo l espressione della (2.9) lungo la linea ω y = 0, F (ω x,0) = P φ=0 (x)e 2πix dx. (2.11) cioè F (ω x,0) = S φ=0 (ω x ). (2.12) Poichè questo risultato non dipende dall orientamento del sistema di coordinate rispetto al corpo, possiamo ripeterlo per qualsiasi angolo, dimostrando così il teorema nel caso generale.

51 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche 50 Utilizzando il sistema di coordinate ruotato (fig. 2.1) [ t = s] [ cosφsinφ sinφ cosφ ][ ] x y (2.13) si ottiene un espressione più semplice per le proiezioni e una prova più rigorosa del teorema S φ (ω) = F(ω,φ). In altre parole la trasformata di Fourier della P φ (t) è uguale alla trasformata della µ(x,y), F (ω x,ω y ), calcolata lungo le linee parallele alle proiezioni e passanti per l origine (fig. 2.4). I punti evidenziati nella fig. 2.4, ottenuti da proiezioni prese ad Figura 2.4: Punti della trasformata di Fourier 2D per le proiezioni a n φ gradi angoli equispaziati, sono i dati effettivamente ricavabili (cfr. 2.1) e hanno, come si vede, una densità maggiore nei pressi dell origine rispetto ai bordi. Forniscono dunque una griglia polare di punti, nello spazio delle frequenze, che potremmo interpolare in uno spazio cartesiano rettangolare.

52 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche 51 La filtered back projection La trasformata inversa di Fourier 2D per una data F (ω x,ω y ) si scrive: µ(x,y) = F (ω x,ω y )e 2πi(ω xxω y y) dω x dω y = 2π 0 dθ G(ρ,θ)e 2πiρ(xcosθ+ysinθ) ρ dρ (2.14) dove con G(ρ,θ) si è indicata la F 2D espressa in coordinate polari piane ρ e θ. La seconda delle (2.14) mostra che la ricostruzione della µ(x, y) può essere ottenuta moltiplicando i dati interpolati nella fig. 2.4 per ρ, facendone la trasformata inversa unidimensionale e retroproiettando (integrale sull angolo): questo processo viene chiamato dunque Retroproiezione Filtrata, o, seguendo l acronimo in lingua inglese, Filtered Backprojection (FBP). Ammesso che la sezione da rappresentare sia inscrivibile in un quadrato di lato L, date le dimensioni finite dei rivelatori e l impossibilità di prendere un numero infinito di proiezioni, dobbiamo sostituire la trasformata inversa di Fourier con la: µ(x,y) n ( n F m L, m ) e 2πi( L n x+ m y) L (2.15) L Per poter usare la (2.15) serve una matrice di punti che possono essere interpolati dai valori disposti radialmente che possediamo (fig. 2.4), tenendo presente la minor densità di valori campionati nello spazio delle frequenze via via che ci si allontana dal centro, che comporta una peggiore interpolazione alle frequenze più alte. Il teorema della fetta di Fourier (Fourier slice theorem) La tomografia computerizzata convenzionale si serve delle proiezioni originate dall assorbimento dei raggi X lungo traiettorie ottenute misurando l attenuazione

53 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche 52 dell intensità originale. Le condizioni standard, usate nella pratica clinica, sono di illuminare il soggetto con un fascio piano sottile e uniforme di raggi che siano: paralleli con sorgente lineare, equiangolari a ventaglio con sorgente puntiforme, equispaziati; utilizzando un set di rivelatori (contatori a gas o a stato solido) 2D,e di applicare alle proiezioni ottenute un algoritmo di ricostruzione 2D. L algoritmo di filtered back projection implica l esecuzione dei seguenti step: generare le N proiezioni (sinogramma), fare la retroproiezione (backproject) dei dati, filtrare (filtering) il risultato ottenuto per compensare le imperfezioni nell immagine finale. N determina l angolo tra una proiezione e l altra e, di conseguenza, limita la risoluzione spaziale. Il filtro più comunemente utilizzato per limitare il disturbo causato dalla retroproiezione, che va come 1/r, nell immagine finale, è quello a rampa (filtro Ram- Lak in fig. 2.5) H(ω) = abs(ω). Il comando phantom, eseguito in ambiente MATLAB TM [Mat], permette di ottenere l immagine di un fantoccio di Shepp-Logan. Lo stesso ambiente ci consente anche di determinare il sinogramma corrispondente all immagine tramite la funzione radon, e, viceversa, la sua corrispondente iradon

54 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche 53 Figura 2.5: Filtri di risposta in FBP. Ram-Lak(1), Shepp-Logan(2), Coseno(3) e Hamming(4). Figura 2.6: Fantoccio bidimensionale di Shepp e Logan che consente di dedurre l immagine originaria, attraverso l algoritmo di FBP, permettendo altresì di specificare il filtro da applicare allo spazio delle frequenze e il tipo d interpolazione Numero minimo di campionamenti Vediamo ora di capire quante proiezioni e con quale passo occorre campionare il segnale in uscita dal fantoccio per una ricostruzione dell immagine priva di artefatti 4 [[Tay86]]. Una prima condizione, legata al numero di parametri liberi dell immagine, richiede un numero di equazioni uguale al numero dei pixel che compongono l immagine.se consideriamo, come si è fatto nella presente tesi, una sezione cilindrica ortogonale all asse, cioè un cerchio, racchiusa entro una griglia di pixel quadrata con passo di campionamento fissato ed n rivelatori per lato, questo significa n p π 4 n2, cioè : p π 4 n (2.16) 4 Un artefatto d immagine in tomografia, si manifesta con la presenza nell immagine, specie in corrispondenza di forti variazioni di densità, di elementi aggiunti in genere dotati di simmetria

55 2.3 Ricostruzione dell immagine: tecniche matematiche 54 dove p è il numero delle proiezioni fatte nell intervallo tra 0 e 180 (o tra 0 e 360 ). La seconda condizione, legata agli artefatti d immagine, specie in corrispondenza di spigoli e forti variazioni di densità, prevede p π/2. Questo significa che nel caso di un immagine di 200 x 200 pixel, sarà opportuno effettuare almeno 300 proiezioni per evitare artefatti, almeno per le immagini di oggetti contenenti inserti ad alto contrasto e/o spigolosi. L intervallo di campionamento nello spazio di Fourier è almeno pari a ω = 1 nt g, con una frequenza massima ω max = 1 2T g. Poichè le frequenze vengono campionate in un diagramma polare, la densità delle stesse decresce allontanandosi dall origine.

56 Capitolo 3 Sviluppo di una Tomografia Computerizzata mediante protoni (pct) Nei due capitoli precedenti abbiamo discusso dei motivi fisici e degli strumenti matematici che permettono di usare le radiazioni ionizzanti come metodo d indagine nella diagnostica medica. In questo capitolo verranno illustrati: i vantaggi ottenuti utilizzando, tra le radiazioni direttamente ionizzanti, i protoni, i principi alla base della pct, la descrizione dei parametri di risoluzione e di dose necessari a quantificare la validità del metodo usato.

57 3.1 Importanza dell utilizzo dei protoni nella compilazione dei piani di trattamento Importanza dell utilizzo dei protoni nella compilazione dei piani di trattamento Il calcolo esatto della distribuzione di dose in radioterapia e in adroterapia, come accennato all inizio di questo lavoro, richiede la conoscenza della distribuzione nello spazio della densità elettronica relativa (o della perdita specifica d energia). L informazione primaria, fornita allo scanner xct, della distribuzione nello spazio dei coefficienti d attenuazione, viene di solito convertita dalla stessa macchina in unità di Hounsfield: H CT = 1000[(µ/µ w ) 1] (3.1) dove µ e µ w indicano rispettivamente il coefficiente d attenuazione lineare del tessuto e quello dell acqua, e H CT varia tra 1000 per l aria, fino a circa 3000 per le ossa più dense (per uno spettro generato da un tubo radiogeno a 120 kv p ). Dalla (3.1), utilizzando la (1.1) e la (1.2), possiamo scrivere per la densità elettronica relativa all acqua: η = ρ e ρ e,h2 O = R σ (E, Z R, Z ph ) ( H CT ) (3.2) essendo R σ il rapporto tra l espressione per la sezione d urto totale (1.2) calcolata per l acqua, e quella per il tessuto in esame. A causa della relativa importanza dell effetto fotoelettrico, alle energie di lavoro comunemente usate negli scanner xct, le sezioni d urto a denominatore nella R σ dipendono purtroppo dai valori dello Z effettivo dei tessuti in esame e dall energia effettiva ( 1.1.3), e non possono essere determinate, in generale, con la precisione voluta. Per ovviare in parte a questi problemi sono state proposte in passato diverse soluzioni: una possibilità prevede

58 3.2 La trasformata di Radon nella pct 57 di effettuare la scansione CT utilizzando raggi γ, il che garantisce che R σ 1, essendo il Compton ( 1.1.3) prevalente sugli altri effetti; quella attualmente utilizzata consiste nell approssimare i vari tessuti con una miscela a due componenti[ped95] (acqua e aria per i numeri di Hounsfield minori di zero, acqua e osso per quelli maggiori). Poichè infatti per le ossa il valore di R σ si discosta sensibilmente dall unità (Z elevato), mentre per aria, muscolo e polmone, se ne discosta solo di poco più dell 1% (alle energie comunemente utilizzate negli scanner), vengono in pratica utilizzati due valori per R σ nella (3.2), cioè due rette di calibrazione: una per l intervallo , e l altra per quello Purtroppo la forte dipendenza del valore di R σ dall energia per le ossa introduce notevoli errori in vicinanza a tali strutture. L utilizzo diretto dei protoni, invece, fornendo direttamente la distribuzione spaziale della densità elettronica, risente solo dei limiti legati alla risoluzione spaziale ( 3.3.3) e in densità( 3.2.2), anche a causa della presenza di artefatti in corrispondenza di forti cambiamenti di densità (osso-tessuti molli). I dispositivi per l esecuzione della pct devono però consentire una precisione di almeno l 1% nella determinazione della densità elettronica relativa all acqua, onde fornire informazioni sufficientemente accurate ai piani di trattamento radioterapici[sch04]. 3.2 La trasformata di Radon nella pct Estendiamo ora i concetti esaminati nei capitoli precedenti al caso dei protoni.

59 3.2 La trasformata di Radon nella pct Proiezioni Riscriviamo la (1.11) in modo da evidenziare alcune grandezze fisiche interessanti: de (r) = η(r) F (I(r),E(r)) (3.3) dx dove: r é il vettore di posizione in 3D, η(r) la densitá elettronica relativa a quella dell acqua in r, η = ρ e /ρ e,h2 O, I(r) il potenziale di ionizzazione e E(r) l energia cinetica. L espressione per la funzione F ( I(r), E(r)) nella (3.3), nell intervallo di energie utilizzato in ambito medico, può essere approssimata fermandosi al secondo termine nella (1.12) [Sch05], e calcolando numericamente l espressione risultante. Un calcolo più accurato ad energie tipiche dei raggi γ ( ad energie comprese tra 5 e 25 MV p ), richiede anche l inserimento del termine di densità ( 4.7.2). La perdita di energia di particelle pesanti cariche attraverso la materia è alla base del metodo adoperato in questo lavoro allo scopo di ottenere immagini con un rapporto tra la risoluzione spaziale o in densità e la dose rilasciata, migliore di quello ottenibile con la xct convenzionale. La perdita media di energia di un fascio di protoni monocromatico di energia iniziale E in, nell attraversare un materiale, anche non omogeneo, di spessore L lungo la direzione del fascio, è data da: L E in = E out 0 de (l)dl (3.4) dl

60 3.2 La trasformata di Radon nella pct 59 o, in termini del potere frenante, S(l): Approssimata dalla: L E in = E out S(l)ρ(l)dl. (3.5) 0 E = de de dl dl = dx dx ρ(l) de dx l, (3.6) Ponendo E out = 0, e risolvendo la (3.5) rispetto a L, si ottiene la definizione di range ( 1.5.2). Quindi la perdita di energia, fornisce anche un informazione approssimata sulla distribuzione della densità di massa. Mettendo ora in evidenza nella (3.3) alcune grandezze [Sch04], e fermandoci ai primi due termini delle (1.12), il termine F può così essere scritto come: F (I(r),E(r)) = K 1 ( β 2 ln( 2m ec 2 β 2 ) I(r) 1 β 2 β2, (3.7) essendo state inserite in K = 4πre 2 m e c 2 alcune costanti fondamentali ( 1.5.1). Integrando la (3.3), tra l energia d ingresso E in (che può essere considerata costante), e l energia media d uscita, E out, otteniamo l equazione (3.8) molto simile a quella già vista nel 1.2 (ln(i in /I out ) = µ(x,y) l) per i fotoni: Eout E in de F(I(r),E) L = η(r)dl = η(r) l. (3.8) L analogia con il metodo classico che si basa sull utilizzo dei fotoni è tra la perdita di energia E in E out, per i protoni, e la variazione della fluenza, per i fotoni: questo ci permette di utilizzare i valori determinati tramite l integrale a sinistra nella

61 3.2 La trasformata di Radon nella pct 60 (3.8) esattamente come le proiezioni viste nel 1.2 per il calcolo della trasformata di Radon ( 2.2.1, eq. (2.4)): è necessario però considerare le traiettorie dei protoni come rettilinee e complanari. L integrale di sinistra nella (3.8), considerando il potenziale di ionizzazione costante, e pari a quello medio dell acqua (75eV [Nist]), può essere calcolato numericamente: in tal modo, filtrando le traiettorie dei protoni in modo da scegliere quelle quasi rette e complanari ( 4.3), è possibile, senza alcuna modifica all algoritmo di FBP, l inversione dello stesso per il calcolo della densità elettronica. Si comprende quindi che il raggio vettore nella (3.8) deve rimanere confinato su di un percorso quasi piano, nel capitolo successivo vedremo come l immagine finale venga influenzata dalla deviazione media rispetto al percorso rettilineo ideale. I, che rappresenta il potenziale di ionizzazione medio degli atomi del mezzo frenante, sarà considerato costante nelle simulazioni, e uguale al potenziale medio per l acqua di 75 ev: a parte il caso estremo del tessuto osseo, è questa un approssimazione accettabile (cfr. tab. 3.2), considerata anche la sua dipendenza nella (3.7) tramite il logaritmo. Dunque nella tomografia con protoni (pct), la differenza tra l energia media residua del fascio all uscita dal fantoccio e quella iniziale fornisce informazioni sulla distribuzione della densità elettronica nello spazio. Naturalmente occorre anche avere delle informazioni sulle linee L lungo cui viene eseguito l integrale (3.8), per ogni singola particella. Di questo si parlerà nel 4.3.

62 3.2 La trasformata di Radon nella pct Densità elettronica dei materiali organici La risoluzione in densità è stata definita, in questo lavoro, come la deviazione (in percentuale) del valore assoluto ricostruito rispetto a quello dell acqua. Per un materiale omogeneo, la densità elettronica assoluta ρ e è ricavabile da ρ e = ρn A Z A (3.9) dove ρ è la densità di massa, Z il numero atomico e A il peso molecolare (ρ N A A sono gli atomi/cm 3 nel materiale); ad esempio per l acqua troviamo : [ g ] ρ e,h2 O = 1.00 cm [ mole 1] 10 [ gmole 1 ] = [ cm 3] La densità elettronica di un materiale, relativa all acqua, nella (3.8), può quindi essere ricavata analiticamente dalla : η(r) ρ(r) Z(r) ( [ mol gr 1 ]). (3.10) A(r) 10 Un unità più usata è la densità elettronica per kg di materia, a causa della sua piccola dipendenza dal materiale biologico in esame, e indipendenza dallo stato fisico (tab. 3.1). Poichè il rapporto Z/A (tab. 3.2) varia, rispetto a quello dell acqua, dell 1% per tessuto muscolare e dello 8% per quello osseo, ne segue che la densità elettronica varia quasi linearmente con la densità di massa e che il potere frenante (espresso in MeV cm 2 g 1 ) varia, tra i 100 e i 200 MeV, di meno dello 0.01% e dello 0.2% (sebbene quello lineare (MeV /cm) vari del 50% circa)[sad04].

63 3.3 Contrasto e risoluzione in tomografia 62 Lo stesso non si può dire per il coefficiente d assorbimento massico che, rispetto ai raggi X, dipende separatamente da Z e da A. Materiale Z eff Densità Densità elettronica (g/cm 3 ) (elettroni/kg) Aria Acqua Tessuto molle Grasso Osso Tabella 3.1: Numero atomico efficace, densità di massa e densità elettronica. Tessuto Z/A I [ev ] ρ [ g/cm 3] Aria Tessuto adiposo Acqua(liquida) Cervello Muscolo striato Polmone PMMA(lucite) Ossa corticali Tabella 3.2: Rapporto medio del numero atomico colla massa, potenziali medi di ionizzazione e densità, per composti e miscugli. Fonte: 3.3 Contrasto e risoluzione in tomografia Per affrontare una discussione sulla risoluzione di un immagine occorre inevitabilmente tenere conto anche del contrasto e della nitidezza tra le regioni che la compongono. Un immagine che può rivelare un ottima nitidezza, cioè un grado di focalizzazione dei punti notevole, senza contrasto 1 (cfr ), non ci fornisce alcuna informazione della distribuzione dei punti che la costituiscono. 1 La misura della differenza in luminosità tra le parti più chiare e quelle più scure dell immagine

64 3.3 Contrasto e risoluzione in tomografia Fattori fisici che limitano il contrasto e la risoluzione spaziale nella pct Quando un fascio di protoni monoenergetici attraversa un materiale, anche omogeneo, perde energia secondo la legge vista nel 1.5.3, il che limita la risoluzione in densità. Subisce inoltre un effetto dispersivo che agisce, sia sulla distribuzione angolare, proiettata su di un piano ideale, ortogonale alla direzione iniziale, sia su quella relativa alla posizione iniziale, come già visto nel 1.5.3(cfr. anche la fig. 4.1), e che limita la risoluzione spaziale. Vediamo ora in dettaglio come questi due aspetti fisici del problema influenzano le immagini prodotte Risoluzione in densità di un immagine Nella tomografia convenzionale per mezzo di fotoni, la capacità di distinguere tra diversi materiali è legata ai rispettivi coefficienti di attenuazione lineare, cioè al numero atomico e all energia del fascio e ai parametri della macchina che genera i raggi X, nonchè al rapporto segnale/rumore di tutta la catena di rivelazione. Si è stabilito che materiali con densità molto differenti e/o differenti costituenti atomici si possono discriminare fino a µ che differiscono dello 0.1%. Se consideriamo l immagine di un punto dentro un mezzo omogeneo, possiamo definirne il contrasto tramite l espressione: C = I mezzo I punto I mezzo (3.11)

65 3.3 Contrasto e risoluzione in tomografia 64 dove I mezzo e I punto rappresentano rispettivamente l intensità media, nel mezzo e nel punto. Infatti, a causa del rumore introdotto dalla statistica di Poisson e dalla catena di formazione dell immagine, i valori nella (3.11) vanno mediati e ciò conduce inevitabilmente ad una diminuzione del contrasto stesso. Il motivo fisico di riduzione del contrasto in pct, invece, è legato alla dispersione (straggling) (cfr ) dei valori dell energia residua in un dato materiale. Esso quindi aumenta all aumentare del numero di protoni che attraversano un determinata sequenza di voxel (eq. (3.8))[Ped94], con la radice del numero di particelle rivelate. Successivamente dipende anche dal tipo di algoritmo utilizzato per la ricostruzione Risoluzione spaziale di un immagine E una grandezza che permette di determinare la capacità di un sistema che riproduce immagini a risolvere separatamente due punti (pixel) distinti. La risoluzione spaziale di un immagine e il contrasto della stessa sono due concetti interdipendenti: una linea bianca in un foglio bianco non mostra nessun contrasto e quindi nessuna risoluzione associata. Dunque la risoluzione in densità limita e determina anche quella spaziale: si definisce dunque una risoluzione spaziale in condizioni di alto contrasto (ad es. del tessuto osseo in quello muscolare) e una in condizioni di basso (tipicamente dei tessuti molli). Per misurarla si può far uso a volte delle linee/cm, o delle coppie di linee/cm, lp/cm: rispettivamente cioè delle numero massimo di linee distinguibili per unità di lunghezza dell immagine e del numero 2 di coppie di linee che possono essere contate parimenti. Si tratta di un metodo di misura soggettivo con un indeterminazione 2 Anche detto frequenza spaziale

66 3.3 Contrasto e risoluzione in tomografia 65 anche del 30% rispetto al valore reale. Da qui la necessità di trovare un sistema più affidabile e applicabile anche a piccole porzioni dell immagine, mediante: utilizzo di una funzione di distribuzione puntiforme (Point spread function)[sat92]; utilizzo di oggetti lineari (pattern di risoluzione) inseriti all interno dell immagine; studio della funzione di trasferimento (MTF [Joh83]). In questo lavoro verrà utilizzato, per semplicità, il secondo metodo; tuttavia diamo in seguito una breve descrizione della funzione di trasferimento (MTF). MTF Le lenti, così come qualunque sistema di analisi delle immagini, introducono delle distorsioni nel risultato finale. La modulation transfer function (MTF) [Joh83] è una misura, fatta nel dominio della frequenza, relativa ad un sistema di imaging, che permette di discriminare le immagini ottenute, in base alla loro risoluzione spaziale. Esattamente come un sistema audio è caratterizzato dalla risposta alle varie frequenze (curva di risposta),l MTF è un indice di risposta alle varie frequenze spaziali 3 che compongono l immagine. L MTF di un sistema per immagini con particelle cariche è largamente condizionato dal rumore statistico introdotto principalmente dal fenomeno fisico del multi scattering coulombiano (MCS) e, in misura molto minore (qualche percento del primo effetto), lungo il percorso del segnale nel sistema che produce l immagine. Ciò che conviene stabilire è come la densità elettronica, (e quindi il potere 3 Misurata in coppie di linee per millimetro (line pairs/mm, lp/mm)

67 3.4 Dosimetria 66 frenante) ricostruita dalle proiezioni dei percorsi dei protoni, devia dal valore vero. Analizziamo ora le differenze salienti con la CT convenzionale a raggi x (xct): La risoluzione nella pct utilizzando un algoritmo del tipo cone beam è la stessa per piani orizzontali e verticali ( 0.5 l p/cm 1 ), mentre nella xct è intrinsecamente limitata dallo spessore dei foglietti(1 3 mm); Le particelle vengono,nel caso della pct, rivelate una ad una, evitando il rumore statistico (Poisson) proprio della xct, ma non quello legato all energy straggling. 3.4 Dosimetria Il passaggio di raggi X e di particelle cariche induce, con meccanismi diversi, la formazione di coppie ione-elettrone nel materiale attraversato. Analogamente le particelle secondarie prodotte lungo il cammino, possono a loro volta produrre ionizzazione e conseguenti danni al tessuto biologico attraversato. Nei paragrafi seguenti analizzeremo alcuni elementi basilari di dosimetria e il metodo per calcolare la dose rilasciata in tomografia Unità di misura Come unità di misura della capacità di una radiazione di ionizzare l aria (esposizione), si adottava fino a qualche anno fa il Roentgen, definito come la quantità di radiazione X o γ che produce una carica di C in una massa di 1 grammo d aria in condizioni standard. Come unità di dose assorbita viene invece misurata l energia depositata per unità

68 3.4 Dosimetria 67 di massa, indipendentemente dal tipo di radiazione. La vecchia unità di misura per la dose era definita, tramite il Rad, come la quantità di radiazione che deposita un erg per grammo di materia. Il Roentgen e il Rad sono unità di misura ormai cadute in disuso, sostituite nel Sistema Internazionale (SI a cui nel seguito ci riferiremo), rispettivamente dal Coulomb/Kg e dal Gray (Gy) (1 Gy= 1Joule/Kg= 100 Rad) Dose rilasciata da protoni e ioni pesanti Processi fisici considerati Consideriamo un fascio di protoni o di ioni più pesanti, interagenti con un generico materiale: i processi d interazione con i nuclei e gli elettroni del bersaglio possono essere così classificati (eq. (1.10)): 1. processi di scattering anelastico con gli elettroni del mezzo (ionizzazione ed eccitazione), 2. processi di scattering anelastico coi nuclei (assorbimento), 3. processi di scattering elastico coi nuclei (diffusione), 4. processi d interazione col campo elettromagnetico degli atomi e conseguente radiazione di frenamento. Di questi, solo le collisioni anelastiche con gli elettroni e, in minor misura, lo scattering anelastico coi nuclei, danno un contributo non trascurabile, nell intervallo di energia utile nella pct, cioè tra i 100 e i 250MeV. In particolare le interazioni nucleari-anelastiche in acqua (essendo la sezione d urto

69 3.4 Dosimetria 68 macroscopica per urto anelastico, κ, nell intervallo di energie tra 150 e 250 MeV, circa costante e pari a 10 2 cm 1 ) riducono la fluenza, Φ = dn/da, dei protoni secondo la: Φ(l) = Φ 0 e κl (3.12) (che corrisponde ad una riduzione del flusso iniziale di circa il 20% dopo avere attraversato un fantoccio di 20 cm) Definizione di dose La dose, misurata come detto in Gray, è definita come rapporto tra l energia media depositata in un volume infinitesimo e la massa dello stesso: D = de dm, (3.13) Nel caso reale, dopo aver suddiviso l intero volume tramite una griglia regolare, E = E in E out + Q reaz rappresenta il bilancio energetico all interno del volume elementare finito (voxel). I primi due termini sono l energia cinetica persa dal fascio di particelle, e il terzo è la somma algebrica delle energie liberate (+) e assorbite (-) nelle trasformazioni di nuclei e particelle. Consideriamo ora un elemento di volume, di superficie a, esposta ad un fascio di protoni, e massa dm = ρ a l; l energia media depositata per particella, lungo un tratto l di percorso in cui il potere frenante lineare (LET) (1.10) possa ritenersi costante è:

70 3.5 Dose al centro rilasciata in un fantoccio cilindrico (CTDI) 69 E = de l, (3.14) dl cui corrisponde una dose: D = dedn ρdadl = de dx Φ (3.15) La (3.15) è valida per ogni tipo di radiazione direttamente o indirettamente ionizzante: ricordando l espressione del potere frenante ( 1.5.1) possiamo ricavare anche la relazione tra la dose rilasciata in due materiali differenti, ma esposti allo stesso fascio, D osso = D aria S osso S aria Considerando anche le interazioni nucleari, avremo, per la dose rilasciata in un punto dove il fascio ha energia media E M : D = Φ(S(E M) + κγ(e M )) ρ (3.16) essendo qui S(E M ) il potere frenante lineare e γ la frazione dell energia persa nelle interazioni nucleari che viene ceduta a particelle cariche (poco variabile con l energia e pari a circa il 65% del totale). 3.5 Dose al centro rilasciata in un fantoccio cilindrico (CTDI) La dose, come detto, è una grandezza che va determinata per ogni voxel delle rete virtuale associata agli organi da irradiare. Al fine dunque di ottenere una

71 3.5 Dose al centro rilasciata in un fantoccio cilindrico (CTDI) 70 grandezza che con un singolo dato, fissate le condizioni geometriche del fascio, della fluenza e del fantoccio (che rappresenta il corpo del paziente), permetta di calcolare la dose in alcuni punti caratteristici del fantoccio. In tomografia la dose totale rilasciata per fetta scansionata, calcolata simulando una camera a ionizzazione (C.I.) di tipo pencil, viene definita tramite l indice di dose CTDI (Computed Tomography Dose Index). Per effettuarne la misura, una C.I., cilindrica, lunga 10 cm e del diametro di 2 cm, viene inserita lungo l asse di un fantoccio cilindrico dalle pareti in plexiglass e riempito d acqua. L indice di dose può essere definito dalla: CT DI 100 = 1 50mm D(z)dz, (3.17) nt 50mm dove T è lo spessore nominale in millimetri della fetta scansionata, n è il numero di strati contigui campionati per ogni singola proiezione, z è la posizione lungo l asse di rotazione in cui è disposta la C.I. e D(z) è la dose rilasciata, per singola proiezione, nella fetta di coordinate tra z e z + dz della sola C.I. Esso rappresenta quindi l integrale del profilo di dose calcolato lungo una linea ortogonale al piano lungo cui di esegue la tomografia diviso per il prodotto dello spessore T per il numero degli strati n. Si dimostra che tale integrale è uguale alla somma dei contributi nel centro del fantoccio dovute alle esposizioni degli strati contigui. Poichè possiamo anche scrivere (eq. (3.13) e (3.17)) E C.I. = ρs 50mm 50mm de 50mm dm dz = ρs D(z)dz = nt ρs CT DI 100, (3.18) 50mm essendo ρ e S la densità e la sezione della C.I., e E C.I. l energia totale rilasciata nella

72 3.5 Dose al centro rilasciata in un fantoccio cilindrico (CTDI) 71 Figura 3.1: Profilo dell energia rilasciata per unità di lunghezza, con uno spessore del fascio di 1µm Figura 3.2: Profilo dell energia rilasciata per unità di lunghezza, con uno spessore del fascio di 100 mm. C.I. per proiezione; ne segue che: E C.I CT DI 100 = 1 n ρst = 1 n E C.I. m (3.19) dove S è la sezione della C.I. e m la massa della parte della C.I. di spessore T. Dunque, nell ipotesi di un tomografo a singolo strato (n=1), per calcolare il CTDI simulato basta sommare l energia rilasciata nel volume della camera e dividere per la massa m. Nelle figg. 3.1 e 3.2 è stato rappresentato, per una simulazione di N p = 10 6 protoni da 250 MeV, il profilo dell energia rilasciata per unità di lunghezza in funzione della posizione lungo l asse della camera, rispettivamente per un fascio di 1µm e di 100 mm: in entrambi i casi, come è naturale aspettarsi, l area sotto il grafico, che è proporzionale alla dose rilasciata, ha lo stesso valore (circa MeV).

73 Capitolo 4 Il programma e i modelli simulati Nella prima parte di questo capitolo, dopo un breve accenno al metodo e al software utilizzati, verranno descritti i fantocci simulati ed il metodo seguito per la ricostruzione finale dell immagine. Successivamente verrà affontato il problema della validazione del codice simulato, relativamente ai fantocci utilizzati. 4.1 Il metodo MonteCarlo e le sue applicazioni in fisica La simulazione al computer di eventi stocastici Tutti i processi fisici visti nei capitoli precedenti possono essere simulati, a partire dalla conoscenza della probabilità che si verifichino, applicando il cosiddetto Metodo di Monte Carlo 1. Supponiamo di voler generare degli eventi ciascuno con probabilità data, k l m : basta disporre di una funzione che generi numeri 1 Originariamente proposto da S.Ulam e J.Von Neumann come metodo statistico per studiare la diffusione e la moltiplicazione dei neutroni in un materiale fissile.

74 4.2 Introduzione al toolkit GEANT4 73 pseudocasuali 2, uniformemente distribuiti nell intervallo [0,1), e provocare l evento k solo se il numero generato cade nell intervallo [0,k), l evento l solo se il numero cade in [k,k + l), e così via. Ciascun processo fisico viene così generato in proporzione al dato sperimentale o teorico della sua sezione d urto. Nella generazione di un gran numero di eventi è possibile così avvicinarsi al dato reale. Il toolkit 3 di simulazione in linguaggio C++, GEANT4, di cui si è fatto largo uso nello sviluppo di questa tesi è basato sul metodo di MonteCarlo. A tal proposito è stato utilizzato in GEANT4 un generatore pseudo-random, fornito dalla libreria di classi per le alte energie CLHEP [Clh], a valori distribuiti uniformemente in [0, 1) (funzione G4uniformRand ), o secondo una curva specifica (classi di CLHEP: RandGauss, RandPoisson, RandLandau, RandBit, ecc), e direttamente utilizzabile anche dall utente finale ad esempio per randomizzare la direzione iniziale dell impulso della particella, la sua posizione iniziale, o l energia. 4.2 Introduzione al toolkit GEANT4 Questo codice, nato nel 1974 per simulare apparati per lo studio di collisioni ad alta energia, è stato successivamente modificato fino a comprendere un intervallo di energie che spazia da pochi ev fino ai TeV, e tutte le particelle note[hag02] o definibili dall utente. GEANT4 è un pacchetto di librerie software interamente riscritto 4 2 Sequenza predefinita di numeri, generata dal calcolatore a partire da un valore (seme) diverso per ogni simulazione, con proprietà simili ai numeri casuali ordinari. 3 È una libreria di classi C++ da cui l utente finale può attingere per costruire delle classi derivate. 4 La precedente versione, GEANT3, era basata sul linguaggio Fortran e quindi a struttura monolitica e difficilmente modificabile.

75 4.2 Introduzione al toolkit GEANT4 74 in C++, che è un linguaggio di programmazione orientato agli oggetti, modulare e strutturato, per la simulazione del passaggio di particelle cariche attraverso la materia. La documentazione relativa al toolkit GEANT4 si può trovare in [Rus02,?], o, in continuo aggiornamento, sul sito internet del Cern [G4W] a Ginevra, quindi non verranno dati qui che brevi cenni strettamente necessari alla comprensione del testo. Processi fisici attivati La fisica nel programma, tutta racchiusa nella classe G4VProcess e derivate, comprende: Il decadimento, Le interazioni elettromagnetiche (EM) fisica elettromagnetica standard (interazioni EM per elettroni, positroni, fotoni e adroni), i processi per fotoni ottici e per i muoni, la radiazione di frenamento, La fisica adronica. Nel programma sono stati implementati diversi processi fisici, distinti in processi elettromagnetici e adronici, riassunti, insieme alle classi corrispondenti, nella tabella 4.1. In particolare, per molte simulazioni, sono stati impostati: la fisica elettromagnetica standard;

76 4.2 Introduzione al toolkit GEANT4 75 Processo Fisico Processi Elettromagnetici Effetto fotoelettrico Effetto Compton Produzione di coppie Diffusione Multipla Ionizzazione(per elettroni) Bremsstrahlung(per elettroni) Annichilazione Elettrone-Positrone Ionizzazione(per adroni) Processi Adronici Scattering Nucleare Inelastico Scattering Nucleare Elastico Scattering Inelastico per Neutroni Fissione Cattura Classe G4PhotoElectricEffect G4ComptonScattering G4GammaConversion G4MultipleScattering G4eIonisation G4eBremsstrahlung G4eplusAnnihilation G4hIonisation G4HEProtonInelastic G4HadronElasticProcess G4NeutronInelasticProcess G4LFission G4HadronCaptureProcess Tabella 4.1: Processi fisici implementati il decadimento; il modello adronico precompound [Ago03]. Abbiamo anche eseguito delle prove con i modelli adronici più recenti (Fermi breakup, GEM evaporation, Bertini model, ecc), ma senza riscontrare variazioni di rilievo nelle dosi ricavate e nelle immagini, a dispetto di un tempo di esecuzione estremamente più lungo.

77 4.3 Una tomografia eseguita seguendo ogni singola particella Una tomografia eseguita seguendo ogni singola particella Introduzione Il programma di simulazione, il cui nucleo iniziale è stato ricavato da precedenti lavori [Rus02, Can04], realizza la tomografia di un singolo foglio piano (la sezione circolare evidenziata nel cilindro in fig Le immagini simulate sono state tutte generate a partire da 180 proiezioni, prese tra 0 e 179, considerato che una rotazione di 180 fornisce dati sufficienti per la ricostruzione tomografica secondo la (2.1). Durante la simulazione il sistema di riferimento cartesiano del fascio (x, y, z) rimane stazionario rispetto a quello del world (laboratorio), mentre il fantoccio in esame viene ruotato attorno all asse di simmetria di un angolo costante φ tra un run 5 e il successivo (in GEANT4 infatti non è possibile cambiare la geometria all interno di un run), per accumulare i dati delle proiezioni ai vari angoli (fig. 4.1 e 4.2) Struttura del programma in GEANT4 Il programma, che è suddiviso in diversi moduli sorgenti, è composto da un file principale (main), in cui vengono prodotte le istanze (oggetti) delle classi che saranno utilizzate; da alcuni file di tipo include che servono a contenere le dichiarazioni delle suddette classi e delle altre variabili del programma; 5 È un comando mediante il quale si ordina al kernel di Geant4 di seguire il percorso di un numero definibile di particelle

78 4.3 Una tomografia eseguita seguendo ogni singola particella 77 Figura 4.1: Geometria del contorno del fantoccio simulato Figura 4.2: Modello tipo per il calcolo delle risoluzioni durante un run (in blu le tracce dei protoni, in rosso quelle degli elettroni e in verde i quanti gamma). infine dai file di tipo source che contengono l implementazione delle classi stesse. La simulazione dello scanner pct gira interamente all interno del main, dove viene anche inizializzato il kernel di GEANT4 ed il generatore di numeri pseudocasuali. La tomografia viene eseguita inviando al kernel di GEANT4 i comandi per l esecuzione di un run di n protoni per ciascuna proiezione da effettuare; ordinando quindi, tra un run ed il successivo, una rotazione del fantoccio in esame di un angolo pari allo step angolare scelto, fino a coprire tutto l intervallo di rotazione pari ad un angolo piatto. Nella classe derivata dalla PrimaryGeneratorAction viene impostata la posizione e il momento dei protoni lanciati. All interno di ciascun run vengono infine raccolti e immagazzinati i dati di contorno relativi (cfr ) a ciascun percorso simulato.

79 4.3 Una tomografia eseguita seguendo ogni singola particella Percorsi medi possibili Per un fascio policromatico di fotoni per le intensità d ingresso e d uscita si applica, come abbiamo visto nel 1.1.4, l equazione (1.7), con segnale dato dalla (1.8). Nel caso di particelle cariche come i protoni, ricordando la 3.8, che qui riscriviamo per comodità, Eout E in de F(I(r),E) = η(r) l, (4.1) l applicazione dell algoritmo di FBP (cap.2.3.3) alla (4.1), richiede la conoscenza di quali protoni hanno seguito percorsi quasi paralleli alle linee del reticolo di voxel in cui è stato suddiviso il piano da scansionare. Come si è visto infatti nel 2.3.3, l FBP, a differenza degli algoritmi iterativi ( 2.3.2), richiede il parallelismo e la complanarità dei raggi: questa condizione è esattamente verificata per quei fotoni che non interagiscono fino al contatore e che servono a determinare le proiezioni, ma lo è solo con un certo grado di approssimazione per le particelle cariche. Con la simulazione è possibile seguire un protone lungo tutto il suo percorso, mentre nell ambito di un applicazione reale possiamo solo conoscere per ciascun protone (fig. 4.3): 1. la posizione subito prima e subito dopo la penetrazione nel paziente/fantoccio; 2. l angolo formato col piano dei rivelatori; 3. l energia iniziale e finale. I primi due parametri, mediante odoscopi a fibre ottiche [Ped99] o piani a microstrip di silicio (dello spessore di circa 300µm [Kee02]), e l energia, con le stesse giun-

80 4.3 Una tomografia eseguita seguendo ogni singola particella 79 Figura 4.3: Geometria del sistema pct (su un piano), percorso rettilineo (nero), percorso interpolato (rosso) e percorso più probabile (blu). zioni di silicio 6, o con un calorimetro di dimensioni sufficienti a fermare completamente il fascio uscente. Per rispettare i requisiti geometrici sul fascio imposti dall utilizzo dell algoritmo di FBP, si è proceduto con due vincoli sui percorsi dei protoni: 1. in un gruppo di simulazioni, definita una griglia virtuale di passo costante (1 mm), sovrapposta al piano da immaginare, si è imposto al percorso di ogni singolo protone di muoversi entro i corridoi (raggi) della griglia, escludendo quindi i protoni che entro il fantoccio subivano una diffusione, nelle due direzioni ortogonali a quella di propagazione, superiore al passo di griglia; 2. in un altro, si è imposto il vincolo solo sull angolo d uscita, considerando validi solo quei percorsi uscenti: con un angolo proiettato ( 1.5.3) minore di un valore predefinito 6 Poiché la carica liberata Q è proporzionale all energia depositata nel microstrip, e ricordando la (3.14), otteniamo per il silicio: de/dx = Q 3.4[eV ] ρl, da cui, esprimendo l energia in funzione del potere frenante, possiamo ricavare la carica rilasciata

81 4.3 Una tomografia eseguita seguendo ogni singola particella 80 Figura 4.4: Spettro degli angoli (gradi) per protoni (vincolati al canale centrale) a 250 MeV. e appartenenti allo stesso raggio iniziale. Il primo metodo è molto più restrittivo del secondo. Infatti con un diametro del fantoccio di 200 mm (cfr. tabella 4.2), solo lo 0.5% dei percorsi dei protoni è rettilineo entro uno scarto di 1mm: tale percentuale sale al 15% riducendo lo spessore dello stesso a 50mm, e al 5% con un fantoccio da 100mm: ne segue che anche la dose necessaria per proiezione, a parità di risoluzione, si riduce notevolmente. Invece nella figura 4.6 viene mostrato il percorso medio e il limiti entro il valore della deviazione standard, per i percorsi di protoni da 250 MeV con coordinate iniziali uniformemente distribuite entro il canale centrale di lancio (0mm y 1mm), e momenti paralleli all asse x (senza l imposizione di nessun vincolo in uscita): quindi, in queste condizioni, in cui trova applicazione il secondo metodo, si vede bene che quasi il 68% dei percorsi cade entro il canale stesso, fornendo quindi

82 4.3 Una tomografia eseguita seguendo ogni singola particella 81 informazioni coerenti con la distribuzione della densità elettronica entro di esso. Escludendo i protoni che in uscita mostrano un angolo proiettato (ad es. sul piano xz) superiore ad un limite prefissato, i limiti ±σ della figura si restringono ulteriormente, ma nel contempo aumenta il rumore dovuto alla riduzione del numero di eventi per canale. Nell ultimo capitolo verranno illustrate le immagini relative ad entrambe le scelte (cfr. figg ). Energia(MeV) φ (mm) 50 15% 14% 100 5% 3.5% % 0.3% Tabella 4.2: Percentuale approssimata dei percorsi rettilinei entro 1mm Geometria del fascio E stato simulato, analogamente a quanto avviene nelle scansioni tomografiche a raggi X, un fascio rettangolare con la dimensione minore ortogonale al piano d immagine e largo quanto il diametro del fantoccio cilindrico. Nelle ordinarie tomografie con fotoni, l ampiezza del collimatore che limita lo spessore del piano d immagine è, per ridurre le fluttuazioni statistiche a parità di fluenza, una quantità finita che varia solitamente tra 10 e 30 mm (quindi circa 10 volte quella dei rivelatori allineati sul piano). Questo comporta una riduzione della risoluzione a causa della sovrapposizione delle strutture presenti dentro lo spessore stesso: la densità di ciascun punto è la media dei valori sull intera altezza del fascio. Nelle simulazioni con protoni è stato qui settato uno spessore del fascio dell ordine del micron, onde ridurre al massimo la dispersione spaziale lungo l asse ortogo-

83 4.4 Struttura dei fantocci ricostruiti 82 nale ai fantocci, mentre il passo tra i rivelatori è di 1 mm, conformemente alla dimensione dei migliori rivelatori a semiconduttore oggi disponibili Numero di proiezioni Come predetto dal teorema di Nyquist (cfr. eq. (2.16)), la frequenza di campionamento dev essere doppia della più alta frequenza da riprodurre. Tenendo conto che la più alta frequenza spaziale è limitata dall inverso dell FWHM, ne segue che ciascuna proiezione dev essere campionata perlomeno 2 volte per l FWHM o 4 volte per la larghezza del collimatore Struttura dei fantocci ricostruiti La corrispondenza di un immagine CT con il dato reale dipende sia dalle modalità di acquisizione, che dagli algoritmi di ricostruzione, nonché dal tipo di oggetto in esame. Il limite superiore di risoluzione spaziale, è comunque dato dal passo della griglia virtuale sovrapposta al piano dell immagine. Per una prima scansione pct abbiamo utilizzato inizialmente un fantoccio, nel quale abbiamo simulato il trasporto di un fascio di protoni, costituito da un cilindro d acqua, dentro il quale sono stati posizionati 5 cubi composti da materiali organici. Il fantoccio così realizzato ha un diametro di 100mm e i cubi interni hanno lo spigolo di 50mm, quello al centro del fantoccio, e di 6mm, quelli disposti ai bordi. Per questa prima simulazione si è utilizzato un fascio piano, con spessore iniziale di 1 mm, e coordinata y della posizione iniziale della particella, lungo l asse 7 Il teorema di Shannon-Nyquist afferma che si può ricostruire un segnale a partire dai suoi valori campionati se la frequenza di campionamento è maggiore o uguale del doppio della frequenza più alta contenuta nello stesso

84 4.4 Struttura dei fantocci ricostruiti 83 di proiezione, uniformemente distribuita tra 50 e 50 mm. Per ogni run è stato simulato il trasporto di protoni a 250 MeV. In totale sono state eseguite 180 proiezioni tra 0 e 360 a passi di 2 (l immagine ricavata è rappresentata in fig.4.5). In particolare sono state indagate, inizialmente delle figure geometriche dal profilo netto e rettilineo, cioè contenitori cubici in acqua con inserti della stessa natura e materiali organici, e, poi, cilindri, di dimensioni paragonabili al tronco del corpo umano (diametro φ= 20 cm), contenenti inserti organici di varia densità. In fig. 4.5 è stata riportata la sezione tomografica ricavata mediante una scansione ottenuta simulando uno scanner di 1 a generazione [Han81, Kak88], contenente alcuni materiali presenti nel corpo umano. Le linee verticali ed orizzontali, in corrispondenza degli spigoli del cubo, che sembrano prolungare i lati del cubo d osso centrale, sono dovute ad artefatti dovuti ad un campionamento insufficiente in presenza di forti variazioni nella densità (acqua-osso), le altre linee rette (meno evidenti e variamente orientate) sono invece dovute ad artefatti energetici (par ). Si tratta di una sezione ortogonale all asse del cilindro, contenente vari inserti cubici, di densità, relativa a quella dell acqua, compresa tra 0.50g/cm 3 (polmone) e 1.85g/cm 3 (ossa compatte). Gli inserti rappresentano dunque un campione di tessuti umani: polmone 0.508g/cm 3 tessuto adiposo 0.967g/cm 3 muscolo 1.061g/cm 3

85 4.4 Struttura dei fantocci ricostruiti 84 Figura 4.5: Immagine pct (sono indicate le densità relative) osso compatto 1.850g/cm 3. Come si nota chiaramente in (fig.4.5), purtroppo la piccola differenza in densità relativa per molti materiali che costituiscono il corpo umano comporta una piccola variazione della perdita di energia tra i vari tessuti e conseguentemente un basso contrasto tra gli stessi. Infatti, per la (3.6)la dipendenza del potere frenante dal tipo di materiale attraversato (espressa come de/dx) è Z/A, e tale rapporto (cfr. tab. 3.2[Han82]) è relativamente costante nei tessuti organici.

86 4.5 Fantocci utilizzati per l analisi della risoluzione Fantocci utilizzati per l analisi della risoluzione Allo scopo di quantificare la risoluzione in densità elettronica e quella spaziale, anche per confrontare i nostri risultati con quelli analitici [Sch05, Sch06] recentemente studiati, abbiamo simulato un modello di fantoccio cilindrico di 20 cm di diametro contenente: Inserti cilindrici disposti nella periferia (cfr. fig. 4.2) e la composizione chimica dell acqua, ma con densità variabili, Delle triplette di fori cilindrici, allineate a tre a tre e disposte in vicinanza all asse del fantoccio, senza materia al loro interno, di diametro D variabile, e con una distanza da centro a centro pari a 2D, come descritti in tabella 4.3. Gli inserti del primo tipo servono a determinare la risoluzione in densità, in condizioni di basso contrasto e sono costituiti da acqua con densità linearmente variabile da 900 a 1096 g/cm 3, pari ad una variazione, rispetto alla densità dell acqua, di poco più dello 0.4% per ogni cilindro consecutivo: ricordando la (3.9), ne segue che anche la densità elettronica, essendo Z/A in queste condizioni rigorosamente costante, sarà linearmente variabile con lo stesso gradiente rispetto alla densità elettronica dell acqua. Per il calcolo della risoluzione spaziale, invece la simulazione è stata condotta utilizzando un metodo standard [Tay86], utilizzando quindi dei sistemi di cilindretti che, essendo vuoti, possiedono una differenza in densità del 100% rispetto al mezzo uniforme acqueo (quindi in condizioni di alto contrasto) in cui sono inseriti. I dati riportati nella tabella 4.3 sono relativi ai diametri presenti nelle triplette e alla

87 4.6 Ricostruzione dell immagine 86 corrispondente misura in linee/cm ( o coppie di linee/cm,lp/cm 8, o anche frequenza spaziale, cm 1 ). D (mm) Risoluzione spaziale(lp/cm) Tabella 4.3: Diametri, e linee/cm corrispondenti, delle triplette di fori. La figura 4.2 contiene un istantanea del fantoccio tipo, con le tracce dei protoni (blu), dei fotoni (verdi) e degli elettroni secondari (rossi). 4.6 Ricostruzione dell immagine L integrale che serve a determinare i valori di proiezione (3.8) (per ogni canale da 1mm della suddivisione virtuale del piano da immaginare), è stato calcolato numericamente (cfr. 3.2) e i valori ottenuti, per ogni fissato valore dell energia iniziale e finale, sono stati immagazzinati in un file in modo tale da velocizzare gli algoritmi utilizzati nella ricostruzione dell immagine. I dati raccolti con le n proiezioni, tante quanti sono gli angoli di proiezione, sono stati accumulati in altrettanti file, contenenti ciascuno, per ogni protone simulato, sia le energie iniziali e finali, sia le posizioni, sui due piani rivelatori 9, come anche le tre componenti dell impulso sul piano rivelatore posto all uscita (fig. 4.2). Le energie utilizzate nelle simulazioni, sono compatibili con quelle previste per tessuti biologici di dimensione media 10, vale a dire nel range tra 150 e 250MeV per gli 8 In letteratura si usano indifferentemente: una linea è costituita da un rettangolo nero seguito da uno bianco: il loro insieme costituisce una coppia, una linea, oppure un ciclo spaziale 9 I piani simulati sono costituiti da foglietti in silicio, omogenei, dello spessore di 300µm 10 Arti, tronco e capo umani

88 4.6 Ricostruzione dell immagine 87 arti e 200 fino a 250MeV per il tronco umano. Nel complesso, considerando anche le simulazioni effettute con fotoni, questi file contengono: Nel caso dei fotoni: i conteggi per canale, o le posizioni finali, dei fotoni che non hanno subito diffusione/assorbimento nel mezzo. Nel caso dei protoni: l energia e le posizioni iniziali e finali dei protoni che sopravvivono fino al piano rivelatore d uscita le tre componenti dell impulso calcolate sullo stesso piano Algoritmi di ricostruzione Sono state utilizzate diverse implementazioni dell algoritmo di FBP, realizzate in ambiente MATLAB TM, utilizzando anche Le funzioni built-in dell ambiente MATLAB (radon(), iradon()), Alcuni interessanti spunti da [Fesweb], insieme allo sviluppo, nello stesso ambiente, della funzione (3.7) per determinare le proiezioni pct. Il metodo di retroproiezione non filtrata genera immagini con un alta densità al centro e a contrasto estremamente basso, a causa della sovrapposizione delle immagini, nel dominio della frequenza, attorno alla zona di bassa frequenza (fig. 2.4), ed è stato quindi scartato in partenza.

89 4.6 Ricostruzione dell immagine 88 Il filtro naturale in FBP, come mostrato nella (2.14), è quello a rampa (Ram-Lak in fig. 2.5) ρ, che quindi amplifica le alte frequenze nell immagine rispetto alle basse, aumentando così il contrasto. Dopo varie prove è stato preferito usare il filtro Ram-Lak (esteso a tutte le frequenze presenti nelle immagini), nonostante questo abbia la tendenza ad amplificare il rumore, inevitabilmente presente nelle proiezioni ( 1.5.3), rispetto ad altri che hanno però la caratteristica di ridurre il contrasto Artefatti energetici in pct La trasformata di Radon per le immagini xct, parte dai principi ideali di avere un numero molto elevato di fotoni nel rivelatore (il cui numero è soggetto alla statistica di Poisson); raggi infinitamente sottili e rettilinei, monoenergetici, e basso rumore nella catena di rivelazione e produzione delle immagini finali. In completa analogia anche nella pct occorrerebbero condizioni simili: un alto numero di protoni per ciascuna traiettoria (rettilinea o curvilinea che sia) per minimizzare l effetto di dispersione energetica (cfr ), e fantocci piccoli o alta energia per minimizzare lo MCS e ottenere raggi molto sottili. Lo scostamento dell energia finale per canale in uscita, media dei valori campionati 11, rispetto al valore medio dell energia residua calcolata analiticamente (eq. di Bethe-Block (1.11)), E out, è maggiormente sentito all estremo superiore dell intervallo energetico considerato nelle nostre simulazioni ( MeV), a causa della dipendenza crescente della funzione 1 F(I(r),E) fig. 4.13), e della più marcata asimmetria della distribuzione. all aumentare di E (cfr. 11 Ricordiamo qui che l errore commesso sulla media è dato dall errore standard diviso la radice del numero dei conteggi effettuati

90 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati 89 Tale errore, che si ripercuote nella qualità dell immagine finale con la presenza di artefatti rettilinei (cfr. fig. 5.2), può essere ridotto, sia aumentando il numero dei protoni trasportati (per ottenere un valore più vicino alla perdita media di energia E out (eq. (4.1)), sia riducendo l energia iniziale dei protoni a quella minima consentita dalle dimensioni del fantoccio. D altro canto, sia la distribuzione per le energie in uscita dei protoni vincolati al movimento entro un canale virtuale di larghezza pari al lato della rete di voxel di 1mm, sia di quelli vincolati al passaggio per gli estremi del canale e che quindi si muovono entro i limiti del percorso medio ±σ nella figura 4.6, mantengono l asimmetria tipica della distribuzione di Landau verso le basse energie come è mostrato nelle figure , e larghezza a metà altezza, ricavata dai dati delle simulazioni, di 2.5%. 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati Vogliamo qui discutere alcune simulazioni eseguite col toolkit GEANT4 al fine di validarne il codice, nel suo comportamento riguardo ai fenomeni fisici del MCS ( 1.5.3) e della perdita media di energia cinetica attraverso materiali omogenei Simulazioni sulla dispersione angolare e spaziale (MCS) Nel tentativo di metterci in condizioni quanto più possibile vicine a quelle delle simulazioni del sistema tomografico discusso nel capitolo precedente, sono state eseguite delle simulazioni con un cilindro d acqua di 20 cm di diametro ed uguale

91 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati 90 Figura 4.6: Percorso medio (blu) e limiti ±σ (rosso) per protoni da 250 MeV, uniformemente incidenti nel canale centrale (coordinata y = mm: 0 1) di un fantoccio con diametro φ= 20 cm, senza alcun vincolo per l angolo proiettato in uscita. altezza e fascio monocromatico collimato in un pennello con direzione lungo l asse x, ortogonale all asse del cilindro. La distribuzione dell angolo Θ X formato dalla proiezione del vettore impulso sul piano xy, con l asse x (variabile θ dell eq.(1.18)), e quella della componente lungo l asse y della posizione, sono state quindi confrontate con i risultati analitici della teoria descritta nel Gli angoli (cfr. fig. 1.10) sono stati determinati proiettando, in corrispondenza del foglio 2D che simula un rivelatore a microstrip di silicio, il vettore impulso p nei tre piani individuati dagli assi cartesiani. Ad esempio per il piano individuato dagli

92 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati 91 Figura 4.7: Spettro delle energie residue per protoni da 250 MeV, vincolati solo agli estremi del canale centrale. assi x e y: Θ X = atan ( px p y ), omettiamo di scrivere le analoghe per gli altri due angoli. I dati riportati nella tabella 4.4 riguardano, a causa dell omogeneità del cilindro e dell equivalenza delle direzioni, uno qualunque dei tre possibili angoli suddetti e la componente della posizione lungo uno dei due assi ortogonali alla direzione di propagazione iniziale del fascio. I valori rms delle dispersioni spaziali e angolari dei dati simulati sono stati rica-

93 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati 92 Figura 4.8: Spettro delle energie residue per protoni da 250 MeV, vincolati lungo tutto un canale di 1 mm. vati sia applicando direttamente le formule statistiche, sia a partire da un fit con una curva gaussiana, costruita a partire dal 98% dei dati attorno allo zero, cioè escludendo quelli che secondo la teoria si discostano troppo dalla distribuzione normale ( 1.5.3). Per quanto riguarda i valori analitici, è stata utilizzata la (1.19), per i valori della prima riga, ricavando i valori per la funzione 1/βp nell integrale tramite una simulazione, e la (1.20), considerando p costante, per quelli della seconda, mentre i valori simulati nella terza, sono stati ricavati da 8000 percorsi simulati. Come si vede esiste un ottimo accordo tra i valori previsti dalla teoria e i risultati delle simulazioni, mentre lo stesso non si può dire per i valori ottenuti applicando direttamente la (1.20), dove non si è tenuto conto della variazione dell impulso lungo il percorso. In figura 4.10 sono stati riportati i valori rms della dispersione spaziale simulata e calcolata analiticamente.

94 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati 93 Figura 4.9: Diagramma delle energie residue in uscita da un fantoccio cilindrico. Nella figura 4.12 è stato invece riportato un grafico che evidenzia la correlazione tra la dispersione spaziale proiettata lungo l asse y (con coefficiente σ yθx 0.78) e quella angolare rispetto all asse x, mentre le coppie di variabili angolari, θ X e θ Y, nella figura 4.11, non mostrano tra di loro alcuna correlazione (σ θy θ x 0), come era naturale aspettarsi.

95 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati 94 Tipo Dati Posizione (mm) Y rms (mm) θ rms (mrad) Y rms analitico (mm) θ rms analitico (mrad) Y σ simulato (mm) θ sigma simulato (mrad) Tabella 4.4: Dispersione angolare e di posizione: valori calcolati e simulati per protoni a 200 MeV. Figura 4.10: I valori rms della dispersione spaziale simulata (rosso) e calcolata (blu)

96 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati 95 Figura 4.11: Grafico che mostra la mancanza di correlazione angolare tra due angoli proiettati Figura 4.12: Correlazione tra angolo e dispersione spaziale

97 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati Confronto analitico con il database del NIST La formula del potere frenante elettronico (1.11) del 1.5.1, che è stata utilizzata nella ricostruzione tomografica, è stata confrontata, per protoni in acqua (cfr. fig. 4.13), con i dati disponibili nel database del NIST (National Institute of Standards and Technology) [NistDat]. Si nota chiaramente come la stessa perde di validità Figura 4.13: La funzione di Bethe-Bloch (1.11) per protoni in acqua (blu) e la curva potere frenante S el+nucl ricavata dal database del NIST). per energie circa inferiori al MeV (correzione di shell e di Barkas cfr ), e superiori a circa 1 GeV, in corrispondenza del punto di minima ionizzazione (intorno a β 0.95) [Hag02]. Tuttavia, nell intervallo di energie comprese tra 180 e

98 4.7 Validazione del codice GEANT4 applicato ai fantocci simulati MeV (β 0.6), utilizzate nelle nostre simulazioni, l errore relativo commesso è inferiore all 1%, e può essere quindi trascurato.

99 Capitolo 5 Analisi dei dati delle simulazioni In questo capitolo conclusivo confronteremo i parametri di risoluzione descritti nei capitoli precedenti, nel caso di simulazioni con protoni, con i risultati ottenuti con fotoni X, e con i dati presenti in letteratura [Sch05, Sch06]. Figura 5.1: Immagine xct con fotoni da 52 kev ricostruita mediante FBP. Figura 5.2: Immagine pct con protoni da 250 MeV ricostruita mediante FBP.

100 5.1 Immagini ottenute Immagini ottenute I parametri di risoluzione spaziale sono stati ricavati dalle immagini sotto presentate, in maniera più quantitativa che dalla semplice osservazione visiva, prendendo dei profili orizzontali attraverso il centro di ciascun pattern (le triplette di fori indicate nel 4.5), come in figura 5.3, e ponendo come limite massimo la possibilità di risolvere separatamente i tre picchi. Figura 5.3: Profilo del sesto pattern nella fig. 5.2, corrispondente ad una risoluzione spaziale di 3.3 coppie di linee/cm. Sull asse delle ordinate è presente l intensità del livello di grigio Immagini ottenute vincolando i percorsi lungo i confini di ciascuna raggio Riportiamo nella tabella 5.1 e nella 5.4 i risultati ottenuti per le simulazioni con protoni e con fotoni monocromatici (l eq. (3.15) per la relazione dose/fluenza), e le

101 5.1 Immagini ottenute 100 immagini relative. I percorsi seguiti sono relativi a protoni del fascio primario campionati in base al raggio iniziale di appartenenza (cfr ), e che contribuiscono solo a quel raggio. In tutte le tabelle seguenti: lo spessore del fascio è stato fissato a 1 mm; N p è il numero dei protoni simulati per ciascuna proiezione. R A indica la risoluzione in condizioni di alto contrasto (misurata in coppie di linee/cm, lp/cm); R B quella in basso contrasto misurata in percentuale rispetto all acqua. Nella tabella 5.2, invece, a parità delle altre condizioni, sono stati raccolti i risultati per le simulazioni condotte collimando i protoni del fascio piano iniziale, mediante un insieme di fori, allineati ciascuno alla griglia di linee da 1 mm adottata per la ricostruzione. N p (x10 6 ) Dose(cGy) R A (l p/cm) R B ( ρ/ρ H2O ) 4% 2% 2% Tabella 5.1: Dose al centro e parametri di risoluzione per protoni a 200 e 250 MeV N p (x10 6 ) 1 Dose(cGy) 5.2 R A (l p/cm) 3.3 R B (250MeV ) 1.5% R B (200MeV ) 3% Tabella 5.2: Dose al centro e parametri di risoluzione per protoni a 200 MeV, con collimatore forato.

102 5.1 Immagini ottenute 101 Figura 5.4: 2.5, 5 e protoni simulati a 200 MeV con vincolo lungo i confini di ciascuna linea di griglia

103 5.1 Immagini ottenute Immagini ottenute vincolando i percorsi solo agli estremi del raggio di appartenenza Alle stesse condizioni del paragrafo precedente, ma vincolando i protoni solo agli estremi dei rispettivi raggi di appartenenza, sono state ripetute le tomografie, variando solo, nel generare le immagini (figg. 5.5), l angolo massimo proiettato θ max (sul piano xz) all uscita, a fluenza (dose) costante. Come si vede, l immagine ottenuta limitando a 0.1 l angolo d uscita, risulta molto più rumorosa delle altre (e la R B ne risente), a causa della riduzione del numero di protoni selezionati. La soglia minima di eventi necessaria ad ottenere almeno una risoluzione spaziale di 2.5 lp/cm è stata di eventi, pari ad una dose di 3.5 mgy. θ max (gradi) R A (l p/cm) R B ( ρ/ρ H2O ) 4.5% 3.3% 3.3% 3% Tabella 5.3: Parametri di risoluzione per 250 keventi a 250 MeV, corrispondenti ad una dose al centro di circa 18 mgy.

104 5.1 Immagini ottenute MeV θ < 1 deg 50 kev Figura 5.5: 250 MeV: 50 keventi (in alto), 250 keventi con θmax = 0.1, 0.5, 1 e, 10, con vincolo solo agli estremi del fantoccio

105 5.2 Dosi rilasciate al centro (CTDI) Parametri di risoluzione per fotoni a 52 kev Come termine di paragone, riportiamo in fig le immagini per tre diversi valori del numero di fotoni X simulati 1 o, tra parentesi, della fluenza( 1.1.3) (φ = N f A ); nella tabella sottostante, i valori di dose sono stati raffrontati coi parametri di risoluzione. Da questi dati emerge che, all aumentare della fluenza, R A tende al valore limite di 3.3 lp/cm, mentre R B, che migliora a causa della riduzione del rumore poissoniano, collima bene con i valori teorici[sch05]. N f ( 10 6 )(φ 10 6 cm 2 ) 2 (1) 5 (2.5) 20 (10) Dose(mGy) R A (l p/cm) R B ( ρ/ρ H2O ) 14% 11% 8% Tabella 5.4: Dose al centro e parametri di risoluzione per fotoni monocromatici a 52 kev. 5.2 Dosi rilasciate al centro (CTDI) Secondo quanto detto nel 3.5, per ogni step 2 simulato di ciascuna particella, primaria o secondaria, è stata sommata l energia depositata localmente (metodo GetTotalEnergyDeposit() 3 ), all energia totale rilasciata nel volume della C.I. Questi dato è stati ripetuto e mediato. 1 N.B. Le densità dei cilindretti d acqua per il calcolo della risoluzione in basso contrasto, variano qui da 800 a 1200 g/cm 3 2 Lo step è l intervallo spaziale della traccia di una particella, modificabile con cautela dall utente, entro cui GEANT4 considera costanti i valori delle sezioni d urto dei vari processi d interazione[ago03, Rus02]. 3 Il metodo GetDeltaEnergy() della classe G4Step riporta l energia persa dalla particella, per tutti i processi fisici coinvolti, nello step, mentre GetTotalEnergyDeposit(), la frazione di questa che viene depositata localmente.

106 5.2 Dosi rilasciate al centro (CTDI) 105 Figura 5.6: Immagini ottenute con , e fotoni simulati. Nella scala di grigi a destra delle due immagini, il nero indica il vuoto, mentre il bianco corrisponde circa alla densità dell osso (1.85).

107 5.2 Dosi rilasciate al centro (CTDI) 106 Figura 5.7: Il fascio piano simulato mentre interseca il volume simulato della C.I. La C.I. (cfr. fig. 5.7) è stata dunque simulata con un cilindro d acqua del diametro di 20 mm (pari a circa 31 gr d acqua, cioè 1/200 della massa del fantoccio), e asse coincidente con quello del cilindro fantoccio di 200 mm di diametro (analogo a quello utilizzato per la misura delle risoluzioni). Come visto alla fine del 3.5 il CTDI è, come la fluenza, inversamente proporzionale allo spessore del fascio T, mentre se variamo lo spessore mantenendo costante la fluenza, poichè in tal caso nella (3.19) E tot N p T, ci aspettiamo un CTDI costante. Nelle simulazioni per il calcolo della dose è stato scelto il primo metodo. I dati riportati nelle tabelle 5.5, per protoni e, 5.6 e 5.7, per fotoni, si riferiscono alle dosi al centro del fantoccio per 180 proiezioni e per una sola sezione per proiezione (n = 1), con T = 1mm. Le misure sono state ripetute per un numero fissato di particelle ( a passi di 10 5 e a passi di 10 4 ), dunque con fluenza

108 5.2 Dosi rilasciate al centro (CTDI) 107 proporzionale a questo stesso numero, e ricavando la media e la deviazione standard per ciascun sotto-intervallo.come termine di paragone, nella tabella 5.6, sono state riportate le dosi per fotoni su di un fantoccio non standard di 10 cm di diametro. Nelle figure 5.9 e 5.8 sono stati riportati i valori medi della dose rilasciata al centro in funzione del numero dei protoni simulati, cui la fluenza è proporzionale avendo mantenuto T costante (le barre delle fluttuazioni sono troppo piccole per essere viste). Si nota bene la perfetta linearità tra fluenza e dose, come ci aspettavamo (eq. (3.15)). N p E C.I. (GeV) CTDI(mGy) ± ± ± ± ± ± ± ± 0.23 Tabella 5.5: Energia rilasciata e CTDI in funzione del numero dei protoni a 200 MeV costanti e φ f antoccio = 20cm E X (KeV) E C.I. (MeV) CTDI(mGy) 52 medio ± reale ± medio ± Tabella 5.6: Il CTDI simulato a 52 e 100 kev, per fotoni monocromatici (pedice medio) e di uno spettro reale (120 kvp su tungsteno) il cui valore medio è di 52 kev, e diametro del fantoccio di 10cm. E X (KeV) E C.I (MeV) CTDI(mGy) 52 medio ± reale ± Tabella 5.7: Il CTDI simulato per fotoni monocromatici e di uno spettro reale come sopra, e diametro del fantoccio di 20cm.

109 5.2 Dosi rilasciate al centro (CTDI) 108 Figura 5.8: CTDI fino a 10 5 protoni simulati e φ f antoccio = 20cm, a varie energie del fascio (gli errori, dove troppo piccoli, non sono stati indicati) La tabella 5.5 mostra, l andamento dell energia depositata con le relative fluttuazioni nella C.I., per un numero di particelle variabile. L energia dei fotoni E X, indicata nelle tabelle 5.6 e 5.7, ove indicato con l indice medio, è ricavata dal valor medio dello spettro, e indica che la simulazione è stata eseguita con fotoni monocromatici; l indice reale invece indica che si è simulato l intero spettro corrispondente al valor medio indicato 4. Invece le energie indicate per i protoni sono state scelte tenendo conto dei valori noti per il range in acqua degli stessi [Nist]. 4 Ad esempio l energia media E mean 52keV corrisponde ad uno spettro X su tungsteno da 120 kvp.

110 5.3 Conclusioni e confronto con i dati più recenti presenti in letteratura 109 Figura 5.9: CTDI fino a protoni simulati e φ f antoccio = 20cm 5.3 Conclusioni e confronto con i dati più recenti presenti in letteratura In questo lavoro si è utilizzato l algoritmo di ricostruzione FBP, comunemente utilizzato nella ricostruzione delle immagini tomografiche, basate sui percorsi rettilinei dei fotoni X non diffusi. Sebbene i percorsi dei singoli protoni non possano essere certamente definiti rettilinei, le immagini ottenute, filtrando le traiettorie sulla base dell angolo proiettato su di un piano all uscita, hanno fornito risultati paragonabili, per i valori della risoluzione spaziale, a quelli più recenti trovati in letteratura. Per la risoluzione in densità, i dati ottenuti sono stati invece decisamente peggiori del valore minimo teorico (analitico).

111 5.3 Conclusioni e confronto con i dati più recenti presenti in letteratura Risoluzione spaziale I valori delle risoluzioni spaziali ottenuti in [Sch06], sono stati ricavati da ricostruzioni effettuate con l algoritmo ART ( 2.3.2), applicato a proiezioni simulate di sezioni tomografiche di un fantoccio ellittico. In esso sono stati posti inserti lineari d osso e d aria, variamente spaziati, come pattern di risoluzione spaziale. Sono state quindi effettuate 180 proiezioni per un totale di percorsi simulati a 200 MeV, mentre la dose è stata calcolata analiticamente [Sch05] ed è risultata pari a 3.5mGy (quindi uguale a quella da noi ottenuta con la simulazione su di un fantoccio cilindrico, 5.1.2). Il percorso reale di ciascun protone, pur essendo confinato sul piano da immaginare, è stato approssimato, note le condizioni al contorno (valori degli angoli d ingresso e d uscita e relative posizioni), congiungendo il punto d ingresso e d uscita: con una linea retta (SLP, Straight Line Path); con una spline cubica, cioè un polinomio di terzo grado (CSP, Cubic Spline Path) [Wil04]; con il percorso più probabile 5 (MPL, Most Likely Path) secondo la teoria statistica contenuta in [Wil04] ed analizzata anche in [Can04]. Come si vede quindi il migliore valore di risoluzione da noi ottenuto (3.3 lp/cm) è intermedio rispetto ai valori ricavati con l approssimazione SLP e CSP(MLP). 5 Cioè il percorso medio tra tutti quelli che hanno gli stessi punti e gli stessi angoli d ingresso e d uscita

112 5.3 Conclusioni e confronto con i dati più recenti presenti in letteratura 111 lp/cm (aria) lp/cm (osso) SLP CSP (MLP) Tabella 5.8: Valori massimi della risoluzione spaziale da [Sch06], in funzione del tipo di percorso di singolo protone Risoluzione in densità Nel lavoro a cui ci siamo riferiti per confrontare i valori delle risoluzioni in densità [Sch06], è stato simulato un fantoccio cilindrico analogo al nostro, ma contenente tre differenti materiali organici in un mezzo uniforme d acqua. Inoltre è stata ricavata un espressione analitica della relazione tra la deviazione standard della densità elettronica e la dose rilasciata al centro del fantoccio: i risultati, che contengono anche i valori analitici per uno scanner xct a 75 kev, sono riportati nella fig Si tratta ovviamente di valori limite, mentre i valori reali sono legati al tipo di ricostruzione effettuata. I risultati che si leggono nel grafico coincidono bene con i valori da noi ottenuti per fotoni a 52 kev (tab ), mentre al valore di dose più bassa (18 mgy nella tab. 5.3), quelli ottenuti con protoni a 250 MeV, indicano una risoluzione in densità nettamente peggiore.

113 5.3 Conclusioni e confronto con i dati più recenti presenti in letteratura 112 Figura 5.10: Densità elettronica relativa in funzione della dose al centro per un fantoccio cilindrico di 20 cm: le linee rette sono legate alle formule analitiche, i triangolini e i cerchietti rappresentano i livelli di rumore a 200 MeV ricavati dalle simulazioni ( la retta indicata con X-ray si riferisce ad uno scanner xct da 75 kev Conclusioni I lavori pionieristici degli ultimi 20 anni ([Han81, Han82, Ped94, Sch05]) hanno mostrato come la risoluzione in densità massima teorica ottenibile con i protoni superi, a parità di dose, quella dei raggi X. E ovvio quindi che occorre studiare bene il modo di utilizzare il maggior numero possibile di percorsi per potersi avvicinare il più possibile al limite teorico. I risultati di questo lavoro ci fanno comunque ben sperare che, affinando le tecniche di filtraggio dei percorsi buoni, sia possibile migliorare ulteriormente le immagini, a parità di dose.

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