CORSO DI INGEGNERIA SANITARIA-AMBIENTALE

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1 Universita degli Studi di Pavia - Facolta di Ingegneria CORSO DI INGEGNERIA SANITARIA-AMBIENTALE Prof. Giordano Urbini TERMODISTRUZIONE DEI RIFIUTI (edizione ottobre 1998) Indice 1. INCENERIMENTO E PIROLISI 2. CAMPO DI APPLICAZIONE 3. TIPOLOGIE DI FORNI DI INCENERIMENTO 3.1 Classificazione generale 3.2 Forni a griglia 3.3 Forni a tamburo rotante 3.4 Forni a piani multipli 3.5 Forni a letto fluido 3.6 Altri sistemi di termodistruzione Forni elettrici Forni a suola rotante Forni per rifiuti liquidi Forni al plasma Reattori di ossidazione ad umido 1

2 4. LE SEZIONI DI UN IMPIANTO DI TEMODISTRUZIONE 5. DIMENSIONAMENTO DELLE SEZIONI DI COMBUSTIONE E DI RECUPERO ENERGETICO 5.1 Sezione di combustione I parametri della combustione Forni (camere di combustione primaria e secondaria) Camera di combustione primaria Camera di post-combustione Efficienza di combustione Produzione di scorie e ceneri Bilanci di materia e di energia-calcolo delle portate di aria e fumi 5.2 Sezione di recupero energetico Recupero di vapore in caldaia Recupero di energia elettrica 6. I FATTORI DI IMPATTO AMBIENTALE DEL PROCESSO DI INCENERIMENTO DEI RIFIUTII 6.1 Le diverse forme di impatto ambientale 6.2 Le emissioni inquinanti in atmosfera Classificazione generale degli inquinanti Emissione di macroinquinanti dall incenerimento RSU Le polveri Gli acidi alogenidrici Anidride solforosa e Ossidi di azoto Emissioni di microinquinanti inorganici dall incenerimento RSU Emissioni di microinquinanti organici dall incenerimento RSU Microinquinanti organici diversi dalle diossine Le diossine 2

3 7. TECNOLOGIE DI DEPURAZIONE FUMI 7.1 Rimozione del Particolato 7.2 Rimozione dei gas acidi 7.3 Rimozione fine di Mercurio e Diossine 7.4 Rimozione di NOx 7.5 Schema generale dei processi di depurazione 3

4 1. INCENERIMENTO E PIROLISI La termodistruzione dei rifiuti può essere ottenuta con tecniche di Incenerimento, oppure con tecniche di Pirolisi. Con le prime si ha la combustione del rifiuto. Ovvero, la frazione organica del rifiuto viene completamente ossidata ad alta temperatura ed in presenza di eccesso di ossigeno. I prodotti finali sono pertanto costituiti da frazioni gassose ossidate (C0 2 e H 2 0 come componenti principali) e da un residuo solido di natura prettamente inorganica (ossidi di metalli vari contenuti nei rifiuti, silice, carbonati, sali vari): RIFIUTO COMBUSTIBILE CO 2 + H 2 O+SO x +residuo inorganico La reazione e nel suo complesso esotermica. Nella realta le trasformazioni chimiche seguono un percorso assai piu complesso, con diversi passaggi intermedi. Si prevede infatti che ad una fase iniziale di essiccamento del rifiuto e suo riscaldamento alla temperatura di combustione, segua una fase pirolitica con trasformazione della frazione organica in CO 2, H 2 0 e vari composti alla stato ridotto sia volatili che solidi: RIFIUTO COMBUSTIBILE CO 2 + H 2 O + CO + CH 4 + C x H y + NH 3 + altri composti volatili vari + residuo carbonioso + residuo pecioso Il residuo carbonioso, a questo stadio, non e ancora carbonio puro giacche contiene atomi di ossigeno e idrogeno (ad es. il residuo carbonioso della trasformazione pirolitica della cellulosa contenuta nei RSU possiede una composizione empirica del tipo C 6.7 H 3.3 O). 4

5 Il residuo pecioso consta di prodotti condensati, ad alto peso molecolare, contenenti vari idrocarburi policiclici aromatici. C x H y rappresenta una serie di idrocarburi leggeri. Gli ulteriori composti volatili possono comprendere idrocarburi alogenati vari, amine, e altri composti, in dipendenza della natura del rifiuto. Seguono in successione ulteriori trasformazioni pirolitiche in fase gas e trasformazioni ossidative sia in fase gas che in fase solida, tutte piuttosto complesse, fino al risultato finale del conseguimento di prodotti ossidati in fase sia solida che gassosa, salvo quote modestissime di incombusti (in particolare CO in fase gas e C in fase solida). Con le tecniche di Pirolisi si opera sempre ad alta temperatura, ma in carenza di ossigeno, in modo da determinare la piroscissione delle sostanze organiche, ovvero la rottura delle molecole organiche più complesse fino a produrre molecole più semplici allo stato di gas, (oppure di liquido, a seconda della temperatura operativa), lasciando anche in questo caso un residuo solido. Tutti questi residui sono allo stato ridotto, ovvero con presenza di molecole suscettibili di ossidazione (per il gas: CO, H 2, idrocarburi leggeri; per il liquido: idrocarburi vari; per il solido: carbonio, in aggiunta alle frazioni inorganiche del rifiuto). Le reazioni pirolitiche sono endotermiche. Il calore occorrente, cosi come il recupero energetico viene attuato attraverso la successiva combustione dei prodotti di pirolisi. Le tecnologie di pirolisi sono state molto pubblicizzate all inizio degli anni '70 quando in USA vennero costruiti diversi impianti dimostrativi alla scala reale, con il supporto finanziario dell E.P.A.-Environmental Protection Agency. Tuttavia, queste esperienze al di la del notevole interesse suscitato sono approdate ad un numero relativamente esiguo di applicazioni industriali. Il processo pirolitico dotato di una certa valenza industriale è quello di "gassificazione", secondo cui il rifiuto viene convertito, ad alta temperatura, in 5

6 gas combustibile e in un residuo solido. Ancora confinati a livello sperimentale sono invece i processi pirolitici di conversione a combustibile liquido. Nella Fig. 1 e rappresentato schematicamente un reattore pirolitico di gassificazione (processo Torrax) nel quale la fornitura di calore per la piroscissione e ottenuta attraverso la combustione del residuo carbonioso della pirolisi stessa. Il reattore consta di un unita statica, tipo altoforno, alimentata con RSU dall alto. Il rifiuto riempie completamente il forno mentre si muove lentamente in senso discensionale. Si identificano le seguenti zone operative: - Zona di essiccamento, nella quale vengono essiccati i rifiuti in alimentazione, ad opera dei gas pirolitici, prima di pervenire alla zona di pirolisi vera e propria. Sovrastante questa zona e un tratto di forno mantenuto pieno di RSU per evitare ingressi d aria dall esterno. - Zona di pirolisi. Questa zona e attraversata dai fumi caldi prodotti dalla sottostante zona di combustione. Alla temperatura di circa 1000 C si attuano le trasformazioni pirolitiche del rifiuto, con separazione di un gas combustibile (in moto verso l alto) e di un residuo carbonioso (in moto verso il basso). - Zona di combustione del residuo carbonioso del rifiuto, posta sul fondo del reattore. La combustione, alla temperatura di ben 1700 C,viene sostenuta da una fornitura controllata di aria (in alcuni impianti ossigeno puro). Le scorie di combustione fondono a questa temperatura e si separano come liquido colante il quale poi, a contatto diretto con acqua (quench) rapprende in granuli di prodotto solido vetrificato. I gas aspirati dal reattore sono sottoposti a combustione per attuare il recupero di energia (vapore ed eventualmente energia elettrica). In alternativa il gas potrebbe essere destinato ad utenze industriali esterne. Comunque, il PCI del gas e piuttosto basso (circa 1000 Kcal/Nm 3, sul secco), tanto da rendere poco appetibile l uso esterno. In altre soluzioni, basate sull impiego di O 2 puro, in 6

7 luogo dell aria si raggiungono PCI decisamente piu elevati (circa 2500 Kcal/Nm 3, sul secco) tali da rendere piu interessante la prospettiva di un impiego esterno o di un recupero energetico interno tramite alimentazione in motori a gas (in ogni caso dopo depurazione). Al contrario della Pirolisi, l'incenerimento ha avuto ed ha tutt oggi, in Italia come all'estero, un'estesa applicazione a livello industriale, sia nel settore pubblico (RSU e assimilabili) sia in quello privato (Rifiuti industriali); pertanto è da ritenersi molto collaudato sotto il profilo tecnologico e gestionale. Per questa ragione sara nel seguito rivolta attenzione all incenerimento. Quindi, salvo diversa specificazione, ogni riferimento alla termodistruzione riguardera l incenerimento. 7

8 2. CAMPO DI APPLICAZIONE La termodistruzione puo essere applicata direttamente ai RSU oppure a frazioni combustibili selezionate dagli stessi (CDF-combustibile derivato dai rifiuti, o RDF-Refuse Derived Fuel secondo la piu diffusa dizione anglosassone). Puo essere altresi applicata a svariati rifiuti speciali e pericolosi a matrice organica. Vantaggi e limiti della termodistruzione, in rapporto alla discarica controllata e alle altre tecnologie di trattamento dei rifiuti, possono essere così succintamente elencati: a) Vantaggi Elevata riduzione di peso e volume del rifiuto, con ciò rendendo più agevoli e convenienti le operazioni di trasporto e smaltimento finale in discarica (scorie e ceneri). Per RSU la riduzione e stimata al 22 30% in peso e al 5 10% in volume. Per RDF al 12 20% circa in peso e a valori variabili nel range 3-5% in volume, in dipendenza della tipologia di RDF considerato. Possibilità di recupero di energia, con conseguente contenimento dei costi di gestione e valorizzazione energetica del rifiuto. b) Svantaggi Costi specifici di investimento (Milioni di lire/ton/d di rifiuto trattato) e di gestione (Lire/ton di rifiuto trattato) relativamente elevati, specie in impianti di piccola potenzialita. In termini gestionali e particolarmente onerosa la termodistruzione di rifiuti con insufficiente PCI, tale da richiedere combustibile supplementare per il mantenimento della temperatura di combustione. Problemi di manutenzione dovuti alle alte temperature di processo e alla complessita impiantistica. Necessità di personale specializzato per la gestione. 8

9 Necessità di accurati controlli (impiantistici e gestionali) per contenere i rischi di impatto ambientale determinati dalle emissioni in atmosfera. Si possono individuare due limiti importanti per definire il campo di conveniente applicabilità dell'incenerimento: Il primo limite è costituito dal PCI del rifiuto, che deve essere sufficientemente elevato per assicurare l'autocombustione alla temperatura di incenerimento ( C per RSU e Rifiuti Speciali; 1200 C per Rifiuti Pericolosi). In tema di RSU, perché sia assicurata l'autocombustione si debbono soddisfare contemporaneamente i seguenti valori limite: sostanze combustibili superiori al 25%, umidità inferiore al 50%, sostanze incombustibili (ceneri) inferiori al 60% (Fig. 2). Di conseguenza il potere calorifico inferiore minimo risulta dell'ordine di 1100 Kcal/Kg. Per fanghi biologici stabilizzati il limite consiste nel superamento della soglia del 33 35% circa del grado di umidita (acquisibile mediante disidratazione con filtro-presse). Il secondo limite è legato alla potenzialità dell'impianto, che si ritiene non debba mai essere inferiore a una certa soglia per evitare forti diseconomie di scala (alti costi specifici di investimento e di esercizio). Detta soglia si colloca attorno alle ton/giorno per i RSU (100 ton/giorno per la legislazione italiana: normativa tecnica di attuazione del DPR 915/82, emanata nel luglio 1984) e circa ton/giorno per i Rifiuti Speciali e Pericolosi. In ogni caso la tecnica dell'incenerimento dei rifiuti solidi urbani evidenzia i propri vantaggi soprattutto nel campo delle alte potenzialità (per i RSU oltre 300 ton/giorno circa; per i Rifiuti Speciali e Pericolosi oltre 100 ton/giorno circa), ove si riscontrano le migliori condizioni di economia di scala. 9

10 È fondamentale sottolineare che la possibilità di effettuare l'incenerimento senza alcuna forma di recupero energetico (vapore od energia elettrica) appare irrazionale in quanto non conveniente sul piano economico e, comunque, poco qualificante sotto il profilo dello spreco di ogni forma di risorsa contenuta nei rifiuti. 10

11 3. TIPOLOGIE DI FORNI DI INCENERIMENTO Classificazione generale Sono disponibili varie tipologie di forni di incenerimento, a seconda delle caratteristiche del rifiuto. Le principali, che godono di una estesa applicazione a livello industriale sono cosi elencabili: - forni a griglia: particolarmente utilizzati per RSU; idonei anche per RDF non nobilitati (i cosidetti sovvalli prodotti da semplici operazioni di grossolano sminuzzamento e di vagliatura primaria) - forni a tamburo rotante: molto utilizzati per Rifiuti Speciali e Pericolosi, di natura sia solida che fangosa, nonche liquida; idonei anche per RSU e RDF - forni a letto fluido e forni a piani multipli: tradizionalmente applicati a Rifiuti Speciali omogenei (fanghi); idonei anche per la combustione di RDF a buon livello di nobilitazione. - forni per liquidi: applicati su correnti liquide ad alto contenuto organico In aggiunta ai forni elencati ne esistono altri di uso meno diffuso quali forni al plasma, forni elettrici, forni a suola rotante, reattori di combustione a umido. 3.2 Forni a griglia Sono dotati di camera di combustione con pareti e volta rivestiti in refrattario resistente alle temperature di processo. Alla base della camera di combustione e posta una griglia che ha la funzione di supportare e movimentare il RSU dalla zona di ingresso fino alla zona di uscita delle scorie. Per tale funzione la griglia e dotata di elementi mobili o combinazioni di elementi fissi e mobili. 11

12 I principali tipi di griglia sono così classificabili: - a gradini; - a rulli - a rigurgito; - a catene multiple; Le griglie a gradini sono composte da almeno 3 elementi (gradini) in acciaio speciale, disposti su un piano inclinato. Ciascun elemento e posto in moto oscillatorio (moto alternativo longitudinale) da un impianto oleodinamico in modo da assicurare l avanzamento dei rifiuti (la velocita di avanzamento puo essere regolata agendo sia sul moto alternato sia sull inclinazione dei gradini). La caduta da un gradino al successivo determina il rivoltamento dei rifiuti, necessario per la loro completa combustione. Una serie di fori sui gradini assicura il passaggio di aria, insufflata sotto-griglia, per sostenere la combustione (aria primaria o aria di sottogriglia; ulteriori insufflazioni d aria sono effettuate direttamente nella camera di combustione). Sui gradini della griglia (a gradini, come di ogni altro tipo) avvengono in successione le fasi del processo di termodistruzione del rifiuto solido: Essiccamento Combustione delle frazioni organiche Scorificazione, ovvero combustione del carbonio fisso Le griglie a rulli sono costituite da una serie di rulli in acciaio accostati, rotanti lentamente nel senso di avanzamento dei rifiuti, disposti lungo un piano inclinato. La velocita dei rulli e regolabile (nell ordine di 3 5 giri/h). Ogni rullo e regolabile autonomamente sia come velocita sia in termini di fornitura d aria di sottogriglia. 12

13 Le griglie a rigurgito sono costituiti da serie di barrotti fissi, in acciaio, alternate da serie di barrotti mobili, tutti disposti lungo un piano inclinato. Il moto alternato dei barrotti mobili determina il rivoltamento dei rifiuti. Le griglie a catene multiple sono costituite da una serie (almeno 3) di nastri trasportatori metallici a catena, orizzontali, posizionati a livelli progressivamente inferiori. Nelle Figg. 3, 4, 5 sono rappresentati i forni di piu largo utilizzo, rispettivamente con griglia a gradini, a rulli e a rigurgito. Il rifiuto viene alimentato dall alto nella camera di combustione. L aria di combustione viene insufflata in largo eccesso rispetto allo stechiometrico (per RSU si hanno eccessi superiori al 100%). L eccesso d aria e la continua movimentazione del rifiuto dalla zona di alimentazione verso la zona di scarico scorie, favoriscono la combustione del rifiuto. All interno della camera di combustione vengono raggiunte temperature di C. E importante comunque che la temperatura non superi il limite di 1100 C per evitare la fusione delle scorie sulla griglia (questo limite pratico rappresenta la seconda ragione dei forti eccessi d aria necessari). Tutta la camera di combustione e mantenuta in debole depressione tramite aspirazione forzata dei fumi posta a valle della linea di depurazione fumi (ingresso al camino di evacuazione fumi in atmosfera). Le scorie raccolte nella zona di scarico della griglia, assieme alla quota filtrata sottogriglia, vengono raffreddate a contatto con acqua per poi essere raccolte umide in una fossa di accumulo, prima dello smaltimento finale in discarica controllata. Dalle scorie, puo essere separato il materiale ferroso mediante sistema elettromagnetico. I fumi della combustione attraversano una zona di post-combustione ove si completa l ossidazione termica dei vari composti organici volatili sfuggiti alla combustione primaria. E prevista la possibilita di uso di combustibile 13

14 supplementare, non solo in camera di combustione primaria, ma anche in postcombustione, sia per far fronte alle operazioni di avviamento sia per il mantenimento in post-combustione della temperatura minima (850 C per i RSU secondo la normativa italiana: D.M. 19/11/1997, n. 503). Si osserva comunque che, nel funzionamento a regime dei forni, per i rifiuti dotati di buon potere calorifico (oltre Kcal/Kg circa)detto limite minimo di temperatura viene rispettato senza necessita di integrazioni energetiche. 3.3 Forni a tamburo rotante Sono forni molto versatili, adatti allo smaltimento di rifiuti solidi di varia natura (urbani ed industriali), come pure di fanghi, melme oleose e rifiuti liquidi (iniettati con lance o atomizzatori in testa al tamburo). La principale applicazione industriale e comunque nel campo dei rifiuti pericolosi e di vari rifiuti speciali, anche se non mancano esempi, soprattutto negli USA di applicazioni ai RSU. Si costruiscono in un range di potenzialita molto variabile: dalle piccole unita da 0.5 ton/h fino alle grandi unita da 40 ton/h. Sono costruiti in acciaio con rivestimento interno in refrattario. L'asse longitudinale e leggermente inclinato sull'orizzontale in modo da favorire l avanzamento del rifiuto dalla zona di alimentazione a quella di scarico delle scorie. L'alta versatilità è principalmente determinata da: elevata miscelazione di rifiuti ed ossigeno nel corso della lenta rotazione; semplicità del sistema di alimentazione adatto anche ai rifiuti più ingombranti; assenza di parti metalliche interne, con conseguente possibilità di operare anche a temperature molto elevate; 14

15 possibilità di operare con tempi di ritenzione elevati, favorendo quindi l efficienza di combustione. Sono costruiti con diametri fino a circa 3 m e un rapporto lunghezza/diametro variabile da 2 a 10. La velocità di rotazione periferica è mantenuta tra 0.3 e 1.5 m/min. Sia il rapporto L/D, sia la velocità periferica, sono strettamente connessi al tipo di rifiuto da trattare. Alti valori di L/D e piccole velocità di rotazione rappresentano condizioni costruttive ed operative maggiormente adatte per rifiuti che richiedono tempi lunghi per la loro termodistruzione. Comunque, in esercizio le variabili controllabili sono il tempo di ritenzione e la temperatura di combustione. Quest'ultima può raggiungere all'occorrenza i 1600 C, idonei per particolari tipologie di rifiuti pericolosi, mentre per i RSU ci si limita a temperature di esercizio di C circa. Il tamburo rotante è mantenuto in leggera depressione per l'aspirazione dei fumi ed evitare fughe verso l'esterno con relative implicazioni igienico-sanitarie. È sempre necessario, secondo la normativa italiana, prevedere a valle del forno una zona di post-combustione per il trattamento dei fumi, analogamente a quanto visto per i forni a griglia. Nella Fig 6. è schematizzato un impianto di incenerimento con forno a tamburo rotante. 3.4 Forni a piani multipli Questa tecnologia e tra le piu usate per l'incenerimento dei fanghi organici di depurazione, come pure per rifiuti organici omogenei di origine industriale. È costruttivamente semplice e facile da gestire, ma soprattutto ha il vantaggio di un'elevata elasticità di esercizio a fronte di fluttuazioni di carico e di qualità dell'alimentazione. 15

16 È pero un sistema che richiede lunghi tempi per le operazioni di avviamento, con conseguente elevata richiesta di combustibile supplementare. Pertanto, i forni a piani multipli necessitano piu di altri sistemi di combustione di operare in continuo. I forni vengono costruiti con diametro variabile da 1 a 9 m e con un numero di piani variabile da 4 fino a 14. Il fango alimentato sulla periferia del primo piano (posto superiormente), viene lentamente sospinto da bracci rotanti verso l'interno, con moto a spirale, fino a cadere sul piano sottostante. Su questo piano il movimento sempre a spirale avviene all'opposto, dal centro verso la periferia, e così via per i diversi piani (Fig. 7). Si crea di fatto un moto in controcorrente tra il fango che scende ed il gas che sale. Il contatto intimo tra i due flussi favorisce la combustione. Tale contatto avviene lungo una superficie efficace superiore del 30% circa a quella dei piani, a causa della disposizione a piccoli cumuli indotta dal moto a spirale. La velocità di rotazione dell'albero è variabile nell intervallo giri/min. Albero e bracci sono raffreddati con aria (insufflata all interno), poi parzialmente riciclata come aria di combustione. In una sezione schematica verticale di un forno a piani, possono essere distinte 4 zone (Fig. 8). Zona di essiccamento In questa zona il fango viene a contatto con gas molto caldi che provocano l'evaporazione intensa dell'umidità. I gas parzialmente raffreddati fino a temperatura di C, vengono successivamente sottoposti a post-combustione per la rimozione di incombusti e composti maleodoranti in genere. La post-combustione può essere realizzata come unità distinta. Tuttavia per i forni a piani multipli si preferisce destinare un piano a questo specifico servizio. 16

17 Zona di combustione della frazione organica In questa zona avviene la combustione vera e propria del rifiuto a temperature di C. Zona di combustione del carbonio fisso Viene completata la combustione del residuo solido carbonioso alla temperatura di C. Zona di raffreddamento scorie In questa zona le scorie vengono raffreddate dall'aria di combustione, prima della loro estrazione. Nella Fig. 9 è riportato uno schema tipico di un impianto con forno a piani multipli, con recupero di calore e lavaggio fumi con scrubber venturi, adottato per i fanghi di depurazione. Il controllo del forno è automatico ed asservito ai controlli di temperatura nei diversi piani. Il consumo di aria può essere controllato mediante misurazione continua di CO2 oppure O2 nei fumi in uscita. I maggiori problemi incontrati nella gestione di forni a piani multipli riguardano il cedimento di parti metalliche direttamente esposte alle alte temperature (bracci rotanti) ed il cedimento di refrattari. Quest'ultimo problema è normalmente la conseguenza di eccessive o inadeguate operazioni di arresto e riavviamento. Si rammenta al riguardo che per una corretta messa in marcia occorrono tempi piuttosto lunghi, di circa 24 ore, come pure per l'arresto. Per evitare cedimenti delle parti metalliche esposte all'alta temperatura, il sistema non deve in ogni caso essere esercito a temperature superiori a C. 17

18 3.5 Forni a letto fluido Sono forni cilindrici verticali in acciaio rivestito internamente di refrattario, contenenti un letto di sabbia incandescente mantenuto in costante fluidizzazione con aria. I diametri commerciali più usuali vanno da 2.5 a 8 m, anche se sono note esecuzioni speciali di oltre 15 m. Si usa distinguere tra letti fluidi bollenti e letti fluidi circolanti. Nei primi la velocita di passaggio dei gas e limitata a 1 3 m/s cosi da determinare una espansione limitata del letto sabbioso. Nei secondi la velocita viene elevata a 4 6 m/s (con punte sino a 9 m/s) in modo da determinare il completo trascinamento di polveri e sabbia. Quest ultima viene captata in uscita dal forno in un ciclone e ricircolata alla base del forno assieme a una portata di fumo di ricircolo per il mantenimento delle necessarie condizioni fluidodinamiche. Uno schema delle due tipologie di forno e rappresentato in Fig. 10. Due schematizzazioni di forni a letto fluido bollente, per fanghi e per RDF, sono illustrate nelle Figg. 11 e 12. Il letto di sabbia è alto circa 0.8 m ed è appoggiato su una base refrattaria. Attraverso gli ugelli infissi nella base viene iniettata aria a ate con portata tale da determinare l'espansione e la fluidizzazione del letto fino al 100% circa del volume iniziale a riposo. La temperatura nel forno è uniforme ed è controllata tramite bruciatori ubicati a differenti altezze. In alcuni impianti il controllo di temperatura è effettuato anche con l'ausilio di iniezioni di acqua. Il tempo di ritenzione dei fumi è limitato a pochi secondi, comunque sufficienti per la completa combustione in virtù dell'alta superficie di contatto fumi/rifiuto. Le ceneri sono trasportate dai fumi in uscita e vengono abbattute con i classici sistemi di depolverazione (depolveratori a umido o depolveratori a secco). Anche una frazione di sabbia viene trascinata coi fumi e quindi deve essere 18

19 periodicamente rimpiazzata. Si calcola una perdita di sabbia del 5% ogni 300 ore circa di esercizio. L'intensa miscelazione completa di sabbia, aria e combustibile (rifiuto) determina buone ed uniformi condizioni di scambio termico e di combustione. Per tale ragione, l'eccesso di aria, per questo tipo di forno, viene generalmente mantenuto nel range 30 45%, valore apprezzabilmente inferiore a quello tipico dei forni a piani multipli. Il letto di sabbia incandescente funge da polmone termico, con ciò livellando le eventuali tendenze di fluttuazione della temperatura in rapporto ad alimentazioni variabili. Questa capacità di fungere da volano termico consente anche agevoli riavviamenti dopo periodi di arresto relativamente brevi. Ad esempio, è abbastanza usuale l'arresto dei forni a letto fluido nel periodo notturno con riavviamento al mattino successivo, senza che si determinino forti abbassamenti di temperatura. L'alimentazione eventuale di combustibile ausiliario (caso di fanghi con SS inferiore al 35% circa) è controllata automaticamente dalla misura della temperatura dei fumi in uscita. Rispetto ai forni a piani multipli, i forni a letto fluido hanno il vantaggio del minor ingombro di area e della non stretta necessità di una camera di postcombustione. Il risultato della post-combustione puo essere infatti realizzato elevando la temperatura di esercizio entro il letto fluidizzato. L'assenza di parti meccaniche in movimento è un altro elemento di vantaggio sul piano costruttivo e della manutenzione. I maggiori problemi di esercizio dei forni a letto fluido hanno riguardano il sistema di alimentazione del rifiuto, ove possono aversi occlusioni dovute all'alimentazione di fanghi troppo densi o a causa di eccessivo essiccamento locale. 19

20 Altri problemi possono riguardare effetti di erosione o incrostazione lungo la linea fumi (preriscaldatore aria con i fumi caldi, caldaia, ecc..) a causa della sabbia e delle ceneri trascinate. I forni a letto fluido per la loro particolarita costruttiva (assenza di organi metallici interni), hanno il vantaggio di poter operare fino a temperature di 1200 C; perciò sono adatti anche per fanghi e RDF ad alto potere calorifico. In generale tuttavia si cerca di non superare temperature di C per evitare effetti collaterali (fusione ceneri, corrosione, formazioni di clincker ecc.), comunque legati alla qualità del rifiuto da incenerire. Nella Fig. 13 è riportato uno schema tipico di forno a letto fluido per fanghi con recupero di calore mediante produzione di acqua calda e preriscaldamento dell'aria di combustione. Questa schematizzazione è utilizzabile nell incenerimento dei fanghi presso gli impianti di depurazione municipali ove l'acqua calda serve per il riscaldamento dei digestori anaerobici; mentre il gas di digestione può invece essere utilizzato come combustibile supplementare per l'incenerimento. In tema di recupero di energia dai fumi di incenerimento si segnala anche la possibilità di produzione di vapore ad alta pressione (in caldaia a recupero) con successiva espansione in turbina per la produzione di energia elettrica. L'adozione di tale schema di recupero trova applicazione solo per potenzialità molto alte (diverse centinaia di migliaia di abitanti equivalenti serviti). 3.6 Forni per Rifiuti liquidi Sono forni specializzati per bruciare correnti liquide ad alto contenuto organico. Il mercato offre diverse tipologie di forni, che potremmo generalmente classificare in unita di combustione primaria a sviluppo verticale ed unita a 20

21 sviluppo orizzontale, con in aggiunta la camera di post-combustione. Nella Fig. 14 e riportata una schematizzazione di questi forni. Prima dell alimentazione nella zona di combustione il rifiuto liquido viene sempre vaporizzato al fine di conseguire un alto rendimento di combustione. Per una rapida vaporizzazione il rifiuto viene spesso atomizzato fino a particelle inferiori a 40 µ ; molte volte l atomizzazione e realizzata all interno del bruciatore, nel punto di miscelazione aria/combustibile. I sistemi di atomizzazione piu usati sono gli ugelli rotanti e gli atomizzatori fissi pressurizzati (7 10 ate). A volte per favorire la fine dispersione si usano nozzle a due fluidi: liquido da incenerire e un gas compresso (aria o vapore). Le unita di incenerimento operano a temperature variabili da 650 C fino a 1600 C, con tempi di ritenzione compresi tra 0.5 e 1 sec. Il carico termico specifico operativo della maggior parte dei combustori per liquidi e di circa Kcal/h m 3, con punte fino ad anche Kcal/h m 3 per combustori speciali (tipo Vortex). I maggiori problemi per questi tipi di forni sono costituiti dalla fusione dei sali contenuti nei liquidi con formazione di incrostazioni sulle pareti dei forni. 3.7 Altri sistemi di termodistruzione Forni elettrici Sono forni a raggi infrarossi (Fig. 15) la cui energia radiante viene eventualmente utilizzata come apporto di calore supplementare. Hanno avuto qualche applicazione essenzialmente in USA. Il fango depositato su un nastro trasportatore viene dapprima distribuito su uno strato uniforme e quindi è sottoposto a combustione. Il movimento dell'aria di combustione avviene in controcorrente, con un eccesso del 20 70%. Nel corso del suo movimento il fango incontra 4 zone distinte: 21

22 zona di alimentazione zona di essiccamento zona di combustione zona di scarico ceneri. Il sistema è semplice, di basso costo di costruzione, con alte caratteristiche di modularità, adatto a funzionamenti discontinui. Il maggior inconveniente è il costo di esercizio, specie per fanghi lontani dall'autosostentamento termico. Le massime potenzialità attuali si aggirano attorno ai 600 Kg/h Forni a suola rotante Sono costituiti da un cilindro verticale (Fig. 16) rivestito con refrattario, da una suola rotante ed un braccio fisso per la movimentazione del rifiuto dalla periferia verso il centro da dove viene scaricato come cenere. Le unità più grosse sinora costruite hanno diametro di 9 10 m circa. Anche questo sistema è semplice costruttivamente e di costo relativamente basso. I maggiori inconvenienti sono in genere dovuti al rischio di intasamenti del sistema di alimentazione Forni al plasma Questi forni rappresentano una tecnologia innovativa basata sull impiego di una torcia al plasma ove per mezzo di elettrodi l aria viene ionizzata alla temperatura di circa 7000 C e posta a contatto con il rifiuto. Le componenti organiche vengono distrutte nel tempo di microsecondi. In considerazione dell alta temperatura operativa il campo ottimale di impiego di questo tipo di processo e quello dei rifiuti organici altamente pericolosi (es. PCB). Nella Fig. 17 e rappresentato uno schema del processo. 22

23 3.7.4 Reattori di ossidazione ad umido (wet air oxidation) Non si tratta in questo caso di veri e propri forni. Sono reattori ossidativi che operano alla temperatura di circa C e alta pressione. Sono utilizzabili per la rimozione del TOC (Total Organic Carbon) da liquami molto concentrati (in composti organici bioresistenti; soprattutto e indicato il campo dei rifiuti liquidi pericolosi) o per la distruzione di SSV da fanghi organici. Le molecole organiche piu complesse vengono trasformate in molecole piu semplici attraverso reazioni ossidative. Aria oppure O2 puro sono alimentati come ossidanti. L esotermicita delle reazioni consente in molti casi l autosostentamento termico del processo. Le condizioni termodinamiche del processo consentono la trasformazione in NOx dell azoto organico e non gia di quello atmosferico. Nella Fig. 18 è illustrato uno schema di processo di ossidazione ad umido di fanghi. I fanghi al 6% di SS sono pompati ad alta pressione nel reattore di ossidazione. L'aria viene compressa alle stesse condizioni, dosandola in misura stechiometrica. La miscela aria/fango viene dapprima riscaldata, sfruttando l'effluente caldo del reattore, fino alla desiderata temperatura di reazione. Condizioni operative abituali di reazione sono: temperatura: C pressione: bar tempi di ritenzione: min. L'effluente ossidato, dopo raffreddamento, viene separato dai gas e inviato a sistemi di disidratazione. I gas, dopo espansione, vengono sottoposti a trattamento per l'eliminazione di odori, particolato, e contaminanti organici vari (lavaggio a umido; adsorbimento su carbone attivo; post-combustione; ossidazione catalitica). Sui gas depurati e attuabile anche un recupero di calore in caldaia. Il vapore è utilizzato per le operazioni di avviamento. 23

24 Si conoscono limitate applicazioni alla scala industriale di questo processo, in ragione della relativa complessità gestionale. 4. LE SEZIONI DI UN IMPIANTO DI TEMODISTRUZIONE Gli impianti di termodistruzione nel loro complesso, possono essere distinti in quattro sezioni fondamentali (Fig. 19): a) Ricevimento e accumulo rifiuti. Gli automezzi di trasporto rifiuti, dopo le operazioni di pesatura del carico, provvedono a sversare i rifiuti in zone di accumulo. Si utilizzano di norma fosse per i rifiuti solidi, serbatoi per i rifiuti liquidi e sili per i rifiuti fangosi. In caso di rifiuti industriali si provvede anche alla classificazione dei rifiuti conferiti, mediante campionature ed analisi chimica. Il ricevimento provvede alla registrazione dei flussi di rifiuti in ingresso e anche in uscita (Per RSU: scorie, ceneri volanti, ferro recuperato). L accumulo serve come polmone per l alimentazione continua dei forni con partite omogenee di rifiuto. Nell ipotesi di RSU si utilizzano fosse con autonomia di 2 3 giorni in modo da sopperire alla mancata raccolta dei rifiuti nei fine settimana. Nelle fosse viene anche attuata l'omogeneizzazione dei rifiuti, in modo da garantire una relativa costanza in qualità dell'alimentazione nei forni. L'omogeneizzazione e l'alimentazione sono attuate mediante gru con benna a polipo. Tutta la fossa rifiuti è isolata dal resto dell'impianto e dall ambiente esterno, per evitare inconvenienti igienici (dispersione di materiale, diffusione di odori, migrazione di roditori e insetti). Per impedire fuoriuscite di aria maleodorante dai portelloni di scarico dei rifiuti, la fossa è mantenuta in 24

25 leggera depressione mediante aspirazione continua dell aria interna. L'aria aspirata viene insufflata nei forni come aria di combustione. Sempre in tema di RSU e frequentemente prevista la possibilita di triturare rifiuti ingombranti per renderli alimentabili ai forni. b) Sezione di di combustione Si realizzano quasi sempre due, o piu forni in parallelo, in modo che ce ne sia sempre almeno uno in funzione quando l'altro è sottoposto ai periodici interventi di manutenzione. Si stima che su base annuale il fattore di servizio di un forno di incenerimento RSU sia dell ordine del % (quantitativo di rifiuti effettivamente smaltito annualmente/quantitativo teorico smaltibile annualmente in base alla potenzialita nominale). La sezione di combustione si compone di: camera di combustione primaria, nella quale il rifiuto alimentato viene convertito in scorie e fumi, in condizioni ossidative spinte (eccesso di ossigeno) e alta temperatura (per RSU e RS: C; per Rifiuti pericolosi : 1200 C). camera di combustione secondaria (post-combustione), nella quale vengono ossidati gli incombusti contenuti nei fumi (incombusti gassosi e incombusti associati alle polveri ) a valori controllati di temperatura e ossigeno. Come gia detto, la zona di post-combustione e prevista dalla legislazione italiana per quasi tutte le tipologie di forni e di rifiuti trattati. Fa eccezione l'incenerimento di fanghi di depurazione in forni a letto fluido, dove sono ormai comprovati gli eccellenti risultati di controllo degli incombusti operando alla temperatura di C direttamente nel forno. Comunque, per quanto non rigorosamente previste dalle norme vigenti, sono diverse le applicazioni di letti fluidi nei quali viene attuata un estensione della camera di combustione primaria creando una 25

26 zona terminale (separata dalla precedente con una strozzatura) alla quale viene affidato il ruolo di post-combustore. Diverse legislazioni straniere invece non la prevedono. La camera di post-combustione rappresenta un vero e proprio presidio ambientale e in quanto tale potrebbe essere considerata come primo stadio di depurazione fumi. Tuttavia, in considerazione della sua stretta connessione fisica e funzionale (completamento della combustione) con la camera di combustione primaria, si preferisce qui considerarla come parte integrante del forno. c) Sezione di recupero energia È la sezione in cui si realizza la valorizzazione della risorsa energetica del rifiuto tramite recupero del contenuto entalpico dei fumi. In caldaie a recupero in genere del tipo a tubi d acqua, si consegue il recupero di vapore, in forma satura o preferibilmente surriscaldata, e da questi viene normalmente attuato il recupero di energia elettrica in turbo-alternatore. Si compone pertanto di caldaia a recupero, apparecchiature varie del ciclo termico e turbogeneratore. Va rilevato che anche qualora non si volesse ottenere un recupero di energia termica, il raffreddamento dei fumi e comunque indispensabile perche l elevata temperatura dei fumi in uscita dalla post-combustione non consente l applicazione diretta di alcun dispositivo per la depurazione. Laddove non venga applicato il recupero energetico in caldaia, sono utilizzati per il raffreddamento dei fumi scambiatori di calore a superficie (ad aria o ad acqua) oppure sono praticate miscelazioni dirette con aria o preferibilmente con acqua per evitare incrementi rilevanti della portata dei fumi. d) Sezione di depurazione fumi 26

27 Questa sezione e di rilevante importanza poiche e preposta al controllo delle emissioni al camino e quindi da essa dipendono i piu rilevanti effetti di impatto ambientale degli impianti di incenerimento. In questo ultimo decennio sono stati realizzati formidabili progressi tecnologici di questa sezione. All inizio degli anni 80 la depurazione era ancora limitata alla sola depolverazione, mentre i forni non erano ancora attrezzati con le camere di post-combustione. Seguirono a meta degli anni 80 le integrazioni tecnologiche con impianti di lavaggio per l abbattimento degli acidi alogenidrici. Soltanto a meta degli anni 90 si sono concretizzate soluzioni idonee per l abbattimento fine dei micro-inquinanti e sono stati realizzati i primi interventi per la rimozione degli ossidi di azoto. Sulla base di questi sviluppi, le linee di trattamento fumi dei moderni impianti di termodistruzione RSU dispongono di vari stadi secondo l esempio che segue: - lavaggio alcalino per l'abbattimento degli acidi alogenidrici e altri gas acidi; - abbattimento del materiale particolato in depolveratori; - trattamento denox per la rimozione degli NOx; - trattamento con carbone attivo per la rimozione fine di metalli pesanti volatili (in particolare Hg) e diossine; - lavaggio finale a umido per la condensazione dei metalli volatili e la rifinitura nell abbattimento del particolato e dei gas acidi. V e da considerare che le linee di trattamento fumi dovrebbero essere sempre studiate e dimensionate sulla base della BAT-Best Available Technology, ovvero secondo il principio dell applicazione della miglior tecnologia disponibile al momento. Questo principio porta in molti casi ad un ampio rispetto delle vigenti disposizioni di legge. 27

28 Oltre alle citate opere fondamentali, un impianto di termodistruzione e dotato di diverse opere complementari ed opere accessorie. Per opere complementari si intendono le opere infrastrutturali o di servizio, comunque indispensabili per la conduzione dell impianto. Tra di esse si possono includere le seguenti: -impianto di pesatura. -impianto di depurazione delle acque reflue; -impianto di monitoraggio in continuo della qualita dei fumi (temperatura, polveri, HCl, carbonio organico, CO, CO 2, O 2 ) e rete di centraline di monitoraggio della qualita dell aria ambiente in zone limitrofe all impianto. -rete idrica di servizio e antincendio. -rete fognaria; -impianto di controllo operativo del processo; -impianto di demineralizzazione delle acque di caldaia; Per opere accessorie si intendono le opere, non strettamente indispensabili per l esercizio dell impianto, ma utili per migliorare la qualita del servizio, la sua economicita e l estetica. Tra di esse possiamo includere: -sistemazione a verde dell area; -sistema televisivo interno di controllo dei vari reparti e di specifiche posizioni; -impianto citofonico interno; -impianti ed edifici di servizio (uffici, infermeria, spogliatoi, ristoro, laboratorio, officina meccanica ed elettrica, magazzino ricambi) -impianto di recupero del ferro dalle scorie (nell incenerimento RSU). In relazione a quest ultimo aspetto e da rilevare che nell'ambito di un sistema di incenerimento dei RSU risulta in genere conveniente prevedere il recupero del ferro dalle scorie. Detto recupero viene attuato in modo molto semplice mediante separazione elettromagnetica ed eventuale pressatura. Il quantitativo di ferro 28

29 recuperato dipende ovviamente dalla composizione del RSU alimentato; indicativamente si aggira attorno al 2 3% in peso. 29

30 5. DIMENSIONAMENTO DELLE SEZIONI DI COMBUSTIONE E DI RECUPERO ENERGETICO 5.1 Sezione di combustione I parametri della combustione In termini generali si osserva che i parametri che influenzano il processo di combustione dei rifiuti sono: temperatura di combustione; tempi di permanenza dei fumi e del rifiuto solido; eccesso d'aria. omogeneita delle condizioni termo-fluidodinamiche. In relazione a tali parametri possono essere fatte le seguenti considerazioni: a) In merito alla temperatura di combustione non sussistono dubbi circa il fatto che essa rappresenti il parametro più importante per il controllo della combustione e quindi della eventuale formazione nei gas di incombusti quali CO, microinquinanti organici (diossine in particolare), e nel residuo solido quali carbonio fisso e carbonio organico. In particolare, con riferimento agli incombusti piu pericolosi per l ambiente e la salute pubblica, le diossine, le esperienze acquisite consentono di affermare che punte basse temperatura sono la causa principale del loro incremento nei fumi. Il campo ideale di temperatura per la formazione di tali microinquinanti è infatti di C, mentre dopo i 700 C si dimostra che l effetto distruttivo predomina su quello della formazione. 30

31 b) La diminuzione del tempo di permanenza in combustione sia dei rifiuti solidi che dei fumi determina un incremento delle emissioni di incombusti nelle scorie come nei fumi, e viceversa. Sempre in relazione alle diossine, alcuni autori hanno calcolato che con un tempo di permanenza di 1 sec. Dei fumi alla temperatura di C si consegue la decomposizione della forma piu tossica, la 2, 3, 7, 8 TCDD, nella misura del 99.99%. In effetti e il combinato dei due parametri tempo/temperatura che si riflette sulla resa di combustione. c) Per quanto riguarda l'eccesso d'aria, è stato dimostrato sperimentalmente che il suo effetto è positivo, in quanto determina una combustione piu completa con conseguente riduzione degli incombusti nelle scorie e nei fumi. Occorre tuttavia controllare che forti eccessi di ossigeno non riducano contestualmente il tempo di ritenzione dei fumi in combustione, oltre certi limiti che si rivelerebbero dannosi. Il livello di aria in eccesso e regolato anche al fine del controllo automatico della temperatura in camera di combustione. d) La distribuzione omogenea di temperatura, fumi e ossigeno in combustione (primaria e post) e condizione indispensabile per realizzare una combustione completa. Tuttavia, questa condizione non e facilmente controllabile in sede di combustione primaria, mentre invece lo e in sede di combustione secondaria data la geometria regolare della camera, le dimensioni ridotte, la presenza di soli gas e la possibilita di alimentare combustibile supplementare per il controllo rigoroso della temperatura. Le Linee Guida della Regione Lombardia che hanno anticipato nel 1982 la legislazione nazionale, prevedono, per assicurare una distribuzione omogenea, il rispetto in camera di post-combustione di un Numero di 31

32 Reynolds (Re = ρvd/µ ove ρ, V, µ, rappresentano densita, velocita e viscosita dei fumi, mentre D rappresenta il diametro equivalente della camera) non inferiore a La legislazione nazionale (norme tecniche di attuazione del DPR 915/1982 emanate nel luglio 1984) prevedeva una sezione ristretta di ingresso dei fumi in post-combustione tale da realizzare una velocita minima in detta sezione di 10 m/sec, ritenendola condizione necessaria per assicurare un efficace turbolenza e il conseguente rapido disperdimento del flusso in ingresso in tutta la camera. Questo vincolo non e invece contemplato nella norma piu recente (D.M. 19/11/1997 n. 503) ove si fa riferimento all esigenza di rispettare solo condizioni minime di temperatura di 850 C, per un tempo minimo di 2 sec., nonche un tenore minimo di 0 2 del 6%. In base alle note sopra esposte risulta che, temperature sufficientemente elevate, mantenute per un tempo abbastanza lungo e accompagnate da adeguate forniture di ossigeno e buona miscelazione, sono in grado di ridurre drasticamente gli incombusti in scorie e fumi. Tali condizioni possono in realta essere conseguite nella sola camera di combustione primaria purche correttamente dimensionata e con un attenta gestione della combustione in sede operativa. Comunque, piu sicuri risultati sono conseguibili con l installazione aggiuntiva di una camera di postcombustione, ovvero di una zona, interna o esterna (ovvero fisicamente separata) alla camera di combustione primaria, in cui per definizione le condizioni di combustione siano ben determinate e sicuramente controllabili. La normativa statunitense, che si riferisce alle condizioni di esercizio di inceneritori per rifiuti pericolosi, ma i cui disposti possono costituire un valido riferimento anche per RSU, prevede un tempo di permanenza dei fumi di almeno 2 secondi in camera di combustione primaria alla temperatura di 1000 C. La normativa tedesca invece prescrive per i RSU una camera di combustione 32

33 primaria in cui esiste una zona di post-combustione (non necessariamente un post-combustore fisicamente separato) in cui i fumi permangono per almeno 0.3 secondi a 900 C Forni (camere di combustione primaria e secondaria) Camera di combustione primaria Nella camera di combustione primaria avviene la combustione vera e propria del rifiuto. Come si e visto il processo e governato dalla temperatura e dai tempi di ritenzione di fumo e residuo solido. In aggiunta, la geometria interna, la disposizione dei bruciatori (per le operazioni di accensione e avviamento) e la distribuzione dell aria, devono essere tali da realizzare condizioni termofluidodinamiche omogenee, al fine di assicurare la combustione completa del rifiuto e dei fumi. Il dimensionamento del volume della camera di combustione primaria, V comb (m 3 ) viene effettuato sulla base del carico termico specifico CTS (Kcal/h m 3 ), ovvero dell apporto calorico orario, associato ai rifiuti alimentati, per metro cubo di volume di camera. V = Qr PCI CTS V comb. = Q r PCI r / CTS (m 3 ) Ove: Qr = portata di rifiuto alimentato (Kg/h); PCI r = potere calorifico inferiore del rifiuto (Kcal/Kg). 33

34 Il CTS e un parametro progettuale empirico al quale pero e strettamente correlata la produzione di fumo e quindi il tempo di ritenzione in camera di combustione. Il valore di progetto da assegnare a CTS dipende dalla tipologia del rifiuto e dal tipo di forno. Per un tipico rifiuto non omogeneo, qual e il RSU si considerano i seguenti valori: Per RSU (forni a griglia e a tamburo rotante): CTS = Kcal/h m 3 (limite Kcal/h m 3 ). Nella prassi USA vengono assunti a base della progettazione valori piu prossimi al limite inferiore. Viceversa, nella prassi europea vengono assunti valori piu prossimi al limite superiore. Per RDF, Fanghi e altri rifiuti solidi omogenei (forni a letto fluido; forni a tamburo rotante): CTS = Kcal/h m 3 Per Rifiuti liquidi (forni per rifiuti liquidi): CTS > Kcal/h m 3 (fino a valori di Kcal/h m 3. Per i forni a griglia e importante il dimensionamento della superficie della griglia, dalla quale dipende il tempo di permanenza in combustione del residuo solido. Detto dimensionamento viene effettuato sulla base del carico specifico superficiale CSS (Kg RSU/h m 2 ). Valori tipici sono nel range CSS = Kg RSU/h m 2 (limite 300 Kg RSU/h m 2 ). Ovviamente, il rapporto Volume camera/superficie griglia determina l altezza media della camera di combustione. Si ha pertanto: S griglia = Q r / CSS (m 2 ) In alcuni casi in letteratura si fa riferimento non al parametro CSS bensi al carico termico specifico superficiale CTSS (Kcal/h m 2 ) dato dal rapporto tra 34

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