REGNI e CODICI PREUNITARI E evidente che un indagine sulla legislazione della Restaurazione può facilmente risolversi in uno studio frammentario

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1 REGNI e CODICI PREUNITARI E evidente che un indagine sulla legislazione della Restaurazione può facilmente risolversi in uno studio frammentario sulla normativa dei singoli ordinamenti della penisola. La varietà delle situazioni ambientali, politiche, culturali, il diverso grado di sviluppo sociale hanno generato nel teatro italiano molteplici soluzioni normative ai problemi istituzionali affrontati dai governi della Restaurazione. A prescindere da questo, tuttavia, occorre dare un nesso unitario a tali vicende, indispensabili per comprendere se e fino a che punto la Restaurazione abbia rappresentato una soluzione di continuità nel processo di codificazione nazionale oppure si sia presentata come una brusca battuta di arresto. Questo filo conduttore esiste ed è dato dal codice francese, il quale rappresentava agli occhi del ceto intellettuale e dei giuristi consapevoli della realtà dei tempi nuovi, un modello di tecnica normativa o almeno un disegno cui era possibile accostarsi nella redazione dei codici nuovi. Negli Stati italiani pur essendo stato applicato per un periodo relativamente breve, e comunque non superiore a un decennio, il Codice napoleonico, formalmente abrogato, è infatti destinato ad una seconda e più durevole vita attraverso l influenza esercitata dapprima, sui codici civili della Restaurazione, che ad esso largamente si ispirarono, quindi sul codice civile italiano del 1865,

2 dal quale in molte parti dipende ancora quello del 1942, tuttora vigente. Vediamo più da vicino le singole realtà. 1. Regno delle 2 Sicilie Il primo degli Stati preunitari che giunge alla codificazione è il regno delle Due Sicilie dove i codici napoleonici vengono dapprima mantenuti in vigore e poi sostituti da una nuova compilazione, entrata in vigore nel Tale codice unico risulta diviso in cinque parti dedicati alla legge civile, a quella penale, alla procedura civile e penale e agli affari di commercio. Le cinque parti del codice si sostituivano formalmente ai cinque codici francesi, che si presentavano a regolamentare in modo distinto le diverse branche del diritto. A parte questo aspetto formale, sul piano sostanziale il nuovo testo napoletano imitava quasi integralmente i modelli napoleonici, distaccandosene solo nella disciplina di quegli istituti maggiormente contrastanti con lo spirito e la cultura locale. Le leggi civili contengono tutto sommato modesti interventi, che riguardano più che altro il diritto delle persone, con la reintroduzione del regime misto di matrimonio (canonico nella celebrazione, civile nella pubblicità e negli effetti. Il divorzio è abolito. La patria potestà cessa ai 25 anni, ma i figli possono essere diseredati: la posizione delle figlie nelle successioni legittime resta equiparata ai maschi). Appare invece confermata la liberazione della proprietà da ogni vincolo

3 ed onere feudale, con la sola eccezione dell enfiteusi reintrodotta in omaggio alla tradizione locale. Per la procedura novità di rilievo vengono dall oralità del dibattimento, solo ambito in cui può formarsi la prova; mentre per il penale si assiste ad una rinata ferocia per l applicazione ampia della pena capitale. Nel complesso, tuttavia, la valutazione di questo codice è positiva: costituisce, infatti, il primo esempio di codificazione della Restaurazione ed offre la prova tangibile dell impossibilità per un sovrano di abbandonare la soluzione codicistica adottata durante l egemonia francese di cui molto si conserva. 2. Ducato di Parma e di Piacenza L esempio napoletano fu seguito, ad un anno di distanza, cioè nel 1820, dal Ducato di Parma e di Piacenza, dove però, a differenza di quanto avvenne nel Regno delle Due Sicilie, si preferì elaborare non un unico testo, ma quattro distinti, dedicati al diritto civile, alla procedura civile, al diritto penale e alla procedura penale tutti pubblicati fra il 20 ed il 21. Manca un codice di commercio, poco confacente ad una realtà economica di tipo soprattutto rurale e le poche norme dedicate al commercio vennero fatte confluire o nel codice civile o in quello di procedura civile. Si nota talvolta in questi codici un distacco dall archetipo napoleonico e fra i codici della Restaurazione appare come quello realizzato con più ampia autonomia di giudizio, perché non ignora, accanto al modello

4 napoleonico, talune scelte operate dal codice austriaco. La compilazione del codice civile parmense fu lenta e laboriosa: un primo progetto, stampato già nel 1816, parve di carattere troppo reazionario e venne sottoposto ad una seconda commissione, composta da tre giuristi milanesi, che lo modificarono ispirandosi sia al modello francese che a quello austriaco (di Renzo 2006). Una terza commissione, nominata da Maria Luigia nel 1817 per riesaminare il progetto originario e le riforme aggiunte dalla commissione milanese, si mise in contrasto con la prima commissione, rimasta in vita, ed esorbitò dalle direttive ricevute, tanto da essere sciolta nel Finalmente, una quarta commissione, presieduta da Francesco Ferrari, fu incaricata della compilazione definitiva del codice, che fu terminato nel giro di quaranta giorni, sottoponendolo poi ad un ultima revisione. Il codice civile parmense è sicuramente il migliore tra i testi preunitari, dotato di vari elementi degni di segnalazione. Ad esempio esso restituisce centralità al ruolo della dote, in linea con quanto seguito comunemente in Italia che compie scelte in opposizione alla comunione dei beni sancita come regime patrimoniale normale dal Codice napoleonico, ma per la prima volta vede abolito l obbligo di dotare la figlia; non contempla il divorzio e recupera alcune tradizionali forme di contratto agrario, ignorate dal codice francese, ma significative nel contesto italiano, quale ad esempio la mezzadria.

5 3. Regno di Sardegna Dovettero passare due decenni e più dal Congresso di Vienna perché un altra monarchia assoluta della penisola riprendesse la via della codificazione: si tratta del Regno di Sardegna, che aveva mostrato una condotta nettamente conservatrice all indomani della caduta del regime napoleonico, abrogando in blocco l intera legislazione francese vigente in Piemonte dopo l annessione all impero napoleonico e ripristinando nella loro validità le superate fonti giuridiche subalpine applicate fino alla crisi finale dell antico regime, ossia la legislazione regia, gli statuti locali, le sentenze e il diritto comune. Si era trattato della più ampia concessione allo spirito reazionario compiuta da uno Stato italiano. Una folla politica scrive Ghisalberti, interpretando lo spirito di molti intellettuali e politici contemporanei (M. D AZEGLIO, ne I miei ricordi). Resa ancora più evidente dall assenza di disposizioni transitorie che in qualche modo traghettassero verso il passato e dalla disparità di legislazione nello stato, ove per Genova, annessa dal congresso di Vienna allo Stato sabaudo, furono mantenuti il codice civile e di commercio napoleonico, mentre gli altri furono sostituiti con norme più aderenti alla Restaurazione, creando così un intrico di leggi disomogenee; e dalla situazione della Sardegna, per quale, nel 27 venne approvato il cd. Codice Feliciano (Leggi civili e criminali del Regno di Sardegna, Lattes).

6 Fu solo con l ascesa al trono di Carlo Alberto, nel 31, che le cose si sbloccarono ed una codificazione autonoma fu promossa per l intero regno anche se i lavori si protrassero a lungo: è, infatti, del 1837 il codice civile, seguito nel 1839 da quello penale, nel 42 da quello commerciale, nel 47 dal codice di procedura penale e nel 54 da quello di procedura civile. Nella formazione del codice civile il legislatore aveva largamente attinto all esperienza codicistica napoleonica e, ancor di più, ai modelli italiani già entrati in vigore negli altri Stati preunitari. E tuttavia si impiegarono ben sei anni per arrivare alla sua pubblicazione (i lavori di progettazione infatti erano iniziati nel 1831), mostrando un atteggiamento di assoluta incertezza sulle soluzioni normative da adottare. Fu solo per volontà del sovrano Carlo Alberto e per l appoggio di un gruppo di politici moderati che il codice potè vedere la luce. I giudizi sul codice civile albertino non sono concordi: taluni lo considerano inferiore per formulazione e per parecchi dettati dagli altri codici preunitari: in esso si riflettevano tutte le contraddizioni di una classe dirigente incerta sulla via da seguire per adeguare, dopo un ventennio politico conservatore, le istituzioni alla realtà dei tempi. Si sostiene, da parte di altri, che in esso trovano comunque spazio innovazioni talora di grande rilevanza. Si tratta del primo codice che menziona, con un espressione divenuta classica e poi passata nell art. 12 delle vigenti Disposizioni sulla Legge in generale, i princìpi generali del diritto (e non, come nel

7 Codice austriaco, i principi del diritto naturale), intesi come fonte offerta al giudice in caso di lacuna laddove l analogia non fosse in grado di offrire soluzioni valide. Si pone poi all avanguardia nel riconoscere la proprietà sui beni immateriali o sulle opere d ingegno (il cosiddetto diritto d autore) e risulta innovativo in tema di servitù prediali e di disciplina delle acque, divenendo infine un modello per tutte le legislazioni realizzate in materia in Italia e fuori. 3. Gli altri Stati Negli altri stati della penisola, fatta eccezione per il Ducato di Lucca, dove rimasero in vigore, anche se emendate, le norme francesi, prevalsero, almeno nella prima fase della Restaurazione, indirizzi anticodicistici. Nel Ducato di Modena, come era già avvenuto nel Regno di Sardegna, la Restaurazione significò il ripudio totale della codificazione napoleonica e il ripristino dell antico sistema delle fonti del diritto, incentrato sulle Costituzioni modenesi del 1771, integrate da talune insostituibili innovazioni in materia ipotecaria e successoria. La situazione migliorò con l ascesa al trono di Francesco V, personalmente informato sulle esperienze legislative dell Impero d Austria e degli altri Stati italiani, il quale, ispirandosi liberamente alla codificazione parmense, emanò nel 1851 un Codice civile, nel 1852 un codice di procedura civile e nel 1855 quelli penali, sostanziale e processuale, mettendo il Ducato, almeno

8 formalmente, al passo con i tempi. Sul piano sostanziale, però, i codici modenesi apparivano più arretrati, forse per il lungo distacco di tempo che ne separò l entrata in vigore da quella delle codificazioni degli altri Stati italiani ed anche se venivano celebrati come un effettivo progresso rispetto all antica legislazione estense del Settecento, rivelavano grosse manchevolezze. L assenza di un preciso disegno normativo nei suoi redattori, incerti spesso sulla via da seguire e sulle soluzioni da adottare tra gli ormai classici modelli napoleonici e quelli asburgici, dava all intera opera legislativa di Francesco V scarsa unitarietà di princìpi ed omogeneità di dettato, mostrando da un lato la frettolosità della redazione e dall altro le deficienze del sistema. Anche in Toscana e nello Stato pontifico dopo l abrogazione della legislazione francese non si pervenne ad un esperienza codicistica. In Toscana furono ripristinati nel loro vigore il diritto romano, il diritto canonico e le leggi granducali emanate fino al 1808, anno in cui erano state introdotte le leggi francesi. Dei codici francesi sopravvisse solo quello di commercio, considerato insostituibile strumento normativo data l assenza di una qualunque legge patria in materia mercantile, e furono emanate nuove norme in tema di diritto di famiglia e successorio. Ancora peggiore, se si vuole, la situazione nello Stato pontificio, dove l abrogazione della codificazione napoleonica,

9 attuata con il preciso intento di ritornare all antico pluralismo delle fonti del diritto, non fu mai accompagnata dall attuazione di un disegno legislativo di rifondazione di un organico sistema giuridico. Non vennero portati avanti l elaborazione di codici, opera, questa, naturalmente più difficile nello Stato pontifico che in altri Stati anche per il peso che vi esercitava il diritto canonico nella vita civile e per la conseguente rilevanza assunta tradizionalmente da questo nel sistema delle fonti del diritto. Dei vari codici fatti predisporre da Consalvi sotto il pontificato di Pio VII solo il Codice di procedura civile del 1817 e un Regolamento provvisorio di commercio del 1821 riuscirono ad entrare in vigore. Alla fine di questa disamina, ciò che occorre mettere in luce è che i codici degli Stati preunitari avevano, almeno nelle grandi linee, salvaguardato una sorta di unità della vita giuridica: malgrado il perdurare nella penisola e nelle isole del particolarismo politico, la storia del diritto italiano dalla Restaurazione al compimento del Risorgimento non sembra alterare l unità della vita giuridica. E vero che questa codificazione presenta talune caratteristiche conservatrici, perché i suoi contenuti normativi rappresentano un involuzione rispetto a quelli più avanzati delle disposizioni napoleoniche specialmente sul terreno privatistico. Ma questa svolta, che doveva apparire come retriva o addirittura reazionaria agli esponenti del liberalismo risorgimentale, non era

10 in realtà percepita come tale dalle popolazioni destinatarie dei codici preunitari: la tradizione religiosa profondamente vissuta, la ripristinata dedizione ai monarchi avevano ancora presa sull anima popolare, portata, quindi, naturalmente ad accettare i contenuti normativi di quei codici che sembravano ispirati a princìpi largamente condivisi. I codici preunitari ebbero dunque una grande importanza nella storia dell Italia moderna: rivelavano palesemente con quanta forza era avvertita dalla società della penisola l esigenza di una legislazione uniforme ed univoca soprattutto in materia di rapporti privati. In secondo luogo, poi, mantennero vivo il principio della certezza del diritto e della supremazia della legge, preparando il terreno a quella codificazione unitaria auspicata dall ideologia risorgimentale. Il sistema normativo vigente nei diversi Stati nei quali il Congresso di Vienna aveva suddiviso l Italia si era sviluppato nel solco inaugurato dalla codificazione del primo ottocento, garantendo un notevole grado di omogeneità nelle strutture istituzionali del paese. I codici preunitari, infatti avevano per lo più imitato i modelli napoleonici o di quei modelli avevano recepito lo spirito riformatore, contribuendo al mantenimento di un modo di essere piuttosto uniforme nella vita giuridica del paese. Questo fatto sicuramente facilitò l unificazione legislativa realizzata al compimento del Risorgimento e culminata con l emanazione dei codici del 1865, fondati anch essi sugli stessi modelli napoleonici che fino al 1814 erano stati più o meno

11 integralmente applicati nella penisola per la ferrea volontà dell Imperatore dei francesi. Per valutare compiutamente l influenza esercitata dal Codice napoleonico sui codici italiani della Restaurazione sarebbe necessario procedere ad analitici raffronti testuali, che non è questa la sede per affrontare. Sinteticamente si possono delineare gli aspetti essenziali e più rilevanti, a partire dal sistema. La partizione del Codice Napoleonico in tre libri fu riprodotta tale e quale dai codici napoletano e albertino, e accolta con lievi ritocchi dai codici parmense ed estense, dove però le modificazioni sono più di apparenza che di sostanza (unica eccezione dunque si ha nel Lombardo Veneto). Come il Codice francese anche i nostri codici premettono al Libro I un titolo preliminare, con le disposizioni sulla pubblicazione, gli effetti e l applicazione delle leggi in generale. Nel codice albertino questo titolo inizia con la solenne affermazione della confessionalità dello Stato. Per quanto concerne il contenuto normativo, tutti i codici italiani preunitari riproducono interi titoli del Code civil, conservando immutato anche il tenore delle singole disposizioni o apportandovi emendamenti puramente formali. Vi sono tuttavia modificazioni di carattere sostanziale, diverse e di varia importanza. Le divergenze dal modello francese sono di particolare rilievo in materia di diritto delle persone e

12 della famiglia, di rapporti patrimoniali tra coniugi e di successione. Quanto allo stato delle persone, il Codice Napoleone aveva affermato il principio che l esercizio dei diritti civili era indipendente dalla qualità di cittadino, ossia dal godimento dei diritti politici. Gli stranieri, invece, nei codici italiani, ricevevano diverso tipo di trattamento: nel codice napoletano solo i nazionali erano ammessi all esercizio dei diritti civili e politici; il codice albertino riconosceva ai sudditi il godimento dei diritti civili, ma precisava che i non cattolici e gli ebrei ne godevano secondo le leggi, i regolamenti e gli usi che li riguardavano. E così nel Ducato di Modena si disponeva una restrizione della capacità giuridica degli ebrei, esclusi dalla possibilità di acquisto dei fondi rustici. L abolizione del matrimonio civile e il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio canonico determina in tutti i codici della Restaurazione un distacco dalle norme del codice francese, anche se, ad esempio, la richiesta del consenso dei genitori o degli avi per il matrimonio dei figli e delle figlie fino all età di 25 per i maschi e di 21 per le femmine, e dopo tale età la richiesta di consiglio con atti rispettosi sono formalità mantenute nel codice napoletano ed estense, mentre quello parmense richiede il consenso per i minori di 24 anni, sull esempio del codice austriaco.

13 La patria potestà era stata limitata dal Codice napoleonico alla minore età, fissata ai 21 anni; il codice napoletano la estende ai 25 e la rafforza; il codice albertino reintroduce la potestà perpetua e mantiene la facoltà del padre di chiedere l arresto del figlio fino all età di 15 anni e la detenzione fino ai 25. In tema di regime patrimoniale tra i coniugi tutti i codici italiani si distaccano nettamente dal modello francese, il quale poneva come regime legale e normale la comunione generale dei mobili e degli acquisti, anche immobiliari, ammettendo in via convenzionale sia la comunione universale sui beni, sia la separazione e la costituzione della dote. I nostri codici, richiamandosi al diritto comune e alle consuetudini nazionali, rimettono alle convenzioni matrimoniali il regolamento dei rapporti patrimoniali, adottando il sistema dotale romano della separazione dei beni come regime legale, integrato dalla costituzione della dote. La comunione dei beni è ammessa solo in via convenzionale, sopprimendo l ampia normativa del Codice Napoleone sulle diverse specie di comunione. La disciplina del diritto familiare è dunque quella che più risente di una diversa impostazione, legata ad una diversa situazione politico-sociale. Al contrario, il libro II del Codice Napoleonico, nei suoi quattro titoli dedicati alla classificazione dei beni, alla proprietà, all usufrutto, uso, abitazione e alle servitù prediali rappresenta ben più che un modello per la successiva classificazione. I nostri

14 quattro codici ne riproducono interamente sia la partizione sistematica che la disciplina normativa. La definizione di proprietà, come diritto di godere e di disporre delle cose nella maniera più assoluta, purché non se ne faccia un uso vietato dalle leggi e dai regolamenti, è un concetto ripetuto testualmente dai quattro codici. L unica novità è l art. 440 del codice albertino a tutela della proprietà intellettuale, affermando che le produzioni dell ingegno umano sono di proprietà dei loro autori. Nel libro III del Codice Napoleonico l ampia parte dedicata alle obbligazioni e ai contratti presenta importanti novità nella impostazione sistematica generale, ma nella concreta disciplina normativa seguiva di massima, con sostanziale fedeltà, i principi di diritto romano comune, sia nella parte generale delle obbligazioni sia nel regolamento tipico dei singoli contratti. Ed anche qui i legislatori italiani della Restaurazione seguono il modello francese e ne recepiscono sia il sistema sia le disposizioni, con maggiore fedeltà nel codice napoletano e nell albertino, con qualche modifica nel parmense e nell estense. Sarebbe fuori luogo ampliare queste osservazioni: anche un più approfondito ed analitico raffronto tra il Codice Napoleonico e i codici civili italiani della Restaurazione non farebbe che confermare il giudizio di stretto e diretto rapporto di derivazione da quel modello che costituì non solo l ordito, ma fornì anche il disegno e la maggior parte dei materiali per la

15 composizione di quei codici. Questo fenomeno di imitazione e di recezione, che parve a taluni servile, deve invece essere apprezzato come segno dell alto valore del Codice francese e della sua rispondenza alle esigenze del tempo. L Italia, ancora politicamente divisa, si ritrova unita nella disciplina in gran parte uniforme dei rapporti di diritto privato, nel rinnovato sentimento di una comune civiltà giuridica. Certamente i codici della Restaurazione sono in parte espressione di tendenze conservatrici, ma più che di norme dettate da spirito retrivo, si tratta di stabilire istituti e principi più rispondenti alla tradizione giuridica nazionale. Per questo non è possibile tacere l importanza storica e dogmatica di questi codici, che furono l anello di congiunzione tra la legislazione francese e quella unitaria nazionale. Essi furono espressione di un epoca di transizione e il risultato di una lotta: la lotta tra le tendenze reazionarie e le idee riformatrici e liberali. Il codice albertino, parmense, estense e delle Due Sicilie conservarono intatte le linee della grande opera di codificazione francese e contribuirono a tenere salde le idee di uguaglianza e di libertà che avevano costituito il lievito della Rivoluzione francese e che avevano trovato nel codice napoleonico, pure in un clima diverso, la loro garanzia e la loro strutturazione. I codici civili della Restaurazione rappresentano il migliore riconoscimento e la più sicura testimonianza dell autorità e della validità del Codice napoleonico, che attraverso questi codici

16 continuò di fatto ad esercitare, anche dopo il 1814, un ulteriore e preziosa azione sullo sviluppo della vita civile in Italia durante il periodo risorgimentale. I codici degli Stati preunitari salvano, almeno nelle grandi linee, l unità della vita giuridica, inquadrando nella cornice codicistica, gli istituti del diritto civile, penale, commerciale e processuale, rifacendosi, bon gré o mal gré, ai canoni normativi napoleonici o, nell ipotesi del Lombardo Veneto, a quelli austriaci.. Malgrado il perdurare nella penisola e nelle isole del particolarismo politico, la storia del diritto italiano della Restaurazione al compimento del Risorgimento sembrò svolgersi secondo criteri di unità. Ed anche se il ricordo del Code Napoléon si accompagnava negli spiriti più aperti e illuminati al rimpianto ed alla volontà di operare per il suo ripristino e se l epoca che ne aveva visto l introduzione pareva nostalgicamente simboleggiare l avvio di quel progresso e di quel rinnovamento civile e sociale interrotti dal Congresso di Vienna, si deve riconoscere che le alterazioni sul piano istituzionale provocate dai diversi codici preunitari al sistema normativo napoleonico non erano state poi troppe né tali da interrompere nei suoi fondamenti essenziali quella tradizione giuridica nazionale nella quale si erano agevolmente inseriti i testi francesi. Il sentimento unitario risorgimentale identificava l età del Code civil con la riconquistata assoluta uniformità della vita giuridica nazionale dopo la fine del pluralismo normativo e del particolarismo istituzionale fondati

17 sulle norme vigenti nell antico regime. E non si rassegnava a vederla nuovamente frantumata ad opera delle molteplici legislazioni emanate dopo il Congresso di Vienna da quegli Stati ai quali andava il disprezzo crescente del liberalismo nazionale consapevole che l unità della nazione dovesse fondarsi sulla base di una solida unificazione legislativa. Tuttavia era innegabile che i codici preunitari avevano per lo più imitato i modelli napoleonici o, quando avevano seguito altri canoni imposti dal da locali tradizioni normative o dall introduzione di leggi straniere, avevano almeno imitato o recepito lo spirito informatore di quei modelli, contribuendo al mantenimento di un modo di essere piuttosto uniforme nella vita giuridica del paese, soprattutto nel campo di quel diritto privato le cui istituzioni rappresentavano il tessuto fondamentale per l esistenza di una società individualistica e liberale. Questo fatto facilitò indubbiamente l unificazione legislativa realizzata al compimento del Risorgimento e culminata con l emanazione dei codici del 1865.

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