S E R V I Z I O D E I G E S U I T I P E R I R I F U G I A T I N O

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1 S E R V I Z I O D E I G E S U I T I P E R I R I F U G I A T I N O 47 Vivere nel DESERTO A F G H A N I S T A N Venezuela: Immagini che guariscono Ciad: Istruzione nonostante le avversità Africa orientale: Trovare rifugio in città Asia e Pacifico: Mappatura dello sfollamento Europa: Accesso all asilo accompagnare servire difendere

2 S E R V I Z I O D E I G E S U I T I P E R I R I F U G I A T I - N O 47 Servir è disponibile gratuitamente in italiano, francese, inglese e spagnolo, ed è pubblicato tre volte l anno dal Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. in questo numero Editoriale 03 S E T T EMB R E accompagnare Afghanistan Vivere nel deserto 04 La storia di Jumagul 05 Venezuela Immagini che guariscono 07 FOTO D I C O P E RT IN A (Peter Balleis SJ/JRS) Questa foto è stata scattata nell insediamento per rimpatriati di Sohadat, vicino a Herat, in Afghanistan. D IR EZ I O NE Peter Balleis SJ R ED A Z I O NE Danielle Vella P R O D UZ I O NE Malcolm Bonello servire difendere Ciad Istruzione nonostante le avversità 09 Guarire le ferite della guerra 10 Africa orientale Trovare rifugio in città 12 Il JRS è un organizzazione cattolica internazionale creata nel 1980 da padre Pedro Arrupe SJ. La sua missione è accompagnare, servire e difendere la causa dei rifugiati e degli sfollati. Jesuit Refugee Service Borgo S. Spirito 4, Roma, Italia TEL: FAX: servir@jrs.net riflessione acronimi Asia del Pacifico Isole in pericolo 14 Europa Cercare asilo nell UE 17 Un abisso chiama l abisso 19 Contribuire al corpo del JRS (ultima di copertina) In questo numero sono usate le seguenti abbreviazioni UE Unione Europea ONG Organizzazione non governativa UNHCR Alto Commissariato dell Onu per i Rifugiati 02

3 editoriale la qualità dei servizi Cari amici, D urante una recente visita a un campo per sfollati vicino a Goz Beida, nel Ciad orientale, siamo stati accolti dalle grida felici dei bambini: Elise! Elise! Elise è conosciuta da tutti i bambini perché negli ultimi due anni ha coordinato le scuole primarie gestite dal JRS nell area. Quando abbiamo incontrato gli insegnanti, ci hanno chiesto di far rimanere Elise. Queste sono le migliori testimonianze della qualità del servizio che Elise ha fornito. Le condizioni non sono facili: temperature superiori ai 40 gradi, insicurezza dovuta all attività dei ribelli, problemi logistici. Queste sono le condizioni in cui lavorano dal 2006 in Ciad gli operatori del JRS. Padre Joaquín, un gesuita che ha svolto in precedenza la sua attività di servizio ai rifugiati nella regione dei Grandi Laghi, ha promosso la formazione di centinaia di insegnanti a Guéréda, nel Ciad orientale. Molti altri meriterebbero di essere citati; per esempio gli autisti e coloro che si occupano della logistica, come Bosco, Leon e Theophil nella Repubblica Centrafricana. Lungo strade all apparenza impossibili da percorrere, riescono a portare le équipe del JRS nei posti più isolati. Ho scelto questi esempi per porre l attenzione sull eccellente servizio svolto dagli operatori del JRS, siano essi rifugiati, personale locale o internazionale, volontari, gesuiti o altri religiosi. La nostra missione è dura anche perché il successo è lungi dall essere garantito. La mancanza di volontà politica per giungere alla pace, la violenza insensata dei gruppi ribelli e gli interessi geopolitici ed economici nascosti sono tra le cause alla base di conflitti interminabili. Un altro luogo difficile è l Afghanistan, dove il conflitto si sta nuovamente intensificando. Il JRS ha iniziato a lavorarvi nel 2005 e, in quanto ONG internazionale, fornisce la base legale affinché i gesuiti indiani possano insegnare all università di Kabul e a Bamian, dove gestiscono un progetto sulla gestione dei bacini idrici; un altra équipe sostiene una scuola tecnica a Herat e si occupa dei rifugiati che ritornano dall Iran. L insediamento per rimpatriati è situato in un area di arida roccia desertica nelle vicinanze di Herat; non esistevano strutture o servizi. Un trasformatore elettrico fornito dal JRS ha cominciato a trasformare la vita nell insediamento, dove siamo adesso responsabili dei servizi scolastici e sanitari. Che siano in Ciad, in Afghanistan o in uno degli oltre 50 paesi in cui lavoriamo, vorrei ringraziare calorosamente tutti gli operatori del JRS per il loro impegno, la loro compassione e la qualità del loro servizio. Peter Balleis SJ Direttore internazionale del JRS 03

4 accompagnare Afghanistan Peter Balleis SJ/JRS vivere nel deserto Jerome Sequeira SJ, direttore del programma del JRS a Herat Rimpatriati nell insediamento di Sohadat ascoltano con ansia i funzionari locali e il personale del JRS durante un incontro comunitario (Peter Balleis SJ/JRS) Il mistero della grazia passa attraverso le situazioni concrete quanto più sono concrete, tanto più sono potenti Gary Smith SJ A Sohadat, un insediamento per rimpatriati vicino a Herat, abbiamo il privilegio di incontrare questo mistero di grazia, accompagnando i rifugiati afghani di ritorno a casa. Se decenni di guerre, disastri naturali ed estrema povertà hanno spinto milioni di afghani a cercare un rifugio sicuro lontano da casa, la caduta del regime talebano ha portato una sensazione di maggiore sicurezza e il desiderio di tornare e vivere con dignità in Afghanistan. Nel loro esilio, i rifugiati hanno portato nel cuore grandi sogni e speranze. Una volta ritornati, però, si sentono spesso come se fossero rifugiati in patria. Per coloro che arrivavano a Sohadat, dove inizialmente mancavano perfino i servizi essenziali, la realtà poteva rivelarsi devastante, lasciandoli affranti e scoraggiati. Gli aiuti umanitari da parte del governo e delle ONG non erano sufficienti per cominciare una nuova vita. Far parlare i cuori non è facile. Eppure con Jumagul fin dall inizio, quando mi ha abbracciato calorosamente e accolto come uno della famiglia, non ci sono state barriere. Un giorno, mentre conversavamo davanti a una tazza di tè, mi ha detto: Non ho niente da condividere, ma posso condividere con te la mia vita. Sei mio amico e mi fido di te. Sono contento di essere qui, di nuovo a casa. Benché non ci sia nulla di speciale nel mio paese e nel posto che mi è stato assegnato, poter ritornare non ha eguali. Ma non è semplice per Jumagul e i suoi figli affrontare le difficili condizioni del luogo. A Sohadat dobbiamo ricominciare le nostre vite da zero. Che cosa possiedo oggi? Quando dico ai miei figli che abbiamo una casa nostra nella nostra patria, loro replicano Abbiamo una capanna! Mentre lo ascolto attentamente, mi chiedo se incoraggiarlo a continuare oppure no. Ma non ce n è bisogno: Jumagul si fa pensieroso, ricordando la sua vita come rifugiato in Iran per 20 anni e il suo ritorno in Afghanistan... 04

5 Afghanistan accompagnare L insediamento di Sohadat (Peter Balleis SJ/JRS) la storia di Fuggii dall Afghanistan prima del regime talebano. Quando ero ragazzo, mi chiesero di imbracciare le armi per combattere i comunisti e proteggere le nostre famiglie. Mi sentivo importante. Nei giorni seguenti, però, seppi che 24mila persone erano state uccise e che i nostri leader erano fuggiti. Mi resi conto che le nostre armi non erano più forti di quelle dei comunisti e che non ci avrebbero salvato. Con un gruppo di persone fuggimmo verso l Iran, dove in un primo momento fummo sospettati di appartenere a una milizia. Se avessi potuto studiare, non avrei mai impugnato un arma. Adesso però mi rammarico di più della nostra condizione attuale che di quando ero rifugiato. In Iran riuscivo a guadagnare qualcosa e vivevo in strutture decenti, ero abbastanza autosufficiente. Non ho mai dovuto attingere ai miei risparmi e avevamo il necessario per vivere felicemente come famiglia. E sebbene fossi un rifugiato, ero stimato. Sono un artista e i miei quadri erano richiesti sul mercato iraniano. Qui invece nessuno si interessa ai quadri, nessuno si interessa nemmeno agli esseri umani! Al di là dei soldi, c era la stima. Adesso Jumagul (a sinistra) con padre Jerome (Edris Sharifi/JRS) vivo, solamente, senza sapere chi sono e dove sono. Non voglio che questo accada anche ai miei cinque figli. Non voglio farli vivere in una casa affittata e far passare loro quello che ho vissuto io. Voglio dar loro l identità che viene dal possedere una casa propria. Sono 05

6 accompagnare Afghanistan Membri della comunità di rimpatriati di Sohadat. Quest anziano fa parte delle decine di migliaia di civili che hanno subito mutilazioni a causa delle mine terrestri in Afghanistan, una delle nazioni con il maggior numero di mine al mondo. (Peter Balleis SJ/ JRS) contento di essere tornato e sogno che l Afghanistan progredisca e si sviluppi. Dopo essere arrivato nel mio paese, nel giro di un anno e mezzo sono dovuto andare per strada a tirare i carretti, per poter dare da mangiare alla mia famiglia. Quando i miei figli hanno cominciato a mettere in discussione la mia decisione di tornare in Afghanistan, ho pensato se ripartire e vivere come rifugiato per sempre, ma avevo paura di tre cose. Innanzitutto, l attraversamento della frontiera non può essere fatto in sicurezza. In secondo luogo, temevo che espatriando i miei figli potessero perdere la loro nazionalità. Terzo, avevo paura che i miei figli più giovani potessero unirsi a qualche gruppo estremista, e non avrei potuto sopportarlo. Vivo a Herat ormai da cinque anni. Ero un uomo felice quando sono arrivato e sono diventato un manovale e un padre impotente. Il governo e le ONG ci hanno aiutato, certo, ma noi rimpatriati avevamo perso fiducia nella possibilità di ricostruire le nostre vite. Alcuni hanno perfino lasciato Sohadat quando hanno visto che le case, appena costruite, cadevano a pezzi. A un tratto c è stato però un cambiamento. Quando siete arrivati non avete appeso nessun cartello, ma la vostra presenza è stata segnata da un simbolo liberante: l elettricità nell insediamento e fra le nostre famiglie. Dagli altri... PADRE JEROME AGGIUNGE: Quando siamo arrivati a Sohadat abbiamo capito che senza i servizi di base le famiglie di rimpatriati non sarebbero potute venirci a vivere. Vivere qui sarebbe stato ancora più infelice che sopravvivere tra le ombre di Herat. Sfruttando le capacità presenti nella comunità dei rimpatriati e collaborando con le amministrazioni locali e le non abbiamo avuto risposte. Non riuscivamo a credere che voi, un organizzazione che veniva in visita senza pubblicità o celebrazioni, i cui membri arrivavano dalla città a bordo di taxi affittati, ci avreste fornito l elettricità. Il JRS ha portato un segno di speranza invisibile, ma ben concreto in ogni casa. E non avete solamente portato l elettricità e la luce nelle nostre case, avete portato anche la luce dell istruzione, che ogni genitore desidera per i propri figli. Adesso i nostri figli sono occupati in modo positivo e non hanno più tempo per pensare ad attività antisociali. Io sono musulmano e vivo nella speranza. Chi sono io per essere considerato vostro amico? Se non avessi avuto la speranza, non avrei avuto l opportunità di sedermi qui con voi e condividere la storia della mia vita. Credo che sia il Regno di Dio che ci unisce tutti nel mondo. Non credo nell aiuto delle ONG, ma ho fiducia nei cuori. La religione del cuore è quella in cui credo. Il JRS ha cambiato il volto del nostro insediamento. La vostra presenza è stata per noi una sfida, e ha spronato altre organizzazioni a operare più rapidamente. Le nostre case cadenti stanno riprendendo forma e il numero di famiglie nell insediamento è passato da 32 a 58 in sette mesi. Per questo dico di nuovo che credo nei cuori è questa la religione in cui credo. altre agenzie, il JRS è impegnato in programmi per l istruzione, l assistenza sanitaria e l autosostentamento dei rimpatriati della comunità di Sohadat. Una scuola è stata inaugurata il 1º aprile 2009 e alla fine di luglio contava 117 studenti. Allo stesso tempo, 29 studenti dell insediamento hanno frequentato la vicina scuola superiore di Shakiban. 06

7 Venezuela accompagnare immagini che guariscono Il JRS Venezuela ha scoperto un modo originale per aiutare le donne rifugiate colombiane a condividere le proprie storie e a trarre speranza da esse. Yovanny Bermúdez SJ, assistente del direttore del JRS America Latina, ci scrive a proposito dei seminari tenuti in aprile e in giugno di quest anno in due Stati al confine con la Colombia. Mettere alla prova nuove capacità (Federico Zaá/JRS) Sradicate dal conflitto armato in Colombia, molte famiglie finiscono per sgretolarsi, oppresse dal dolore e con profonde ferite. Le donne rifugiate non rimuovono questa esperienza straziante, cercano invece di ricostruirla. La presenza vicina e sensibile di chi le accompagna fa sì che possano ritrovarsi insieme e condividere con gioia e speranza le loro storie. La mia vita è come un bicchiere che qualcuno ha mandato in frantumi, ha detto una rifugiata. La sto ricostruendo incollandola pezzo a pezzo. Il JRS Venezuela gestisce progetti di microcredito, seminari sui diritti delle donne e sui diritti umani, e giornate sulla salute per le donne rifugiate. La missione di accompagnare le donne nasce dalla necessità di trasformare la violenza, la tristezza e la disperazione in colore e movimento, in vitalità. Un modo significativo per fare questo è usare la fotografia, la pittura e la scrittura narrativa per facilitare l espressione dei propri sentimenti. Nei seminari, intitolati Expresión plástica y literaria como herramienta de recuperación psicosocial (L espressione grafica e letteraria come strumento di guarigione psicosociale) e La Le partecipanti al seminario di fotografia che si è tenuto ad aprile nell area di Ureña, nello Stato di Táchira (Irene Herrera/JRS) 07

8 accompagnare Venezuela Immagini che rispecchiano la realtà: due seminari di pittura e scrittura si sono svolti in giugno nell area di El Nula, nello Stato di Apure, e nella zona di Ureña, nello Stato di Táchira. (Ingrid Bournat/JRS) fotografía como herramienta de empoderamiento para mujeres refugiadas (La fotografia come strumento per rafforzare le donne rifugiate), questi mezzi sono stati usati per trasformare la tristezza in motivo di speranza. Per la prima volta in vita loro, le partecipanti hanno tenuto in mano una macchina fotografica, un esperienza carica di emozioni diverse. Prima pensavo di non poter neanche toccare una macchina fotografica, adesso ho già imparato come usarla, ha detto una di loro. Mentre le loro mani tenevano le macchine fotografiche, le donne sorridevano, e i loro occhi riflettevano ciò che c era nel cuore. Volevano fissare i momenti di gioia con i loro figli, la natura, la terra che ha offerto loro protezione. Mentre andavano in giro, catturando i colori, tutto quello che facevano e provavano era registrato dall obiettivo. Le loro foto e i loro dipinti le hanno fatte sentire libere; hanno ricostruito le loro storie con elementi raccolti da loro stesse. Il dolore si è trasformato in immagini, e le immagini Il personale del JRS Venezuela durante la realizzazione del documentario Al Otro lado del Lente (Dall altro lato dell obiettivo). Il documentario, parte del seminario di fotografia, ha due scopi: focalizzare l attenzione sul modo in cui vivono le donne rifugiate e mostrare come l apprendere a scattare fotografie può essere per esse un processo di emancipazione. (Valentina Pacheco/JRS) esprimevano il desiderio di cambiare la realtà. Quando le donne dipingevano, i colori si stendevano sulla carta, riflettendo i loro sentimenti. E se alcune immagini erano cariche di tristezza, altre lasciavano spazio alla speranza, al superamento di questa tristezza. Rielaborando le esperienze, le donne hanno abbandonato le loro paure e hanno osato esprimere ciò che provavano. È stato un tempo di lacrime e di risa, un canto di libertà per i loro cuori, perché potevano ascoltare ed essere ascoltate. Le donne sono diventate le protagoniste delle loro stesse storie. Nel JRS l accompagnamento ci porta a diventare con i rifugiati parte della stessa famiglia, a ricercare insieme la speranza nelle loro vite segnate. Gli operatori del JRS percorrono lo stesso cammino dei rifugiati, cercando di individuare opportunità per ricostruire le vite. Un rifugiato ha detto: La vita è meravigliosa! Voglio vivere tutto quello che mi hanno strappato di mano. Possiamo intraprendere questo cammino solo grazie alla fede che ci motiva, ed è questo ciò che rende diverso il nostro operato. Questo viaggio, così spesso intrapreso, ci avvicina al volto di Dio. I rifugiati non attraversano semplicemente le nostre vite, essi rimangono con noi, ci rendono parte della loro storia. Questo è il più bel dono che riceviamo. I loro nomi sono il canto del JRS. Secondo le parole di un altra rifugiata: Ogni esperienza che viviamo è un germoglio di apprendimento... vediamo il modo in cui altri provano a costruire. Questa donna colombiana si riferiva al lavoro del JRS, perché accompagnare vuol dire rischiare di diventare uno con gli altri. 08

9 Ciad servire istruzione nonostante le avversità Una tipica classe nel campo per sfollati di Habile n. 1, a Koukou Tutte le foto del Ciad sono di Don Doll SJ. Dalla fine del 2005, la parte orientale del Ciad, lungo la frontiera con il Sudan, è stata teatro di molti spargimenti di sangue: la guerra civile tra l esercito ciadiano e i ribelli, la violenza tra le diverse comunità etniche, le tensioni tra Ciad e Sudan e l estendersi del conflitto nel Darfur. Circa 180mila ciadiani sono sfollati all interno della regione, dove sono presenti anche campi profughi per 250mila rifugiati sudanesi. In quest area del Ciad, il JRS offre servizi educativi che aiutano ad incrementare la qualità dell istruzione, di cui beneficiano circa 30mila alunni della scuola primaria e 600 insegnanti in quattro diversi campi. Le attività di formazione per insegnanti hanno raggiunto rifugiati e ci sono classi di scuola secondaria per 191 ragazzi nei campi di Mile e Kounoungou, a Guéréda. Allo stesso tempo, 26 scuole primarie raccolgono più di bambini ciadiani nella regione di Sila, e altri frequentano le scuole materne; i bambini sono sia sfollati sia membri delle comunità locali. Le comunità sono molto coinvolte nell istruzione dei bambini, con più di 700 tra insegnanti, presidi e membri delle associazioni di genitori e insegnanti. 09

10 servire Ciad Healing the wounds of war guarire le ferite della guerra Genitori di ex bambini soldato partecipano a un incontro di quattro giorni con gli operatori del JRS che affronta questioni inerenti ai loro figli. Bambino soldato, una contraddizione in termini, non vi pare? Come può un soldato che usa armi, fa parte di un esercito, è addestrato a combattere e, se necessario, a uccidere essere un bambino? Nel mondo, pero, migliaia di bambini e ragazzi sono reclutati, volontariamente o con la forza, da gruppi politici armati. Quando vengono liberati, gli ex bambini soldato si trovano spesso soli, senza istruzione e lavoro, e rischiano di essere arruolati nuovamente o di inserirsi nella criminalità. In Ciad, il JRS gestisce un progetto per sostenere gli ex bambini soldato e dare loro una formazione professionale. Per facilitare il reinserimento dei ragazzi nelle loro comunità è fondamentale rintracciare, preparare e poi accompagnare le loro famiglie. La sfida che si pone ai ragazzi è di ricominciare una vita nella pace. Il mondo intorno a loro è cambiato, le loro famiglie sono cambiate e, soprattutto, loro stessi sono cambiati. Essere testimoni delle crudeltà della guerra li ha fatti diventare adulti quando in realtà erano ancora bambini. Tidjani Abderaman 10

11 Ciad servire Gli operatori sociali del JRS da sinistra a destra: Christian Djerobe, Tchitchaou Tahir e Flavien Kamdar incontrano Tidjani Abderaman, un ex bambino soldato di 17 anni, appartenente alla tribù Tama, che è ritornato nella propria famiglia dopo due mesi di formazione e orientamento con il JRS. PUNTARE IN ALTO Joaquín Ciervide SJ mentre insegna inglese ai rifugiati sudanesi nel campo di Kounoungou. Padre Joaquín, fino a poco tempo fa nel JRS Ciad, ha stilato dei manuali per la formazione degli insegnanti, che sono stati tradotti in arabo, e li ha forniti agli istruttori, che a loro volta hanno tenuto sessioni di formazione per centinaia di tirocinanti. Il missionario spagnolo ha anche messo in piedi delle classi di scuola secondaria in due campi profughi. 11

12 servire Africa orientale trovare rifugio in città Kampala: il centro per rifugiati Agape (Angela Hellmuth/JRS) Angelika Mendes, responsabile per la comunicazione del JRS Africa orientale, parla dei progetti del JRS nella capitali di Kenya, Uganda ed Etiopia. Addis Abeba: lezioni d inglese al centro comunitario (Angela Hellmuth/JRS) Claire è arrivata a Nairobi nel maggio Era la seconda volta che fuggiva dal Ruanda. Quando era rimpatriata la prima volta, la situazione che aveva trovato non le aveva dato sicurezza ed era quindi ripartita con suo marito e i loro due figli alla volta di Nairobi. Ho cominciato a fare oggetti da vendere in città, racconta. Ma i soldi non bastavano. Riuscivamo a mangiare un solo pasto al giorno, i bambini litigavano per il cibo e non riuscivo a dormire perché non sapevo più cosa fare. Più di 35mila richiedenti asilo e rifugiati vivono a Nairobi in situazioni simili a quella di Claire. Il governo kenyano sostiene che coloro che vengono riconosciuti come rifugiati dovrebbero spostarsi nei campi, e rifiuta di concedere loro il permesso di lavorare. Chi rimane nelle città vive in gran parte senza aiuti materiali e protezione legale, rischiando l arresto, la detenzione e l espulsione dal paese, e deve spesso fronteggiare l ostilità della popolazione locale. Il JRS ha iniziato ad aiutare i rifugiati a Nairobi nel 1991 e ha ora progetti anche ad Addis Abeba e Kampala, dove ci sono rispettivamente e 20mila richiedenti asilo e rifugiati ufficialmente riconosciuti. Molti altri vivono in queste città clandestinamente. Nella prima metà del 2009 il JRS ha fornito aiuti d emergenza a più di persone nelle tre capitali. La maggior parte dei richiedenti asilo arriva nelle città senza mezzi di sostentamento, contatti personali o conoscenza della lingua; spesso le persone vivono in condizioni miserabili, dormendo all addiaccio o in piccole stanze sovraffollate nei quartieri poveri. Il JRS è una delle poche organizzazioni che presta assistenza ai richiedenti asilo durante i molti mesi in cui essi attendono la determinazione del loro status di rifugiati. Anche i rifugiati più vulnerabili ricevono un aiuto. L aiuto offerto è di vari tipi: 12

13 Africa orientale servire alimentare, medico, educativo, psicosociale, pastorale ed economico. Offriamo alle persone una sorta di tregua temporanea di modo che possano recuperare la capacità di andare avanti; diamo loro tempo e un po di sicurezza affinché possano rivolgere lo sguardo verso il futuro, spiega suor Nora Mc Carthy OSF, responsabile del programma del JRS a Kampala, un progetto che, dalla sua creazione nel 1998, ha aiutato più di 18mila rifugiati e richiedenti asilo. A Nairobi, ogni giorno dalle 15 alle 25 persone bussano alla porta del JRS per chiedere cibo o aiuto per pagare l affitto. Dopo essere entrata in contatto col JRS, Claire ha cominciato a ricevere regolarmente un aiuto alimentare, che descrive come un sollievo inaspettato senza il quale non so come avrei potuto andare avanti. Gli aiuti alimentari sono in genere distribuiti attraverso cinque parrocchie. Se le risorse sono disponibili, i rifugiati ricevono immediatamente aiuto, altrimenti il loro nome è inserito in una lista d attesa. Nei primi sei mesi del 2009 sono state distribuite 70 tonnellate di cibo a Nairobi, ma rispondere ai bisogni di tutti rimane impossibile. Nei primi mesi del 2009, il numero di famiglie assistite è quasi raddoppiato rispetto alle 250 previste. Ad Addis Abeba, oltre ai programmi di assistenza parrocchiale e di aiuti d emergenza, il JRS gestisce l unico centro comunitario per rifugiati della città. Il centro, frequentato da più di 500 persone, è un luogo dove i bambini possono giocare e gli adulti possono socializzare, frequentare corsi di lingua e di informatica, formazioni professionali e seminari, e usufruire della libreria e dell accesso a internet. Anche i giovani locali sono invitati a usufruire della libreria, nella speranza di favorire l integrazione sociale. Un altro importante strumento d integrazione sono i corsi di lingua. A Kampala Joe Stevens Mande insegna inglese ai rifugiati francofoni nei corsi offerti quotidianamente dal JRS. Vedo un cambiamento reale nei rifugiati, da quando iniziano a quando finiscono il corso, dopo un anno, dice. All inizio molti sono spaventati e sospettosi, ma imparare la lingua trasforma le loro vite: possono conoscere nuovi amici, continuare la loro istruzione, trovare lavoro. Joe ha incontrato dei suoi ex allievi che, anni dopo le sue lezioni, gli hanno assicurato che la loro vita era cambiata grazie a lui, e questo lo sprona a dare il meglio. Quando ho cominciato a lavorare per il JRS volevo semplicemente guadagnarmi da vivere, ma ho presto scoperto che questo lavoro significa molto di più. Nelle mie lezioni ho di fronte 50 persone alle quali posso veramente dare qualcosa, e questo accresce il mio senso di responsabilità e il mio desiderio di migliorare. L obiettivo di fondo del JRS è di garantire l autosufficienza. Per questo agli aiuti d emergenza si affiancano l istruzione e le piccole attività economiche, la formazione e il microcredito. Al JRS, la loro speranza si riaccende, dice Irene Waweru, direttrice del programma del JRS a Nairobi. Molti ritornano anche solo per ringraziare: questo, insieme alla loro perseveranza, ci dà la forza per continuare. INTERNET LINK Il negozio di artigianato Mikono ( mani in swahili) è stato fondato nel 1993 per favorire lo sbocco sul mercato dei prodotti di artigianato creati dai rifugiati che vivono a Nairobi. Per vedere e acquistare i prodotti in vendita a Mikono potete visitare il sito web: INFO POINT Il volto mutevole dell universo dei rifugiati Nell Africa subsahariana, sette rifugiati su dieci vivono nei campi. A livello globale, invece, l UNHCR stima che metà dei rifugiati vivano in aree urbane e un terzo nei campi (sulla base dei dati disponibili riguardo 8,8 milioni di rifugiati). Ci sono diverse ragioni che spiegano questo fatto: una tendenza globale all urbanizzazione, la mancanza di spazio nei campi, le politiche di asilo sempre più restrittive e il protrarsi delle situazioni di sfollamento a causa del perdurare dei conflitti. Nairobi: distribuzione alimentare nella parrocchia di Ruiru (Angela Hellmuth/JRS) 13

14 difendere Asia del Pacifico Kiribati: bassa marea nella laguna (Jane McAdam) Isole in pericolo: i cambiamenti climatici nel Pacifico Viviamo nel timore costante dell impatto negativo dei cambiamenti climatici. In una nazione fatta di atolli corallini, l innalzamento del livello del mare e gli eventi atmosferici più violenti costituiscono una minaccia crescente per l intera popolazione. Il pericolo è reale e grave, come una lenta e insidiosa forma di terrorismo contro di noi. Saufatu Sopoanga, Primo Ministro di Tuvalu, alla 58a sessione dell Assemblea generale delle Nazioni Unite, New York, 24 settembre 2003 Dr. Maryanne Loughry RSM, direttrice aggiunta del JRS Australia Durante l ultimo decennio, un nuovo termine è entrato nel lessico dei politici e dei media: rifugiati climatici. I movimenti di persone dovuti a fattori ambientali siccità, deterioramento della terra o grandi eventi atmosferici (come i cicloni) non sono una novità; quel che è nuovo, però, è il numero di persone che si pensa possano essere coinvolte e l attenzione che questi movimenti oggi catalizzano. I rifugiati e gli sfollati che il JRS incontra nel suo lavoro quotidiano sono fuggiti per varie cause, compresi gli eventi atmosferici. In alcuni luoghi questi eventi sono la causa principale dello sfollamento, come ad Aceh, mentre in altri, come il Darfur e il Ciad, il cambiamento del clima è solo uno dei molti fattori che portano allo sfollamento. In un recente rapporto, The Anatomy of a Silent Crisis (L anatomia di una crisi silenziosa), Kofi Annan ha parlato di milioni di persone che sono sradicate dalle loro terre o permanentemente in movimento a causa dei cambiamenti climatici. Secondo l Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Antonio Guterres, sta diventando difficile classificare gli sfollati, considerato l impatto combinato che hanno i conflitti e i fattori ambientali ed economici. Analizzare gli sfollamenti Il JRS nella regione dell Asia del Pacifico è in condizione di occuparsi della questione degli sfollamenti forzati a causa del clima. In questa regione si trovano sia gli immensi delta dell Irrawaddy, del Mekong e del Fiume Giallo aree dove ogni anno milioni di persone sono sfollate a causa delle inondazioni sia la gran parte delle 14

15 Asia del Pacifico difendere nazioni in via di sviluppo composte da piccole isole. Tutti questi luoghi sono considerati particolarmente a rischio per l innalzamento del livello del mare. Negli ultimi anni il JRS ha fatto una mappa degli sfollamenti a Timor Est e nell area del Pacifico, nel tentativo di capire e prevenire gli spostamenti futuri di persone negli Stati vicini. Questo lavoro ha portato il JRS a occuparsi non più solamente dei richiedenti asilo e dei rifugiati come sono identificati dalla Convenzione del Nel maggio 2009, il JRS ha visitato Kiribati e Tuvalu insieme alla professoressa Jane McAdam, un esperta di diritto internazionale dell Università del Nuovo Galles del Sud. Volevamo analizzare l impatto dei cambiamenti climatici sui movimenti di persone nel Pacifico, e ascoltare come le persone descrivono la loro situazione e guardano al futuro. Isole che affondano I piccoli Stati insulari di Tuvalu e Kiribati si trovano nel Pacifico e sono spesso citati come le due nazioni che rischiano maggiormente di scomparire se il livello dei mari crescerà secondo le previsioni nei prossimi decenni. Queste ex colonie britanniche, situate sull equatore e conosciute in passato col nome di isole Gilbert e Ellice, hanno raggiunto l indipendenza solo una trentina di anni fa e sono ora indicate dai media come isole che affondano e sulle quali entro la metà del secolo sarà impossibile abitare. Alcuni media hanno affermato che i loro abitanti diventeranno i primi rifugiati climatici del mondo. Kiribati (pronunciato kiribass ) ha circa centomila abitanti, mentre Tuvalu, con solo diecimila abitanti, è lo Stato meno popolato al mondo (eccezion fatta per il Vaticano). I cambiamenti climatici stanno innegabilmente avendo un impatto su queste nazioni di atolli corallini, la cui altezza media sul livello del mare è di meno di due metri. Percorrendo la strada principale di Tarawa, l atollo centrale di Kiribati, ci siamo spesso trovati con la laguna da un lato e l oceano dall altro. Il senso di vulnerabilità dell ambiente era palpabile, una vulnerabilità ancor più accentuata durante eventi atmosferici importanti, come un ciclone o maree particolarmente alte. Un interesse affievolito Durante la visita a Kiribati e a Tuvalu, ci ha sorpreso apprendere che dieci anni fa gli incontri sul cambiamento climatico attiravano molte persone mentre negli ultimi anni l interesse si è spento. I concetti di riscaldamento globale e di cambiamento climatico erano conosciuti, ma le persone avvertivano una mancanza di certezza sull impatto che queste questioni avrebbero potuto avere sul loro futuro. Diverse persone mostravano una conoscenza molto limitata dei fenomeni scientifici alla base dei cambiamenti e, come molti, erano sconcertate dalle previsioni ogni volta diverse fatte dagli esperti. Gli anziani ci hanno detto che i più preoccupati erano coloro che avevano un livello di istruzione superiore, mentre coloro che vivevano negli atolli più remoti, con un minore accesso ai media o all istruzione, non erano troppo preoccupati; coloro per i quali la sopravvivenza dipendeva direttamente dal mare e dalle terre erano a conoscenza dei cambiamenti climatici e di come affrontarli. Le persone ci hanno descritto i cambiamenti che hanno visto durante le loro vite, come il restringersi delle terre costiere, l aumento di salinità dell acqua potabile e i problemi delle palme da cocco. Chi lavora sempre più fatica a provvedere ai propri anziani e alle proprie famiglie, a causa della difficoltà a procurarsi cibo contando solamente sulle terre e Tuvalu: donne in attesa dell inizio di una festa di matrimonio (Maryanne Loughry RSM/JRS) Tuvalu: la strada principale dell atollo di Funafuti (Maryanne Loughry RSM/JRS) 15

16 difendere Asia del Pacifico sul mare. Molti si trovano alle prese con le credenze religiose relative alla promessa di Dio a Noè che non ci sarebbe stato un nuovo diluvio, e al fatto che Dio dovrebbe mantenere la sua promessa ai nostri giorni. A prescindere dal livello di sensibilizzazione, in molti nei due paesi hanno detto di avere piani per il futuro, piani basati sui giovani. Saggiamente, l idea prevalente era che molti dei giovani avrebbero dovuto recarsi nelle isole Figi, in Nuova Zelanda o in Australia per avere istruzione e lavoro. Per tradizione, sia gli abitanti di Tuvalu sia quelli di Kiribati considerano onorevole e culturalmente appropriata la professione del marinaio, attraverso la quale hanno avuto la possibilità di andare all estero. Oggi molti pensano che la carenza di infermieri, personale di assistenza e cuochi in Australia e Nuova Zelanda possa facilitare l emigrazione e assicurare un salario sufficiente a mandare rimesse ai membri della famiglia che restano in patria. Il rifiuto dell etichetta di rifugiati Sebbene affrontino sfide simili, Tuvalu e Kiribati hanno approcci differenti. Tuttavia abbiamo scoperto in entrambi i paesi un netto rifiuto dell etichetta di rifugiati, sia a livello politico sia a livello delle comunità. Per loro, il termine rifugiato è offensivo, evoca un senso d impotenza e mancanza di dignità, in forte contrapposizione con il loro marcato senso d orgoglio. Alcuni dicevano anche che essere un rifugiato presuppone una visione negativa del proprio governo e loro non volevano affermare questo. Eravamo coscienti che il termine rifugiato non era giuridicamente corretto, visto che queste persone non si trovavano nel giustificato timore d essere perseguitate per la loro razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, né i loro governi erano incapaci o non disposti a proteggerle. Eppure siamo stati sorpresi dalla fermezza con cui le persone di Kiribati e di Tuvalu rifiutavano l etichetta di rifugiati. Non erano a conoscenza della forza e della resistenza che il JRS riconosce ai rifugiati; piuttosto, avevano paura di essere etichettati come un peso. L identificazione in questo senso dei rifugiati, spesso veicolata dai media globali, aveva raggiunto anche questi luoghi remoti. Non solo cambiamenti climatici L impatto dei cambiamenti climatici sugli atolli non deve essere sottostimato perché queste nazioni dovranno affrontare sfide enormi nel futuro. Durante la nostra visita, però, abbiamo percepito il rischio che focalizzare l attenzione solo sui cambiamenti climatici può oscurare altri mutamenti sociali in atto, che presi nel loro complesso forniscono un quadro più realistico sul perché le persone si comportino in un certo modo, incluso la decisione di stare nel proprio atollo o di emigrare. Un simile approccio riconosce nella serietà dei cambiamenti climatici il punto culminante che acutizza i problemi sociali, economici e ambientali preesistenti. Resta una grande sfida concettualizzare al meglio questi temi e aiutare le popolazioni a trovare risposte sensate, adesso che si trovano al centro dell attenzione internazionale. Rifugiati o no, devono essere messi in piedi meccanismi di protezione per assicurare che queste persone non siano lasciate a lottare per sopravvivere in territori sempre più piccoli mentre il mondo discute dei cambiamenti climatici. La costa di Kiribati (Maryanne Loughry RSM/JRS) Quest articolo è basato su una pubblicazione precedente di Jane McAdam e Maryanne Loughry dal titolo We Aren t Refugees (Non siamo rifugiati) pubblicato su Inside Story il 30 giugno 2009: 16

17 Europa difendere cercare asilo nell UE Bassam è fortunato: è uno dei pochi che sono riusciti a ottenere lo status di rifugiato in Germania, dopo essere stato arrestato all aeroporto di Monaco ed essere stato detenuto in attesa dell espulsione. Non deve più vivere nei rifugi comunitari, può lavorare e ha il diritto di frequentare corsi di tedesco. Secondo il Regolamento Dublino II dell UE del 2003, Bassam avrebbe dovuto essere espulso verso la Grecia: il Regolamento stabilisce infatti che la nazione competente per l esame della domanda d asilo è quella del primo ingresso nell UE. Come molti suoi connazionali, Bassam ha viaggiato con l aiuto di una rete di trafficanti di persone, attraversando Turchia e Grecia per raggiungere la Germania. Una volta arrivato, è stato arrestato per ingresso illegale nel paese e portato alla prigione centrale di Monaco, dove lo abbiamo incontrato nella sezione delle persone in attesa di espulsione e abbiamo ascoltato la sua storia. Come membro della comunità cattolica caldea dell arcidiocesi di Mosul, Bassam si è trovato negli ultimi anni a fronteggiare una situazione in rapido deterioramento. In più, essendo un traduttore dall inglese, è stato sospettato di collaborare con gli statunitensi. L omicidio dell arcivescovo caldeo di Mosul, Paulus Faraj Raho, nel marzo del 2008 ha fatto traboccare il vaso e Bassam è fuggito dalla sua patria. Arrivato in Grecia vi è rimasto solo per alcuni giorni, perché sapeva che lì i richiedenti asilo ricevono scarsa attenzione. Molti rapporti, tra gli altri quelli dell organizzazione tedesca per i rifugiati Pro Asyl, di Human Rights Watch e dell UNHCR, confermano che le condizioni in Grecia sono carenti, con meccanismi inadeguati per valutare le domande di asilo e una grave carenza di luoghi d accoglienza. Molti richiedenti asilo dormono nei Migliaia di richiedenti asilo iracheni provano a superare i muri della Fortezza Europa, ma il Regolamento Dublino II dell UE rende loro difficile arrivare ad avere un corretto esame della domanda di asilo, come riferisce Dieter Müller SJ del JRS Germania. (in alto) La cappella del centro di detenzione di Berlino. Il JRS è una delle principali organizzazioni in Germania ad offrire assistenza pastorale, sociale e legale ai detenuti in attesa di espulsione. (KNA-Bild) INFO POINT Si stima che i rifugiati iracheni siano 1,9 milioni, uno dei gruppi più numerosi al mondo; la maggior parte di essi è ospitata nei paesi vicini. Nel mila iracheni hanno presentato domanda di asilo nell UE, costituendo il più numeroso gruppo nazionale. 17

18 difendere Europa da questo Centinaia di richiedenti asilo in fila fuori dal Dipartimento Centrale per l Asilo di Atene in attesa di presentare domanda. a questo La prigione centrale di Monaco, dove Bassam ha trascorso sette settimane nella sezione per chi è in attesa di espulsione. > Pro Asyl, Germania JRS Germania parchi, negli edifici abbandonati o anche per strada; alle volte anche tre famiglie sono sistemate nella stessa stanza. Con il flusso continuo di arrivi dall Iraq e da altre nazioni come Afghanistan e Iran, la Grecia semplicemente non è più in grado di gestire la situazione. Alcuni iracheni rischiano l espulsione verso la Turchia, che a sua volta li espelle verso l Iraq. Una ricerca condotta da Pro Asyl rivela l ampiezza della crisi umanitaria: il 26 ottobre 2008, tremila persone attendevano fuori dal Dipartimento Centrale per l Asilo di Atene per presentare la propria domanda di asilo. C era panico e ci sono stati scontri con la polizia, che ha usato i manganelli e dieci persone sono rimaste ferite. Normalmente il dipartimento accetta le domande di asilo una volta sola alla settimana, ma per ragioni sconosciute non aveva ammesso nessuna persona da più di un mese. Chi riesce a presentare la propria domanda non ha comunque quasi nessuna probabilità di avere un esito positivo: lo status viene riconosciuto solo al 2,45 % dei richiedenti. Siccome si ritiene che la Grecia violi la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951, molti sostengono che non si possa ricorrere all espulsione verso questa nazione applicando il Regolamento Dublino II. L UNHCR ha chiesto ai governi europei di non rispedire i richiedenti asilo in Grecia e di esaminare loro stessi i casi. Alcuni tribunali tedeschi, ma non quello di Monaco, si sono pronunciati contro l espulsione verso la Grecia. Il nostro fondo per l assistenza legale ha finanziato un avvocato per Bassam e per altri iracheni presenti nel centro di detenzione. La maggior parte di essi è stata rilasciata. Nel caso di Bassam, l Ufficio federale per le migrazioni e i rifugiati ha gestito la procedura di asilo. Gli altri, per assurdo, sono stati rilasciati solo dopo che l avvocato ha ritirato le loro richieste d asilo: se non c è una domanda di asilo, il Regolamento Dublino II non può più essere applicato. Siccome la Germania non espelle verso l Iraq, ai detenuti è stato accordato di poter rimanere. Tutto ciò è però ben distante dall avere un permesso di soggiorno, si tratta solo di una sospensione temporanea dell espulsione senza reali prospettive future. Ma per i rifugiati in coda nelle strade di Atene il futuro appare ancora più oscuro. Questo articolo è stato pubblicato in precedenza nell edizione pasquale della rivista missionaria gesuita tedesca Weltweit. INTERNET LINK Nell ottobre 2008, il JRS ha pubblicato un documento dal titolo Dublin II: a summary of JRS experience (Dublino II: un riassunto delle esperienze del JRS) in Belgio, Germania, Italia, Romania, Slovenia e Svezia. L impressione globale del JRS sul sistema Dublino II, afferma il documento, è che non funziona a causa di un problema sostanziale: i sistemi di asilo degli Stati membri dell UE sono troppo diversi fra di loro... alcuni dei richiedenti asilo in Europa devono affrontare un sistema ingiusto se vengono obbligati a presentare la loro richiesta in uno Stato con procedure al di sotto degli standard. È possibile scaricare il documento del JRS in PDF (in inglese) alla pagina: Dublin%20II.pdf 18

19 riflessione un abisso chiama l abisso Un abisso chiama l abisso al fragore delle tue cascate Salmo 42,8 Gary Smith SJ, del progetto del JRS Limpopo, Makhado, Sudafrica È una fresca mattina prima dell alba nel nord del Sudafrica. Sono seduto. Ascolto. Distante, perforando le ultime ore della notte, sento il richiamo musulmano alla preghiera. È un richiamo per me, attraverso l oscurità, e per il mio spirito, che scatena la mia consapevolezza dell invito divino a essere con Dio nella quiete di questo nuovo giorno. Così prego. Non era questo il consiglio di padre Pedro Arrupe nei primissimi giorni dell avventura del JRS? Prega. Prega molto. Problemi come questi non sono risolti dagli sforzi umani. E così la giornata inizia con la preghiera. Se la preghiera non facesse parte della visione del JRS, beh, non ci sarebbe visione. L esistenza dell invito di Dio mi dona speranza. È l abisso di Dio che chiama l abisso in me, un atto d amore che abbraccia, focalizza e indirizza, creando un legame tra me e ciò che di migliore e più coraggioso c è nel mio cuore. Mi rivolgo a Dio chiedendo che questo tempo di preghiera svegli in me la compassione assoluta delle madri e la saggezza perspicace degli anziani, entrambi in fin dei conti aspetti del cuore di Dio. Con i rifugiati zimbabwani che verranno alla nostra porta all alba, diventerò la compassione e la saggezza di Dio. Sarò la voce di Dio nell oscurità della notte in cui si trovano. Sarò una mano e una testa e un cuore del Corpo di Cristo. Vediamo molti rifugiati zimbabwani, centinaia ogni settimana, arrivare dalle città e dai villaggi della loro patria. Sono madri e padri, insegnanti e studenti, adolescenti, donne incinte, disabili, famiglie che in qualche modo sono riuscite ad arrivare qui senza dividersi. Sono tutti stranieri in una terra straniera. La maggior parte ha cuori feriti. La felicità che cercano nella vita che tutti noi cerchiamo è stata vittima dei lupi dell oscurità: fame, ladri, famiglie distrutte, beni dispersi, oppressione politica e costante incertezza. Oggi, voglio che il mio abisso parli al loro abisso, comunicando ai loro esseri sfiniti il più grande dono del cuore del JRS: Vi accompagneremo. Vi serviremo, Vi difenderemo. Possa questo dono, così come questa chiamata mattutina alla preghiera o come i primi raggi del sole, squarciare la loro oscurità. Forse riusciremo ad aiutare qualcuno a raggiungere i propri parenti o a trovare una sistemazione diversa, o accompagneremo qualcuno a farsi curare, o ancora daremo cibo a una persona affamata. O forse ascolteremo il dolore di qualcuno e con le nostre parole gli daremo la forza per continuare. Adesso il sole sorge e spunta il giorno. La chiamata di Dio splende nella giornata del JRS in Sudafrica. La giornata comincia con la preghiera: Gary Smith SJ celebra messa ogni mattina con i suoi collaboratori (a sinistra) prima di accogliere i rifugiati zimbabwani che si recano al JRS in cerca di aiuto, dopo aver attraversato la frontiera sudafricana. (Peter Balleis SJ/JRS) 19

20 Jesuit Refugee Service Borgo S. Spirito 4, Roma, Italia Tel: Fax: Mittente (per cortesia, rispedire al mittente anche gli invii a indirizzi non più validi) Jesuit Refugee Service Malta, St Aloysius Sports Complex, 50, Triq ix-xorrox, Birkirkara, Malta design by Molte sono le membra, ma uno solo è il corpo 1 Corinzi 12,20 Contribuire al corpo del JRS Nel JRS tutti svolgono un ruolo importante per realizzare la sua missione: dagli insegnanti, i muratori e gli autisti nei progetti agli amministratori negli uffici regionali e nell ufficio internazionale. Tu, come sostenitore, sei una parte fondamentale del JRS, senza la quale il resto del corpo, semplicemente, non può funzionare. Il tuo coinvolgimento, le tue preghiere e la tua generosità offrono al JRS la possibilità di continuare ad accompagnare, servire e difendere i rifugiati e gli sfollati in più di 50 nazioni. Voglio sostenere il lavoro del JRS Per bonifici bancari Ammontare della donazione Vorrei destinare la mia donazione a Allego un assegno Cognome: Indirizzo: Città: Nazione: Telefono: Nome: Codice postale: Fax: Banca: Banca Popolare di Sondrio, Circonvallazione Cornelia 295, Roma, Italia Ag. 12 Nome del conto: JRS Numero del conto per euro: IBAN: IT 86 Y X05 Numero del conto per dollari USA: IBAN: IT 97 O VARUS

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