18. Caratterizzazione della convergenza in media: il teorema di Vitali.

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1 18. Caratterizzazione della convergenza in media: il teorema di Vitali. bbiamo già incontrato, nel corso del Capitolo 16, alcune condizioni necessarie e sufficienti affinché una successione {f n } di funzioni reali misurabili sia convergente in media di ordine p. bbiamo infatti provato che lo spazio semimetrico (L p (µ), d p ) è completo e pertanto una prima condizione caratteristica di convergenza in media di ordine p è che le funzioni f n, n N, siano tutte di classe L p e costituiscano una successione di Cauchy di (L p (µ), d p ), cioè: ε > 0 n N : f n f m p dµ < ε n, m n. Un altra condizione caratteristica, che si esprime tramite la convergenza dominata di opportune successioni estratte, è quella del Teorema In questo capitolo presentiamo un ulteriore notevole condizione necessaria e sufficiente di convergenza in media; si tratta della condizione fornita dal successivo Teorema , che viene detto teorema di Vitali, secondo un uso consolidato ma non propriamente corretto (cfr., in proposito, l Osservazione ). Questa nuova condizione non fa intervenire la semimetrica d p (come la condizione di Cauchy) né fa ricorso all esistenza di opportune successioni estratte aventi determinate proprietà (come la condizione del Teorema ). Prima di illustrare il teorema di Vitali, ricordiamo che, se una successione {f n } converge in media di ordine p, allora la {f n } converge in misura (Proposizione ); ricordiamo inoltre che, per una qualunque funzione reale misurabile f, il fatto che f sia di classe L p equivale al fatto che la misura con densità f p µ sia assolutamente continua secondo Caccioppoli rispetto a µ (Proposizioni e ). Dopo queste premesse la condizione prevista dal teorema di Vitali appare abbastanza naturale. Il teorema di Vitali asserisce infatti che la successione {f n } converge in media di ordine p se e soltanto se si verificano le seguenti due circostanze: la successione {f n } converge in misura; la proprietà di essere assolutamente continua secondo Caccioppoli rispetto a µ è posseduta da tutte le misure f n p µ, n N, in maniera uniforme rispetto all indice n. I concetti di assoluta continuità (secondo Vitali o secondo Caccioppoli) uniforme ovvero, con termine di uso più frequente, di equi-assoluta continuità per un insieme di misure con segno vengono precisati e studiati nel n. 1. Il n. 2 è invece dedicato all esposizione del teorema di Vitali e di alcune sue varianti, conseguenze e casi particolari. Il n. 3, infine, riguarda un altra caratterizzazione della convergenza in media, che si deduce dal teorema di Vitali ed è di più facile applicazione rispetto alle condizioni già viste: una successione {f n } di funzioni appartenenti a L p (µ) converge in media di ordine p verso una funzione f L p (µ) se e soltanto se f n converge a f in misura e si ha inoltre (#) lim f n p dµ = f p dµ. 1

2 Notiamo che, se p 1, la precedente relazione di limite può anche scriversi, equivalentemente, lim f n p = f p donde il nome di condizione di convergenza delle norme abitualmente dato alla (#) Equi-assoluta continuità. Le due osservazioni che seguono costituiscono un utile introduzione ai concetti di equiassoluta continuità; inoltre la seconda di esse verrà adoperata in alcune delle dimostrazioni dei paragrafi sucessivi. Osservazione Dato lo spazio di misura (Ω,, µ), supponiamo che Φ = {ϕ 1,..., ϕ k } sia un insieme finito di misure con segno definite sulla σ-algebra, ognuna assolutamente continua secondo Vitali rispetto a µ: ϕ i V << µ i = 1,..., k. llora, assegnato un qualunque numero ε > 0, per ogni i = 1,..., k è possibile trovare un altro numero δ i > 0 tale che, µ() δ i = ϕ i () ε ; pertanto, posto δ = min{δ 1,..., δ k }, risulta δ > 0 e si hanno le implicazioni, µ() δ =, µ() δ i i = 1,..., k = = ϕ i () ε i = 1,..., k. bbiamo così provato che, nel caso di un insieme finito Φ di misure con segno definite su, tutte assolutamente continue secondo Vitali rispetto a µ, vale la proprietà: (e.v.) ε > 0 δ > 0 :, µ() δ = ϕ() ε ϕ Φ. Il successivo esempio mostra che, se l insieme Φ è infinito, non è necessariamente verificata la (e.v.). 2

3 Esempio Nello spazio di misura (Ω,, µ) = (R, L 1, m 1 ) consideriamo l insieme di misure con densità Φ = { n1l [0,1] m 1 : n N }. Essendo n1l [0,1] dm 1 = n < + n N, si ha (Proposizione ) e quindi, a maggior ragione, ϕ C << µ ϕ Φ ϕ V << µ ϕ Φ. Tuttavia, assegnato ε > 0, non è possibile trovare δ > 0 tale da aversi µ() δ = ϕ() ε ϕ Φ. Infatti, qualunque sia il numero δ > 0 che si considera, posto = [0, δ 2 ], si ha L 1, m 1 () < δ, mentre, d altra parte, indicato con γ il min{1, δ 2 }, risulta ( n1l[0,1] m 1 ) () = n m1 ( [0, 1]) = nγ n N e quindi si ha per infiniti elementi ϕ dell insieme Φ. ϕ() > ε Un osservazione analoga alla precedente vale anche per l assoluta continuità secondo Caccioppoli. Osservazione Dato lo spazio di misura (Ω,, µ), sia Φ = {ϕ 1,..., ϕ k } un insieme finito di misure con segno su, ognuna assolutamente continua rispetto a µ secondo Caccioppoli: ϕ i C << µ i = 1,..., k. 3

4 llora, assegnato un qualunque numero ε > 0, per ogni i = 1,..., k è possibile trovare un numero δ i > 0 ed un insieme L i, con µ(l i ) < +, tali che di conseguenza, posto, µ( L i ) δ i = ϕ i () ε ; δ = min{δ 1,..., δ k }, L = L 1... L k, si ha δ > 0, L, µ(l) < + e valgono le implicazioni, µ( L) δ =, µ( L i ) δ i i = 1,..., k = = ϕ i () ε i = 1,..., k. bbiamo così provato che un qualunque insieme finito Φ di misure con segno definite su, tutte assolutamente continue rispetto a µ secondo Caccioppoli, ha la seguente proprietà: (e.c.) ε > 0 δ > 0, L, µ(l) < + :, µ( L) δ = ϕ() ε ϕ Φ. Se l insieme Φ è infinito, non è necessariamente verificata la (e.c.). Per convincersi di ciò basta considerare nuovamente l Esempio Le considerazioni che precedono motivano le seguenti definizioni. Definizione (Equi-assoluta continuità secondo Vitali). Siano (Ω,, µ) uno spazio di misura e Φ un insieme di misure con segno definite sulla σ-algebra. Si dice che l insieme Φ è equi-assolutamente continuo (o che le misure ϕ Φ sono equiassolutamente continue) secondo Vitali rispetto alla misura µ se è verificata la proprietà (e.v.). Definizione (Equi-assoluta continuità secondo Caccioppoli). Siano (Ω,, µ) uno spazio di misura e Φ un insieme di misure con segno definite sulla σ-algebra. Si dice che l insieme Φ è equi-assolutamente continuo (o che le misure ϕ Φ sono equi-assolutamente continue) secondo Caccioppoli rispetto alla misura µ se è verificata la proprietà (e.c.). Osservazione Dalle definizioni date risulta evidente che, se l insieme Φ è equiassolutamente continuo secondo Vitali [risp. Caccioppoli] rispetto a µ, allora per ognuna delle misure con segno ϕ Φ si ha ϕ V << µ [risp. ϕ C << µ]. Come abbiamo precedentemente osservato (Esempio ), non è vero il viceversa. 4

5 Osservazione È facile constatare che l equi-assoluta continuità secondo Caccioppoli implica quella secondo Vitali (per provare che dalla proprietà (e.c.) segue la (e.v.) basta assumere, in quest ultima, come numero δ > 0 lo stesso δ che esiste in virtù della (e.c.)), mentre il viceversa non è vero (per convincersi di ciò basta considerare un insieme Φ costituito da una sola misura con segno ϕ assolutamente continua rispetto a µ secondo Vitali ma non secondo Caccioppoli). Però, se la misura µ è finita, è vero anche che dall equi-assoluta continuità secondo Vitali segue quella secondo Caccioppoli (basta prendere, nella (e.c.), come numero δ > 0 lo stesso δ che esiste in virtù della (e.v.) e come insieme L, con µ(l) < +, l intero insieme Ω). Il successivo Esempio mostra che, anche nel caso in cui ciascuna delle misure con segno ϕ, che costituiscono l insieme Φ, sia assolutamente continua secondo Caccioppoli rispetto alla misura µ, non è vero, in generale, che dall equi-assoluta continuità secondo Vitali dell insieme Φ segue l equi-assoluta continuità secondo Caccioppoli. Esempio Sia (Ω,, µ) = (R, L 1, m 1 ) e sia Φ l insieme di misure con densità Φ = { 1 n 1l [0,n] m 1 : n N }. Si ha e quindi (Proposizione ) 1 n 1l [0,n] dm 1 = 1 < + n N ϕ C << µ ϕ Φ. Si ha inoltre, come è immediato verificare, 0 ϕ µ ϕ Φ ( ( infatti 1 n 1l m ) [0,n] 1 () = 1 n m 1( [0, n]) m 1 () ) e da ciò segue facilmente che l insieme Φ è equi-assolutamente continuo secondo Vitali rispetto a m 1 (per verificare la validità della (e.v.) basta prendere δ ε). Invece non c è l equi-assoluta continuità secondo Caccioppoli. Infatti, se L L 1 è tale che m 1 (L) < +, allora, dato che L [ n 2, + [, per la proprietà di -continuità risulta lim m ( [ 1 L n 2, + [) = 0 e quindi, qualunque sia δ > 0, per n sufficientemente grande si ha m 1 ( L [ n 2, + [) δ. 5

6 D altra parte, per ogni n N, si ha ( 1 n 1l m )([ n [0,n] 1 2, + [) = 1 n m ([ n 1 2, n]) = 1 2. Ne segue facilmente (prendendo ε < 1 2 ) che la (e.c.) non può essere verificata. Osservazione Osserviamo che la successione di funzioni (18.1.1) { 1 n 1l [0,n] }, considerata nel precedente esempio, converge uniformemente in R verso la funzione identicamente nulla; di conseguenza la (18.1.1) converge verso la funzione identicamente nulla sia m 1 -q.o. che in m 1 -misura. llora la mancanza dell equi-assoluta continuità secondo Caccioppoli può anche stabilirsi per mezzo del successivo Teorema , ovvero del successivo Teorema , osservando che si ha 1 n 1l [0,n] dµ = 1 n N e quindi non è vero che la successione (18.1.1) converge in media di ordine 1 verso la funzione identicamente nulla. Proposizione (Condizione sufficiente di equi-assoluta continuità secondo Caccioppoli). Dato lo spazio di misura (Ω,, µ), sia F un insieme di funzioni f : Ω R, -misurabili e µ-quasi-integrabili. Condizione sufficiente affinché l insieme di misure con segno Φ = {fµ : f F} sia equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ è che esista una funzione g : Ω R, di classe L 1, tale da aversi, per ogni f F, (18.1.2) f g µ-q.o. Dimostrazione. Per la Proposizione si ha cioè gµ C << µ, ε > 0 δ > 0, L, µ(l) < + :, µ( L) δ = (gµ)() ε ; 6

7 di conseguenza per ogni funzione f F, tenendo presente che per la (18.1.2) la f è µ-integrabile (Proposizione ), risulta, per ogni insieme tale che µ( L) δ, (fµ)() = f1l dµ (per la Proposizione ) f 1l dµ = f 1l { f g} dµ + f 1l { f >g} dµ = (dato che, per la (18.1.2), si ha f 1l { f >g} = 0 µ-q.o.) = f 1l { f g} dµ (poiché f 1l { f g} g1l ) g1l dµ = (gµ)() ε, dunque l insieme Φ è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. Vedremo più avanti (Esempio ) che la precedente condizione sufficiente non è necessaria Il teorema di Vitali. Varianti e conseguenze Il teorema di Vitali. Nella dimostrazione del teorema di Vitali e di alcune sue conseguenze faremo spesso uso del fatto che se una successione di funzioni {f n } converge in misura (in tutto Ω), allora {f n } converge in misura in ogni insieme misurabile. Il significato di questa affermazione è precisato dall enunciato seguente. Lemma Dato lo spazio di misura (Ω,, µ), sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M() ( 1 ) e sia f M(). Vale l implicazione f n µ f = fn 1l µ f1l ( 2 ). ( 1 ) Lo spazio vettoriale M() è stato definito all inizio del Capitolo 16. ( 2 ) L uso della locuzione {f n } converge in µ-misura nell insieme per indicare la circostanza che la successione {f n 1l } converge in µ-misura è pienamente giustificato dal fatto che, se, allora, considerato lo spazio di misura ristretto (,, µ ) (µ = µ ), la convergenza in µ- misura di {f n 1l } [verso la funzione f1l ] equivale alla convergenza in µ -misura della successione delle restrizioni {f n )} [verso la funzione f ]; lasciamo allo studente la facile verifica di ciò. 7

8 Dimostrazione. Fissato un qualunque insieme, osserviamo che, per ogni ε > 0 ed ogni n N, risulta { f n 1l f1l ε } { f n f ε } ; pertanto, essendo per ipotesi si ha pure lim µ({ fn f }) ε = 0, lim µ({ f n 1l f1l ε }) = 0 ; per l arbitrarietà di ε > 0 concludiamo che la successione { f n 1l } converge in misura verso la funzione f1l. Teorema (Teorema di Vitali). Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M(). Condizione necessaria e sufficiente affinché la successione di funzioni {f n } sia convergente in media di ordine p è che siano vere le seguenti due affermazioni: i) la successione {f n } è convergente in misura rispetto a µ ; ii) l insieme di misure con densità { f n p µ : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. Dimostrazione. La condizione è necessaria. Supponiamo che esista f M() tale che (18.2.3) f n p f. Si ha allora (Proposizione ) f n µ f e quindi è verificata la i). Dimostriamo che è vera la ii). Fissato un qualunque ε > 0, osserviamo come prima cosa che, per l ipotesi (18.2.3), esiste n N tale che f n f p dµ ε 2 p+1 n > n ; di conseguenza, per n > n, si ha pure, per ogni insieme, ( (18.2.4) fn p µ ) () = f n p 1l dµ = f n f + f p 1l dµ (tenendo presente la (15.1.2)) 2 p f n f p 1l dµ + 2 p f p 1l dµ 2 p f n f p dµ + 2 p( f p µ ) () ε 2 + 2p( f p µ ) (). 8

9 D altra parte, poiché le funzioni f 1,..., f n, f appartengono per ipotesi a L p (µ) e quindi, per la Proposizione , le corrispondenti misure con densità f 1 p µ,..., f n p µ, f p µ sono assolutamente continue secondo Caccioppoli rispetto a µ, grazie all Osservazione possiamo affermare che, in corrispondenza del numero ε > 0 fissato inizialmente, esistono δ > 0 e L, con µ(l) < +, tali che : (18.2.5), µ( L) δ = = ( f i p µ ) () ε 2 p+1 i = 1,..., n e inoltre ( f p µ ) () ε 2 p+1. Dalle (18.2.4) e (18.2.5) segue che vale l implicazione (18.2.6), µ( L) δ = ( f n p µ ) () ε n N e quindi è vera la ii). Per provare la (18.2.6), fissato un qualunque insieme, con µ( L) δ, distinguiamo due casi: se n n, si ha, per la (18.2.5), se n > n, si ha, per la (18.2.4), ( fn p µ ) () ε 2 p+1 < ε ; ( fn p µ ) () ε 2 + 2p( f p µ ) () e quindi, per la (18.2.5), ( fn p µ ) () ε 2 + 2p ε 2 p+1 = ε. La condizione è sufficiente. Dall ipotesi ii), per l Osservazione e la Proposizione , segue che è f n L p (µ) n N ; basta quindi dimostrare che {f n } è una successione di Cauchy in L p (µ). Fissato un qualunque ε > 0, per l ipotesi ii) esistono δ > 0 e L, con µ(l) < +, tali che: (18.2.7), µ( L) δ = ( f n p µ ) () ε 2 p+1 n N ; 9

10 di conseguenza risulta, per ogni n, m N, (18.2.8) f n f m p dµ = f n f m p dµ + L L c f n f m p dµ (usando la (15.1.2)) f n f m p dµ + 2 p f n p dµ + 2 p f m p dµ L L c L c (per la (18.2.7)) L f n f m p dµ + 2 p ε 2 p+1 + 2p ε 2 p+1 = L f n f m p dµ + ε. Si ha inoltre, per ogni n, m N ed ogni α > 0, (18.2.9) f n f m p dµ = = L { f n f m <α} L f n f m p dµ + L { f n f m α} f n f m p dµ (tenendo presente che è f n f m p 1l L { fn f m <α} αp 1l L { fn f m <α} ancora una volta la (15.1.2)) ed adoperando α p µ(l { f n f m < α}) p f n p dµ + 2 p L { f n f m α} L { f n f m α} Dalle (18.2.8) e (18.2.9), scegliendo α ]0, + [ in modo che sia α p µ(l) ε, segue che per ogni n, m N si ha ( ) f n f m p dµ 2ε + 2 p f n p dµ + 2 p L { f n f m α} L { f n f m α} 10 f m p dµ. f m p dµ.

11 Osserviamo adesso che è L { f n f m α} = { f n 1l L f m 1l L α} n, m N e che, per l ipotesi i) ed il Lemma , la successione {f n 1l L } converge in misura rispetto a µ; pertanto, per il criterio di Weyl-Riesz, esiste un indice n N tale che µ ( L { f n f m α} ) δ n, m n ; dalle ( ) e (18.2.7) si ottiene allora che, per ogni n, m n, risulta dunque è verificata la disuguaglianza ovvero f n f m p dµ 2ε + 2 p ε 2 p+1 + ε 2p = 3ε, 2p+1 d p (f n, f m ) 3ε, se 0 < p < 1, 1 p d p (f n, f m ) (3ε), se p 1. In ogni caso, data l arbitrarietà di ε > 0, rimane provato che {f n } è una successione di Cauchy in L p (µ). Ciò completa la dimostrazione del teorema. È adesso facile provare che la condizione sufficiente di equi-assoluta continuità secondo Caccioppoli data dalla Proposizione non è necessaria. Esempio Nello spazio di misura (Ω,, µ) = (R, L 1, m 1 ) consideriamo la successione di funzioni { } {f n } = 1l [Hn,,H n+1 [ già utilizata nell Esempio bbiamo visto in quell occasione che si ha f n 0 in L p (m 1 ), qualunque sia l esponente p ]0, + [, e quindi, in particolare, f n 0 in L 1 (m 1 ). Conseguentemente, per il Teorema di Vitali, l insieme di misure Ψ = {f n m 1 : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a m 1. 11

12 D altra parte, ragionando come per l Esempio , si ha che non esiste alcuna funzione g, di classe L 1, tale da risultare, per ogni n N, f n g m 1 -q.o. ; infatti per una siffatta funzione g si avrebbe pure 1l [1,+ [ g m 1 -q.o. e quindi g non sarebbe di classe L 1. Pertanto l insieme Ψ non verifica la condizione di equi-assoluta continuità secondo Caccioppoli della Proposizione Una variante del teorema di Vitali si ottiene sostituendo alla condizione i) di convergenza in misura della successione {f n } la condizione che tale successione sia convergente in misura in ogni insieme di misura finita. Teorema Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M(). Condizione necessaria e sufficiente affinché la successione di funzioni {f n } sia convergente in media di ordine p è che siano vere le seguenti due affermazioni: i ) qualunque sia l insieme, con µ() < +, la successione {f n 1l } è convergente in misura rispetto a µ ; ii) l insieme di misure con densità { f n p µ : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. Dimostrazione. La condizione è necessaria. Supponiamo che la successione {f n } converga in media di ordine p. Per il teorema di Vitali (parte necessaria) sono vere la i) e la ii) ; d altra parte, per il Lemma , sussiste l implicazione i) = i ) ; in conclusione si ha che, se {f n } converge in media di ordine p, allora sono vere le affermazioni i ) e ii). La condizione è sufficiente. nalizzando la dimostrazione del teorema di Vitali (parte sufficiente) si rileva che l ipotesi i) viene utilizzata soltanto per garantire la convergenza in misura rispetto a µ della successione {f n 1l L }; a tal fine è però sufficiente che sia verificata la i ). In conclusione possiamo asserire che, se sono vere le affermazioni i ) e ii), allora la successione {f n } converge in media di ordine p. 12

13 Osservazione Dal confronto degli enunciati dei Teoremi e segue immediatamente che sussiste l equivalenza i), ii) i ), ii). Inoltre, come abbiamo già osservato nel corso della precedente dimostrazione, per il Lemma si ha l implicazione i) = i ). È bene però osservare esplicitamente che, in generale, il verificarsi della condizione i ), da sola, non implica il verificarsi della i). Ciò è mostrato dall esempio che segue. Esempio Nello spazio di misura (Ω,, µ) = (R, L 1, m 1 ) consideriamo la successione di funzioni ( ) {f n } = { 1l [n 1,n[ } (già utilizata negli Esempi , e ). Sappiamo (Esempio ) che la successione {f n } non è convergente in misura. Invece per tale successione è verificata la condizione i ), in quanto risulta m 1 f n 1l 0 per ogni insieme L 1 con m 1 () < + ; si ha infatti e quindi m 1 ( [n 1, n[ ) = m 1 ( [0, + [ ) < + n=1 pertanto, per ogni ε > 0, essendo lim m 1( [n 1, n[) = 0 ; { fn 1l ε } [n 1, n[ n N, risulta lim m ({ 1 fn 1l ε }) = 0. Il fatto che per la successione ( ) sia verificata la i ) può dimostrarsi anche applicando il successivo Lemma , dopo avere osservato che tale successione converge m 1 -quasi-ovunque (Esempio ). 13

14 Caratterizzazione della convergenza in media verso una data funzione limite. I Teoremi e caratterizzano la convergenza in media di ordine p di una successione di funzioni {f n } senza fare riferimento alla funzione limite. Si ha però un altra variante del teorema di Vitali, che si deduce abbastanza facilmente dall enunciato del Teorema , la quale fornisce una condizione necessaria e sufficiente affinché una successione di funzioni {f n }, appartenenti a M(), converga in media di ordine p verso una data funzione f M(). Teorema Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M() e sia f M(). Condizione necessaria e sufficiente affinché la successione di funzioni {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f è che siano vere le seguenti due affermazioni: j) la successione {f n } è convergente in misura rispetto a µ verso la funzione f; ii) l insieme di misure con densità { f n p µ : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. Dimostrazione. La condizione è necessaria. Se è f n p f, allora, per la Proposizione e per il Teorema (parte necessaria), sono verificate la j) e la ii). La condizione è sufficiente. Se sono verificate la j) e la ii), possiamo affermare che valgono la i) e la ii), pertanto, per il Teorema (parte sufficiente), esiste g M() tale che f n p g ; poiché si ha pure, per ipotesi, f n µ f, possiamo allora concludere, ragionando in modo ovvio (cfr. l Osservazione ), che è f n p f. Osservazione bbiamo fatto vedere, con la precedente dimostrazione, come dal Teorema si deduca il Teorema Viceversa, è pressoché immediato constatare che, a sua volta, il Teorema può dedursi dal Teorema ; lasciamo allo studente la facile verifica di questo fatto. In conclusione, abbiamo che gli enunciati dei Teoremi e sono proposizioni perfettamente equivalenti. È a questo punto naturale chiedersi se, analogamente a ciò che accade per il Teorema , sia lecito sostituire nel Teorema la condizione j) con la seguente: 14

15 j ) qualunque sia l insieme, con µ() < +, la successione {f n 1l } è convergente in misura rispetto a µ verso la funzione f1l. Poiché la condizione j) implica, ovviamente, la j ), dal Teorema segue subito che il verificarsi della j ) e della ii) è condizione necessaria affinché la successione di funzioni {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f. Tuttavia, come mostra il successivo Esempio , tale condizione non è, in generale, sufficiente. Esempio Sia (Ω,, µ) il seguente spazio di misura: Ω = {a, b} ; = P(Ω) ; µ({a}) = 1, µ({b}) = + e sia {f n } la successione di funzioni (costante) avente come termine generale la funzione identicamente nulla. Sia inoltre f = 1l {b}. È allora ovvio che le condizioni j ) e ii) sono verificate; invece non è vero che infatti f L p (µ). f n p f ; Osserviamo però che il verificarsi della j ) e della ii) è pure condizione sufficiente affinché la {f n } converga in media di ordine p verso f quando è soddisfatta una delle seguenti due ipotesi: (*) la misura µ è σ-finita; (**) la funzione f appartiene a L p (µ). Riportiamo nell appendice al paragrafo gli enunciati formali di questi fatti e le relative dimostrazioni. ppendice al n Teorema Dati lo spazio di misura (Ω,, µ), con µ σ-finita, e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M() e sia f M(). Condizione necessaria e sufficiente affinché la successione di funzioni {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f è che siano vere le seguenti due affermazioni: j ) qualunque sia l insieme, con µ() < +, la successione {f n 1l } è convergente in misura rispetto a µ verso la funzione f1l ; ii) l insieme di misure con densità { f n p µ : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. 15

16 Teorema Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M() e sia f L p (µ). Condizione necessaria e sufficiente affinché la successione di funzioni {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f è che siano vere le seguenti due affermazioni: j ) qualunque sia l insieme, con µ() < +, la successione {f n 1l } è convergente in misura rispetto a µ verso la funzione f1l ; ii) l insieme di misure con densità { f n p µ : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. Dimostrazione dei Teoremi e bbiamo già osservato, prima dell Esempio , che la condizione è necessaria. Dimostriamone la sufficienza. Se sono verificate la j ) e la ii), possiamo affermare che valgono la i ) e la ii), pertanto, per il Teorema (parte sufficiente), esiste g M() tale che basta allora provare che risulta f n p g ; g = f µ-q.o. Osserviamo a tale scopo che, per la Proposizione e per il Lemma , si hanno le implicazioni f n p g = fn µ g = fn 1l µ g1l, pertanto, tenendo conto dell ipotesi j ), risulta ( ) g1l = f1l µ-q.o. : µ() < +. Supponiamo in un primo momento che la misura µ sia σ-finita (Teorema ) ed indichiamo con { k } una successione di insiemi appartenenti alla σ-algebra, con µ( k ) < + n N, tale che Ω = k. Si ha allora, per ogni k N, cioè n=1 g1l k = f1l k µ-q.o., µ ({ g1l k f1l k }) = 0 ; di conseguenza, dato che, come si verifica facilmente, risulta {g f} = { } g1lk f1l k, k=1 si ha pure cioè come dovevamo dimostrare. µ({g f}) = 0, g = f µ-q.o., 16

17 Supponiamo adesso che la funzione f appartenga a L p (µ) (Teorema ). k N, denotato con B k l insieme Per ogni B k = { g f 1 k }, per la disuguaglianza di Čebičev si ha µ(b k ) k p g f p dµ < + e quindi, per la ( ), g1l Bk = f1l Bk µ-q.o. ; si ha inoltre, come è immediato verificare, B k = { } g1l Bk f1l Bk, pertanto µ(b k ) = 0. Possiamo allora concludere che anche l insieme {g f} = k=1 B k ha misura nulla, dunque g = f µ-q.o.. Ciò completa la dimostrazione Caratterizzazione della convergenza in media per le sucessioni convergenti quasi-ovunque. bbiamo già osservato (Lemma ) che la convergenza in misura implica la convergenza in misura sugli insiemi di misura finita. Il lemma successivo mostra che anche la convergenza quasi-ovunque implica la convergenza in misura sugli insiemi di misura finita. Lemma Dato lo spazio di misura (Ω,, µ), sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M() e sia f M(). Vale l implicazione f n q.o. f = f n 1l µ f1l : µ() < +. Dimostrazione. Fissato un qualunque insieme, con µ() < +, poniamo ν = 1l µ. 17

18 Poiché ν<<µ, dall ipotesi si deduce che è f n f f n f µ-q.o. ν-q.o. Di conseguenza, dato che la misura ν è finita, si ha pure cioè f n ν f, ( ) ε > 0 = lim ν({ f n f ε}) = 0. D altra parte si ha ν({ f n f ε}) = µ({ f n f ε} ) = µ({ f n 1l f1l ε}), quindi la ( ) può scriversi: ε > 0 = lim µ({ f n1l f1l ε}) = 0, dunque è vero che f n 1l µ f1l. Teorema Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M() convergente µ-quasi-ovunque verso una funzione f M(). Condizione necessaria e sufficiente affinché la successione di funzioni {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f è che l insieme di misure con densità { f n p µ : n N} sia equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. Dimostrazione. La necessità della condizione segue dal teorema di Vitali. Per provarne la sufficienza osserviamo che il Lemma assicura che è verificata la condizione i ); pertanto, per il Teorema , possiamo affermare che esiste g M() tale che f n p g ; conseguentemente, grazie al Corollario , si ha pure f n p f. 18

19 Osservazione (Nota storica.) Nell introduzione al capitolo abbiamo già accennato al fatto che l intitolazione di Teorema di Vitali, data al Teorema , non è del tutto appropriata (anche se è moralmente corretta). Infatti il risultato dovuto a Vitali (dimostrato nel 1907) è il Teorema nel caso particolare della misura di Lebesgue su un intervallo compatto di R; tutti gli altri teoremi, che abbiamo visto nel corso del paragrafo, sono successive generalizzazioni dovute ad altri utori. Ciò spiega anche il fatto, a prima vista un po singolare, che nel cosiddetto Teorema di Vitali intervenga l equi-assoluta continuità secondo Caccioppoli anziché quella secondo Vitali. Osservazione (Il teorema della convergenza dominata rivisitato.) Osserviamo che dal teorema di Vitali e più precisamente dal Teorema può formalmente dedursi, come corollario, il teorema della convergenza dominata di Lebesgue. Infatti, se {f n } è una successione di funzioni appartenenti a M() verificante le ipotesi del teorema di Lebesgue, allora si prova subito, con lo stesso ragionamento adottato in occasione del teorema di Lebesgue, che la successione {f n } converge µ-quasi-ovunque; d altra parte, per la Proposizione si ha che l insieme { f n p µ : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. Di conseguenza, se f M() è una qualunque funzione tale che f n f µ-q.o., allora, per il Teorema , si ha pure f n f in L p (µ), dunque è vera la tesi del teorema della convergenza dominata. Osserviamo però che non è corretto affermare che il teorema della convergenza dominata di Lebesgue è un corollario del teorema di Vitali; infatti per la dimostrazione del teorema di Vitali (parte sufficiente) è stata utilizzata un importante conseguenza del teorema di Lebesgue: la completezza degli spazi (L p (µ), d p ) (Teorema ). Terminiamo il paragrafo con un esempio di successione di funzioni, che converge in misura sugli insiemi di misura finita, ma non è né convergente in misura né convergente quasi ovunque. Esempio Nello spazio di misura (Ω,, µ) = (R, L 1, m 1 ) consideriamo due successioni, {g n } e {h n }, di funzioni appartenenti a M(L 1 ), aventi inoltre i seguenti requisiti: la successione {g n } converge m 1 -quasi-ovunque verso la funzione identicamente nulla, ma non converge in m 1 -misura (cfr. l Esempio ); la successione {h n } converge in m 1 -misura verso la funzione identicamente nulla, ma non converge m 1 -quasi-ovunque (una successione siffatta si ottiene, ad esempio, considerando le funzioni della successione dell Esempio e prendendone i prolungamenti a tutto l insieme R che assumono valore zero in R \ [0, 1[). 19

20 Indichiamo con {f n } la successione che si ottiene per incastro dalle due successioni {g n } e {h n }: g 1, h 1, g 2, h 2,..., g n, h n,... Tale successione non converge né in m 1 -misura né m 1 -quasi-ovunque, però, grazie ai Lemmi e , le due estratte {f 2n 1 } e {f 2n } hanno entrambe la proprietà di convergere in m 1 -misura verso la funzione identicamente nulla su ogni insieme L 1, con m 1 () < + ; è allora facile verificare che anche l intera successione {f n } ha la stessa proprietà Caratterizzazione della convergenza in media mediante la convergenza delle norme. In questo numero presentiamo le caratterizzazioni della convergenza in media di ordine p che utilizzano la condizione di convergenza delle norme lim f n p dµ = f p dµ. Dimostriamo come prima cosa che tale condizione è necessaria affinché {f n } converga in media di ordine p verso f. Proposizione Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M() e sia f M(). Condizione necessaria affinché la successione {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f è che risulti lim f n p dµ = f p dµ. Dimostrazione. Per ipotesi le funzioni f, f 1, f 2,... appartengono tutte a L p (µ) e si ha lim d p(f n, f) = 0. Inoltre, denotato con θ lo zero dello spazio vettoriale L p (µ), cioè la funzione identicamente nulla, si ha, per ogni n N, dp (f n, θ) d p (f, θ) dp (f n, f) ( 3 ). ( 3 ) Si tenga presente che in un qualunque spazio semimetrico (S, d) vale la disuguaglianza ( ) d(x, z) d(y, z) d(x, y) x, y, z S (seconda disuguaglianza triangolare). 20

21 cioè: Ne segue che è lim d p(f n, θ) = d p (f, θ), lim f n p dµ = f p dµ se 0 < p 1, ovvero ( 1 lim f n dµ) p p = ( f p dµ) 1 p se p 1, ma anche in questo secondo caso, prendendo le potenze p-me di entrambi i membri della precedente relazione di limite, si ha che è vera la tesi. Occupiamoci adesso delle caratterizzazioni della convergenza in L p (µ), cominciando ad esaminare il caso particolare delle successioni convergenti quasi-ovunque. Premettiamo un lemma. Lemma Siano {a n }, {b n } due successioni di numeri reali tali che Risulta allora lim a n = a R. (18.3.1) lim (a n + b n ) = a + lim b n, (18.3.2) lim (a n + b n ) = a + lim b n. Per dimostrare la ( ) si ragiona esattamente come nel caso degli spazi metrici: si osserva che per ogni x, y, z S si ha quindi vale la disuguaglianza d(x, z) d(y, z) d(x, y) + d(y, z) d(y, z) = d(x, y), d(x, z) d(y, z) d(x, y) x, y, z S ; da questa, per l arbitrarietà degli elementi x, y, z, scambiando x con y, si deduce che vale pure l altra disuguaglianza pertanto è vera la ( ). d(y, z) d(x, z) d(y, x) = d(x, y) x, y, z S, 21

22 Dimostrazione. Proviamo la (18.3.1) (in maniera perfettamente analoga si ragiona per la (18.3.2)). Sia λ un qualsiasi elemento di R definitivamente minorante della successione {a n +b n }, cioè tale che λ a n + b n n n, essendo n N un opportuno indice. Per l ipotesi di convergenza della successione {a n } per ogni ε > 0 esiste un indice n N tale che Si ha allora, per ogni n max{n 1, n }, a ε < a n < a + ε n n. λ < a + ε + b n e da ciò si deduce che l elemento λ a ε è definitivamente minorante di {b n }; pertanto si ha λ a ε lim b n e quindi, per l arbitrarietà di ε > 0, λ a + lim b n ; conseguentemente, per l arbitrarietà di λ, si ha pure lim (a n + b n ) a + lim b n. Per dimostrare che è vera pure la disuguaglianza contraria consideriamo un qualsiasi ρ R definitivamente minorante della successione {b n } ed osserviamo che per ogni ε > 0 si ha, definitivamente, a ε + ρ < a n + b n, pertanto a ε + ρ per l arbitrarietà di ε > 0 se ne deduce che è lim (a n + b n ) ; ρ lim (a n + b n ) a e conseguentemente, per l arbitrarietà di ρ, risulta lim b n lim (a n + b n ) a, dunque a + lim b n lim (a n + b n ). 22

23 Teorema Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a L p (µ) convergente µ-quasi-ovunque verso una funzione f L p (µ). Condizione necessaria e sufficiente affinché la successione {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f è che risulti lim f n p dµ = f p dµ. Dimostrazione. La necessità della condizione è, ovviamente, garantita dalla Proposizione ; proviamone la sufficienza. Per il Teorema basta dimostrare che l insieme { f n p µ : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. tale scopo proviamo dapprima che, in virtù delle ipotesi di convergenza µ-quasiovunque e di convergenza delle norme, risulta (18.3.3) lim f n p dµ = f p dµ. Si ha infatti, per ogni insieme, grazie all ipotesi di convergenza µ-quasi-ovunque della successione {f n } alla funzione f, pertanto f p dµ = f p 1l = lim f n p 1l µ-q.o., f p 1l dµ = ( ) lim f n p 1l dµ (per il lemma di Fatou) dunque (18.3.4) lim f n p 1l dµ = lim f n p dµ, f p dµ lim f n p dµ. Dalla (18.3.4), per l arbitrarietà dell insieme, segue che per ogni si ha pure ( ) f p dµ lim f n p dµ = lim f n p dµ f n p dµ, c c da cui, per l ipotesi di convergenza delle norme, tenendo presenti i Lemmi e , si ricava che è ( ) f p dµ f p dµ + lim f n p dµ = f p dµ lim f n p dµ c 23

24 e quindi lim f n p dµ f p dµ c f p dµ = f p dµ. In conclusione abbiamo che (18.3.5) lim f n p dµ f p dµ. Dalle (18.3.4) e (18.3.5) segue, ovviamente, la (18.3.3). Dimostriamo adesso che l insieme { f n p µ : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. Fissato un qualunque ε > 0, osserviamo che, essendo per ipotesi f L p (µ), per la Proposizione si ha f p µ C << µ e quindi esistono un numero δ > 0 ed un insieme L, con µ(l ) < +, tali che (18.3.6), µ( L ) δ = f p dµ ε 2 p+2. Dalla (18.3.6), in particolare, segue che è f p dµ Ω\L ε 2 p+2 < ε 4 ; pertanto, dato che per la (18.3.3) si ha lim f n p dµ = Ω\L Ω\L f p dµ, esiste n 1 N tale che (18.3.7) Ω\L f n p dµ ε 4 n > n 1. Consideriamo la misura ν = 1l L µ. Risulta ν<<µ e ν < + ; conseguentemente, dato che f n f µ-q.o., si ha f n f ν-q.o. e, per il teorema di Severini-Egorov, f n f ν-q.unif. ; 24

25 esiste quindi un insieme δ, con ν( c δ ) δ, tale che {f n } converge uniformemente a f in δ : (18.3.8) f n f in δ. Essendo µ( c δ L ) = ν( c δ ) δ, dalla (18.3.6) segue che è f p ε dµ c 2 p+2 < ε 4 δ e quindi, per la (18.3.3), esiste n 2 N tale che (18.3.9) f n p dµ ε c 4 δ Inoltre, per la (18.3.8), esiste un altro indice n 3 N tale che ( ) f n (ω) f(ω) 1 ( ) 1 ε p 2 4δ Posto verifichiamo che vale l implicazione: n = max{n 1, n 2, n 3 }, ( ), µ( L ) δ = Si ha infatti = L δ n > n 2. ω δ, n > n 3. f n p dµ ε n > n. f n p dµ = f n p dµ + L f n p dµ \L = f n p dµ + f n p dµ + f n p dµ \L ( L )\ δ (usando la disuguaglianza (15.1.2), le proprietà dell integrale e la monotonia della misura f n p µ) 2 p L δ f n f p dµ + 2 p L δ f p dµ + c δ f n p dµ + Ω\L f n p dµ (tenendo presenti la ( ), le proprietà dell integrale, la monotonia della misura f p µ, la (18.3.9) e la (18.3.7)) 2 p 1 ε 2 p 4δ µ( L δ ) + 2 p (dato che, per ipotesi, µ( L ) δ e per la (18.3.6)) f p dµ + ε 4 + ε 4 ε 4 + 2p ε 2 p+2 + ε 4 + ε 4 = ε. 25

26 Consideriamo adesso l insieme finito di misure con densità { f1 p µ,..., f n p µ }. Per la Proposizione e l Osservazione tale insieme è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ e pertanto, in corrispondenza del numero positivo ε fissato inizialmente, esistono δ > 0 e L, con µ(l ) < +, tali che: ( ), µ( L ) δ = questo punto, posto δ = min{δ, δ }, L = L L, f r p dµ ε r = 1,... n. dalle ( ) e ( ) si deduce immediatamente che è vera l implicazione, µ( L) δ = f n p dµ ε n N, dunque l insieme di misure con densità { f n p µ : n N} è equi-assolutamente continuo secondo Caccioppoli rispetto a µ. Ciò completa la dimostrazione del teorema. Passiamo adesso ad occuparci del caso generale. Teorema (Caratterizzazione della convergenza in media di ordine p mediante la convergenza delle norme.) Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a L p (µ) e sia f L p (µ). Condizione necessaria e sufficiente affinché la successione {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f è che siano vere le seguenti due affermazioni: j) la successione {f n } è convergente in misura rispetto a µ verso la funzione f ; jj) risulta lim f n p dµ = f p dµ. Dimostrazione. La necessità della condizione segue, ovviamente, dalle Proposizioni e Proviamo che la condizione è sufficiente. Supponiamo, per assurdo, che siano verificate la j) e la jj), ma che la successione {f n } non converga in media di ordine p verso la funzione f, cioè esistano un numero ε > 0 ed una successione {f nk }, estratta da {f n }, tali che ( ) f nk f p dµ ε k N. 26

27 Per la successione {f nk } è ancora vero che f nk µ f e quindi (Corollario e Proposizione ) esiste una successione {f nk }, estratta da r {f nk }, convergente µ-quasi-ovunque alla funzione f. Ovviamente, essendo la successione {f } estratta dalla {f nk r n}, anche per la {f nk } continua a valere la jj), cioè si ha r lim r f nk r p dµ = f p dµ. Possiamo allora concludere, grazie al Teorema , che {f nk } converge in media di r ordine p verso la funzione f, ma ciò è assurdo poiché dalla ( ) segue, in particolare, che è f nk f p dµ ε r N. r nche nel Teorema , così come accadeva per il teorema di Vitali, è possibile sostituire alla condizione j) di convergenza in misura in tutto Ω la condizione j ) di convergenza in misura sugli insiemi di misura finita. Teorema Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a L p (µ) e sia f L p (µ). Condizione necessaria e sufficiente affinché la successione {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f è che siano vere le seguenti due affermazioni: j ) qualunque sia l insieme, con µ() < +, la successione {f n 1l } è convergente in misura rispetto a µ verso la funzione f1l ; jj) risulti lim f n p dµ = f p dµ. Dimostrazione. La condizione è necessaria. Supponiamo che la successione {f n } converga in media di ordine p verso la funzione f. Per il teorema precedente sono vere la j) e la jj) ; d altra parte, per il Lemma , la j) implica la j ); in conclusione si ha che, se {f n } converge in media di ordine p verso f, allora sono vere le affermazioni j ) e jj). La condizione è sufficiente. Osserviamo preliminarmente che, come conseguenza dell ipotesi j ) e del fatto che le funzioni f, f 1, f 2,... appartengono tutte a L p (µ), anche adesso così come accadeva nel precedente teorema (parte sufficiente) è vero che ogni successione {f nk }, estratta da {f n }, possiede a sua volta un estratta, {f nk }, convergente µ-quasiovunque verso la funzione f; per provare questa asserzione basta osservare che anche la r successione estratta {f nk } verifica l ipotesi j ) e applicare a tale successione il successivo Lemma Una volta fatta questa premessa, la sufficienza della condizione si ottiene ripetendo esattamente lo stesso ragionamento per assurdo, che è stato già utilizzato per dimostrare il precedente Teorema (parte sufficiente). 27

28 Premettiamo al Lemma una facile proposizione di carattere generale. Proposizione Dato lo spazio di misura (Ω,, µ), sia f : Ω R una funzione -misurabile. Se esiste un esponente p ]0, + [ tale che f p dµ < +, allora l insieme {f 0} è unione numerabile di insiemi misurabili di misura finita. Dimostrazione. Per la disuguaglianza di Čebičev si ha pertanto l insieme µ ( { f 1 n }) n p f p dµ < + n N, {f 0} = { f 1 n } n=1 è unione numerabile di insiemi di misura finita. Lemma Dati lo spazio di misura (Ω,, µ) e l esponente p ]0, + [, sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a L p (µ) e sia f L p (µ). Supponiamo che sia verificata la condizione j ). llora la successione {f n } possiede un estratta che converge µ-quasi-ovunque alla funzione f. Dimostrazione. Per la Proposizione ciascuno degli insiemi {f 0}, {f 1 0}, {f 2 0},... è unione numerabile di insiemi di misura finita; la stessa cosa può allora dirsi dell unione ( ( ) {f 0} n=1 ) {f n 0}. Supponiamo pertanto che {E k } sia una successione di insiemi appartenenti alla σ-algebra, con µ(e k ) < + k N, tale che ( ) ( E k = {f 0} n=1 n=1 ) {f n 0}. Per dimostrare la tesi utilizziamo il cosiddetto procedimento diagonale di Cantor. Dall ipotesi j ) segue, in particolare, che la successione { f n 1l E1 } converge in µ-misura verso f1l E1 ; esiste pertanto una successione estratta dalla { f n 1l E1 } che converge µ-quasiovunque a f1l E1, cioè esiste una successione crescente di interi positivi {γ(1, n)} n N tale che f γ(1,n) 1l E1 f1l E1 µ-q.o. 28

29 Osserviamo che anche la successione { f γ(1,n) }, essendo estratta da {fn }, verifica l ipotesi j ) e quindi si ha, in particolare, f γ(1,n) 1l E2 µ f1le2 ; esiste pertanto una successione di interi positivi {γ(2, n)} n N, estratta da {γ(1, n)} n N, tale che f γ(2,n) 1l E2 f1l E2 µ-q.o. In maniera del tutto analoga esiste una successione di interi positivi {γ(3, n)} n N, estratta da {γ(2, n)} n N, tale che f γ(3,n) 1l E3 f1l E3 µ-q.o., esiste una successione di interi positivi {γ(4, n)} n N, estratta da {γ(3, n)} n N, tale che ecc. ecc. In questo modo si dimostra l esistenza di f γ(4,n) 1l E4 f1l E4 µ-q.o., ( ) {γ(1, n)} n N, {γ(2, n)} n N,..., {γ(k, n)} n N,... successioni crescenti di interi positivi, ciascuna estratta dalla precedente, tali da risultare ( ) f γ(k,n) 1l Ek f1l Ek µ-q.o. k N (ovviamente la dimostrazione rigorosa di questo fatto si ottiene procedendo per induzione; invitiamo lo studente a svolgere nei dettagli tale dimostrazione per induzione). Per comprendere meglio il ragionamento che segue è utile scrivere per elenco le successioni ( ), disponendo i termini di ciascuna di esse su una riga: γ(1, 1) γ(1, 2) γ(1, 3)... γ(1, n) γ(1, n + 1)... γ(2, 1) γ(2, 2) γ(2, 3)... γ(2, n) γ(2, n + 1)... γ(3, 1) γ(3, 2) γ(3, 3)... γ(3, n) γ(3, n + 1)... ( ) γ(k, 1) γ(k, 2) γ(k, 3)... γ(k, n) γ(k, n + 1)... γ(k + 1, 1) γ(k + 1, 2) γ(k + 1, 3)... γ(k + 1, n) γ(k + 1, n + 1) ed osservare esplicitamente che tutti gli elementi di una riga figurano anche in ognuna delle righe soprastanti. 29

30 Osserviamo ancora che per ogni k N valgono le disuguaglianze ( ) γ(k, n) < γ(k, n + 1) n N, ( ) γ(k, n) γ(k + 1, n) n N. La ( ) è ovvia, poiché γ(k, n) e γ(k, n+1) sono due termini consecutivi della medesima successione crescente {γ(k, n)} n N. Per dimostrare la ( ) osserviamo che, essendo {γ(k +1, n)} n N estratta da {γ(k, n)} n N, esiste una successione crescente di interi positivi {z n } tale che γ(k + 1, 1) = γ(k, z 1 ), γ(k + 1, 2) = γ(k, z 2 ),..., γ(k + 1, n) = γ(k, z n ),..., pertanto, per ogni n N, essendo risulta z n n ( 4 ), γ(k + 1, n) = γ(k, z n ) γ(k, n). Dalle ( ) e ( ) segue che per ogni n N risulta pertanto anche la successione diagonale γ(n, n) < γ(n, n + 1) γ(n + 1, n + 1), {γ(n, n)} n N è crescente, dunque la successione { fγ(n,n) } n N è estratta da {f n }. Dimostriamo che f γ(n,n) f µ-q.o. Per la ( ) esiste una successione { k } di insiemi appartenenti alla σ-algebra, con µ( c k ) < + k N, tale da risultare, per ogni k N, ( ) ( ) ( ) lim fγ(k,n) 1l Ek (ω) = f1lek (ω) ω k. ( 4 ) Ricordiamo che, se {z n } è una successione crescente di numeri interi positivi, allora si dimostra facilmente per induzione che è z n n n N. 30

31 Consideriamo l insieme = k..., per il quale, ovviamente, si ha e µ( c ) = µ( c 1 c 2... c k...) = 0, e dimostriamo che è lim f (ω) = f(ω) ω. γ(n,n) Fissato un qualunque punto ω, distinguiamo due casi. Se ω / E 1 E 2..., allora, per la ( ), si ha pertanto f(ω) = f 1 (ω) = f 2 (ω) =... = 0, lim f (ω) = 0 = f(ω). γ(n,n) Se, invece, esiste k N tale che ω E k, allora osserviamo che, essendo ω, si ha, in particolare, ω k e quindi, grazie alla ( ), ) lim f (ω) = lim (f 1l γ(k,n) γ(k,n) Ek (ω) = ( ) f1l Ek (ω) = f(ω). Notiamo inoltre, ricordando quanto abbiamo osservato a proposito delle righe della matrice ( ), che tutti gli elementi γ(n, n), con n k, appartengono all insieme pertanto la successione cioè {γ(k, n) : n N}, { fγ(n,n) (ω)} n N n k f γ(k,k) (ω), f γ(k+1,k+1) (ω), f γ(k+2,k+2) (ω),..., è estratta da { f (ω) } e quindi converge a f(ω). È allora evidente che anche l intera γ(k,n) n N successione { f γ(n,n) (ω) } converge a f(ω). Ciò completa la dimostrazione. bbiamo notato, nella dimostrazione del Teorema , che, qualora le funzioni f, f 1, f 2,... appartengano a L p (µ), la condizione j ) implica l altra: k ) ogni successione {f nk }, estratta da {f n }, possiede una successione estratta, {f nk r }, convergente µ-quasi-ovunque verso la funzione f. Il legame che c è tra le condizioni j ) e k ) in generale, cioè quando f, f 1, f 2,... sono solo funzioni appartenenti a M(), è dato dalla proposizione seguente. 31,

32 Proposizione Dato lo spazio di misura (Ω,, µ), sia {f n } una successione di funzioni appartenenti a M() e sia f M(). Vale l implicazione k ) = j ). Viceversa, se la misura µ è σ-finita, allora si ha pure j ) = k ). Dimostrazione. Proviamo l implicazione k ) = j ). Supponiamo, per assurdo, che esista un insieme, con µ() < +, tale che {f n 1l } non sia convergente in misura rispetto a µ verso la funzione f1l. Ciò vuol dire che esistono due numeri ε, δ > 0 ed una successione {f nk }, estratta da {f n }, tali da risultare ( ) µ ({ fnk 1l f1l ε }) δ k N. Per ipotesi la successione {f nk } possiede una successione estratta, {f nk }, convergente r µ-quasi-ovunque verso la funzione f. Per il Lemma si ha pure e quindi f nk r 1l µ f1l lim µ({ 1l fnk r r f1l }) ε = 0, ma ciò, evidentemente, contraddice la (18.3.2). La dimostrazione dell implicazione j ) = k ), quando la misura µ è σ-finita, si ottiene in maniera del tutto analoga a quella del Lemma (usando il procedimento diagonale di Cantor) ed è lasciata per esercizio allo studente. Esercizio Completare la dimostrazione della Proposizione L esempio seguente fa vedere che, se la misura µ non è σ-finita, non vale l implicazione j ) = k ). Esempio Sia (Ω,, µ) il seguente spazio di misura: Ω = {a, b} ; = P(Ω) ; µ({a}) < +, µ({b}) = + e sia {f n } la successione così definita: llora è vero che {f n } = { n1l {b} }. f n 1l µ 0 1l : µ() < +, ma, evidentemente, non c è alcuna successione estratta dalla {f n } che converge µ-quasiovunque. 32

11. Misure con segno.

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