Le particolari condizioni di giacitura del deposito archeologico

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1 Trattamenti conservativi per il restauro di materiali organici imbibiti d acqua F.Fiesoli, F.Gennai Le particolari condizioni di giacitura del deposito archeologico nel Cantiere delle Navi Antiche di Pisa, hanno consentito il ritrovamento di una quantità eccezionale di reperti in materiale organico: oggetti in legno, intrecci di fibra vegetale, manufatti in cuoio, etc. Il recupero, il consolidamento e la conservazione di tale materiale ha aperto la strada, al momento del ritrovamento fortuito nel 1997, a diversi problemi, dovuti da una parte allo stato di conservazione ed al facile deperimento di questo genere di manufatti, dall altra alla composizione degli strati di giacitura costituiti prevalentemente da sabbia (Figura 1) e argilla (Figura 2). di tipo argilloso, trattandosi di un ambiente sempre costantemente umido, la plasticità del sedimento ha reso più agevole la loro asportazione, rendendo tuttavia più problematiche, a causa delle caratteristiche di alta viscosità, le successive fasi di pulitura in laboratorio. Figura 3: borsa in corda con contenimento in VTR per l'asportazione (foto Coop. Archeologia Firenze) Figura 1: un cesto ancora nel deposito sabbioso di rinvenimento (foto Durante la fase di asportazione dei reperti in situ, ci siamo avvalsi di diverse metodiche di intervento, valutate in base alla dimensione dei manufatti, al loro specifico degrado, e alle caratteristiche litologiche del luogo di giacitura. Le scelte effettuate, ed andate raffinandosi in base all esperienza maturata negli anni intercorsi tra i primi concitati momenti della scoperta ad oggi, hanno visto una alternanza di soluzioni che vanno dalla realizzazione di veri e propri gusci in vetroresina (Figura 4), modellati sui reperti direttamente in situ, a calchi in gesso bloccati con l ausilio di incassettature (Figura5), poi asportate operando il taglio del pane di terra tramite lamine metalliche (Figura 6). Figura 2: cuoio in uno strato agilloso (foto Per quanto riguarda lo scavo dei reperti inglobati nella sabbia, vista la scarsa coesione dei depositi e a causa dello stato di conservazione spesso altamente degradato, si è reso necessario l approntamento di supporti di contenimento (Figura 3), senza i quali non sarebbe stato possibile prelevare gli oggetti ed assicurarne un adeguato trasporto presso il Centro di Restauro del Legno Bagnato. Al contrario, per i manufatti rinvenuti all interno dei livelli Figura 4: guscio in vetroresina F.Fiesoli, F.Gennai Trattamenti conservativi per il restauro dei materiali... pp

2 Figura 5: incassettatura Figura 8: rinvenimento di un cuoio in uno strato sabbioso (foto Figura 6: dettaglio del procedimento di asportazione con lamina metallica (foto Figura 9: elemento in cuoio dopo la pulitura effettuata sul cantiere (foto Coop. Archeologia Firenze) Cordame, oggetti in legno e intrecci vegetali (cesti, nasse, ecc.), dopo lo stacco vengono posizionati su assi di legno, opportunamente rivestite con pellicola di polietilene (Figura 7) e portati in laboratorio per i successivi trattamenti di pulitura e restauro (Figura 10). Per quanto riguarda gli oggetti in cuoio invece, dopo lo scavo e l asportazione dal deposito, si giudica preferibile, ove possibile, una immediata liberazione dal sedimento tramite lavaggi effettuati direttamente sul cantiere, per poi immergerli in contenitori con acqua e soluzione antifungina in attesa dei trattamenti successivi (Figure 8-9). In laboratorio, sul pane di terra viene eseguito un microscavo per portare il reperto alla luce e, dopo accurata pulitura (Figura 11-13), sarà possibile effettuate le necessarie analisi per approfondire la comprensione del livello di degrado subito dal reperto e valutare i metodi di intervento più adatti e la scelta del consolidante più idoneo. Figura 10: microscavo sul pane di terra Figura 11: creazione di un supporto per il contenimento del reperto Figura 7: posizionamento del reperto su tavole di legno rivestite di polietilene e bloccaggio per il trasporto inlaboratorio (foto Figura 12: fase di pulitua in laboratorio 10 GRadus 2010/ 5.1

3 Si presenta, qui di seguito, una carrellata dei trattamenti effettuati presso il CRLB di Pisa. ZUCCHERI L impregnazione tramite zuccheri costituisce un metodo di facile applicazione ed economico, che può essere effettuato sia a caldo che a freddo, in soluzione acquosa (figura 14). Figura 13: reperto pronto per il trattamento di impregnazione (foto A.Sentineri A volte quello che apparentemente sembrava un manufatto ancora comprensibile, si è rivelato un calco costituito dal sedimento, con solo poche tracce di materiale ormai degradato in maniera irreversibile; in questo caso l unico modo per salvare il manufatto, dopo la sua pulitura e le opportune analisi di laboratorio, è consolidare sia il reperto che il pane di terra che lo contiene, per evitarne la perdita, affidando alle tecniche di documentazione grafica e fotografica il massimo possibile delle informazioni. Nel corso dello scavo di oggetti in materiale organico, l importanza della presenza del restauratore fin dalle prime fasi è basilare, sia per l estrazione, come si è visto per i molteplici problemi dovuti principalmente alla natura degli oggetti e del sedimento in cui si presentano inglobati, sia per il mantenimento dell umidità una volta avvenuta l asportazione dal deposito, visto che un eventuale collasso subito dal reperto in sede di asportazione sarebbe infatti irreversibile, sia nelle delicate operazioni di immagazzinamento, perché dal buon trattamento nelle fasi iniziali, dipenderà anche il risultato finale del restauro. Fin dalla metà degli anni 80 presso il Centro di Restauro della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Firenze, sono stati sperimentati trattamenti di impregnazione di materiale organico di provenienza archeologica (legno, cuoio e fibre imbibiti d acqua) con colofonia 1 e zuccheri, metodi peraltro già applicati in Europa dagli anni 60, per la conservazione di manufatti archeologici. Il ritrovamento delle navi di Pisa, e la successiva nascita del Centro di Restauro del Legno Bagnato adiacente al cantiere delle navi, ha permesso sia di continuare tale sperimentazione, che di integrare il restauro di reperti organici precedentemente iniziato, con nuove metodologie: Peg 2 e Kauramina 3, sistemi usati in vari laboratori d Europa con successo da molti anni. La scelta del prodotto più idoneo viene effettuata in base alla valutazione del reperto da conservare: degrado, dimensioni, natura del materiale (legno, corde, cuoio, intrecci, spazzole, anche materiali compositi) e non ultima, la stima dei relativi costi. Figura 14: punta di palafitta proveniente da Stagno (LI) trattata con impregnazione di zucchero Consiste nell immergere i reperti in una soluzione a cui verrà aggiunto periodicamente zucchero fino al raggiungimento della saturazione. Finita l impregnazione i reperti verranno estratti dal bagno, puliti dalla soluzione in eccesso, fasciati con tessuto di cotone per controllare e prevenire eventuali crettature e fessurazioni. Il bendaggio servirà inoltre ad assorbire lo zucchero che sale in superficie durante l evaporazione nel momento dell asciugatura. Questa avverrà in maniera lenta e controllata, e sarà seguita da una finitura delle superfici con cera microcristallina (Figura 15). Figura 15: vasca per il trattamento con zucchero (foto A.Sentineri Questo metodo appare, nella sua realizzazione, piuttosto semplice ed economico; le caratteristiche dei reperti, quali forma, peso e colore, tendono a rimanere molto naturali, a fronte di una buona resistenza meccanica acquisita con il trattamento. Tuttavia presenta notevoli limiti: l alta igroscopicità ne con- F.Fiesoli, F.Gennai Trattamenti conservativi per il restauro dei materiali... pp

4 diziona fortemente le modalità espositive, necessitando di ambienti a umidità e temperatura controllate, e il forte rischio di attacchi biotici, come batteri ed insetti, ne moltiplica i costi e i rischi gestionali a restauro ultimato. A causa di queste considerazioni, questo metodo non viene attualmente più praticato presso lo CRLB. COLOFONIA La colofonia è una resina solida naturale, utilizzata per le impregnazioni del legno bagnato, in solvente di acetone (Figura 16). Tale trattamento viene eseguito su reperti di legno bagnato di misure medio-piccole, in quanto l uso di solventi ad alta infiammabilità non permette l utilizzo di vasche di grandi dimensioni, per l immersione degli oggetti. Figura 16: cristalli di resina di colofonia nella vasca di trattamento A tale scopo dal 2006 è stato realizzato, presso il CRLB, un apposito impianto composto da quattro vasche, con sistemi di aspirazione e serpentine di riscaldamento, per il trattamento di oggetti fino 2 metri di lunghezza (Figura 17-18). Figura 18: impianto per il trattamento con colofonia preso il CNAP Dopo aver eseguito le procedure preliminari, tra cui la compilazione, per ogni reperto, di una scheda di restauro con foto, disegni, misure, peso, analisi chimiche e autoptiche e tutte le informazioni che lo riguardano sin dal suo ritrovamento, si passa alla pulitura meccanica con pennelli e spazzolini di setola morbida. Il processo di impregnazione vero e proprio inizia con una fase di desalinizzazione, realizzata con risciacqui di acqua demineralizzata; segue una fase di disidratazione, ottenuta sottoponendo gli oggetti a tre bagni in acetone; questo procedimento serve a far meglio veicolare, in un secondo momento, la soluzione impregnante di colofonia all interno dell oggetto. L impregnazione con Colofonia viene effettuata in vasche termoriscaldate a 50 C ed ha una durata variabile nel tempo in base alle dimensioni del reperto (Figura 19). Terminato il trattamento, i reperti vengono tolti dal bagno e ripuliti dai residui di colofonia con bende imbevute di acetone; successivamente inizia la fase di asciugatura controllata. Figura 19: vaschetta per il trattamento con colofonia di oggetti di piccole dimensioni Figura 17: vasche per il trattamento con colofonia presso il CNAP Gli oggetti vengono posizionati in vasche e ricoperti di sabbia, dopo essere stati protetti con strati di pellicola di polietilene, in modo che l evaporazione dell acetone contenuto all interno del reperto avvenga in maniera lenta e graduale, evitando così fessurazioni e torsioni del legno. 12 GRadus 2010/ 5.1

5 Questa fase è molto delicata e la sua riuscita è fondamentale per il buon esito di tutto il processo e per il mantenimento della forma originale dei reperti. Terminata l asciugatura, il manufatto viene pulito da eventuali residui superficiali di colofonia, incollato se frammentario e rifinito con una mano di cera microcristallina. (Figure 20-21). molecolare ( ) solubile a caldo. Il PEG è spesso utilizzato anche in miscela di differenti pesi molecolari, a seconda del degrado del materiale da impregnare. I trattamenti possono essere eseguiti per immersione (Figura 22), metodo più frequentemente applicato perché relativamente semplice, per atomizzazione, adatto per reperti di grandi dimensioni ma problematico sia per il controllo del livello di impregnazione raggiunto dall intero manufatto, che per le problematiche tecniche collegate alla realizzazione degli impianti necessari. Figura 20: bozzello in legno trattato con impregnazione di colofonia Figura 22: trattamento con impregnazione di polietilenglicoli (foto A.Sentineri Figura 21: pettine in legno trattato con impregnazione di colofonia Tra i pregi di questo trattamento, oltre la comprovata capacità conservativa, è sicuramente la facile musealizzazione, in quanto la soluzione non è igroscopica e non necessita dunque, almeno alle nostre latitudini, di particolari accorgimenti di climatizzazione ambientale. Il legno una volta consolidato si presenta di aspetto e colore abbastanza naturali, acquisendo una buona resistenza meccanica e i tempi di durata del trattamento non risultano eccessivamente lunghi. Di contro, la necessità di utilizzare sostanze che, senza i necessari accorgimenti, possono rivelarsi pericolose alla salute degli operatori, la conseguente impossibilità di trattare oggetti di grandi dimensioni e, non ultimo, un notevole incremento del peso specifico dei reperti, ne rendono l impiego suscettibile di valutazioni da effettuarsi in sede di progettazione dell intervento di restauro. PEG (glicole polietilenico) Il PEG è solubile in acqua, alcool ed acetone. Esiste in commercio liquido, a basso peso molecolare ( ) utilizzabile a temperatura ambiente, e solido, ad alto peso Un altro metodo di utilizzo del PEG è l impregnazione a spruzzo, adatta per oggetti fragili e di piccole dimensioni. Attualmente costituisce il metodo di consolidamento dei reperti archeologici in materiale organico bagnato più utilizzato in Europa, ed è stato uno dei primi metodi sperimentati già a partire dalla prima metà del secolo scorso. Tuttavia recenti dati indicano una sostanziale incompatibilità di questo prodotto con la presenza di eventuali ossidi di ferro contenuti all interno dei reperti da trattare. Nel Centro di Restauro del Legno Bagnato di Pisa, vista la grande quantità di ossidi di ferro presenti, a causa della presenza di palancole metalliche infisse nel terreno dal 1997, questo tipo di trattamento viene impiegato, con ottimi risultati, quasi esclusivamente per alcuni manufatti in cuoio (Figura 23), o in fibra vegetale (corde, intrecci, cesti, Figure 24-25). Figura 23: cuoio trattato con impregnazione di PEG (foto A.Sentineri F.Fiesoli, F.Gennai Trattamenti conservativi per il restauro dei materiali... pp

6 originario, ritiri e fessurazioni, l ottenimento finale di un colore molto scuro, lontano da quello originale riferibile alle varie specie legnose, ed una moderata igroscopicità, che ne determina quindi una musealizzazione a temperatura e umidità controllate, con conseguenti alti costi, determinati anche da una lunga durata dei tempi di trattamento e dalla necessità di costose apparecchiature idonee al trattamento stesso. Figura 24: parte di cesto trattata con impregnazione di PEG (foto A.Sentineri Figura 25: frammenti di corde trattati con PEG (foto A.Sentineri Il trattamento, dopo le consuete fasi di schedatura, prelievo di campionature analitiche, pulitura e desalinizzazione, consiste nell immersione dei materiali in una soluzione o miscela di PEG con percentuali di peso molecolare variabile, a seconda del degrado del manufatto e del tipo di asciugatura che si intenderà applicare. I tempi dell impregnazione saranno variabili, in base alle dimensioni del reperto, che verrà periodicamente monitorato con prelievi per verificare la buona riuscita del trattamento. Seguirà una asciugatura lenta, misurando l umidità fino a portarla ai valori desiderati in modo che l evaporazione dell acqua contenuta all interno avvenga in maniera graduale. Un altra tecnica di asciugatura prevede un precedente passaggio per liofilizzazione, nel CRLB viene impiegata in alternativa e/o in concomitanza con l asciugatura naturale controllata, soprattutto per elementi di non grandi dimensioni, come per tutti i metodi di restauro l asciugatura è la fase più delicata e da essa dipende molto il risultato finale del trattamento. Nonostante sia ancora oggi il metodo più usato per il restauro di materiali organici, durante le varie sperimentazioni si sono riscontrati vari problemi quali il cambiamento delle proprietà chimico-fisiche del materiale costituente KAURAMINA Nel 2008, primi in Italia e in collaborazione del laboratorio del Römisch-Germanischen Zentralmuseum di Magonza, lo CNAP ha iniziato il restauro di reperti lignei con il metodo dell impregnazione con Kauramina 4. In particolare sono iniziati i trattamenti delle porzioni conservatesi della cosiddetta Nave Ellenistica (fasciame ed ordinate non più in connessione, II sec. a.c.), di vari altri reperti di minori dimensioni e complessità, ma soprattutto è stato possibile superare gran parte delle difficoltà sino ad oggi incontrate per il trattamento delle grandi navi, procedendo al trattamento della Nave D, un barcone per il trasporto fluviale di grandi dimensioni, databile in epoca Tardo antica (fine VI- inizi VII sec. d.c.). L imbarcazione costruita con tecnica mista, è assemblata con mortase e tenoni lignei, ma prevede anche l impiego di numerose chiodature in ferro. La Kauramina è una sostanza di brevetto BASF a base di melammina e formaldeide, solubile in acqua a temperatura ambiente, che viene addizionata con trietanolammina, butandiolo e urea, elementi che permettono ritardare la catalizzazione del bagno, rendere più viscosa la soluzione ed elastico l oggetto, una volta trattato. I manufatti vengono immersi nella soluzione (Figura 26), che ha una durata dai 2 ai 6 mesi a seconda della temperatura dell ambiente circostante. Il bagno deve essere controllato settimanalmente, fino a raggiungere un PH inferiore a 7 (Figura 27). Figura 26: preparazione della vasca per il trattamento con resina di kauramina 14 GRadus 2010/ 5.1

7 Figura 29: asciugatura finale Figura 27: preparazione della vasca per il trattamento con resina di kauramina Quando la soluzione inizia ad opacizzarsi è indice dell inizio della catalizzazione della resina melamminica, a questo punto é possibile togliere i legni dalle vasche di impregnazione, sciacquarli e ripulirli dalla sostanza impregnante rimasta in superficie con spazzole e pennelli di setola morbida. Per il completamento della fase di catalizzazione del prodotto impregnate è necessario eseguire una serie di procedure. Una volta rivestiti di carta, per assorbire l eventuale resina in eccesso, gli elementi trattati dovranno essere posizionati in sacchetti di polietilene, o rivestiti di pellicola, e sottoposti ad una temperatura di 50 C per una durata di circa 7-14 giorni. Il processo di catalizzazione verrà tenuto sotto controllo tramite un campione di liquido di impregnazione posto anch esso all interno del forno. Terminato il processo i reperti lignei verranno tolti dal forno e, eliminate le pellicole protettive, messi ad asciugare in maniera lenta e controllata sotto pellicola di polietilene, con coperture e scoperture giornaliere (Figura28), fino al raggiungimento del grado di umidità residua desiderato (Figura 29). Come di consueto, ultimata la fase di asciugatura, sui reperti verrà applicata una mano di cera a finitura (Figura 30). Figura 28: fase di prima asciugatura dei reperti (foto A.Sentineri Figura 30: reperto con finitura di cera microcristallina (foto A.Sentineri Numerosi sono i pregi dell impiego di questo impregnate: la rapidità dei tempi di trattamento, il mantenimento costante della forma originale dei reperti, che conservano anche, grazie al basso peso molecolare dell impregnante, notevole leggerezza, l acquisizione di una notevole resistenza meccanica e, non ultima, la considerevole economicità rispetto ai tradizionali trattamenti con PEG e Colofonia. Di contro bisogna considerare che, oltre all ottenimento di un effetto cromatico molto chiaro, cui è possibile ovviare con l utilizzo di cere di finitura in grado di riportare il colore all originale aspetto dei reperti, questo trattamento presenta un potenziale grado di tossicità per gli operatori, a causa della presenza di pur basse quantità di formaldeide, e soprattutto, è un procedimento che deve essere considerato del tutto irreversibile. Il bilancio di più di dieci anni di esperienze sul Cantiere delle Navi Antiche di Pisa e di tre anni di trattamenti all interno del Centro di Restauro del Legno Bagnato di Pisa è da considerarsi molto positivo. I fattori salienti si concentrano intorno alla sperimentazione e messa in opera di nuove metodologie di intervento durante le fasi di scavo e alla sperimentazione di tecniche per il trattamento di impregnazione con quelli che, ad oggi, risultano i materiali migliori e più utilizzati nel campo del restauro del legno archeologico imbibito. Tale attività, avviata presso il Centro di Restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Firenze, ha avuto poi la pos- F.Fiesoli, F.Gennai Trattamenti conservativi per il restauro dei materiali... pp

8 sibilità di continuare ad arricchirsi, con la creazione del centro pisano nel 2006, potendo usufruire di una mole importante di reperti, sia di provenienza locale, che dagli scavi di molte altre regioni d Italia. L esperienza maturata nel corso degli anni ed oggi in possesso dello CNAP ha infatti reso possibile la sua fattiva collaborazione con diverse Soprintendenze per i Beni Archeologici su tutto il territorio della Penisola, nonché con numerosi altri enti ed istituzioni italiane ed estere. Note 1 Colofonia, resina vegetale solida,di colore giallo trasparente, residuo della distillazione delle trementine (resine conifere), è nota anche come Pece Greca 2 Glicole polietilenico, resina sintetica prodotta per polimerizzazione dell ossido di etilene 3 Kauramina, Prodotto di condensazione a base di melammina e formaldeide in acqua, parzialmente eterificato, modificato. Si tratta di un brevetto BASF 3 L impiego di questo metodo è il frutto della operazione tra lo CNAP-CRLB e il Römisch-Germanischen Zentralmuseum di Mainz, ed in particolare con Markus Wittcöpper, che in questa occasione si desidera ringraziare Bibliografia WITTKÖPPER 1998: M. Wittköpper, Der aktuelle Stand der Konservierung archäologischer Naßhölzer mit Melamin/Aminoharzen am Römisch-Germanischen Zentralmuseum, Arbeitsblätter für Restauratoren. Gruppe 8, n. 2, 1998, pp WITTKÖPPER 2001: M. Wittköpper, Current developments in the preservation of archaeological wet wood with melamine/amino resins at the Romisch-Germanisches Zentralmuseum, in 16 GRadus 2010/ 5.1

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