COMMISSIONE SUL CICLO RIFIUTI BOZZA NON CORRETTA 1/9

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1 1/9 MISSIONE IN BOLOGNA 28 APRILE 2010 PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE VINCENZO DE LUCA La seduta inizia alle PRESIDENTE. Buongiorno. Saluto i parlamentari presenti e ringrazio il dottor Belladonna per la sua presenza. Dottor Belladonna, può illustrarci quale è la situazione in Emilia-Romagna per quanto riguarda il settore che la nostra Commissione sta seguendo? In questo periodo siamo pressoché fissi in Emilia-Romagna, quasi fossimo precettati. È importante per noi avere qualche suggerimento, illustrazione e indirizzi di valutazione per le verifiche e le visite che dovremo successivamente effettuare, dal momento che questo è un settore a cui noi guardiamo anche con grande preoccupazione. VITO BELLADONNA, Direttore tecnico dell Arpa Emilia-Romagna. Buongiorno. Sono il direttore tecnico di ARPA Emilia-Romagna e sostituisco, per questa audizione, il direttore generale che è assente per un precedente impegno istituzionale a Roma. È con me anche la dottoressa Giovanna Biagi, responsabile del servizio territoriale della sezione ARPA di Bologna. Ricordo brevemente che l ARPA è l ente strumentale di controllo della regione Emilia- Romagna, che svolge diverse funzioni in campo ambientale, che evito di illustrare nel dettaglio, anche se naturalmente sono disponibile a farlo. Quella di maggiore interesse per gli scopi di questa Commissione è l attività di controllo sul territorio, che è la più attinente alle tematiche da voi affrontate. Abbiamo pensato e su questo ci confrontiamo con voi di organizzare questa breve audizione nei termini seguenti. Farò una rapida premessa sulla situazione dello smaltimento e della gestione dei rifiuti in Emilia-Romagna e sulle nostre attività. Successivamente la dottoressa Biagi passerà in rassegna alcuni reati, per la verità di lieve entità, riscontrati sul nostro territorio, spiegando, se c è il tempo, come sono stati gestiti. Possiamo poi affrontare, seppur velocemente, il tema del monitoraggio degli impianti di incenerimento dei rifiuti. Nella nostra regione la tecnologia dello smaltimento attraverso termovalorizzazione è presente in maniera significativa rispetto al resto del Paese, quindi c è una

2 2/9 consolidata esperienza sia nella realizzazione, come vedrete, attraverso le aziende di gestione, sia in materia di controllo e monitoraggio da parte degli enti preposti, tra i quali l ente che rappresento. Inoltre, sui due aspetti concernenti la situazione dei rifiuti e l attività di monitoraggio degli impianti, se per la Commissione è di interesse, possiamo lasciare due contributi scritti, ossia le slide di presentazione dei nostri interventi. Sulla base di un rapporto pubblicato da ARPA, in Emilia-Romagna si producono circa 3 milioni di tonnellate all anno di rifiuti urbani e milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Per quanto riguarda i rifiuti urbani, abbiamo tassi di raccolta differenziata del per cento, rifiuti che quindi vengono sottratti allo smaltimento; per quanto riguarda la parte residua, il 30 per cento è inviato a discarica controllata, il 18 per cento agli impianti di incenerimento e la restante quota di circa il 6 per cento è distribuita fra impianti cosiddetti «biomeccanici» e produzione di CDR, combustibile derivato da rifiuti. Con riferimento in particolare agli inceneritori, nel nostro territorio regionale sono operativi otto impianti su nove province. In pratica, solo nella provincia di Parma non è attualmente in funzione un impianto di incenerimento. Gli impianti sono capaci, come ho appena detto, di coprire una quota della produzione di rifiuti urbani pari al 18 per cento. Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani anche dal punto di vista di eventuali e potenziali illeciti, rilevanti per l indagine che la vostra Commissione sta svolgendo, si deve osservare che il settore è totalmente controllato dal pubblico, nel senso che la raccolta e lo smaltimento vengono affidati a due multiutilities, aziende a controllo sostanzialmente pubblico. Ugualmente, gli impianti in cui sono smaltiti i rifiuti urbani in questa regione non sono di proprietà privata, ma di proprietà di queste aziende pubbliche. Tutti gli impianti sono dotati di autorizzazione secondo la normativa AIA (Autorizzazione integrata ambientale). Si tratta di un autorizzazione molto complessa, che concerne tutti gli aspetti dei potenziali impatti ambientali di questi impianti, introdotta solo recentemente nel nostro Paese. Essa prevede anche un collegato sistema di monitoraggio molto stringente, fatto sia di autocontrolli da parte del gestore, sia di controlli da parte di un ente terzo, che in particolare è l ARPA. In questi impianti dedicati allo smaltimento dei rifiuti urbani noi effettuiamo controlli sulle acque di scarico, sui fumi e sui rifiuti (gli impianti, a loro volta, in molte circostanze producono rifiuti), oltre a controllare tutti gli aspetti connessi alle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni. Da questo punto di vista, è un settore che presenta un suo livello di maturità. Tutto il sistema, per quanto riguarda i rifiuti urbani, si manifesta come autosufficiente, nel senso che tutta la produzione dell Emilia-Romagna viene smaltita in impianti all interno del territorio regionale.

3 3/9 Naturalmente sono in atto politiche e strategie per aumentare ulteriormente le quote di raccolta differenziata e, quindi, sottrarre rifiuti allo smaltimento. Ciononostante sugli impianti di incenerimento al riguardo potremo aprire poi una parentesi specifica esiste un certo livello di interesse, se non di conflittualità, tale che il sistema degli enti pubblici ha messo in campo azioni di controllo e monitoraggio che vanno ben oltre quello che è richiesto dalle normative. Sempre sul piano generale come dicevo prima, in seguito potremo passare alle questioni più specifiche legate agli illeciti posso illustrare la situazione relativa ai rifiuti speciali. Al riguardo, come accade per il Paese in generale, grosso modo abbiamo una produzione che è quattro volte quella dei rifiuti urbani. Molto spesso l attenzione si concentra sui rifiuti urbani, dimenticando che, dal punto di vista quantitativo, i rifiuti speciali in realtà valgono tre o quattro volte i primi. Come dicevo prima, infatti, in Emilia-Romagna abbiamo una produzione di 3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani a fronte di milioni di tonnellate di rifiuti speciali all anno. Il settore dei rifiuti speciali, in Emilia-Romagna come in tutto il resto del Paese, è sostanzialmente affidato al libero mercato, nel senso che ogni produttore di rifiuti speciali può cercare sul mercato le soluzioni di trasporto, conferimento e smaltimento che ritiene più adeguate. Viceversa, sui rifiuti urbani c è la privativa dei comuni, nel senso che il rifiuto prodotto dai cittadini è in privativa al comune che lo deve gestire. Occorre tenere conto che, per fortuna, nel campo dei rifiuti speciali, a fronte di una produzione così elevata c è anche un ampia capacità di recupero del sistema: i rifiuti speciali vengono prodotti, ma il per cento in un certo senso viene recuperato dallo stesso sistema. Per la quota restante, 6,5 milioni di tonnellate all anno circa, sul territorio regionale c è una disponibilità di impianti capace, in linea teorica, di smaltirla. In realtà, non si tratta di un mercato chiuso, quindi per quanto riguarda il nostro territorio ci sono sia entrate che uscite, perché il produttore di rifiuti speciali può rivolgersi anche a ditte extraterritoriali. In particolare, per quanto riguarda l Emilia-Romagna attualmente mi riferisco all ultimo anno per il quale abbiamo dati riferiti all intera annualità i rifiuti in entrata sono leggermente superiori a quelli in uscita. Quindi, siamo una regione in qualche modo ricettore di rifiuti speciali. Tutti gli impianti sono autorizzati e controllati, ma naturalmente l attenzione deve essere alta. Una anomalia, che comunque abbiamo messo sotto osservazione, che caratterizza questo sistema è il numero elevato di centri di stoccaggio: ne abbiamo censiti e sono autorizzati 680. In questi centri i rifiuti entrano, subiscono dei trattamenti preliminari ed escono per essere poi adeguati a uno smaltimento definitivo, che non avviene in questi centri, ma in ulteriori impianti.

4 4/9 Come ARPA e come regione abbiamo verificato quali sono le regioni con le quali avvengono questi flussi di rifiuti speciali, per capire se c erano delle anomalie. In effetti, abbiamo riscontrato che la situazione si presenta molto poco anomala, nel senso che l Emilia-Romagna scambia rifiuti speciali, in entrata e in uscita, sostanzialmente con Veneto, Lombardia e Toscana, e molto poco con regioni del sud. Questo significa semplicemente che c è un integrazione tecnologica, ossia ci sono tipologie di rifiuti che probabilmente trovano una collocazione in impianti tecnologici dedicati (né discariche né inceneritori di rifiuti urbani) in regioni vicine, anche per motivi di massa critica, di potenzialità minima degli impianti stessi. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GAETANO PECORELLA ALESSANDRO BRATTI. Volevo porre una domanda, che ritengo sia importante per la Commissione. Come funziona il sistema dei controlli? C è una programmazione con le province? Inoltre, vorrei sapere quale controllo di natura fiscale viene effettuato. Insomma, vorrei comprendere come funziona il sistema, perché in diverse regioni ci è risultato assolutamente poco chiaro. VITO BELLADONNA, Direttore tecnico dell Arpa Emilia-Romagna. Ci sono varie tipologie di controllo. La prima, che interessa maggiormente questi impianti che sono significativi dal punto di vista dell impatto, è quella collegata all autorizzazione. Nel momento in cui l ente preposto nel nostro caso la provincia concede un autorizzazione integrata ambientale a una discarica o a un inceneritore, approva anche un cosiddetto piano di monitoraggio nel quale sono previsti, per esempio, sei controlli all anno sull aria, dodici sulle acque, alcuni controlli sui piezometri (i pozzi intorno alle discariche). Una quota di questi, come prescrive la norma, è svolta in autocontrollo, vale a dire dal gestore, che è obbligato a farlo, e una quota viene svolta invece dall ente terzo, cioè dall Agenzia. Questa è la prima tipologia di controlli, molto rilevante dal punto di vista numerico (se volete poi posso fornire qualche dato). Si tratta di un controllo tecnico impegnativo, perché su ogni impianto si effettuano i controlli su aria, acqua, suolo, rifiuti da questo deriva il nome «autorizzazione integrata ambientale» e questo impegna molto gli organismi tecnici, vale a dire l Agenzia. Ci sono poi i controlli effettuati per iniziativa dell ente. Se, avendo molti operatori sul territorio, veniamo a conoscenza di una criticità, senza preavviso i nostri operatori territoriali (di cui

5 5/9 la collega è una rappresentante) fanno un controllo in un azienda per verificare se la documentazione amministrativa, i registri di carico e scarico, i formulari, i MUD sono adeguati ed eventualmente si prelevano dei campioni per controllare se le acque scaricate sono coerenti con i limiti indicati. Un altro ambito molto importante e sempre più in crescita è rappresentato dai controlli collegati a segnalazioni di inconvenienti ambientali. I cittadini, che sono molto attenti, in un numero rilevante di occasioni presentano degli esposti all ARPA, oppure ad altri organi di controllo, come il NOE, il Corpo forestale dello Stato e via elencando. L Agenzia, dopo aver effettuato una valutazione tecnica, sulla base di questa segnalazione ambientale, decide di fare un controllo: se, ad esempio, la segnalazione evidenzia problemi di qualità dell aria, si controllano le emissioni o, nel caso si segnali un inquinamento delle acque, si controllano queste ultime. Da questo punto di vista, nella realtà di cui parlo c è molta attenzione da parte dei cittadini, tant è che questa tipologia di controlli è sempre in crescita ed è un pezzo importante dell attività di controllo dell Agenzia. Vi è poi l attività svolta su iniziativa delle procure. Il nostro personale sul territorio ha anche la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, quindi coadiuva, dal punto di vista tecnico, le procure per lo svolgimento di indagini relativamente agli aspetti ambientali. GIOVANNA BIAGI, Responsabile dell Arpa Bologna. A completamento posso dire che, soprattutto per le aziende AIA, il piano viene deciso e concordato con la provincia, in modo tale che anche le risorse di ARPA sono destinate ai vari settori ambientali di interesse per quell anno. Ad esempio, lo scorso anno è stato particolarmente interessato tutto il settore dei centri di stoccaggio dei rifiuti, che nella provincia di Bologna sono undici in autorizzazione integrata ambientale. Questo vuol dire un controllo molto puntuale e molto complesso da parte nostra, perché non si limita alla semplice visita in azienda ma, come ha detto l ingegner Belladonna, comporta che si «rivolti» praticamente l azienda da capo a fondo. In questo ambito, sempre in quell anno, abbiamo riscontrato e inoltrato alla procura quattro notizie di reato, che hanno riguardato in realtà casi molto semplici. In un caso, ad esempio, per uno stoccaggio di oli abbiamo fatto un campionamento delle acque meteoriche e si è riscontrato il superamento di un parametro dei solidi sedimentabili. Si tratta, quindi, di reati che sicuramente si configurano sotto il profilo penale, per il quale siamo obbligati a dare notizia di reato, tuttavia non comportano un aspetto di criticità ambientale. Infatti, in genere, dalla procura di Bologna questi reati vengono sanzionati con il decreto penale di condanna e raramente abbiamo visto che si va a

6 6/9 giudizio, proprio perché abbiamo riscontrato che si tratta di reati di poco conto o di inottemperanze a prescrizioni, dal momento che gli atti che sono stati rilasciati contengono molte prescrizioni di tipo anche gestionale, che molto spesso sono di difficile interpretazione da parte delle aziende. Se riportiamo tutto questo nell ambito generale di tutti gli altri impianti, quelli extra AIA, nel complesso per l Emilia-Romagna vi sono state 159 notizie di reato nel 2008 e 185 nel Nella provincia di Bologna, realtà che conosco un po meglio, abbiamo avuto 21 notizie di reato. Di queste nessuna rientrava naturalmente nell articolo 260 relativo al traffico illecito; tutte rientravano all interno dell articolo 256 del decreto legislativo n. 152, ovvero attività di gestione di rifiuti non autorizzata e deposito incontrollato. In realtà, analizzando le varie notizie, abbiamo verificato che si tratta di inottemperanze di un certo tipo, come l assenza della cartellonistica del CER che, purtroppo, è obbligatoria, ma il rifiuto veniva comunque gestito correttamente. In linea generale, dunque, non abbiamo riscontrato, sia sugli impianti AIA sia sugli impianti non AIA, un impatto ambientale particolarmente grave. L unico punto di criticità che ci viene dalla vigilanza nasce, invece, dall elevato numero di impianti. Gli impianti in AIA sono ben definiti, ma c è una serie di piccoli impianti che vengono autorizzati in procedura semplificata. L azienda invia una propria domanda e se, entro sessanta giorni, la provincia non risponde può avviare un attività di recupero; chiaramente questa attività deve essere ben definita all interno degli schemi indicati dal decreto n In questo ambito, tuttavia, abbiamo riscontrato forse le maggiori carenze, in primo luogo conoscitive, in quanto molto spesso si tratta di aziende di piccolo taglio (con uno, due, tre addetti), che magari, per il fatto di aver presentato la domanda alla provincia, ritenevano di essere a posto con le restanti autorizzazioni settoriali (autorizzazione allo scarico e quant altro). Voglio segnalare che la maggior parte degli impianti di recupero che sono in Emilia- Romagna trattano per il 45 per cento rifiuti di costruzione e demolizione, quindi sono impianti per gli inerti, e per circa il 30 per cento trattano invece rifiuti derivanti dalla cura del verde (potatura di giardini, sfalcio eccetera), che saranno destinati ai numerosi impianti di compostaggio diffusi nella realtà soprattutto bolognese, ma in genere regionale. In un solo caso abbiamo avuto un problema, proprio in uno di questi piccoli impianti: l impianto era autorizzato per gli inerti e l azienda, con una semplice comunicazione a cui però la provincia non aveva mai dato risposta di assenso, aveva comunicato che avrebbe preso anche fanghi. A quel punto, nello spazio di due mesi estivi, nell anno 2001, ha praticamente riempito l impianto di rifiuti anche pericolosi, che arrivavano fra l altro soprattutto dalla Lombardia e dal Veneto, per un totale di 16 mila tonnellate. Non sto qui a raccontare nei dettagli i dieci anni di

7 7/9 continue segnalazioni e ordinanze per la rimozione. L azienda non ha mai rimosso i rifiuti ed è andata in fallimento. Il procedimento penale ha seguito il suo corso e nel 2009 c è stato il giudizio di condanna per il gestore e altri quattro indagati, titolari dei centri di stoccaggio che dalla Lombardia portavano i rifiuti. Questo sito è oggi inserito nell elenco delle discariche abusive in base alla relativa sentenza della Corte costituzionale; l area è ancora confiscata e il comune sta cercando di trovare i fondi per metterla in sicurezza. Nel momento del fallimento, in assenza del privato, il comune si è sostituito e anche grazie a un finanziamento regionale è stata realizzata una messa in sicurezza di emergenza di questi cumuli. Si sta ora attivando un accordo di programma fra ATO, provincia, regione e comune per trovare una soluzione a questi rifiuti che sono lì da dieci anni: 16 mila tonnellate di rifiuti pericolosi, con costi di smaltimento non indifferenti. Abbiamo svolto, come ARPA, una serie di indagini sui piezometri, per valutare lo stato della falda. Chiaramente, essendo stati questi i rifiuti depositati su un suolo non impermeabilizzato, prima che noi intervenissimo come enti pubblici con la copertura e con una messa in sicurezza, c è stato un po di dilavamento dei rifiuti e quindi oggi ritroviamo in falda i metalli pesanti, anche se non in concentrazioni preccupanti. Devo dire che, nella zona intorno, dove abbiamo aperto una fascia di controllo sui pozzi utilizzati ad uso domestico e irriguo, i dati sono abbastanza confortanti. Tutto questo è partito da un piccolo impianto che gestiva rifiuti inerti, ma si è trattato di un episodio isolato. Infine, come ARPA abbiamo difficoltà a seguire la filiera del rifiuto e ci limitiamo a svolgere i controlli sugli impianti di trattamento rifiuti. Tuttavia, nel caso che ho citato della ditta che aveva portato i rifiuti in Lombardia, abbiamo collaborato sia con il NOE che con il Corpo forestale, proprio perché loro hanno la possibilità di intervenire anche fuori regione, cosa che noi non possiamo fare, essendo limitati territorialmente (per quanto mi riguarda, alla provincia di Bologna). Pertanto, per questi aspetti collaboriamo sempre con il NOE. VITO BELLADONNA, Direttore tecnico dell Arpa Emilia-Romagna. In generale, questo vuol dire che è importante l integrazione fra i vari soggetti perché ognuno ha la sua specializzazione. I NOE sono sicuramente più vocati a effettuare ad esempio il fermo dei trasportatori, l ARPA interviene più sul versante tecnico, quindi l integrazione è molto importante. Devo che in questa realtà è stata perseguita. VINCENZO DE LUCA. Da quello che comprendiamo, non si rileva nella regione attività illecita.

8 8/9 Quanti termovalorizzatori e quante discariche ci sono in Emilia-Romagna, anche con riferimento a questo «pregio» autoreferenziale rispetto a tutta la questione del ciclo integrato dei rifiuti? VITO BELLADONNA, Direttore tecnico dell Arpa Emilia-Romagna. Per quanto riguarda i rifiuti urbani, abbiamo otto termovalorizzatori rispetto alle nove province. Tutti i termovalorizzatori sono di recente costruzione o di recente adeguamento; alcuni sono datati, ma hanno subito un cosiddetto «revamping», quindi sono stati adeguati prima alla normativa degli anni 90 e attualmente alle AIA. Questi termovalorizzatori riportano in autorizzazione integrata ambientale dei limiti all emissione il problema sono ovviamente i fumi più bassi di quelli previsti nelle normative nazionali, perché le tecnologie lo consentono. La normativa nazionale di riferimento è il decreto legislativo n.133 del Noi mediamente abbiamo verificato che i gestori riescono a garantire delle performance migliori, quindi indichiamo limiti più bassi, e questo è un punto di forza che oramai si riesce a raggiungere dappertutto, con gli ultimi adeguamenti che hanno riguardato gli impianti di Modena e di Rimini. Di solito si è riusciti a tenere in parallelo il funzionamento di vecchie linee adeguate per costruirne delle nuove e andare a completa sostituzione, così come è accaduto nell impianto di Granarolo Emilia, che sarà oggetto della vostra visita successiva. C è una media di due o tre discariche di appoggio per rifiuti urbani in ogni territorio provinciale, quindi siamo sull ordine dei 30 impianti di discarica controllata. Vi è poi la specificità della situazione della provincia di Ravenna, dove c è un polo impiantistico molto articolato in cui è presente un impianto per la produzione di CDR, combustibile derivato dai rifiuti, la caldaia nella quale viene bruciato questo CDR per la produzione di acqua calda ed energia, e un sistema di discariche. In particolare, si tratta di discariche di ex categoria 2A per inerti, 2B per rifiuti speciali e 2C per rifiuti pericolosi al massimo livello di pericolosità. È stato necessario realizzare questi impianti in occasione di una vecchia problematica relativa alle terre di Koko degli anni 80, ossia rifiuti conferiti impropriamente in Nigeria e poi rispediti. Allora venne realizzato, con una procedura commissariale, un sistema di discariche ad hoc per riprendere questi rifiuti. Il quadro impiantistico è completato da alcuni impianti di compostaggio, anche questi presenti in numero di uno o due per provincia, in cui viene prodotto compost a partire da sostanza organica selezionata, quindi in piccola parte rifiuti da umido domestico da raccolta differenziata e per la maggior parte rifiuti derivanti da sfalci, potature, matrici vegetali che ben si adeguano alla produzione di compost. ALESSANDRO BRATTI. Se ci lascia il materiale può esserci utile in maniera propedeutica per le

9 9/9 visite che faremo agli inceneritori. VITO BELLADONNA, Direttore tecnico dell Arpa Emilia-Romagna. Visto che c è questa attenzione particolare, vorrei spendere qualche parola sugli impianti di incenerimento. Il problema è legato alla qualità dell aria. Noi abbiamo sempre fatto presente ai nostri interlocutori, ossia i comitati, il fatto che in Emilia-Romagna comunque gli impianti non sono collocati in un territorio nel quale non c è nulla. Anche dove effettuerete la visita, infatti, vedrete a fianco il sistema tangenziale-autostrada per il quale passano 70 milioni di veicoli all anno. Su questo impianto di incenerimento abbiamo posizionato cinque centraline che misurano di continuo la qualità dell aria e confrontano quella rilevata intorno all impianto con quella di altre realtà territoriali. Questo per cercare di capire quale contributo dà al peggioramento della qualità dell aria qualora lo desse l impianto di incenerimento. A partire dallo studio che era oggetto di un protocollo del , è stato avviato uno studio regionale su tutti i nuovi impianti, che comprende anche gli aspetti di carattere sanitario. Abbiamo condotto screening sanitari sulle popolazioni che abitano vicino agli impianti, per capire se ci sono anomalie e patologie eventualmente correlate. È stata svolta anche una operazione di approfondimento sui particolati più sottili, le polveri più pericolose perché entrano senza filtro nell organismo. Si tratta di studi, in un certo senso, di avanguardia scientifica, svolti in collaborazione con università e istituti di ricerca anche europei. Nello specifico, abbiamo un contributo che volentieri mettiamo a vostra disposizione. PRESIDENTE. La ringrazio e dichiaro conclusa l audizione. La seduta termina alle

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