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1 FONETICA DELL ITALIANO La fonetica è la scienza che studia i suoni (o foni) sia nella produzione del parlante sia nella ricezione dell ascoltatore. I suoni sono prodotti tramite l apparato fonatorio, costituito da polmoni, bronchi, trachea, laringe, cavità della bocca e cavità nasale. Pochi foni si combinano in modi molteplici formano un altissimo numero di parole (linguaggio verbale). Nessuna lingua utilizza tutti i foni possibili per formare parole. L aria prodotta dai polmoni passa attraverso la laringe e nel fuoriuscire dalla cavità orale subisce delle modificazioni che producono suoni distinti. Ø Se nel passaggio dalla laringe le corde vocali poste ai suoi bordi vibrano, si avranno suoni sonori;; se invece le corde vocali non si muovono, avremo suoni sordi. Ø Se l aria passa attraverso le cavità nasali, si producono suoni nasali, ma se il velo palatino (la parte posteriore e molle del palato) impedisce il passaggio attraverso il naso, si avranno soltanto suoni orali. In italiano

2 i suoni nasali sono pochi e sono soltanto consonantici, mentre tra i foni orali distinguiamo tra vocali e consonanti. Ø Quando produciamo le vocali, l aria che passa attraverso la cavità orale non incontra ostacoli, ma solo, in qualche caso, un restringimento;; le corde vocali vibrano sempre, per cui le vocali sono soltanto sonore. Le vocali sono gli unici foni dell italiano su cui può cadere l accento. Ø Le consonanti possono essere sorde o sonore e l aria incontra degli ostacoli lungo il passaggio. Ø Le semiconsonanti o semivocali sono suoni intermedi, prodotti quasi come le vocali ma con durata più breve per il sopraggiungere di un ostacolo. La fonetica studia dunque l articolazione fisica dei suoni ed è diversa dalla FONOLOGIA che studia il valore astratto dei foni;; si occupa cioè dei fonemi. Il fono è il suono fisicamente prodotto dal parlante, mentre il fonema è la rappresentazione mentale di un fono che ha funzione distintiva in un preciso sistema linguistico, che consente, cioè, di distinguere il significato di una parola dall altra. Il fono si rappresenta con un simbolo dell alfabeto fonetico racchiuso tra parentesi quadre [ʎ];; il fonema con un simbolo fonetico racchiuso tra barre oblique /ʎ/. Il fono è un qualsiasi suono linguistico, mentre il fonema è l unità minima utilizzata da una lingua per distinguere una parola dall altra.

3 Si tratta di una distinzione di estrema importanza per tutte le lingue. Ogni lingua ha alcuni foni che corrispondono a fonemi distinti, che corrispondono cioè a rappresentazioni mentali e astratte distinte. I parlanti però possono produrre anche foni diversi e possono produrre anche in modi diversi il fono corrispondente a un fonema;; possono dare cioè realizzazioni diverse dello stesso fonema per variazioni personali, geografiche, sociali. Le realizzazioni diverse dello stesso fonema si dicono allòfoni. Pensiamo a un parlante che tenda a realizzare la s poggiando la punta della lingua contro gli alveoli invece che contro i denti. Si tratterà solo di una variazione, di un allofono cui non corrisponde un fonema specifico, diverso da quello della /s/ italiana. Nell ascoltarlo non terremo conto di questa variazione, ma ricondurremo il suono al fonema dell italiano. Si tratta dunque di una variazione fonetica e non di una distinzione fonologica;; in una lingua, però, esistono, come si vedrà, anche allofoni stabili, ovvero variazioni di suono condizionati dal contesto fonetico. La funzione distintiva dei fonemi è testimoniata dalla presenza di coppie minime, cioè coppie di parole che si distinguono per un unico elemento: rata ~ rada;; patto ~ matto;; pazzo ~ pozzo. Se in una parola, sostituendo un fono con un altro, si ottiene un altra parola di senso compiuto, siamo di fronte a due fonemi (prova di commutazione) e a una distinzione fonologica. Il più diffuso sistema di trascrizione dei foni e dei fonemi è l IPA (International Phonetic Association). I foni sono elementi della comunicazione orale, del parlato. Da secoli gli uomini li fissano sulla carta attraverso segni grafici (grafemi). Lo studio dei grafemi e dei segni paragrafematici che si adoperano solo nella scrittura (apostrofi, accenti, interpunzione, ecc.) è detto grafematica. Non bisogna mai confondere il segno grafico con il suono;; non sempre (e in alcune lingue quasi mai) esiste un rapporto di esatta corrispondenza tra il fono e la sua realizzazione grafica. La fonetica di una lingua muta più velocemente della grafia, che registra spesso fasi più antiche. Per lo studio delle lingue antiche, la grafia riveste una grande importanza, mentre è secondaria nello studio delle lingue contemporanee. In italiano il rapporto tra fonetica e grafia non pone grandi problemi, ma esistono delle discordanze. Alcuni segni grafici, per esempio, non si realizzano nella fonetica (si pensi al valore diacritico della i in parole come giallo o

4 ciondolo);; a volte lo stesso fonema è reso in modi diversi (si pensi all occlusiva velare che può essere rappresentata dal digramma <ch>, chilo, o dal solo <c>, cane). Il sistema fonologico dell italiano è costituito da sette vocali, da due semivocali e da 21 consonanti. Un numero complessivo molto superiore ai 21 segni dell alfabeto, senza contare che molte consonanti, quando si trovano tra due vocali (posizione intervocalica), possono essere lunghe e brevi, dette anche doppie e scempie con riferimento alla realizzazione grafica. VOCALISMO Il vocalismo tonico dell italiano è formato da: una vocale centrale di massima apertura, /a/;; tre vocali anteriori, /i/, /e/, /ɛ/, o palatali (la lingua si sposta in avanti, verso il palato duro), aprocheile (realizzate cioè con distensione delle labbra);; tre vocali posteriori /u/, /o/, /ɔ/, o velari (la lingua si sposta indietro, verso il palato molle), procheile (realizzate cioè con arrotondamento delle labbra). In base all altezza della lingua distinguiamo tra vocali alte (/i/, /u/), vocali medio alte (/e/, /o/), vocali medio basse (/ɛ/, /ɔ/), vocale bassa (/a/). Le vocali alte sono di massima chiusura. La grafia dell italiano non segna la differenza di apertura e chiusura delle vocali medio alte e medio basse. Si tratta di una distinzione fonologica come prova l esistenza di alcuna coppie minime come

5 /bɔtte/ (plurale di botta) e /botte/ (recipiente per vino) /pɛsca/ ( frutto ) e /pesca/ ( attività del pescare ). Talvolta la distinzione si può segnare graficamente tramite l accento. L accento acuto, è, segnala la vocale chiusa, quello grave, è, la vocale aperta. La distinzione tra apertura e chiusura delle vocali medie si avverte soltanto quando sono accentate (toniche);; se sono atone la distinzione si annulla e i suoni vocalici si riducono a cinque. La distribuzione dei suoni in ogni lingua ha delle restrizioni: non sempre tutti i suoni, cioè, possono ricorrere in tutte le posizioni. Per quanto riguarda le vocali, per esempio, in italiano la u non può ricorrere in fine di parola tranne nel caso in cui non sia tonica (più, tribù, ecc.);; anche la o chiusa non ricorre mai in fine di parola, dove si trova solo la /ɔ/ (però, contò, ecc.). Quando due vocali appartengono a due sillabe diverse e si incontrano, si forma uno iato: pa-é-se, le-ó-ne (diverso il caso dei dittonghi fài-da, buò-no). Quando l incontro tra le vocali di due sillabe distinte si realizza per l incontro tra due parole diverse (la entrata, lo impero), per evitare lo iato, spesso cade la vocale finale della prima parola (l entrata, l impero). È un fenomeno fonosintattico (o di fonetica sintattica) e di riduzione del corpo fonico della parola definito elisione. Si parla invece di iato quando due vocali accostate sono pronunciate in due sillabe separate. Si verifica: - quando nessuna delle due vocali contigue è una i o una u (be-ato, le-ale, ero-e);; - quando una delle due vocali è una i o una u colpite da accento (mío, búe);; - in alcune parole formate con il prefisso ri- (ri-aprire, ri-avere) o, più in generale, in cui la i è preceduta da r o da un gruppo consonantico con r: oriente, ri-one, ecc.;; - quando si tratti del derivato di una parola che aveva l accento sulla i: viabilità (da vì-a), spi-are (da spì-a). L italiano possiede anche due semiconsonanti o semivocali: la /j/ (o iod) palatale e la /w/ velare che nella grafia dell italiano sono rese con <i> e <u>. La loro pronuncia è a metà tra le vocali e le consonanti;; si chiamano infatti anche consonanti approssimanti, perché il canale dell aria si restringe molto ma non completamente come per le consonanti. Questi foni possono comparire in italiano solo prima o dopo una vocale appartenente alla stessa sillaba. Se compaiono prima formano un dittongo

6 ascendente, piede, buono, accentato cioè sul secondo elemento vocalico. Se compaiono dopo formano un dittongo discendente, accentato cioè sul primo elemento vocalico: càusa, pòi. La /j/ non può mai co-occorrere con la /i/;; la /w/ non può mai co-occorrere con la /u/ e non può formare dittonghi discendenti con /i/, /ɔ/ e /o/. La /u/ non può mai apparire in fine di parola tranne nel caso in cui non sia tonica (più). CONSONANTI Fonemi consonantici dell italiano Luogo di articolazione Modo di Bilabiali Labiodent. Dentali Alveolari Palatali Velari articolaz. s.da s.ra s.da s.ra s.da s.ra s.da s.ra s.da s.ra s.da s.ra Occlusive p b t d k g Laterali l ʎ Vibranti r Fricative f v s z ʃ Nasali m n ɲ Affricate ts dz ʧ dʒ Occlusive: chiusura completa del canale Costrittive: c è un forte restringimento che tuttavia consente il passaggio dell aria: - fricative si producono con una frizione - vibranti con vibrazione della lingua - laterali con passaggio dell aria ai lati della lingua Affricate: c è un occlusione e poi un restringimento La presenza di quattro affricate tra i fonemi consonantici è considerato un tratto tipico dell italiano;; le altre principali lingue europee ne hanno al massimo due. Bilabiali: chiusura delle labbra Labiodentali: denti e labbro inferiore Dentali: punta della lingua contro i denti Alveolari: punta della lingua contro gli alveoli Palatali: dorso della lingua contro il palato anteriore Velari: dorso della lingua contro il velo Le poche discrepanze tra grafia e fonetica nell italiano riguardano le consonanti.

7 L occlusiva velare sorda /k/ha tre grafie differenti: <c> davanti alla a e alle vocali velari o, u;; il digramma <ch> davanti alle vocali palatali e, i;; <q> in alcuni casi davanti a /w/: quando, quale, ecc., ma cuore, cuoco, ecc. L occlusiva velare sonora /g/ ha due grafie differenti: <g> davanti alla a, alle vocali velari o, u, e alla semivocale /w/ (guanto);; il digramma <gh> davanti alle vocali palatali e, i. I suoni [kw] e [gw] sono definiti nessi labiovelari rispettivamente sordo e sonoro e devono essere sempre seguiti da una vocale. Le affricate palatali sorda e sonora, /ʧ/ e /dʒ/, hanno ciascuna due rese grafiche differenti: <c> e <g> davanti alle vocali palatali e, i (giallo, cena, ecc.);; i digrammi <ci> e <gi> davanti alla a, alle vocali velari o, u (ciocco, giallo, guancia, gancio, ecc.). La i ha in questo caso solo valore diacritico. Nella fonetica dell italiano standard contemporaneo, anche in parole come cielo, dove la i aveva valore fonetico (era la semivocale del dittongo /jε/) o in latinismi come superficie, igiene, la <i> ha ormai solo valore diacritico. Abbiamo anche casi contrari in cui due suoni differenti hanno un solo segno grafico. Le affricate alveolari sorda e sonora /ts/ e /dz/ si rendono in italiano con il solo grafema <z>: zaino / dzajno/, zucca / tsukka/. In posizione intervocalica le affricate alveolari sono sempre lunghe (intense), anche se nella grafia talvolta sono scempie e talvolta doppie: mezzo / meddzo/;; pizza / pittsa/ ma azoto /ad dzɔto/;; azione /at tsjone/. Anche le fricative alveolari sorda e sonora /s/ e /z/ si rendono in italiano con il solo grafema <s>. La fricativa alveolare sonora /z/ si può trovare all inizio di parola prima di un altra consonante sonora: sdolcinato, svegliarsi, ecc.;; in posizione intervocalica dove è sempre di grado tenue:rosa / rɔza/.

8 In posizione preconsonantica le fricative alveolari sono sorde o sonore in base al contesto fonetico. In posizione intervocalica hanno valore fonologico: fuso / fuso/ (arnese per filare, fuso orario) e fuso / fuzo/ participio passato di fondere;; chiese / kjεse/ (participio passato di chiedere) e chiese / kjεze/ (plurale di chiesa). Le consonanti laterale palatale, fricativa palatale e nasale palatale, /ʎ/, /ʃ/ /ɲ/, in posizione intervocalica sono sempre lunghe, di grado intenso. Nella grafia sono rese con un digramma o un trigramma. /ʎ/ con il digramma <gl> davanti a /i/: gli, gliene, figli, ecc. con il trigramma <gli> davanti alle altre vocali: aglio. /ʃ/ con il digramma <sc> davanti alle vocali palatali: scena con il trigramma <sci> davanti alle altre vocali: uscio (fanno eccezione alcuni latinismi come scienza) /ɲ/ con il solo digramma <gn>: pugno, ignorare Nei digrammi <gli> e <sci> la i ha solo valore diacritico Gli allofoni sono variazioni di suono che non hanno valore fonologico. La variazione di suono è condizionata dal contesto fonetico. Gli allofoni dell italiano sono: le velari che precedono la semivocale /j/, [kj] e [gj]: chiodo, chiesa, ghianda, ghiotto in alfabeto fonetico si indicano con [c] e [ɟ];; la nasale che precede una velare [ŋ]: ancora, e la nasale che precede una fricativa labiodentale [ɱ]: anfora. Un tratto fonologico tipico dell italiano è la lunghezza consonantica. È l unica delle lingue romanze ad aver conservato questo tratto dal latino e ha valore distintivo: pala/palla, cane/canne, fato/fatto LA SILLABA Anche all interno delle parole i suoni non sono mai pronunciati isaolatamente ma si legano l uno all altro in strutture che possono variare da lingua a lingua e che costituiscono le sillabe.

9 Elemento essenziale della sillaba è il nucleo che in italiano è sempre costituito da una vocale. Il nucleo è quasi sempre preceduto da un attacco (pa-ne) e può essere seguito da una coda (tut-to). In italiano, e anche questa è una specificità della nostra lingua possiamo avere sillabe costituite dalla sola vocale, mentre non possiamo avere sillabe costituite solo da consonanti, con l eccezione di onomatopee, dette anche ideofoni, come brrr, bzzz. L attacco può avere diverse composizioni: V: o-ro CV: ma-no CCV: tre-no CVC: den-te CCVC: trop-po CCCV: stra-da CCCVC: stret-to La coda è sempre costituita da una sola consonante. La sillaba chiusa da una consonante non si trova in fine di parola, tranne che in alcuni monosillabi come per, del, ecc. Le sillabe sono aperte quando finiscono per vocale e chiuse quando è presente la coda e si chiudono quindi in consonante: sillaba aperta ma-no sillaba chiusa can-to La sillaba aperta tonica è lunga;; la sillaba chiusa è breve, ma questa distinzione in italiano non ha valore fonologico. L ACCENTO È un tratto soprasegmentale, cioè al di sopra della sequenza dei suoni. Consiste nel far sentire con più forza una sillaba sulle altre o, più esattamente, il nucleo della sillaba. L accento italiano è intensivo, il nucleo della sillaba è cioè articolato con più forza (diversi i casi in cui l accentuazione è data dalla durata o dall altezza melodica = tono più acuto della voce). L italiano ha un accento mobile la cui posizione è impredicibile. Ha valore fonologico: rétina/retìna, àncora/ancóra, sùbito/subìto, ecc. Possiamo avere parole

10 ossitone o tronche, cantò, parossitone o piane, tàna proparossitone o sdrucciole, tàvolo bisdrucciole, dèlegano La maggioranza delle parole italiane è costituita da parole bisillabe con accento piano e tra queste predominano quelle la cui sillaba tonica è aperta. Il ritmo dunque prevalente in italiano è quello del trocheo: una sillaba lunga seguita da una breve Le parole composte hanno spesso un accento secondario: cassapanca Esistono alcuni monosillabi deboli che sono privi di accento e che si appoggiano all accento delle parole che le precedono o le seguono. Sono preposizioni, articoli e soprattutto i pronomi atoni come mi, ci, lo, ecc., denominati anche clitici. I clitici infatti si legano di solito al verbo che segue o che precede;; nel primo caso si parla di pròclisi e di pronomi proclitici: lo so;; mi sembra;; nel secondo casi si aprla di ènclisi e di pronomi enclitici: sentimi;; cavarsela. Fenomeni di fonosintassi Raddoppiamento Fonosintattico Nella comunicazione orale si produce il cosiddetto continuum fonico. Nel continuum fonico del parlato, talvolta una parola che termina per vocale allunga la consonante della parola che segue. La grafia non registra il fenomeno, tranne che in alcuni casi di parole univerbate, come soprattutto, appena, chicchessia, ecc. Il raddoppiamento fonosintattico si verifica nei seguenti casi: dopo una parola che termini per vocale accentata: comprò tutto;; non posso né voglio;; andò via;; perché tu e non lui;; dopo monosillabi forti come re, gru, tre, dì;; dopo bisillabi piani come dove, sopra, qualche, come;; dopo le forme seguenti: a, da, fra, tra, su, che, chi, se (congiunzione), e, o, ma. Si spiega storicamente come un caso di assimilazione regressiva: TRES CANES > tre ccani AD VENIRE > avvenire TERRA ET MARE > terra e mmare PLUS PANEM > più ppane

11 Elisione L elisione (dal lat. elisio «atto di rompere») consiste nella cancellazione di una vocale atona in fine di parola, quando questa sia seguita da una parola iniziante per vocale. Il fenomeno ha luogo quindi solo al confine di parola e fa parte della cosiddetta fonologia di giuntura o fonetica sintattica. La cancellazione della vocale atona finale serve a rendere più fluida l articolazione dei suoni ed evitare il formarsi di iati come accadrebbe in lo emporio, la avarizia, ecc. L eliminazione della vocale per elisione nella grafia è segnalata dall apostrofo: l amica, un altra, senz altro, ecc. Apocope L apocope (o troncamento) consiste nella caduta della vocale atona finale o della sillaba nell incontro con un altra parola che inizi perlopiù con consonante. Nell italiano contemporaneo l apocope sillabica sopravvive solo in gran, san, bel (gran caldo, san Gennaro, bel ragazzo) e nelle preposizioni articolate (del/dello, al/allo, ecc.). L apocope vocalica può essere obbligatoria in casi come: buon giorno, buon viaggio, signor Mario;; e facoltativa in casi quali: cuor mio, bicchier d'acqua, ancor più, ecc. Perché l apocope vocalica si verifichi - la vocale finale deve essere preceduta da l, r, n, m;; - deve essere vocale diversa da a, tranne che per i composti in -ora (suor Maria, ancor più, ecc.);; - le vocali finali -e, -i non devono indicare plurale;; - la parola non deve trovarsi in fine di frase. Si tratta, tuttavia, di un fenomeno impredicibile: secondo le regole precedenti, infatti, la sequenza car padre sarebbe ammessa, eppure non si produce. Attenzione: anche qual è è un apocope ed è per questo motivo che non si apostrofa (così come non si apostrofa qual era). La caduta della vocale in quale può infatti avvenire anche davanti a consonante (qual buon vento). Anche altre forme, come tal o buon, si comportano allo stesso modo e nella grafia non richiedono l apostrofo quando si trovino davanti a vocale (è un buon amico). La grafia qual'è si sta diffondendo, soprattutto nella scrittura giornalistica ma la regola grafica è ancora stabile. È diverso, invece, il caso di qual erano, dove si ha un elisione della i di quali che richiede l apostrofo.

12 Aferesi L aferesi consiste nella caduta di uno o più foni all inizio di parola. Oggi è un tratto caratteristico del parlato, soprattutto nei registri trascurati o informali, e nel parlato regionale o popolare. L aferesi riguarda più frequentemente la vocale atona iniziale delle parole, soprattutto negli articoli e quando precedono un nesso nasale + consonante: «come stai?» «nsomma»;; oggi non fatto n tubo;; t ho aspettato tutto l tempo. Si ha anche aferesi della sillaba iniziale;; nel parlato contemporaneo, sempre di registro informale, è frequente l aferesi sillabica del dimostrativo: Tutte ste storie m hanno scocciato. Il dimostrativo, nella forma aferetica, perde l accento e si comporta come un clitico, appoggiandosi all accento della parola che segue (enclitico): sempre sto chiasso tutte le sere!

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