INTRODUZIONE IPERALDOSTERONISMO PRIMARIO

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1 ABSTRACT L iperaldosteronismo primario (PA) è una patologia caratterizzata da ipertensione arteriosa e da una serie di complicanze che coinvolgono cuore, vasi, rene e metabolismo. I meccanismi patogenetici che sottendono la relazione tra PA e lo sviluppo delle sue complicanze non sono ancora noti e il tessuto adiposo potrebbe avere un ruolo chiave. Lo scopo del lavoro è stato: 1) valutare il rischio cardiovascolare (CVR) secondo le Linee Guida ESH-ESC su 102 pazienti affetti da PA alla diagnosi e dopo terapia, confrontandolo con 132 ipertesi essenziali (EH) di pari età, sesso e durata di malattia; 2) studiare l espressione di geni coinvolti nel metabolismo glico-lipidico e nell infiammazione nel tessuto adiposo omentale di pazienti con adenoma aldosterone secernente (APA) sottoposti a surrenectomia. Per lo studio clinico, oltre al grado di ipertensione, abbiamo valutato l assetto lipidico, la glicemia a digiuno e dopo carico, la circonferenza vita, la funzionalità renale, la familiarità, il fumo, le comordità ed eseguito ecocardiogramma e ecodoppler vasi epiaortici. Per lo studio molecolare abbiamo effettuato un'analisi microarray seguita poi da real time-pcr su adipe di 16 pazienti con APA e di 10 pazienti con adenoma surrenalico non-iperfunzionante, per quantificare l espressione di alcuni geni selezionati (esochinasi 1, IL-1R1, IL-6, colesterolo-25-idrossilasi, lipoprotein lipasi, omentina, visfatina). Il CVR è risultato essere più elevato nei PA rispetto agli EH per la presenza di più elevati valori pressori, maggiore prevalenza di iperglicemia, sindrome metabolica, abitudine tabagica e ipertrofia ventricolare sinistra. Dopo terapia, il CVR si è ridotto in entrambe le popolazioni ed è diventato sovrapponibile tra PA ed EH, nonostante i PA presentassero valori di pressione arteriosa più alti, grazie ad una riduzione di alcuni fattori di rischio ed una parziale regressione del danno d organo. E stata inoltre rilevata un aumentata espressione del gene dell interleuchina 6, una citochina proinfiammatoria coinvolta nello sviluppo di insulino-resistenza e di patologie vascolari, a livello del tessuto adiposo omentale di pazienti con APA, che potrebbe, almeno in parte, contribuire alla patogenesi della sindrome cardiometabolica e all elevato rischio cardiovascolare che caratterizza questi soggetti. 1

2 INTRODUZIONE IPERALDOSTERONISMO PRIMARIO L iperaldosteronismo primario (PA) rappresenta la forma più comune di ipertensione arteriosa endocrina e si caratterizza per una produzione surrenalica inappropriatamente elevata di aldosterone, svincolata dal sistema renina-angiotensina-aldosterone. Tale ipersecrezione di aldosterone determina ipertensione arteriosa, ritenzione di sodio, soppressione della renina plasmatica, escrezione di potassio, in alcuni casi ipokaliemia e una serie di potenziali complicanze a livello cardiaco, vascolare, metabolico e renale (1). 1. PREVALENZA Seppure rimane ancora aperto il dibattito su quale sia la reale prevalenza di tale patologia come dimostrato dai numerosi articoli pubblicati a riguardo (2-6), l iperaldosteronismo primario rappresenta la forma più comune di ipertensione arteriosa secondaria con una prevalenza variabile dal 5 al 20% a seconda delle casistiche considerate (7-10). In passato si riteneva che costituisse meno dell 1% delle forme di ipertensione arteriosa ma l introduzione del rapporto aldosterone/attività reninica plasmatica come test di screening da parte di Hiramatsu ha consentito di porre diagnosi di iperaldosteronismo primario anche in pazienti normokaliemici e con livelli di aldosterone nei limiti di norma ma inappropriati rispetto ai valori di renina, modificando radicalmente i precedenti dati di prevalenza (11). Nel 2006 è stato pubblicato il primo ampio studio prospettico multicentrico disegnato con la finalità di definire la prevalenza di tale patologia, il Primary Aldosteronism Prevalence in Hypertensives (PAPY) study. Lo studio è stato condotto in Italia su 1125 ipertesi di nuova diagnosi afferenti in centri specialistici per l ipertensione arteriosa e ha evidenziato una prevalenza di 11,2% (10). In questa casistica, ma il dato si conferma anche in altri studi (12), la proporzione di pazienti con PA incrementa significativamente all aumentare della gravità dell ipertensione (Fig. 1). Inoltre, questo studio conferma che l ipokaliemia non rappresenta una condizione sine qua non per la diagnosi, infatti, la percentuale di ipokaliemia nei pazienti con PA è risultata ridotta, pari al 48% negli adenomi producenti aldosterone (APA) e al 17% nell iperaldosteronismo idiopatico (IHA) come mostrato in Fig.2. 2

3 Fig.1 Prevalenza di APA, IHA e PH nei diversi gradi di ipertensione (PH=ipertensione essenziale) Fig. 2 Percentuale di pazienti con ipokaliemia negli ipertesi essenziali, negli APA e negli IHA Una recentissima review della letteratura corrente pubblicata online a dicembre 2011 su Hormone and Metabolic Research (13) conferma un elevata prevalenza di PA nei pazienti afferenti nei centri specialistici, pari al 9,5%. Considerando invece, i pochi dati provenienti dalla primary care, la prevalenza sembrerebbe essere più bassa 4,3%. 2. CLASSIFICAZIONE L iperaldosteronismo primario viene classificato in diversi sottotipi: 1. Iperplasia surrenalica bilaterale a) micronodulare b) macronodulare 2. Adenoma producente aldosterone 3

4 3. Iperplasia surrenalica primaria unilaterale 4. Carcinoma surrenalico producente aldosterone 5. Iperaldosteronismo familiare tipo I (FH-I) 6. Iperaldosteronismo familiare tipo II (FH-II) 7. Iperaldosteronismo familiare tipo III (FH-III) 8. Carcinoma o adenoma ectopico producente aldosterone La prevalenza dei vari sottotipi e la stessa classificazione subisce continue modificazioni legate sia alle metodiche diagnostiche che si sono succedute nel tempo ed alla selezione dei pazienti da sottoporre a screening sia alle sempre maggiori conoscenze nell ambito delle forme familiari. Le forme più frequenti sono l adenoma secernente aldosterone (APA) e l iperplasia surrenalica bilaterale o iperaldosteronismo idiopatico (IHA). Anche in questo caso la percentuale varia a seconda delle indagini utilizzate nella diagnosi di sottotipo. Nello studio PAPY è stato infatti dimostrato come l impiego del cateterismo delle vene surrenali ne inverta completamente la prevalenza (10). Ad oggi poco si conosce circa la patogenesi molecolare o genetica dell adenoma anche se importanti scoperte sono state effettuate negli ultimi anni. Tra i possibili geni coinvolti ricordiamo il gene CYP11B2 (14), l HERG nella variante 897T (15); mutazioni al cromosoma 11q13 potrebbero interessare geni coinvolti nell origine degli APA (16) così come l iperespressione dell IGF2, le alterazioni del locus 11p15, le mutazioni del gene TP53, l attivazione della via della Wnt beta catenina (17). Rossi e colleghi (18) analizzando il profilo di espressione genetica di un gruppo di APA hanno riscontrato due diversi sottogruppi: uno presentava una sovra espressione di CYP11B2, CAMK-1, 11-betaidrossilasi, 3-beta-idrossisteroido deidrogenasi e 21idrossilasi e ridotta espressione di CAMK-IIB e l altro con un profilo opposto. Il gruppo con ridotta CYP11B2 era caratterizzato da una maggiore durata di ipertensione e ridotto tasso di cura. Ma riguardo la genetica, i dati più interessanti e innovativi sono quelli pubblicati da Choi e colleghi su Science nel 2011 (19). 4

5 E noto che nelle cellule glomerulari surrenali normali, il potenziale di membrana è strettamente controllato dall attività dei canali del potassio (K+). Le cellule hanno un elevata conduttanza a riposo per il K+ che induce un potenziale di membrana altamente negativo per cui la cellula è iperpolarizzata (Fig. 3 A). In presenza di angiotensina II (AngII) o di un aumento del K+ extracellulare, i canali del K+ si chiudono, la membrana si depolarizza, si attivano i canali del Ca2+ voltaggio dipendenti e il conseguente incremento del Ca2+ intracellulare aumenta l espressione degli enzimi coinvolti nella biosintesi dell aldosterone e attiva il segnale per l aumentata proliferazione cellulare (Fig.3 B). Choi et al. hanno dimostrato per la prima volta in APA umani, due mutazioni somatiche ricorrenti del gene KCNJ5 che alterano la selettività del canale del K+ della cellula glomerulare surrenale. Ben il 40% degli APA analizzati mostrava almeno una delle due mutazioni identificate (L168R e G151R). Studi elettrofisiologici hanno dimostrato che i canali con mutazione KCNJ5 conducono sodio (Na+) piuttosto che K+ determinando un aumentato anomalo ingresso di Na+ all interno della cellula con conseguente depolarizzazione cronica della membrana, responsabile di una costitutiva ipersecrezione di aldosterone e della proliferazione cellulare autonoma delle cellule della glomerulosa (Fig.3 C). Fig. 3 Meccanismi molecolari alla base dell iperaldosteronismo Mendeliano e non. Le forme familiari di iperaldosteronismo sono senza dubbio più rare ma in base ai più recenti studi sono probabilmente sottostimate (20), per questo le stesse linee-guida dell'endocrine Society (21) suggeriscono di sottoporre a screening tutti i familiari ipertesi dei pazienti con PA. 5

6 Tre sono le forme di iperaldosteronismo familiare descritte: tipo I (FH-I), tipo II (FH-II) e tipo III (FH-III). La forma di FH-1, nota con l acronimo GRA (glucocorticoid remediable aldosteronism) è la forma più frequente di ipertensione monogenica e viene trasmessa con modalità autosomica dominante. Le manifestazioni cliniche sono estremamente variabili, da gravi quadri di ipertensione ad insorgenza in età infantile sino ad un quadro di normotensione in età adulta (22) ma spesso le famiglie con FH-1 presentano una maggiore morbidità e mortalità per eventi cerebrovascolari, in particolare per stroke emorragico e per rottura di aneurismi intracranici (23,24). Il difetto genetico alla base del GRA è la formazione di un gene chimerico risultato di una ricombinazione tra il gene dell aldosterone sintetasi (Cyp11B2) e della steroido 11βidrossilasi (Cyp11B1), geni localizzati nel cr. 8, adiacenti ed omologhi al 95% (25). Questo determina una fusione della sequenza regolatoria della 11β-idrossilasi alla sequenza codificante dell attività enzimatica dell aldosterone sintetasi. L attività dell aldosterone sintetasi, che catalizza l ossidazione del C-18 dei nuclei steroidei e che normalmente è confinata alla zona surrenalica glomerulosa, viene espressa nella zona fasciculata ed diventa sotto controllo non più del sistema RAAS ma dell ACTH. Per tale motivo, il trattamento farmacologico mirato del GRA si basa sull utilizzo di glucocorticoidi a basso dosaggio (desametazone, prednisone o l idrocortisone) (26). Dal punto di vista biochimico, i pazienti con FH-1 presentano elevati livelli di steroidi ibridi (18 OH- e 18 oxo-cortisolo), soppressione della renina e livelli di aldosterone soppressi dopo test di soppressione con desametasone ma per la diagnosi è necessaria l evidenza mediante long-range PCR del gene chimerico (27). Oltre alla forma classica appena descritta, è stato appena pubblicato (gennaio 2012) dal gruppo di Fardella un lavoro (28) che descrive in un ampia famiglia sudamericana una nuova presentazione del gene chimerico CYP11B1/CYP11B2 caratterizzata da un pattern di segregazione genica atipica e da lati livelli di 18idrossicortisolo ma da una bassa prevalenza di iperaldosteronismo. In particolare, la maggior parte dei pazienti pediatrici presentavano un iperaldosteronismo mentre la maggior parte dei soggetti mutati adulti presentavano normali livelli dia aldosterone e renina. La FH-II è una forma familiare di PA non sopprimibile con glucocorticoidi, fenotipicamente indistinguibile dal PA sporadico. Le basi molecolari di questa forma non sono al momento note sebbene è stato identificato un linkage con la regione cromosomica 7p22 in alcune ma non in tutte le famiglie con FH-II. Nel 2000, è stato 6

7 descritto per la prima volta in un ampia famiglia australiana (29), in seguito identici aplotipi del 7p22 di questa famiglia sono stati descritti in una seconda famiglia australiana e in una del Sud America (30) e ll inizio del 2008 anche in due famiglie italiane con FH-II (31). La forma di FH-III è stata descritta per la prima volta nel 2008 Lifton, Geller e colleghi (32) in una famiglia con una severa forma di ipertensione arteriosa ad insorgenza precoce non responsiva ai glucocorticoidi, elevati livelli steroidi ibridi (18-oxocortisolo e 18-OHcortisolo) che paradossalmente aumentavano dopo steroidi e severa iperplasia surrenalica. La causa genetica del FH-III è stata identificata nel 2011 (19). In questo caso però, nonostante la mutazione risultava a carico del gene KCNJ5 dei canali del potassio come descritta negli adenomi sporadici, la mutazione descritta da Choi e colleghi risultava diversa (T158A). Un recentissimo studio europeo mirato alla ricerca di mutazioni KCNJ5 in famiglie con FH non GRA (33) ha permesso di identificare una nuova mutazione germinale (G151E) in 2 soggetti con PA provenienti da una famiglia italiana e 3 mutazioni somatiche in APA (T158A) precedentemente descritta come mutazione germinale associata a FH-III e G151R e L168R, entrambe descritte come mutazioni somatiche in APA. Il fenotipo della famiglia con mutazione G151E era molto più modesto di quelle della famiglia americana precedentemente descritta sia in termini clinici che biochimici. I pazienti con mutazioni somatiche KCNJ5 mostravano un fenotipo indistinguibile dalle forme sporadiche di APA. 7

8 3. ITER DIAGNOSTICO 3.1 Chi sottoporre a screening? Le ultime linee guida dell Endocrine Society per la diagnosi e il trattamento dei pazienti con iperaldosteronismo primario (21), in accordo con gran parte della letteratura raccomandano la ricerca dell iperaldosteronismo nelle categorie di pazienti con relativamente elevata prevalenza di PA: Ipertensione di stadio 2 (> / mmhg) e stadio 4 (>180/110 mmhg) secondo Joint National Commission Ipertensione resistente Ipertensione e ipokaliemia spontanea o indotta da diuretici Ipertensione con incidentaloma surrenalico Ipertensione e storia familiare di ipertensione ad insorgenza precoce o accidenti cerebrovascolari in età giovane (<40 anni) Alcuni ricercatori e le stesse linee guida giapponesi per la diagnosi e terapia del PA (34) suggeriscono che lo screening venga esteso a tutti gli ipertesi di nuova diagnosi. Tale approccio pur avendo un suo razionale data la relativa elevata prevalenza della patologia negli ipertesi richiederebbe un notevole incremento della spesa sanitaria. Altri, considerando il link tra PA e sindrome metabolica, diabete, sleep apnea ostruttiva e più elevati tassi di eventi cardio- e cerebrovascolari, propongono di estendere lo screening anche anche ad altre popolazioni che verosimilmente presentano un elevata prevalenza di PA (35). 3.2 Test di screening Il rapporto attività reninica plasmatica/aldosterone rappresenta il miglior test di screening nel sospetto di iperaldosteronismo primario (21, 36). Per ottenere una buona sensibilità tale misurazione necessita di specifiche condizioni: il prelievo deve essere effettuato al mattino, deve essere prima corretta l eventuale ipokaliemia, il paziente deve essere in ortostatismo da almeno due ore, consumare una dieta senza restrizione di sodio e deve sospendere almeno 2-6 settimane prima le terapie che possa interferire con il dosaggio (21, 36-39). Nella tabella sottostante sono riportati gli effetti di farmaci e 8

9 diverse condizioni cliniche sul dosaggio di aldosterone, attività plasmatica reninica e sul loro rapporto. Tab.1 Fattori che influenzano dosaggio ARR con possibili falsi + e - Fattori Effetti su Aldo Effetti su PRA Effetti su ARR Farmaci Β bloccanti Agonisti centrali α2 FANS Diuretici disperdenti K+ Diuretici risparmiatori K+ ACE inibitori ARBs Ca+ antagonisti Inibitori della renina (FP) (FP) (FP) (FN) (FN) (FN) (FN) (FP) (FN) Livelli di potassio Ipokaliemia Infusione di potassio (FN) (FP) Introito salino Restrizione di sodio Infusione di sodio Età avanzata (FN) (FP) (FP) Altre condizioni Insufficienza renale Pseudoipoaldosteronismo tipo 2 Gravidanza Ipertensione nefrovascolare Ipertensione maligna (FP) (FP) (FN) (FN) (FN) 9

10 Farmaci antiipertensivi che hanno un effetto minimo su ARR che quindi possono essere somministrati durante lo screening sono gli α bloccanti (doxazosina, prazosina e terazosina), i calcio antagonisti non diidropiridinici (verapamil) e l idralazina. Non vi è invece accordo su quale sia il cut off con maggiore sensibilità, per cui i dati presenti in letteratura sono molto disomogenei (range tra 20 e 100) ma i principali gruppi utilizzano valori compresi tra 20 e 40 (21,10,39,40). Mancano inoltre protocolli diagnostici standardizzati e uniformemente condivisi per il dosaggio di ARR, in particolare per la PRA. Negli ultimi anni, data la maggiore diffusione e il costo minore, si sta diffondendo l uso della renina attiva diretta in sostituzione della PRA. Seppure l esperienza è ancora limitata, una recente analisi in un numeroso sottogruppo di pazienti dello studio PAPY (41) ha confermato che il rapporto aldosterone/renina valutato mediante dosaggio della renina diretta rappresenta una valida alternativa, non differendo in maniera significativa dall accuratezza diagnostica assicurata dal dosaggio della PRA, in accordo con piccoli precedenti studi (42, 43). Va ricordato che alcuni gruppi richiedono in aggiunta ad un elevato ARR, aumentati livelli di aldosterone (in genere >15 ng/dl), ma in contrasto con questa indicazione, diversi studi hanno descritto livelli di aldosterone al di sotto di questi valori in pazienti con diagnosi confermata di iperaldosteronismo primario. 3.3 Test di conferma Tutti i pazienti che presentano ARR positivo devono poi essere sottoposti ad un test di conferma. La letteratura corrente non ha ancora identificato in maniera chiara quale test rappresenti il gold standard per cui le linee guida dell Endocrine Society (21) lasciano aperta la possibilità di utilizzare uno dei seguenti 4 test: carico salino orale, infusione salina endovenosa, test di soppressione con fludrocortisone e il test al captopril. Il carico salino intravenoso consiste nell infusione di 2l di soluzione di cloruro di sodio allo 0.9% per 4h al termine del quale viene dosato l aldosterone: livelli maggiori di 5ng/dl sono diagnostici di PA. Livelli inferiori a 5ng/dl escludono la presenza di IP, valori superiori a 10 ng/dl consentono una diagnosi certa, livelli tra 5 e 10 ng/dl rappresentano una zona di grigio per cui la diagnosi dipende dal centro di riferimento (21, 39, 44); nella nostra clinica utilizziamo come cut-off per la diagnosi 7 ng/ml (39). 10

11 Il carico salino orale si effettua facendo ingerire al paziente almeno 300 mmol di sodio per 3 giorni: durante l ultimo giorno viene effettuata la raccolta delle urine delle 24 h per misurare l escrezione di sodio e di aldosterone. Il test si considera positivo se l escrezione urinaria di aldosterone supera i 12 µg/dl con una concentrazione sodica superiore a 200 mmol nelle urine delle 24 h. Si raccomanda uno stretto monitoraggio stretto della kaliemia dato che una dieta ricca di sale può aumentare di molto la escrezione di potassio (21). Il test di soppressione con fludrocortisone si effettua somministrando per quattro giorni fludrocortisone (0.1 mg ogni 6 ore) con supplementi di KCl e NaCl. Il quarto giorno alle ore 7 si effettua prelievo per cortisolo, alle ore 10 per aldosterone plasmatico, PRA e cortisolo: se i livelli di aldosterone sono maggiori di 6 ng/dl con una PRA minore di 1.0 ng/ml/h, livelli di K+ normali e il valore del cortisolo dosato alle ore 10 del mattino è inferiore o uguale a quello delle ore 7 allora il test si considera positivo (21, 45, 46). Tale esame mostra una buona sensibilità e specificità ma è particolarmente complesso. Il test al captopril consiste nella somministrazione di mg di captopril e successiva misurazione a 1-2 ore di PRA, aldosterone e cortisolo. L aldosterone plasmatico viene normalmente soppresso dall ACE inibitore (>30%), se rimane elevato (in genere si utilizza > 30 ng/dl) è possibile porre diagnosi di iperaldosteronismo primario. Va però ricordato che questo test può avere falsi positivi e negativi, in particolare negli IHA dove in alcuni casi l aldosterone potrebbe ridursi dopo captopril (21, 39, 47-49). Tale esame trova indicazione soprattutto nei pazienti con insufficienza cardiaca e renale dove un sovraccarico di sale potrebbe comportare elevati rischi per il paziente (38). Nel nostro centro, considerando la fattibilità del test e analizzando le curve ROC in riferimento ai nostri pazienti, come test di conferma viene utilizzato il carico salino endovenoso e viene posta diagnosi di iperaldosteronismo primario se l aldosterone è superiore a 7 ng/dl (39) 3.4 Diagnosi di sottotipo Una volta posta diagnosi di iperaldosteronismo primario, è fondamentale identificarne il sottotipo dato che l approccio terapeutico è differente nelle diverse forme. 11

12 Tutti i pazienti devono essere sottoposti ad un esame di tipo morfologico e le linee guida raccomandano l utilizzo della TC, possibilmente ad alta risoluzione e a strato sottile (2-3 mm), la RMN infatti non offre vantaggi, è più costosa e ha una risoluzione spaziale inferiore alla TC (21). Anche la TC presenta però delle limitazioni: non è sufficientemente sensibile per identificare eventuali microadenomi e non consente in caso di riscontro di un nodulo una distinzione di tipo funzionale tra APA, incidentaloma e iperplasia macronodulare. Numerosi studi hanno infatti dimostrato che l impiego del solo esame morfologico nella diagnostica differenziale comporta un elevata percentuale di errori diagnostici e di conseguenza errate indicazioni terapeutiche, con il rischio di inviare pazienti ad interventi chirurgici inutili o viceversa alla terapia medica a vita mentre sarebbero potenzialmente guaribili con una surrenectomia (50-53). Per tali ragioni, il cateterismo delle vene surrenaliche (AVS) costituisce l indagine gold standard nella diagnosi di sottotipo con una sensibilità pari al 95% e una specificità del 100%. L esame consiste nel prelievo selettivo a livello delle vene surrenaliche per cortisolo e aldosterone. Tali valori vengono poi confrontati con i dati rilevati a livello delle vena cava inferiore (IVC) per verificare l effettivo incannulamento surrenalico e per valutare la presenza di un ipersecrezione di aldosterone mono o bilaterale. La metodica è tecnicamente difficile per ragioni di tipo morfologico, in particolare a destra dove la vena è più piccola e corta, presenta più frequentemente varianti anatomiche e sbocca direttamente nella IVC (Fig.4), ma il tasso di successo dell esame migliora progressivamente con l aumentare dell esperienza del radiologo interventista (51, 52,54). Per semplificare tale procedura, è stato proposto il dosaggio del cortisolo nel corso dello stesso sampling per poter verificare la selettività del prelievo ed eventualmente ripetere il campionamento. Questa metodica sembra consentire un aumento del tasso di successo dell AVS (55,56) Fig. 4 Vascolarizzazione surrenalica Surrene destro Surrene sinistro VCI Vena surrenalica destra Vena surrenalica sinistra Vena renale destra 12 Vena renale sinistra

13 Non esiste al momento un protocollo standard per eseguire l AVS. A seconda dei centri l esame può essere effettuato in maniera sequenziale, simultanea con o senza stimolo con CRH, in infusione continua o somministrata con bolo. Alcuni gruppi utilizzano la stimolazione con la corticotropina per minimizzare le fluttuazione stress indotte durante AVS sequenziale, per massimizzare il gradiente del cortisolo vena surrenalica-ivc e la secrezione di aldosterone da parte degli APA (51, 57). Alcuni gruppi hanno però dimostrato un mancato miglioramento diagnostico con la somministrazione di CRH, anzi in alcuni casi potrebbe essere un fattore confondente perché l ormone potrebbe stimolare la ghiandola non adenomatosa maggiormente di quella con APA (58). Va ricordato che non si utilizza la stimolazione, l esame deve essere effettuato al mattino tra le 8 e le 11 per minimizzare il ritmo circadiano degli steroidi. Molto dibattuta è anche la questione dei cut-off sia per quanto riguardo la verifica dell effettivo incannulamento delle vene surrenali che la lateralizzazione della secrezione. Se il catetere è correttamente posizionato in vena surrenalica il rapporto cortisolo della vena surrenalica risulta maggiore del cortisolo misurato in IVC con cut off che variano a seconda della metodologia e del centro. I valori minimi variano da >1.1 inizialmente proposto dal gruppo di Rossi (59) ma considerato ormai dalla maggior parte troppo permissivo, a >2 (7) fino a >4 utilizzato dalla Mayo Clinic dopo CRH (51). Per la diagnosi di lateralizzazione si utilizza il rapporto tra i due lati dei livelli di aldosterone corretti per il cortisolo (aldosterone/cortisolodi un lato / aldosterone/cortisolo dell altro lato). In questo caso il valore soglia per definire una secrezione monolaterale varia da 2 a 5 (7, 50, 51, 59). Confrontando i diversi criteri utilizzati è evidente che criteri più permissivi consentono un maggior tasso di successo dell AVS in termini di incannulamento ma spesso determinano diagnosi non corrette per tale motivo andrebbero utilizzati i criteri più restrittivi o almeno i cosidetti criteri intermedi (60). Nonostante la difficoltà e le ancora controverse tecniche di procedura, il cateterismo venoso surrenalico andrebbe eseguito in tutti i pazienti con PA per definirne il sottotipo, a meno che non ci sia una controindicazione all intervento chirurgico o una mancata volontà da parte del soggetto perché in questi casi la terapia è comunque di tipo medico. La scintigrafia con 131 Iodio colesterolo consente uno studio funzionale delle ghiandole surrenali che ma è attualmente poco utilizzata nella diagnostica del PA perché la sua 13

14 sensibilità dipende dalla grandezza della massa surrenalica e l uptake del tracciante è scarso per adenomi inferiore al centimetro (61). Recentemente è stato proposto da un gruppo inglese in alternativa all AVS un nuovo esame strumentale: la 11 C-Metomidate Positron Emission Tomography (PET)-TC che in una casistica di 39 pazienti con APA e 5 adenomi non ipersecernenti ha dimostrata una sensibilità e specificità paragonabile a quella del cateterismo selettivo surrenalico (62). Un altro esame proposto nella diagnosi di sottotipo del PA è il dosaggio del 18- idrossicorticosterone (s18ohb) e dei cosidetti steroidi ibridi : il 18-idrossicortisolo (18OHF) e il 18-oxocortisolo (18oxoF). Il s18ohb è un precursore intermedio nella sintesi dell aldosterone con bassa affinità per il recettore dei mineralocorticoidi, che origina dalla conversione del corticosterone. Gli steroidi ibridi hanno caratteristiche strutturali sia del cortisolo che dell aldosterone e sono entrambi prodotti dall aldosterone sintetasi a partire dall 11-deossicortisolo e il 18OHF anche dalla 11βidrossilasi. Elevati livelli di 18OHB sono stati descritti negli APA (63) e più alte concentrazioni sieriche di 18OHF sono state rilevate nei pazienti con PA rispetto ai pazienti con ipertensione essenziale o i normali (64). L utilità della valutazione di questi ormoni è stata confermata da uno studio appena pubblicato online sul JCEM (65). In particolare il dosaggio del 18OHF urinario si è dimostrato il parametro più vantaggioso nella diagnosi differenziale tra APA e IHA. Seppure esiste un area grigia in cui è indispensabile proseguire con i test di conferma e successivo AVS; in pazienti con ARR>40, valori bassi di 18OHF urinario (gli autori suggeriscono <130 µg/die) escludono la presenza di APA senza necessità di ulteriori esami, mentre livelli elevati (valore suggerito <150 µg/die) sono fortemente indicativi di APA per cui senza ulteriori esami ormonali, se questi dati venissero confermati si potrebbero evitare ulteriori test ormonali e procedere direttamente con valutazione morfologico ed eventualmente AVS. Indipendentemente dalla diagnosi di sottotipo, nei pazienti con PA diagnosticato prima dei 20 anni di età e in coloro che hanno una storia familiare di iperaldosteronismo primario o eventi cerebrovascolari in età giovane, viene suggerita un test di tipi genetico per escludere una forma familiare di PA (21). 14

15 Fig. 5 Algoritmo per lo screening, conferma, diagnosi di sottotipo e terapia del PA ( modificato da 23) Pazienti con elevato rischi di PA PA improbabile - Utilizzare ARR come test di screening + + PA improbabile - Effettuare un test di conferma (carico salino endovenoso o orale o test fludrocortisone o al captopril) TC surrenalica Chirurgia non desiderata Chirurgia desiderata AVS Bilaterale Unilaterale Terapia medica con antagonisti del MR Surrenectomia laparoscopica 15

16 4. COMPLICANZE DELL IPERALDOSTERONISMO PRIMARIO In passato l iperaldosteronismo primario veniva considerato una forma benigna di ipertensione arteriosa con alterazioni legate unicamente al rialzo pressorio e alla ritenzione idrosalina. Recentemente invece una notevole mole di lavori sperimentali e clinici ha dimostrato che questa patologia si accompagna ad una serie di complicanze a livello cardiaco, vascolare, renale e metabolico (1). Fig. 6 Effetti sistemici dell aldosterone (Sowers JR et al. Ann Intern Med 2009;2;150(11):776-83) La maggior parte degli effetti deleteri dell aldosterone sono mediati dal recettore dei mineralocorticoidi responsabile degli effetti genomici di questo ormone ma è stato dimostrato che nella genesi delle complicanze intervengono anche vie non genomiche in parte mediate dall attivazione del MR in parte indipendenti da esso, come rappresentato in figura. 16

17 Fig. 7 Effetti genomici e non genomici dell aldosterone 4.1 COMPLICANZE CARDIOVASCOLARI Una possibile correlazione tra aldosterone e patologie cardiovascolari è stata riportata fin dai primi anni novanta. Il Cooperative North Scandinavian Enalapril Study (CONSENSUS) ha rilevato una correlazione tra livelli di aldosterone plasmatico e tasso di mortalità in pazienti con scompenso cardiaco congestizio (66). Duprez e colleghi hanno descritto una significativa correlazione tra aldosterone massa ventricolare sinistra in pazienti ipertesi non trattati, lievi-moderati (67). Studi clinici recenti hanno inoltre dimostrato che, indipendentemente dai livelli di aldosterone, l impiego di farmaci antagonisti del MR consentono una protezione cardiaca. Nello studio RALES (Randomized Aldactone Evaluation Study), lo spironolattone aggiunto alla terapia convenzionale riduce la mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco (68). Nello studio EPHESUS (Eplerenon Post-Acute Myocardial Infarction Heart Failure Efficacy and Survival Study) l eplerenone riduce il tasso di mortalità in pazienti con insufficienza cardiaca dopo infarto del miocardio (69). Infine nello studio 4E l aggiunta di eplerenone all enalapril risultava maggiormente efficace nel far regredire l ipertrofia ventricolare sinistra (70). Numerosi studi dimostrano che anche nell iperaldosteronismo primario tale ormone oltre a determinare ipertensione arteriosa, aumento del volume plasmatico e ritenzione di sodio, contribuisce in maniera diretta nella genesi del danno cardiovascolare (71, 72). 17

18 I meccanismi ipotizzati sono molteplici e le conseguenze a livello clinico includono sia alterazioni di tipo anatomico (ipertrofia, fibrosi e infiammazione) sia di tipo funzionale (disfunzione diastolica e sistolica e aritmie) che si traducono in un aumentato tasso di eventi cardio-cerebrovascolari. Ipertrofia cardiaca E ormai noto che pazienti con iperaldosteronismo primario presentano indici di massa cardiaca più elevati rispetto a pazienti con ipertensione essenziale a parità di livelli di pressione arteriosa (73, 74) ed anche in assenza di ipertrofia ventricolare vera e propria la massa ventricolare sinistra risulta inappropriata (75) a conferma di un azione specifica dell ormone aldilà dei suoi effetti emodinamici. A sostegno di questa tesi vi sono numerosi lavori sperimentali. A livello cardiaco è stata evidenziata la presenza sia di MR che di 11βHSD2 nell uomo per cui l aldosterone potrebbe svolgere la sua azione a questo livello anche con meccanismi genomici (76). In modelli animali, l esposizione di cardiomiociti all ormone determina un aumento della corrente del calcio che viene inibito dallo spironolattone ad indicare che questo meccanismo richiede una sintesi proteica e che è mediato dai recettori dei mineralcorticoidi (77). L aumento del calcio intracellulare potrebbe causare ipertrofia cardiaca attraverso un iper-espressione della calcineurina, una fosfatasi proteica calcio/calmodulina dipendente, che defosforila il fattore di trascrizione NFAT3 (nuclear factor of activated T cells 3) un fattore nucleare che, interagendo con GATA4, un altro fattore di trascrizione, attiva la trascrizione di geni che sono normalmente richiesti per la crescita del cuore fetale. L aldosterone inoltre, sembra incrementare l mrna e l attività della calcineurina, la cui inibizione invece, sembra prevenire l ipertrofia cardiaca (78). Va ricordato inoltre che esistono sempre più dati a conferma di uno stretto link tra eccesso di aldosterone e dieta ad alto contenuto di sodio nella patogenesi del danno d organo. Nei vari studi presenti in letteratura l associazione tra livelli di aldosterone e LVMI così come tra eccesso di sale e LVMI non sempre è stata rilevata. Diversi studi sperimentali su animali hanno dimostrato fin dagli anni 90 che solo in presenza di una dieta ipersodica l aldosterone è in grado di determinare i suoi effetti deleteri (79-81). Nell uomo, nei pazienti ipertesi è stata evidenziata una correlazione tra proteinuria e introito di sodio solo in pazienti con eccesso di aldosterone e non nei soggetti con livelli di aldosterone normale, a parità di valori pressori (82). Inoltre, du Cailar e colleghi in un gruppo di ipertesi hanno rilevato che la LVMI progressivamente aumentava 18

19 all aumentare dell escrezione urinaria di sodio ma solo nei pazienti con elevati livelli di aldosterone (83). Analogamente lo studio recentemente pubblicato dal gruppo di Stowasser mostra che solo nei pazienti affetti da iperaldosteroniso primario e non negli ipertesi essenziali, l escrezione urinaria di sodio è correlata in maniera indipendente con la massa ventricolare sinistra e gli spessori di parete (84). Se questi studi dovessero essere confermati, una dieta a basso contenuto di sodio potrebbe contribuire nei pazienti con PA a ridurre il rischio cardiovascolare e viceversa pazienti ipertesi con livelli di aldosterone tendenzialmente elavati come per esempio negli obesi o con eccessivo introito di sodio potrebbero beneficiare di una terapia precoce con antagonista del recettore dei mineralocorticoidi (85). Fibrosi miocardica La fibrosi miocardica costituisce una delle conseguenze più importanti dell azione dell aldosterone a livello cardiaco, interessa entrambi i ventricoli, gli atri e l avventizia dell arteria polmonare (86, 87), a differenza della fibrosi indotta dall ipertensione arteriosa essenziale, che riguarda unicamente il ventricolo sinistro. Il pattern di fibrosi è sia di tipo reattivo, e in questo caso coinvolge gli spazi perivascolari o interstiziali, sia di tipo riparativo, come risposta tissutale alla necrosi dei cardiomiociti. L accumulo di matrice extracellulare e la conseguente fibrosi dipende dall equilibrio tra sintesi e degradazione delle molecole di matrice quali collagene e proteoglicani. In modelli sperimentali, infondendo aldosterone, si assiste ad una aumentata proliferazione dei fibroblasti, che costituiscono le cellule non miocitiche maggiormente rappresentate nel cuore (più del 90%), e ad un incremento di produzione di collagene (88). Negli animali l infusione di aldosterone, associata ad un elevato introito di sale, determina un aumento intracardiaco dei livelli di mrna del procollagene di tipo I e III (89), con conseguente aumento della sintesi di questi tipi di collagene, deposizione di matrice extracellulare e sviluppo di fibrosi cardiaca. In modelli animali, la somministrazione di antagonisti dei recettori dei mineralcorticoidi (MR) e in grado di prevenire la fibrosi miocardica (90), anche in assenza di effetti sui valori pressori, a dimostrazione quindi dell importanza dell azione umorale e non emodinamica svolta dall aldosterone. Molti sono i mediatori intracellulari studiati e potenzialmente implicati della patogenesi: l attivazione della Kirsten Ras (Ki-Ras) e dei suoi effettori (la cascata MAPK1/2), inibiti dallo spironolattone, ma non dagli antagonisti dei glucocorticoidi 19

20 (90), il potassio, il calcio, l endotelina (91), la bradichinina (92) e una possibile interazione aldosterone-angiotensina II. (74). Danno vascolare Studi animali in vivo ed in colture cellulari in vitro hanno dimostrato che l aldosterone e/o l attivazione del MR determina stress ossidativo ed infiammazione a livello vascolare (93-95). Modelli sperimentali dimostrano come l ecceso di aldosterone, associato ad un elevato introito salino, sia in grado di favorire l adesione dei leucociti alle cellule endoteliali (96, 97) e indurre severe lesioni infiammatorie, caratterizzate da infiltrato di monociti e macrofagi sia a livello coronarico dove comportano modificazioni ischemiche e necrotiche focali (98) sia a livello renale e in generale perivascolare (99). Oltre all infiltrato leucocitario l aldosterone determina un incremento dell espressione di osteopontina, MCP-1, IL-6, IL-1β, fattori che poi stimolano l espressione di fattori profibrotici quali il PAI-1 e TGFβ, attraverso meccanismo MR dipendente. Inoltre, il trattamento cronico con aldosterone e sale aumenta l espressione della NADPH ossidasi (95, 96, 99), enzima che catalizza la formazione dell anione superossido il quale poi reagisce con l ossido nitrico per formare il perossinitrito. I radicali dell ossigeno che ne derivano alimentano il processo infiammatorio e, ossidando le lipoproteine LDL, contribuiscono alla genesi del danno endoteliale e aterosclerosi ( ). Fig. 8 Meccanismi di induzione di infiammazione e di fibrosi da parte dell aldosterone (Ref. 95) 20

21 In definitiva tutti questi effetti sono mediati da azioni genomiche e non genomiche. Gli effetti genomici includono: aumento della sintesi proteica, infiammazione e fibrosi. Effetti non genomici sui vasi includono: incremento della fosforilzione della tirosina, attivazione dell inositolo fosfato, aumento dello scambio sodio/idrogeno e alcalinizzazione delle cellule muscolari lisce vasali. Alcuni di tali effetti sono parzialmente mediati dall attivazione dell enzima 11βidrossisteroido deidrogenasi di tipo 2 (103), mentre altri effetti sono mediati dall interazione dell aldosterone con fattori di crescita come ad esempio l Angiotensina II (104). Recenti studi sperimentali hanno dimostrato infatti, non soltanto la capacità di produrre aldosterone da parte delle cellule endoteliali, ma anche la presenza di MR e di canali epiteliali del sodio a questo livello (103). Riguardo però l espressione genica delle cellule progenitrici endoteliali indotta dall eccesso di aldosterone esistono dati contrastanti (105, 106). Nel loro insieme, a livello sistemico, il risultato delle modificazioni vasali consiste in un incremento delle resistenze periferiche ed in un aumentato rischio di aterosclerosi e trombosi. Clinicamente, nei pazienti con iperaldosteronismo primario rispetto ai pazienti con ipertensione arteriosa essenziale, maggiori risultano lo spessore mio-intimale, il rapporto tunica media/lume e il segnale backscatter, marker di fibrosi ( ). Analogamente a quanto si rileva per il danno cardiaco, la stifness arteriosa migliora dopo terapia (110, 111). Disfunzione autonomica ed aritmie L aldosterone e in grado di abbassare la soglia per lo sviluppo di aritmie cardiache e di morte cardiaca improvvisa in pazienti con scompenso cardiaco ischemico e non ischemico (112). Questo sembra essere correlato alle alterazioni sistoliche e diastoliche, alle modificazioni delle concentrazioni ioniche (K+ e Mg2+) e alla capacità dell aldosterone di potenziare l azione delle catecolamine e della sensibilità dei barorecettori. Gli effetti elettrofisiologici dell aldosterone potrebbero spiegare la correlazione tra un eccesso di questo steroide e l attività ectopica ventricolare, soprattutto in virtù della nota azione kaliuretica, anche se è stato dimostrato un meccanismo diretto dell aldosterone a livello cardiaco nel causare instabilità elettrica. In modelli sperimentali, quest ormone aumenta l ingresso di sodio all interno delle cellule miocardiche attraverso l attivazione di un cotrasportatore Na+-K+-2Cl-(113), di 21

22 conseguenza si assiste ad un aumento del volume cellulare, ad un effetto inotropo positivo e ad un alterazione della compliance cardiaca e del rilasciamento del ventricolo sinistro. In aggiunta, l eccesso di aldosterone diminuisce l affinità del sodio intracellulare per la pompa Na+/K+ del sarcolemma, senza modificare la concentrazione di quest ultima nel miocardio; l inibizione di tale pompa porta ad un attivazione di importanti geni correlati alla crescita, pertanto l aldosterone potrebbe contribuire al rimodellamento cardiaco anche attraverso questo meccanismo. Un altro ione che sembra giustificare l aumentato rischio di aritmie nell iperaldosteronismo primario è il magnesio (114): la riduzione di questo ione che si può associare all iperaldosteronismo, favorisce l insorgenza di ectopia ventricolare. L aumento della concentrazione del calcio intracellulare, oltre a mediare la fibrosi, sembra agire nello stesso senso (115). Di notevole importanza per il potenziale aritmico appare inoltre l equilibro tra il sistema nervoso parasimpatico e simpatico, avendo quest ultimo capacità aritmogene. Numerosi studi su modelli animali hanno dimostrato che l aldosterone agisce anche a livello del sistema nervoso centrale aumentando l attività del sistema nervoso simpatico ( ). Recentemenete per la prima volta anche nell uomo, Kontak e colleghi mediante studi elettrofisiologici hanno dimostrato un iperattività del sistema nervoso simpatico negli APA rispetto agli EH ed ai controlli e la sua reversibilità dopo surrenectomia (120) L effetto sul sistema nervoso simpatico si ripercuote anche a livello cardiaco, con una riduzione dell intervallo RR ed un allungamento dell intervallo QT favorendo la comparsa di morte cardiaca improvvisa. Maule e colleghi in uno studio clinico di confronto tra pazienti con PA e ipertesi essenziali a bassa renina (121) hanno evidenziato che il QT corretto risultava essere maggiore nel gruppo con PA e lo stesso gruppo recentemente ha dimostrato che la terapia con spironolattone o la surrenectomia è in grado di normalizzare tale parametro (122). Scompenso cardiaco congestizio Le alterazioni della composizione e della geometria del miocardio indotte dall aldosterone, l aumento del contenuto di collagene interstiziale e l ipertrofia ventricolare determinano rigidità miocardica, e compromissione della funzione diastolica e sistolica. Le alterazioni della composizione e della geometria del miocardio indotte dall aldosterone determinano una lieve compromissione della performance cardiaca. Studi condotti su pazienti con iperaldosteronismo primario e secondario 22

23 mostrano una correlazione diretta tra alterato riempimento ventricolare sinistro ed alterazioni strutturali miocardiche secondarie all eccesso di aldosterone (123). La presenza di fibrosi cardiaca, associata ad ipertrofia ventricolare sinistra, con conseguente disfunzione sisto-diastolica, giustificano l evoluzione verso un quadro di insufficienza cardiaca manifesta e quindi lo scompenso cardiaco congestizio, aggravato anche dall espansione di volume secondaria alla ritenzione idrosalina aldosteroneindotta. Studi clinici su pazienti con iperaldosteronismo primario Negli ultimi anni sono apparsi in letteratura alcuni interessanti studi clinici mirati alla valutazione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con iperaldosteronismo primario. Nel 2005 per la prima volta Milliez e colleghi hanno comparato il tasso di eventi cardiovascolari di pazienti con APA e IHA con pazienti con ipertensione essenziale paragonabili per età, sesso e valori pressori in un ampio studio retrospettivo casocontrollo. Gli autori non hanno riscontrato differenze tra i due sottotipi di PA, ma hanno osservato una percentuale statisticamente più elevata di stroke (12,9% contro 3,4%), di infarto del miocardio (4% versus 0,6%), e di fibrillazione atriale (7,3% contro 0,6%) nei pazienti con PA rispetto agli ipertesi essenziali (124). Negli anni successivi alla luce di questi dati sono stati effettuati alcuni studi di outcome cardiaco in pazienti con PA sottoposti a terapia medica e chirurgica. Nel 2007 il nostro gruppo in uno studio longitudinale a lungo termine (125) ha dimostrato una regressione dell ipertrofia ventricolare sinistra, in particolare si riscontrava una riduzione della massa ventricolare sinistra e del setto interventricolare in pazienti con APA sottoposti ad intervento chirurgico dopo un follow up medio di 34 mesi e nessuna differenza veniva riscontrata tra pazienti guariti e quelli che rimanevano ipertesi. Nei pazienti con IHA in terapia medica dopo un periodo di osservazione medio pari a 55 mesi si è assistito ad un miglioramento dei parametri cardiaci ma la differenza non è risultata statisticamente significativa. La mancanza di significatività potrebbe essere legata sia alla lunga durata di ipertensione tale da rendere almeno in parte irreversibile il danno d organo sia all eterogeneità dei trattamenti medici in questo gruppo di pazienti. Si potrebbe però speculare che gli antagonisti MR possono bloccare solo l azione genomica dell aldosterone mediata dal suo recettore e non gli effetti non genomici. Lo stesso anno Catena e colleghi (126) hanno invece riscontrato in uno studio di follow up a 6,4 anni una significativa riduzione della massa ventricolare sinistra nei pazienti con PA sia 23

24 sottoposti a surrenectomia sia a terapia medica, anche se nel primo anno di osservazione la riduzione della massa cardiaca era evidente solo per gli APA. E interessante notare come in entrambi gli studi i livelli di aldosterone correlano direttamente con la massa ventricolare sinistra, a suggerire un ruolo indipendente di questo ormone sulle alterazioni cardiache. La presenza di un elevato tasso di eventi cardiovascolari alla diagnosi nei pazienti con iperaldosteronismo primario è stata riscontrata anche in un altro studio del gruppo di Sechi (127). La prevalenza di patologie cardiovascolari era maggiore nei pazienti con PA rispetto ad ipertesi di pari età, sesso, severità e durata stimata di ipertensione. In questo studio, i pazienti con PA presentavano una probabilità 5 volte maggiore degli EH di avere un aritmia sostenuta, una probabilità 4,4 volte maggiore di un precedente evento cerebrovascolare e una probabilità 2,8 maggiore di avere una malattia cardiovascolare. Seguendo in maniera prospettica tali pazienti, gli autori hanno osservato che l incidenza di eventi nei pazienti con PA dopo terapia non differiva in maniera significativa da quella degli ipertesi essenziali. Inoltre le curve di Kaplan-Meier risultavano sovrapponibili nei pazienti trattati con surrenectomia o con spironalattone. Le variabili invece che risultavano predittori di un outcome migliore erano l età giovane e la ridotta durata di malattia. Anche i dati provenenti dal registro tedesco dei Conn confermano un elevata comorbidità cerebro- e cardiovascolare. In questa casistica è stato inoltre riscontrata una maggior prevalenza di eventi cardiovascolari, in particolare l angina pectoris e insufficienza cardiaca nei pazienti che presentavano ipokaliemia (128). Possiamo quindi concludere che i pazienti con PA presentano complicanze cardiovascolari maggiori rispetto agli ipertesi essenziali ma una terapia mirata a contrastare gli effetti dell aldosterone consente un miglioramento sia in termini morfologici cardiaci con regressione dell ipertrofia ventricolare sinistra sia in termini clinici con una riduzione dell incidenza di eventi cardiovascolari, soprattutto se la diagnosi viene posta precocemente. 24

25 4.2 COMPLICANZE METABOLICHE Conn stesso per la prima volta descrissero un aumentata incidenza di intolleranza glucidica nei pazienti con iperaldosteronismo primario (129) suggerendo un possibile effetto negativo dell eccesso di aldosterone sul metabolismo glucidico e sull azione dell insulina. In accordo con successivi reports, nel 2000, The expert Comittee on the Diagnosis and Classification of Diabetes Mellitus ha inserito l iperaldosteronismo primario tra le possibili cause di diabete (130). Dall altro lato, l iperaldosteronismo primario sembra essere comune nei pazienti con diabete con ipertensione resistente, uno studio recente riporta una prevalenza del 14% e per questo suggerisce di sottoporre a screening per PA tutti i diabetici con ipertensione di difficile controllo (131). Negli anni gli studi hanno è però fornito risultati controversi per cui ancora oggi la reale prevalenza di complicanze metaboliche nei pazienti con PA non è ben chiara. Il gruppo di Sindelka ha evidenziato utilizzando la metodica del clamp euglicemico livelli di insulinoresistenza maggiori in un piccolo gruppo di pazienti con PA rispetto a un gruppo di controllo e che la sensibilità all insulina migliorava dopo intervento chirurgico nei pazienti con APA, mentre rimaneva invariata negli IHA in terapia medica (132). Widimisky e colleghi hanno confermato la presenza di insulino-resistenza (133, 134) nei PA ma non hanno però trovato differenze significative tra PA e ipertesi essenziali in termini di diabete o ridotta tolleranza glucidica (135). In contrasto, i dati del registro tedesco dei Conn (136) mostrano un elevata prevalenza di diabete mellito nei PA rispetto agli EH (23 vs 10%). Un altro recente studio è stato effettuato sulla sensibilità insulinica in un ampia casistica di pazienti con PA confrontati con ipertesi essenziali e normotesi (137). Gli autori hanno riscontrato una maggiore insulino-resistenza nei PA, testimoniati da elevati homeostasis model assessment (HOMA) index e ridotti QUICKI e tassi di clearance del glucosio durante clamp euglicemico iperinsulinemico, rispetto a soggetti normotesi di pari età, sesso e BMI, mentre la risposta al carico orale di glucosio risultava incrementata ad indicare che la secrezione insulinica pancreatica non era alterata. Sorprendentemente, la sensibilità insulinica risultava maggiore nei pazienti con PA rispetto agli EH. Sono stati poi valutati gli outcome metabolici dopo trattamento e, al contrario delle osservazioni di Sindelka, nei pazienti con PA sia la terapia medica che chirurgica determinavano un miglioramento degli indici di sensibilità insulinica. L effetto negativo dell aldosterone è stato confermato anche dal nostro gruppo. In un 25

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