Adolescenti adottati autori di reato: un ricerca esplorativa

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1 Adolescenti adottati autori di reato: un ricerca esplorativa di Laura Benini *, Cecilia Ragaini **, Rosa Rosnati *** 1. Adolescenza: una nuova prova per il minore adottato La ricerca sull adozione ha focalizzato negli ultimi anni l attenzione in particolare sul tema dell adattamento psicosociale alla ricerca di una risposta sul quesito fondamentale se e in che misura gli adottati siano maggiormente a rischio nello sviluppo di problemi emotivi e comportamentali 1. Dalla meta-analisi condotta da van IJzendoorn e Juffer (2006) 2 su 270 studi condotti dal 1995 al 2005 su un totale di più di bambini adottati e non adottati, è emerso che, sebbene la maggioranza degli adottati presenti livelli adeguati di adattamento, essi, considerati come gruppo, risultano essere maggiormente a rischio rispetto al resto della popolazione, in quanto tendono a manifestare mediamente più problemi comportamentali, sia di tipo esternalizzante (aggressività, comportamenti oppositivi, impulsività, iperattività) sia internalizzante (depressione, ansia, ritiro emotivo) rispetto ai coetanei non adottati. Tali differenze, pur significative, risultano essere però di modesta entità. Inoltre i bambini adottati risultano avere una probabilità doppia rispetto al resto della popolazione di essere segnalati ai servizi di salute mentale. Tale rischio aumenta se la storia preadottiva del bambino è connotata da violenze fisiche e psicologiche, ambienti di crescita trascuranti 3 e un lungo trascorso di istituzionalizzazione 4. Molto spesso tali problemi di adattamento compaiono per la prima volta o si acuiscono con l ingresso del figlio nella fase adolescenziale. L adolescenza, infatti, è una fase critica dello sviluppo e può essere resa assai più complicata dalla condizione di figlio adottivo 5. In questo periodo il giovane, per riuscire a sviluppare un identità adulta e affrontare in autonomia il più ampio contesto sociale, deve attuare un processo di separazione-individuazione che prevede la distinzione dalle figure genitoriali e la ricerca di nuove figure identificatorie in grado di soddisfare i bisogni emergenti; ma per i ragazzi che sono stati abbandonati e successivamente accolti, tale * Dottoressa in Psicologia dello Sviluppo e della Comunicazione, Università Cattolica di Milano ** Neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta, Docente a contratto di Tecniche psicodiagnostiche in età evolutiva, Università Cattolica di Milano *** Psicologa, Professore associato, Docente di Psicologia dell adozione, dell affido e dell enrichment familiare, Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, Università Cattolica di Milano. 1 Rosnati R. (a cura di) (2010), Il legame adottivo. Contributi internazionali per la ricerca e l intervento. Milano: Unicopli. 2 M. H. van IJzendoorn, F. Juffer, C., The Emanuel Miller Memorial Lecture. Adoption as Intervention. Meta-Analytic Evidence for Massive Catch-up and Plasticity in Physical, Socio-emotional and Cognitive Development, Journal of Child Psychology and Psychiatry, 2006, 47, pp E. J. M. van der Vegt, J. van der Ende, R. F. Ferdinand, F. C. Verhulst, Early childhood adversities and trajectories of psychiatric problems in adoptees: Evidence for long lasting effects, Journal of Abnormal Child Psychology, 2009, pp F. Juffer, M. H. van IJzendoorn, Behavior problems and mental health referrals of international adoptees. A metaanalysis, JAMA, 2005, 293 (20), pp D. M. Brodzinsky, M. D. Schecter, The Psychology of Adoption, Oxford University Press, Oxford New York

2 processo appare particolarmente complesso in quanto rievoca il distacco originario e i conseguenti vissuti di perdita 6. Un ulteriore difficoltà incontrata dal minore adottato nella conquista della propria individualità è l integrazione delle parti vecchie del Sé con quelle nuove. Questa sfida lo pone inevitabilmente in un confronto con il proprio passato all interno del quale si iscrive anche la ricerca del significato della propria storia e dell abbandono; ma in assenza di spiegazioni e di fattori evidenti che permettano di ricondurre la causa dell abbandono ai genitori biologici, è possibile che il ragazzo giustifichi tale perdita attribuendo la colpa a se stesso e a tratti negativi del Sé 7. In questi casi il giovane svilupperà un identità negativa fondata su un Sé percepito come malvagio e privo di valore e per questo non meritevole neppure dell affetto dei nuovi genitori 8. In tal senso la messa in atto di comportamenti delinquenziali può essere letta come una dimostrazione della propria inadeguatezza, quasi a giustificare la causa dell abbandono iniziale e in una ricerca parallela di conferme affettive da parte della coppia genitoriale 9. Nella ricerca che verrà sinteticamente presentata qui di seguito, si è cercato così di fare una prima e sommaria ricognizione degli itinerari di vita di quegli adottati che hanno messo in atto comportamenti delinquenziali, sia attraverso la classificazione e l analisi delle esperienze di vita dei minori nel periodo preadottivo, sia considerando le testimonianze dirette degli stessi protagonisti attraverso le loro testimonianze. 2. La ricerca su i minori adottati autori di reati Quale obiettivo La ricerca ha carattere esplorativo, ossia è finalizzata ad offrire un analisi del fenomeno della criminalità nei giovani adottati, tema scarsamente studiato all interno della vasta letteratura sulle adozioni. Attraverso lo studio della storia pregressa e del percorso adottivo di un gruppo di adolescenti adottati per i quali è stato aperto un procedimento penale presso il Tribunale per i minorenni di Milano 10, si cercherà di individuare le condizioni che ricorrono con maggiore frequenza e che potrebbero favorire l insorgenza di comportamenti criminali. È importante sottolineare che, a causa del numero esiguo di casi individuati e dell assenza di un gruppo di controllo, i risultati non possono essere considerati rappresentativi e quindi non generalizzabili all intera popolazione dei minori adottati e autori di reato, ma possono solo offrire iniziali spunti di riflessione per lo sviluppo di progetti di ricerca futuri. 6 F. Vadilonga (a cura di), Curare l adozione. Modelli di sostegno e presa in carico della crisi adottiva, Raffaello Cortina Editore, Milano 2010, pp F. Vadilonga (a cura di), Curare l adozione. Modelli di sostegno e presa in carico della crisi adottiva, Raffaello Cortina Editore, Milano 2010, 8 M. Farri Monaco, M.T. Niro, Adolescenti e adozione. Una odissea verso l identità, Centro Scientifico Editore, Torino 1999, pag M. Farri Monaco, M.T. Niro, Adolescenti e adozione. Una odissea verso l identità, Centro Scientifico Editore, Torino 1999, pp. 52 sgg. 10 Si ringrazia il Presidente del Tribunale per i minorenni di Milano Mario Zevola, per aver concesso l autorizzazione alla consultazione dei fascicoli e la giudice Anna Poli per l aiuto offerto nell individuazione e reperimento dei casi. 2

3 La procedura I casi sono stati raccolti presso la sezione penale del Tribunale per i minorenni di Milano. La raccolta è iniziata con l esame dei fascicoli relativi ai provvedimenti penali aperti a partire dal 2009 per selezionare dal numero totale solo il gruppo di minori adottati. Una volta individuati i casi di adozione, sono stati recuperati anche i fascicoli amministrativi per assumere una visione più completa e dettagliata della storia di questi ragazzi. Ulteriori informazioni sono state raccolte dalla visione, ove è stato possibile, sia delle verifiche intermedie di messa alla prova, sia delle udienze. L attenzione è stata riposta soprattutto sui fattori di rischio individuati in letteratura che possono interferire nello sviluppo psicologico del minore adottato. Le informazioni considerate, principalmente di carattere socio-demografico e psicologico, sono state inserite in una griglia composta da 18 indici e suddivisa in tre macrocategorie relative a: il minore, la famiglia adottiva e il reato 11. Chi sono i minori autori di reato Sebbene il gruppo esaminato, costituito da 14 adolescenti adottati e autori di reati, presenti al suo interno caratteristiche molto eterogenee, sono stati riscontrati alcuni fattori ricorrenti. Innanzitutto è possibile rilevare come le differenze di genere, essendo particolarmente elevate, appaiano indicative; difatti, la quasi totalità dei soggetti considerati è di sesso maschile (n=13; 92,9%). La sovra-rappresentazione di ragazzi può da una parte rispecchiare la maggior presenza fra la popolazione degli adottati in Italia di minori di sesso maschile 12, dall altra invece risulta coerente con i risultati alcune ricerche che hanno dimostrato che il rischio di sviluppare problemi di adattamento sia maggiore tra gli adottati maschi piuttosto che tra le femmine 13 : d altra parte si è riscontrato che i ragazzi adottati presentano maggiori problemi di esternalizzazione rispetto alle coetanee femmine 14. Un altro dato indicativo riguarda la tipologia delle adozioni: nella quasi totalità dei casi analizzati (n=13; 92,9%) l adozione è avvenuta attraverso procedura internazionale. I minori provengono soprattutto dall America Latina (n=8; 61,5%) e in percentuale inferiore dall Europa dell est (n=5; 38,5%). Nello specifico i Paesi di provenienza sono: Brasile (n=5; 38,4%), Ucraina (n=4; 30,8%), Colombia (n=1; 7,7%), Ecuador (n=1; 7,7%). Perù (n=1; 7,7%) e Polonia (n=1; 7,7%). Anche nell unico caso di adozione nazionale (7,1%), il minore ha origini straniere. L età media dei bambini al momento dell adozione è pari a 7,1 anni (DS=4,2; range: 1-17) e sebbene la letteratura evidenzi che la fascia di età prescolare sia in generale la più protetta per quanto riguarda lo sviluppo di problematiche psicologiche e 11 I dati sono stati poi inseriti in una tabella Excel che ha permesso il calcolo delle frequenze, della media (deviazioni standard e range), della percentuale e la realizzazione di grafici e tabelle F. C. Verhulst, M. Althaus, H. J. M. Verluis-Den Bieman, Problem behavior in international adoptees: II. Age at placement. Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 1990, 29(1), pp J. Mohanty, C. Newhill, Adjustment of international adoptees: Implication for practice and a future research agenda, Children and Youth Services Review, 2006, 28, pp

4 comportamentali, come riportato nella tabella 1, quasi la metà dei minori (n=6; 42,9%) è stata inserita nella nuova famiglia in età compresa tra 0-5 anni. Poiché una visione della variabile età come unico fattore che incrementa le difficoltà nel postadozione è apparsa riduttiva, l attenzione è stata focalizzata anche sugli aspetti qualitativi dell esperienza adottiva per capire se e in che modo questi influenzino la vita del minore. Così, nel tentativo di valutare la qualità delle cure ricevute da questi ragazzi prima dell inserimento nella nuova famiglia sono stati presi in considerazione sia la causa della dichiarazione dello stato di adottabilità, sia le forme di collocamento preadottivo. In 5 casi (35,7%) non è stato possibile rintracciare nelle relazioni il motivo del decadimento della potestà genitoriale, in 1 (7,1%) emerge che il minore è stato allontanato a seguito del decesso di entrambi i genitori, mentre nei rimanenti 8 casi (57,1%) in quanto vittima di maltrattamenti e forme gravi di trascuratezza. Questo dato risulta coerente con la letteratura che ha dimostrato che l esposizione a violenza fisica e sessuale predice in modo statisticamente significativo lo sviluppo di comportamenti antisociali e delinquenziali 15. Per quanto concerne invece la seconda variabile indicativa delle cure ricevute prima dell adozione, sono state considerate le forme di collocamento preadottivo. Poiché in un caso il minore ha un trascorso sia di istituzionalizzazione sia di affidamento familiare, si è deciso di non considerarlo nell analisi in quanto presenta entrambe le condizioni analizzate. I casi sono stati così ridotti a 13 e dai risultati emerge che la maggior parte dei ragazzi (n=9; 69,2%) ha un pregresso di istituzionalizzazione. Anche questo dato risulta coerente con la letteratura sull adattamento all adozione che rileva come il rischio di presentare problemi di adattamento sia maggiore nei bambini istituzionalizzati rispetto a coloro che sono stati collocati in affidamento familiare 16. L esposizione a violenza, unita probabilmente alle condizioni di disagio esperite nei collocamenti preadottivi, potrebbero giustificare la percentuale di minori (n=8; 57,1%) che subito dopo l inserimento nelle famiglie adottive manifesta difficoltà di adattamento; tuttavia, come riportato dalle relazioni, in generale le condizione dei ragazzi si sono aggravate nel periodo preadolescenziale. Come illustrato nel grafico 1, a partire dall adolescenza tutti i ragazzi considerati hanno incominciato a manifestare una accentuata aggressività fisica e verbale indirizzata in particolar modo verso i genitori, seguita da difficoltà scolastiche (scarso rendimento, insuccesso e abbandono scolastico) e comportamenti sessualizzati. Alcuni dati sui genitori Per quanto riguarda i dati relativi alla famiglia adottiva, avendo consultato solo i fascicoli penali e amministrativi, è stato possibile raccogliere un numero limitato di informazioni. Un aspetto ricorrente è l età piuttosto avanzata della coppia genitoriale al momento dell adozione: in media le madri avevano 39,1 anni (DS=5,6; range: 32-47) mentre i padri 41,6 anni (DS=7; range: 34-55). Tuttavia tale dato non sembra 15 H. D. Grotevant, Antisocial behavior of adoptees and nonadoptees: Prediction from early history and adolescent relationship, Journal of Research on Adolescence, 2006, 20, pp V. Groze, SD Ryan, SJ. Cash, Institutionalization, behavior and international adoption: predictors of behavior problems, Journal of Immigrant and Minority Health, 2003, 5 (1), pp

5 essere particolarmente rilevante in quanto non si discosta in modo significativo dall età media dell intera popolazione delle coppie adottanti attraverso procedura internazionale 17. In tutti i casi, i coniugi hanno scelto di intraprendere un percorso adottivo per problemi di sterilità. L impossibilità a procreare potrebbe diventare un fattore di rischio per l adattamento del minore solo nei casi in cui i coniugi, non avendo elaborato questo lutto, percepissero il figlio adottivo come il sostituto di quello mai nato per soddisfare le proprie fantasie e aspettative connesse alla genitorialità biologica 18. Inoltre, per quanto riguarda le seconde adozioni, in 9 (64,3%) famiglie sono presenti altri figli adottivi (fratelli e sorelle naturali o bambini provenienti da altre adozioni), mentre in 5 (35,7%) il minore analizzato è l unico figlio della coppia genitoriale. Poiché la maggior parte dei ragazzi ha acquisito legami di fratria a seguito dell adozione, è possibile ipotizzare che la presenza di altri minori all interno del nucleo familiare possa rendere più complesso l adattamento nel post-adozione in quanto i genitori si trovano a dover far fronte a minori che hanno bisogni peculiari e specifici. I reati commessi I reati sono stati suddivisi in due macrocategorie: nella prima sono state inserite tutte le forme di violenza inflitte a parenti ed estranei, mentre nella seconda gli atti illeciti che non hanno implicato violenza fisica alle persone. È emerso che 4 ragazzi (28,6%) sono stati imputati di due reati; come evidenziato dalla tabella 2, il capo di imputazione che ricorre con maggior frequenza è il furto (n=7; 38,9%) seguito da maltrattamento e violenza verso familiari (n=3; 16,7%); uniti questi due assommano a più della metà dei reati totali (n=10; 55,6%). Come illustrato nel grafico, sembrerebbe che tanto più piccoli sono i minori al momento dell adozione, quanto prima si rendono responsabili di atti criminali. I dati a disposizione sulle sanzioni sono 12 in quanto 2 ragazzi al momento della ricerca erano ancora in custodia cautelare presso l IPM Beccaria. Per tutti è prevista la sospensione del procedimento e la messa alla prova che prevede: il collocamento in comunità educative o psichiatriche, la frequenza scolastica e/o un progetto di inserimento lavorativo attraverso l attivazione di una borsa lavoro, il supporto psicologico e un attività socialmente utile. Tabella 1 Età al momento dell adozione P. Di Blasio (a cura di), Tra rischio e protezione. La valutazione delle competenze genitoriali, Edizioni Unicopli, Milano 2005, in particolare pag

6 n % 0-5 anni 6 42,9% 6-10 anni 5 35,7% anni 2 14,3% >16 anni 1 7,1% Totale Grafico 1 Comportamenti problematici manifestati dai minori , ,6 21,4 21,4 21, ,3 14, aggressività/violenza difficoltà scolastiche comportamenti sessualizzati tossicodipendenza aspetti depressivi tentati suicidi regressione fughe da casa Grafico 2 età media al momento del reato in relazione all età di adozione >16 a nni a nni 15,5 Età adozione 6-10 a nni 15,2 0-5 a nni 14,8 13, , , , ,5 Età al momento del reato Tabella 2 Capi di imputazione n % 6

7 Lesioni/aggressione 2 11,1% Violenza sessuale 1 5,5% Furto 7 38,9% Rapina 1 5,5% Vandalismo 2 11,1% Violenza/maltrattamento 3 16,7% familiare Violenza pubblico ufficiale 1 5,5% Spaccio 1 5,5% Totale Un vortice di emozioni Nonostante sia particolarmente difficile comprendere e spiegare i vissuti emotivi dei minori adottati e autori di reato a causa della complessità e della specificità di ciascuna storia, è possibile rintracciare delle tematiche ricorrenti che connotano il mondo psicologico di questi ragazzi. Molto sinteticamente potremmo dire che molte delle spiegazioni e delle analisi fatte e contenute nelle relazioni dei servizi sociali possono essere in ultima analisi ricondotte alla paura dell abbandono ed agli effetti ad esso connessi. È importante ricordare che tutti hanno vissuto molteplici perdite: oltre all allontanamento dai genitori biologici, sono stati separati anche da altri parenti, educatori e genitori affidatari incontrati nei collocamenti preadottivi. La paura dell abbandono aumenta solitamente negli anni dell adolescenza quando il minore, impegnato nella costruzione della propria identità, sente il bisogno di far chiarezza sulla propria storia e inizia a porsi con maggior frequenza domande sulle proprie origini. Il desiderio di acquisire nuove informazioni sul passato e ottenere risposta ai propri quesiti è accompagnato spesso da un disagio psichico manifestato sia attraverso comportamenti internalizzanti con connotati fortemente depressivi (ritiro sociale, mancanza di interesse per le attività quotidiane e nei casi estremi anche tentati suicidi), sia esternalizzanti (scoppi d ira improvvisi, aggressività fisica e verbale, abuso di alcol e altre sostanze stupefacenti). Uno psicologo che ha in cura uno dei ragazzi considerati nella ricerca riporta in una relazione: in questo mese X è riuscito ad entrare in contatto per la prima volta con la propria sofferenza ed è stato in grado di verbalizzare come il proprio stato di disagio abbia radici antiche e che spesso si sia interrogato circa la sua storia adottiva da lui vissuta come la causa del suo malessere. Molto spesso all abbandono subito vengono associati forti sensi di colpa. Infatti, soprattutto i bambini più piccoli tendono a ricondurre a sè e al proprio comportamento la responsabilità della separazione e della perdita, piuttosto che ammettere che il proprio benessere dipendeva da genitori spesso malevoli e incapaci e sui quali non era possibile esercitare alcun controllo 19. Ad esempio, un ragazzo riporta: so di essere stupido, mi hanno bocciato due volte, e spesso sono anche cattivo, forse per questo che nessuno mi vuole. Inoltre, come evidenziato da questa 19 S. Cirillo, Cattivi genitori, Cortina, Milano

8 affermazione, i ragazzi in molti casi tendono anche a giustificare i propri comportamenti disfunzionali, non come conseguenza delle numerose esperienze avverse subite nella prima infanzia tra le quali, abusi, trascuratezza e maltrattamenti, ma attribuendo la responsabilità a tratti negativi della propria personalità. Nei casi analizzati ricorre con frequenza anche il tema della diversità. Infatti, sebbene non si siano verificati episodi di razzismo e discriminazioni, i ragazzi riferiscono di sentirsi diversi e di non appartenere alla famiglia adottiva. Tale diversità, tuttavia, non è da ricondurre a tratti somatici, bensì al senso di inadeguatezza provato nei confronti dei genitori che li porta a non riconoscersi loro figli. Ad esempio, come riportato in una relazione dei servizi sociali, un ragazzo di 14 anni si era allontanato di nascosto da casa lasciando una lettera nella quale riferiva di volersi togliere la vita perché non si sentiva il figlio che i suoi genitori avrebbero meritato. La maggior parte dei minori ha sviluppato un immagine positiva dei genitori e appare realmente dispiaciuto per il dolore arrecato alla famiglia attraverso i propri comportamenti. In quasi tutti i soggetti è presente la voglia di provare a impegnarsi in progetti di crescita, ma tale desiderio viene soffocato dai frequenti momenti di crisi che vanificano ogni sforzo. La delusione per i propri fallimenti, i sentimenti di colpa per sentirsi i responsabili della sofferenza della famiglia e la vergogna provata per disattendere continuamente le aspettative dei genitori suscitano la paura di un nuovo abbandono. Tale timore trova conferma nei ragazzi quando sono gli stessi genitori a richiedere che il figlio sia collocato in comunità o a comunicare la notizia di reato all Autorità Giudiziaria. Ad esempio un altro ragazzo durante un colloquio con un giudice, porge questa domanda: Perché i miei genitori hanno deciso di adottarmi e ora non mi vogliono più? Cosa ho di sbagliato che nessuno mi vuole?. È possibile dunque rintracciare nei minori analizzati sentimenti fortemente ambivalenti: da un lato l affetto verso i genitori, dall altro la rabbia per non riuscire a soddisfare i loro desideri manifestata attraverso aggressività verbale e fisica. Dalle relazioni si evince anche il costante bisogno dei ragazzi di acquisire certezze in merito al fatto di essere accettati dalla famiglia nonostante le proprie difficoltà. Il caso più esemplificativo è quello di un minore che, ancora molto piccolo, sottraeva piccoli oggetti e cercava di conquistare l affetto dei genitori con piccoli doni. In alcuni casi, il bisogno di ricevere attenzioni si acuisce di fronte alle seconde adozioni, quando a seguito dell inserimento di un altro bambino adottato i ragazzi si sentono spodestati dal loro ruolo di figli unici e, in quanto tali, i soli a cui i genitori hanno prestato cure e affetto fino ad allora. Ad esempio, un ragazzo afferma durante un audizione successiva alla messa in atto del reato: Prima c ero solo io, da quando c è anche X.- fratello minore adottato successivamente- tutte le attenzioni vanno a lui. Ora si sono accorti anche di me. Per tale motivo i comportamenti criminali sembrano essere finalizzati sia a mettere alla prova i genitori per ottenere conferme del loro affetto incondizionato, sia a richiamare la funzione genitoriale di cui sentono un forte bisogno, ma potrebbero anche essere un modo per espiare i propri sensi di colpa attraverso la punizione. Tuttavia, se il reato da una parte può essere interpretato come una richiesta di 8

9 attenzioni, dall altra può essere indicativo dell incapacità a riconoscere e prevedere le ripercussioni delle proprie azioni e quindi manifestazione di una scarsa maturità. Poiché le condizioni dei minori si aggravano nella fase adolescenziale, è possibile ipotizzare che i comportamenti disfunzionali non siano da ricondurre solamente all esposizione ad esperienze avverse nel periodo preadottivo, ma rispecchino anche il riaffiorare di questioni irrisolte nella nuova famiglia: la principale sembra essere la causa dell abbandono. L impossibilità a trattare apertamente e serenamente la storia adottiva è da ricondurre ad una preparazione inadeguata dei genitori adottivi ad affrontare con i figli alcune tematiche che inevitabilmente l adozione comporta. Per tale motivo risulta indispensabile prevedere, non solo interventi di monitoraggio nel post-adozione, ma anche di supporto tempestivo alla genitorialità per accompagnare le coppie adottive nel confronto con alcune tematiche che, se non affrontate o affrontate in modo disfunzionale, potrebbero ostacolare il benessere psicologico del minore adottato. 9

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