RAPPORTO CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI AREZZO

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1 RAPPORTO CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI AREZZO

2 Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricolutura Arezzo

3 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 INDICE PRESENTAZIONE pag. 5 CAPITOLO I TENDENZE EVOLUTIVE NELL ECONOMIA E NELLA SOCIETA Le trasformazioni del sistema imprenditoriale pag I percorsi di crescita delle imprese aretine pag Reddito e ricchezza delle famiglie pag. 13 CAPITOLO II CONGIUNTURA ECONOMICA E COMPETITIVITA INTERNAZIONALE Lo scenario nazionale pag Le tendenze regionali e provinciali pag La proiezione internazionale delle imprese italiane pag. 23 CAPITOLO III LA RISTRUTTURAZIONE DELL APPARATO PRODUTTIVO La diffusione dei gruppi imprenditoriali pag La leadership delle medie imprese pag Fabbisogno tecnologico e capacità brevettuale delle pag. 31 imprese

4 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 APPENDICE STATISTICA pag. 35 Indice delle tavole Sezione 1: consuntivo strutturale 2005 Sezione 2: la congiuntura Sezione 3: il livello di competitività del tessuto produttivo locale pag. 37 pag. 45 pag. 85 pag. 109

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6 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 CAPITOLO I TENDENZE EVOLUTIVE NELL ECONOMIA E NELLA SOCIETA 1.1 LE TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA IMPRENDITORIALE I dati demografici delle imprese italiane per il 2005 vedono una prosecuzione dei fenomeni di ristrutturazione su scala settoriale e dimensionale del nostro apparato produttivo, pur confermando le linee di crescita e di irrobustimento strutturale che ne hanno caratterizzato le tendenze evolutive a partire dalla metà degli anni Novanta. Secondo i dati del Registro Imprese delle Camere di Commercio, lo stock delle imprese ha continuato ad aumentare nel 2005 (oltre imprese in più), riuscendo a superare il muro dei 6 milioni di imprese registrate (alla fine di dicembre erano ). Rispetto all anno precedente, il saldo positivo nasconde tuttavia fenomeni di ancor più forte selezione all interno del sistema imprenditoriale italiano, cui si è accompagnato uno slancio più contenuto al fare impresa, forse per un momento congiunturale non ancora del tutto favorevole agli occhi degli aspiranti imprenditori. Il saldo positivo di nuove imprese (per un tasso di crescita pari a +1,34%) è il risultato della differenza tra le nuove iscrizioni tra gennaio e dicembre dello scorso anno e le aziende che, nello stesso periodo, si sono cancellate. La riduzione del saldo rispetto all anno precedente è quindi dovuto ad una leggera diminuzione delle nuove iscrizioni (-0,99%), cui si è accompagnato un movimento di segno opposto (un po più accentuato ma tutto sommato contenuto, data la fase di stagnazione) nel numero delle cessazioni (1,75%). Delle nuove imprese, ben 32mila (il 40%) hanno aperto i battenti nelle regioni del Mezzogiorno, portando lo stock delle imprese meridionali a superare i 2 milioni di unità. Il risultato è frutto di una lunga rincorsa che, negli ultimi otto anni, ha visto prevalere questa circoscrizione su tutte le altre quanto a tassi di crescita della base imprenditoriale. In termini relativi, il profilo delle macro aree del Paese negli ultimi cinque anni ha dunque visto uno scambio di quote di rappresentatività a svantaggio del Nord-Est e a favore del Mezzogiorno (che in cinque anni è 7

7 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 cresciuto più di Nord-Ovest e Nord-Est messi insieme), mentre sostanzialmente stabili appaiono i pesi percentuali delle altre due circoscrizioni. L espansione della base imprenditoriale non ha coinvolto anche il settore dell agricoltura ( imprese, pari allo 0,94% dello stock) e, proseguendo una tendenza rilevata già negli anni passati, l industria manifatturiera (-834 imprese, lo 0,11% del settore). I saldi positivi più elevati sono stati fatti registrare dal settore delle costruzioni ( unità), dalle attività immobiliari, noleggio di attrezzature, informatica, ricerca ( unità), dal commercio ( unità) e dagli alberghi e ristoranti (8.057 unità). Questi quattro settori hanno determinato da soli l 89,8% del saldo complessivo. In termini relativi (tralasciando i comparti con meno di imprese e l aggregato delle imprese non classificate), hanno conseguito incrementi superiori a quello medio nazionale i settori della sanità e altri servizi sociali (4,47%), delle attività immobiliari, noleggio di attrezzature, informatica, ricerca (4,31%), dell istruzione (3,97%), costruzioni (3,81%), alberghi e ristoranti (2,83%) e trasporti, magazzinaggio e comunicazioni (1,72%). Nell ambito dell industria manifatturiera, i settori più significativi che si muovono in controtendenza, rispetto al saldo negativo complessivo, sono quelli dell industria agro-alimentare (3.030 imprese in più, pari ad una crescita del 2,77%), dei metalli (+853 imprese, lo 0,68% in termini relativi) e quella dei mezzi di trasporto (+373 imprese, il 4,51% in più rispetto al 2004). Tutti gli altri chiudono l anno in sostanziale pareggio o in rosso. I casi più significativi a questo riguardo sono l industria tessile ( imprese, il 3,71% dello stock), l industria del legno ( , il 2,25% in termini relativi) e l abbigliamento (1.036 imprese in meno, l 1,77% del totale di quelle registrate alla fine del 2004). Indipendentemente dal settore di attività dell impresa, vale comunque evidenziare un continuo ricambio nel tessuto economico-produttivo del nostro Paese, come testimoniano le dinamiche di entrata in stato di liquidazione o fallimento. Al di là delle implicazioni legate alla congiuntura economica, l analisi di tali stati di attività fornisce un indicazione dello stato di salute del nostro sistema, pur con le dovute differenze tra i due: infatti, pur preludendo entrambi alla chiusura dell attività, va precisato che la liquidazione rappresenta una fase talvolta fisiologica della vita di un azienda, mentre il fallimento indica la chiusura, spesso anche in modo traumatico, di un attività imprenditoriale. Dopo aver percorso un triennio in discesa ed essere arrivati al minimo storico di circa nel 2002, l apertura di procedure di fallimento ha ripreso a crescere negli anni successivi, fino a superare i nel corso del Pur cambiando la 8

8 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 composizione settoriale delle imprese entrate in fallimento (in aumento tra le attività manifatturiere e i servizi alle imprese, stabili nel commercio), non cambia invece la loro incidenza complessiva sul numero totale di imprese registrate, oscillando fra lo 0,15% e lo 0,16% nell ultimo quinquennio. L analisi dei dati sulla demografia delle imprese testimonia l esistenza di fenomeni di selezione e riorganizzazione produttiva che, attraversando ampie fasce del nostro tessuto imprenditoriale industriale, ne stanno gradualmente cambiando il profilo, determinando in molti casi una trasformazione delle specializzazioni produttive, in termini sia di nuovi prodotti offerti, sia di nuove (e più elevate) fasce di mercato servite. Una trasformazione o, potremmo dir meglio, una evoluzione che sembra stia portando alcuni nuclei imprenditoriali (quali quelli caratterizzanti alcuni nostri distretti produttivi) a formulare nuove strategie commerciali e a riprendere la strada della crescita, proponendo un Made in Italy nuovo, dove alla creatività si aggiunge la capacità di gestire reti e filiere produttive, di investire di più nella qualità, nella ricerca, nel design e nel capitale umano. Lo spostamento lungo le fasi più pregiate della filiera implica per queste aziende l integrazione a valle con altre fasi di lavorazione (dove si concentrano le quote più elevate del valore aggiunto, come nel caso della finitura per la filiera del tessile-abbigliamento) e/o con fasi di servizio alla produzione. Ed è, tra l altro, puntando sull incremento della quota di servizio incorporato nel prodotto (sia essa frutto di attività interne all impresa dalla R&S al marketing - o di acquisizione di attività terziarie all esterno) che anche le nostre produzioni tradizionali, da molti viste in crisi pressoché irreversibile, possono con successo riposizionarsi sui mercati internazionali. A tal proposito, i dati sulla demografia delle imprese offrono alcune indicazioni incoraggianti, anche alla luce delle necessarie integrazioni tra lavorazioni manifatturiere e servizi alla produzione che hanno caratterizzato il successo delle economie di molti paesi avanzati. Confrontando la rilevanza dei diversi settori di attività economica tra la fine del 2000 e la fine del 2005, è infatti possibile evidenziare alcune tendenze che, ormai da già alcuni anni, stanno lentamente ma progressivamente trasformando la struttura settoriale anche dell economia italiana. Un contributo determinante è offerto dalla nascita di imprese aperte da cittadini extracomunitari, che, per il totale dei settori economici, rappresentano addirittura un terzo dell intero saldo ( imprese) per il 2005, anno in cui hanno superato per la prima volta la soglia delle 200mila unità. Il fenomeno dell imprenditoria extracomunitaria è ormai talmente vasto da rappresentare il vero motore della 9

9 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 crescita per la tipologia aziendale delle ditte individuali nel nostro Paese. Anche nel 2005, il saldo complessivo tra le iscrizioni e le cessazioni di imprese individuali ( imprese) è infatti risultato positivo solamente grazie al contributo determinante delle nuove imprese create dagli imprenditori nati al di fuori dei confini dell Unione Europea, pari ad una crescita del 15,4% rispetto al Senza questo apporto, la base delle imprese individuali italiane sarebbe pertanto diminuita di unità. A livello territoriale, la regione che nel 2005 ha fatto registrare il saldo più elevato in termini assoluti è stata la Lombardia ( imprese), seguita da Emilia Romagna (+3.136), Toscana (+2.787) e Piemonte (+2.688). Il saldo di queste quattro regioni rappresenta esattamente il 50% della crescita totale delle imprese di extracomunitari nell anno. In termini relativi, la dinamica maggiore si registra invece in Piemonte (+20,1% il tasso di crescita nei dodici mesi), seguito dalle Marche (19,4%) e dall Emilia Romagna (+18,5%). 1.2 I PERCORSI DI CRESCITA DELLE IMPRESE ARETINE La base imprenditoriale della provincia di Arezzo non arresta la sua crescita, supera di slancio nel 2005 quota sedi principali attive ed aggiunge circa 400 unità operative rispetto alla consistenza degli anni precedenti. La componente extra agricola è ancora più dinamica e si avvicina al valore di imprese. La performance della nostra provincia è notevole, sopratutto se considerata alla luce del peso importante che localmente rivestono i settori attualmente più lenti. L intero stock delle imprese attive cresce ad Arezzo dell 1,1%, esattamente come il dato nazionale, mentre la Toscana si ferma allo 0,9%. Se invece si esclude la componente agricola, la cui presenza nel Registro Imprese è recente ed ancora alla ricerca di un assestamento ottimale, la provincia di Arezzo con un avanzamento dell 1,8% supera sia il dato regionale (+1,2%) che quello nazionale (+1,6%). Il fenomeno della natalità imprenditoriale è particolarmente complesso, risponde ad una molteplicità di sollecitazioni di mercato ed è strettamente legato al ciclo di vita delle imprese. Non sempre tutti questi processi assumono caratteristiche virtuose né il livello qualitativo delle nuove iniziative si pone con costanza sopra la media e percorre strade innovative, ma il giudizio su questa crescita non può che essere positivo. Il messaggio fondamentale è infatti quello di una tensione competitiva ben presente nel 10

10 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 territorio e di una vitalità capace di esprimere nuovi modelli organizzativi: le imprese societarie assumono un peso sempre maggiore, si allarga lo spazio dei gruppi imprenditoriali, filiere in difficoltà come quella dell oreficeria accentuano la loro presenza sul versante commerciale. La solidità dell apparato produttivo locale è confermata dalla presenza di Arezzo nel gruppo delle 28 province che hanno registrato nel 2005 la più bassa incidenza di fallimenti nelle imprese registrate. Dal punto di vista settoriale si assiste ad una netta dicotomia tra agricoltura e manifatturiero in calo ed il complesso delle attività terziarie in crescita a cui si unisce ancora una volta l edilizia. Questa accentuata polarizzazione rallenta il cammino dell artigianato la cui crescita si ferma allo 0,3%. Le attività manifatturiere mostrano una flessione più pronunciata di quella nazionale ma evidenziano maggiori difficoltà anche rispetto alla situazione regionale. Gli spazi operativi della moda si restringono rapidamente nelle attività tradizionali: in un solo anno la perdita tocca l 8%. L oreficeria perde più del 3%, anche se si registra tenuta e tendenza alla crescita nei settori collegati della commercializzazione, fenomeno condiviso dalla moda. Rimane stazionaria la meccanica mentre la crescita più significativa è segnata dall alimentare. Tra i servizi una novità è rappresentata dal ritorno in attivo del commercio, anche nella componente del dettaglio, proprio quando i consumi denunciano una stasi preoccupante. I fattori della crescita aretina appaiono tuttavia molto particolari: l ambulantato, connesso ad una trasformazione delle abitudini di acquisto, l apertura di una grande struttura outlet con attrazione extra provinciale e sempre collegata ad uno stile di consumo più sobrio, il ritorno delle attività di riparazione. Ai punti di forza ormai consolidati della crescita terziaria: servizi alle imprese e pubblici esercizi, si uniscono con tassi di crescita molto significativi i trasporti e le attività della formazione. Le dinamiche imprenditoriali dello scorso anno evidenziano un rallentamento dell'artigianato, a livello sia regionale che nazionale. Il tasso di crescita si abbassa infatti rispetto al 2004 ed approfondisce la differenza con il resto della struttura produttiva che appare più dinamico, anche perché incentrato su settori caratterizzati da andamento migliore. Il saldo 2005 è comunque positivo, seppure interamente dovuto all'edilizia, attestandosi in Toscana sullo 0,70% rispetto allo 0,92% del dato nazionale. 11

11 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 La provincia di Arezzo conferma una importante vocazione artigiana, con un peso medio del 30,8% su imprese registrate che appare molto superiore al valore nazionale fermo al 24,3% e si colloca nel primo quartile della classifica delle province italiane. Il saldo positivo dell'area aretina è tuttavia molto contenuto, limitandosi allo 0,19%, in pratica soltanto 22 imprese in più sul Le ditte artigiane aretine salgono così alla cifra di secondo la rilevazione Infocamere. Alcuni elementi emersi nel panorama nazionale vengono localmente amplificati. E' il caso della forte accelerazione delle cancellazioni che raggiungono nel 2005 un livello record e superano la barriera delle unità. Uno dei principali fattori di spiegazione risiede nell'andamento del settore manifatturiero, il cui saldo negativo incide fortemente sulla consistenza totale. Si accentua pertanto la dipendenza della crescita dalle attività legate all'edilizia, che supera per la prima volta per dimensioni il manifatturiero, fenomeno peraltro già ampiamente verificatosi a livello nazionale e regionale. La presenza di forme societarie è decisamente più significativa in provincia di quanto avvenga nella media nazionale, sia nella componente tradizionale delle società di persone che in quella innovativa per l'artigianato delle società di capitale. La tendenza non premia però il territorio aretino. Mentre infatti la crescita si concentra a livello nazionale nelle imprese societarie, in provincia si assiste ad una sostanziale stabilità. C'è infatti un significativo travaso dalle società di persone alle società di capitale che lascia inalterato il saldo finale. La micro-impresa vede una presenza sempre più massiccia di titolari extracomunitari. In valore assoluto si supera la quota di soggetti iscritti al Registro delle Imprese, con una crescita sul 2004 vicina al 14%. Arezzo figura poi in un gruppo di 25 province che si collocano nella seconda fascia di intensità per sviluppo delle ditte individuali con titolare extra-comunitario dal 2000 al 2005, il cui range va dal 130 al 170%. Le nazionalità più rappresentate fanno riferimento per il 60% all Europa dell Est, ma si mettono in evidenza anche l Africa Settentrionale e l Estremo Oriente, con l America del Sud in posizione più defilata. Per i responsabili delle politiche di sviluppo del territorio questi dati nel complesso positivi sottolineano l urgenza di alcuni obiettivi: creare le condizioni perchè le nuove imprese possano crescere assorbendo occupazione ed irrobustendosi dal punto organizzativo, aumentare il 12

12 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 numero e l efficienza delle reti di imprese, sostenere le opportunità di inserimento nei settori innovativi. Per rafforzare la qualità ed offrire prospettive solide a tutto il sistema imprenditoriale è poi importante sostenerne la competitività, anche sul fronte decisivo della presenza internazionale. 1.3 REDDITO E RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE Nel 2004 il reddito familiare medio annuo, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi previdenziali e assistenziali, è risultato pari a euro, ossia euro al mese. Rispetto alla rilevazione precedente riferita al 2002, il reddito familiare medio aumenta del 6,8% in termini nominali e del 2,0% in termini reali, ma non tiene conto delle modifiche nella dimensione della famiglia avvenute nel frattempo. A causa della maggior dinamica del numero di famiglie rispetto a quella della popolazione tra il 2002 e il 2004 (+6% nel primo caso e +1,7% nel secondo), la crescita del reddito procapite tra il 2002 e il 2004 è risultata quindi nettamente superiore a quella del reddito familiare, raggiungendo il +6,6% in termini reali. Come anticipato, tali valori medi celano tuttavia sensibili differenze sulla base delle caratteristiche familiari, confermando peraltro alcune tendenze emerse già negli anni precedenti. Se, infatti, per i nuclei con capofamiglia lavoratore autonomo il reddito è aumentato nell arco del biennio in esame dell 11,7% in termini reali, per quelli in cui il capofamiglia è invece un lavoratore alle dipendenze il reddito (espresso anche stavolta in termini reali) è addirittura diminuito del 2,1%. La dinamica redistributiva all interno delle famiglie italiane è dunque chiara, così come risulta essere chiaro, in prospettiva, il pericolo di un impoverimento ancor maggiore di alcune fasce di popolazione, considerando che ancora oggi la gran parte dei capifamiglia è composta da lavoratori dipendenti (46,6%, contro il 13,2% di autonomi) e che il reddito di coloro i quali sono in condizione non professionale (pensionati e non occupati) è al contempo salito appena del +3,2%. Anche in termini procapite, la dinamica del reddito degli indipendenti è più sostenuta (14,7%, contro il 7,6% dei lavoratori dipendenti), pur essendo il divario inferiore a quello riferito ai redditi familiari. Anche i consumi risultano crescenti in base al reddito e al titolo di studio del capofamiglia: sempre con riferimento al 2004, la spesa media per consumi si attestava a euro, il 75,1% del reddito familiare. La propensione al 13

13 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 consumo vede tuttavia un differenziale di ben nove punti tra il Nord (72,3%) e il Mezzogiorno (81,1%), con un Centro che si colloca invece in posizione poco distante dalla media (75,5%). Alcune fasce della popolazione italiana (identificabili in parte dei nuclei familiari residenti nelle regioni meridionali, in quelli più numerosi o in quelli rappresentati da un monocomponente anziano e, ancora, quelli i cui percettori di reddito sono essenzialmente lavoratori dipendenti) sembrano dunque versare in una non incoraggiante situazione economica, soprattutto con riferimento alla possibilità e alla convenienza di effettuare risparmi. L evoluzione del reddito disponibile delle famiglie italiane, nell arco temporale compreso tra il 1995 e il 2003, ha comunque evidenziato una dinamica più vivace a favore delle regioni del Mezzogiorno: in termini nominali si è trattato del +4% medio annuo, quasi mezzo punto in più rispetto al Centro-Nord. Tali tendenze si sono riflesse, nel periodo considerato, in un moderato incremento della quota percentuale del Sud sul totale Italia, passata dal 25,6% del 1995 al 26,2% del Osservando i numeri indici su base Italia è possibile quindi notare che il gap fra Nord e Sud in termini di reddito disponibile pro-capite è andato nel complesso a contrarsi lievemente, visto che il distacco del Mezzogiorno rispetto al valore medio italiano era pari a 27,1 punti nel 2002 e passa a 26,9 punti nel La provincia di Arezzo rimane ancorata alla macro-area del Centro-Nord. Si nota tuttavia uno scivolamento di posizione del PIL pro capite, che ha ormai perduto il vantaggio in passato consistente sul valore medio nazionale. Acquista invece importanza l indicatore del reddito disponibile pro capite che colloca Arezzo, a differenza di quanto avveniva negli anni scorsi, nel secondo quartile della graduatoria delle province. 14

14 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 CAPITOLO II CONGIUNTURA ECONONOMICA E COMPETITIVITA INTERNAZIONALE 2.1 LO SCENARIO NAZIONALE L espansione dell economia mondiale, avviatasi nel 2002 grazie alla ripresa dell economia statunitense e al sostegno fornito dall elevatissima crescita di quella cinese, si è rafforzata a partire dalla fine dell anno successivo. Tale fase di grande e diffuso sviluppo è proseguita fino al 2005, anno caratterizzato da ritmi di crescita sostenuti, sia pur leggermente meno accentuati rispetto al +5,1% dell anno precedente. Un rilevante contributo allo sviluppo è stato fornito dal commercio internazionale di beni e di servizi (nonostante sia aumentato solo del 7% circa, a fronte del +10,3 nel 2004) e dal permanere di condizioni finanziarie stabili ed eccezionalmente favorevoli all investimento. Le pressioni inflazionistiche restano moderate malgrado i forti rialzi delle materie prime. Ma non mancano elementi di fragilità, evidenti nel diverso passo di crescita dell economia europea rispetto a quella degli Stati Uniti e di molti paesi emergenti. A questo si aggiungano l andamento del prezzo del petrolio e gli squilibri delle bilance dei pagamenti, che, insieme alle persistenti tensioni geopolitiche, rischiano di gravare sul proseguimento del favorevole ciclo internazionale nel breve termine. Le performance rilevate a livello nazionale e per macroaree geo-politiche evidenziano l esistenza di una forbice ancora ampia tra i livelli e le modalità di crescita economica su scala territoriale. In particolare, negli Stati Uniti sono stati i consumi (sostenuti dal favorevole andamento del mercato immobiliare e dalla crescita occupazionale) a trainare l attività produttiva (+3,5% per l intero 2005), anche se nel quarto trimestre dell anno l incremento del PIL si è fermato appena al +1,7% in termini congiunturali, a fronte del +4,1 del periodo precedente. La crescita del PIL del Giappone ha beneficiato essenzialmente della ripresa della domanda interna, dopo la stagnazione che aveva caratterizzato il biennio precedente. 15

15 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 Molto elevato si è confermato anche per lo scorso anno il ritmo di crescita dei paesi emergenti (+7% nel loro complesso), in primo luogo come effetto di tassi di sviluppo ancora molto elevati nell area asiatica. Nello specifico, la crescita ha sfiorato il 10% in Cina dove il rallentamento degli investimenti è stato ampiamente compensato dal contributo sempre più forte degli scambi con l estero. L avanzo commerciale si è infatti notevolmente ampliato (nel 2005 ha superato i 100 miliardi di dollari, attestandosi sul 4,6% del PIL), non solo per una crescita ancora elevata dell export (+28,4% in valore) ma anche grazie al netto rallentamento delle importazioni (+17,6% contro +36% del 2004). L area dell euro ha invece messo a segno nel 2005 un tasso di sviluppo più contenuto di quanto previsto a inizio anno (+1,3% per il PIL). A fronte di un rafforzamento della crescita nei trimestri centrali dell anno (sostenuta dall accumulazione e dalle esportazioni, che beneficiavano dell indebolimento dell euro), l ultimo trimestre ha però subito un rallentamento, che ha ricondotto il ritmo di espansione dell attività a quello dell inizio dell anno. Il saldo del conto corrente della bilancia dei pagamenti dell area dell euro ha subito un peggioramento nel corso del 2005, passando da un avanzo di 45,6 miliardi di euro del 2004 a un disavanzo di 29,0 (pari allo 0,4% del PIL), essenzialmente a causa del più alto prezzo del petrolio. Sono aumentati anche i deficit nei redditi e nei trasferimenti, mentre si è lievemente ampliato l attivo nei servizi. Le dinamiche di crescita hanno interessato in maniera diversa i diversi Paesi dell area. Spagna e Francia hanno fatto rilevare incrementi del PIL di entità superiore alla media, mentre Regno Unito e, ancor più, Germania, sono state frenate dall indebolimento dei consumi, che, nell ultimo caso, ha quasi annullato l impulso della domanda estera. L anno da poco concluso ha visto per l Italia una crescita appena superiore allo zero, legata al ristagno della spesa delle famiglie e alla flessione degli investimenti, solo in parte bilanciati dall andamento delle esportazioni. I consumi (in particolare quelli delle Amministrazioni Pubbliche) e la variazione delle scorte hanno fornito un debole contributo, appena sufficiente a compensare il rallentamento degli investimenti e della domanda estera netta. Il valore del PIL ai prezzi di mercato ha raggiunto nel 2005 i milioni di euro (in termini correnti), con un aumento del 2,0% rispetto al 16

16 4 Giornata dell Economia Rapporto L incremento - valutato a prezzi costanti (2000) e non corretto per il numero dei giorni lavorativi - è risultato nullo (0,0%), segnando così una netta decelerazione rispetto alla dinamica dell anno precedente (+1,1 per cento). Tenendo invece conto delle correzioni per gli effetti di calendario, nell anno 2005 (che ha avuto quattro giornate lavorative in meno rispetto al 2004). Il tasso di crescita del PIL è risultato pari al +0,1% sulla base dei dati destagionalizzati e corretti per il diverso numero di giornate lavorative. A livello settoriale, il contributo più consistente (ancorché più contenuto rispetto al 2004) è venuto dalle costruzioni (+0,8%) e dal terziario (+0,7%). A fronte di tali andamenti sia pur lievemente in crescita, l agricoltura non si è invece mostrata dinamica come nell anno precedente (-2,2%) e l industria in senso stretto segnala una netta tendenza riflessiva (-1,5%), accentuando le preoccupazioni già emerse negli anni precedenti circa l effettiva capacità di riposizionamento del nostro sistema manifatturiero, anche alla luce del nuovo contesto tecnologico e competitivo internazionale. 2.2 TENDENZE REGIONALI E PROVINCIALI L economia toscana ha mostrato nel 2005 ulteriori segnali di difficoltà: gli indicatori congiunturali relativi al sistema produttivo confermano una situazione recessiva che dura ormai da 5 anni, evidenziando il perdurare di una crisi che interessa i settori di specializzazione manifatturiera della regione con particolare riferimento alle piccole imprese artigiane. La produzione dell industria manifatturiera toscana si è mantenuta in terreno negativo per il quinto anno consecutivo, ed in netto peggioramento rispetto al 2004 (-1,6%). Dopo la forte recessione dei primi due trimestri dell anno, la debole crescita della produzione osservata nell ultimo trimestre (+0,2%) ha comunque confermato i segnali di attenuazione delle difficoltà già visibili nel trimestre precedente (-0,6%). Dal punto di vista settoriale si osserva un incremento della produzione per il solo settore della meccanica, mentre elettronica e mezzi di trasporto, alimentari e bevande, legno e mobilio vedono una lieve diminuzione, seppure al di sotto del punto percentuale. Più marcati i cali della produzione dei settori metalli e prodotti in metallo (-1,0%), chimica-farmaceutica, gomma e plastica (-1,5%) manifatturiere varie (-1,2%), mentre segnali preoccupanti vengono ancora una volta dai settori di specializzazione tradizionale del manifatturiero 17

17 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 toscano (pelli, cuoio e calzature -2,2%, lavorazione minerali non metalliferi - 2,0%, tessile e abbigliamento -4,1%). L anno 2005 si caratterizza poi per la prosecuzione della forte crisi che interessa tutto il comparto artigiano, coinvolgendo ogni settore produttivo (manifatturiero e terziario) senza particolari differenze territoriali. Prosegue la recessione che ha caratterizzato i tre anni precedenti, con un ulteriore perdita media di fatturato del 4,4%, perdita che assume punte elevate per i servizi (-5,0%) e per il manifatturiero (-4,7%) e che si mostra comunque consistente anche per il comparto dell edilizia (-3,4%). All interno di ogni singolo comparto tutti i settori sono colpiti dalla crisi, che si manifesta particolarmente accentuata per il sistema moda nell ambito del manifatturiero (con perdite di fatturato del 7,2%) e per le riparazioni e i servizi alle imprese e alla persona nel comparto dei servizi (rispettivamente, -5,6% e -5,2%). Con riferimento al commercio estero, le vendite delle imprese toscane subiscono nel 2005 una contrazione dell 1,2% (contro un incremento del 4% a livello nazionale). Come per lo scorso anno sul dato ha pesantemente influito l andamento delle vendite di una grande impresa con sede a Firenze e una grossa unità locale a Massa Carrara; se si considera la variazione delle esportazioni al netto della provincia di Massa Carrara (che nell ultimo anno subisce una diminuzione in valore pari al 33,1%) notiamo infatti per il 2005 un migliore andamento del dato regionale (+1%), mentre nel 2004 avveniva l opposto. La nuova contrazione della domanda estera si accompagna ad un andamento crescente delle importazioni (+6,5%) dovuto ad una generale diminuzione dell attività produttiva regionale ma anche ad un incremento del valore degli acquisti di materie prime energetiche (+46,5% rispetto al 2004), conseguente all incremento del prezzo del petrolio. Il settore petrolio greggio e gas naturale rappresenta infatti nel 2005 il terzo settore in ordine di importanza per valore delle importazioni della regione Toscana. Sul fronte della domanda interna i consumi delle famiglie continuano a mostrare segnali di debolezza. I dati sulle vendite al dettaglio in Toscana mostrano diminuzioni in valore dello 0,6%, in attenuazione rispetto all anno precedente (-1,1%), ma ancora caratterizzate da una contrazione consumi di prodotti alimentari (-1,2%) accompagnata da ulteriori e pesanti cali per il commercio di prodotti non alimentari (-1,4%) con riferimento a tutti i comparti merceologici, dai beni di consumo ai beni durevoli. L andamento 18

18 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 generale delle vendite sembra poi caratterizzato in modo sempre più marcato dalla tipologia di esercizio, ed in generale dalla sua dimensione: la grande distribuzione vede crescere le vendite dell 1,7%, contro il -2,0% della media ed il -2,9% della piccola. Si conferma dunque la tendenza già ravvisata nel 2004 al ricorso alla grande distribuzione piuttosto che alla piccola e media, con particolare riferimento ai consumi di prodotti alimentari. La Provincia di Arezzo, a causa della sua elevata propensione all'export, continua ad essere premiata da previsioni lievemente superiori alla media nazionale, peraltro non particolarmente elevata, da parte degli Istituti specializzati. L'andamento del 2005 comincia a dare ragione a tale impostazione, pur nella diversificazione e polarizzazione del tessuto produttivo che presenta fasce ancora significative di crisi che convivono con realtà già decisamente orientate al rilancio. Segnali interessanti, sebbene soltanto accennati, provengono infatti dall'osservatorio regionale sull'industria manifatturiera. La provincia di Arezzo non presenta semplicemente già nel terzo trimestre un'attenuazione della flessione produttiva ma il possibile inizio di una inversione di tendenza con un incremento frazionario dello 0,5%, che viene ripetuto nella parte finale dell anno ed innalzato allo 0,7%. Il consuntivo 2005 contiene le perdite allo 0,6% a fronte di consuntivi regionali e nazionali più critici che indicano rispettivamente -1,6% e -1,4%. Una parte consistente del sistema produttivo, quella più organizzata e propensa all'innovazione, si è dunque rimessa in moto. Permangono significative aree di difficoltà, prevalentemente nella piccola impresa e nei settori di punta della moda e dell'oreficeria, che si traducono in performance operative deboli ed in processi di ristrutturazione che portano alla restrizione talora molto marcata del numero delle imprese. Questo dimostra che l'auspicato superamento della crisi comporta prezzi pesanti da pagare e richiede una più matura ed articolata organizzazione dei nostri distretti produttivi. L'elemento che sembra emergere è la positiva diffusione, per lo più tra la media impresa che non a caso mostra i migliori dati di andamento, di esempi di nuovo slancio competitivo e di riposizionamento sul mercato che possono rappresentare un traino per un'ampia porzione del sistema produttivo organizzato in rete. Sotto il profilo strettamente congiunturale gli indicatori non sono ancora stabilizzati e non autorizzano previsioni a breve troppo ottimistiche. 19

19 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 La problematica ancora acuta che investe la piccola impresa è messa in evidenza dall'osservatorio dell'artigianato. La rilevazione mostra alla fine del 2005 una flessione ancora pesante, sebbene in attenuazione rispetto a giugno, del fatturato: - 4,4% in Toscana. La provincia di Arezzo è pienamente coinvolta dalle difficoltà persistenti e segnala un arretramento del 4,3%. Nonostante la radicata presenza del settore attualmente più svantaggiato, il manifatturiero, il dato si riporta al di sopra della media regionale. Il profilo di edilizia e servizi è migliore del corrispondente dato regionale. Il diffuso stato di malessere è sottolineato dal cedimento di un tradizionale punto di forza dell'artigianato: l'occupazione presenta infatti un arretramento dello 0,8% in provincia, leggermente limitato rispetto allo 0,9% della Toscana. Le indicazioni più confortanti provengono dall'export. Il dato aggregato relativo al 2005 mostra una crescita a due cifre: + 12,9% che migliora sensibilmente il -1,2% della nostra regione ed il + 4% del totale nazionale. Il tono generale dei movimenti mostra un certo deterioramento rispetto alla situazione di metà anno, che non è stato avvertito a livello locale. Sul risultato aretino pesa anche il ritorno in territorio positivo dell'oreficeria, un settore che rappresenta da solo più del 40% dei movimenti di export in valore della provincia e che realizza un incremento del 13%, a fronte di un modesto 0,4% fatto segnare dal dato Italia. E' un segnale importante, che soltanto in parte può essere attribuito all'incremento al prezzo del metallo, ma non risolutivo. Gli indicatori della produzione e del fatturato, ottenuti oltre che dalle indagini congiunturali da specifici osservatori che si avvalgono di campioni allargati, mostrano infatti semplicemente una significativa attenuazione dei fenomeni negativi e non ancora una ripresa. Dall'osservazione dei dati in quantità disponibili soltanto a livello nazionale, ma significativi anche per Arezzo che rappresenta da sola più di un terzo dell'offerta italiana, emerge infatti una flessione del peso delle merci movimentate che si accompagna alla crescita monetaria prima ricordata. Ciò significa che è in atto un ritorno ad oggetti a più elevato contenuto di metallo prezioso che influenza positivamente le poste in valore ma non è ancora in grado di elevare i volumi produttivi. E' il fenomeno opposto a quello registrato negli anni passati che aveva penalizzato oltre misura gli indicatori dell'export della nostra provincia ed era stato a suo tempo sottolineato come fattore di spiegazione della divergenza rispetto all'andamento meno negativo della produzione. L'aspetto positivo dei dati 20

20 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 dell'export dell'oreficeria per la provincia di Arezzo è indubbiamente rappresentato da una ritrovata presenza sui mercati, per merito dell'azione delle imprese commercialmente più organizzate, capace di tornare a superare il benchmark nazionale. La competitività del sistema aretino è globalmente riaffermata dall'andamento generale delle esportazioni: la componente diversa dall'oreficeria è infatti capace di crescere ad un ritmo del 12,9% a fronte del 4% nazionale e del - 2% regionale. La moda si conferma protagonista mettendo a segno una performance del 6% a fronte di variazioni di riferimento in perdita dal 2 al 3%: c è tuttavia una certa fatica a mantenere le posizioni di eccellenza che erano emerse nel corso dell anno. Contributi fortemente positivi provengono dalla chimica e dalla metallurgia. Segna invece una battuta di arresto il complesso delle attività meccaniche, che si confrontava con un 2004 decisamente dinamico, e si registrano difficoltà anche nei minerali non metalliferi e nell'arredamento. Il panorama dell'agricoltura, che doveva attraversare un'annata di consolidamento dopo il significativo recupero del 2004, si arricchisce nel tempo di elementi critici. Ai risultati non esaltanti dell'olivicoltura si uniscono infatti le persistenti tendenze al ribasso che interessano i prezzi alla produzione del comparto viticolo. La competizione internazionale ed in particolare l'impatto aggressivo della Cina sta poi mettendo in difficoltà la coltivazione del pomodoro per il quale si presenta irto di grossi rischi il percorso di revisione contrattuale con l'industria conserviera. Non manca di produrre i suoi effetti sul settore zootecnico l'ondata di allarme, per la gran parte ingiustificato, che ha investito il comparto avicolo abbattendone i livelli produttivi in seguito alla presenza dell'influenza aviaria in vaste zone dell'asia e dell'europa Orientale. Si aggiungano le problematiche strutturali legate alla politica comunitaria ed in particolare il riassetto del comparto saccarifero, della tabacchicoltura e del sistema dei premi sganciati dall'effettiva produzione e si avrà la dimensione della crucialità del passaggio che l'agricoltura locale deve affrontare. Nonostante la lunga durata del ciclo positivo che si sta concludendo e la forte tensione verificatasi nelle quotazioni immobiliari, il comparto delle costruzioni manifesta un buon grado di tenuta in provincia. Non solo la struttura imprenditoriale continua ad espandersi, alimentata dalla diffusione ormai capillare dei sub-appalti per la quasi generalità delle commesse, ma la manodopera registrata ed operativa secondo i dati probanti delle 21

21 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 organizzazioni previdenziali dell'industria e dell'artigianato risulta in lieve crescita. Si tratta di un segnale interessante, in parte influenzato da fattori amministrativi che spingono alla regolarizzazione delle posizioni lavorative marginali. In regione ed anche in provincia la persistenza di una situazione critica e non completamente risolta in vaste aree della struttura produttiva tipica del territorio determina conseguenze più visibili nei servizi, che fin qui hanno assicurato la crescita complessiva dell'economia locale negli ultimi difficili anni. L'indice delle vendite al dettaglio elaborato da Unioncamere Regionale appare l'indicatore più controverso. Il profilo delle vendite, tra l'altro a valori correnti, assume in Toscana una connotazione negativa nel 2005 segnando un 0,6% e non unendosi alla parziale ripresa che prende corpo in Italia nei mesi estivi, ma tornando in territorio positivo soltanto a fine anno. La provincia di Arezzo, già in difficoltà nel primo semestre, accentua la caratterizzazione negativa nel terzo trimestre e riesce soltanto a circoscrivere le perdite nel quarto dando luogo ad un consuntivo annuale di -1,4%. Alle difficoltà specifiche della piccola distribuzione si affianca la staticità del commercio organizzato. Si diffonde pertanto in provincia un atteggiamento sempre più prudente sul fronte dei consumi, che viene sottolineato anche dal dato debole delle immatricolazioni di autoveicoli. Si tratta di una problematica evidentemente interna all'ambiente provinciale che non traspare nei flussi turistici, per i quali dopo l'incerto avvio d'anno si assiste ad una positiva correzione nei mesi estivi che assicura al territorio un incremento delle presenze nel corso del I rimanenti servizi, che comprendono la componente rivolta alle imprese e quella indirizzata ai bisogni emergenti delle famiglie, vengono stimati in attivo anche se a tassi più contenuti rispetto alle recenti performance. Convergono in questa direzione la crescita più misurata delle imprese operanti nel terziario innovativo e la percezione di un rallentamento della domanda. L'occupazione, che non può certamente essere definita un indicatore che anticipa il ciclo economico ma ne registra le conseguenze con un certo ragionevole ritardo, tocca secondo l'osservatorio Excelsior il suo punto più critico nel Il perdurare dello stato di crisi all'interno di molti settori riduce la stima dell'incremento occupazionale allo 0,1%, in posizione 22

22 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 arretrata rispetto ai dati della Toscana e del Paese. Non emergono particolari differenze tra macro-settori, esclusa la miglior dinamica dell'edilizia, quasi a mettere in evidenza che l'uscita dallo stato di difficoltà dovrà trovare validi supporti in tutte le attività economiche che caratterizzano il territorio. La Cassa Integrazione fornisce un segnale complessivamente positivo a causa della forte riduzione di interventi straordinari, ma la componente ordinaria, più legata al ciclo economico, risulta in crescita. Protesti e fallimenti presentano indicazioni contrastanti. Gli insoluti evidenziano infatti una crescita molto sostenuta, pur contenendo la dinamica ancora più elevata dei primi mesi dell anno. Sono soprattutto i titoli cambiari, a causa del sensibile incremento dell importo medio, a determinare la crescita del valore monetario dei protesti a cui non sono estranei neppure gli assegni. C è invece un significativo rientro dei fallimenti, che dovrebbe trovare ormai conferma nei dati annuali definitivi, a cui contribuiscono sia il settore industriale che quello commerciale, dove si assiste addirittura al dimezzamento dei dissesti finanziari. 2.3 LA PROIEZIONE INTERNAZIONALE DELLE IMPRESE ITALIANE Su base annua, le esportazioni hanno fatto registrare per il 2005 un incremento del +4% in valore, dato che risulta essere la sintesi di un +1,6% con riferimento ai Paesi europei e di un +7,5% verso l area extra-ue. Tale circostanza conferma quanto osservato nel recente passato circa il graduale spostamento del baricentro commerciale italiano al di fuori dell Europa, visto che la quota riferita ai Paesi extra-ue passa dal 39,4% del 2003 al 41,4% del 2005, tendenza che sembra destinata a proseguire e intensificarsi, sulla base dei risultati dei primi mesi del A livello regionale, la crescita dell export è apparsa più sostenuta laddove i prodotti petroliferi raffinati rappresentano la componente maggiormente dinamica e consistente dei flussi commerciali: la Sardegna (+34,2%), la Sicilia (+31,2%) e la Liguria (+17%). Seguono il Molise (+13,3%), l Emilia Romagna (+7,7%) e la Lombardia (+6,6%); fanalini di coda sono invece la Basilicata (-13,1%) e la Calabria (-10,5%). Il settore tessile-abbigliamento continua a perdere quote di mercato, con una flessione dell export del -1,3% in ragione d anno; il decremento più consistente è stato fatto registrare dalle regioni del Centro (-3,6%), seguite 23

23 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 da quelle nord-occidentali. In quest ultima ripartizione, tuttavia, i beni della filiera dell abbigliamento costituiscono ancora oggi il 42,2% del totale nazionale, mentre il Nord-Est e il Centro sopravanzano con riferimento al settore della pelletteria e delle calzature (rispettivamente il 30,9% e il 20% del complesso dei flussi in uscita dal nostro Paese, a fronte dell11,9% del Nord-Ovest). Le regioni dell Italia nord-occidentale mantengono salda la loro leadership nelle vendite all estero di prodotti in metallo (il 51,5% del totale nazionale) e nel campo della gomma e della chimica (visto che in entrambi i casi si concentra in questa ripartizione la maggioranza dell export in valore). Pur conservando il proprio primato nel settore della meccatronica (42,% la quota per i prodotti meccanici e 49,7% per le apparecchiature elettroniche e gli strumenti di precisione), il Nord-Ovest è tallonato dal Nord-Est, la cui incidenza sul totale nazionale oscilla tra il 30% e il 40%. Soprattutto nelle macchine e negli apparecchi meccanici, le imprese del Nord-Est sono riuscite in breve tempo ad accorciare le distanze rispetto ai leader del Nord- Ovest, tanto da contare per una quota assolutamente analoga sul totale dell export italiano di questi beni (42,3%, contro il 42,8% delle regioni centrosettentrionali, anche grazie a una crescita del +6,% nell ultimo anno). Nonostante il contributo crescente del comparto elettronico (+5,3% nel 2005 rispetto al 2004, con un picco del +8,4% per il Nord-Est), l offerta italiana all estero appare ancora poco caratterizzata dalla presenza di prodotti a più elevato contenuto tecnologico, con ricadute non certo positive sulla capacità competitiva dell intero Sistema Paese. Un discorso a parta va fatto per il settore leader del Made in Italy sui mercati internazionali, ossia quello della meccanica strumentale. È infatti a questa tipologia produttiva che è da ricondurre il saldo commerciale positivo della trasformazione industriale in senso stretto, dal momento che chiude il 2005 con un avanzo di ben 37,6 miliardi, grazie a uno slancio ancora sensibile dei flussi commerciali in uscita verso l estero (59 miliardi di export nell anno, pari al +5,3% annuo nell ultimo triennio). L incremento del valore delle esportazioni del settore è stato sostenuto in prima battuta dall incremento dei valori medi unitari (+19,2% tra il 2000 e il 2005). 24

24 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 CAPITOLO III LA RISTRUTTURAZIONE DELL APPARATO PRODUTTIVO 3.1 LA DIFFUSIONE DEI GRUPPI IMPRENDITORIALI Nel corso del 2005 si è rafforzata ulteriormente la tendenza delle imprese a nascere (o a trasformarsi) ricorrendo a forme giuridiche più complesse: è pari a ben 47mila la crescita netta delle società di capitali (il 60% del saldo), per un incremento dello stock pari, nei dodici mesi, al 4,5%. Tali percorsi di crescita e di irrobustimento strutturale del nostro apparato produttivo non sono un fenomeno recente ma ne hanno segnato le tendenze evolutive già da circa un decennio. Con specifico riferimento al periodo , le società di capitali hanno visto crescere di 3,5 punti percentuali la loro incidenza sul totale delle imprese registrate, passando dal 15,0% al 18,5%. Quasi specularmente, le ditte individuali hanno visto scendere il loro peso dal 60,9% del 2000 al 57,7% del L adeguamento della forma giuridica adottata per operare sul mercato è solo la prima delle modalità scelte dalle imprese per rimodellare la loro struttura e affrontare così le nuove sfide sui mercati italiani ed esteri. La seconda, e ancor più rilevante, modalità riguarda le strategie organizzative alla base della crescita, basate sulla capacità di relazionarsi con altre unità produttive (manifatturiere o terziarie) e di alimentare in tal modo l economia delle filiere. Filiere la cui leadership è nelle mani di imprese (spesso di medie dimensioni) in grado di controllarne i singoli anelli, non solo attraverso lo sviluppo di accordi inter-aziendali ma anche mediante l acquisizione di altre aziende o la creazione ex novo di altre unità. La logica del controllo strategico delle filiere produttive è peraltro quella che ha portato alla creazione e diffusione dei gruppi di impresa (soprattutto quelli di tipo "formale"), un fenomeno in continua crescita e in grado di spiegare, tra l altro, l ampliamento della platea delle società di capitale evidenziato analizzando la demografia delle imprese italiane. Al modello dei gruppi di impresa (che includono società di capitale, società di persone, ditte individuali e istituzioni) fa riferimento il 19,8% degli occupati in Italia, per un valore aggiunto che raggiunge il 25,2% del totale. 25

25 4 Giornata dell Economia Rapporto 2006 All'inizio del 2004, si contavano poco meno di gruppi, che controllavano circa imprese. La diffusione maggiore si ha al Nord- Ovest (39% del totale), dove peraltro sono più presenti le aziende controllate da imprese estere (circa sono i gruppi guidati da una capogruppo estera, con la Lombardia che da sola vede localizzarne sul suo territorio ben circa). Questo conferma l'esistenza di maggiori vantaggi localizzativi nell area, che spingono società esterne (ed estere) ad investire con maggiore frequenza nel controllo di imprese locali o nella creazione ex novo di società controllate. Nel Mezzogiorno, invece, il fenomeno appare nel complesso meno diffuso, in termini sia di gruppi (poco meno di 9.200, il 13% del totale nazionale), sia di imprese coinvolte (le controllate superano di poco le unità, con un incidenza sul totale pari anche in questo caso al 13%). La stretta correlazione tra il fenomeno dei gruppi d impresa e lo sviluppo economico e imprenditoriale raggiunto da un area territoriale spiega il fatto che la maggior parte dei gruppi abbia come bacino di riferimento imprese della provincia (86,2%) o della regione (4,9%) di appartenenza della capogruppo. I raggruppamenti si rafforzano soprattutto dove esiste già un tessuto economico, imprenditoriale e ambientale forte (distretti, aree urbane) e stentano a diffondersi nelle aree più deboli (e a maggiore presenza di un tessuto imprenditoriale diffuso) del Mezzogiorno, con evidenti rischi di marginalizzazione per queste regioni. Qui più che altrove, le strategie di gruppo sembrano poi dettate in primo luogo dall esigenza di integrazione a valle delle produzioni a maggiore specializzazione dell area (è il caso dell agroalimentare e dei beni per la casa, per i quali, con una concentrazione superiore al 9% delle unità in gruppo, il peso relativo al Sud è superiore rispetto a quanto rilevato nel resto del Paese) o di diversificazione nell esercizio del controllo (come per l edilizia). In generale, tra le attività industriali l organizzazione in gruppo è presente in misura maggiore nei settori ad alta tecnologia o con elevata scala produttiva: ne è la prova la quota più elevata di imprese in gruppo nella metalmeccanica (42,6% delle manifatturiere in gruppo, con una punta del 49% nel Nord-Ovest), nei beni per la casa e nel sistema moda (soprattutto nelle aree del Centro Italia, dove supera un quinto del totale). Nei casi di integrazione monosettoriale all interno del gruppo stesso, o anche nei casi di collegamento con strutture distributive controllate, mantenere le imprese 26

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