Politiche ed azioni internazionali per la protezione dello strato di ozono

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1 Politiche ed azioni internazionali per la protezione dello strato di ozono Valeria Spada Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche Università degli Studi di Foggia v.spada@unifg.it

2 Indice Introduzione Il Protocollo di Montreal e i suoi effetti Le sostanze responsabili della riduzione dello strato di ozono e i settori di impiego Conseguenze sulla biosfera della riduzione dello strato di ozono I prodotti alternativi Conclusioni e prospettive

3 Introduzione E storia relativamente recente la scoperta scientifica del buco dell ozono da parte degli scienziati americani Sherwood Roland e Mario Molina che, grazie alle loro ricerche in questo campo, nel 1995 hanno vinto il Premio Nobel per la Chimica. L ozono (O 3 ) è un gas bluastro, molto reattivo e dal peculiare odore pungente, situato prevalentemente nella stratosfera (90%), ad un altezza compresa tra 15 e 50 km sopra la superficie terrestre, mentre la parte rimanente si trova nella troposfera. Esso forma una sorta di pellicola protettiva che circonda la Terra e preserva, grazie alle sue proprietà di filtro, le diverse forme di vita animale e vegetale. La capacità filtrante dell ozono è dovuta all assorbimento di una parte importante delle radiazioni ultraviolette (UV-B), considerate pericolose e nocive per l ecosistema, regolando la temperatura sulla superficie terrestre ed evitando cambiamenti climatici repentini. Pertanto lo sviluppo della vita sulla Terra è stato reso possibile proprio grazie al ruolo di filtro esercitato dallo strato di ozono sui raggi ultravioletti.

4 . Il Protocollo di Montreal e i suoi effetti (1/4) La causa principale che ha determinato l assottigliamento dello strato di ozono è costituita dalle emissioni di sostanze di sintesi chimica, tra cui i CFC e gli Halon. Durante le prime ricerche scientifiche sulla possibile distruzione dello strato di ozono atmosferico, nell estate 1970 un gruppo di studiosi del Massachusetts Institute of Technology (MIT) espresse alcuni timori sui danni ambientali connessi all uso degli aerei supersonici. La comunità internazionale intervenne a suo tempo con particolare vigore per contrastare l emergenza ambientale. Il protocollo di Montreal, siglato nel 1987, costituisce infatti il punto di partenza di tutte le strategie adottate dai Paesi firmatari per la graduale abolizione delle sostanze lesive dell ozono. Questi si riuniscono ogni anno nella Conferenza delle parti, durante la quale sono valutate l efficacia delle misure di controllo adottate in precedenza per discutere e, se necessario, mettere a punto nuove strategie comuni. Come conseguenza, negli anni successivi molti Paesi firmatari hanno adottato una propria normativa nazionale che disciplina il controllo della produzione e dell uso di queste sostanze. L Unione Europea si è data nel tempo Regolamenti sempre più restrittivi, grazie anche all incessante innovazione tecnologica nel settore, l ultimo dei quali è il Regolamento (CE) 2037/2000.

5 Il Protocollo di Montreal e i suoi effetti (2/4) A partire dal gennaio 1994 tali sostanze sono state messe al bando nei Paesi industrializzati, mentre per i PVS ciò avverrà dal I limiti posti dal protocollo non sono, comunque, assoluti, tanto che è esplicita la previsione che una certa quantità di sostanze lesive potrà continuare a essere prodotta, quando ciò sia indispensabile per alcuni usi particolari. Questo avviene per alcune sostanze utilizzate nel settore farmaceutico (usi essenziali) oppure in particolari settori della sicurezza e in altri strategici (usi critici), dove si ritiene preferibile mantenere in esercizio le sostanze lesive fino a quando le alternative consentiranno un sufficiente grado di affidabilità. Gli scienziati hanno individuato una stretta correlazione tra la diminuzione della quantità di ozono e l incremento dei raggi UV-B che riescono a raggiungere la Terra.

6 Il Protocollo di Montreal e i suoi effetti (3/4) Essa è illustrata nella Tabella che segue: Perdita % di O 3 Incremento % UV-B Emisfero nordico, media latitudine inverno/primavera 6 7 Emisfero nordico, media latitudine estate/inverno 3 4 Emisfero sud, media latitudine tutto l anno 5 6 Primavera antartica Fonte: NASA, UNEP L ozono non forma uno strato omogeneo in ogni parte del globo terrestre ed è maggiormente presente dove più elevata è la radiazione solare, cioè ai tropici ed in entrambi i poli, soprattutto d estate.

7 Il Protocollo di Montreal e i suoi effetti (4/4) Il cosiddetto buco dell ozono non è altro che una diminuzione non uniforme dell ozono presente nella stratosfera. In passato questo fenomeno fu rilevato per la prima volta in Antartide, dalla British Anctarctic Survey Station. Oggi l estensione comprende il Sud America, l Oceania e, in misura minore, l Artide. Nel settembre 1992 la NASA ha registrato una crescita del buco sull Antartide pari a circa 23 milioni di km 2, una superficie maggiore di quella della ex Unione Sovietica. Nell anno successivo la WMO (World Metereological Organization) rilevò un assottigliamento del 20% sull emisfero nord, con punte del 40% su Scandinavia e Gran Bretagna e nuovi minimi storici sull Antartide, dove due terzi dell ozono è già andato distrutto. Le metodiche per il monitoraggio del fenomeno sono diverse e, nel tempo, si stanno standardizzando a livello mondiale, al fine di ottenere dati omogenei e confrontabili. In Europa esistono due reti di stazioni scientifiche: la prima, chiamata Esmos, si occupa di confrontare i dati raccolti con i differenti metodi di analisi; il secondo sistema, invece, dispone di proprie stazioni di rilevamento entro i confini dell Unione Europea.

8 Le sostanze responsabili della riduzione dello strato di ozono e i settori di impiego (1/6) La causa principale responsabile dell assottigliamento dello strato di ozono è costituita dalle emissioni di sostanze di sintesi chimica, tra cui i clorofluorocarburi (CFC) e i bromofluorocarburi (Halon). I clorofluorocarburi sono sostanze chimiche, contenenti carbonio, cloro e fluoro, ritenute responsabili della distruzione dello strato di ozono, per le quali dalla fine dell anno 1995 in tutti i Paesi industrializzati non è consentita nuova produzione. Essi erano utilizzati come fluidi refrigeranti, agenti espandenti nella preparazione delle schiume per materie plastiche, materie prime per fluoropolimeri ed elastomeri, solventi per la pulitura e lo sgrassaggio di metalli, di apparecchi sofisticati dell industria biomedicale e di componenti per l elettronica, materiale elettronico e propellenti per aerosol, e per tutta una serie di minori applicazioni, come fluidi dielettrici, per la sintesi di olefine fluorurate, come gas e liquidi inerti e per fluidi estinguenti Altri prodotti appartenenti alla stessa categoria dei fluorocarburi, ma meno distruttivi per lo strato di ozono, sono gli idroclorofluorocarburi (HCFC), gli idrofluorocarburi (HFC) e i fluorocarburi (FC). Alcune di queste sostanze, insieme con i sostituti not-in-kind e ai sistemi di conservazione e di riciclaggio, rappresentano soluzioni alternative temporanee per compensare il vuoto di mercato causato dalla messa al bando dei CFC.

9 Le sostanze responsabili della riduzione dello strato di ozono e i settori di impiego (2/6) Gli Halon, costituiti da bromo, fluoro e carbonio, sono sostanze antincendio chimicamente stabili e con una tossicità per l uomo relativamente bassa, introdotte intorno alla fine del Già dall inizio del secolo scorso per estinguere gli incendi e per sopprimere le esplosioni negli usi civili e militari erano utilizzati alcuni fluorocarburi, come il tetracloruro di carbonio, il bromuro di metile e il clorobromoetano, Il perfezionamento delle tecniche di utilizzo degli agenti estinguenti gassosi si realizzò grazie alla collaborazione tra l esercito americano e la Purdue Research Foundation: quest ultima definì l Halon 1301 il più sicuro ed efficace agente estinguente gassoso sulla base di una valutazione di 60 diverse sostanze. L introduzione dell Halon 1211 si deve alle Chemical Industries britanniche, mentre l Halon 2402 è stato sviluppato nel 1937 grazie alla collaborazione tra il Central Fire Resource Institute e il Ministero degli interni russi. Successivamente l Halon 2402 divenne il principale agente estinguente per la protezione degli edifici russi ed è ancora oggi utilizzato in questo Paese nei sistemi fissi estinguenti installati nei centri di calcolo e nelle sale di controllo delle centrali nucleari.

10 Le sostanze responsabili della riduzione dello strato di ozono e i settori di impiego (3/6) Gli Halon hanno dimostrato di essere agenti estinguenti molto efficaci per le loro caratteristiche tecniche positive, come la bassa tossicità che ne permette l utilizzo anche in presenza di persone, l azione tempestiva nell estinguere l incendio sin dal suo nascere, la mancanza di residui dopo l uso, la distribuzione omogenea negli ambienti, consentendo l estinzione anche di fuochi schermati non raggiungibili con le sostanze tradizionali, ecc. Per i suddetti motivi sono stati utilizzati molto diffusamente per la protezione dei rischi nelle sale computer e di controllo, nei laboratori chimici, nei veicoli militari, nei motori di aeromobili, nelle imbarcazioni civili e militari, nei depositi di liquidi infiammabili, negli archivi, musei e pinacoteche, negli impianti petroliferi, nelle centrali elettriche, ecc.

11 Le sostanze responsabili della riduzione dello strato di ozono e i settori di impiego (4/6) In seguito all impiego delle sostanze sopra esaminate i gas liberati in atmosfera raggiungono la stratosfera e interferiscono con il processo di formazione dell ozono (fotolisi), in cui le molecole di ossigeno (O 2 ) sono scisse dalle radiazioni UV in due atomi di ossigeno, per poi ricombinarsi successivamente con altro ossigeno e formare l ozono, o ossigeno triatomico (O 3 ). Il cloro, ad esempio, presente in alcune di esse, ha la capacità di interferire nel processo di fotolisi rompendo la molecola di ozono, chimicamente instabile, formando ossigeno e monossido di cloro (ClO), che può continuare a distruggere altro ozono. La WMO ha stimato che una molecola di CFC possa demolire sino a centomila molecole di ozono. La pericolosità delle sostanze in esame è da mettere in relazione con la loro enorme diffusione in numerose applicazioni, grazie ad alcune caratteristiche desiderabili, tra cui la stabilità chimica, la non infiammabilità, la bassa tossicità e la non corrosività.

12 Le sostanze responsabili della riduzione dello strato di ozono e i settori di impiego (5/6) Anche se tutte le sostanze controllate dal Protocollo di Montreal sono considerate lesive per l ozono, ognuna di esse ha un proprio diverso impatto ambientale caratteristico. L indice comunemente utilizzato per descrivere le pericolosità nei confronti dell ozono è il Potenziale di Distruzione dell Ozono (Ozone Depletion Potential ODP). Altri indici utilizzati per descrivere l impatto ambientale sono il Potenziale di Effetto Serra (Global Warming Potential GWP) che misura la capacità di interferire con i cambiamenti climatici e la Durata di Permanenza in Atmosfera (Atmospheric Lifetime ALT) che indica la durata nel tempo degli effetti ambientali che tali sostanze sono in grado di esplicare. La Tabella descrive l impatto ambientale di alcune delle sostanze summenzionate. ODP GWP (10 anni) ALT CFC CFC Halon ,1 N.D. 20 Halon N.D. N.D. Halon Fonte: Scientific Assessment of Ozone Depletion, 2002

13 Le sostanze responsabili della riduzione dello strato di ozono e i settori di impiego (6/6) Gli Halon mostrano un elevatissimo ODP, che nel caso dell Halon è 12 volte superiore a quello del CFC-11, preso come riferimento. L Agenzia per l Ambiente Americana (EPA) ha stimato che, malgrado gli Halon abbiano costituito circa il 2% della produzione totale di CFC, il loro danno sull ozono è stato pari a circa il 23% del totale. In virtù di tali caratteristiche si ritiene che la messa al bando della produzione e dell uso degli Halon consentirà il naturale processo di ricostituzione dello strato di ozono fino a ripristinarne completamente la consistenza originaria, anche se alcuni scienziati UNEP/WMO ritengono che saranno necessari almeno 50 anni.

14 Conseguenze sulla biosfera della riduzione dello strato di ozono (1/5) La vita sulla Terra è stata resa possibile grazie alla quantità di radiazioni UV che raggiungono naturalmente la sua superficie. Le variazioni dello scudo naturale che ci protegge dalle radiazioni UV, anche se di modesta entità, sono in grado di causare conseguenze molto negative sull ecosistema. Gli aspetti che preoccupano maggiormente gli scienziati sono relativi agli effetti climatici, all impatto sugli ecosistemi acquatici e terrestri e ai problemi sanitari. Effetti climatici. CFC e Halon sono sostanze che mostrano un elevato potenziale di effetto serra e possono contribuire all innalzamento della temperatura. Questo potrebbe determinare un graduale scioglimento dei ghiacci polari con il conseguente innalzamento dei livelli degli oceani e quindi un incremento del processo di evaporazione dell acqua dalla superficie terrestre, con effetto sulla misura delle precipitazioni. L aumento della radiazione UV-B, inoltre, influendo sul ciclo dell azoto, potrebbe ridurre sensibilmente la disponibilità di nutrimento per le piante, con conseguente riduzione di biomasse, riducendo ulteriormente l assorbimento dell anidride carbonica.

15 Conseguenze sulla biosfera della riduzione dello strato di ozono (2/5) Effetti sugli ecosistemi acquatici. Le conseguenze sugli ecosistemi marini sono legate alla vulnerabilità del fitoplancton, sensibile alla variazione dello spettro luminoso per via della conformazione fotosintetica e della dipendenza dall energia solare. La maggiore quantità di raggi UV-B causa una perdita di orientamento dell organismo marino, aumentando il rischio di un assorbimento eccessivo di radiazioni, con conseguente riduzione della produttività fotosintetica. E stato stimato che una diminuzione del 10% del fitoplancton impedirebbe l assorbimento dall atmosfera di 5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, determinando un aumento di temperatura nella troposfera e una diminuzione nella stratosfera. Inoltre il fitoplancton riveste una rilevante importanza per l equilibrio marino che fornisce circa il 30% delle proteine consumate dall uomo. Secondo l EPA con una perdita dell 1% del quantitativo di ozono si verificherebbe una riduzione del 5% di fitoplancton, che nella catena alimentare comporterebbe perdite pari a 7 milioni di tonnellate di pescato all anno.

16 Conseguenze sulla biosfera della riduzione dello strato di ozono (3/5) Effetti sugli ecosistemi terrestri. Le piante reagiscono in maniera differente alle radiazioni solari: quelle tropicali sono, ad esempio, più resistenti delle conifere. Le radiazioni possono causare danni al codice genetico, cambiamenti morfologici e della composizione chimica, crescita limitata e ridotta capacità fotosintetica, con conseguente diminuzione dell assorbimento di anidride carbonica. Qualora dovessero verificarsi cambiamenti nella chimica delle piante e mutamenti nelle dimensioni è prevedibile un influenza anche su altre specie vegetali e animali appartenenti al medesimo ecosistema. Questo potrebbe modificare le disponibilità alimentari e la distribuzione geografica delle specie in relazione all approvvigionamento di cibo, fino a ripercuotersi su tutta la catena alimentare, uomo compreso. Naturalmente le conoscenze scientifiche acquisite sino ad ora sono state svolte in laboratorio per risparmiare sui tempi ancora lunghi dei contesti naturali. Un settore di ricerca si sta preoccupando dello studio delle migliori varietà che reagiscono alla reazioni UV-B, per selezionare quelle che si adattano più facilmente ai cambiamenti climatici.

17 Conseguenze sulla biosfera della riduzione dello strato di ozono (4/5) Effetti sulle popolazioni umane. L Unione Europea sta finanziando progetti di ricerca volti a verificare i potenziali effetti negativi sull uomo prodotti da una maggiore esposizione ai raggi UV-B. Con ogni probabilità questi rappresentano l aspetto che suscita maggiori preoccupazioni tra la popolazione e la classe politica. La ricerca è orientata al controllo delle associazioni tra l esposizione ai raggi UV-B e i cambiamenti molecolari, con particolare riferimento alle possibili degenerazioni molecolari e all indebolimento dei sistemi immunitari. L obiettivo è di quantificare le soglie rischio legate all esposizione al sole e di identificare le possibili profilassi per contenere i danni biologici. La riduzione dei livelli di ozono potrebbe generare effetti negativi in termini di danni alla pelle, agli occhi e al sistema immunitario. Per quanto riguarda i danni alla pelle, una eccessiva esposizione alle radiazioni solari determina un precoce invecchiamento all epidermide, anche se la maggiore preoccupazione è legata all incremento dei tumori. Non è ancora certa quanta parte dell incremento di tali patologie sia dovuto a cambiamenti del comportamento personale (moda dell abbronzatura) e quanta sia invece da imputare all effettivo aumento di radiazione UV-B.

18 Conseguenze sulla biosfera della riduzione dello strato di ozono (5/5) Una recente stima ha previsto che, se non si facesse nulla per ridurre l assottigliamento dello strato di ozono, i casi di decesso per tumore della pelle nella popolazione degli Stati Uniti d America in vita oggi, o destinata a nascere entro il 2075, sarebbero pari a circa 3 milioni. L esposizione prolungata alle radiazioni UV-B dà luogo, inoltre, a problemi legati alla funzionalità visiva. I possibili danni riguardano la cornea, la retina e il cristallino. La cataratta è anche molto frequente e rappresenta la causa principale di cecità. Esposizioni prolungate ai raggi UV-B producono, inoltre, l effetto di inibizione del sistema immunitario, causando potenziali infezioni pericolose per l uomo, come alcune forme batteriche (tubercolosi), parassitiche (malaria), micotiche (leprosi) e virali (varicella e morbillo). Infine sembra che l indebolimento dell organismo possa vanificare l effetto delle vaccinazioni contro le malattie infettive.

19 I prodotti alternativi (1/2) La messa al bando dei CFC e degli Halon ha stimolato la ricerca di sostanze e/o tecnologie alternative eco-compatibili. L accettabilità di nuovi agenti sostitutivi è condizionata, innanzitutto, al soddisfacimento dei parametri stabiliti dalle normative ambientali, quali gli indicatori relativi al GWP e al ODP di cui si è trattato. Occorre, inoltre, tenere conto del contributo indiretto sul riscaldamento globale (TEWI), derivante dalla quantità di anidride carbonica associata alla produzione di energia necessaria al funzionamento e alla manutenzione dei sistemi durante l intero ciclo di vita. I cambiamenti ambientali e il deterioramento della fascia di ozono sono, infatti, fenomeni strettamente collegati e le prestazioni ambientali dei prodotti sostitutivi di quelli vietati devono essere valutate globalmente. Anche la crescita della produzione e del consumo degli idrofluorocarburi (HFC), meno dannosi per l ambiente, dovrà essere contenuta ad un livello accettabile, in quanto, alcuni di questi, pur non contenendo cloro, hanno tuttavia un GWP relativamente alto, ma rappresentano, al momento, la nuova alternativa ai CFC.

20 I prodotti alternativi (2/2) Inoltre le nuove tecnologie che non impiegano fluorocarburi dovranno rispettare l ambiente e non porre rischi aggiuntivi agli utilizzatori. L accettabilità di una nuova sostanza o di una tecnologia è spesso frutto di un compromesso tra le prestazioni ambientali delle sostanze e l efficacia delle stesse in uno specifico settore di impiego. Si tratta, infatti, di valutarne gli aspetti legati alla sicurezza, alla tossicità e alla economicità. Attualmente il mercato nazionale e comunitario dei prodotti sostitutivi è costituito, per la maggior parte, dai fluorocarburi (quali la miscela di HCFC tipo A, HFC-125, HFC-23 e HFC-227ea) e dai gas inerti (azoto, argon, anidride carbonica e loro miscele), con altre tecnologie utilizzate in applicazioni di nicchia. Altre sostanze impiegate, anche se tecnicamente non sono definite pulite, sono l acqua nebulizzata, le schiume e gli aerosol.

21 Conclusioni e prospettive (1/2) Il mercato delle sostanze sopra esaminate ha subito, dalla fine degli anni 1970, un profondo sconvolgimento, sia dal punto di vista tecnico sia economico. L affermazione scientifica delle problematiche ambientali, relative alla distruzione dello strato di ozono e all effetto serra, ha sollecitato la messa a punto di nuove tecnologie e di nuove merci rispettose dell ambiente. Ciò è stato al centro di un vivace movimento di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico, che presenta anche costi economici non indifferenti. In questa fase di transizione e di profonda trasformazione dei settori coinvolti si è costatato, però, che non esiste una singola alternativa ai prodotti in esame, poiché vi sono nicchie di mercato per le quali è relativamente semplice trovare dei sostituti, ma per altre è molto più difficile o non vi sono, al momento, prospettive valide. Occorrono anni di ricerca, di verifica di prestazione dei materiali, dei prodotti ottenuti, studi tossicologici, economici e di impatto ambientale, indagini della capacità di accettazione da parte del mercato. Questo mostra una certa resistenza ad utilizzare prodotti a carattere transitorio e la tendenza a privilegiare quelli già sperimentati, nell attesa della messa a punto di nuovi sistemi ottimali. Una delle soluzioni possibili è la scelta dei prodotti not-in-kind, ai quali si guarda con interesse, in quanto consentono di risolvere molte delle difficoltà del momento, e potrebbero rappresentare anche una prospettiva di medio e lungo termine per il settore.

22 Conclusioni e prospettive (2/2) Per quanto riguarda i progressi scientifici sulla tematica in esame, ricercatori della NASA e di altre agenzie hanno sviluppato un nuovo strumento-un modello matematico computerizzato-per predire la tempistica del recupero del buco di ozono. Il modello riproduce accuratamente l' area del buco di ozono nella stratosfera Antartica negli ultimi 27 anni. Usando il modello suddetto, i ricercatori predicono che esso scomparirà nel 2068, non nel 2050 come si ritiene comunemente. Un ricercatore del NASA's Goddard Space Flight Center ha affermato che il buco di ozono in Antartide è la conseguenza tardiva della perdita di ozono nella nostra atmosfera. Su aree lontane dai poli, come Africa o USA, i livelli di ozono si sono ridotti solo dal 3 al 6% al di sotto del livello naturale. Sull' Antartide, invece, i livelli sono inferiori del 70% in primavera. Il nuovo metodo messo a punto dovrebbe permettere di stimare più accuratamente i gas ODP sull' Antartide, e preveder come si ridurranno nel tempo. Nonostante qualche incoraggiante miglioramento a medie latitudini nell'emisfero Nord, il buco di ozono Antartico non ha ancora cominciato a ridursi in maniera significativa, il che, secondo le previsioni, non dovrebbe avvenire prima del 2018.

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