Reg. (CE) 1331/2004 Settore 1: Sorveglianza e gestione amministrativa del settore e del mercato dell olio d oliva e delle olive da tavola

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1 Campagna finanziata con il contributo della Comunità Europea Reg. (CE) 1331/2004 Settore 1: Sorveglianza e gestione amministrativa del settore e del mercato dell olio d oliva e delle olive da tavola 1.b Studi di fattibilità VERSO LA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA OLIVICOLA: TRATTAMENTO, RECUPERO E VALORIZZAZIONE DEI SOTTOPRODOTTI OLEARI

2 Il presente studio è stato realizzato su commissione di UNASCO da: L Officina GBS Soc. Cooperativa Piazza Vesuvio, ROMA Tel Coordinatore del progetto: Dr.ssa Anna Chiesura Hanno collaborato: Dr. Vincenzo Marano Dr. Pasquale De Francesco Dr. Angelo Maraglino Ringraziamenti Si ringraziano tutte le persone contattate, intervistate e incontrate durante la fase di raccolta dei dati. In particolare: il Prof. Paolo Amirante (Dip.to PRO.GE.SA, Università di Bari), il Prof. Donato Ferri (Istituto Sperimentale Agronomico, Bari), il Dr. Giorgio Pannelli e il Dr. Giuseppe Padula (C.R.A. Istituto Sperimentale di Olivicoltura, Spoleto), il Prof. Maurizio Petruccioli (Università La Tuscia, Viterbo), il Dr. Pietro Toscano, la Dr.ssa Caterina Briccoli-Bati e il Dr. Nino Iannotta (C.R.A. Istituto Sperimentale per l Olivicoltura, Rende), il Dr. Nicola Silvestri e la Dr.ssa Lucia Ceccarini (Dip.to Agronomia e Gestione dell Agroecosistema, Università di Pisa), il Dr. Costantini e Ranalli (Istituto Sperimentale per l Elaiotecnica, Pescara), il Dr. Antonio Feola (Coordinatore del Progetto LIFE TIRSAV), Vivai Attilio Sonnoli, il Dr. Altieri (CNR-Perugia), il Prof. Umberto Tomati (CNR, Istituto di Biochimica ed Ecofisiologia Vegetale, Monterotondo), il Prof. Maurizio Servili (Tecnologie e Biotecnologie degli Alimenti, Università di Perugia).

3 SOMMARIO INTRODUZIONE 3 PREMESSA 3 OBIETTIVI 4 METODOLOGIA 6 STRUTTURA DEL RAPPORTO 7 CAPITOLO I - I SOTTOPRODOTTI OLEARI I RESIDUI DI CAMPO I RESIDUI DELL ESTRAZIONE OLEARIA LE ACQUE DI VEGETAZIONE LA SANSA VERGINE LE SANSE UMIDE LA SANSA ESAUSTA 16 CONCLUSIONI 16 CAPITOLO II - LA GESTIONE DEI RESIDUI OLEARI ASPETTI NORMATIVI LO SPANDIMENTO DEI REFLUI SUI TERRENI ANALISI SWOT DELLO SPANDIMENTO IMPATTO AMBIENTALE DELLO SPANDIMENTO VALORE AGRONOMICO DEI RESIDUI OLEARI 35 CONCLUSIONI 44 1

4 CAPITOLO III - TRATTAMENTO E VALORIZZAZIONE 46 DEI RESIDUI OLEARI TRATTAMENTO DELLE SANSE SANSIFICIO RECUPERO ENERGETICO PRODUZIONE DI MANGIMI COMPOSTAGGIO e PRODUZIONE DI COMPOST DI QUALITA TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE LA FERTIRRIGAZIONE IL COMPOSTAGGIO LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE 74 CONCLUSIONI 75 CAPITOLO IV - APPLICAZIONI PRATICHE IL PROGETTO LIFE TIRSAV DESCRIZIONE DELLA TECNOLOGIA APPLICAZIONI DEL COMPOST PRODOTTO IL RECUPERO DEL NOCCIOLINO INNOVAZIONE E VANTAGGI ICARO - Indicatore di Compatibilità Ambientale dei Reflui Oleari ANALISI ECONOMICA COMPARATA 97 CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI 103 BIBLIOGRAFIA 108 2

5 INTRODUZIONE PREMESSA La crescente massa di materiale organico prodotto dall attività di estrazione olearia pone pesantemente il problema del loro smaltimento. Lo smaltimento dei sottoprodotti dell industria olearia è un problema tipico dei Paesi mediterranei dove, durante la breve e spesso piovosa stagione della raccolta, vengono prodotti piu di 30 milioni di m 3 di residui oleari, sia allo stato liquido (acque di vegetazione) che solido (sanse). Con la diffusione dei processi di estrazione a due fasi, inoltre, si è aggiunta una terza tipologia di residuo, quella delle sanse umide, che a sua volta apre la questione del loro difficile smaltimento. Le sanse umide, infatti, sono poco accettate dai sansifici per il loro scarso contenuto in olio ed elevata percentuale di umidità. I reflui oleari sono caratterizzati da un alto carico inquinante per la presenza di complessi organici difficilmente biodegradabili. Se rilasciati nell ambiente senza l adozione di pratiche adeguate possono provocare effetti dannosi all ecosistema e alle stesse colture. Proprio per i possibili rischi ambientali legati alla gestione dei reflui oleari, la legislazione vigente in materia prevede il loro spandimento sui terreni solo a determinate condizioni e nel rispetto di precisi quantitativi. La normativa vigente in materia ( L. 574/96, "Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari") consente infatti lo spandimento controllato delle acque di vegetazione su terreni adibiti ad usi agricoli. Oltre e fissare precisi limiti quantitativi e prevedere vincoli fisici e ambientali, la suddetta normativa richiede che lo spandimento sia subordinato alla presentazione al sindaco di una relazione tecnica redatta da un agronomo o perito agrario, agrotecnico o geologo. Le norme della legge si applicano in ugual modo anche alle sanse umide. La normativa non dà pero indicazioni sul momento migliore per la distribuzione dei reflui, né sulle modalità di incorporazione nel terreno, o tantomeno su possibili effetti fitotossici per le colture. A quasi 10 anni dall emanazione della legge, tuttavia, non è ancora possibile esprimere un giudizio definitivo sulla sua efficacia e molte questioni restano ancora aperte circa i reali vantaggi agronomici di tale pratica, nonché sulle condizioni agroambientali per un uso ottimale dei reflui oleari. Molti studi sono stati condotti da Università e Istituti specializzati per valutare gli effetti dello spandimento dei residui 3

6 oleari su diverse colture, e alcuni di essi sono riportati in questo studio. Vista l impossibilità di rendere conto di tutti, si rimanda il lettore interessato ad approfondire l argomento tramite l estesa bibliografia nazionale ed internazionale annessa. Ma se molto si è parlato e studiato circa la pratica dello spandimento, molto si è anche scoperto e sperimentato circa l efficacia e l opportunità di pratiche alternative di gestione dei sottoprodotti oleari. Tali pratiche hanno affrontato la questione del loro smaltimento non in termini di gestione di residui, ma piuttosto in termini di valorizzazione di risorse, mirando a tecnologie di trattamento e recupero di biomasse potenzialmente utili. I sottoprodotti del ciclo di raccolta, lavorazione ed estrazione olearia, infatti, sono caratterizzati da contenuti elevati di sostanza organica e altri composti ad azione ammendante e fertilizzante, utili a migliorare le caratteristiche chimico-fisiche dei nostri terreni, sempre piu poveri di sostanza organica a causa dei fenomeni di erosione e desertificazione tipici dei Paesi mediterranei. Se conosciute e sfruttate dagli agricoltori, tali pratiche possono fornire un valido contributo al crescente problema dell impoverimento di sostanza organica requisito fondamentale della fertilità - tipico dei suoli mediterranei. Esse inoltre consentono il contenimento degli interventi di concimazione, con gli evidenti vantaggi economici, oltre che ambientali, che ne conseguono. Occorre infine ricordare che diffondere e promuovere pratiche sostenibili di recupero e valorizzazione delle risorse è compito ormai imprescindibile per un olivicoltura moderna. attenta alla qualità tanto dei prodotti, quanto dei processi. Un olivicoltura, quella che si va delineando, sempre piu chiamata a svolgere oltre alla sua fondamentale funzione produttiva ed economica anche un azione multifunzionale, attraverso la fornitura di servizi sociali e ambientali, quali la preservazione del paesaggio e l adozione di tecnologie pulite. OBIETTIVI Lo smaltimento controllato dei residui oleari tal quali in campo ammesso dalla normativa vigente presenta aspetti controversi, e spesso non sufficientemente conosciuti dagli operatori del settore. Inoltre, le continue sperimentazioni e ricerche scientifiche effettuate nel settore propongono tecnologie di trattamento e valorizzazione dei residui oleari, alternative allo smaltimento, e molto interessanti sia per i loro risvolti di natura ambientale, che economica e di diversificazione del reddito 4

7 all interno della filiera oleicola. Anche qui, tuttavia, le informazioni non sono spesso sufficientemente diffuse a livello di tecnici e operatori del settore. Obiettivo primario di questo studio è quello di condurre un indagine conoscitiva sullo stato dell arte delle tecniche di trattamento, recupero e valorizzazione dei residui, nonché dei loro possibili impieghi nei vari campi di applicazione. In particolare, lo studio si è posto i seguenti obiettivi: approfondire le conoscenze relative alla produzione e alla gestione dei sottoprodotti della lavorazione olearia nel panorama italiano; documentare vantaggi e limiti dell attuale gestione dei sottoprodotti oleari; descrivere le strategie alternative di trattamento e valorizzazione dei sottoprodotti oleari volte a diminuirne il carico inquinante e a trasformarli in prodotti a maggior valore aggiunto; analizzare i possibili mercati di sbocco per i prodotti derivati dal trattamento, recupero e valorizzazione dei sottoprodotti oleari; definire strategie atte a risolvere la gestione sostenibile dei sottoprodotti oleari nelle diverse situazioni territoriali, nell ottica della salvaguardia ambientale e del recupero di una risorsa potenzialmente riutilizzabile; fornire materiale di base e casi di studio concreti per l implementazione di misure ambientali nell ambito dei futuri programmi triennali, considerato, oltretutto, il crescente peso dell Ambiente nei nuovi programmi comunitari; trasferire le conoscenze maturate nell ambito della ricerca accademica e tecnologica alle associazioni dei produttori e agli altri operatori del settore; sensibilizzare produttori, frantoiani e tecnici delle associazioni olivicole al fine di orientare l intera filiera olivicola verso buone pratiche, sostenibili sia dal punto di vista ambientale che economico. Occorre qui ricordare che l obbiettivo generale del presente studio è da inserirsi nel piu ampio impegno da parte di UNASCO per la diffusione di pratiche colturali ecocompatibili, come quelle promosse attraverso i tre metodi di produzione (Buone Pratiche Agricole, Agricoltura Integrata e Biologica) disciplinati dal Sistema di qualità UNASCO. Non ultimo per importanza, infine, l obbiettivo che il presente studio si propone è quello di fornire agli operatori olivicoli spunti utili e informazioni tecniche per la 5

8 progettazione di attività compatibili con i settori d intervento previsti dai programmi triennali, che inizieranno a partire dal 1 Marzo All interno di ben due Misure ( Miglioramento dell Impatto Ambientale dell Olivicoltura e Miglioramento della qualità della produzione) prevedono tra le attività ammissibili quelle legate al recupero e/o riutilizzo dei sottoprodotti dell industria olearia (2c) e all Utilizzo delle acque di vegetazione per fertirrigazione e delle sanse umide come ammendante del terreno agrario attraverso l utilizzo di mezzi idonei per lo spargimento (Legge 574/96) e/o utilizzo delle sanse per compost e/o per energia e combustibile (3c). METODOLOGIA Al fine di ottenere una mole di dati quanto piu completa ed esaustiva della realtà esistente, lo studio qui presentato si è avvalso di molteplici fonti. Si è ricorsi, infatti, sia a dati secondari (letteratura nazionale e internazionale, pubblicazioni scientifiche di settore, siti on-line e materiale multimediale) che a dati primari, con indagini sul campo, interviste a ricercatori presso enti di ricerca visite presso impianti e aziende, partecipazione a convegni, nonché testimonianze dirette di operatori di settore (Figura 1). Figura 1 Schema d indagine metodologica DATI PRIMARI DATI SECONDARI _ Interviste _ Visite sul campo _ Incontri e convegni di settore METODOLOGIA Pubblicazioni scientifiche Bibliografia n a z i o n a l e internazionale e Nel contesto del presente studio si è preferito definire i residui della lavorazione olearia con il termine sottoprodotti oleari, piuttosto che il piu comunemente usato reflui oleari, per due motivi: - non tutti i residui si presentano allo stato liquido, come il termine refluo lascia invece intendere; 6

9 - non tutti i residui devono essere necessariamente smaltiti. Come si vedrà alcuni possono essere riutilizzati come materia prima per ulteriori trattamenti e impieghi. Per ragioni di comodità espositive indicheremo i sottoprodotti oleari con l acronimo SOL. STRUTTURA DEL RAPPORTO Lo studio riportato nel presente rapporto è stato articolato secondo il seguente piano espositivo: CAPITOLO I I SOTTOPRODOTTI OLEARI Si riportano le tipologie e le caratteristiche dei vari sottoprodotti generati dalla trasformazione delle olive CAPITOLO II LA GESTIONE DEI SOTTOPRODOTTI OLEARI Si descrivono i vari aspetti normativi e ambientali legati alle principali metodologie di gestione dei sottoprodotti oleari. Si passa poi all analisi SWOT della pratica dello smaltimento diretto in campo CAPITOLO III TRATTAMENTO E VALORIZZAZIONE DEI SOTTOPRODOTTI OLEARI Si descrivono alcune tecnologie di trattamento e valorizzazione dei sottoprodotti oleari CAPITOLO IV APPLICAZIONI PRATICHE Si riportano alcuni casi studio relativi ad applicazioni pratiche delle tecnologie alternative CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI BIBLIOGRAFIA 7

10 CAPITOLO I - I SOTTOPRODOTTI OLEARI L oliva e, quindi, l olio rappresentano una minima parte della biomassa prodotta nell ambito della filiera olivicola-olearia. Nella filiera olivicolo-olearia possono essere individuate due grandi tipologie di sottoprodotti: residui di campo: olive non raccolte, residui di potatura e di raccolta delle olive (legna, frasca, foglie); residui di estrazione olearia: sansa vergine (piu o meno umida a seconda delle tecnologie estrattive), acque di vegetazione, sansa esausta. Nei paragrafi che seguono si descrivono le caratteristiche dei sottoprodotti appartenenti alle due tipologie I RESIDUI DI CAMPO Pur non rientrando nell oggetto del presente studio, tratteremo brevemente dei residui di potatura e della raccolta, poiché costituiscono una tipologia di sottoprodotto potenzialmente riutilizzabile, oltre che quantitativamente importante. In Tabella 1 si riportano alcune caratteristiche chimico-fisiche delle biomasse prodotte dalle operazioni di potatura dell olivo. Tabella 1 - Caratteristiche chimico-fisiche delle biomasse da potatura dell olivo CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE FRASCA LEGNA Quantità di residuo tal quale / 100 kg di olive trasformate in olio (kg) Contenuto d acqua nel residuo (%) Quantità di residuo secco / 100 kg di olive trasformate in olio (kg) 31,2 9,4 Rapporto C/N (% sul secco) 33,0 128,2 Potere calorifico inferiore (kj/kg) Contenuto energetico del residuo /100 kg di olive trasformate in olio (KJ/kg)

11 Fonte: Amirante e Pipitone Dai dati riportati in Tabella 1 è possibile rilevare che, tra i residui di potatura, la frasca è quello che fornisce la maggior quantità di biomassa e, quindi, il maggiore contenuto energetico. La sua ridotta utilizzazione attuale dipende solo dalle difficoltà tecniche ed economiche del recupero (Amirante e Pipitone). Foglie e ramaglie di diverse dimensioni costituiscono invece i residui delle attività di raccolta delle olive. La loro quantità varia quindi in funzione del tipo di raccolta condotto in campo. Sono gli scarti piu ricchi di sostanza secca e cellulosica. In alcuni casi le foglie, eliminate durante le prime fasi della lavorazione tramite aspirazione, sono destinate all alimentazione animale o al riporto sul terreno tramite interramento e conseguente apporto di sostanza organica. La diffusione della raccolta meccanica ha portato a quantità crescenti di questo tipo di sottoprodotto. Le quantità di questa tipologia di sottoprodotto sono difficili da stimare, e variano in funzione dei sistemi di raccolta utilizzati. In peso possono oscillare tra il 2 e il 15% del carico totale di olive, con una densità di kg/m 3 (Pubblicazione UNEP, 2000). 1.2 I RESIDUI DELL ESTRAZIONE OLEARIA I processi tradizionali di estrazione dell'olio d'oliva richiedono notevoli quantità di acqua, variabili tra i 40 ed i 150 litri per ogni quintale di olive macinate. Questo comporta la produzione di notevoli volumi di reflui da trattare. Inoltre, l'evoluzione della tecnologia di estrazione verso sistemi di lavorazione in automatico tende ad utilizzare impianti continui che puntino all'utilizzo del sistema centrifugo per la separazione delle fasi, eventualmente accoppiato con altri metodi di estrazione (impianti misti a doppia estrazione). Pertanto, gli impianti di estrazione olearia si sono, attualmente, specializzati secondo due direzioni, che prevedono sempre una riduzione sensibile di acqua in fase di processo. Infatti l'acqua aggiunta può essere nulla se le olive presentano un umidità del 50%, o di kg per 100 kg di olive se la pasta olearia ha una umidità iniziale del 40 45%, in modo che, anche in tale nuova composizione, la sua umidità, durante il processo di estrazione, non scenda al di sotto del 50%. I suddetti sistemi innovativi di estrazione per centrifuga prevedono che la pasta olearia possa essere frazionata in due sole fasi (olio e sansa molto umida) oppure in tre fasi (olio, sansa meno umida e piccole frazioni d acqua). 9

12 L attività molitoria dei frantoi italiani produce annualmente, in media, oltre 3 milioni di tonnellate di reflui (sanse ed acqua di vegetazione). I moderni sistemi di estrazione centrifuga degli oli (impianti continui ), frazionano la pasta derivata dalla frangitura delle olive in due fasi, olio e sansa molto umida (58-62%), oppure in tre fasi, olio, sansa con umidità del 48-54%, ed elevate quantità di acqua. Con i decanter a riciclo d acqua (due fasi e mezzo) si ottiene una sansa meno umida rispetto agli impianti a due fasi e minori quantità di acque di vegetazione rispetto ai tre fasi. I vari passaggi previsti dalle due tipologie estrattive (a due o a tre fasi) con i relativi tassi di umidità e aggiunta di acqua nelle diverse fasi sono rappresentati schematicamente in Figura 2. Figura 2 Estrazione a due e a tre fasi Pertanto, estraendo l olio con impianti a due uscite non vengono prodotte acque di vegetazione, ma l umidità della sansa risulta piuttosto elevata (58-62%), il che crea problemi in fase di gestione (spandimento tal quale sui terreni) e/o successiva 10

13 trasformazione (estrazione al solvente o combustione). Lavorando, invece, a tre uscite, con gli impianti tradizionali si ottiene una sansa con un umidità accettabile (48-54%) e elevate quantità di acqua di vegetazione. In Tabella 2 si riportano i dati relativi alla quantità di acqua aggiunta per tecnologia di estrazione e le caratteristiche dei sottoprodotti generati. Tabella 2 - Bilancio di massa nell'estrazione centrifuga a due e tre fasi TECNOLOGIA DI ESTRAZIONE ACQUA AGGIUNTA (%) SANSA KG/100 KG OLIVE UMIDITÀ SANSA (%) A.V. (KG/ 100 KG OLIVE) Due fasi Tre fasi Tre fasi a riciclo d acqua Infine, per avere un idea dei quantitativi di residui solidi e liquidi prodotti dall industria olearia, si riportano in Tabella 3 i dati del Consiglio Oleicolo Internazionale relativi alle produzioni medie mondiali e nazionali di olio e reflui. Tabella 3 Produzioni medie di olio e sottoprodotti oleari in Italia e nel mondo PRODUZIONI DI OLIO E REFLUI OLEARI (.000 T) Olio 1 Sansevergini 2 Sansa umide 2 Acqua di vegetazione 2 ITALIA UE MONDIALE (1) medie delle campagne 1990/ /98. (2) stime basate sulle produzioni di olio certe, considerando una resa di estrazione dell olio pari al 20% e una diffusione del sistema a 3 fasi continuo pari al 70 % del totale, del sistema a 2 fasi continuo pari al 20% e del sistema a 3 fasi discontinuo (tradizionale) pari al 10%. Nei paragrafi successivi si procederà alla descrizione delle due principali tipologie di sottoprodotti dell attività estrattiva: le acque di vegetazione (sottoprodotto liquido), le sanse vergini (sottoprodotto solido) e le sanse umide. 11

14 1.2.1 LE ACQUE DI VEGETAZIONE Le acque di vegetazione (AV) rappresentano il sottoprodotto liquido proveniente dal processo di estrazione dell'olio. Le AV sono costituite essenzialmente da: _acqua di costituzione dell olive con un modesto residuo d olio; _acqua di lavaggio delle olive e degli impianti; _acque di diluizione delle paste negli impianti continui. La produzione nazionale di AV si stima ingente (Tabella 4) Tabella 4 Stima dei quantitativi al frantoio di acque di vegetazione TIPOLOGIA FRANTOIO FRANTOI (NR) OLIO OTTENUTO (T) AV Integrale Pressione Continuo Percolante Misto Altro Totale Fonte: Elaborazione su dati Agecontrol, 2004; Cnr, 1998 Caratteristiche chimico-fisiche delle acque di vegetazione Le caratteristiche chimico-fisiche di queste sostanze variano sostanzialmente in relazione al metodo di estrazione adottato. Nel metodo di estrazione per pressione, quello tradizionale, le AV sono composte unicamente dall'acqua e da altre sostanze solubili presenti nella drupe. Nel caso invece dell'estrazione per centrifugazione, detto anche sistema a ciclo continuo, a quanto sopra si aggiunge l'acqua utilizzata per diluire la pasta di olive. E' evidente come nel primo caso viene prodotto un refluo assai più concentrato. Tali reflui, inoltre, contengono in soluzione allo stato colloidale e in sospensione numerosi composti organici e inorganici con tenori totali di sostanze secche oscillanti tra il 3.5 e il 20% (Tabella 5) dovuti ai differenti volumi di acqua utilizzati nei diversi processi di trasformazione e alla durata dello stoccaggio. 12

15 Tabella 5 Caratteristiche chimico-fisiche delle AV per tipologia d estrazione PARAMETRO CONTINUO O CENTRIFUGAZIONE DISCONTINUO A PRESSATURA RANGE MEDIA RANGE MEDIA ph Acqua (%) Composti organici (%) Sostanze grasse (%) Sostanze azotate (%) Zuccheri (%) Acidi organici (%) tracce Polialcoli (%) Pectine, mucillagini, tannini (%) Glucosidi - Tracce - tracce Polifenoli (%) P 2 O 5 (%) CaO (%) K Na 2 O Solidi sospesi (%) Sost. secche a 105 o COD (g/l) BOD 5 (g/l) Fonte: Pacifico, 1989 La notevole variabilità nel valore dei costituenti totali è legata ai volumi di acqua utilizzati nei diversi processi di trasformazione e alla durata dello stoccaggio nelle vasche di raccolta. Il tempo di permanenza ha, poi, influenza diretta sul peso di alcuni componenti organici facilmente fermentescibili, sull entità della sedimentazione dei solidi sospesi, e sulla concentrazione dell estratto etereo in caso si recuperano le sostanze grasse affioranti (Celano et al., 2005). 13

16 Altri composti importanti sono i polifenoli i quali esercitano una funzione fitotossica sulle piante erbacee sia pure limitata a poche settimane data la loro estrema degradabilità alla luce e all'aria. Per quanto riguarda invece le informazioni relative alla caratterizzazione microbiologica delle AV, si riscontra invece una carenza di dati. Dalle analisi sinora eseguite su AV di diversa provenienza emerge come la popolazione microbica è prevalentemente costituita da batteri cellulosolitici, mentre assenti risultano i nitrificanti. Sono presenti, invece, anche se in numero minore, lieviti e funghi, molti dei quali pectinolitici. Del tutto assenti risultano gli actinomiceti LA SANSA VERGINE La sansa è invece il sottoprodotto solido della lavorazione delle olive. A seconda della tecnologia di estrazione adottata variano i quantitativi di sansa prodotti (Tabella 6). Ciò che caratterizza maggiormente questo sottoprodotto é l'umidità residua che può variare in ragione del 25-30% sul totale della massa in virtù del metodo di estrazione. Tabella 6 Stima delle quantità di sansa fresca prodotta per tipologia di frantoio TIPOLOGIA FRANTOIO FRANTOI (NR) OLIO OTTENUTO (T) SANSA PRODOTTA (T) Integrale Pressione Continuo Percolante Misto Altro Totale Fonte: elaborazione su dati Agecontrol, 2004; Cnr, 1998 La sansa vergine di oliva presenta caratteristiche simili, sia che provenga da impianti a pressione che da impianti centrifughi, ad eccezione dell umidità che passa da valori del 25-30% negli impianti a pressione, a valori del 48-54% negli impianti centrifughi tradizionali (Tabella 7), mentre negli impianti centrifughi a due fasi l umidità sale a valori pari al 58-62% ed in quelli a risparmio d acqua risulta pari al %. 14

17 Tabella 7 Caratteristiche chimico-fisiche della sansa vergine da impianto tradizionale a 3 fasi PARAMETRI VALORI Umidità ph 5.20 Azoto totale (come N) (%) 0.96 Fosforo totale (come P 2 O 5 ) 0.56 Carbonio organico totale (%) Rapporto C/N Carbonio organico totale estratto (%) Carbonio umificato estratto (%) Carbonio non unificato estratto (%) Grado di umificazione (DH) (%) Tasso di umificazione (HR) (%) Indice di umificazione (HI) (%) 1.65 Fonte: Progetto Life-TIRSAV LE SANSE UMIDE Per venire incontro alle esigenze degli operatori dell industria olearia è stato messo a punto un sistema di estrazione centrifuga che pota alla riduzione del consumo di acqua e alla riduzione delle quantità di AV prodotte. Con l introduzione dei decanter centrifughi a due fasi, infatti, all uscita del ciclo estrattivo si hanno due sole frazioni: olio e sansa vergine il cui contenuto di umidità risulta essere mediamente intorno al 60% contro il 48-54% di quello ottenuto con il sistema tradizionale. Questo aumento del tenore in acqua delle sanse cosi prodotte, e per questo dette sanse umide (SU), ha di fatto posto il problema relativo al loro smaltimento. Le SU infatti presentano un umidità eccessiva per essere accettate dai santifici, per i quali la voce che piu incide sui costi di produzione è proprio quella legata all essiccamento fino ad un umidità dell 8% che precede l estrazione dell olio a mezzo di solventi organici (esano). Ulteriori problemi legati allo smaltimento delle sanse umide riguardano il loro trasporto, dato che risultano difficilmente palabili e richiedono, al contrario delle sanse asciutte, cassoni stagni. 15

18 1.2.4 LA SANSA ESAUSTA Con un processo di estrazione dell olio dalle sanse vergini con solvente (esano) si ottengono l olio di sansa e le sanse esauste. L olio di sansa è un diretto concorrente dell olio di oliva vergine di qualità e richiede una spesa energetica dieci volte superiore a quella necessaria per l estrazione meccanica dell olio dalle olive, oltre a generare rifiuti tossici e ad usare composti chimici di sintesi dannosi all ambiente e alla salute umana. Le caratteristiche della sansa esausta sono riportate in Tabella 8. Tabella 8 Caratteristiche della sansa esausta dopo estrazione con solvente Olio (%) Nocciolo (%) Pellicola (%) 8-12 Polvere (%) Umidità (%) 7-12 Fonte: Quaderni PANDA CONCLUSIONI Da quanto descritto in questo capitolo, si deduce che le caratteristiche dei sottoprodotti oleari dipendono in gran parte dalla metodologia di estrazione dell olio adottata. L'evoluzione della tecnologia di estrazione verso sistemi di lavorazione in automatico tende ad utilizzare impianti continui che puntino all'utilizzo del sistema centrifugo per la separazione delle fasi, eventualmente accoppiato con altri metodi di estrazione (impianti misti a doppia estrazione). I suddetti sistemi innovativi di estrazione per centrifuga prevedono che la pasta olearia possa essere frazionata in due sole fasi (olio e sansa molto umida) oppure in tre fasi (olio, sansa meno umida e piccole frazioni d acqua). La diffusione degli impianti centrifughi, generalemente dotati di alta capacità giornaliera, ha consentito di ridurre i costi della manodopera ed i tempi di stoccaggio delle olive con indubbi vantaggi per la qualità dell olio prodotto, specie nelle regioni meridionali del Paese (Cucurachi, 1975). Anche il sistema continuo della centrifugazione presenta, tuttavia, degli inconvenienti dovuti soprattutto alla necessità di impiegare acqua calda per la diluizione delle paste da 16

19 avviare al decanter, che determina la riduzione del tenore di antiossidanti naturali degli olii (De Felice et al., 1979; Di Gioacchino et al., 1980; Di Gioacchino et al., 1992) e l incremento dei volumi di acque di vegetazione prodotti dall oleificio. Per ridurre tali inconvenienti è stata prospettata la possibilità di riciclare le acuqe di vegetazione appena prodotte utilizzandole per la diluizione della pasta di olive, prima del suo avvio al decanter in sostituzione dell acqua di rete (Cioni, 1991; Amirante et al., 1992). I risultati conseguiti con questa tecnica mostrano che il tenore di polifenoli totali dell olio aumenta del 30% circa e che il volume delle acque di vegetazione di riduce del 35-40%. Un ulteriore miglioramento nella tecnologia di estrazione dell olio dalle olive si è registrato con la comparsa di decanter centrifughi che consentono la separazione della fase oleosa, dalla pasta di olive gramolata senza l aggiunta di acqua: la quantità di acque di vegetazione è quasi annullata e ben conservato risulta il patrimonio di antiossidanti naturali (Di Gioacchino et al., 1994). Accanto a tali vantaggi, tuttavia, è da registrarsi un aumento dell umidità delle sanse nelle quali confluisce tutta l acqua di costituzione delle olive. In conclusione, nella figura che segue si riassume lo schema di flusso dei prodotti all interno di ogni singola tipologia estrattiva: a) processo tradizionale; b) sistema con decanter a tre fasi; c) sistema con decanter a due fasi. 17

20 CAPITOLO II - LA GESTIONE DEI RESIDUI OLEARI Una volta descritte le tipologie e le caratteristiche dei principali sottoprodotti oleari, in questo capitolo si esaminano i vari aspetti normativi, ambientali, agronomici - legati alla loro gestione. Dopo aver descritto le tecniche consentite dalla normativa vigente, si analizza quella piu comunemente praticata: lo spandimento tal quale sui terreni. Tramite analisi SWOT (Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats) si elencheranno pro e contro dello spandimento diretto in campo dei reflui tal quali, al fine di comprendere in maniera completa ed oggettiva le varie componenti in gioco, dal rischio ambientale alla convenienza operativa ed economica, e le possibili soluzioni per impieghi futuri a maggior valore aggiunto. 2.1 ASPETTI NORMATIVI Una prima ricognizione dell attuale normativa in materia di riciclo dei reflui oleari, suggerisce di adottare, come uno dei possibili criteri per uno studio più approfondito della stessa normativa, un metodo di analisi basato su: - le diverse tipologie di reflui prodotte dalla filiera olearia; - le diverse fasi di gestione per ciascuna delle tipologie di reflui Ricordiamo quindi le tre principale tipologie di sottoprodotti: Acque di vegetazione, prodotte dagli impianti di estrazione tradizionali, e, in minori quantità, dagli impianti centrifughi innovativi "a tre fasi". Sansa vergine (o sansa umida) avente un umidità pari a circa 65-70%, derivante dagli impianti centrifughi innovativi "a due fasi". Sansa esausta, prodotta dai sansifici a partire dalle sanse relativamente secche derivanti dagli impianti di estrazione tradizionali (sanse con umidità del 30% in uscita dai frantoi) e dagli impianti centrifughi innovativi "a tre fasi" (sanse con umidità del 45-50% in uscita dai frantoi), oppure prodotta dai sansifici a partire dalla sansa vergine. A questa prima suddivisione funzionale per l analisi della normativa specifica è associabile una seconda, basata sulle diverse fasi di gestione per ciascuna tipologia: fase di stoccaggio; fase di trattamento; fase di trasporto; fase di applicazione al terreno 18

21 fase di scarico; altre destinazioni dei reflui oleari. Di seguito si analizzano nel dettaglio le leggi che normano le varie fasi e tipologie ACQUE DI VEGETAZIONE Stoccaggio Per quanto riguarda lo stoccaggio, il problema che innanzi tutto si pone risulta essere quello di verificare la vigenza o meno dell art. 6 della L. 11 novembre 1996, n. 574 dopo l entrata in vigore del D. Lgs. n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni, ovvero di stabilire il coordinamento tra le due normative. Lo stoccaggio, tendenzialmente, risulta considerato come deposito e quindi incluso nelle operazioni di smaltimento e assoggettato alla disciplina dei rifiuti. Ma per quanto riguarda le acque di vegetazione lo stoccaggio in vasche all interno del frantoio o in vasche di evaporazione richiede solo l obbligo della preventiva comunicazione, secondo quanto si può ricavare dalla legge n. 574/96 (obbligo che non risulta neppure sanzionato). Il regime alleggerito è stabilito solo se le acque di vegetazione sono destinate ad utilizzazione agronomica, secondo alcuni, in caso contrario si applicano le norme del decreto n. 22/97 sui rifiuti Trattamento Per quanto riguarda la fase di trattamento delle A.V., sulla base della normativa sono possibili due diverse destinazioni di tale refluo: utilizzazione agronomica scarico Nel caso dell utilizzazione agronomica, la normativa di riferimento è costituita dalla legge n. 574/1996. Tale legge non prevede alcun intervento preventivo rispetto all utilizzazione agronomica delle AV. Per questa ragione essa non sembra disciplinare e neppure prevedere alcuna forma di trattamento, sia pure estremamente semplice quale la diluizione delle AV con acqua. Il problema che si pone è quello di verificare la conferma o meno della necessità o opportunità di interventi di trattamento delle AV prima della loro utilizzazione agronomica, alla luce di quanto stabilito dal recente decreto del Ministero dell Ambiente, recante norme relative alla "Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 19

22 febbraio 1997, n. 22". Secondo tali norme le AV possono essere recuperate mediante la: "Produzione di fertilizzante allo stato fluido conforme alla L. 19 ottobre 1984, n. 748", cioè la legge il cui titolo recita: "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti". Se le AV non sono, ovvero non possono essere, utilizzate agronomicamente, è necessario ricorrere al preventivo trattamento. I prodotti risultanti dal processo di depurazione (e la relativa disciplina) possono essere così schematizzati: _ Fase liquida. La normativa di riferimento è la cosiddetta legge Merli e successive modifiche ed integrazioni _ Fase solida (fanghi di risulta). La normativa di riferimento, relativa alle fasi di trattamento e di scarico che risultano in questo caso funzionalmente connesse tra loro, è costituita dal D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99 (avente come titolo: "Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell ambiente, in particolare del suolo, nell utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura"), da leggersi unitamente alla Legge 19 ottobre 1984, n. 748 e succ. modif. (avente come titolo: "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti"). Tali normative non risultano essere state abrogate dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Infatti, l art. 8, comma 1, lett. d) del "decreto Ronchi" stabilisce che sono esclusi dal proprio campo di applicazione, in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge: "le attività di trattamento degli scarti che danno origine ai fertilizzanti, individuati con riferimento alla tipologia e alle modalità di impiego ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e succ. modif. ed integr. Agli insediamenti che producono fertilizzanti anche con l impiego di scarti si applicano le disposizioni di cui all art. 33". Inoltre il D. Lgs. n. 99/1992, sembra essere coordinato con il successivo d.m del Ministero dell Ambiente, facente parte quest ultimo del gruppo di decreti che sono stati o dovranno essere emanati per garantire l effettiva attuazione del "decreto Ronchi". Trasporto L analisi della fase del trasporto sotto il profilo pratico, fa emergere il problema del coordinamento delle varie attività ad esso funzionali tra quanto disciplinato dalla cosiddetta "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. e il D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Considerando la fase di trasporto delle AV sottoposta alla disciplina del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz., occorre analizzare quali siano le specifiche norme che regolano tale attività. Questo si rende necessario sulla base di 20

23 quanto stabilito dal d.m Tale decreto del Ministero dell Ambiente iscrive infatti le AV in una specifica categoria di rifiuti non pericolosi, che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni. Scarico Per quanto riguarda la fase di scarico delle AV è senz altro da chiarire se e quando esso rientri nell ambito della "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. ed anche od oppure nell ambito del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Questo punto ha delle conseguenze pratiche di notevole rilevanza, in particolare nel caso di comportamenti illeciti, date le grandi difformità tra i sistemi sanzionatori previsti dalla Legge n. 574/1996, dalla "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. ed infine dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Applicazione al terreno La fase di applicazione al terreno delle AV è disciplinata dalla L. n. 574/1996 se e solo quando l applicazione medesima è finalizzata all utilizzazione agronomica di tali reflui. Rimane comunque da stabilire il discrimen tra: utilizzazione agronomica (o spandimento sul suolo a beneficio dell agricoltura), scarico sul suolo, smaltimento illecito (o non autorizzato) sul suolo. In altre parole il problema che si pone è quello di determinare l incidenza della "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. e del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. sulle applicazioni di AV al terreno non conformi alle finalità, ai limiti e/o alle modalità previste dalla legge n. 574/1996. In particolare, come già affermato a proposito della fase di scarico delle AV e logicamente, date le strette connessioni e le conseguenti difficoltà interpretative, tra i concetti di utilizzazione agronomica non corretta, scarico sul terreno e smaltimento illecito sul terreno la distinzione tra queste diverse fattispecie ha delle conseguenze pratiche di notevole rilevanza, date le grandi difformità tra i sistemi sanzionatori previsti dalla Legge n. 574/1996, dalla "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. ed infine dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Le acque di vegetazione residuate dalla lavorazione meccanica delle olive che non hanno ricevuto alcun trattamento, né additivo, destinate ad essere oggetto di utilizzazione agronomica attraverso lo spandimento controllato su terreni adibiti ad 21

24 uso agricolo sono assoggettate alla legge n. 574 dell 11 novembre 1996 ( Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi di frantoi oleari ). L art.38 del d.lgs. 11 maggio 1999, n.152 ( Disposizioni sulla tutela delle acque dall inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall inquinamento provocato da nitrati provenienti da fonti agricole ), modificato dal d.lgs. 18 agosto 2000, n. 258, stabilisce che, ferme le disposizioni dell art.19 per le zone vulnerabili e quelle previste per gli impianti di allevamento intensivo, l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché delle acque provenienti da altre aziende agricole indicate nell art. 28, comma 7, lett. a), b), c) e da altre piccole aziende agroalimentari (ancora da definire) è soggetta a comunicazione. Saranno le regioni a disciplinare le attività di utilizzo sulla base dei criteri e norme tecniche adottati in base ad un decreto del Ministero delle politiche agricole (che stiamo attendendo). Devono ancora essere disciplinate, in particolare, le modalità per la comunicazione, i criteri e le procedure per il controllo, le norme tecniche per l utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione, cioè le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574 (cfr. l art. 38, 2 e 3 comma). L utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione risulta quindi sottoposta ad una disciplina ad hoc, contenuta nella legge n. 574 del 1996, non avulsa dal contesto d indagine del d.lgs. n. 152 del Alle violazioni della disciplina in materia di utilizzazione agronomica, possono applicarsi le sanzioni penali dell art. 59, comma 11 ter del d. lgs. 152/99, ma fino all emanazione della normativa regionale di cui all art. 38 sopraindicata, le attività di utilizzazione agronomica si effettuano secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto (art. 62, comma 10 ). Anche la fertirrigazione, che può concernere la gestione di acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive finalizzate al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, è sottoposta alla procedura autorizzativa semplificata (lo ha confermato, recentemente, anche una sentenza della Corte di cassazione). Scarico La legge n. 576 del 1996 non esclude l applicazione della normativa sulle acque contenuta nel d. lgs. 152/99 al momento dello scarico, ma solo in quello della 22

25 eventuale, possibile utilizzazione agronomica. La fattispecie dello scarico risulta concettualmente separata dalla utilizzazione agronomica. In assenza di utilizzazione agronomica le acque di vegetazione possono essere avviate allo scarico nei corpi recettori, oppure allo smaltimento, o altro. Se le acque di vegetazione sono da considerare scarichi, cioè avviate alla immissione in condotta, risultano assoggettate alle previsioni più favorevoli dell art. 28, comma 7, nel rispetto dei valori limite previsti. Nel decreto n. 152/99 è prevista per legge l assimilabilità delle acque reflue provenienti da certe imprese agricole a quelle domestiche, mentre la scelta di carattere generale risulta quella del regime autorizzatorio. Il legislatore, infatti, ha stabilito che tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati (art. 45). Il concetto di scarico e quello di utilizzazione agronomica sono entrambi contenuti nell art.2 del d.lgs. 152/99, modificato dal decreto n. 258 del In specie, l utilizzazione agronomica fa riferimento alla gestione di acque di vegetazione dalla produzione all applicazione al terreno ( ) finalizzata all utilizzo di sostanze nutritive ed ammendanti ( ). Per tale motivo la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio delle acque di vegetazione delle olive provenienti da frantoi, secondo una dottrina, non rientrano nella disciplina dei rifiuti, ma in quella più favorevole della utilizzazione agronomica. La giurisprudenza, fino a questo momento, non ha mostrato un orientamento completamente favorevole in tal senso. Piuttosto, è risultata rigida nel confermare per tali attività l applicazione della disciplina dei rifiuti contenuta nel d. lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 (più volte modificato). Smaltimento Al momento attuale, come si comprende, la linea di confine tra la disciplina sui rifiuti e quella contenuta nel d.lgs. 152/99 non può essere disegnata con precisione. Le acque reflue il cui detentore intende disfarsi senza versamento nei corpi recettori e senza alcun utilizzo agronomico avviate allo smaltimento, trattamento o depurazione a mezzo trasporto su strada rientrano nella disciplina dei rifiuti e quindi nel regime previsto dal d. lgs. 22/97. Tuttavia, il d.lgs. 22/97 fa riferimento a procedure semplificate per le attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi (artt. 31 e 33), così come per talune attività di recupero. Le acque di vegetazione, provenienti da industria olearia, con le caratteristiche di rifiuto allo stato liquido e per la produzione di fertilizzante sono richiamate anche in appositi decreti ministeriali (d.m. 5 febbraio 1998), che prevedono norme tecniche e criteri utili per l applicazione delle procedure semplificate. 23

26 Altre destinazioni Un altra possibile destinazione delle AV riguarda sempre l utilizzazione agronomica, non attraverso la diretta applicazione di queste ultime al terreno, ma attraverso una fase "intermedia" quale può essere considerata la produzione di fertilizzanti allo stato fluido a partire dalle AV. A questo proposito va ricordato quanto già descritto in precedenza a proposito della fase di (possibile) trattamento delle AV prima dell utilizzazione agronomica. Infatti, secondo le norme contenute nel d.m del Ministro dell Ambiente, le AV possono essere recuperate mediante la: "Produzione di fertilizzante allo stato fluido conforme alla L. 19 ottobre 1984, n. 748", cioè la legge il cui titolo recita: "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti". Nello stesso tempo va segnalato che la lettura combinata di tale norma con l allegato C del "decreto Ronchi", porta a ritenere che le AV, così come disciplinate dalla normativa sui rifiuti, non vengano recuperate attraverso lo "Spandimento sul suolo a beneficio dell agricoltura o dell ecologia" (punto R10 dell Allegato C, previsto dall articolo 6, comma 1, lettera h del D. Lgs. n. 22/1997), ma attraverso il "Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche" (punto R3 dell Allegato C, previsto dall articolo 6, comma 1, lettera h del D. Lgs. n. 22/1997) SANSA VERGINE (O SANSA UMIDA) Stoccaggio Per quanto riguarda lo stoccaggio della cosiddetta "sansa vergine" (S.V.), esso non è disciplinato dalla Legge n. 574/1996, che esplicitamente esclude tale fase dal proprio ambito di applicazione. Per tale motivo, tale fase risulta disciplinata dal D. Lgs n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz.; secondo tale decreto lo stoccaggio delle S.V. dovrebbe essere considerato uno stoccaggio di un rifiuto speciale non pericoloso. Il problema che si pone riguarda però la possibilità ex d.m del Ministero dell Ambiente, di iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. (tali procedure semplificate di recupero implicano, per quanto riguarda la fase di stoccaggio, la messa in riserva dei rifiuti, oppure, prima del recupero, il loro deposito temporaneo). Questa possibilità deve essere attentamente verificata sulla base della lettura combinata di: 24

27 norme tecniche, con particolare riferimento alle "Tipologie di rifiuti", contenute nel d.m ; allegato A al D. Lgs. n. 22/1997. Trattamento Il problema interpretativo che si pone sulla fase di trattamento delle S.V., è se le sanse derivanti dagli impianti centrifughi innovativi "a due fasi" possano essere ascritte alla categoria "sanse umide" ex lege n. 574/1996. Se effettivamente così fosse, deve essere ricordato che la legge n. 574/1996 non prevede alcun intervento preventivo rispetto all utilizzazione agronomica delle S.V., dal momento che: "Ai fini dell applicazione della presente legge le sanse umide provenienti dalla lavorazione delle olive e costituite dalle acque e dalla parte fibrosa di frutto e dai frammenti di nocciolo possono essere utilizzate come ammendanti in deroga alle caratteristiche stabilite dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modificazioni". Rimane tuttavia da verificare quanto definito a proposito della precedente fase di stoccaggio delle S.V., cioè la possibilità ex d.m del Ministero dell Ambiente, di iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Tali procedure semplificate di recupero potrebbero implicare, per quanto riguarda la fase di trattamento delle S.V.: _la produzione di biogas mediante processo di digestione anaerobica delle S.V., _il compostaggio attraverso un processo di trasformazione biologica aerobica. Trasporto Per quanto riguarda la fase di trasporto della S.V., esso non è disciplinato dalla Legge n. 574/1996. Tale fase risulta invece disciplinata dal D. Lgs n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Secondo tale decreto il trasporto delle S.V. dovrebbe avvenire in ottemperanza agli obblighi stabiliti per i rifiuti speciali non pericolosi. Rimane tuttavia da verificare se le procedure semplificate di recupero implichino dei cambiamenti negli obblighi stabiliti per gli operatori, per quanto riguarda la fase di trasporto delle S.V., ammettendo la possibilità ex d.m del Ministero dell Ambiente, di iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. 25

28 Scarico La fase di scarico, intendendo con questo termine anche lo smaltimento delle S.V. rientra nel campo di applicazione del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Occorre tuttavia ricordare che ex. artt. 4 (recupero dei rifiuti) e 5 (smaltimento dei rifiuti) del "decreto Ronchi" e succ. modif. ed integraz., la procedura di smaltimento risulta subordinata all attività di recupero, di gran lunga preferita. Applicazione al terreno Circa la fase di applicazione al terreno delle S.V., il problema interpretativo che si pone è se le sanse derivanti dagli impianti centrifughi innovativi "a due fasi" possano essere ascritte alla categoria "sanse umide" ex lege n. 574/1996. Se effettivamente così fosse, deve essere ricordato che la legge n. 574/1996 prevede l applicazione al terreno delle S.V se e solo quando l applicazione medesima è finalizzata all utilizzazione agronomica (più precisamente come ammendanti) di tali reflui, dal momento che "Ai fini dell applicazione della presente legge le sanse umide provenienti dalla lavorazione delle olive e costituite dalle acque e dalla parte fibrosa di frutto e dai frammenti di nocciolo possono essere utilizzate come ammendanti in deroga alle caratteristiche stabilite dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modificazioni. Rimane comunque da stabilire il discrimen tra: utilizzazione agronomica delle S.V. (o spandimento sul suolo a beneficio dell agricoltura), scarico o smaltimento illecito delle S.V. sul suolo In altre parole il problema che si pone è quello di determinare l incidenza del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. sulle applicazioni di S.V. al terreno non conformi alle finalità, ai limiti e/o alle modalità previste dalla legge n. 574/1996. In particolare, il distinguere tra i concetti di utilizzazione agronomica (non corretta) e scarico o smaltimento illecito sul terreno delle S.V. ha delle conseguenze pratiche di notevole rilevanza, date le grandi difformità tra i sistemi sanzionatori previsti dalla Legge n. 574/1996 e dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Altre destinazioni Una destinazione che risulta implicita nella lettura congiunta degli artt. 4 (recupero dei rifiuti) e 5 (smaltimento dei rifiuti) del "decreto Ronchi" e succ. modif. ed 26

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