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1 Pag. 1 di 16 INDICE 2.5 SUOLO E SOTTOSUOLO Caratterizzazione geologica e geomorfologica del sottosuolo Descrizione della componente suolo Uso del suolo Caratterizzazione del terreno attraverso la sua permeabilità Valutazione sintetica della componente ambientale... 16

2 Pag. 2 di SUOLO E SOTTOSUOLO Caratterizzazione geologica e geomorfologica del sottosuolo L'Appennino Settentrionale risulta dalla sovrapposizione tettonica di due grandi insiemi, diversi per litologia, struttura ed origine paleogeografica: un insieme esterno Umbro-Toscano ed un insieme Interno Ligure-Emiliano. L'insieme Esterno è costituito essenzialmente da uno zoccolo continentale, appartenente alla Placca Adriatico-Padana su cui poggiano, anche se scollate e deformate, le successioni mesozoico-terziarie che ne rappresentano l'originale copertura sedimentaria. L'insieme Interno consta di una serie di unità tettoniche che, per la presenza di ofioliti (rocce ignee basiche ed ultrabasiche tipiche della litosfera oceanica) si sono invece originate in un oceano estendendosi eventualmente anche sulla parte più assottigliata dei margini continentali adiacenti. Queste unità hanno comunque abbandonato il loro substrato originario, che è scomparso in subduzione, per sovrascorrere da ovest verso est (vergenza appenninica) sull'insieme Esterno, che ha avuto ruolo di avampaese, costituendo perciò una coltre alloctona. Ricostruendo l Appennino Settentrionale in una successione da ovest a est, possiamo riconoscere cinque domini principali, di cui tre appartenenti all insieme Ligure-Emiliano e tre appartenenti all insieme Umbro-Toscano: 1) Il Dominio Ligure comprensivo di relitti di basamento oceanico e relative coperture sedimentarie pelagiche del tardo Giurassico-Cretaceo inferiore e flysch cretaceo-paleogenici scollati dal loro substrato (ad esempio Unità Liguri esterne: Flysch ad Elmintoidi). 2) Il Dominio Subligure documentato solo da una successione sedimentaria paleogenica profondamente tettonizzata e di cui non si conosce né l originaria ampiezza né la natura del suo substrato. E verosimile che questa successione si sia sedimentata in un area di transizione tra la crosta oceanica del Dominio Ligure e il substrato continentale del Dominio Toscano. 3) Il Dominio Toscano attualmente documentato da successioni deformate a livelli strutturali differenti: i) il Dominio Toscano Interno (Falda Toscana) comprende termini da archimetamorfici a non metamorfici di età variabile dal Trias superiore all Oligocene superiore; ii) il Dominio Toscano Esterno (Complesso Metamorfico Toscano: Autoctono delle Alpi Apuane, metamorfiti del M. Pisano e della Montagnola senese, ecc.), con metamorfismo in facies scisti verdi che oltre ad una copertura mesozoica e terziaria, comprende anche formazioni paleozoiche del suo basamento ercinico.

3 Pag. 3 di 16 iii) L Unità di Massa (esterna al bacino dell Arno) che è costituita esclusivamente da termini Paleozoici e del Trias inferiore e medio. 4) L Unità di M. Cervarola è costituita esclusivamente da un flysch del Miocene medio deposto in un bacino al fronte dell alloctono e, attualmente, in parte accavallato sul Dominio Umbro-Marchigiano. Il suo substrato, intermedio tra il Dominio Toscano Esterno e il Dominio Umbro-Marchigiano, non affiora nell Appennino settentrionale. 5) Il Dominio Umbro-Marchigiano, un fold belt scollato a livello delle evaporati triassiche, affiora in Umbria e Marche ed è sepolto dalle coltri liguri sulla trasversale dell Appennino tosco-emiliano. Esso rappresenta la zona più esterna della catena con una successione sedimentaria che arriva fino al Miocene superiore. L area interessata da questo studio è compresa entro la pianura alluvionale del Fiume Sieve, in loc. Selvapiana, all interno del Comune di Rufina, sulla sinistra idrografica del fiume, a circa 97 metri s.lm.. Nei pressi dell area analizzata troviamo alluvioni recenti, formazioni appartenenti alle Unità Ligure e, precisamente appartenenti alle Unità di Monte Morello, e affioramenti che appartengono alle Unità Toscane, in particolare le Arenarie del Monte Falterona e le Arenarie di Pratomagno. La alluvioni recenti risultano essere depositi coerenti ed incoerenti come sabbie, ghiaie, ciottoli ed argille sabbiose. Il loro spessore varia dai 5.90 metri agli 8.50 metri. Le Unità di Monte Morello che affiorano all interno dell area studiata sono costituite dalla formazione Alberese e dalla formazione del Sillano. Sono unità alloctone e perciò risultano fortemente fratturate e tettonizzate. La formazione di Alberese affiora in destra idrografica del Fiume Sieve e rappresenta l unità più orientale del Dominio Ligure. E costituita da calcari marnosi bianchi e grigio-giallastri a frattura concoide, da marne torbididiche di colore biancastro e giallastro e di arenarie quarzose e calcaree. Saltuariamente sono presenti anche strati di selce nera. La formazione del Sillano è costituita da alternanze di calcari marnosi a grana fine da sottili a molto spessi di colore grigio-verde e nocciola o giallastri per alterazione, marne marroni e grigie, calcareniti grigio-scure, arenarie quarzose e calcaree e argilliti siltose. Le Arenarie di Falterona e Pratomagno sono formazione di origine terziaria che affiorano sia sulla destra che sulla sinistra idrografica del fiume Sieve. Sono costituiti principalmente da arenarie con presenza di argilliti e siltiti. E caratterizzata da un alternanza di strati di torbiditi arenacee, e di strati più sottili siltoso-marnosi.

4 Pag. 4 di 16 Anche la carta geologica del Piano Territoriale di Coordinamento della provincia di Firenze, evidenzia nell area oggetto del presente studio, al di sotto di alluvioni recenti costituite da ciottoli, sabbie ed argille sabbiose, la presenza di calcari marnosi bianchi a frattura concoide e grigiogiallastri granulosi teneri con elevato tenore di carbonato di calcio, alternati a marne laminate e calcariniti. Per quanto riguarda lo studio della morfologia del territorio. questa è stata effettuata analizzando i quadri conoscitivi in relazione alle unità territoriali dei comuni compresi nell area sensibile. La morfologia generale del territorio si esplica principalmente in 3 differenti unità fisiografiche: 1. Fascia di territori pianeggianti di fondovalle, corrispondenti alle pianure alluvionali dei principali corsi d acqua, ove sono ubicati anche i principali centri urbani; 2. Fascia pedemontana collinare che connettono la fascia della pianura alluvionale con la fascia montuosa, caratterizzati da pendii di debole acclività con litologia prevalentemente argillitica; 3. Fascia montana con aumento della pendenza dei versanti, caratterizzata dalla bassa concentrazione di abitati e dalla prevalente copertura boschiva; Le 3 fasce qui sopra descritte presentano caratteristiche di copertura del suolo e composizione vegetazionale differenti, condizionate oltre che dalla differenza esposizione e corrispondente condizione climatica, anche dalla natura geologica del substrato e dal grado antropizzazione presente nel territorio. L uomo ha naturalmente concentrato la sua attività là dove le condizioni di lavorabilità del terreno sono migliori e le pendenze sono più dolci. E chiaro che evidentemente l azione antropica ha interessato in misura maggiore le aree di fondovalle, caratterizzate principalmente da terreni sabbiosi-argillosi alluvionali, mentre nelle aree montane, caratterizzate da un substrato principalmente calcareo o arenaceo, sono i boschi ad avere la predominanza Descrizione della componente suolo Il suolo, secondo la definizione proposta dalla Soil Conservation Society of America (1986) è un corpo naturale costituito da particelle minerali ed organiche, che si forma dall alterazione fisica e chimico-fisica della roccia e dalla trasformazione biologica e biochimica dei residui organici. Esso non è un strato detritico privo di vita che si è formato grazie all accumulo progressivo durante il corso del tempo, ma un corpo dinamico, in continua evoluzione in cui si verificano costantemente tutta una serie di complesse attività chimiche, fisiche e biologiche. I suoli sono strettamente collegati con la litologia, alla forma e alla esposizione del rilievo, al clima e alla vegetazione che lo ricopre e sono soggetti a modificazioni qualora cambino tali condizioni.

5 Pag. 5 di 16 I pedologi attribuiscono il termine suolo, esclusivamente al materiale superficiale che in un lungo periodo di anni si è trasformato in strati differenziati o orizzonti, che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche che gli permettono di alimentare lo sviluppo della vegetazione e che lo distinguono dal substrato sterile sottostante che è costituito dalla roccia madre. Il suolo è costituito da sostanze che si trovano nei tre stati fisici della materia e cioè nello stato solido, fisico e gassoso. La porzione solida del suolo è costituita sia da sostanza inorganica che da sostanza organica. Il disfacimento meteorico delle rocce produce le particelle inorganiche che forniscono al suolo la parte principale del suo volume e del suo peso. La parte solida organica è invece costituita da organismi vegetali, da organismi animali e dai loro resti. Si tratta principalmente di radici, funghi, batteri, vermi, insetti e piccoli roditori. La porzione liquida del suolo è una soluzione chimica complessa fondamentale per tutte le reazioni chimiche e biologiche che avvengono al suo interno. Si tratta di un composto formato da numerose sostanze chimiche quali i bicarbonati, solfati, clorati, nitrati e i silicati di calcio, magnesio, potassio, sodio e ferro. In un suolo senza acqua, non è possibile che si sviluppi la vita. Infine la porzione gassosa è composta dai gas che occupano i pori e gli spazi all interno del suolo. Si tratta prevalentemente di gas presenti nell atmosfera e di quelli liberati dalle varie attività biologiche e chimiche. Per terminare questa piccola introduzione al comparto suolo è necessario elencare brevemente le sue proprietà chimico-fisiche e biologiche e i processi che generano e mantengono i materiali di cui esso è composto. Analizzando il sistema suolo da un punto di vista chimico, la prima caratteristica che vediamo è il cosiddetto colore del suolo, che indica la fase della genesi del suolo e gli elementi che lo compongono. I vari orizzonti del suolo sono facilmente distinguibili proprio dal colore che essi possiedono, colore che varia dal bianco, al bruno, fino al nero che sta a testimoniare in primo luogo la quantità di humus nel suolo presente. L humus è una sostanza organica finemente suddivisa e parzialmente decomposta fondamentale per lo sviluppo vegetale ed infatti dove lo strato umifero è abbondante troviamo sempre un terreno fertile. Una delle principali caratteristiche del suolo è la sua tessitura ovvero la dimensione delle particelle e dei granuli che lo compongono. La tessitura è un elemento importantissimo nell analisi del suolo, in quanto determina le proprietà di ritenzione e particolazione dei liquidi: un suolo sabbioso può lasciar filtrare l acqua molto più rapidamente di un suolo argilloso dove gli spazi dei pori sono troppo piccoli per un drenaggio adeguato. Il ph del suolo esprime il grado di acidità e di alcalinità del terreno ed è collegata strettamente con le tipologie vegetazionali e flogistiche che lo colonizzano. La struttura del suolo si riferisce al modo in cui i suoi granuli sono aggregati in elementi più grandi tenuti assieme dai colloidi presenti. Influisce la quantità d acqua che può assorbire, la predisposizione all erosione e la facilità con cui può venire coltivato. Il profilo del suolo descrive la suddivisione del suolo in orizzonti o strati, che differiscono

6 Pag. 6 di 16 per struttura, tessitura, colore e consistenza. I pedologi distinguono i vari orizzonti con le lettere dell alfabeto, dall alto verso il basso. Una breve descrizioni dei vari orizzonti è riassunta qui di seguito: Orizzonte O: accumulo di materiale organico deposto in superficie (lettiera) con più del 35% di materiale organico; Orizzonte A: si forma in superficie, vi è la totale obliterazione della roccia da cui si è formato il suolo e mostra un accumulo di sostanza organica umificata intimamente associata con la frazione minerale; Orizzonte B: anche qui vi è la totale o quasi obliterazione della roccia madre con presenza di argilla, ferro, alluminio, carbonati, gesso, silice e humus, soli o i combinazione; Orizzonte C: orizzonte minerale di materiali non consolidati, simili a quelli da cui si sono formati gli orizzonti A e B, con scarsa influenza dei processi pedogenetici; Orizzonte R: roccia madre più o meno coerente. Abbiamo parlato di pedogenesi, e cioè dello sviluppo e della trasformazione nel tempo del suolo. Essa è regolata da quelli che sono denominati come processi pedogenetici, ovvero i processi che interagiscono singolarmente o combinati nella formazione e sviluppo del suolo. Possono essere passivi o attivi. Tra i fattori pedogenetici passivi vi è la roccia madre, ovvero il materiale base su cui, attraverso trasformazioni chimiche e fisiche, si sviluppa il suolo. Un altro fattore passivo è costituito dal tipo di rilevo e dalla forma della superficie del terreno: laddove vi è un versante ripido il ruscellamento e l erosione meteorica sarà maggiore rispetto ad una zona pianeggiante e quindi lo sviluppo degli orizzonti sarà più lenta ed essi saranno meno profondi. Il terzo ed ultimo fattore passivo è costituito dal tempo e cioè dalla durata della pedogenesi. I fattori attivi sono costituiti dal clima, e quindi secondariamente da umidità, temperatura e vento, e dai processi biologici che all interno del suolo hanno luogo. Questi ultimi sono costituiti dall insieme degli organismi animali e vegetali che nel suolo vivono, si alimentano e si riproducono. Il suolo appare quindi come un complesso laboratorio biologico nel quale si succedono ininterrottamente generazioni di organismi di dimensioni e entità variabile, le cui attività regolano lo sviluppo e la sua evoluzione. I microrganismi del suolo riciclano la sostanza organica e concorrono alla formazione dell humus essenziale per la vita dei microrganismi stessi e delle piante. Scendendo in dettaglio nell analisi delle diverse tipologie biologiche che popolano l ecosistema suolo possiamo innanzitutto distinguere le 2 principali categorie (di costituzione empirica) su cui si basa l intero regno vegetale, e cioè la macroflora, e la microflora. La macroflora è costituita dal popolo vegetale facilmente osservabile ad occhio nudo, e quindi dagli alberi, gli arbusti, le erbe, i prati ecc. E importante ricordare come le varie specie vegetali si sviluppano in alcune zone piuttosto che in

7 Pag. 7 di 16 altre a causa delle caratteristiche del substrato e come esse stesse modifichino tali caratteristiche in un ciclo privo di soluzioni di continuità. Ad esempio, i boschi di conifere come abete bianco, rosso o i pini mediterranei crescono bene su suoli più o meno acidi, ricchi di ferro o alluminio, ma la loro presenza provoca una forte produzione di lettiera formata perlopiù dagli aghi che cadono dai rami, che tende ad acidificare ulteriormente il terreno, limitando lo sviluppo del sottobosco. Le erbe ed i cereali hanno bisogno di abbondanza di calcio e magnesio e perciò crescono bene nei suoli ricchi di calcio dei terreni semi-aridi. I resti vegetali che cadono sul terreno subiscono un lento processo di ossidazione e forniscono il cosiddetto humus (processo di umificazione). Durante tale processo si formano gli acidi organici che favoriscono l ulteriore decomposizione della porzione minerale del suolo. La microflora è formata da funghi e batteri, indispensabili nel sistema ecologico del suolo in quanto concorrono alla formazione e al riciclo della sostanza organica, e permettono, tra le altre cose, il fissaggio dell azoto atmosferico e renderlo così utilizzabile dalle piante. Il mondo animale è rappresentato tra gli strati del terreno principalmente da artropodi (insetti e crostacei), molluschi (lumache), anellidi e nematodi(vermi), ma anche rettili e mammiferi. La funzione che essi svolgono è essenzialmente di tipo meccanico, ma non per questo meno importante di altri fattori. Essi infatti rielaborano continuamente la matrice del suolo, scavando e trasportando materiale podologico sia orizzontalmente sia verticalmente e cioè attraverso i vari orizzonti. Permettono così il rimescolamento, l areazione, e la modifica della struttura e della tessitura del suolo permettendo così l instaurarsi di nuove forma di vita e la conseguente variabilità genetica. Concludendo questa breve trattazione sulle caratteristiche principali del suolo è necessario ricordare che suolo è una risorsa naturale fondamentale, non rinnovabile nella scala temporale umana, (rinnovabile solo in tempi molto lunghi). Purtroppo è una risorsa soggetta a elevato rischio di perdita e di degrado, per modalità d'uso scorrette, come l'eccessivo sfruttamento, il disboscamento, l'utilizzo non coerente con le altre opportunità offerte dall'ambiente, le trasformazioni improprie, la cementificazione e l'introduzione nel sistema di sostanze estranee non compatibili. Le conseguenze, facilmente identificabili e spesso disastrose, sono erosione, inquinamento, salinizzazione e perdita di fertilità, processi per lo più irreversibili o contrastabili solo con costosissimi interventi di recupero. Un indice che permette di valutare lo stato di sfruttamento del suolo e la variazione quantitativa delle varie aree omogenee è l uso del suolo. Esso è l unico indicatore che permette di visualizzare l estensione e l entità delle attività antropiche presenti sul territorio ed è in gradi di individuare i cambiamenti nell uso del suolo in agricoltura.

8 Pag. 8 di Uso del suolo Per l analisi dell uso del suolo all interno del bacino della Val di Sieve abbiamo attinto dai dati relativi al progetto europeo Corine-Land-Cover che descrive lo stato di copertura del suolo attraverso una codificazione su scala a 1: e che fotografa la situazione all estate del Le tipologie utilizzate per una descrizione a livello di bacino sono quelle del livello II del Corine e sono descritti brevemente nella tabella che segue: CODICE DESCRIZIONE CATEGORIA 11 Zone urbanizzate 12 Zone industriali - zone commerciali e reti di comunicazione 13 Zone estrattive - discariche e cantieri 14 Zone verdi artificiali non agricole 21 Seminativi 22 Colture permanenti 23 Prati stabili 24 Zone agricole eterogenee 31 Zone boscate 32 Zone caratterizzate da vegetazione arbustiva e/o erbacea 33 Zone aperte con vegetazione rada o assente 41 Zone umide interne 51 Acque continentali Tabella Tipologie di suolo utilizzate per la descrizione del bacino Il bacino della Val di Sieve ha una copertura del suolo dominata largamente da formazioni boschive che rappresentano ben il 60,7 % del totale. All interno di questa percentuale i boschi decidui sono nettamente prevalenti coprendo da soli il 50,1 % del territorio del bacino, seguite dalle formazioni miste e dai boschi di conifere che comprendono solamente il 10,6 %. Risultano marginali le zone con copertura erbacea o arbustiva (intorno al 4,4 %). Sensibile è invece la presenza di seminativi (15,1 %) e le superficie a colture permanenti come le colture erborate di vigne, olivi e alberi da frutto (2,8 %) anche se non ancora paragonabili ad altri sistemi territoriali come la zona del Valdarno o quella della Val di Chiana. Essenzialmente scarso e paragonabile ad altri territori

9 Pag. 9 di 16 prettamente boscosi come è il Casentino è la presenza di zone agricole eterogenee (10,8 %) e la presenza di superfici a prato permanente (3,3 %). Infine è necessario citare la superficie urbanizzata, pari allo 1,3 %, e della superficie occupata dal recente invaso del Bilancino, e cioè pari allo 0,4 %. Analizzando la copertura del suolo più in dettaglio, e ricollegandosi all empirica divisione in fasce fisiografiche del territorio, vediamo come in corrispondenza della fascia di pianura di fondovalle risultano prevalenti i seminativi e le coltivazioni erbacee. Nella fascia pedemontana presentano una differenziazione della copertura del suolo direttamente proporzionale all aumentare dell acclività dei versanti. Nella parte più bassa sono dominanti le coltivazioni arboree della vite e dell olivo, oppure zone relativamente urbanizzate. Salendo troviamo una fascia dove è presente un agricoltura più specializzata, a causa della maggiore asperità dei versanti. Qui sono presenti tutti quegli elementi tipici del paesaggio agricolo tradizionale, come i muretti a secco, pozzi, case sparse ecc. Proprio i muretti a secco hanno un significato importante dal punto di vista della stabilità idrogeologica: infatti dove questi sono presenti assicurano una forte stabilità dei versanti, grazie proprio ai loro principi costruttivi, infatti il muretto a secco, essendo privo di una matrice impermeabile per unire le rocce che formano il muretto stesso, permette al terreno di assorbire l acqua permettendo contemporaneamente la fuoriuscita dell acqua in eccesso senza compromettere l integrità del terrazzo. Sopra questa parte intermedia, vi è una parte caratterizzata da un estensione delle trasformazioni delle aree boscate in coltivazioni arborate, in zone caratterizzate da dissesti geomorfologici attivi. La fascia montana, come già accennato in precedenza, risulta coperta prevalentemente da formazioni boschive, tipicamente formate da boschi termofili di cerro, roverella e carpino nero o boschi mesofili a dominanza di castagno. L impianto de I Cipressi, è situato in una parte di territorio chiaramente appartenente alla prima fascia, ovvero la fascia di pianura di fondovalle. Ad Ovest dell impianto, e quindi nella zona che ricade all interno del Comune di Pontassieve, la copertura del suolo comprende iniziando l analisi nei pressi dell impianto per poi allontanarsi progressivamente: Seminativi di fondovalle costituiti da sistemi colturali o particellari complessi, ovvero un insieme di piccoli appezzamenti di varie colture senza che ognuna di questa acquisti carattere di dominanza; Coltivazioni arboree con prevalenze della coltivazione dell olivo e della vite, frammiste ad elementi lineari vegetazionali come siepi o piccoli fossi, piccole estensioni di prati ed arbusti e boschi misti (ricordiamo che un bosco è definito di tipo misto quando al suo interno la percentuale di latifoglie o conifere non supera rispettivamente il 75 %); Boschi di latifoglie frammisti a porzioni di seminativo o colture arboree;

10 Pag. 10 di 16 Analizzando la porzione di territorio ad Est dell impianto e proseguendo con il medesimo iter analitico troviamo: Aree caratterizzate da una copertura formata da coltivazioni arboree dell olivo, frammiste a boschi misti, a boschi a latifoglie e a coltivazioni erbacee soprattutto nei pressi della confluenza con il fiume Arno; Fascia dominata da oliveti e vigneti, frammisti a boschi misti e con qualche sporadica presenza di prati pascolati; Estesi rimboschimenti di conifere formati principalmente da pini marittimi e cipressi. Il grafico qui di seguito mostra le tipologie principali di uso del suolo all interno dell area analizzata, utilizzando un raggio di 5 km dall impianto de I Cipressi. Uso del suolo zona sensibile a 5 km 89.8% Seminativi Vigneti Oliveti Boschi di latifoglie 6.7% 1.6% 1.3%0.7% Boschi misti Figura Uso del suolo della zona sensibile a 5 km Come è evidente la tipologia di copertura del suolo prevalente è quella relativa alle aree boscate, precisamente ai boschi di latifoglie, che da soli coprono quasi il 90% dell area analizzata. La relativa scarsità della fascia alluvionale del Fiume Sieve non da la possibilità di sfruttare terreni idonei alla coltivazione erbacea, infatti i seminativi occupano solamente lo 0,7%. Rilevante invece la percentuale del territorio occupato da coltivazione arborea, oliveti e vigneti assieme fanno l 8% del totale. Se confrontiamo tali dati con la copertura del suolo a livello dell interno bacino dell Arno, vediamo come sia ancora più rilevante la cospicua presenza delle aree boscate rispetto ai seminativi e alle altre colture all interno dell area in esame, a testimonianza del situazione

11 Pag. 11 di 16 particolare del bacino della Sieve, formata da un corso d acqua molto giovane, che non permette il formarsi di adeguate superfici atte alla coltivazione. Uso del Suolo - Bacino dell'arno Aree Boschive Colture 1% 3%3% 41% Seminativi Aree Produttive Aree Urbane Alt 22% 30% Figura Uso del suolo della zona relativa al Bacino dell Arno

12 Pag. 12 di 16

13 Pag. 13 di Caratterizzazione del terreno attraverso la sua permeabilità La permeabilità delle formazioni rocciose e dei terreni alluvionali è un parametro che fornisce, seppur a livello qualitativo, indicazioni immediate sulle caratteristiche idrogeologiche dei terreni di sottosuolo, e dunque può rappresentare un criterio di valutazione circa la presenza e eventualmente, il grado di protezione di un acquifero. La determinazione tuttavia del parametro "permeabilità" è molto complessa e presuppone oltre ad una notevole mole di dati da acquisirsi in sito attraverso misure dirette, processi di modellazione idrogeologica estremamente complessi. Le misure che normalmente vengono effettuate in laboratorio su campioni di terreno forniscono peraltro dati puntuali che non possono essere estrapolati ad intere formazioni rocciose che affiorano per superfici molto ampie e che hanno caratteristiche litologiche e strutturali rapidamente variabili in spazi brevi. Pertanto non potendo seguire rigorosamente criteri scientifici per suddividere realmente il territorio in classi di permeabilità, si è optato per elaborare e proporre una zonazione di permeabilità di carattere meramente qualitativo, con indicazione di massima sulle caratteristiche idrogeologiche delle litologie in affioramento derivanti dai soli dati di letteratura esistenti. Le formazioni presenti nell'area studiata sono state classificate a seconda della loro permeabilità media, distinta tra primaria e secondaria. La permeabilità primaria è quella determinata dalla porosità in depositi alluvionali e detritici o comunque in tutti i tipi di sedimenti sciolti; la permeabilità secondaria è invece quella controllata dalla presenza di discontinuità all interno degli ammassi rocciosi: la densità incide sulla maggiore o minore circolazione di acqua nonché sulla possibilità di accumulo. Il criterio di accorpamento tra varie litologie è riportato nella tabella in essa sono riportate le principali litologie riconosciute in affioramento, suddivise per classi di permeabilità secondo gli schemi noti in letteratura. Rocce a permeabilità scarsa o nulla Permeabilità primaria Permeabilità secondaria Rocce a permeabilità media Permeabilità primaria Permeabilità secondaria Rocce a permeabilità elevata Permeabilità primaria Permeabilità secondaria classe 1 classe I classe 2 classe II classe 3 classe III Depositi alluvionali limo argillosi Argilliti e siltiti Rocce ignee e metamorfiche Depositi di frana Depositi alluvionali limo sabbiosi Detrito di falda e conoidi Alluvioni recenti Arenarie Calcari Depositi alluvionali ghiaie e sabbie Detrito di conoide Tabella Classificazione della permeabilità dei terreni in affioramento Calcare cavernoso, tufi

14 Pag. 14 di 16 Il conteggio e la suddivisione sono state acquisite direttamente dalla cartografia tematica.tutti i dati si riferiscono alla stima della permeabilità dei terreni affioranti. Permeabilità dei terreni in affioramento 2 26% 3 26% II 48% II 3 2 Figura Ripartizione dei terreni affioranti in base alla permeabilità. Come desumibile dalla figura, nel territorio analizzato non vengono evidenziate situazioni con rocce aventi permeabilità di classe III. La zona è fortemente caratterizzata da una permeabilità media dovuta in particolare a depositi alluvionali non recenti. La zona interessata dallo studio è stata in questo caso, come per l analisi dell uso del suolo, un area di raggio 5 chilometri. Tale zona viene riportata nella figura sottostante.

15 Pag. 15 di 16 Capitolo 2 Descrizione dell Ambiente a6 Deposito di detrito di falda: areniti e ruditi in depositi accumulati alla base di scarpate o sparsi lungo versante; si tratta di blocchi di varie dimensioni immersi in matrice sabbiosa sporca. A luoghi possono essere associati a depositi di paleoconoide prossimale. mgm Macigno del Mugello: siltiti laminate, subordinatamente marne e arenarie fini quarzoso-feldspatiche e calcaree. mpl Marne di Pievepelago: marne scheggiose grigio-giallastre. mgc Macigno del Chianti: arenarie turbiditiche quarzoso-feldspatiche con calcite e fillosilicati alternanti con siltiti laminate. bns Calcari e brecciole di Monte Senario: brecciole e calcareniti con selci, argilloscisti calcari marnosi. al Alberese: calcari marnoso bianchi a frattura concoide e grigio giallastri granulosi teneri prevalenti; argilloscisti e marnoscisti. q Alluvioni ghiaioso sabbiose a ciottoli appiattiti prevalentemente arenacei, in terrazze. c Complesso caotico. i Complesso indifferenziato. Figura Carta geologica della zona di interesse Università degli Studi di Firenze

16 Pag. 16 di Valutazione sintetica della componente ambientale Da ciò che è stato analizzato nei paragrafi precedenti emerge la seguente valutazione sintetica (con riferimento ai simboli della tabella pagina 10 SIA doc): Componente ambientale Capacità di carico Sensibilità ambientale morfologia e geomorfologia = NP idrogeologia = NP geologia e geotecnica = NP Suolo e sottosuolo pericolosità geomorfologica + NP pericolosità idraulica - P geochimica = NP pedologia = NP uso del suolo = NP

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