LE BANCHE ED IL FACTORING 8. LE IMPRESE ED IL FACTORING 15. IL FACTORING E LO SVILUPPO DEL SISTEMA INDUSTRIALE 20.

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2 INDICE 1. INTRODUZIONE Tancredi Bianchi 3. Presidente Associazione Bancaria Italiana Paolo Sciumè 5. Presidente ASSIFACT Roberto Ruozi 7. Prorettore - Università Commerciale Luigi Bocconi Presidente Onorario Assifact LE BANCHE ED IL FACTORING 8. Roberto Mazzotta Presidente - Cassa di Risparmio delle Province Lombarde S.p.A. LE IMPRESE ED IL FACTORING 15. Paolo Scopazzi Vice Direttore Generale affari economici e societari - IBM Semea S.p.A. IL FACTORING E LO SVILUPPO DEL SISTEMA INDUSTRIALE 20. Lucio Scialpi Direttore Centrale area economia e impresa - Confindustria LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE COME UTENTE DEL FACTORING 25. Avv. Antonio Catricalà Consigliere di Stato IL FACTORING NELLA PROSPETTIVA DEL TESTO UNICO SUL CREDITO 29. Renzo Costi Ordinario di diritto commerciale - Università di Bologna LA REGOLAMENTAZIONE DELL'ATTIVITA' DI FACTORING 35. Mario Cardillo Capo Servizio Vigilanza sulla Intermediazione Finanziaria - Banca d'italia - 1 -

3 IL SETTORE DEL FACTORING E LA LEGGE 52/ Alessandro Carretta Associato di economia delle aziende di credito - Università Commerciale Luigi Bocconi Segretario Generale Assifact LEGGE 52 E NUOVO CONTRATTO DI FACTORING 60. Giorgio De Nova Ordinario di diritto civile - Università Statale di Milano PROFILI FISCALI DELL'OPERAZIONE DI FACTORING 67. Remo Dominici Professore a contratto di diritto tributario - Università di Modena PROFILI CONTABILI DELL'OPERAZIONE DI FACTORING 75. Bruno Grillo Audit Partner IL FACTORING NELLE ESPERIENZE INTERNAZIONALI 85. Paolo Bolzoni Direttore alla Pianificazione e Sviluppo - Factors Chain International CONCLUSIONE Giuseppe Zadra 95. Direttore Generale - Associazione Bancaria Italiana - 2 -

4 INTRODUZIONE Tancredi Bianchi Presidente Associazione Bancaria Italiana Desidero prima di tutto porgere il saluto dell'associazione Bancaria Italiana e i ringraziamenti per aver scelto questa sede per svolgere questo convegno su "Factoring tra regolamentazione e mercato". I temi discussi oggi stanno diventando di grande attualità. Il Testo Unico sul credito prevede, con il recepimento delle norme comunitarie, che gli enti creditizi possano svolgere tutte le operazioni che sono previste dalla normativa sul mutuo riconoscimento, tra cui l' attività di factoring. Si delinea quindi davanti a noi una prospettiva articolata in tre soluzioni: l' attività di factoring è svolta nell'ambito di una divisione di una banca, oppure da una società che appartiene ad un gruppo bancario o, autonomamente, da una società indipendente e, dunque, al di fuori di queste due ipotesi. Quando in Italia venne introdotto il factoring - cosi come il leasing o altri tipi di attività denominate parabancarie - si parlò di profonde innovazioni nell'attività finanziaria. L' esperienza successiva ha dimostrato che il grado di novità delle attività parabancarie non è stato sovente pari alle ipotesi iniziali. L'idea innovativa, nel caso del factoring, è che le imprese debbano concentrarsi nella produzione e nella vendita dei propri prodotti. Una volta che esse hanno venduto interviene una società di factoring. Essa si interessa per amministrare i crediti commerciali delle imprese, di riscuoterli, di fare anticipazioni su questi crediti. Quello che deve far premio è il servizio di amministrazione dei crediti, cioè la possibilità di togliere alle imprese una serie di costi per amministrare e controllare i crediti e qualificare questa attività. Bisogna onestamente ammettere che questo obbiettivo per ora non è stato pienamente raggiunto. Certamente, nei momenti di restrizione dell' attività creditizia le società di factoring hanno risolto, in parte, il problema del controllo quantitativo del credito. Esse non riescono peraltro ad avere una autonoma politica del passivo ma raccolgono fondi sul mercato intercreditizio. Questa situazione le pone in difficoltà, non tanto per la disponibilità quanto per il costo della raccolta, che si scarica nelle politiche di prezzi possibili. Ci si può quindi chiedere quale delle tre soluzioni sopraccitate sarà più congeniale ad una efficace attività di factoring, nei termini ora citati

5 La risposta, alla quale mi auguro i lavori di oggi diano in qualche modo riscontro, è' importante non solo per il settore del factoring ma anche per l'evoluzione del sistema finanziario nel suo complesso. E' importante per la stessa Associazione Bancaria Italiana che si accinge a modificare il proprio Statuto in aderenza alla rinnovata configurazione del sistema finanziario. E' importante per la vigilanza, perché sono diverse le modalità di controllo di una sezione di una banca universale, da quelle di una società di un gruppo creditizio, o da quelle di un ente finanziario autonomo. Ed è molto importante infine per il successo del factoring che sta fra l'altro attraversando, nel nostro come in altri Paesi, una fase di transizione di grande rilievo per il suo sviluppo futuro - 4 -

6 INTRODUZIONE Paolo Sciumè Presidente ASSIFACT Desidero porgere prima di tutto il saluto di Assifact, Associazione fra le Società di Factoring Italiane, a tutti gli intervenuti ed un particolare ringraziamento all'associazione Bancaria Italiana per l'ospitalità. Quali ulteriori approfondimenti svolgere che già non siano stati svolti in tema di factoring, dalle società e imprese che lo propongono e da quelle che lo utilizzano? Come difendere un prodotto finanziario, la sua identità e specificità, reale aiuto per l'imprenditore, senza cadere in uno schematismo che può far apparire coincidente la difesa del prodotto factoring con la difesa di categoria? Come inserire l'evoluzione del prodotto acquisto e gestione dei crediti altrui nella più ampia fase di transizione che il sistema delle imprese e in particolare dell'impresa finanziaria sta attraversando? E' difficile. Veramente difficile. Il banchiere esce dalle sue stanze, finora al riparo perfino da occhi indiscreti, là dove ora, in perfetta solitudine, prende le sue decisioni e diviene il timoniere di una fabbrica di prodotti adeguati e competitivi, e la fabbrica sta in fianco alle altre, le fornisce di strumenti e di servizi, e vi partecipa. Così la banca diviene per un verso una rete di negozi, per un altro, un luogo di strategia strumentale alle imprese. Il factoring rappresenta un comparto forse minuto (circa 100 mila miliardi di lire nel 1992), nel vasto mare delle operazioni finanziarie e bancarie in specie, ma ha il valore di un prodotto specifico in cui il factor è garantito da due soggetti, controlla la gestione degli incassi e sceglie i terzi debitori garanti del credito finanziato. Comparto minuto, ho detto, me generatore di rapporti economici certi, se attivato nei termini giuridici suoi propri, e con percentuali di sofferenze certamente minori rispetto alla generalità del sistema. E quanto dell'impiego bancario in bianco, il cosiddetto anticipo su fatture, può diventare factoring con minori sofferenze e aumento del servizio? La trasformazione che sta subendo il sistema finanziario è trasformazione complessiva e riguarda soggetti, metodi e presenza sul mercato. Così è per il nostro sistema finanziario. L'evoluzione del factoring, che del complesso è parte, non avverrà se non se ne comprende e se non se ne accettano fino in fondo le caratteristiche; così, mentre la banca deve negare un finanziamento a un'impresa debole (si pensi alla necessità di - 5 -

7 aiuto che molte imprese hanno in questo momento e alla necessità oggettiva di aiuto ai fini della occupazione e della ripresa economica) il factoring può e deve sovvenire quando il finanziamento è inserito nella gestione e acquisto di crediti e il creditore ceduto è soggetto forte e solvente. La tendenza all'unicità delle reti di vendita dei prodotti finanziari, l'itinerario verso l'ottimizzazione organizzativa dei relativi soggetti imprenditoriali dovranno necessariamente essere funzionali alla molteplicità dei prodotti da offrire al mercato. Non è un caso che il trend dell'andamento del factoring del primo semestre 1993 segnali un incremento delle operazioni con l'estero. Ciò dimostra l'estrema flessibilità di questa attività e la sua capacità di adeguarsi alle diverse congiunture economiche. All'interno di una complessa transizione, quale quella per sommi capi descritta, troveranno collocazione anche quelle imprese non bancarie me di origine industriale che vedranno probabilmente la loro identità e missione coincidere con la capacità di servire, vendere servizi, cioè, alle imprese di appartenenza. Di ciò hanno contezza la Banca d'italia, gli istituti, le imprese. Questo è il prodotto che si intende tutelare perché tutelando la sopravvivenza e la stabilizzazione nel mercato di questo prodotto, come di ogni prodotto purché prodotto sia, si tutela tout court l'impresa finanziaria, l'istituto bancario, il punto di vendita dove l'impresa non chiede ma si serve. Neanche le debordazioni di passeggeri provvisori e da anni Ottanta sulla carrozza del factoring possono impedire che ciò avvenga. Questi sono i temi che vengono discussi oggi con l'aiuto di autorevoli relatori e di alcune esperienze operative

8 INTRODUZIONE Roberto Ruozi Prorettore - Università Commerciale Luigi Bocconi Presidente Onorario Assifact Nell'aprire i lavori di questa prima sessione mi limito a rilevare che, paradossalmente, mentre da un lato ci si rammarica dello scarso sviluppo del factoring rispetto alle aspettative, dall'altro lato occorre prendere atto che il mercato italiano è il più importante nel contesto mondiale del factoring. Ciò dipende essenzialmente dal fatto che in passato, nel nome del factoring, sono state fatte nel nostro Paese operazioni assai eterogenee, alcune delle quali con il factoring classico avevano in realtà poco a che fare. Le relazioni che verranno presentate oggi si riferiscono invece proprio al factoring classico. Da questo punto di vista io credo che dovremmo rivolgerci la seguente domanda: esiste in Italia una cultura del factoring? E' anche importante chiedersi se sia stato fatto tutto quello che era necessario perché questa cultura si sviluppasse, e quali sono i fenomeni che hanno eventualmente ostacolato la formazione di un ampio, qualificato e trasparente mercato di factoring. La risposta potremo trovarla andando ad analizzare i tre protagonisti fondamentali che compongono un mercato cioè la domanda, l' offerta e la regolamentazione, che sono oggetto delle relazioni che seguono. La domanda è qui adeguatamente rappresentata dalle imprese e dalla Pubblica Amministrazione. Quest'ultima potrebbe essere in effetti coinvolta dal factoring su scala ben più vasta. L'offerta è rappresentata dal mondo bancario ma anche dalle stesse imprese nel senso che una parte significativa del mercato del factoring nel nostro paese è di emanazione industriale. Le imprese possono quindi presentarsi nella duplice veste di domanda e di offerta. Infine, la regolamentazione, il cui grado di attuazione si presenta assai articolato e differenziato, dato che alcune normative sono già complete ed operanti, altre mancano ancora dei provvedimenti attuativi, altre, infine, si vanno formando proprio in questo periodo

9 LE BANCHE ED IL FACTORING Roberto Mazzotta Presidente - Cassa di Risparmio delle Province Lombarde S.p.A. 1. Introduzione Vorrei riprendere intanto i temi toccati dal Prof. Bianchi nel suo intervento: la nostra esperienza di intermediari creditizi rispetto alla problematica dei "gruppi", alla loro prima formazione ed alla loro successiva disciplina (mi riferisco in particolare al recepimento della seconda Direttiva CEE tenendo presente che i problemi che la banca deve affrontare per organizzare la propria attività complessiva riguardano in via non secondaria anche la vostra realtà nella quale il peso della banca - che sia azionista di controllo o partecipante al capitale delle società di factoring - è di indubbio rilievo e credo non sia destinato a declinare. Come noto, la disciplina che regolava i rapporti intragruppo era esclusivamente di natura finanziaria, tanto che le nostre controllate consideravano ogni nostra attenzione una indebita interferenza. Qualcuno arriva ad invocare addirittura il Codice Civile. Il gruppo, in sostanza, esisteva solo sulla carta e l'azionista di controllo esercitava la propria funzione valutando il proprio investimento dal punto di vista esclusivamente finanziario. Le opportunità di carattere più "industriale" - penso per esempio all'allargamento dell'offerta di prodotti - erano lasciate esclusivamente alla buona volontà degli uomini. Il fatto che anche in quelle condizioni le cose funzionassero abbastanza bene è ancora una volta la dimostrazione della saggezza che contraddistingue il nostro Paese: il dialogo e l'interscambio tra i diversi consigli di amministrazione, tra i diverse organi amministrativi, supportati da un management in qualche modo consapevole dell'attività della capogruppo hanno fatto si che le strutture funzionassero, anche in mancanza di adeguati strumenti giuridici. Oggi, il processo di regolamentazione giuridica sta subendo una grande accelerazione, e tuttavia, dal punto di vista della normativa fondamentale, mi sembra che tale processo tenda per così dire all'"inseguimento" delle realtà già costituite e vi sono perciò elementi di contraddizione, poiché in attesa del Testo Unico e delle modifiche normative di completamento che dovranno intervenire, permangono numerose zone oscure per far luce sulle quali si continua a far ricorso alla consueta buona volontà che prima sottolineavo. A oggi, come dicevo, si è fatto molto: abbiamo avuto la Legge Amato, quindi i provvedimenti di attuazioni della Legge Amato e - 8 -

10 poi ancora gli interventi conseguenti per la disciplina dei gruppi, fino ad arrivare alla situazione completamente opposta rispetto a quella che evidenziavo poco fa, per cui la capogruppo è addirittura responsabile per le obbligazioni verso terzi delle proprie controllate. i conflitti possibili con la disciplina civilistica di base sono noti. E proprio su questo tema non posso non esplicitare ancora una volta le mie perplessità, anzi la mia preoccupazione personale quale responsabile di una capogruppo. D'altra parte la situazione che stiamo vivendo ci presenta anche tale ipotesi e noi dobbiamo analizzarla con lucidità. 2. Il gruppo e la banca universale In una cornice di questo genere - a mio avviso determinata proprio per provocare dei comportamenti - quale elemento fondamentale abbiamo dinanzi a noi? Tenendo conto che non siamo ancora preparati a vedere realizzato il compimento di un sistema, perché la disciplina è cambiata ma noi siamo gli stessi di prima e le nostre strutture stanno si cambiando, ma non si sono ancora trasformate e adattate. Abbiamo tutti gli strumenti per costruire un gruppo economico nel quale vi siano non solo le possibilità o le facoltà ma le strutture, le procedure, le risorse umane e tecnologiche per garantire unità di indirizzo e di controllo, per garantire l'integrazione dei controlli gestionali, per avere quindi un sistema unitario e integrato di gruppo all'interno del quale le società controllate siano strumenti per la produzione, la distribuzione, l'erogazione di prodotti e servizi specialistici. E' dunque un elemento concreto, anche se non esiste in maniera completa, sistematizzata nell'ambito dei gruppi che ho avuto modo di conoscere in modo non superficiale. si stanno però compiendo grandi sforzi, con inevitabili problemi, anche nei tempi. tuttavia questa è la situazione nella quale noi oggi operiamo. E poi vi è il recepimento della seconda Direttiva, che ha consentito e consente di optare per la forma organizzativa che si preferisce. Certamente la materia sarà poi disciplinata e sistematizzata nella maniera dovuta, ma già oggi noi dobbiamo definire i nostri orientamenti. Dobbiamo pertanto scegliere tra il gruppo (nella sua forma attuale o semplificata o magari ancor più appesantito e complicato) e l'impresa unica con struttura divisionale. E' ovvio sottolineare che una scelta di questo tipo non può essere condotta a livello di sistema secondo criteri di omogeneità poiché di fatto non esiste omogeneità e dunque linee guida suggeribili in via generale. Si tratta invece di una scelta di assoluta importanza che ciascun soggetto dovrà operare sulla base delle proprie caratteristiche, delle proprie realtà strutturali, dei propri rapporti con il mercato, dei propri indirizzi strategici

11 Avere per così dire "dequalificato" questo problema da grande problematica di carattere generale a più semplice e "laico" problema organizzativo mi sembra comunque elemento di grande importanza e progresso. Si è speso molto tempo e si sono spese molte parole per invocare una presunta alternativa conflittuale sulla "modellistica" (creando così complicazioni rispetto a temi che sono semplici concettualmente ma difficili applicativamente): oggi si riconosce infine che si tratta di uno schema che ciascuno può applicare secondo le proprie caratteristiche. In questo senso non sono in grado, in questo momento, di esprimere un parere sulla risposta che la banca deve dare, può dare o deve essere orientata a dare rispetto al problema specifico. Tuttavia ritengo di estrema importanza sviluppare sul tema alcuni ragionamenti, anzi avviare un confronto su questo tema perché ciascuno di noi trovi spunti utili ad indirizzare la propria scelta di modello organizzativo tenendo ben presente, come ho già detto, la propria realtà di partenza. Tanto più che, mi permetto di sottolineare, già nell'applicazione della Legge Amato molti gruppi hanno scelto strade differenti rispetto ai modelli organizzativi di approdo: chi ha scelto per esempio la strada della holding finanziaria e chi quella della holding operativa: esiste insomma già una notevole difformità di partenza (anche se non per forza destinata a percorsi irreversibili). Chi ha optato per la holding finanziaria si troverà di fronte un percorso più logicamente orientato al mantenimento della struttura di gruppo; che ha optato per dare alla banca stessa natura di holding (e dunque ha scelto la holding operativa) ha probabilmente già operato la scelta della banca universale - ovviamente una volta che siano stati eliminati i vincoli e gli impedimenti attuali. Nel caso di Cariplo, ricordo che quando si discusse - nell'ambito dell'applicazione della Legge Amato - verso quale modello holding ci si dovesse orientare (holding pura o banca capogruppo) scegliemmo il modello della banca capogruppo proprio considerando che se ci fosse poi stato consentito - e ci fosse risultato utile - dotarci della struttura di banca universale il nostro modello di partenza avrebbe presentato un elemento di contraddizione in meno. Anche questo mi sembra un tema meritevole di considerazione. 3. Il factoring e le banche Vorrei ora esprimere alcune considerazioni su come - a mio personale giudizio - le banche debbano considerare le società di factoring ed il lavoro che esse svolgono

12 Il factoring è un prodotto che rappresenta oggi nel portafoglio delle attività dei gruppi un'attività con una propria "personalità", caratteristiche peculiari, una articolazione ormai matura. E' dunque impensabile - fatta salva la scelta della forma organizzativa più utile - immaginare alcuna forma di involuzione rispetto alla personalità, alla naturale tipicità che tale attività ha acquisito nei confronti del mercato. Chi dovesse rinunciare a ciò rinuncerebbe al mercato. Se il gruppo vuole esplicare questa attività deve porsi il problema di quale assetto organizzativo dare al factoring mantenendo e magari esaltando le caratteristiche peculiari, anche professionali, di un servizio che offre risposte specifiche alle esigenze della clientela, di un servizio che non può essere ricondotto nell'alveo del tradizionale servizio bancario, a meno di rinunciare agli elementi positivi di articolazione che contraddistinguono il gruppo (ma anche a quote di mercato) nell'ambito della capacità di offerta complessiva e di prodotti e servizi che contraddistingue la banca universale. Certo la banca può decidere di concentrarsi sul core-business "antico", ma non mi parrebbe una strategia adeguata per affrontare un mercato sempre più competitivo. Ho sottolineato il tema dell'assetto organizzativo poiché il factoring - sulle cui caratteristiche tecniche ovviamente non mi dilungo ma che occorre tenere ben presenti - si basa per buona parte sull'attività gestionale che riveste pertanto una importanza essenziale, e chi svolge un servizio gestionale necessariamente deve porsi problemi in termini di risorse tecnologiche, informatiche nella fattispecie, e dunque di capitali di investimento. Si comprende allora l'importanza di affrontare correttamente il tema dell'assetto organizzativo, così come il tema del fabbisogno di risorse finanziarie o di dimensioni patrimoniali. Partirei da una constatazione forse semplice quanto mai abbastanza evidenziata: la competizione è destinata a crescere. E quando si deve stabilire come affrontare questa nuova competizione in termini organizzativi è errato - dopo aver guardato a se stessi (tema preliminare) - non tenere conto dei suggerimenti essenziali e imprescindibili che il mercato stesso offre, un mercato che poi è difficilmente interpretabile nella sua evoluzione. Un dato inequivocabile che il mercato competitivo nel settore del factoring ci evidenzia è la necessità di processi di razionalizzazione. Aumentano le necessità di investimento proprio per migliorare la capacità di risposta alle esigenze della clientela, aumentano le necessità di patrimonializzazione, non solo per ragioni di coefficienti, ma proprio per l'aumento dei volumi

13 che non possono certamente restare immobili se devono aumentare gli investimenti e gli impegni di struttura. Proprio il tema dei coefficienti può essere un elemento chiarificatore per capire meglio quale forma organizzativa perseguire. Io credo che se si fa il calcolo della differenza dei coefficienti di solvibilità tra factoring e banca si evidenzia una contraddizione, almeno apparente; una contraddizione poi molto smorzata se si considera nella sostanza il coefficiente di solvibilità consolidato. Naturalmente occorre conoscere le diversità a seconda che in un gruppo si vada al consolidamento integrale piuttosto che a quello proporzionale piuttosto che al metodo del patrimonio netto, ma il problema più grosso rimane unico, e cioè dove si debba ricollocare un ripatrimonializzazione, se in una società particolare o nella capogruppo. Questo, ripeto, è un punto centrale, per cui le capogruppo che presentano qualche problema di patrimonializzazione non avranno ampi gradi di libertà e rischieranno di rinunciare alla specificità di un prodotto-servizio e di una struttura, mentre vi sarà chi avrà maggiori possibilità di patrimonializzare le proprie controllate e chi ancora giungerà alla semplificazione azionaria pluribancaria di molte società. In questo caso la capogruppo avrà più ampi margini di libertà, ma dovrà affrontare problemi non indifferenti. Innanzitutto essa dovrà coprire i bisogni delle controllate in termini di risorse e di funzionamento; in secondo luogo adeguare, per la propria parte, il patrimonio. Questi problemi, lo ribadisco, implicano una scelta tra i modelli che indicavo. Esistono altresì problemi di convenienza fiscale, ma credo che nel contesto di scelte di orientamento strategico tali problemi non siano elementi essenziali (seppure tutti gli argomenti, anche quelli non principali, concorrono poi nel loro insieme a definire la convenienza di un orientamento strategico). Se il regime fiscale non dovesse cambiare rispetto all'attuale - mi riferisco in particolare al regime riguardante l'imposta sul Valore Aggiunto - certo non verrebbe favorito il processo di incorporazione, ma questo, lo ripeto, non è un punto centrale. E poi noi viviamo una fase inevitabilmente, forzosamente "erratica"della normativa tributaria nella quale è davvero impossibile fare previsioni. Vi è poi un altro punto molto importante - lo introduco pur consapevole del salto logico che compio rispetto a quanto dicevo - e riguarda la "rischiosità", elemento presente un po' in ogni settore, ma nel nostro di notevole particolarità e rilievo

14 Ebbene, noi stiamo attraversando una fase caratterizzata proprio dal forte aumento della rischiosità. Questo richiama il fatto che tutte le attività di intermediazione finanziaria vivono oggi una fase di aumento della rischiosità, (quindi anche al di là delle responsabilità della capogruppo. Il tema della responsabilità richiama il problema di come si debba organizzare un controllo centralizzato della rischiosità del cliente. Oggi siamo ancora nella situazione in cui in molti casi si decide un'operazione nei confronti di un cliente anche sulla base di come si sono comportate le nostre diverse controllate nei confronti di quello stesso cliente e dunque si promuove una ricerca piuttosto elaborata, poiché - nella maggioranza dei casi - non esiste un sistema centralizzato che sappia fornire informazioni omogenee e puntuali né tanto meno aggiornate automaticamente. Soprattutto non esiste un ordinamento procedurale e gerarchico che orienti le decisioni di affidabilità rispetto ai tempi, ai modi, alla qualità del cliente. Quest'ultimo è a mio avviso essenziale; è un punto che determina il funzionamento di un'impresa, di un gruppo al di là di qualsiasi considerazione rispetto alla convenienza dei coefficienti, alla convenienza fiscale e quant'altro. Il tema centrale è insomma come avere una capacità di esame e di valutazione del merito del credito al cliente rispetto alla pluralità di servizi e prodotti che si possono erogare, a loro volta, considerati nell'ambito del servizio complessivo che si deve erogare. Non per mortificare l'offerta, ma proprio per affrontare la competizione con un approccio adeguato. Risolto questo nodo essenziale si potrà allora orientare la propria scelta strategica: operare perché il gruppo finanziario evolva concretamente verso il gruppo economico integrato o costruire la banca universale. 4.Conclusioni Per quanto mi riguarda - e credo di non averlo nascosto - io propendo per la soluzione della banca universale, ritengo cioè che si debba procedere, seppure gradualmente, verso il modello dell'azienda unica che contenga al proprio interno specializzazioni divisionali con la possibilità di erogare attraverso un'unica rete un vasta gamma di prodotti e servizi. Questo però non significa accelerare le incorporazioni. Occorre innanzitutto, lo ripeto, esaminare l'utilità del modello e preparare gli uomini, le procedure, le culture a gestire tale modello. Che è poi la parte più impegnativa, anche perché occorre che ciascuno di noi faccia per così dire i conti con l'inerzia tipica che spesso ci contraddistingue, e che ci porta a sentirci più gratificati dal mestiere consolidato che non da

15 quello nuovo, che ci si trova magari a dover affrontare all'improvviso. Non faccio ragionamenti astratti. Si pensi per esempio al rapporto - all'interno di un gruppo creditizio - tra la banca che ha sempre svolto attività di credito ordinario e ad un istituto specializzato nel credito a medio e lungo termine. La cultura della banca e quella dell'intermediario specializzato si trovano a convivere e credo si possa parlare di vera e propria rivoluzione. Ma come sempre, il momento più impegnativo è quello successivo alla rivoluzione vera e propria: si devono fronteggiare i rischi controrivoluzionari ma occorre altresì superare il momento "distruttivo". In sintesi, struttura divisionale ma che non mortifichi mai la specialità del prodotto e del servizio specie in un momento nel quale il mercato evolve sempre più verso l'aumento ed il perfezionamento della specializzazione in risposta alle esigenze sempre più sofisticate e complesse del cliente (e non solo nel nostro settore). Il tema che ho sin qui sollevato - se sia cioè opportuno che un'attività specializzata (alludo a qualsiasi attività, ma considerato il contesto odierno mi riferisco al factoring) venga centralizzata nella capogruppo o meno - si pone evidentemente allorché la banca sia azionista nettamente prevalente. Laddove tale presenza azionaria non sia di comando o comunque di nettissima prevalenza, né sia destinata a diventarlo, i termini della questione ovviamente mutano. Mi riferisco per esempio a società che hanno nel proprio azionariato una pluralità di banche minori - le quali utilizzano l'investimento per accedere al servizio - che non saranno mai azionisti di comando. Si pensi alle banche locali (non intendo qui soltanto le Casse di Risparmio che pongono altri problemi che sarebbe troppo lungo approfondire in questa sede) che potrebbero anche trovare società che, nate da gruppi industriali, potrebbero guardare con favore all'allargamento dell'azionariato di minoranza ed avviare utili collaborazioni con gli azionisti banche, peraltro presenti capillarmente sul territorio. Il tema non è in questo caso quello che evidenziavo per le grandi banche, ma si pone in termini di maggiore efficacia del servizio nei riguardi della clientela. Basti pensare al tessuto imprenditoriale minore che costituisce un mercato essenziale per le banche locali. Allora la prospettiva che io mi sento di prefigurare è l'inevitabile processo di semplificazione, di razionalizzazione dei soggetti che operano su tale mercato, cioè tra società di factoring nate per iniziativa di gruppi economici industriali;

16 ma anche società totalmente autonome che attraverso processi di razionalizzazione potrebbero raggiungere migliori livelli di efficienza e di efficacia senza dover rinunciare al loro proprio soggetto societario ed aziendale, autonomo ed indipendente

17 LE IMPRESE ED IL FACTORING Paolo Scopazzi Vice Direttore Generale affari economici e societari - IBM Semea S.p.A. 1. Introduzione Nel mio intervento intendo fornire il punto di vista di un'impresa rispetto ai servizi di factoring, proponendovi un'analisi di tipo strettamente finanziario, o comunque tecnico piuttosto, l'esperienza di un'azienda che utilizza, nello svolgimento delle proprie attività, il factoring come strumento di supporto gestionale e finanziario. 2. La segmentazione La IBM Semea è una fra le più grandi imprese operanti in Italia, dove è presente da oltre 65 anni, e, oltre a produrre beni e servizi ad alta tecnologia, provvede a commercializzarli sia direttamente con forze di marketing dedicate, sia tramite una estesa rete di agenti e concessionari. Oggi la IBM è una società sempre più flessibile, più vicina al mercato, più rapida ed efficiente: in risposta alle trasformazioni subite negli ultimi anni dal mercato delle tecnologie dell'informazione, uno dei settori più competitivi, le attività della IBM sono sempre più segmentate per aree geografiche e, all'interno di ogni area, per dimensione dell'utente, per tipo d'attività, per prodotto, per tipo d'applicazione. Per segmentazione si intende soprattutto decentramento e delega ad unità autonome, che sono responsabili delle decisioni relative al proprio ambito di competenza. In questo modo si riescono a cogliere più prontamente le diverse opportunità che il mercato offre, e ad essere più competitivi nell'offrire i servizi. La segmentazione non riguarda infatti solo il lato commerciale ma anche quello della produzione o della fornitura di servizi di supporto. Sono quindi state create delle divisioni autonome, come la Divisione Personal System e la Divisione General Business, dedicate rispettivamente al mercato dei personal computer e a quello della piccola e media impresa. Vi sono poi alcune società autonome di recente creazione, fra cui quelle dedicate alle attività finanziarie: la IBM Factoring S.p.A. e la IBM Semea Servizi Finanziari S.p.A., che si occupano rispettivamente del factoring e di tutte le altre attività connesse al finanziamento delle vendite di prodotti e servizi IBM

18 La missione di questa ultima società è di fornire consulenza e assistenza operativa specialistica alla IBM Semea nei campi finanziamento vendite, attività di rivendita di macchine usate, gestione del rischio finanziario, e nel campo dello sviluppo e dell'utilizzo di programmi e prodotti per la gestione del finanziamento vendite. A questa società si affianca la IBM Factoring, operativa da circa un anno, che presta servizi di smobilizzo fatture, di incasso e di erogazione credito a favore di partner IBM, soprattutto Concessionari ed Agenti. La struttura è molto agile ed offre i propri servizi in collaborazione con Ifitalia, che ha una partecipazione nella società. Il giro d'affari totale delle attività di factoring della IBM, che vengono svolte anche avvalendosi dell'esperienza di operatori prestigiosi quali Comit factoring, è di circa miliardi di lire all'anno. 3. Ragioni principali dell'utilizzo del factoring Per quanto riguarda le ragioni che hanno portato la IBM a servirsi del factoring come strumento di supporto alle attività, va innanzitutto osservato che la IBM è stata fra i pionieri nel cedere grandi masse di crediti: fin dal 1984 il volume dei crediti ceduti era piuttosto elevato, con circa 30/50 mila fatture all'anno, e oggi il volume annuale è nell'ordine delle 90/100 mila fatture, che in totale, come già detto, corrispondono ad un valore complessivo di circa miliardi. All'inizio degli anni Ottanta, parallelamente allo sviluppo degli affari della società, si era notata una inevitabile crescita dei problemi connessi alla gestione dei crediti: * risultato globale dell'incasso crediti non soddisfacente, * elevato costo di contabilizzazione delle partite, * tempi lunghi di incasso, * risorse dedicate all'incasso crediti troppo onerose, * personale di vendita sottratto al proprio incarico naturale. Al di là di queste difficoltà, direi quotidiane nelle attività commerciali, emergeva la necessità di introdurre nuovi sistemi di pagamento, giustificati da altre motivazioni: * riuscire ad esprimere alti livelli di efficienza anche nella riscossione dei crediti, * affidare la valutazione del credito dei clienti a personale specializzato,

19 * mantenere l'immagine commerciale dell'azienda affidando all'esterno un lavoro non legato al core business. Vi sono inoltre ulteriori vantaggi "indiretti" che derivano dall'introduzione del factoring: * bonifica e snellimento delle procedure amministrative interne, quali: gestione ordini, fatturazione, emissione note di credito che devono essere più precise, ordinate e tempificate, * i rapporti con clienti risultano facilitati dagli estratti conto più trasparenti, * propensione cliente a pagare con maggiore puntualità, dato che si riducono le giustificazioni al ritardo. Oltre agli aspetti finora visti, di carattere soprattutto gestionale, il ricorso al factoring ha determinato benefici significativi in azienda anche dal punto di vista finanziario. Bisogna infatti prendere in considerazione gli altri risvolti delle difficoltà incontrate dalla IBM nella gestione di una grande massa di crediti: * nel bilancio della società potrebbe evidenziarsi una voce crediti progressivamente in aumento, con conseguenza sugli indici relativi e riflessi sull'immagine dell'azienda, che potrebbe, tra l'altro, rendere più costoso il ricorso al credito, * si è ritenuto pertanto opportuno cedere i crediti pro soluto, in modo da cancellare dal bilancio la voce crediti, * il cash flow necessita di stabilità, così come la pianificazione finanziaria, che ha bisogno di dati più certi e prevedibili possibile, * potrebbe rendersi necessario ricorrere al sistema bancario per esigenze di liquidità senza che ciò sia stato previsto o pianificato. Il ricorso al factoring permette di: * dare maggiore certezza ai flussi di cassa, * rendere più elastica e flessibile la pianificazione e la gestione finanziaria, * e determina altri risultati che si riflettono positivamente sull'andamento globale della società. Per quanto riguarda i risultati "indotti", si possono citare: * la creazione nei clienti di una maggiore sensibilità al costo del denaro, vista nell'ottica dei fornitori,

20 * la notevole riduzione se non l'annullamento della propensione all'autofinanziamento mediante ritardo nei pagamenti, derivante dall'imposizione di interessi moratori, * il factor, in quanto specializzato, ha infatti maggiore forza e possibilità di applicare e incassare gli interessi di ritardato pagamento. 4. Il factoring come strumento di supporto gestionale e organizzativo Dopo aver verificato questi vantaggi, la IBM ha sviluppato l'utilizzo del factoring in proprio, costituendo nel luglio dello scorso anno la IBM Factoring S.p.A., in modo da servirsene anche come strumento per finanziamenti a breve termine nei confronti della rete di agenti e concessionari. Questa è costituita da un insieme di oltre 400 operatori, che sviluppano un turnover annuale superiore ai 500 miliardi di lire e che affiancano la società da quando questa è entrata, circa 10 anni fa, nel mercato dei personal computer. Il concessionario è tipicamente un'azienda commerciale di dimensioni contenute con limitata capitalizzazione: ricorre normalmente al credito bancario ma non sempre ne ottiene un volano creditizio sufficiente allo svolgimento del volume d'affari potenziale. La IBM non si limita solo a fornire i prodotti ai propri concessionari, ma provvede con il factoring a finanziarli dilazionando i pagamenti. Inoltre attiva il factoring per i crediti che i concessionari vantano nei confronti dei propri clienti, facendo così del factoring un vero e proprio erogatore di credito per l'attività dei concessionari IBM. In questo modo, i concessionari che avevano inizialmente considerato il factoring come strumento per l'esazione dei pagamenti, si sono gradualmente trovati ad avere un finanziatore dai costi competitivi, che può concedere affidamenti ritagliati perfettamente sulle dimensioni dell'azienda, in una prospettiva che valuta, oltre allo stato patrimoniale, anche la capacità commerciale del singolo concessionario. 5. Conclusioni In sintesi, la domanda si è evoluta dal semplice "prodotto" finanziario al "servizio globale" per la conduzione ottimale delle fasi finali del processo di commercializzazione, dalla valutazione del rischio di credito all'incasso. Per un'azienda come la IBM Semea, che ha un alto volume di operazioni commerciali svolte sia direttamente sia indirettamente, il factoring si è dimostrato un eccellente strumento di supporto gestionale e finanziario che permette di avere vantaggi in entrambi i casi:

21 * per le operazioni svolte da personale commerciale proprio in quanto si ha, ad esempio * uno snellimento del lavoro delle forze di vendita che possono così concentrare maggiormente la loro attenzione sul business, * una riduzione del numero di persone che si occupano di esazione crediti. * per le operazioni dei concessionari, si ha invece l'opportunità di finanziarle nei due modi visti poco sopra. La considerazione più appagante per un'azienda delle dimensioni quali quelle della IBM in Italia consiste nell'ottenere, attraverso il factoring, una ottimizzazione globale delle attività, che ha riflessi positivi sia sulla IBM Semea stessa, sia sui canali di vendita IBM, quali appunto i Concessionari, sia, in tempi più recenti, anche nei confronti degli utenti finali ai quali si possono offrire condizioni più flessibili per assolvere ai propri impegni

22 IL FACTORING E LO SVILUPPO DEL SISTEMA INDUSTRIALE Lucio Scialpi Direttore Centrale area economia e impresa - Confindustria 1.Introduzione Il sistema industriale italiano sta attraversando profondi cambiamenti di struttura e di strategia per competere nel più vasto mercato unico europeo. La maggiore competizione richiede, tra l'altro, il rafforzamento della capacità innovativa, soprattutto di prodotto; l'aumento di investimenti in ricerca e sviluppo, spesso costosi e di lunga durata; la necessità di fronteggiare la più rapida obsolescenza degli impianti con un maggior flusso di investimenti per il loro rimpiazzo; il ricorso ad accorpamenti ed alleanze, anche con imprese di altri paesi. Tutto ciò sta avvenendo mentre una parte notevole della nostra imprenditoria è interessata dal cambio generazionale. Queste trasformazioni hanno dirette implicazioni per la gestione finanziaria delle imprese. Essa diviene ora una variabile strategica da cui dipende in larga misura il successo delle imprese italiane nella competizione europea. Aumenta la necessità di un flusso costante e stabile di risorse finanziarie a costi contenuti; occorre affinare la gestione di cassa; sono necessari rapporti con intermediari finanziari, in grado non solo di informare e dare assistenza sulle opportunità offerte sia dai mercati che dagli operatori presenti su di essi, ma anche di suggerire ed offrire prodotti finanziari realmente rispondenti ai bisogni delle imprese. 2. Le caratteristiche del factoring e la domanda delle imprese Per le sue caratteristiche, il factoring è potenzialmente molto adatto a sostenere la fase evolutiva che il nostro sistema industriale attraversa, sia per le trasformazioni strutturali in corso che per le difficoltà determinate dalla recessione. Esso infatti è uno strumento flessibile ed articolato, particolarmente funzionale alle imprese medie e piccole, nelle quali notoriamente si concentra una forte capacità di sviluppo della nostra economia. Per loro natura, le operazioni di factoring possono proficuamente essere finalizzate allo sviluppo; ma questa loro potenzialità va tradotta in realtà. Il factoring, infatti, risulta particolarmente idoneo al sostegno di imprese in rapida espansione, che registrano alti tassi di crescita del fatturato e che, pur godendo di consistenti margini di redditività, presentano una struttura finanziaria debole, per esempio a causa delle dilazioni di

23 pagamento accordate alla clientela a fronte della necessità di rispettare i termini di pagamento dei fornitori. In imprese di questo tipo, di piccole e medie dimensioni, la struttura finanziaria è resa spesso vulnerabile dalla carenza di mezzi propri che interferisce con i piani di sviluppo aziendale. In questi casi, il factoring potrebbe porsi come un utile strumento di sostegno allo sviluppo perché più attento all'espansione delle vendite che non alle immobilizzazioni in capitale fisso; variabile, quest'ultima su cui è ancora fortemente accentrata invece l'attenzione degli intermediari bancari. Il comparto delle imprese piccole e medie, ad elevato potenziale di sviluppo, può dunque trarre grande giovamento da un utilizzo appropriato ed "intelligente" del factoring perché esso permette di compensare la spesso insufficiente articolazione della "funzione finanziaria" laddove non si possono dedicare sufficienti risorse alla gestione della finanza. Il ricorso a questo strumento è l'affidamento delle funzioni di servizio ad esso collegate a soggetti esterni dovrebbe consentire a queste imprese di liberare potenzialità, da impiegare con maggiore profitto nel marketing e nello sviluppo di nuovi prodotti. Nel nostro Paese il factoring ha conosciuto una notevole diffusione quantitativa. La sua incidenza sul PIL, compreso il factoring erogato dalle società di emanazione industriale, è cresciuta rapidamente, passando da meno dell'1%, degli anni settanta, al 7-8% di oggi. A ciò, però, non corrisponde una qualità adeguata ed un ruolo adatto alla maturità del nostro sviluppo industriale. Nella maggior parte dei casi, il factoring è ancora soltanto una ulteriore linea di credito, a costi più elevati, cui fare ricorso quando l'azienda ha esaurito tutte le altre possibilità di finanziamento. Questa concezione limitata del factoring deriva soprattutto da carenza di informazione, dal lato della domanda, e da confusione, dal lato dell'offerta. Fra gli imprenditori, soprattutto di minori dimensioni, stenta a diffondersi la concezione di un factoring inteso come "servizio", che può essere esteso anche alla vera e propria gestione amministrativa (per esempio delle fatture), mentre appare chiaro che la maggior parte delle società di factoring preferisce puntare sulla maggiore remuneratività dell'attività di finanziamento, piuttosto che su quella di servizio. Rimane poi il fatto che le imprese industriali incontrano forti difficoltà nel far ricorso a questo prodotto finanziario a causa innanzitutto del suo costo elevato. al costo della provvista delle società di factoring, che si finanziano sovente a tassi superiori al "prime-rate", si aggiunge infatti la commissione cui spesso non corrisponde la remunerazione di servizi a più elevato calore aggiunto, ma solo la prestazione finanziaria

24 Le condizioni di costo cui il factoring viene erogato risultano poi ancora più onerose quando l'impresa si rivolge al factor avendo esaurito la sua capacità di credito e si trova quindi in condizioni di particolare debolezza contrattuale. Le rapide trasformazioni in atto nel nostro sistema industriale e la difesa della sua competitività impongono si superare ogni uso improprio di questo strumento e di individuare tempestivamente i modi per sviluppare al massimo le sue potenzialità di sostegno allo sviluppo delle imprese, là dove il ruolo degli intermediari bancari non è, da solo, sufficiente: il factoring non deve essere più solo un modo per aggirare le restrizioni quantitative al credito imposte dalla politica monetaria; tanto meno esso deve rappresentare l'ultima possibilità alternativa di finanziamento e che debbano quindi accettare condizioni particolarmente onerose. 3. Le prospettive dello sviluppo del factoring Il rapporto fra industria e factoring dovrebbe essere sempre più centrato sulle componenti non finanziarie di questa attività e sulla capacità delle società di factoring di offrire una vera e propria attività di servizio alle imprese. Diverse ragioni di ordine contingente e di tipo strutturale spingono in questa direzione. Vi è in primo luogo la necessità di fronteggiare il ritardo e l'instabilità dei flussi finanziari, derivanti per esempio dalla lunghezza strutturale dei tempi di pagamento, anche tra imprese, quando non dalla loro incertezza, per esempio nel caso degli appalti pubblici, oppure derivanti dagli effetti finanziari dalla crisi recessiva. Ciò dovrebbe comportare la maggior diffusione, a condizioni accessibili anche alle imprese minori, di prestazioni del tipo "pro-soluto", che dovrebbero rappresentare il vero aspetto caratterizzante di questo prodotto. L'integrazione dei mercati richiede poi che il factoring si espanda sempre di più nella direzione del servizio di assistenza alle imprese interessate ad informazioni sulla clientela e ad utili e solidi rapporti di collaborazione con altre imprese. Le società di factoring potrebbero svolgere con particolare efficacia questa funzione, grazie alla conoscenza diffusa dei mercati che esse sono in grado di sviluppare. Ciò è particolarmente vero per i mercati internazionali, con i quali le imprese medie devono confrontarsi sempre di più, spesso senza le necessarie informazioni. Lo sviluppo del factoring nella direzione del servizio di gestione è motivato anche dalla tendenza delle imprese a decentrare sempre più lo svolgimento di diverse funzioni aziendali; tendenza questa che riflette la necessità di specializzazione che alcune funzioni richiedono e la convenienza economica a realizzarle all'esterno dell'impresa

25 La componente finanziaria del factoring dovrà poi cedere il passo a quella di servizio perché le necessarie innovazioni di struttura e di strategia, che vasti settori del nostro sistema industriale dovranno continuare ad affrontare, richiedono maggiore disponibilità tanto di mezzi propri che di finanziamenti esterni: maggiore ricorso quindi ad un mercato finanziario che dovrà essere sviluppato con un'adeguata rete di investitori istituzionali e con strumenti di finanziamento diretto sempre più articolati. La ulteriore diffusione del factoring presenta quindi aspetti di grande rilievo per il sostegno della delicata fase che il sistema industriale italiano sta attraversando. Questa diffusione deve avvenire però secondo linee evolutive appropriate. Il costo di queste operazioni deve trovare il suo fondamento nella prestazione di servizi a valore aggiunto più elevato della semplice erogazione di finanziamenti; occorre sviluppare la sua componente assicurativa, di copertura del rischio, di servizio gestionale e di informazione sui mercati. il costo complessivo dei servizi deve essere poi contenuto riducendo l'onerosità della raccolta, per esempio estendendo alle società di factoring la possibilità di emettere obbligazioni. A questo scopo lo sviluppo non distorto del factoring, qualitativamente corretto e conveniente in termini di costo richiede una più vasta articolazione delle fonti di finanziamento per le imprese; la più ampia competizione fra operatori e fra strumenti sul mercato finanziario; tassi di interesse più bassi che riducano il costo della provvista delle società di factoring; un'adeguata informazione delle imprese che consenta la maggior diffusione della domanda di servizi che le società di factoring sono in grado di erogare. Il rilancio del factoring come fattore di sviluppo deve avvenire ad opera di operatori che abbiano professionalità specifiche; essi devono anche avere una conoscenza approfondita del mondo della produzione. Tra le società di factoring, avranno certamente ampio sviluppo anche quelle di emanazione industriale, in grado di funzionare sulla base della conoscenza diretta dall'operatività delle imprese produttrici. La fase attuale dello sviluppo economico del nostro Paese, l'assetto finalmente definito della disciplina giuridica di questo istituto, la presenza di esperienze professionali di alto livello, sia di provenienza bancaria che di provenienza industriale, determinano un quadro complessivamente favorevole allo sviluppo del factoring. C'è da augurarsi che esso sia assecondato da un ambiente operativo sempre più adatto, innanzitutto grazie alla maggiore articolazione dei mercati finanziari, e dalla necessaria stabilità economica e politica. Esso però richiede anche un'adeguata attitudine al rischio da parte degli operatori finanziari ed una più incisiva attitudine alla competizione nell'offerta di prestazioni sofisticate

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