FAVISMO, IL LATO OSCURO DI UN LEGUME

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1 Foto di Maxim (CC BY-NC-SA 2.0) FAVISMO, IL LATO OSCURO DI UN LEGUME La carenza dell enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (G6PD), nota anche come favismo, è un errore congenito del metabolismo che può provocare crisi emolitiche quando il soggetto portatore della patologia ingerisce alimenti come le fave, da cui deriva il nome, i piselli o alcuni farmaci ossidanti. Nel mondo si stima che le persone affette da questo deficit enzimatico siano circa 400 milioni; in Italia ce ne sono circa La sua trasmissione genetica avviene attraverso il cromosoma X, per cui il deficit enzimatico è più severo nei maschi, sebbene sia frequente anche nelle donne. La diagnosi si basa sul dosaggio dell attività della G6PD a seguito di un semplice prelievo di sangue. aprile 2016 natural 1 t 69

2 * Roberta Mantegazza * Patrizia Restani Ut quod ali cibus est aliis fuat acre venenum (Quello che è cibo per uno, è veleno per un altro) Lucretius, De Rerum Natura Alimentarsi è un bisogno necessario per il sostenimento energetico dell organismo umano e rientra nell insieme dei comportamenti fisiologici che spingono l uomo a compiere quelle azioni indispensabili per la sua sopravvivenza e per quella della specie. In milioni di anni di evoluzione si è modellato un sistema di controllo dell assunzione di cibo per utilizzare e immagazzinare l energia degli alimenti. Per molte persone, grazie all abbondanza e alla varietà dei cibi disponibili, mangiare non solo rappresenta un bisogno da soddisfare, ma anche un atto piacevole e gratificante; per altre consumare determinati alimenti può causare reazioni avverse spiacevoli che minacciano salute e vita. Per queste persone la tranquillità nell assunzione di cibo viene intaccata dalla sempre presente consapevolezza che l ingestione di determinati cibi può essere dannosa; dal momento quindi che alcuni alimenti devono essere esclusi dalla dieta, la selezione degli stessi diventa un compito meticoloso di lettura delle etichette per l identificazione dell esatta composizione dei prodotti. Le reazioni avverse al cibo mettono in luce il lato dannoso degli alimenti per i soggetti sensibili, concetto che ha suscitato interesse dall antichità fino a oggi, e rappresentano un ambito della patologia molto studiato poiché controverso e soprattutto sempre più di attualità. Le prime nozioni conosciute risalgono ai tempi antichi; nel 400 a.c. Ippocrate comprese che il cibo poteva essere causa di manifestazioni patologiche come l orticaria e la cefalea; Galeno nel 200 a.c. curava malati di allergia alimentare. Con la scoperta e l avanzamento della cultura medico-scientifica si è arrivati oggi a definire un quadro dei diversi tipi di reazioni avverse e si è cercato di classificarle. Una classificazione, largamente e internazionalmente accettata, utilizza la distinzione tra allergie e intolleranze alimentari: le allergie sono mediate da meccanismi immunologici, mentre le intolleranze hanno altra genesi. Tra le intolleranze vi sono quelle di tipo metabolico che derivano dalla carenza di un enzima, di un recettore o di una carrier di trasporto necessari per il completo percorso metabolico di un nutriente; tale alterazione può determinare conseguenze più o meno gravi nell organismo. Sono solitamente patologie genetiche a trasmissione mendeliana e possono essere ereditate come: - patologie autosomiche dominanti; - patologie autosomiche recessive; - patologie legate al cromosoma X. Un esempio di intolleranza metabolica che presenta l ultimo tipo di trasmissione mendeliana, quella legata al cromosoma X, è il deficit dell enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (G6PD), che causa diverse manifestazioni cliniche. I pazienti sintomatici sono principalmente maschi, per via dell ereditarietà correlata al cromosoma X; le pazienti di sesso femminile sono omozigote o anche eterozigote che possono comunque manifestare clinicamente la malattia per il fenomeno del mosaicismo. La grande maggioranza dei portatori del deficit di G6PD è asintomatica e conduce una vita normale che può però precipitare in emolisi acuta qualora si associno fattori esogeni (Metha, 1994). Infatti l emolisi acuta può essere la risultante tra le alterate proprietà molecolari delle varianti polimorfiche di G6PD e alcuni fattori esogeni, che portano a un disequilibrio dell omeostasi ossido-riduttiva, e provocano uno stress ossidativo, non sostenibile dagli eritrociti mutati. L emolisi può manifestarsi come: - Emolisi indotta da alimenti (da cui il nome di favismo). - Emolisi farmaco-indotta. - Emolisi infezione-indotta. - Ittero neonatale. - Anemia emolitica cronica non sferocitica (CNSHA). Il portatore di favismo presenta criticità se assume, o entra in contatto con: - vegetali quali fave e piselli; - alcune sostanze come naftalina, acido ascorbico e hennè; - alcuni farmaci quali antimalarici, solfonnamidi. Le conseguenze di tale esposizione possono comportare patologie severe, quali ittero e anemia emolitica. Un antico alimento Il consumo di fave, semi della pianta Vicia faba, era già noto nel vicino oriente dal neolitico; più tardi si diffuse nell antico Egitto, in Grecia e a Roma, probabilmente perché la pianta si adattò bene alle condizioni climatiche mediterranee. Per il largo impiego nella dieta delle popolazioni antiche, era già noto che per alcune persone il consumo di fave fosse dannoso e spesso questo legume era oggetto di superstizione, dogmi, magie e 70 t natural 1 aprile 2016

3 paura (Meletis J., 2012). Gli antichi greci associavano a questo legume concetti mistici e negativi come la morte, e spesso tra i sacerdoti e i celebranti vigeva il divieto del suo consumo. Nella Grecia classica, i medici presero atto che per mantenere il corretto equilibrio dell organismo era necessario porre attenzione all ambiente e ai suoi elementi naturali come gli alimenti: questo atteggiamento scientifico portò all osservazione della possibilità di disturbi associati all ingestione di fave, come testimoniano lavori di filosofi e medici del tempo. Uno di questi era Pitagora, che nei suoi trattati imponeva l astensione dal consumo di fave (G. Sole, 2004) senza però darne una motivazione del tutto chiara; è noto peraltro che i dogmi della setta pitagorica venivano gelosamente tenuti segreti. Pitagora non solo imponeva l astensione dal consumo di fave, ma metteva anche in guardia dal contatto con le piante stesse. Alcuni scritti, tra i quali quelli di Artemidoros e Diogene Laertio, raccontano che il filosofo trovò la morte davanti a un campo di fave, poiché trovatosi di fronte a esso, inseguito dai suoi nemici, piuttosto che attraversarlo si fermò e fu ucciso nel tentativo di difendersi. Il dibattito sul senso del divieto pitagorico fu ripreso da Aristotele, il quale sostenne che l astinenza dogmatica derivasse dalla forma ambigua delle fave che gli antichi definivano simile ai testicoli umani e dalla credenza che le fave contenessero l anima umana. Un altra interpretazione era basata sulla credenza che questi legumi racchiudessero la base dell universo; infatti i semi venivano considerati come uova e il cibarsi di un uovo voleva dire cibarsi dell embrione in esso contenuto. Mangiare il contenitore dell universo avrebbe implicato la distru- zione dell universo stesso. Aristotele ci fornisce un altra interpretazione del tabù pitagorico: riteneva infatti che Pitagora sconsigliasse l uso di fave per il loro effetto carminativo, che andava a turbare anima e mente di chi le mangiava, inducendo fastidi e dolori intestinali. Altri studiosi si dedicarono allo studio del tabù delle fave, ma tutte le asserzioni che ne derivarono erano frutto di persone prive di cultura medica: Ippocrate infatti, non menziona questo argomento nei suoi scritti. Con l inizio del XX secolo gli scienziati scoprirono che il favismo si manifestava solo con il consumo di fave fresche e si cominciò a notare come la sintomatologia potesse portare alla morte molto rapidamente. Il primo studio moderno a riguardo si trova in una rivista pubblicata a Lisbona dove nel 1843 Manuel Pereira de Mira Franco riporta il caso di un individuo affetto da ittero a ogni ingestione di fave, suggerendo l ipotesi di eziologia tossica. Dal 1856, alcuni medici siciliani cominciarono a descrivere casi di ittero associati all inalazione di polline di fave, a supporto della teoria tossica proposta da Pereira. Successivamente, sulla base degli studi di Clemens von Pirquet nel 1904, i medici cominciarono a supporre una possibile genesi allergica. Accanto alla ricerca dell eziologia, altri studiosi si concentrarono sull incidenza familiare della patologia, e intrapresero studi epidemiologici: quello di Gasparrini nel 1905 chiarì la prevalenza nelle varie zone geografiche, l ereditarietà familiare e la maggiore incidenza in persone giovani prevalentemente maschi. Nel 1894 G. Montano ipotizzò che alla base della fisiopatologia del favismo ci fosse un meccanismo emolitico ed espose la sua teoria in un congresso a Roma, in cui si stabilì l emoglobinuria come principale sintomo associato alla malattia. All inizio del 1900 quindi, la comunità scientifica è in possesso di notevoli informazioni riguardo al favismo, con ben due teorie, entrambe accettate, sulla sua eziologia: l ipotesi tossica e l ipotesi allergica. Il passo successivo fu quello della scoperta dell emolisi associata al trattamento farmacologico. Durante la prima guerra mondiale, spesso i soldati si ammalavano di malaria; somministrando primachina per la terapia, divenne chiaro che alcuni individui definiti primachina-sensibili sviluppavano la sintomatologia emolitica. L indagine clinica per la comprensione del meccanismo emolitico è stata effettuata mediante una sperimentazione eticamente discutibile condotta sui prigionieri del penitenziario dell Illinois. Trasfondendo eritrociti di un soggetto sensibile marcati con Cr 51 a un soggetto non sensibile, si osservava rapida distruzione degli eritrociti marcati a seguito della somministrazione di primachina anche nel soggetto sano. Se invece cellule marcate di un soggetto non sensibilizzato venivano trasfuse in un soggetto sensibilizzato, si osservava la sopravvivenza di queste cellule a seguito della somministrazione di primachina, nonostante le cellule dell ospite venissero distrutte. Questi studi hanno quindi rivelato che l effetto emolitico della primachina è dovuto a un difetto intrinseco dei globuli rossi (Beutler, 2008). Studi in vitro hanno evidenziato come cellule non sensibili potessero subire emolisi da primachina, qualora fossero esposte a inibitori metabolici, quali iodio acetato e sali arseniosi; da qui si andarono ad analizzare i gruppi aprile 2016 natural 1 t 71

4 SH delle proteine e il quantitativo di GSH presente. A conferma si sono riscontrati livelli di glutatione alterati insieme a una ridotta capacità di reazione della cellula allo stress ossidativo. Nel 1940 William Boyd, nei suoi studi sulla genetica e sulla selezione naturale dei fenotipi umani, notò che tra i nativi Britannici, in contrasto con le popolazioni del Mediterraneo, il favismo era estremamente raro ovvero raramente si aveva anemia emolitica da ingestione di fave. Ecco quindi nascere l ipotesi che alla base della patologia ci fosse una differenza genetica (polimorfismo) responsabile della distribuzione non omogenea nelle varie aree geografiche. Con la scoperta dei polimorfismi del deficit di G6PD si ampliarono molto le conoscenze sull epidemiologia e trasmissione, individuando veri e propri focus endemici in cui l incidenza del deficit era molto alta. Queste nuove informazioni permisero di risolvere molti casi di ittero infantile sia in Grecia che in Italia, definendo un fenotipo mediterraneo più suscettibile e stimolando anche operazioni di screening mirato: l incidenza era infatti maggiore nei maschi o in femmine con entrambi i genitori malati. I successivi studi si focalizzarono sulla ricerca dei componenti tossici di Vicia faba e del loro meccanismo d azione. Negli ultimi decenni le basi biochimiche e le implicazioni cliniche del deficit di G6PD sono state ulteriormente definite e ora sappiamo che questo deficit è causato da una moltitudine di varianti associate ad alleli mutati. Da dogma mistico a patologia studiata e compresa, il favismo risulta ancora oggi oggetto di ricerche e approfondimenti, per chiarire e meglio delineare i suoi tratti salienti. Enzimi e geni Il deficit enzimatico può essere causato da diversi tipi di mutazioni geniche: - Delezione: non si avrà sintesi enzimatica, di conseguenza il fenotipo sarà completamente carente dell enzima. - Duplicazione: si avrà un aumento della sintesi di enzima che provocherà un accelerazione della via metabolica in cui l enzima è collocato. - Mutazione puntiforme: produzione di varianti enzimatiche più o meno funzionanti a seconda del sito che viene modificato. Queste mutazioni prendono il nome di Polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) e la variante enzimatica sarà definita polimorfica se è presente almeno nell 1% della popolazione. Se la variante invece non raggiunge la soglia, sarà definita sporadica. Il gene della G6PD rappresenta il gene con polimorfismoo più studiato; sono state infatti individuate più di 440 varianti, che interessano i più svariati gruppi etnici e provocano uno dei disordini enzimatici più diffusi, coinvolgendo quasi 400 milioni di persone in tutto il mondo. Questa carenza enzimatica presenta severe complicanze cliniche, a volte letali, quindi lo sviluppo di metodologie più accurate per caratterizzare il deficit, lo studio dei vari polimorfismi, della loro diffusione e delle conseguenze che questi causano nella struttura e funzionalità dell enzima costituiscono una serie di interrogativi che meritano approfondimenti con nuove ricerche scientifiche. L Organizzazione Mondiale della Sanità distribuisce le varianti geniche della G6PD in cinque classi (Tabella 1), di cui le prime tre identificano stati di deficienza conclamata. Tabella 1. Classificazione delle varianti geniche della G6PD secondo l Organizzazione Mondiale della Sanità (1967). Il favismo Vicia faba è una pianta appartenente alla famiglia delle Fabaceae, o Leguminosae. In Italia sono gli ettari coltivati a fave, distribuiti nel centro-sud e nelle due isole maggiori: ettari sono in Sardegna. I semi di Vicia faba contengono levodopa (L-DOPA), acido ascorbico e due glicosidi: vicina e convicina (Pitz, 1980); in particolare la fava contiene mediamente lo 0,06 % di vicina e lo 0,01 di convicina. Queste molecole hanno un potenziale ossidante, e sono ritenute responsabili dell induzione della crisi emolitica nei soggetti fabici. Non tutti i soggetti con carenza di G6PD hanno emolisi a seguito del consumo di fave; si calcola che la popolazione interessata sia circa il 25-30%, anche se uno stesso 72 t natural 1 aprile 2016

5 individuo può dimostrare sensibilità alle fave in certi periodi della vita, per esempio durante l infanzia oppure in tarda età. Questo accade poiché il polimorfismo del gene di G6PD si riflette sulla severità della patologia a cui si associa la eventuale dose di fave ingerite. Il favismo colpisce prevalentemente soggetti maschi, in età pediatrica. La frequenza delle crisi normalmente si abbassa con l aumentare dell età, poiché un soggetto che le ha vissute, si astiene dal consumo di fave (Kattamis, 1969). È stata anche ipotizzata la possibilità di una forma emolitica, tradizionalmente denominata favismo ittero-emoglobinurico, che può essere indotta dal contatto con le piante di fave o per inalazione del polline, oppure per ingestione di latte materno da un madre che le ha assunte, o tramite latte di animali nutriti con fave. L incidenza di questa forma varia a seconda del periodo dell anno: infatti la frequenza sarebbe maggiore nel periodo tra aprile e maggio, mesi che corrispondono al periodo di fioritura e di maturazione delle fave, oltre alla maggiore disponibilità sul mercato di fave fresche. Consumare fave cotte o crude non sembra comportare differenze significative, poiché le molecole presenti non vengono distrutte con la cottura: varia piuttosto l entità della reazione sintomatica a seconda del trattamento che subiscono e della variante genetica di G6PD. Da un analisi delle abitudini culturali di alcune etnie, è emerso che nei paesi dove le fave vengono consumate con lo spermoderma, ovvero la cuticola che ricopre il cotiledone, si osserva un incidenza maggiore di crisi emolitiche, così come nei paesi in cui le fave vengono consumate fresche. Questo ha fatto dedurre che le fave fresche contengono una maggiore quantità di molecole tossiche rispetto alle fave secche e che queste molecole, probabilmente, sono contenute non solo nel cotiledone, ma anche nella cuticola. Sintomi e decorso della crisi emolitica I sintomi precoci che compaiono dopo l ingestione di fave, o molecole emolitiche, sono stanchezza e affaticamento, spossatezza diffusa e generica. Successivamente compare pallore, respiro affannato, nausea, vomito, mal di testa, dolore addominale, febbre e tachicardia; tutti sintomi poco specifici per una corretta diagnosi. A livello ematico nelle 20/24 ore successive all esposizione aumenta la formazione di metaemoglobina (MetHb); dopo 48 ore compare ittero (la pelle diventa di colore giallo intenso), si ha ingrossamento della milza e del fegato. In fase di emolisi si riscontrano, all indagine di laboratorio, anemia, emoglobinemia ed emoglobinuria e per confermare il sospetto di carenza di G6PD si eseguono ulteriori esami, quali: emocromo e conta dei reticolociti; esame al microscopio per la ricerca dei corpi di Heinz in uno striscio di sangue; dosaggio degli enzimi indicatori di necrosi epatica (AST e ALT) e di colestasi (ALP e y-gt9) per escludere altre cause di ittero. Dopo 24/36 ore dall ingestione il livello di glutatione ridotto (GSH) comincia a scendere e permane a una concentrazione non fisiologica per circa 6 giorni. La crisi emolitica del favismo non dura più di 6-12 giorni poiché i globuli rossi più giovani e intatti piano piano sostituiscono quelli vecchi e danneggiati incapaci di contrastare lo stress ossidativo (Metha, 2001). L anemia è però spesso severa, e negli adulti si può anche manifestare insufficienza renale, con necrosi tubulare, provocata dall accumulo di componenti ossidanti. Una volta che la crisi è iniziata, l unico rimedio per aiutare il paziente è la trasfusione. Se si prende in considerazione la patologia in ambito pediatrico invece, il sintomo principale è l ittero neonatale che può essere trattato con fototerapia fino a che il livello di bilirubina ematica sale a 300 mol/l; a quel punto è necessario la trasfusione (Manganelli, 2013). L ittero neonatale è molto pericoloso, poiché può essere fatale o causa di danno neurologico. aprile 2016 natural 1 t 73

6 Si ritiene che un lattante fabico possa sviluppare una crisi emolitica per assunzione dei composti attivi delle fave, anche tramite latte materno. Per evitare reazioni cliniche importanti, quali quelle descritte sopra, lo strumento più efficace è la prevenzione grazie allo screening neonatale. Il ricorso a procedure diagnostiche molto approfondite sotto il profilo dello studio biochimico-clinico e molecolare, permette di individuare la condizione di carenza, evitando improvvise crisi emolitiche. Inoltre la conoscenza dello stato di portatore potrebbe essere utile anche in gravidanza, soprattutto al fine di un miglior inquadramento delle eventuali crisi emolitiche e delle iperbilirubinemie del neonato. Sono disponibili alcuni test per identificare lo stato di carenza di G6PD; si dividono in due categorie principali: - Test fenotipici: valutano l attività enzimatica tramite analisi spettofotometrica della quantità di NADPH(H) + prodotto, in campioni di sangue (Manganelli, 2013); il risultato è espresso in percentuale di inibizione dell attività enzimatica; la soglia di inibizione oltre alla quale un soggetto è ritenuto fabico è del 30% rispetto ai soggetti sani. Altri test vanno a dosare la G6PD nel siero (valore fisiologico mu/ml) e nell eritrocita (valore fisiologico mu/milione). - Test genotipici: individuano la variante polimorfica. L U.O.S di Diagnostica Molecolare Clinica del Policlinico Gemelli di Roma ha messo a disposizione un accurato test genetico con due livelli di analisi: il I livello consiste nella ricerca delle mutazioni più frequenti nell area Mediterranea, mentre il II livello si basa sul sequenziamento completo dell intero gene, eseguito quando il test di I livello è negativo. Il Centro del Gemelli di Roma ha diagnosticato negli ultimi anni oltre 500 casi di favismo e ciò costituisce un patrimonio importante sotto il profilo della conoscenza che si matura attraverso la gestione di una casistica così ampia e variegata ( Una volta diagnosticata la condizione di carenza enzimatica, il soggetto non ha altro rimedio che evitare il contatto con i fattori che possono provocargli crisi emolitiche e relative conseguenze. Vita da fabico Il soggetto fabico, dato il suo deficit fisiologico nel fronteggiare lo stress ossidativo, si ritrova in situazioni patologiche critiche, non solo se assume fave, ma anche se assume o viene in contatto con qualsiasi sostanza in grado di ridurre ulteriormente il potenziale riduttivo, o si trova in condizioni fisiche determinate da patologia o da uno sforzo fisico intenso. Durante la sua vita quindi, il soggetto malato, deve prestare attenzione a evitare di assumere sostanze che possono scatenare crisi emolitiche; ma può succedere che venga a contatto con sostanze di cui ignora la potenziale pericolosità. Il deficit di G6PD è molto debilitante e per questo motivo, previa certificazione, si ha diritto all esenzione dal ticket sanitario per le analisi strumentali riferite alla patologia. Questa certificazione viene rilasciata da un Centro Accreditato e il codice esenzione è RDG010 (Malattie Rare - Anemie Ereditarie Favismo). Prevenzione degli episodi emolitici Farmaci, additivi alimentari, sostanze chimiche emolitiche, non sono sempre individuabili dai portatori di favismo. In primo luogo è da tener presente il ruolo della variabilità individuale nella gravità dei sintomi che si manifestano a contatto con queste sostanze; a seconda del tipo di variante polimorfica, dell età, del sesso e della condizione fisiopatologica si potrà avere una reazione più o meno severa. Spetta al singolo soggetto impostare un personale stile di vita, evitando le sostanze dannose certe, evitando o assumendo in modo ragionato invece quelle che riscontra essere dannose per se stesso. Questo il più delle volte avviene solo dopo un episodio patologico, che rende il soggetto cosciente della pericolosità di una determinata sostanza, e lo induce a evitarla per il resto della vita. Alimentazione Il soggetto fabico durante la sua vita dovrà evitare di ingerire quegli alimenti che possono scatenare la crisi emolitica, partendo ovviamente dall evitare fave fresche o secche e alcuni legumi come i piselli. Per quanto riguarda il polline la letteratura è controversa. Non mancano i casi clinici in cui soggetti entrati in contatto con la pianta, senza ingerirla, abbiamo manifestato crisi emolitiche, ma non esiste prova scientifica di presenza di composti pericolosi nel polline. Evitare le fave e i derivati purtroppo non sempre è semplice. La farina di fave è utilizzata come addensante in certe preparazioni gastronomiche, è aggiunta nelle panature dei prodotti congelati e usata nella panificazione industriale come additivo in miscele per prodotti da forno. L aggiunta di farina di fave è comune anche nella preparazione industriale di minestre o puree di verdure disidratate. L uso della farina di fave nella panificazione è comune in Francia e Svizzera, dove comunque, secondo la legislazione, l ingrediente in questione non può superare il 2% del peso 74 t natural 1 aprile 2016

7 totale. Il pane chiamato baguette tradizionale francese può anche contenere farina di fave secche. Questo prodotto non è soggetto a etichettatura, così la verifica della composizione è difficile per il paziente. Tra i nutrienti/ingredienti che possono indurre reazioni cliniche nei soggetti fabici ne vanno ricordati alcuni. Vitamina C - L acido ascorbico va a ridurre il deposito di glutatione ridotto, aumentando lo stato di ossidazione dell eritrocita. L AFS- SA, l agenzia francese per la sicurezza degli alimenti, sconsiglia l uso massivo di alimenti ad alto contenuto di vitamina C, e ritiene che 1 g sia la dose massima giornaliera sicura per un soggetto carente di G6PD (1 g di vitamina C è anche la dose massima ammessa negli integratori alimentari). Vegetali a foglia verde, peperoni, pomodori, kiwi e agrumi, sono gli alimenti più ricchi di vitamina C; tra gli ingredienti erboristici Acerola e Rosa canina ne sono particolarmente ricchi. La cottura può comportare perdita di vitamina C (in taluni casi fino al 75%) ma risulta sempre difficile per il fabico avere una stima esatta della perdita percentuale. Chinino - Il chinino fu estratto dalla corteccia dell albero della china, da cui ha preso il nome, nel È stato il farmaco più usato per la cura della malaria fino alla scoperta della clorochina ed è pericolosa per il fabico perché scatena crisi emolitiche. Diverse bevande contengono chinino: è presente in forma di cloridrato nell acqua tonica, nel Martini Rosso, nel Crodino Twist, nel Rosso Antico, nell Aperol, nelle aranciate e limonate amare e nella Red Bull. La concentrazione di chinino nelle bevande è però normalmente molto piccola per cui il soggetto fabico dovrebbe solo evitarne un uso eccessivo. Additivi alimentari - Tra i diversi composti che per legge possono essere aggiunti negli alimenti troviamo i solfiti, che sono largamente usati nell industria alimentare per le loro proprietà antimicrobiche, antifungine, antiossidanti in vini, aceto e alimenti preconfezionati come la frutta secca. Sono obbligatoriamente inseriti nell etichetta con la sigla di riferimento o con il nome espresso per intero (Tabella 2). aprile 2016 natural 1 t 75

8 Tabella 2. Sigle internazionali degli additivi associabili a SO2. Un altra sostanza sconsigliata al soggetto fabico è la Verbena, erba largamente usata in erboristeria; sotto forma di decotto è talora consigliato per favorire la lattazione. La verbena contiene due composti iridoidi, sostanze monoterpeniche composte da un anello ciclopentanotetraidropiranico (la verberina e la verbenolina) altamente ossidanti per la presenza di un gruppo epossidico. Ai fabici si sconsiglia anche l assunzione di mirtilli. Ci sono nutrienti che invece sono consigliati nella dieta di un soggetto fabico, in quanto potrebbero aiutarlo a far fronte al suo fisiologico deficit di potenziale riducente. Tra questi, un aumento di apporto di vitamina B 3 può risultare utile nel compensare la carenza di attività enzimatica nei soggetti fabici. La vitamina B 3 (nicotinammide o niacina), infatti, è una componente fondamentale dei coenzimi NAD e NADP, coinvolti nelle reazioni di ossido-riduzione. In genere le fonti alimentari vegetali presentano una maggior quantità di acido nicotinico, mentre quelle animali hanno più nicotinammide (Tabella 3). Sono composti resistenti alla cottura, fatto salvo che possono facilmente disperdersi nel liquido di cottura. Un altro componente importante per la dieta del soggetto fabico è l acido folico; che deve quindi essere opportunamente apportato con la dieta grazie agli alimenti che ne sono ricchi (Tabella 4). Tra gli oligonutrienti che contribuiscono a proteggere le cellule dallo stress ossidativo va ricordato il selenio; infatti il selenio è incluso in molti enzimi coinvolti nelle reazioni di ossido-reduzione; tra questi particolare importanza ha la glutatione perossidasi. Gli alimenti più ricchi di selenio sono le frattaglie e i pesci ( µg/100 g), seguono carni e cereali (50-80 µg/100 g) e prodotti lattiero caseari (2-10 µg/100 g). L alimento con il contenuto di selenio più elevato è però la Macadamia, una noce originaria del sud-est dell Australia, che ha probabilmente una delle percentuali più alte in natura. Queste noci contengono anche vitamina E, che insieme al selenio svolge un azione sinergica antiossidante (Lemire, 2010). Studi recenti hanno proposto l estratto dei frutti di Diospyros lotus a protezione dei danni ossidativi provocati da Vicia faba nei soggetti carenti di G6PD. Campioni di sangue da soggetti fabici trattati con estratto concentrato di frutti di Diospyros lotus risulterebbero protetti dallo stress ossidativo rispetto ai controlli; anche alcune prove in vivo hanno dato risultati promettenti: ratti resi carenti di G6PD e trattati con dosi crescenti di estratto di Diospyros lotus (500, 750, 1000, e 1500 mg/kg) per via orale per 7 giorni, hanno presentato crisi emolitiche proporzionalmente meno severe rispetto ai controlli (Azadbakht, 2011). Analizzando la composizione dell estratto dei frutti di Diospyros lotus sono stati isolati diversi composti antiossidanti tra cui acido gallico, quercetina, miricetina, metilgallato e acido betullinico, acido carbossilico triterpenico pentaciclico; alcuni o tutti questi composti potrebbero essere responsabili dell effetto protettivo (Loizzo, 2009). Tabella 3. Contenuto di niacina (vitamina B3) in vari alimenti espressa in mg/100 g parte edibile. Tabella 4. Contenuto di acido folico in vari alimenti espresso in μg/100 g. 76 t natural 1 aprile 2016

9 Crisi emolitica farmaco mediata Molte categorie di farmaci, e i loro metaboliti, scatenano nei soggetti carenti di G6PD una crisi emolitica simile a quella che si presenta con l assunzione di fave. Le crisi emolitiche si manifestano dopo alcuni giorni dall ingestione del farmaco. Rispetto alle crisi successive all assunzione di fave, l inizio è più lento ma la sintomatologia e il decorso clinico sono molto simili. La gravità delle manifestazioni cliniche, è molto variabile e dipende sia dalle caratteristiche individuali, sia dal farmaco (potere ossidante, dose, farmacocinetica). Diverse sono le categorie di farmaci potenzialmente tossiche per i portatori di deficit di G6PD. Tra queste ci sono alcune categorie sulle quali può risultare utile qualche dettaglio in più poiché fanno parte della categoria dei farmaci di automedicazione (SOP, specialità senza prescrizione obbligatoria, e OTC, specialità da banco) a cui il soggetto fabico può avere accesso liberamente tramite la dispensazione in farmacia, e farmaci ampiamente prescritti dai medici. Sebbene non sempre opportunamente diffusi, non mancano tabelle, elenchi e opuscoli informativi messi a disposizione dal Ministero della Sanità e dall Associazione Favismo Italiana, che conferiscono un ottimo supporto d informazione ai soggetti sensibili. L Istituto Superiore di Sanità ha costruito un elenco di farmaci articolato in due tabelle reperibili nel rapporto ISTISAN 09/47: nella prima tabella sono contenuti i principi attivi altamente rischiosi per i soggetti carenti di G6PD carenti; nella seconda tabella sono elencate, invece, le sostanze la cui attività emolitica è considerata possibile o sospettata. Alcune sostanze per le quali diversi autori danno valutazioni discordanti sono inserite in ambedue le tabelle indicando i riferimenti bibliografici specifici. Stile di vita e condizioni fisio-patologiche critiche Le crisi emolitiche possono manifestarsi anche senza l intervento di molecole ossidanti come quelle descritte in precedenza. Condizioni fiosiopatologiche o un intenso esercizio fisico possono ridurre le riserve di glutatione ridotto. Il soggetto fabico dovrebbe quindi evitare comportamenti ossidativi o prendere precauzioni, per evitare eventi avversi. Prima di un esercizio fisico intenso è consigliabile assumere integratori antiossidanti, e ancor più che per le persone sane, risultano essenziali al benessere uno stile di vita sano, senza fumo e alcol, due situazioni che implicano stress ossidativo. Attività sportiva Un punto importante è l esercizio fisico. Un aumento di esercizio fisico accelera la produzione di specie ossidanti e in persone con deficit di G6PD questo può portare a degenerazione muscolare, mialgia, ipostenia, mioglobinuria fino a perdita di coscienza, a causa dello sbilanciamento temporaneo tra la produzione di radicali liberi e il loro smaltimento (Ninfali et al., 1995). Un soggetto affetto da favismo può svolgere attività sportiva composta da esercizi di bassa/ media intensità e durante tutto il periodo di allenamento dovrà assumere integratori vitaminici che contengano elevate quantità di antiossidanti. Particolare attenzione va rivolta agli sport praticati nelle piscine, infatti il cloro inalato può aggravare lo stato di stress ossidativo. La ricerca di questi ultimi anni ha dimostrato che le molecole più efficaci nel contrastare lo stress ossidativo da esercizio fisico sono il selenio, l acido lipoico, il glutatione, la vitamina E e i composti fenolici. Non vanno assunti invece integratori antiossidanti contenenti vitamina C, che potrebbe indurre la crisi emolitica. Se si soffre DIVIETO COLTIVAZIONE FAVE Fino al 2008, si poteva richiedere, ai sensi della corrente normativa (Art. 13 legge 833 del ; Art. 54 D. Lgs. 267 del ), un ordinanza comunale nella quale si afferma che nel raggio di 300 metri dall abitazione del soggetto affetto da carenza dell enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi è fatto divieto di coltivazione di fave, e che questo divieto non ha scadenza fino a quando il soggetto affetto non cambi abitazione e che entro 10 giorni dall affissione dell ordinanza tutti i proprietari dei fondi eliminino del tutto i tipi di coltura specificati. Sfortunatamente il il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, dopo aver acquisito il parere dell Istituto Superiore della Sanità, ha emesso una nota con la quale dava facoltà ai sindaci di non accettare la richiesta di ordinanza restrittiva, in quanto, afferma il Ministero, l inalazione di polline nei campi di fave può provocare malessere nei soggetti esposti affetti da deficit di G6PD, ma non ci sono prove sufficienti a correlare l inalazione del polline con lo scatenamento delle crisi emolitiche. di deficit di G6PD è importante, rivolgersi al medico di famiglia o a uno specialista prima di iniziare a praticare sport. Infezioni e patologie Specie ossidanti si possono generare anche come conseguenza di patologie. Il soggetto con carenza di G6PD deve porre particolare attenzione quando necessiti di una terapia farmacologica; vanno evitate le automedicazioni e il consiglio medico è quanto mai indispensabile. Sono stati segnalati attacchi emolitici acuti nei pazienti con carenza di G6PD colpiti da malattie infettive come la polmonite, l epatite e la febbre tifoide, o infezioni virali delle vie respiratorie superiori o quelle gastrointestinali. L emolisi indotta da agenti infettivi è probabilmente dovuta al rilascio di perossidi durante il processo di fagocitosi da parte dei granulociti. Altri stati fisiopatologici che predispongono l organismo sensibile a una crisi emolitica sono la chetoacidosi diabetica, l ipoglicemia, e l infarto miocardico (Luzzatto et al., 1998). Conclusioni Le persone affette da deficit di G6PD possono condurre una vita normale, a patto che prestino attenzione al tipo di alimentazione e all assunzione di determinati aprile 2016 natural 1 t 77

10 farmaci che possono scatenare crisi emolitiche gravi. La prevenzione rappresenta lo strumento indispensabile per evitare rischi, e questa può solo basarsi sulla conoscenza ovvero sull informazione. È infatti necessaria un informazione corretta e aggiornata relativa a tutte quelle condizioni alimentari e farmacologiche in grado di esporre il soggetto a rischio di crisi emolitiche. Tale aspetto assume una maggiore importanza nelle regioni in cui il favismo è più diffuso, ma è altrettanto importante nelle zone in cui invece è molto raro, per evitare diagnosi errate e crisi emolitiche improvvise. Il fattore critico nelle crisi emolitiche del favismo è la sporadicità e varietà. Sono infatti presenti numerose situazioni in cui il soggetto va incontro a crisi emolitica: per alcuni si sospetta basti l inalazione del polline, per altri si ha la prima crisi dopo aver mangiato fave per decenni. Le cause di questo fenomeno sono tuttora ignote. Grande eterogeneità si ha anche nelle reazioni ai farmaci: mentre alcuni tollerano il paracetamolo, altri manifestano sintomi importanti con nausea e vomito. Questo fatto è dovuto alle già descritte numerose varianti geniche che determinano un attività enzimatica più o meno inibita, e di conseguenza una sintomatologia più o meno severa. Le malattie rare sono spesso svantaggiate nel campo dell assistenza sanitaria poiché mancano informazioni adeguate e progetti di ricerca finanziati per acquisire nuove conoscenze. Sono quindi le associazioni di pazienti e i centri specializzati a promuovere il monitoraggio e la ricerca nel campo di queste patologie. In Italia il Centro Nazionale delle Malattie rare (CNMR) è attivo presso l Istituto Superiore di Sanità che fornisce informazioni riguardo le patologie rare, i presidi accreditati alla diagnosi e alla cura, le associazioni di pazienti, i farmaci orfani. Nell ambito dell informazione svolge un ruolo chiave l Associazione Italiana Favismo - Deficit di G6PD Onlus. Attraverso la collaborazione con il Centro Malattie Rare di Padova, sulla base di dati aggiornati dall Istituto Superiore di Sanità, l Associazione ha messo a disposizione sul suo sito ( un database dei principi attivi pericolosi per i fabici, a cui ha associato l elenco dei nomi commerciali di farmaci che li contengono, oltre a un elenco nazionale e internazionale dei Centri Diagnostici in cui si effettuano i test per la diagnosi e il monitoraggio. Il sito offre inoltre un depliant esplicativo, che viene usato da molte ASL e da ospedali italiani e stranieri. Prospettive future Per il favismo non esiste a oggi una cura risolutiva; bisogna quindi cercare di garantire al soggetto portatore del deficit di G6PD, gli strumenti necessari a convivere in modo sicuro con la sua patologia, attraverso la promozione della ricerca scientifica, l assistenza sanitaria e l informazione. Vengono descritte di seguito alcune iniziative già in essere e altre auspicabili per il futuro. - Sono in atto studi per delineare cultivar di fave a basso tenore di glicosidi tossici, che risulterebbero non pericolose anche per i soggetti con deficit di G6PD. - Sarebbe interessante e produttivo, visti i dati controversi che si trovano in letteratura, intraprendere studi più specifici sulla tossicità del polline delle fave, per produrre prove scientifiche del suo ruolo nell emolisi intravascolare. - Il soggetto fabico è informato sui farmaci da evitare, ma per ottimizzare l assistenza sanitaria si potrebbe istituire un documento per facilitare la terapia e l intervento in caso di urgenza, che sarebbe utile soprattutto nelle zone in cui il favismo non è diffuso, aumentando la preparazione del personale medico sanitario. - In ogni farmacia dovrebbe essere presente l elenco dei principi attivi e dei nomi commerciali sconsigliati a un soggetto fabico, per consentire un consiglio sui farmaci da banco più idoneo. * UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Scienze del Farmaco Bibliografia essenziale - Azadbakht M. et al Diospyros lotus L. fruit extract protects G6PD-deficient erythrocytes from hemolytic injury in vitro and in vivo: prevention of favism disorder. European Review for Medical and Pharmacological Sciences;15: Beutler E L-DOPA and favism. Blood.; 36: Beutler E Glucose 9 phosphate dehydrogenase deficiency: a historical perspective. Blood. Gen; 111: Kattamis C. et al., 1969 Favism Clinical and Biochemical Data. Journal of Medical Genetics; 6: Lemire M., et al., Elevated levels of selenium in the typical diet of Amazonian riverside populations. Science of the Total Environment;408: Loizzo M.R., et al., 2009 Antioxidant and antiproliferative activity of Diospyros lotus L. extract and isolated compounds. Plant Plant Foods for Human Nutrition;64: Luzzato L., Mehta A Glucose-6-phosphate dehydrogenase deficiency. In The Metabolic and Molecular Basis of Inherited Disease. 7 th ed. Scriver R., Beaudet A.L., W.S Sly & D. Vale (Eds). McGraw Hill Book Co., capitolo 179: Cappadoro M., et al., 1998 Early phagocytosis pf G6PD deficient erythrocytes parasitized by P. falciparum may explain malaria protection in G6PD deficiency. Blood.; 92: Manganelli G, et al., 2013 Glucose 6 phosphate dehydrogenase deficiency: disadvantages and possible benefits. Cardiovasc Hematol Disord Drug Targets;13: Mehta A., et al., 2001 Glucose-6-phosphate dehydrogenase deficiency. Clinical Haematology; 13: Meletis J Favism, a brief history from the abstain from beans of Pythagoras to the present. Arch Hellen Med.;29: Ninfali P., et al., 1995 Muscle Expression Of Glucose-6- Phosphate Dehydrogenase Deficiency in Different Variants. Clinical Genetics.; 48: Pitz W.J, Sosulski F.W, Hogge L.R Occurrence of Vicine and Convicine in Seeds of Some Vicia Species and Other Pulses. Canadian Institute of Food Science and Technology Journal.;13: Sole Giovanni in: Il tabù delle fave; Pitagora e la ricerca del limite. Rubbettino (Eds) pagine t natural 1 aprile 2016

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