MICHELE MADULI GLI ANNI TERRIBILI ( ) (DALLA MIA FINESTRA DI FACEBOOK)

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2 MICHELE MADULI GLI ANNI TERRIBILI ( ) (DALLA MIA FINESTRA DI FACEBOOK) DICEMBRE

3 Sommario PREFAZIONE... 4 IL CODICE DI PASQUINO... 5 LE CARICHE DEI PADRI...NON RICADANO SUI FIGLI... 6 LA SECONDARIA DELLA GELMINI... 7 E LE IMPRESE NELLA SCUOLA... 7 PROPAGANDA E PRESIDENZIALISMO. ILCODICE DI CECCANTI... 8 ELUANA: FACEBOOK, OLTRE 6000 SCRIVONO A NAPOLITANO, NON FIRMI... 9 MODELLO DI TESTAMENTO BIOLOGICO TESTO DELL'ODG "ELEGGERE SUBITO IL SEGRETARIO DEL PD" DA PRESENTARE STASERA ALL'ASSEMBLEA DEL PD DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO IO E IL TERREMOTO: QUAL È LA CITTÀ PIÙ SICURA? LA LIBERTÀ DI STAMPA IERI E OGGI I BRACCIANTI DI ROSARNO, IERI BIANCHI, OGGI NERI GIUGNO 2010: LA DISUNITÀ D'ITALIA. CORAGGIO, POSSIAMO FARCELA! LE SETTE MOSSE VINCENTI DI SILVIO BERLUSCONI MILANESI, RIBELLATEVI AI BOSS! SAPPIAMO TUTTI CHI È CESARE. MA BRUTO CHI È? LA DROGA NON C'È PIÙ ADOTTIAMO UN PARLAMENTARE PDL ZERO IN STORIA E GEOGRAFIA ALL'ON. STEFANIA CRAXI QUELL'INDOVINO DI LA ROCHEFOUCAULD ABBASSO IL LEADERISMO!

4 MODESTO PARERE PER LA FORMAZIONE DI UNA GIUNTA COMUNALE ELOGIO DEL FISCHIETTARE UNA LEGA TUTTA DA RIDERE C'ERA UNA VOLTA UN PORTO UNA BIBLIOTECA DI STORIA LOCALE- PRESENTAZIONE DI "CRONACA DI UNA STRAGE ANNUNCIATA" RICORDANDO EMILIO ARGIROFFI E' SOLO UNA MANOVRINA LA CALABRIA DI BERTO (COMMENTO ALL'ARTICOLO DI MARIA FRANCO SU ZOOMSUD) SALVARE LE BANCHE O SALVARE LE SCUOLE? POSTO FISSO, GARANTITI, ART.18 E...MICHEL MARTONE I CALCOLI SBAGLIATI DEGLI ESODATI L'INCREDIBILE VICENDA DI UN'AZIENDA CALABRESE LETTERA A UN VINCITORE DA PARTE DI CHI HA VOTATO PER GLI SCONFITTI IN RICORDO DI PEPPE VALARIOTI, UCCISO 33 ANNI ADDIETRO A ROSARNO, PUBBLICO UNO STRALCIO DI UN VOLUME DA ME SCRITTO ALCUNI ANNI ADDIETRO, DAL TITOLO "IN CALABRIA TRA SOTTOSVILUPPO E MAFIA ( ) IL 21 GIUGNO DI 33 ANNI FA VENIVA UCCISO GIANNINO LOSARDO, GIA SINDACO COMUNISTA DI CETRARO (APPENA 10 GIORNIDOPO VALARIOTI) DIAMO A CESARE QUEL CHE E' DI CESARE. COME E PERCHE' ANCHE LA LOMBARDIA E' TERRA DI MAFIA E DI LOMBARDI MAFIOSI! UNA BATTAGLIA DI DEMOCRAZIA IN ITALIA CONTRO POTERI CRIMINALI E RAZZISMI

5 PREFAZIONE Quella che avete sotto gli occhi è una raccolta di note, di interventi, sui temi di varia umanità, da me svolti nei sei terribili anni che abbiamo vissuto in Italia e nel mondo, a partire dal Chi, come me, appartiene all era prefeisbucchiana, ha trovato, tutto sommato, naturale continuare a esprimersi sui temi del giorno, passando dalla carta stampata, dagli interventi politici, dalle lezioni, dai convegni di varia umanità, al mucchio informe, di idee, di sentenze, di inutilia, di opinioni più o meno coerenti, che è diventato, ormai, il deposito FB. Qui, in questo grande calderone, ciascuno versa (a volte senza ritegno) le riflessioni, le angosce, i pianti e le gioie. Perché FB è accogliente e nel suo grande ventre riceve quel che di buono, di inutile, di malvagio si agita nelle povere menti umane. Ordunque, questa è una raccolta ordinata nel tempo- di quel che ho cercato di dire commentando gli eventi o rievocando anche fatti lontani nel tempo. Non è un libro ma un catalogo ordinato di riflessioni sull attualità e sulla memoria lontana. Siccome è gratuito e immateriale (è un gentile omaggio ai miei amici ) potrà essere utilizzato o messo in un cantuccio. Per ora (siccome non dispongo di un sito o di un blog) mi premurerò di inviarlo per a quanti vorranno richiederlo. In seguito, se troveremo qualche anima pia disposta a ospitarlo, sarà scaricabile senza alcuna formalità. E, adesso, andiamo a incominciare. Michele Maduli, dicembre

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7 IL CODICE DI PASQUINO Ho lievemente rielaborato il corsivo pubblicato sull'unità di domenica dal politologo Gianfranco Pasquino. Personalmente condivido le "raccomandazioni" dell'autore che qui pubblico sotto forma di codice comportamentale per il PD: CINQUE REGOLE PER CRESCERE L'amalgama dentro il Partito Democratico non è ancora riuscito pienamente. E imperativo procedere ad uno sforzo sostenuto e mirato di innovazione, politica e organizzativa. Bisogna costruire un partito, non leggero Primo, il segretario del PD, non potendo sciogliere le giunte lambite dalla corruzione, comincia con il commissariare le federazioni provinciali di Pescara, di Napoli, di Potenza e, forse, anche le federazioni regionali della Basilicata e della Campania. Secondo, il segretario invita tutti i dirigenti che cumulano cariche di partito con cariche istituzionali a qualsiasi livello a optare immediatamente per una delle due e, se necessario, inizia la procedura per l'inserimento di questa modifica nello Statuto del Partito. Terzo, il segretario chiede a tutte le federazioni la trasmissione al responsabile nazionale dell'organizzazione dei dati relativi a coloro che hanno aderito al partito. Chiede, altresì, che inizi una attività di reclutamento per il 2009, tanto più opportuna in vista delle elezioni amministrative e europee. Sia il reclutamento un momento di discussione, certamente in tempi difficili, con potenziali aderenti, ma anche con tutti coloro che, non disponibili ad aderire, vogliono saperne di più sul partito, sulle sue priorità, sul ruolo che intende svolgere. Quarto, il segretario emana una direttiva chiara e inoppugnabile relativa alla circolazione delle cariche. Nessuno dei dirigenti potrà passare da una carica di partito ad un'altra senza soluzione di continuità, ad esempio, i segretari provinciali attenderanno un turno prima di diventare segretari regionali. Quinto, verrà inserita nello Statuto la norma secondo la quale, "senza eccezione alcuna", nessuno/a potrà ottenere cariche elettive nelle zone nelle 7

8 quali non risiede. In attesa di una legge elettorale che si basi sui collegi uninominali, il Partito Democratico abbandona per sempre la pratica dei candidati paracadutati. Parlamentari che conoscano il loro elettorato, che lo incontrino periodicamente, per spiegare, ascoltare, interloquire, costituiscono il più potente strumento per dare vita ad un'organizzazione piantata sul territorio ed incentivata ad essere molto attiva. Quei parlamentari verranno selezionati, ogniqualvolta vi siano più candidature per ciascuna carica, con il metodo delle primarie, l'unica innovazione politica di rilievo finora entrata nello Statuto del Pd, anche se praticata spesso a malincuore e controvoglia. Esclusivamente in questo modo, osservando scrupolosamente tutte le regole della democrazia, con piena assunzione di responsabilità da chi, a tutti i livelli, ha più potere politico, sarà possibile fare crescere il gracile Pd e garantirne il ricambio generazionale. 8

9 24 dicembre 2008 LE CARICHE DEI PADRI...NON RICADANO SUI FIGLI Non vorrei infierire su certi personaggi, però una delle sottoregole del codice di Pasquino io l'applicherei alle famiglie italiane. Se in una famiglia viene eletto un parlamentare, la famiglia non può avanzare pretese su un altro seggio: deve saltare almeno un turno. Se volete è una regola uguale e contraria a quella fissata da Diocleziano che, per evitare la mobilità sociale, stabilì che ciascuno dovesse fare il mestiere del proprio papà. Proviamo, invece, a immaginare un'italia nella quale il figlio del parlamentare non può fare il politico e occupare cariche pubbliche, il figlio dell'avvocato non può fare l'avvocato, il figlio del barone universitario non può aspirare a un incarico nell'università e via seguendo. Forse è una regola troppo drastica ma almeno eviterebbe a certi genitori di fare delle brutte figure a causa dei figli. 9

10 LA SECONDARIA DELLA GELMINI E LE IMPRESE NELLA SCUOLA Si è detto in passato che il Ministro della Pubblica Istruzione è teleguidato da Tremonti, nel senso che interpreta i tagli del Ministro dell'economia e cuce le riforme per la scuola. Io, invece, ho l'impressione che sia una gran furba, poiché dietro quegli occhi a "fessuretta" nasconde una vocazione fortemente conservatrice. Siamo sicuri che il ridimensionamento del personale per la scuola elementare risponda solo ad una necessità economica? Se si guarda a quanto sta accadendo adesso per l'istruzione secondaria e per gli Istituti tecnici in particolare, si potrebbe fortemente dubitare.che il numero degli indirizzi (39) e delle tipologie (204) dell'istruzione tecnica fosse spropositato, si diceva da anni. Così pure faceva sorridere la storia delle ore di lezione ridotte forzosamente a 50 minuti.una volta il Ministero convocò tutti i presidi di Istituto tecnico e li invitò a formulare un nuovo quadro orario. Nel mio gruppo di lavoro ci orientammo per ore la settimana. I pareri vennero consegnati al Ministero che non li tenne in alcun conto. E così gli alunni continuarono con l'assurdo orario di sei ore al giorno per sei giorni la settimana e i presidi continuarono a chiedere le deroghe per l'ora a 50 o 55 minuti per causa di forza maggiore. La ragione di tale comportamento era da attribuire, sostanzialmente, al fatto che il taglio di 4 ore per settimana avrebbe comportato il ridimensionamento di alcune materie e, di conseguenza, la riduzione del numero dei docenti delle discipline oggetto del dimagrimento.sarebbe stato più saggio discutere questi problemi insieme con le categorie, con le scuole, con i sindacati. Invece la Gelmini risolve il tutto d'imperio. Fosse solo questo! La cosa grave (che ancora non è stata sufficientemente elaborata) è che negli Istituti tecnici entreranno, di peso, i rappresentanti delle imprese. Nella scuola pubblica, finanziata dallo Stato, i rappresentanti delle imprese potranno mettere becco nella gestione e nei programmi oltre che nelle commissioni d'esami.chi ha lavorato nella scuola può immaginare 10

11 che cosa voglia dire tale tipo di intromissione. A parte il fastidio di dover concordare la linea e la gestione con degli esterni, sta il fatto che tali esterni sono portatori di interessi "altri" rispetto a quelli della formazione e dell'istruzione pubblica. La scuola pubblica ha il compito di formare dei cittadini, non degli esperti tornitori o esperti periti in relazione ai bisogni delle aziende esterne. Voglio dire, senza togliere nulla all'importanza della formazione tecnica o professionale, che mentre è relativamente facile "istruire" o "riconvertire" un bravo diplomato che abbia ricevuto una buona formazione culturale e ideale, è molto problematico compiere lo stesso "miracolo" con dei diplomati che abbiano ricevuto soprattutto una formazione tecnico-specialistica.continuiamo a registrare il fatto che i Ministri della Pubblica istruzione (di vario colore) sono molto bravi a "riformare" dall'alto la scuola e che la scuola e la società sono di continuo costrette a mettere delle pezze ai guasti da loro provocati.parleremo un'altra volta della "scuola ideale" di Renzo e Cristiano! 11

12 25 dicembre 2008 PROPAGANDA E PRESIDENZIALISMO. ILCODICE DI CECCANTI Anche oggi parto da un intervento sull Unità del del costituzionalista Stefano Ceccanti. L assetto costituzionale è così delicato che non può essere affidato alle estemporanee e pericolose esternazioni dell attuale Presidente del Consiglio. Ripartiamo, quindi, dalle riforme possibili e condivise. L esemplificazione di Ceccanti è rigorosa e stimolante. Teniamo tutti la barra dritta!il Codice di CeccantiI problemi istituzionali esistono, ma vanno affrontati con criteri rigorosi. Primo: niente complesso di Penelope, che ricomincia sempre daccapo a tessere. Nella scorsa legislatura i due schieramenti avevano condiviso la bozza Violante che prevedeva tra l'altro un rafforzamento del Presidente del Consiglio secondo standard delle democrazie parlamentari europee. Si riparte da lì, anche per emendarla, ma non da zero, altrimenti è propaganda inutile. Secondo, sempre sul metodo: niente presenzialismo del Governo, la materia costituzionale è tipica di intese tra i parlamentari, non schiacciamo anche quella sulla logica maggioranza-opposizione perché altrimenti le divisioni sul Governo si rovesciano anche lì. Conviene a tutti, anche ai parlamentari della maggioranza che sulla legislazione ordinaria hanno spazi minori di protagonismo. Il Governo sia un facilitatore, come Prodi, ma eviti eccessi, come parlarne in conferenze stampa sulla sua attività, per rimpinguare il magro bilancio reale con fuochi pirotecnici. Terzo: quando una transizione è iniziata, quando non si costruisce da zero, il diritto deve nascere dal fatto, non da schemi astratti. Il nostro fatto è dato da due elementi: una scelta sostanzialmente diretta del Presidente del Consiglio attraverso la sua maggioranza, da regolare bene con qualche dose di flessibilità ma non di trasformismi durante la legislatura; un Presidente della Repubblica in cui possano riconoscersi tutti. A questi elementi vanno aggiunti nuovi contropoteri. Non si vede perché dovremmo trasformare il Capo dello Stato in capo della maggioranza sopprimendo il Presidente del Consiglio o trasformandolo nel proprio principale collaboratore, riducendo una delle poche garanzie che già abbiamo.quarto: 12

13 niente clonazioni, niente modelli da prendere chiavi in mano. Il collegio uninominale a doppio turno è ottimo a prescindere dalla forma di governo; collega bene eletti ed elettori evitando preferenze e liste bloccate, il primo turno può anche funzionare da primaria, porta naturalmente alla scelta di una maggioranza. Lo proponeva don Sturzo per l'italia parlamentare dei primi anni '50 contro lo status quo della proporzionale pura e contro il premio di maggioranza. Allora l'elezione diretta del Presidente in Francia non c'era e quando arrivò, nel 1962, trovò già il collegio uninominale introdotto dal 1958, dopo aver sperimentato sia la proporzionale pura sia il premio. Ripartiamo dal Parlamento e non dalle conferenze stampa del Governo, dalla bozza Violante e dalla riflessione profetica di Sturzo. Con Penelope si fa propaganda, così invece si serve il Paese. 13

14 6 febbraio 2009 ELUANA: FACEBOOK, OLTRE 6000 SCRIVONO A NAPOLITANO, NON FIRMI (AGI) - Milano, 6 feb. - "Caro Presidente Napolitano, nonostante i suoi recenti richiami alla moderazione riguardo all'uso dei decreti legge, apprendo con ansia il comunicato del Presidente del Consiglio dei Ministri, col quale annuncia un provvedimento sotto forma di decreto legge volto chiaramente a bloccare l'esecuzione della sentenza della Corte di Cassazione, riguardo il caso della Sig.ra Englaro". Comincia cosi' la lettera inviata gia' da oltre seimila persone attraverso il social network Facebook al Capo dello Stato per chiedergli di non firmare il decreto legge approvato dall'esecutivo. "Mi chiedo - continua la missiva - se il Governo si renda conto che tale decretazione è in contrasto con l'art. 77 della Costituzione, vista l'indimostrabile natura di 'straordinaria urgenza' e con l'art. 101 poiche' si configura come una vera e propria censura politica di una sentenza definitiva, minando la base elementare di uno stato di diritto, la divisione dei poteri". "Scrivo a lei - e' la conclusione del documento - che e' il Garante della nostra Costituzione, a lei che sapra' di certo vigilare sulla deriva meramente decisionista di provvedimenti di questo tipo e preservare il potere legislativo del Parlamento, l'unico organo delegato dal popolo per rappresentarlo, cui spetta la sovranita' della Repubblica".Numerosi i commenti sulla bacheca del gruppo che ha raccolto migliaia di persone in pochissime ore. "E' un colpo di stato!", grida qualcuno. "Mi vergogno di essere italiano", scrivono altri. Piu' d'uno parla del rischio che l'italia diventi una "teocrazia". 14

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16 19 febbraio 2009 Modello di testamento biologico DICHIARAZIONE DI VOLONTÀ ANTICIPATA PER I TRATTAMENTI SANITARI Lo sottoscritto/a nato/a il a prov. residente a prov. indirizzo nel pieno delle mie facoltà mentali, in totale libertà di scelta, dispongo quanto segue in merito alle decisioni da assumere nel caso necessiti di cure mediche.consenso INFORMATO1. Non voglio Voglio essere informato sul mio stato di salute e sulle mie aspettative di vita, anche se fossi affetto da malattia grave e non guaribile2. Nel caso decidessi di non essere informato sul mio stato di salute e sugli esami diagnostici e le terapie da adottare, delego a essere informato e a decidere in mia vece il signor nato/a il prov. residente a prov. indirizzo. Voglio essere informato sui vantaggi e sui rischi degli esami diagnostici e delle terapie 4. Autorizzo i medici curanti ad informare le seguenti persone: 5. DISPOSIZIONI GENERALI In caso di perdita della capacità di decidere o nel caso di impossibilità di comunicare, temporaneamente o permanentemente le mie decisioni ai medici, formulo le seguenti 16

17 disposizioni riguardo i trattamenti sanitari. Disposizioni che perderanno di validità se, in piena coscienza, decidessi di annullarle o sostituirle. Dispongo che i trattamenti: 1. Siano iniziati e continuati anche se il loro risultato fosse il mantenimento in uno stato di incoscienzapermanente non suscettibile di recupero. Non siano iniziati e continuati se il loro risultato fosse il mantenimento in uno stato di incoscienza permanentee senza possibilità di recupero. 2. Siano iniziati e continuati anche se il loro risultato fosse il mantenimento in uno stato di demenza avanzata non suscettibile di recupero. Non siano iniziati e continuati se il loro risultato fosse il mantenimento in uno stato di demenza avanzata senzapossibilità di recupero. 3. Siano iniziati e continuati anche se il loro risultato fosse il mantenimento in uno stato di paralisi con incapacità totale di comunicare verbalmente, per iscritto o grazie all'ausilio di mezzi tecnologici. Non siano iniziati e continuati se il loro risultato fosse il mantenimento in uno stato di paralisi con incapacitàtotale di comunicare verbalmente, per iscritto o grazie all'ausilio di mezzi tecnologici. DICHIARAZIONE DI VOLONTÀ ANTICIPATA PER I TRATTAMENTI SANITARI DISPOSIZIONI PARTICOLARI. Qualora io avessi una malattia allo stadio terminale, o una lesione cerebrale invalidante e irreversibile, o una malattia che necessiti l'utilizzo permanente di macchine o se fossi in uno stato di permanente incoscienza (coma o persistente stato vegetativo) che secondo i medici sia irreversibile dispongo che:1. Siano Non siano intrapresi tutti i provvedimenti volti ad alleviare le mie sofferenze (come l'uso di farmaci oppiacei) anche se il ricorso a essi rischiasse di anticipare la fine della mia vita. 2. In caso di arresto cardiorespiratorio (nelle situazioni sopra descritte) sia non sia praticata su di me la rianimazione cardiopolmonare se ritenuta possibile dai curanti. 3. Voglio Non voglio che mi siano praticate forme di respirazione meccanica. 4. Voglio Non voglio essere idratato o nutrito artificialmente. 5. Voglio Non voglio essere dializzato. 6. Voglio Non voglio che mi siano praticati interventi di chirurgia d'urgenza.7. Voglio Non voglio che mi siano praticate trasfusioni di 17

18 sangue 8. Voglio Non voglio che mi siano somministrate terapìe antibiotiche. NOMINA FIDUCIARIO Qualora io perdessi la capacità di decidere o di comunicare le mie decisioni, nomino mio rappresentante fiduciario che si impegna a garantire lo scrupoloso rispetto delle mie volontà espresse nella presente carta, il signor nato/a a il \ a prov. residente a prov. indirizzo Nel caso in cui il mio rappresentante fiduciario sia nell'impossibilità' di esercitare la sua funzione delego a sostituirlo in questo compito il signor.nato/a il a prov.residente a prov. indirizzo ASSISTENZA RELIGIOSA1. Desidero Non desidero l'assistenza religiosa della seguente confessione:2. Desidero Non desidero un funerale.3. Desidero un funerale religioso secondo la confessione da me professata. 4. Desidero un funerale non religioso. DISPOSIZIONI DOPO LA MORTE1. Autorizzo Non autorizzo la donazione dei miei organi per trapianti. 2. Autorizzo Non autorizzo la donazione del mio corpo per scopi scientifici o didattici.3. Dispongo che il mio corpo sia inumato/cremato. In fede,si autorizza il trattamento dei dati personali ai sensi del decreto legislativo 196/2003 al solo fine dell iniziativa pubblica Sottoscrivi il tuo testamento biologico In fede 18

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20 20 febbraio 2009 Testo dell'odg "Eleggere subito il Segretario del PD" da presentare stasera all'assemblea del PD di San Benedetto del Tronto. ORDINE DEL GIORNO CHE SI CHIEDE VENGA MESSO AI VOTI L Assemblea del Partito Democratico di San Benedetto del Tronto prende in esame la grave situazione determinatasi con le dimissioni di Veltroni. Non si tratta solo di una crisi di leadership ma anche di linea politica dell intero gruppo dirigente, che non ha saputo coniugare le proposte del Lingotto con la necessità di dare corpo ad una forte e decisiva organizzazione nelle realtà locali.questo straniamento ha contribuito a determinare le posizioni ambigue assunte dal Partito in questi mesi, sulla politica economica e sindacale, sulla collocazione internazionale, sul rapporto con la maggioranza di governo, sul laicismo (vedi il comportamento vergognoso e insopportabile della Bianchi sul tema del testamento biologico). L Assemblea ritiene che soluzioni provvisorie o differite nel tempo possano esporre il PD a fortissimi rischi, in occasione delle elezioni amministrative ed europee.e indispensabile, addirittura vitale, che il PD sciolga immediatamente il nodo della direzione e della linea politica. 20

21 6 aprile 2009 IO E IL TERREMOTO: QUAL È LA CITTÀ PIÙ SICURA? In principio c'è quello di Reggio e Messina, il "flagello" come lo chiamava mia nonna che l'anno dopo avrebbe messo al mondo mio padre. La Marina militare italiana giunse con un giorno di ritardo rispetto alle navi norvegesi e russe. Per le generazioni future fu una fortuna, poiché i marinai norvegesi scaricarono gran parte delle provviste di cui disponevano: il merluzzo essiccato che poi sarebbe diventato, come stoccafisso, uno degli elementi di base della cucina calabrese.curiosamente, conobbi il mio primo terremoto fuori della Calabria, in Emilia dove -credo nel andai a fare il commissario d'esame. Durante la notte nell'albergo dove mi trovavo, a Castelnuovo nei monti, in provincia di Reggio Emilia, avvertimmo distintamente una scossa sismica. Molte vecchiette uscirono senza ritegno, spaventate e seminude, nei corridoi.nel 1970, qualche anno dopo l'evento, visitai Gibellina, al centro del Belice. Ancora la ricostruzione non era stata nemmeno avviata. Quei poveretti dormivano tra le lamiere infuocate delle baracche messe a disposizione dalla Protezione civile. Fu quella la prima volta che una grande organizzazione mafiosa poté mettere impunemente le mani sui fondi che generosamente lo Stato aveva destinato ai terremotati. Forse la mole dei danni recati al territorio in Sicilia (a parte quelli che già la natura aveva provveduto a 21

22 dispensare) fu di poco inferiore a quella procurata dalla camorra campana all'epoca del terremoto dell'irpinia.quell'anno -si era nel dovevo urgentemente raggiungere la capitale, dalla Calabria dove risiedevo, per sostenere le prove orali di un concorso. A differenza di quanto è poi avvenuto per gli altri terremoti, la stampa e la televisione non comunicarono all'opinione pubblica l'esatta dimensione del disastro. Per questo, dopo appena tre giorni dal sisma, io mi ritrovai con la mia auto immerso tra le colonne di bulldozer, di autocarri che da nord e da sud portavano i necessari soccorsi all'irpinia. A Cava dei Tirreni, dove m'ero fermato per salutare un amico, vidi un paese apparentemente intatto ma in realtà ferito all'interno dalle scosse. Il mio amico aveva messo al sicuro la famiglia trasferendola in una zona lontana e la notte dormiva in corridoio a due metri dalla porta, pronto a balzare fuori. M'avevano assicurato che la riviera adriatica era uno dei posti più sicuri, perché le case sono costruite su un terreno sabbioso che assorbe le scosse ecc. ecc.quando mi trasferii a San Benedetto del Tronto, in un palazzo costruito a qualche centinaio di metri dal mare, nel piano sabbioso e antisismico, mi dissi "è fatta, abbiamo chiuso con i terremoti!". Mal me ne incolse poiché una notte del 1998 sognai che la mia casa, al sesto piano, si muoveva di qua e di là, ondeggiava come un canneto al vento. Quando accesi la luce m'accorsi che non avevo sognato, visto che le pareti continuavano a danzare.una settimana dopo l'evento, invitato dal mio amio Salvatore che guidava una missione di soccorso della Regione sarda, mi avventurai per la strada di Colfiorito e raggiunsi il campo di container tirato su in fretta a Serravalle. Cinque anni dopo, invitati dai residenti, ritornai con i Sardi a visitare il paese ricostruito.in viaggio verso il Sud nel 2002, uscii dall'autostrada per fare il pieno di metano. Il ragazzo della stazione di servizio era quasi in lacrime, aveva saputo che nei paesi dell'interno v'era stato un forte terremoto. Quello, appunto, in cui morirono i ragazzi della scuola di San Giuliano di Puglia.Dopo l'umbria, le Marche, il Molise e la Campania mancava nel rosario la regione Abruzzo. Questa notte ho visto, ancora una volta, danzare le mie pareti al sesto piano. E' stata la mia gattina ad accorgersene per prima e a dare l'allarme. Il computer era acceso, dopo qualche minuto ho localizzato il terremoto. Sulle mappe di Google, curiosamente, andando su e giù, ingrandendo e riducendo, i primi nomi che ho letto, a parte l'aquila, sono stati Collefracido, Malepasso, Inciampa La Notte, Fronte mortale. Non è uno scherzo. D'altronde Giustino Fortunato descrisse la mia regione, la Calabria, come "uno sfasciume geologico pendulo tra due mari". L'Italia, si sa, è 22

23 ballerina. Abbiamo i centri storici -anche quelli dei piccolissimi paesi- più belli del mondo. Mille e mille piccole città di una bellezza sconvolgente che fa piangere, ma che necessitano di opere di consolidamento, di sostegno per i secoli che hanno sulle spalle. Questa che ho narrato è la vicenda di una persona normale che ha incontrato tanti eventi drammatici, al pari degli altri italiani che vivono sulle creste degli Appennini, sui monti ballerini, sulle coste violentate dai pirati dell'edilizia.bisogna mettere in sicurezza l'italia, ricostruire, consolidare gli abitati. Bisogna evitare di creare altre ferite al territorio. Poco fa ho parlato della Calabria come sfasciume geologico, ebbene, c'è qualcuno che pensa di potere collocare sulle sponde della Calabria e della Sicilia un enorme, pesantissimo manufatto come il Ponte. Tutti quei miliardi necessari per la costruzione dell' "opera meravigliao", potrebbero, invece, essere utilmente impiegati per la messa in sicurezza degli abitati. Credevo di abitare nella zona più pericolosa d'italia, dal punto di vista sismico; e, invece, in cinquant'anni non ho mai avvertito alcuna scossa di terremoto. Con il terremoto di Reggio e Messina, la provincia di Reggio si è, in un certo senso vaccinata. Gran parte delle case a rischio sono già crollate nel Quelle successive sono stete costruite, nella grande maggioranza, secondo le rigide regole vigenti nelle zone sismiche di prima categoria. Così, paradossalmente, le case non rifinite di questa zona della Calabria, edificate secondo la logica della Casbah, sono, da un punto di vista statico più sicure di quelle edificate, in tante regioni d'italia dove, fino a pochi anni fa vigevano regolamenti più permissivi.se qualcuno adesso, dopo queste mie peregrinazioni tra i luoghi devastati dai sismi, mi chiedesse qual è la città più sicura dal punto di vista sismico, io risponderei "quella dove sono vissuto nella prima parte della mia vita, Taurianova, provincia di Reggio Calabria" Certo, anche grazie al terremoto del 1908! 23

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25 2 settembre 2009 LA LIBERTÀ DI STAMPA IERI E OGGI Negli anni 80 collaboravo con il quotidiano romano Paese Sera. Il mio avversario politico, un democristiano noto alle procure calabresi (quel Ciccio Macrì che già nel1977 era stato costretto a darsi alla latitanza per oltre sei mesi) imperversava al comune, nella USL di Taurianova, nell Amministrazione provinciale di Reggio, nonostante le condanne dei tribunali e le reprimende dello stesso Presidente della Repubblica.I miei pezzi sul giornale romano disturbavano i potenti del territorio che credettero di potere risolvere i problemi sparandomi addosso un nugolo di querele. E poiché la sede del giornale era a Roma, fui costretto a presentarmi decine di volte presso il palazzo di Giustizia di piazzale Clodio per difendermi dalle accuse lanciatemi contro dal boss locale democristiano e poi sostenute da uno dei tanti avvocati al suo servizio. Paese Sera, è vero, metteva a disposizione dei giornalisti denunziati un avvocato, un compagno-avvocato; ma l onere della difesa spettava al malcapitato giornalista che veniva querelato per qualche motivo. Solo qualche minuto prima delle udienze conoscevo il mio difensore e lo informavo di come stavano i fatti. In una di queste occasioni incontrai l avvocato Guido Calvi che già conosceva di fama il mio accusatore. L avvocato non resistette alla tentazione di raccontare a destra e a manca che stava per presentarsi nell aula del tribunale di Roma un campione del clientelismo calabrese, il ben noto Ciccio Mazzetta. Fu un accorrere di avvocati e di curiosi che, però, non poterono godersi alcuno spettacolo, visto che Macrì pensò bene di starsene alla larga dal tribunale romano affidando al suo avvocato il compito di chiedere l ennesimo rinvio. Chi ha esperienza di tribunali, sa che l arma della querela spesso viene brandita da quanti possono disporre di un nugolo di avvocati al loro servizio. E la tecnica dell intimidazione contro i malcapitati che non dispongono di assistenza legale o di grandi mezzi finanziari.quando il tempo ha già lenito l offesa o quando i querelanti di professione non hanno più ragione di rivalersi sui loro avversari, allora è facile che si addivenga ad un accordo e che si chiuda la vicenda giudiziaria -con grande sollievo per tutti, denunciante, denunciato, avvocati e giudici- con la classica remissione di querela. Delle querele contro 25

26 di me ho perso le tracce. In alcuni giudizi sono stato assolto, in altri casi i magistrati hanno proceduto alla archiviazione delle denunce a causa dell assenza del querelante e della manifesta infondatezza delle accuse.e anche in ricordo e a nome dei tanti giornalisti che scrivevano e lottavano con la penna negli anni bui del regime democristiano che il 19 settembre sarò a Roma alla manifestazione indetta dai rappresentanti della stampa e dalle forze politiche di opposizione per la difesa della libertà di stampa, in segno di solidarietà con i giornalisti de la Repubblica, de l Unità, dell Avvenire e dei tanti che vengono minacciati o intimiditi per conto dei potenti di turno. 26

27 8 gennaio 2010 alle ore I BRACCIANTI DI ROSARNO, IERI BIANCHI, OGGI NERI Quello che segue è un estratto della memoria da me scritta in occasione della scomparsa del sen. Emilio Argiroffi. Segue un commento sui braccianti del "Ricordo i rumori, i suoni, gli odori delle camminate collettive in Calabria negli anni 50. In primo luogo le processioni religiose, silenziose e struscianti, rotte dal canto stonato di qualche prete ma sostenuto, per fortuna, dalle voci squillanti delle donne. Il rito prevedeva la preghiera, la passeggiata, gli sguardi dardeggianti dei giovanotti e le risposte con gli occhi delle ragazze, e qualche furtiva toccata. Poi c erano i funerali, aperti dalle urla strazianti e, spesso, di maniera, delle donne vestite a nero; qui il rumore di fondo era costituito dai carri pesanti e infiorati o dai primi furgoni che rotolavano sul ceppato e sulle strade battute; e poi il sudore dei passeggiatori forzati, il bisbiglio delle voci di quanti ormai s erano dimenticati del morto. Di tutt altro tenore le processioni dei madonnisi, i reduci dei faticosi pellegrinaggi alla Madonna di Polsi, che si facevano annunciare da mortaretti, urla di gioia, preghiere e canti alla madonna. Ma di tutte le camminate collettive quella che mi colpiva di più era la sgroppata delle cogghialivi, delle raccoglitrici d ulive che scendevano da Cittanova, da Polistena, la mattina presto, per recarsi sul posto di lavoro nelle campagne di Amato. Era uno di quei rumori crescenti ed avvolgenti che aveva il potere di svegliarti e di attrarti. Il passo delle femmine delle ante era svelto, anche se appesantito dai fardelli e dai figli. I piedi nudi battevano sulla terra o sulle pietre levigate della via nuova. L orda scendeva imperiosa e maestosa; le donne ridacchiavano e si 27

28 scambiavano lazzi, a stento controllate dalle caporale. Poi tutto cessava, quasi all improvviso: rimaneva negli occhi il ricordo di quelle ceste, di quei sacchi in equilibrio sui colli forti e levigati delle donne, le movenze forzatamente sinuose di quei poveri corpi. La sera era tutt altra musica. Dopo una giornata di lavoro, le ulive raccolte una a una, passate al pesante crivello, lanciate in alto per evitare i sassi più pesanti o le foglie più leggere, le stesse donne, scalze, lacere, stanche, risalivano come un serpente stordito le strade della Piana e ritornavano ai loro tuguri paesani. Questa era ancora simile alla Calabria di prima della guerra, quando alla fame e alla disperazione dei braccianti del luogo si aggiungeva anche quella dei jornatari disperati che venivano dalla Jonica. I greci, con le loro zappette, si vendevano al migliore offerente per una due, tre giornate e dormivano all aperto o in qualche casolare. Così come si vendevano, al mercato mattutino delle braccia in Piazza Duomo, gli uomini del luogo in cerca di lavoro. Poi, il padrone radunava la ciurma, la portava sui campi, la schierava in riga, si disponeva a un lato con la sua seggiola e marcava stretti gli zappatori che dovevano procedere all unisono: guai a chi sgarrava e restava indietro! Qualche anno dopo, nella sezione comunista, uno di questi braccianti, Ciccio Zagari, raccontava ai compagni divertiti la favola dell uovo (il padrone aveva regalato a ciascuno zappatore un uovo sodo, con la promessa che non avrebbe rivelato a nessuno il segreto; poi, dalla sua seggiola gridava ehi, tu di l ovu! e i poveri braccianti, che si sentivano gratificati dal regalo del buon padrone, affondavano con maggiore vigore la propria zappa nella terra umida). Prima della guerra, dopo la guerra, fino a tutti gli anni 50 e anche a parte degli anni 60, nella Piana esistevano le caste, le stratificazioni sociali. Si partiva dal mendicante per andare allo zappatore, al piccolo contadino, all artigiano, al piccolo proprietario, al maestro elementare, all impiegatuccio, al professionista, al commerciante d olio e d agrumi, al proprietario terriero, al nobile. Queste le caste principali; poi c erano le sottocaste, le sfumature tra l una e l altra, l appartenenza ai rioni 28

29 poveri e a quelli più nuovi, a Radicena o a Jatrinoli. Quello che è certo è che nessuno poteva sgarrare, nessuno poteva, ad esempio, sposarsi con una ragazza di casta diversa; tutti dovevano rimanere entro i limiti assegnati, non si sa come o da chi. Certo, l immobilismo sociale era il risultato di una lenta sedimentazione secolare, di un sostanziale equilibrio che si era creato e si era mantenuto nel tempo: nessuna legge scritta impediva al singolo di travalicare il fosso, ma ciascuno stava ben attento a non varcare i limiti sociali. Fino a qualche anno addietro è sopravvissuto a Taurianova, quasi mastio ringhioso, il vecchio carcere che ospitò per pochi giorni, nei primi anni 50, i braccianti e i dirigenti del movimento sindacale e comunista che avevano osato occupare le terre dei baroni e dei ricchi agrari della Piana. E stato proprio nel corso dell Amministrazione presieduta da Emilio Argiroffi, negli anni 90, che il carcere è stato smantellato e al suo posto è stato creato un parcheggio e un giardino su cui domina il busto del poeta Francesco Sofia Alessio. Una coincidenza, certo, poiché le pratiche per la demolizione erano state avviate molto tempo prima, ma molto gradita al senatore e al poeta comunista. Raccoglitrici di ulive (cogghialivi) nelle campagne della Piana di Gioia Tauro Se oggi lo chiedi in giro, pochi saprebbero dirti perché in quegli anni si svolgevano le lotte per la terra. O almeno, molti ti direbbero che esse furono un grande momento di battaglia politica e sociale, voluta dal partito e dal sindacato. Una decina d anni addietro, in un locale posto sul mare più bello d Italia, a Palmi, mille miglia lontano dalle cupe e drammatiche campagne della Piana, ho rivisto i protagonisti di quelle battaglie: Falleti, Tripodi, Rossi, Gullo e tanti altri vecchi militanti che in quelle esperienze crebbero e poi si piantarono come querce nei vari borghi della 29

30 Piana, come segretari della Camera del lavoro, come segretari delle sezioni comuniste e socialiste. In quel mondo fermo, immobile, contrassegnato dal più cupo egoismo, quegli uomini e quanti attorno a loro si radunarono, costituirono il primo nucleo di progresso la prima volontà di crescita democratica. Riunire i braccianti senza terra, le donne delle ante, raccontare loro che tutti gli uomini erano eguali, che esisteva una speranza di riscatto, magari prendendo la terra ai ricchi oppure organizzandosi contro i padroni, oppure ancora partecipando alla vita politica locale, eleggendo consiglieri comunali, gli onorevoli nazionali; ebbene, questa era una grande novità, una sorpresa, soprattutto in una realtà nella quale tutti erano abituati a stare al loro posto, a ubbidire ai più potenti. Qualche anno più tardi, negli anni 60, toccò proprio a me e a Emilio Argiroffi di commemorare, nel giorno dei funerali, il padre dei braccianti di Jatrinoli, il vecchio Giuseppe Falleti, detto Pòpita. Allora non riuscivo a capire il senso di quel funerale: in piedi su una moto Ape, a turno con Emilio Argiroffi, rivolgemmo l estremo saluto a quel vecchio profeta che migliaia di braccianti erano venuti a salutare nel rione Santa Lucia. Più tardi avrei compreso il senso del legame forte che univa tutti quegli uomini, il grande rispetto che quella gente per anni e anni ha provato per i comunisti. Oggi il vecchio rione dei braccianti di Jatrinoli non esiste più, la popolazione s è dispersa per l Australia, la Germania, l America e la parte nuova della città di Taurianova. Ma, anche quando è lontana o diversa, perché ha cambiato casa, perché ha tradito il Partito (per necessità o per altro) mantiene questo filo sottile, questo legame con quegli uomini e quegli anni." Non è cambiato nulla per i braccianti della Piana. Solo il colore. Ricordo ancora, sessant'anni addietro, la lunga fila di braccianti che si assiepavano nei pressi del Duomo di Radicena (Taurianova) per sottoporsi all'esame dei muscoli da parte dei caporali che palpavano bene i braccianti e prendevano per le loro squadre i più forti. A rimanere senza ingaggio erano i più deboli, i più disperati che si mettevano a piangere per l'esclusione. Oggi i braccianti calabresi sono stati sostituiti, in larga parte, da quelli africani, quasi tutti immigrati clandestini, provenienti da regioni diverse, portatori di valori, di culture differenti. Più deboli perché clandestini ma più forti perché più giovani e più 30

31 consapevoli. Abbiamo appreso che migliaia e migliaia di questi braccianti si muovono da una regione all'altra d'italia, in relazione ai tempi di raccolta delle ulive, degli agrumi, degli ortaggi. Quello che non cambia è la modalità dell'ingaggio, da parte dei caporali mafiosi, ma anche di singoli coltivatori, per pochi euro. Questi braccianti vivono in condizioni molto precarie, nei capannoni dismessi, nei casolari abbandonati, ai margini di città che non vogliono vederli né sentirne parlare. Invisibili ma indispensabili. Senza di loro i mercati agricoli andrebbero in malora; ma 'loro' devono stare attenti a non mischiarsi alle popolazioni delle cittadine vicine ai luoghi dello sfruttamento. Eppure, gli immigrati nordafricani no sono una novità in Calabria. Molti risiedono nei quartieri abbandonati dei centri storici da decenni, si sono integrati e si sono rifatti una vita, convivono con i calabresi che non si sono mai dimostrati "razzisti", almeno secondo il rito padano. La novità è costituita dal fatto che i braccianti che si sono ribellati ed hanno devastato in questi giorni Rosarno sono merce sfruttata indegnamente dai caporali mafiosi ma anche da semplici coltivatori. Vittime di questa esplosione di rabbia sono, da una parte i cittadini di Rosarno già vessati dalla mafia e oggi colpiti dalla furia di quanti, sempre dalla stessa mafia sono stati sfruttati e abbandonati a se stessi. La violenza a Rosarno è di casa. Non si contano nemmeno le volte in cui il palazzo comunale è stato bruciato o devastato. Negli anni in cui risiedevo in Calabria, i docenti evitavano accuratamente di prestare servizio nelle scuole, anche medie, infestate dai giovani con la pistola. Doppia condanna, quindi, per la popolazione incolpevole che 31

32 è costretta a subire la violenza della mafia e quella delle vittime della mafia. Con questo non si vuole, in alcun modo, giustificare la violenza compiuta dai nordafricani contro cose e persone. Quel che si vuole dire è che l'analisi del ministro Maroni per il quale esistono dei clandestini che vanno respinti, è monca. I primi a non volere l'allontanamento degli immigrati sono i mafiosi e quanti sfruttano il lavoro bracciantile. Senza i braccianti nordafricani i prodotti della terra di Calabria, Puglia, Campania marcirebbero. Senza i braccianti nordafricani gli sfruttatori sarebbero costretti a rispettare i contratti e a pagare molto di più la manodopera locale (ammesso che esista). Un ministro della Repubblica meno miope si preoccuperebbe di fare applicare la legge, di modificare la normativa sull'immigrazione, di creare condizioni di vita e di lavoro più decorose. 32

33 2 giugno GIUGNO 2010: LA DISUNITÀ D'ITALIA. CORAGGIO, POSSIAMO FARCELA! Tristi dibattiti e tristi manifestazioni nel giorno in cui si dovrebbe celebrare l'anniversario dell'unità della nazione italiana. Apri la TV e incappi nelle cronache del Quirinale dove un presidente del consiglio maleducato arriva in ritardo, delizia con le proprie gag il codazzo dei sodali e solo alla fine va a salutare il padrone di casa; il quale non le manda a dire e richiama con educazione l'ospite ingrato. Salti sul canale dei dibattiti e ti imbatti nel filosofo barbuto Cacciari che spande pessimismo e nell'assessore leghista che tiene la solita concione sui meridionali ingrati e spendaccioni e sul nord produttivo e generoso. Le uniche note positive vengono dai commentatori sportivi che rilanciano per l'ennesima volta il 4-3 di Italia-Germania del 1970 o si aggrappano alla vittoria della tennista che sbaraglia l'avversaria e sbava contro il terreno del Roland Garros.Il buon Michele Mirabella fa l'elenco degli stereotipi sugli italiani e sulle autoironie dei nostri connazionali.ma come stanno effettivamente le cose? Quando incominciai a interessarmi al tema, negli anni dell'università (inizi anni sessanta), c'era un grosso dibattito sulla "questione meridionale". Venivamo fuori dalla guerra ma stavamo anche assaporando il boom economico di cui furono protagonisti (spesso involontari) i milioni di lavoratori sradicati dal Sud e catapultati nelle fabbriche del Triangolo industriale, oltre che nelle aree industriali della Svizzera, della Germania, del Belgio. In quegli anni, noi giovani che abitavamo nelle cittadine del Mezzogiorno, vedevamo partire a centinaia, a migliaia, verso terre lontane i nostri coetanei. Se ne andavano (come avviene oggi dall'africa) i più giovani, i più forti, i più attivi. Rimanevano i vecchi, i malati, le donne, i benestanti.cento anni prima, altri "emigranti" calati dal Nord, da Bergamo, da Brescia, al seguito del folle Garibaldi, sbarcavano a Marsala e conquistavano, con una certa facilità, la Sicilia, la Calabria e, poi, sul Volturno sgominavano le truppe borboniche. Quindi, consegnavano a Cavour e a Vittorio 33

34 Emanuele le "terre liberate". La relativa facilità della "conquista regia" non deve ingannarci: le classi borghesi, gli intellettuali (senza scomodare Petrarca, Guicciardini, Leopardi) si ponevano da tempo il problema della unificazione della penisola. S'è discusso tante volte delle ragioni del ritardo della nazione italiana rispetto alle altre nazionalità europee (Francia, Inghilterra, Spagna). La causa principale credo sia da attribuire alla frantumazione dei poteri (comuni, ducati, staterelli vari) oltre che alla presenza ingombrante della Chiesa. Tra i meriti di Cavour c'è quello di avere approfittato della congiuntura internazionale ma, soprattutto, di avere capito, al pari dei grandi borghesi dell'800 che solo con l'unità politica della penisola si sarebbe potuto dare vita ad un grande mercato nazionale capace di eliminare dazi e gabelle. Quello che avvenne dopo l'unità dovrebbe essere sufficientemente noto: voglio solo ricordare che la nascita di un nuovo mercato nazionale, senza le tutele e le garanzie necessarie, si tradusse in una crescita rigogliosa dell'economia delle regioni del centro nord e in un vero e proprio arretramento del vecchio Regno delle Due Sicilie. Questo in ragione delle caratteristiche diverse delle due economie regionali: più forte e più adusa al libero mercato quella del Nord, più statalista e protetta quella del Sud: è la nascita della "Questione meridionale". Un esempio illuminante è quello relativo alla gestione delle finanze del nuovo Regno di Italia. Con la vendita dei beni ecclesiastici e dei vecchi feudi, lo Stato effettua un grandioso drenaggio di capitali che vengono impiegati a favore del capitalismo settentrionale.e veniamo ai nostri tempi. Negli anni '90 l'italia discute sulla possibilità e sulla opportunità di entrare nel sistema monetario europeo basato sull'euro. E' stato merito di Ciampi e dei Governi di centrosinistra se l'italia, dopo il tracollo finanziario dei primi anni '90 riesce, non solo a risollevarsi ma anche ad ottenere il via libera, da parte della Germania e degli altri stati. per l'entrata nell'euro. In quella circostanza Tremonti e la destra berlusconiana si dichiararono contrari.alla luce di quanto ho detto sinora, non si comprendono le ragioni che hanno portato, prima il centrodestra a schierarsi contro la nuova economia europea e, poi, la Lega a pigiare sul tasto della secessione e, in subordine, della progressiva marginalizzazione delle regioni meridionali.non è solo una questione di giustizia e di riconoscenza nei confronti del Mezzogiorno che ha contribuito in modo 34

35 determinante, sia dal punto di vista finanziario, sia da quello umano, al successo dell'economia "padana".nessuno nega che il Mezzogiorno, superata la lunga stagione dell'ascarismo (quando in cambio dei sussidi, delle pensioni facili, dei posti di lavoro veri o inventati, le genti meridionali sostennero il sistema clientelare della DC e dei suoi satelliti), debba fare rapidamente i conti con la realtà e procedere alla utilizzazione razionale delle risorse.e' un grande lavoro che bisogna fare, tutti insieme, per scrollarsi di dosso la morsa potente del sistema mafioso che colpisce in modo vario il Sud e il Nord.C'è qualcosa di vero nelle tesi del federalismo fiscale, nel senso che bisogna andare ad una corretta utilizzazione delle risorse e ad un controllo della spesa in sede locale. Ma il modello proposto dalla Lega (che prevede la secessione politica o economica) confligge con quello adottato 150 anni addietro dalla borghesia illuminata del Nord che procedette all'unificazione della penisola e alla creazione di una vasta area di scambio economico. Io non condivido il pessimismo di quanti ritengono che sia entrato in crisi il sistema politico unitario della nostra nazione. Per alcune ragioni di fondo: non esistono (al di là delle velleità della lega e delle sparate antiunitarie di Bossi e dei suoi fedeli) ragioni valide per spingere gli italiani a rompere il patto stipulato 150 anni addietro. Esiste una tradizione culturale antichissima che costituisce la base solida sulla quale si è andata costituendo l'italianità. Nella seconda metà del secolo scorso si è completato il processo di formazione della lingua comune che è l'italiano (al di là delle bambinesche pretese di volere riesumare in maniera impropria l'uso del dialetto). La televisione è stata un potente strumento di diffusione della nostra lingua che viene compresa, quando non parlata, dalla quasi totalità degli italiani e dei residenti sul nostro territorio. Sono rimasto molto colpito dalla scioltezza di eloquio di una anziana contadina calabrese che spiegava ad un intervistatore televisivo le ragioni della frana di Maierato. Chi parla si considera bilingue, nel senso che ha appreso come primo linguaggio quello dialettale e continua a parlarlo piacevolmente con i propri amici, specie nelle occasioni in cui è richiesta una maggiore espressività. Ma non si sognerebbe mai di scrivere sui cartelloni stradali i nomi delle località in dialetto calabrese. Lingua e dialetto si completano a vicenda, rendono più espressiva la comunicazione (quando vengono usati assieme). Ma 35

36 la lingua italiana è lo strumento principe della comunicazione tra gli italiani e degli italiani con gli altri popoli. Imporre l'uso del dialetto nella comunicazione tra italiani di diversa provenienza geografica, è semplicemente idiota. E' giusto ed è bello che ciascuno conosca il linguaggio materno (non esiste il dialetto padano: nell'area settentrionale, impropriamente chiamata Padania, esistono centinaia di dialetti con migliaia di sfumature locali) ma è assolutamente decisivo, ai fini della corretta comunicazione, che ogni italiano conosca la lingua italiana e comunichi con essa. A dimostrare che l'italia è una nazione unitaria, concorre, purtroppo, la considerazione che la mafia si è diffusa in modo prepotente in tutto il territorio. Vale la metafora del cancro che può diffondersi in tutto l'organismo, fino a provocarne la morte. In questi anni (dal '70 in poi) la mafia è stata alimentata dal malgoverno e dagli interessi speculativi. Facciamo un esempio per tutti, quello della camorra o della 'ndrangheta che si alleano con certe realtà industriali del profondo Nord, per procedere allo smaltimento dei rifiuti tossici. Qui vale lo stesso discorso che si fa a proposito del risanamento dei conti pubblici: è necessario uno sforzo comune per procedere alla eradicazione delle mafie. Ammettiamo per un istante che la "Padania" acquisisca lo status di nazione sovrana; ebbene, dovrebbe comunque fare i conti con la questione mafiosa e dovrebbe, paradossalmente,ricorrere all'aiuto delle regioni che hanno una conoscenza più approfondita dell'argomento. Ma ritorniamo al punto iniziale: esistono ancora le ragioni per credere nella necessità della nazione italiana e per celebrarne con allegria e con convinzione il centocinquantesimo anniversario dell'unità? Una volta si diceva: speriamo di non dover morire democristiani. La mia generazione è riuscita a realizzare questo sogno. Adesso non vorremmo morire berlusconiani o leghisti o, peggio ancora, in una patria che non sia l'italia. Coraggio, possiamo farcela! 36

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