Circolare Il consenso informato in Medicina

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1 REGIONE LIGURIA AZIENDA SANITARIA LOCALE N. 4 Chiavarese Via G.B. Ghio, Chiavari (Ge) Codice Fiscale e P. Iva DIPARTIMENTO GIURIDICO AMMINISTRATIVO S.C. AFFARI GENERALI E LEGALI Circolare Il consenso informato in Medicina Considerata l'attualità dell'argomento, si ritiene opportuno svolgere alcune considerazioni sulla problematica del consenso informato in medicina, allo scopo di fornire utili spunti di riflessione. L'accettazione volontaria del trattamento medico (farmaceutico, psicologico, ecc.) da parte del paziente è presupposto imprescindibile dell'erogazione della cura: ormai è patrimonio di tutti gli operatori che il consenso liberamente espresso autorizza l'atto medico e, come liberamente viene rilasciato, altrettanto liberamente può essere revocato in qualunque momento. Nella legislazione italiana non esiste una norma univoca ed esauriente, bensì l'obbligo di richiedere il consenso preventivo si può argomentare da: Costituzione art. 13 commi 1 e 2 La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. Costituzione art. 32 comma 2 Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Codice Penale art. 50: Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne.

2 Codice Civile art. 5: Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume Codice Civile art. 1395: I requisiti del contratto sono: 1) l'accordo delle parti; 2)... omissis... L. 833/78 art. 33 comma 1: Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari. Questo impianto normativo non ha trovato successiva codificazione in grado di fare la dovuta chiarezza ed è rimasto, pertanto, piuttosto nebuloso offrendo, conseguentemente, ampio spazio all'interpretazione giurisprudenziale. Nonostante varie oscillazioni, di cui si dirà più oltre, la Magistratura ha ormai recepito in toto il concetto della centralità del consenso informato, quale prodotto della trasformazione del rapporto medico-paziente dal tipo paternalistico/autoritario al modello della cd. alleanza terapeutica. Tale cambiamento, che riflette peraltro un mutamento sociale a livello sovranazionale, è stato stigmatizzato nella Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e della dignità dell'essere umano nei confronti dell'applicazione della biologia e della medicina: convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina (cd. Convenzione di Oviedo 04 aprile 1997), ratificata dallo Stato Italiano con L. 28 marzo 2001, n Le tematiche ivi affrontate, che in larga parte hanno condotto a soluzioni compromissorie, sono svariate, dalla ricerca sulle cellule staminali alla possibilità di por fine a trattamenti che concretino gli estremi dell'accanimento terapeutico, dalla clonazione terapeutica al testamento biologico, ma per quello che qui interessa il dato che emerge con forza è l'obbligo di tenere in considerazione la volontà del paziente: art. 5 Regola generale: Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell'intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso.

3 Una regolamentazione più completa del consenso informato si trova nel Codice di Deontologia Medica, disciplina cui ogni professionista si deve attenere nell'esercizio della pratica medica. Dall'esame dell'articolato si evince, tra l'altro, un obbligo diretto, di natura deontologica, all'informazione al paziente ed all'acquisizione del consenso informato. Precisamente: art Informazione al cittadino Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnosticoterapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l'adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l'informazione deve essere rispettata. Art Acquisizione del consenso Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente. Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sull'integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà delle persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 33. Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona. Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente.

4 Analoghe disposizioni, benché con più brevi accenni, sono contenute nei Codici Deontologici delle altre professioni sanitarie. Es.: Codice Deontologico degli Infermieri art. 4 Rapporti con la persona assistita L'infermiere ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta con la stessa i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e consentire all'assistito di esprimere le proprie scelte L'infermiere, rispettando le indicazioni espressa dall'assistito, ne facilita i rapporti con la comunità e le persone per lui significative, che coinvolge nel piano di cura L'infermiere, nell'aiutare e sostenere la persona nelle scelte terapeutiche, garantisce le informazioni relative al piano di assistenza ed adegua il livello di comunicazione alla capacità del paziente di comprendere. Si adopera affinché la persona disponga di informazioni globali e non solo cliniche e ne riconosce il diritto alla scelta di non essere informato... Codice Deontologico dei Fisioterapisti art. 23 Informazione del paziente La persona assistita, o colui che esercita la legale rappresentanza sullo stesso, deve essere debitamente informata su tutti gli aspetti riguardanti la terapia consigliata prima di iniziare le cure. In questo modo egli avrà l'opportunità di accettare o rifiutare la proposta terapeutica. Da ultimo si cita, quale documento di indirizzo di particolare rilevanza, il parere del Comitato Nazionale di Bioetica, rilasciato in data dal titolo Informazione e consenso all'atto medico, nel quale vengono svolte riflessioni sul rapporto medico paziente e sulla considerazione del consenso quale fondamento e legittimazione dell'esercizio della pratica medica: Il C.N.B. ritiene che il consenso informato costituisca legittimazione e fondamento dell'atto medico, e allo stesso tempo strumento per realizzare quella ricerca di 'alleanza terapeutica' nell'ambito delle leggi e dei codici deontologici e di piena umanizzazione dei rapporti fra medico e paziente, cui aspira la società attuale.

5 IL VALIDO CONSENSO Per essere valido, il consenso deve essere rilasciato da: diretto interessato, se persona maggiorenne e capace; legale rappresentante (genitore, tutore, curatore), se l'interessato è minorenne; legale rappresentante (tutore, curatore), se l'interessato è incapace. Nella pratica spesso accade che, nel caso di paziente temporaneamente impossibilitato a prestare il proprio consenso (es.: in coma), che il medico si rivolga ai prossimi congiunti, chiedendo loro il preventivo consenso ad un intervento, anche di particolare difficoltà o a rischio. E' necessario chiarire che, sotto il profilo giuridico specificamente penale tale consenso non ha alcun valore. Pertanto, nelle ipotesi in cui il paziente non possa prestare un valido consenso e non vi sia un soggetto che lo possa prestare in sua vece in quanto investito di legale rappresentanza, è il medico che dovrà assumersi in prima persona ogni responsabilità relativamente alle cure praticate. In tale evenienza ed in presenza di un danno alla persona ricorrendo il presupposto della proporzionalità dell'intervento rispetto alla gravità delle condizioni di salute, il medico non sarà punibile. La punibilità è espressamente esclusa dall'art. 54 del Codice Penale - Stato di necessità : Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.... E' altresì da sottolineare che le ipotesi in esame sono rilevanti, benchè alquanto marginali, trattandosi di episodi riscontrabili tipicamente nelle situazioni di emergenza. Oltre al consenso presunto che si configura nelle situazioni di necessità ed urgenza, le uniche eccezioni all'obbligo del consenso informato sono: la persona ammalata ha espresso esplicitamente, per iscritto, la volontà di non essere informata; consenso implicito, riscontrabile nelle cure di routine o per i farmaci prescritti per una malattia nota, per cui informazione e consenso si suppongono acquisiti; trattamenti sanitari obbligatori; vaccinazioni obbligatorie, stabilite nei programmi nazionali di salute pubblica. Ulteriori riflessioni occorre svolgere in relazione alla L n. 6, che ha introdotto nel ns. ordinamento la figura dell'amministratore di sostegno, soggetto che non si sovrappone al tutore ed al curatore, ma assiste ed affianca persone con capacità parzialmente ridotta.

6 Poiché l'amministratore di sostegno viene nominato dal giudice tutelare con decreto immediatamente esecutivo, occorre far riferimento a tale atto di nomina per verificare l'effettiva ampiezza dei poteri ad esso spettanti, se cioè vi siano ambiti di attività negoziale nei quali a tale figura siano state delegate facoltà di decisione in via esclusiva o meno. E' ovvio che in ambito sanitario tali specifiche sono estremamente rilevanti, in quanto valgono ad individuare immediatamente il soggetto (amministratore o beneficiario affiancato) che può esprimere un valido consenso in ordine ad un determinato trattamento sanitario. In presenza di una delega generale ad assistere il beneficiario nelle decisioni relative alla salute, sarebbe azzardato ed inopportuno assumere il solo consenso dell'amministratore di sostegno, in quanto il soggetto assistito non viene privato della capacità giuridica. Occorrerà, allora distinguere a seconda del tipo di intervento sanitario da attuarsi, seguendo tendenzialmente le seguenti direttrici: il valido consenso può essere espresso dall'amministratore di sostegno per le cure, per così dire, ordinarie (ad es.: la visita del dentista, dell'oculista, ecc.; le cure fisioterapiche,...); occorre un nulla osta ad hoc da parte del giudice in caso di cure più complesse (ad es.: intervento chirurgico, intervento diagnostico invasivo, ricovero in struttura residenziale, ecc.); se la scelta da compiere si riveli particolarmente delicata ed a rischio, il nulla osta del giudice potrà essere preceduto dal parere di una commissione medica appositamente nominata dal giudice stesso. L'ADEGUATA INFORMA ZIONE Per essere ritenuto valido, il consenso presuppone un'adeguata ed esaustiva informazione, intesa come requisito fondamentale del rapporto che si instaura tra medico e paziente in ossequio sia al principio civilistico di buona fede contrattuale, sia al principio costituzionale di tutela della libertà e della dignità della persona. L'informazione: deve riguardare ogni elemento del rapporto: diagnosi, prognosi, programma diagnostico-terapeutico deve riguardare la portata dell'intervento, le difficoltà, gli effetti conseguibili, gli eventuali rischi, le scelte alternative, lo stile di vita successivo all'intervento deve riguardare, altresì, le potenzialità della struttura sanitaria e le sue dotazioni strumentali e tecnologiche deve essere chiara, completa, globale deve essere personalmente resa dallo stesso sanitario che rende la prestazione professionale deve essere resa con linguaggio adeguato al livello culturale del paziente ed alle sue capacità di comprensione non deve essere ridondante ed eccessiva in modo da disorientare il paziente

7 Si cita per tutte Cassazione Civile, n. 364: (sott. L'informazione)... deve riguardare la portata dell'intervento, le inevitabili difficoltà, gli effetti conseguibili e gli eventuali rischi, sì da porre il paziente in condizioni di decidere sull'opportunità di procedervi o di ometterlo, attraverso il bilanciamento di vantaggi e rischi. L'obbligo si estende ai rischi prevedibili e non anche agli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l'id quod plerumque accidit (n.d.r.: ciò che il più delle volte accade), non potendosi disconoscere che l'operatore sanitario deve contemperare l'esigenza di informazione con la necessità di evitare che il paziente, per una qualsiasi remotissima eventualità, eviti di sottoporsi anche ad un banale intervento. Assume rilevanza, in proposito, l'importanza degli interessi e dei beni in gioco, non potendosi consentire tuttavia, in forza di un mero calcolo statistico, che il paziente non venga edotto di rischi, anche ridotti, che incidano gravemente sulle sue condizioni fisiche o, addirittura, sul bene supremo della vita. L'obbligo di informazione si estende, inoltre, ai rischi specifici rispetto a determinate scelte alternative, in modo che il paziente, con l'ausilio tecnico scientifico del sanitario, possa determinarsi verso l'una o l'altra delle scelte possibili, attraverso una cosciente valutazione dei rischi relativi e dei corrispondenti vantaggi. IL DIFETTO DI INFORMA ZIONE La mancata o insufficiente o inadeguata informazione è stata oggetto di molteplici pronunce da parte dei giudici, civili e penali, che ne hanno comunque ricondotto le conseguenze ad una responsabilità per imperizia e negligenza dei medici e delle strutture sanitarie. L'orientamento è ormai univoco e, comunque, di estremo rigore nei confronti dei medici e delle strutture. In particolare, la Corte di Cassazione afferma che la mancanza di consenso informato lede non solo il diritto del paziente all'autodeterminazione delle scelte sanitarie, ma lo stesso diritto alla salute ed all'integrità fisica. Ne consegue che il paziente ha diritto ad ottenere lo stesso risarcimento che gli spetterebbe nel caso fosse stata accertata un'esecuzione errata o negligente del trattamento medico: Cassazione Civile, , n. 5444: In tema di responsabilità dell'ente ospedaliero per violazione dell'obbligo di informare il paziente sulla natura dell'intervento, sulla portata ed estensione dei suoi risultati e sulle possibilità dei risultati conseguibili, la correttezza o meno del trattamento non assume alcun rilievo ai fini della sussistenza dell'illecito per violazione del consenso informato, in quanto è del tutto indifferente ai fini della configurazione delle condotta omissiva dannosa e dell'ingiustizia del fatto, la quale sussiste per la semplice ragione che il paziente, a causa del deficit di informazione, non è stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni, con la conseguenza che tale trattamento non può dirsi avvenuto previa prestazione di un valido consenso...

8 La Suprema Corte, confermando più volte il proprio orientamento, sostiene che la responsabilità del sanitario (e, di riflesso, della struttura per cui egli agisce) per violazione dell'obbligo del consenso discende da condotta omissiva di adempimento dell'obbligo di informazione (quindi, da inadempimento ad un obbligo contrattuale). Più pesanti conseguenze derivano dal predetto inadempimento qualora si siano prodotti danni alla salute e qualora il paziente agisca in sede penale. Infatti, l'antigiuridicità della lesione procurata mediante trattamento medico-chirurgico è esclusa solo dalla dimostrazione della manifestazione di volontà del paziente attraverso il libero consenso di disporre del proprio corpo, espressa preventivamente al trattamento. Il medico non è abilitato ad eseguire un altro intervento, non preventivato né consentito al di fuori di una condizione di necessità ed urgenza per la salute del paziente. Conseguentemente, l'espressione di consenso diventa requisito imprescindibile della validità e liceità dell'attività medica, in quanto afferisce alla libertà morale del soggetto ed alla sua autodeterminazione, nonché alla sua libertà fisica intesa come diritto al rispetto della propria integrità corporale. La mancanza di consenso, opportunamente informato, del malato o la sua invalidità per altre ragioni determina l'arbitrarietà del trattamento medico e la sua rilevanza penale, in quanto compiuto in violazione della sfera personale del soggetto e del suo diritto di decidere se permettere interventi estranei sul proprio corpo. Restano, ovviamente, escluse le ipotesi di trattamento obbligatorio ex lege e quelle in cui il paziente non è in condizione di prestare il proprio consenso e l'intervento medico risulti urgente ed indifferibile. Le lesioni derivanti da un intervento chirurgico eseguito senza consenso del malato configurano il delitto di lesioni personali volontarie. Si delinea il delitto ex art. 584 C.P. (n.d.r.: omicidio preterintenzionale!) qualora dalle lesioni consegua, come evento non voluto, la morte del paziente. (Cass. Penale Sez. V ). Risponde del reato di lesioni personali colpose il sanitario che, in assenza di un valido consenso dell'ammalato, abbia effettuato l'intervento terapeutico nella convinzione, per negligenza o imprudenza a lui imputabile, dell'esistenza del consenso. Giacché il reato di lesioni sussiste anche quando il trattamento arbitrario eseguito a scopo terapeutico abbia esito favorevole, e la condotta del chirurgo nell'intervento sia di per sé immune da ogni addebito di colpa, non potendosi ignorare il diritto di ognuno di privilegiare il proprio stato attuale. (Cass. Penale Sez. IV , n. 1572). Quanto sopra per illustrare un panorama giuridico non proprio favorevole al professionista ed alla struttura nella quale egli opera, e comunque poco incline ad un atteggiamento di comprensione nei confronti delle ragioni dagli stessi avanzate. Pertanto, con l'auspicio di una rimeditazione della materia da parte del Legislatore e della Magistratura di merito, si evidenza la necessità di confezionare informative puntuali e dettagliate, contenenti specifiche per i singoli interventi da attuare, eventualmente integrate da aggiunte scritte a mano dal sanitario curante, sottoscritte ulteriormente dal paziente (o dal legale rappresentante).

9 E' opportuno che all'informazione del paziente venga dedicato un tempo adeguato, in modo da accertarsi che lo stesso abbia correttamente recepito quanto gli viene illustrato. E' bene ricordare che il consenso deve rivestire obbligatoriamente la forma scritta esclusivamente nei casi di: prescrizione di farmaci off label sperimentazione clinica leggi speciali (interruzione di gravidanza, procreazione assistita, trapianto di rene tra viventi, trapianto parziale di fegato,...) tuttavia, la forma scritta particolarmente nei casi più complessi o per interventi di tipo invasivo facilita la dimostrazione circa l'esistenza del consenso. Il Comitato Nazionale di Bioetica, nel parere , più sopra citato, definisce il consenso informato in forma scritta un dovere morale del medico in tutti i casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche si rende opportuna una manifestazione inequivoca e documentata della volontà del paziente; nel caso di paziente incapace legalmente o di fatto, nelle ipotesi di cui al punto precedente, nei confronti di chi eserciti la tutela o abbia con il paziente vincoli familiari che giustificano la responsabilità e il potere di decidere, fermo restando che tali interventi hanno un significato relativo e il medico, posto di fronte a scelte fondamentali per la salute e la vita del paziente, non è liberato dalle responsabilità connesse con i poteri che gli spettano. Inoltre, un buon rapporto umano con il paziente contribuisce, per sé solo, a ridurre sensibilmente i margini di una possibile conflittualità.

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