UNO STUDENTE NEL DESERTO

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1 UNO STUDENTE NEL DESERTO SERGIO MURA Dell Ambasciatore Umberto La Rocca tutti ben conoscono l impareggiabile opera svolta come diplomatico nelle sedi più prestigiose, successivamente il ruolo importante avuto in numerosi enti ed aziende ed infine l impegno profuso quale Presidente della SIOI dove, sotto la sua guida, si sono formate generazioni di giovani desiderosi di intraprendere quella affascinante missione che è il servizio diplomatico. Sono invece pochissimi coloro che hanno conosciuto un aspetto altrettanto affascinante, e per certi versi misterioso, della sua vita; ci riferiamo al periodo militare, trascorso in uno dei teatri più difficili per il nostro Esercito nel corso della Seconda guerra mondiale: il profondo deserto libico. Un area dove non si svolgeva il tipo di guerra che vedeva, lungo la costa libica ed egiziana, un susseguirsi di epiche avanzate e ritirate delle forze italo-tedesche e di quelle britanniche ma, al contrario, caratterizzata da colpi di mano di piccole e veloci unità, azioni di esplorazione, di ricerca del nemico, di trasporto ed appoggio di sabotatori ed informatori. Già questo poteva, di per sè, rappresentare una eccezionale esperienza bellica ed umana al tempo stesso; ma Umberto La Rocca ebbe anche la ventura di viverla compiendo il suo servizio di guerra in uno dei più particolari e tuttora semi-sconosciuti reparti che l Esercito italiano abbia mai organizzato. Ma per poter meglio inquadrare e raccontare questa esperienza è necessario fare un passo indietro sino al 1938 e cioè nel momento in cui, con l emanazione delle leggi razziali, Mussolini, che pure nei riguardi della Palestina era stato dubbioso se appoggiare gli arabi o gli ebrei alla ricerca del loro focolare, aveva esplicitamente scelto, con quell atto, il campo arabo; tutto ciò avrebbe dovuto immediatamente portare militari, diplomatici e servizi segreti italiani ad impostare le azioni più opportune per sfruttare le simpatie arabe e musulmane che ne erano derivate per l Italia e questo nella semplice considerazione che una guerra con la Francia e l Inghilterra diveniva, ogni giorno di più, una reale prospettiva. La Comunità Internazionale Fasc. 4/2011 pp EDITORIALE SCIENTIFICA SRL

2 544 LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE Ma non fu così; alla vigilia della guerra tutte queste potenzialità non erano state valorizzate, se non in minima parte; non solo non avevamo sfruttato le diffuse simpatie di cui godevamo nel mondo musulmano, che ci vedeva, assieme a tedeschi e giapponesi, come i possibili alleati nella guerra di liberazione dal giogo coloniale francese ed inglese, ma non avevamo neppure utilizzato l aiuto che ci poteva essere fornito da decine di migliaia di connazionali che formavano colonie numerose ed attive in Paesi di importanza strategica come erano l Egitto, la Tunisia e Malta. Fu per questa poca lungimiranza che ci trovammo a pianificare l invasione di Malta senza avere colà neanche un informatore, tanto che solo nel maggio del 1942 si pensò di infiltrarvi un giovane ufficiale della Milizia, Carmelo Borg Pisani, un maltese di sentimenti italiani, che venne però immediatamente catturato ed impiccato nel successivo novembre. Per non dire di Alessandria d Egitto, ove era radicata una fiorente colonia di qualche decina di migliaia di connazionali che gli inglesi non avevano potuto deportare in toto; ebbene, anche qui non avevamo pensato di costituire adeguati nuclei di informatori e basi di appoggio clandestine. Ed infatti quando, nel dicembre 1941, la base navale veniva violata da sei assaltatori della X^ Flottiglia Mas che riuscivano ad affondarvi due corazzate, ed una delle coppie era in grado di uscire dal porto salendo su un treno che avrebbe dovuto portarla verso il luogo ove era programmato il recupero, veniva scoperta all atto di pagare il biglietto con moneta locale ormai fuori corso, ricevuta all atto della partenza per la missione. Ma a Roma nessuno ancora sapeva di questo piccolo ma decisivo particolare! Fu solo alla fine del 1941 che il Ministero degli Esteri, il Servizio Informazioni Militari e lo Stato Maggiore cominciarono a prendere in considerazione l idea di valersi concretamente delle simpatie pro-asse e della presenza sul nostro territorio del Gran Mufti di Gerusalemme, fuggito dalla Palestina britannica, e di Rachid El Ghailani, ex capo del governo iracheno, che aveva dovuto abbandonare il suo Paese dopo il fallimento della rivolta contro gli inglesi. Dopo lunghe discussioni e soprattutto dopo aver verificato che i tedeschi stavano egualmente muovendosi, anche con più decisione, sullo stesso percorso, nel maggio 1942 veniva dato corso alla costituzione di tre Centri Militari denominati, rispettivamente A (Arabi), I (Indiani) e T (Tunisini). Il primo Centro era composto da volontari arabi del Nordafrica e 544

3 UNO STUDENTE NEL DESERTO 545 del Vicino e Medio Oriente, presenti in Italia per studio o per lavoro, e da italiani provenienti da quei Paesi perché vi avevano lavorato o perché da li originari ed in Italia per motivi di studio allo scoppio della guerra. Il secondo Centro era anche esso composto da italiani che avevano vissuto o lavorato in India, mentre la massa era costituita da prigionieri di guerra indiani catturati in Nordafrica e che si erano dichiarati disponibili a collaborare con le Forze Armate italiane per la liberazione della loro terra dagli inglesi. Il terzo Centro era invece unicamente composto da italiani provenienti dalla nostra numerosa e patriottica comunità presente in Tunisia da decine di anni. Si trattava, nel complesso, di un numero di volontari che, tra nazionali e stranieri, non raggiungeva il migliaio di persone e che, tuttavia, nell ottica del loro previsto impiego come guide, informatori e sabotatori, poteva comunque rappresentare, se ben utilizzato, un ottimo strumento militare e di propaganda di guerra. Quando, nel mese di agosto del 1942, la favorevole situazione militare in Africa Settentrionale sembrava preludere a positivi sviluppi dell offensiva italo-tedesca verso Alessandria d Egitto, veniva dato corso ad una riorganizzazione dei reparti riunendoli sotto un unica struttura di comando. Nasceva così il Raggruppamento Centri Militari, posto al comando di un ufficiale di Stato Maggiore, mentre i tre Centri assumevano le nuove denominazioni rispettivamente di: - Gruppo Formazioni A ; - Battaglione Azad Hindostan (India Libera): - Battaglione d Assalto T. Iniziava così un intenso ciclo addestrativo che portava i volontari a specializzarsi nell impiego di ogni tipo di armi ed esplosivi, alla guida dei vari automezzi, alla caccia ai carri armati, alle specializzazioni di radiotelegrafista, guida ed informatore. Un intero plotone di indiani veniva inviato alla Scuola Paracadutisti di Tarquinia nella previsione di essere aviolanciato nell Impero indiano con compiti informativi, di sabotaggio e per fomentarvi la rivolta anti-inglese; singoli elementi, nazionali ed arabi, venivano egualmente addestrati all impiego del paracadute e lanciati in zone occupate dagli inglesi e dai degaullisti, con compiti di spionaggio e sabotaggio, spesso con esiti fatali. E nel momento più favorevole per l Asse anche il Gran Mufti si preparava a partire per la Libia per dare diretto impulso alle azioni propagandistiche e di proselitismo verso le popolazioni egiziane. Ma proprio quando tutto sembra procedere nel modo migliore

4 546 LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE l offensiva delle unità italo-tedesche si arrestava ad El Alamein e la controffensiva inglese le costringeva alla ritirata mentre gli americani sbarcavano in Marocco ed Algeria convergendo sulla Tunisia, che veniva, a sua volta, occupata dagli italiani e dai tedeschi. Una tenaglia inarrestabile che, come vedremo, coinvolgerà in prima persona anche il giovanissimo Umberto La Rocca. A questo punto i compiti del Raggruppamento Centri Militari e delle unità dipendenti perdevano buona parte delle finalità iniziali e venivano radicalmente cambiati; la partenza del Gran Mufti era annullata e si arenava il sogno dell entrata trionfale in Alessandria; per il battaglione indiano si parlava di un impiego in linea come normale reparto di fanteria e così i suoi componenti si ammutinavano, con conseguente scioglimento dell unità e l immediato ritorno dei suoi componenti alla prigionia. Il Comando del Raggruppamento veniva inviato d urgenza in Tunisia con il compito di provvedere alla costituzione di un ulteriore reggimento di volontari da trarre dalla nostra locale comunità e contemporaneamente anche il Comando del Battaglione d Assalto T e due compagnie venivano gettati nella fornace della Tunisia dove finivano distrutti nel corso della durissima campagna. Nello stesso tempo raggiungevano la Libia anche due plotoni di specialisti guide-informatori tratti, rispettivamente, dal Battaglione d Assalto T e dal Gruppo Formazioni A ; il primo, al comando del tenente Di Bella, partecipava alle operazioni militari nel nord della Libia e si ritirava sino alla Tunisia, ove veniva totalmente distrutto. Il secondo, agli ordini del sottotenente Fabio Fabro, raggiungeva Tripoli, avendo in dotazione le modernissime camionette sahariane AS 42 e, dopo essersi riordinato a Bab El Azizia, veniva assegnato al Raggruppamento Sahariano del generale Mannerini ed iniziava subito le proprie delicate operazioni militari all interno della Libia spingendosi sino alle più remote oasi e nel Fezzan, sino ai confini con l allora Africa Equatoriale Francese. Di questo plotone faceva parte il sergente Umberto La Rocca. Nato nel 1920, originario di Porto Said, padre italiano e madre francese, il giovane La Rocca aveva frequentato le scuole medie e le superiori in Egitto e pertanto conosceva bene, oltre all italiano, anche l inglese, il francese e l arabo. Lo scoppio della guerra lo aveva sorpreso a Roma, dove era venuto a studiare e dove viveva con una sorella più piccola mentre il padre, 546

5 UNO STUDENTE NEL DESERTO 547 in quanto membro di una comunità con cui l Inghilterra era in guerra, era stato subito internato in un campo egiziano. Chiamato alle armi, proprio la sua origine e la conoscenza delle lingue avevano fatto sì che venisse prescelto, assieme ad altri ragazzi con la medesima provenienza, a far parte del Centro A e poi del Gruppo Formazioni A che avrebbe dovuto essere l avanguardia dell avanzata verso Alessandria, e in vista di questi obiettivi iniziava anche lui un intenso addestramento comprendente navigazione terrestre, topografia, guida, tiro con varie armi, tecniche di combattimento e di raccolta informativa. Non aveva avuto il tempo di frequentare il corso ufficiali, ma i suoi titoli di studio e la spiccata intelligenza avevano fatto sì che venisse subito nominato sergente e, come tale, diretto collaboratore del comandante del Plotone Esploratori, il sottotenente Fabro, un coetaneo triestino aperto ed esuberante e per questo molto amato dai dipendenti. Così, mentre il grosso del Gruppo Formazioni A restava a Roma, il plotone di Fabro e La Rocca era l unico in teatro bellico inquadrato nel citato Raggruppamento Sahariano, un reparto decisamente atipico per organico, composizione e compiti: unità cammellate, motorizzate, blindate e corazzate, artiglierie e mortai e, come componenti, militari sia nazionali che libici. Era, in qualche modo, la risposta alle scorrerie del Long Range Desert Group e delle unità della Francia Libera, che colpivano improvvisamente e con durezza i fianchi e le retrovie del dispositivo italo-germanico in ritirata. Era in questo tipo di guerra anomala che il sergente La Rocca ed il plotone di cui faceva parte erano stati catapultati; una guerra dove era necessario preparare e gestire con grande intelligenza e accuratezza le missioni, i mezzi utilizzati, le armi ed i materiali a disposizione. Si trattava infatti di muoversi in piccole unità in pieno deserto dove si poteva soccombere non solo per i colpi del nemico, ma anche nel caso le camionette avessero avuto un guasto meccanico o il navigatore avesse sbagliato rotta senza poter più raggiungere posti di rifornimento, presidi, oasi o pozze d acqua. Questi i pericoli che quegli uomini correvano ogni volta che si muovevano per esplorazioni, pattugliamenti, trasporto di informatori; il timore di una avaria del mezzo, di un campo minato non noto, di un colpo nemico, dell osservazione aerea avversaria, erano sempre presenti nella mente del tenente Fabro e del sergente La Rocca, che così li hanno rappresentati a chi scrive, aggiungendovi l apprensione che de-

6 548 LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE rivava dalla consapevolezza che dal loro operato e dalle loro scelte dipendeva anche la vita dei sottoposti. L azione del Raggruppamento Sahariano e del plotone guideinformatori, che ne era un po la punta di lancia, era in ogni caso molto efficace, considerate le circostanze di netta inferiorità tecnica e numerica rispetto al nemico; erano momenti di grande impegno e di particolare difficoltà, ma il Raggruppamento riusciva comunque a svolgere compiti difficilissimi rifornendo presidi isolati, svolgendo ricognizioni diurne e notturne, impegnando e rintuzzando azioni di pattuglie nemiche, come nel corso del violento scontro sostenuto con una colonna francese nella zona di Umm el Maraneb, ed effettuando puntate a Sebha, Murzuk e persino all interno dell odierno Ciad. Ma la conoscenza delle lingue del sergente La Rocca, in particolare dell arabo, ed i corsi effettuati nel contesto dell addestramento in Italia, ne facevano un ottimo gestore di personale libico, berbero e tunisino da impiegare come informatore; era una attività doppiamente pericolosa poiché, come il diretto protagonista ebbe a raccontarci nel corso di alcuni colloqui dedicati al suo periodo militare, bisognava misurarsi con potenziali doppiogiochisti, persone pronte a cambiare padrone per qualche soldo in più ed a farti cadere in trappola. A questo doveva aggiungersi il pericolo del deserto, attraversato per lunghi tratti di notte, in aree spesso sconosciute dove una mina, una buca o un imboscata potevano non solo far fallire l operazione, ma anche condurre alle estreme conseguenze l equipaggio ed i trasportati. Una attività da pianificare con molta precisione, cosa che il sergente La Rocca aveva dovuto fare parecchie volte, spesso avendo a fianco beduini dei quali non si fidava ed anzi temeva potessero rappresentare un potenziale pericolo tanto da muoversi, in queste circostanze, come ebbe a dirci, con una mano sempre pronta ad utilizzare una pistola con il colpo in canna. Muoversi nel deserto nel silenzio della notte era un ulteriore pericolo e le camionette sahariane AS 42, in dotazione al plotone, per quanto fossero un gioiello per tecnica e per armamento, erano tuttavia eccessivamente rumorose; per le operazioni di infiltrazione e di recupero di sabotatori ed informatori il tenente Fabro ed il sergente La Rocca preferivano quindi utilizzare le più piccole ma potenti, maneggevoli e silenziose Jeep che il reparto aveva catturato ad inglesi e francesi liberi nel corso di vari scontri. Ma gli eventi ormai volgevano sempre più a sfavore dell Asse ed 548

7 UNO STUDENTE NEL DESERTO 549 il Raggruppamento Sahariano, e con esso il plotone Fabro, veniva sempre più respinto verso la ridotta tunisina che, nonostante una drammatica resistenza di tedeschi ed italiani, si riduceva sempre di più. A Gabes il plotone effettuava un ultimo riordinamento mentre sulla linea del Mareth e sul Gebel tunisino avvenivano gli ultimi scontri e le più concitate azioni del piccolo reparto, con pattugliamenti e azioni di contenimento delle infiltrazioni nemiche, sempre più ricacciati verso il nord e senza più via di scampo; infine, poco prima della caduta di Tunisi, dopo aver distrutto le camionette ed i materiali pesanti in dotazione, gli uomini di Fabro riuscivano ad imbarcarsi su una delle ultime motozattere che lasciavano l Africa per la Sicilia. Fu un viaggio lento, lungo e rischioso, trascorso sempre sotto il costante pericolo dell offesa aerea alleata; ma, sia come sia, la piccola imbarcazione riusciva comunque a raggiungere le coste del trapanese e le poche decine di uomini erano i soli soldati del Raggruppamento Centri Militari a tornare in Patria; tutti gli altri erano caduti combattendo o erano stati catturati. Raggiunta infine la sede del Gruppo Formazioni A a Roma, nei primi giorni del maggio 1943 il tenente Fabro, il sergente La Rocca e gli altri soldati venivano inviati in licenza premio di quindici giorni (più il viaggio, specifica la burocrazia militare); ma al rientro le strade di Fabro e di La Rocca si dividevano: il primo tornava a far parte della Compagnia Camionette, comandata dal tenente Cordone, mentre il secondo veniva destinato alla Compagnia Complementi del tenente Civiletti. Era infatti in atto un riordinamento dei pochi reparti che, rimasti in Italia, erano sopravvissuti alla travagliata vita del Raggruppamento; non restavano infatti che due compagnie A ed una compagnia T che venivano riunite per costituire, ex novo, il Battaglione d Assalto Motorizzato, articolato su una compagnia camionette, due compagnie d assalto (una di italo-arabi ed una di italo-tunisini) ed una compagnia di complementi. Nell ambito di quest ultima era inquadrato anche il sergente La Rocca che, grazie alle esperienze acquisite sul campo di battaglia, era tra i più indicati ad addestrare gli uomini che presso la compagnia si preparavano prima di essere transitati alle unità operative. Mentre la Compagnia Complementi veniva accantonata nella zona di Centocelle, area particolarmente adeguata per le attività addestrative, il resto del battaglione veniva destinato a Monterotondo, dove

8 550 LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE aveva sede il cosiddetto Centro Marte, ovvero la sede di guerra dello Stato Maggiore, con il compito di provvedere alla sua difesa. Per il battaglione si trattava di compiti essenzialmente presidiari, se si eccettuano i giorni immediatamente seguenti la caduta di Mussolini, allorchè le camionette del battaglione venivano inviate a svolgere compiti di ordine pubblico attorno al carcere di Regina Coeli dove si segnalavano disordini. Si giungeva infine ai tragici giorni dell 8 settembre 1943, con la proclamazione dell armistizio e la fuga della Casa reale, dello Stato Maggiore e dei ministri a Brindisi; in quelle ore il battaglione era nuovamente mobilitato, con la compagnia camionette dislocata nei pressi della sede del Ministero della guerra, in via XX Settembre, e la 1^ compagnia d assalto a presidiare vari punti strategici della capitale, tra cui l EIAR. La 2^ compagnia d assalto (italo-tunisini) era invece rimasta a difesa della sede dello Stato Maggiore a Monterotondo, assieme ad altre unità e, alle prime luci del giorno 9 settembre, assisteva al lancio di centinaia di paracadutisti tedeschi con i quali ingaggiava un violento scontro; la compagnia subiva numerose perdite, finchè il suo comandante, rimasto senza ordini, non decideva di sganciarsi e di ripiegare verso Roma per riunirsi al comando del battaglione. Contemporaneamente anche la Compagnia Complementi, avviata a presidiare assieme ai granatieri il caposaldo delle Due Torri, sulla via Casilina, subiva gli attacchi dei tedeschi nei giorni 9 e 10 settembre, per ripiegare poi anch essa verso il comando di battaglione, dopo aver perso un paio dei propri mezzi. Nel frattempo il comandante del battaglione, maggiore Aldo Paradisi, rimasto senza ordini e senza più contatti con i superiori, si poneva, di iniziativa, agli ordini del generale Solinas, che, praticamente solo, stava disperatamente cercando di coordinare la difesa di Roma dai tedeschi. Il generale disponeva che le compagnie fucilieri e complementi prendessero posizione in varie zone della capitale e impiegava la compagnia camionette a Porta San Paolo in uno degli ultimi vani tentativi di fermare i tedeschi; gli italo-arabi si battevano con grande coraggio e subivano notevoli perdite in mezzi ed uomini, tra i quali lo stesso comandante di compagnia; anche il tenente Fabro combatteva in quella zona sino a quando la difesa cedeva ed essendo intervenuto il cessate il fuoco tra italiani e tedeschi, tutte le unità del battaglione si concentravano nella zona di Villa Borghese. 550

9 UNO STUDENTE NEL DESERTO 551 Il reparto aveva sofferto molte perdite ma era ancora compatto e con tutti i mezzi sopravvissuti alla battaglia regolarmente in carico; dopo qualche giorno, in ottemperanza alle disposizioni ricevute, il maggiore Paradisi scioglieva il reparto consegnando a ciascun uomo un regolare foglio di congedo ed una somma di denaro; finiva così la formazione forse più particolare che abbia fatto parte delle nostre forze armate. Ciascuno dei componenti prendeva la propria strada con una personale scelta emblematica di quei momenti così difficili: alcuni si arruolavano nell Esercito della RSI, altri passavano le linee e rientravano nel Regio Esercito, ma c è chi finiva nel Field Security Service inglese, mentre diversi erano cooptati dai Servizi tedeschi che li apprezzavano per la conoscenza delle lingue e la preparazione informativa; tragico il destino di coloro che venivano scoperti dal controspionaggio alleato e finivano fucilati come spie; come tragico era il destino di un altro degli uomini del battaglione, ucciso nella rappresaglia tedesca delle Fosse Ardeatine. Il reparto italo-arabo aveva così cessato la sua esistenza ma il comandante di una compagnia, d accordo con il maggiore Paradisi, non voleva far cadere nelle mani dei tedeschi le preziose camionette del reparto; così, assieme a varie decine di uomini, si metteva a disposizione del comando della Polizia dell Africa Italiana, incaricata del mantenimento dell ordine pubblico nella Città Aperta di Roma. La compagnia effettuava, nel periodo della occupazione tedesca, numerose operazioni di ordine pubblico e riusciva a rimanere compatta anche nel momento della ritirata germanica della città; anzi, una camionetta del reparto, mentre la sera del 4 giugno faceva la spola tra i tedeschi in ritirata e gli americani in fase di ingresso nella capitale, veniva intercettata da un loro carro nei pressi della sede della Banca d Italia, colpita e distrutta assieme al suo equipaggio. Ultimo tributo degli italo-arabi. Il sergente Umberto La Rocca, lo studente che aveva vissuto nel deserto africano un avventura indimenticabile, era rimasto a Roma, senza notizie della famiglia lasciata in Egitto, soprattutto del padre internato dai britannici, e con la piccola sorella da accudire; aveva dovuto decidere anche lui cosa fare; e aveva deciso di attendere l arrivo degli alleati e del Regio Esercito del sud, e quando questi erano arrivati si presentava al primo comando italiano ricostituitosi nella capitale. Fu naturale, per il nostro Esercito, valutare ed apprezzare immediatamente le qualità e le conoscenze linguistiche del giovane sergente

10 552 LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE talché veniva subito segnalato agli uffici del Servizio Informazioni Militari, che operava con gli alleati nella guerra di liberazione; il giovane sergente diveniva così, nonostante il grado, una importante figura nell ambito del SIM, ove rimaneva in organico sino alla fine della guerra. Giungeva finalmente la pace e per lui, come per tantissimi altri italiani, cominciava un nuovo cammino che lo avrebbe portato ai più elevati livelli della nostra diplomazia prima e delle nostre imprese successivamente, sino a concludere con il prestigioso incarico di Presidente della SIOI. Della avventura africana e della vicenda di un reparto tanto particolare non rimanevano che i ricordi, ravvivati in lui da chi scrive alcuni anni fa; sorpreso nel mentre gli si ricordavano nomi di commilitoni che avevano condiviso con lui quella storia e sorpreso anche del fatto che, oltre agli uomini, qualcosa fosse sopravvissuto di quel reparto: lo stendardo, che chi scrive aveva avuto in consegna da un ufficiale del reparto e che tuttora conserva. 552

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