FESTIVAL 2009 LIVE IN LECCE

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1 FESTIVAL 2009 LIVE IN LECCE Idee e voci dal Festival dell Energia 2009

2 INTRODUZIONE ALESSANDRO BEULCKE La seconda edizione di un festival è sempre una prova importante e delicata. Se la prima serve come test, per valutare l originalità e la capacità di coinvolgere, di catturare l interesse di un progetto, nella seconda cominciano a contare i numeri. Il Festival dell Energia. L energia spiegata ha superato brillantemente questa prova del fuoco: presenze, 130 ospiti, 60 eventi, 500 articoli di stampa, visite sul sito internet Non era semplice rendere conto della complessità dello scenario energetico attuale, che si parli di Italia o del pianeta, della molteplicità degli elementi in gioco, della varietà di atteggiamenti e posizioni, individuali e collettive, rispetto ad ogni singola questione. Si è cercato di farlo, senza tradire lo spirito con cui il Festival dell Energia è nato: confrontarsi apertamente in maniera laica, trasversale, e piacevole; divulgare una cultura dell energia accurata e accessibile, mettendo insieme esperti e appassionati, cittadini e ricercatori universitari, documentaristi e premi Nobel. Ci sono stati incontri importanti; si sono aperti dibattiti che chiedono di essere ulteriormente sviluppati; sono circolate proposte innovative e idee intelligenti; le discussioni si sono sviluppate in maniera anche accesa, a dimostrazione di quanto sia reale l interesse verso alcuni temi. C è stato a Lecce in quei giorni un gran dispiego di energia e noi, semplicemente, memori degli insegnamenti di alcuni relatori, lo abbiamo immagazzinato, in maniera efficiente, per restituirlo adesso e farla andare più lontano. A questo serve Festival dell Energia. Live in Lecce. Una pubblicazione che non può essere letta come gli atti di un convegno, perché prima di tutto vuole testimoniare la vivacità e la ricchezza di giornate vere e calde, vissute dialogando in mezzo alla gente di nucleare, biocarburanti, cambiamenti climatici, rinnovabili e green economy (tanto per fare qualche esempio). Le voci dei protagonisti risaltano nelle interviste, nei dialoghi che riportiamo, negli interventi dei talk show. Le sentiamo in maniera limpida e appassionata al tempo stesso; il pensiero è colto nel suo farsi, a contatto diretto con altri di segno opposto. Le pagine di Festival dell Energia. Live in Lecce sono costellate di interrogativi, ma anche di spunti, e di affascinanti e inattesi spiragli che si aprono su scenari futuri della scienza così come dell informazione, dell abitare, del muoversi. Scenari ancora tutti da indagare, magari nelle prossime edizioni: a partire da quella del 2010, già in cantiere. Alessandro Beulcke, Presidente Aris

3 01 DOCUMENTI

4 DOCUMENTI 9 UNA RIVOLUZIONE LUNGA UN DECENNIO GIULIANO ZUCCOLI Europa per emissioni di anidride carbonica per chilowattora prodotto. In terzo luogo, la liberalizzazione ha prodotto rilevanti effetti sul mercato dell energia elettrica, in cui si confrontano oggi operatori di diverse dimensioni, da una parte, e la compagine dei consumatori, dalle grandi industrie fino ai clienti domestici, dall altra. Introduzione di Giuliano Zuccoli, Presidente Assoelettrica, all inaugurazione del Festival dell Energia Giovedì 14 maggio 2009, ore Cinema Massimo Se, prima di indicare le linee lungo le quali muoverci, voltiamo lo sguardo indietro sul cammino fatto, ci accorgiamo che il decennio che va dal 1999 ad oggi può essere indicato come il decennio della lunga rivoluzione dell industria elettrica in Italia. Quello che l industria elettrica italiana ha attraversato dal 1999, quando è stato varato il cosiddetto Decreto Bersani, può essere definito come una vera rivoluzione. L ammontare degli investimenti realizzati nel settore della generazione nell ultimo decennio può essere stimata in oltre 24 miliardi di euro, 7 dei quali indirizzati verso lo sviluppo delle fonti rinnovabili. E oggi il nostro Paese dispone di una potenza aggiuntiva, altamente efficiente, di quasi 20 mila megawatt. Uno sforzo davvero enorme, che non trova alcun confronto di recente, né guardando all industria elettrica degli altri grandi Paesi europei (ove, semmai, si è assistito ad un sostanziale ristagno delle iniziative nel settore), né agli altri comparti del tessuto industriale italiano. Le conseguenze di questa rivoluzione sono state almeno tre. Giusto 10 anni fa si parlava ancora di GenCo (Generation Company). Si tratta del mutamento strutturale del mercato sul fronte della generazione di energia elettrica che ha portato il principale operatore a coprire una quota ormai inferiore a un terzo del totale. Oggi l ottanta per cento circa della produzione elettrica italiana è suddivisa tra sette operatori. Una realtà che non trova confronto in nessun paese europeo, con l unica eccezione del Regno Unito. La seconda conseguenza è stata una decisa crescita dell efficienza del parco di generazione. La gran parte degli investimenti nel comparto termoelettrico si sono concentrati sulla tecnologia del ciclo combinato a gas naturale. Questo per diversi motivi: la più rapida realizzazione degli impianti consentita dalle caratteristiche di tale tecnologia e la riduzione dei costi che l ha caratterizzata; la migliore accettabilità sociale di tali impianti che presentano emissioni meno rilevanti delle centrali tradizionali; i minori costi logistici connessi alla presenza di una capillare rete di gasdotti sul territorio nazionale. Oggi il parco termoelettrico italiano è il più performante su scala europea, se non mondiale, con livelli di efficienza in vari casi prossimi al 60 per cento e con una media complessiva ormai vicina al 50 per cento. E ciò (escludendo dal calcolo il nucleare) colloca il sistema di generazione termoelettrico del nostro Paese al primo posto in Le smagliature nella rete Se nell ambito della generazione il decennio che va concludendosi è stato quello dei grandi investimenti e della ristrutturazione, nel comparto della trasporto dell energia elettrica sono stati dieci anni di attesa. In particolare, l attuale situazione della rete di trasmissione consente di rispondere solo parzialmente alle mutate esigenze e alla diversa configurazione di mercato del settore. I nuovi impianti di generazione sono stati realizzati soprattutto al Nord e in alcune aree del Mezzogiorno, a fronte di un evoluzione della domanda di energia elettrica cresciuta soprattutto al Centro e in alcune aree del Sud. Da ciò è inevitabilmente conseguita una maggiore complessità nella gestione delle attività di dispacciamento dell energia elettrica e l emergere di congestioni e di strozzature che spesso impediscono l ottimizzazione dei flussi dell energia sulla rete. Questi ritardi sono pressoché totalmente da imputare alle difficoltà autorizzative e alle opposizioni locali che continuano a impedire o a dilazionare la realizzazione di nuove linee e il potenziamento, o semplicemente le varianti di quelle esistenti. Così come la costruzione di nuova capacità di generazione ha rappresentato il principale obiettivo del decennio trascorso, il rafforzamento della rete di trasmissione costituirà la priorità da affrontare e risolvere nell immediato futuro. Interventi significativi saranno necessari nei prossimi anni non solo sulla rete di trasmissione, ma anche su quelle di distribuzione, vale a dire sulle reti a media e bassa tensione. La crescita del contributo delle fonti rinnovabili e lo sviluppo della cosiddetta generazione distribuita impongono, infatti, il rafforzamento e l adozione di nuovi modelli di gestione. Queste reti dovranno trasformarsi da reti passive e unidirezionali, che gestiscono i flussi di energia da vettoriare dai luoghi di produzione ai punti di consumo, in reti attive e bidirezionali, in grado di ottimizzare i flussi della domanda e dell offerta nei molteplici nodi delle loro maglie. I principali operatori stanno già lavorando in tal senso, ma anche in questo caso è essenziale disporre di un norme certe e stabili, che consentano di programmare correttamente gli investimenti e di rimuovere gli eventuali ostacoli alla realizzazione delle nuove iniziative.

5 10 DOCUMENTI 11 L energia in equilibrio Si è dunque fatto molto nel recente passato, ma ancora un grande passo deve essere compiuto. Dopo aver soddisfatto la richiesta di sviluppare in misura quantitativamente adeguata e qualitativamente efficiente il sistema di generazione elettrica, le imprese del settore sono chiamate a guardare ancora più in là e a proiettarsi in una prospettiva temporale più ampia in cui ridisegnare il mix delle fonti primarie. Il mix che viene oggi utilizzato è ancora troppo squilibrato verso le fonti fossili. La scelta di investire, soprattutto nei cicli combinati a gas naturale, è stata necessaria, se non obbligata. Per il futuro si impongono rotte diverse. L industria elettrica italiana viene spesso accusata di praticare prezzi del chilowattora più elevati di quelli degli altri principali Paesi europei. E vero, ma solo in parte. I prezzi praticati ad alcune categorie di consumatori domestici e in qualche caso anche ai consumatori industriali sono in Italia inferiori alla media europea. Da decenni è, infatti, in vigore un sistema di sussidi, solo parzialmente modificato di recente, i cui costi si riversano su tutti gli altri consumatori. Mentre in Italia si utilizza per circa l 80 per cento combustibili fossili, in Francia, quasi l 80 per cento dell energia elettrica viene prodotta dal nucleare, in Germania nucleare e carbone di produzione nazionale valgono insieme più di due terzi della generazione elettrica e non molto diversa è la situazione della Spagna. La media europea vede oltre un quarto di nucleare, altrettanto carbone, poco meno del 30 per cento di gas naturale e olio, il resto sono rinnovabili. Affinché i consumatori italiani possano godere di prezzi dell energia elettrica analoghi a quelli in vigore in altri Paesi è dunque necessario modificare questo mix. All Italia serve un grande rilancio del nucleare e un più ampio ricorso al carbone con impianti efficienti e dotati dei più moderni dispositivi in grado di minimizzare le emissioni. È ben chiaro comunque che il nucleare non è un alternativa alle rinnovabili. Modificare in questa direzione il mix delle fonti primarie permetterà altresì di ridurre la vulnerabilità energetica del Paese, diversificando le aree geografiche di approvvigionamento. Il ricorso sempre più ampio al gas naturale ha comportato una crescita della dipendenza da pochi fornitori. La soluzione da questo punto di vista è ben nota: lo sviluppo di un parco di rigassificatori, che permetterebbe di alleggerire la dipendenza dalle condotte che uniscono l Italia e l Europa ai Paesi esportatori. L energia si rinnova Le politiche energetiche del futuro, intese non certo come anacronistici piani, ma come linee di indirizzo e come strumenti di accompagnamento ed incentivazione degli investimenti, dovranno inscriversi sempre più in futuro nel disegno tracciato a livello europeo. Il perimetro entro il quale muoversi è quello fissato dalla cosiddetta strategia Tutti lo ricordano: gli obiettivi al 2020 sono quelli di una riduzione del 20 per cento delle emissioni di anidride carbonica, di uno sviluppo delle fonti rinnovabili fino al 20 per cento dei consumi finali di energia, e un miglioramento dell efficienza energetica del 20 per cento. L Europa ci ha affidato l ambizioso obiettivo di uno sviluppo delle fonti rinnovabili dall attuale 6,5 per cento calcolato sui consumi finali complessivi, al 17 per cento. Per ottenere un simile risultato non ci si può certo limitare alle esortazioni generiche e confidare solo sul buon senso dei consumatori. Servono strumenti efficaci, capaci di orientare i comportamenti delle persone e indirizzare i nuovi investimenti in direzione di un minor consumo di energia primaria a parità di crescita economica e di condizioni di benessere. Ma è necessario agire subito, perché i risultati non verranno d incanto, ma solo dopo alcuni anni di intensa iniziativa. Analogamente, è necessaria la massima tempestività nel definire il quadro di azioni necessarie per sviluppare le fonti rinnovabili. Il nostro Paese, su questo fronte, a differenza di quanto comunemente si ritiene, non è affatto il fanalino di coda in Europa. Il contributo delle fonti rinnovabili alla copertura del fabbisogno elettrico ci colloca tra i primi quattro Paesi nell UE a 27. Certamente questo è in gran parte conseguenza del contributo derivante dall idroelettrico e dalla geotermia che i nostri padri ci hanno lasciato in eredità. Ma anche della significativa crescita dell eolico. Ciò detto, è altrettanto vero che non tutto lo sforzo per il raggiungimento dell obiettivo del 17 per cento al 2020 potrà essere assunto dal solo settore elettrico. Anche gli altri comparti indicati dalla direttiva europea, quello dei trasporti e della climatizzazione, dovranno fornire il loro contributo in misura più efficace e duratura. Il perseguimento dei nuovi obiettivi comunitari può divenire una grande opportunità di crescita qualora gli interventi a favore delle fonti rinnovabili saranno capaci di favorire la nascita e la crescita di nuove realtà produttive qualificate sul territorio italiano, in grado di sviluppare e, in prospettiva esportare, nuovi prodotti, tecnologie e know how. Per cogliere quest opportunità è ineludibile un accelerazione degli investimenti nella ricerca, in particolare nelle tecnologie ancora caratterizzate da significativi potenziali di sviluppo e da concrete possibilità di ricadute applicative positive. E questo il caso del foto-

6 12 DOCUMENTI 13 voltaico e del solare termodinamico, dell eolico off-shore, ma anche della geotermia a bassa entalpia e dei sistemi per consentire un più ampio utilizzo delle biomasse a fini energetici. Ma il tempo stringe. Entro il 30 giugno 2010 dovrà essere formalizzato e presentato a Bruxelles un piano integrato d azione, nel quale dovranno essere indicati gli obiettivi intermedi e gli strumenti per il loro conseguimento. Entro la fine di quest anno, dovranno essere comunicate alla Commissione Europea alcune importanti informazioni, tra cui l ammontare del ricorso ai trasferimenti di energia rinnovabile dall estero per garantire una corretta traiettoria di avvicinamento all obiettivo del Ciò implica la necessità di procedere senza ulteriori indugi, partendo dalla suddivisione a livello nazionale degli obiettivi tra i tre settori, per poi articolarli a livello regionale, come peraltro previsto dalla legge n.13/2009 che ha fissato al prossimo 27 maggio il termine per procedere all emanazione di questi primi provvedimenti. Ma appare necessario procedere con altrettanta celerità nella ridefinizione del piano per la riduzione delle emissioni di gas serra, valutando con maggior attenzione l opportunità rappresentata dalla considerevole riduzione di emissioni conseguibile con appropriati interventi nei Paesi di nuova industrializzazione, opportunità che con miope decisione l Europa continua a voler limitare. Se le emissioni di anidride carbonica di Cina, India, Brasile, Indonesia e dei tanti altri Paesi che si stanno affacciando sulla scena economica mondiale continueranno a crescere, tutti gli sforzi compiuti dall Europa saranno inutili. Occorre, dunque, incentivare gli investimenti in campo energetico delle imprese occidentali in quei Paesi, ma avendo la possibilità di beneficiarne grazie a un mercato dei diritti di emissione che dovrebbe assumere una configurazione non solo europea. Un mercato migliore Nei mesi scorsi si è accesa una polemica assai vivace a proposito del funzionamento del mercato elettrico, in particolare della borsa elettrica italiana, e dei prezzi da essa espressi. Con il decreto legge emanato a fine novembre, divenuto poi la legge n.2/2009, il Governo ha inteso modificare il sistema di formazione dei prezzi, con l obiettivo di arrivare nel medio termine, ad una loro riduzione. Le imprese del settore, da parte loro, hanno ripetutamente sottolineato come quelle modifiche avrebbero potuto determinare, ove non correttamente applicate, un peggioramento del funzionamento del mercato, anzi il rischio di un aumento dei prezzi finali. Successivamente, le Autorità di Governo hanno aperto un tavolo di confronto nel quale si è gradualmente addivenuti ad una composizione delle diverse esigenze in campo. L epilogo della questione potrebbe dunque risultare positivo per tutti, lasciando però alle sue spalle una piccola, ma incrollabile certezza: i prezzi non diminuiscono per legge. Per ridurre i prezzi finali dell energia elettrica occorre riequilibrare il mix di combustibili ed è necessario adeguare la rete di trasmissione. Allo stesso tempo, anche il Governo, gli Organi di regolazione, le Istituzioni locali dovranno fare la loro parte, evitando l emanazione di provvedimenti in contrasto con le logiche di un mercato liberalizzato e creando le condizioni affinché il gestore della rete di trasmissione possa rispettare la tabella di marcia che ogni anno deve darsi. Ma occorre anche ripensare in chiave più moderna, coerente ed attuale i meccanismi di tutela dei consumatori. La stessa denominazione oggi in uso di servizio di maggior tutela cela un equivoco e qualche nostalgia per un passato di tariffe fissate a prescindere dai costi reali e dalle regole di mercato. Maggiore tutela rispetto a che cosa? Al mercato? Ma non era il mercato, e la competizione che lo anima, la migliore garanzia per il consumatore? Un auspicio, per concludere: che si stimoli ulteriormente la competizione e che si creino le condizioni per cui tutti possano davvero beneficiarne. E che si abbandonino gli slogan e i luoghi comuni quando ci si riferisce al nostro settore, riconducendo le decisioni all interno di un progetto unitario di interesse nazionale, per tutto il Paese. LA PARTICELLA DI DIO MARIO GRECO Quella che abbiamo cominciato anni fa al Cern è un impresa gigantesca, un enorme progetto: un razzo sulla luna è una piccola cosa in confronto. È un progetto che coinvolge praticamente tutti i Paesi più avanzati, non solo l Europa, e i paesi fondatori del Centro, ma anche Russia, Giappone, Stati Uniti. La costruzione di questo grosso acceleratore avviene negli anni Novanta. LHC (large) si trova in una galleria di 27 km, che, a 100 m sotto il livello del terreno, passa sotto Ginevra, e corre sotto il monte Jura fino in Francia. Si tratta di una galleria composta di magneti superconduttori, cioè magneti che lavorano a una temperatura di circa 2 gradi kelvin, vale a dire a -271: di fatto questa galleria è il punto più freddo dell universo. Perfino il mondo astronomico, come noi lo conosciamo, ha una temperatura di fondo un po più alta. Questa temperatura viene ottenuta attraverso l utilizzo prima dell azoto liquido e poi dell elio liquido: ci è voluta una tecnologia molto Mario Greco è stato protagonista al Festival di un appuntamento dal titolo la particella di Dio in cui ha raccontato le ragioni e l importanza dell esperimento tentato al Cern nell inverno scorso. Sabato 16 maggio 2009, ore Officine Cantelmo

7 14 DOCUMENTI 15 particolare per realizzarlo e nella produzione di questa tecnologia l Italia si è particolarmente distinta. All interno di questo anello, di questa galleria, c è un vuoto spinto, un miliardo di volte più spinto di quella che è la normale atmosfera, e in questo vuoto, in questo lungo anello freddo, circolano dei fasci di protoni in un senso e altri nell altro senso. Trattandosi di particelle con una stessa carica, tenderebbero a girare nello stesso modo, per farli girare in senso opposto è necessario che ogni fascia di protoni non venga influenzato dal campo magnetico dell altro. Una struttura molto complicata dal punto di vista magnetico che ha richiesto un elaborazione tecnologica particolare. In questo modo, nel nostro anello, abbiamo dei protoni che girano vorticosamente (per intenderci la velocità è molto simile a quella della luce) e incontrano altri protoni. Ciascuna fascetta di protoni ha l energia che può avere una farfalla, ma è la densità, la concentrazione di energia in dimensioni subatomiche ad essere importante: la densità di energia che riproduciamo con questo esperimento riconduce a una densità simile a quella che era nei primi tempi della vita dell universo. Ecco perché si parla di piccolo Big Bang: si cerca di ricostruire in laboratorio la situazione di energia altamente densa che doveva esserci nei primi istanti di sviluppo dell universo. Quello che stiamo cercando sono risposte sull origine dell universo. Ecco perché questa macchina e questo esperimento sono così importanti. Questi protoni si incontrano in certi punti stabiliti a priori. In questi punti sono stati collocati apparecchi sperimentali che fotografano ciò che accade: in ogni scontro vengono prodotte un infinità di particelle. Sono tracce, segnali, milioni di segnali, che devono essere catalogati, capiti, in modo da ricostruire l evento. Perché tutto questo? Per capirlo dobbiamo fare un breve riassunto della storia della fisica delle particelle. Tutto questo capitolo della scienza si è sviluppato nel secolo scorso a partire dall elettromagnetismo, poi c è stata la meccanica quantistica, la relatività; negli anni Settanta si è fatta un grosso passo avanti nella formazione del cosiddetto modello standard, cioè nella definizione della nostra rappresentazione, attraverso le leggi fisiche, della realtà che conosciamo. Le leggi di cui parliamo sono l elettromagnetismo, le forze deboli, responsabili del funzionamento del sole, delle reazioni stellari, tutte le reazioni astronomiche, e le forze nucleari, quelle che tengono insieme i nuclei. Queste forze sono state capite negli anni e sono interpretata in termini di costituenti elementari che legano insieme per formare protoni, neutroni, l universo che noi vediamo. C è una quarta forza molta importante ed è la gravità, la forza che permette alle galassie di muoversi, di attrarsi, che permette alla terra di stare nel sistema solare ed è fondamentale per lo sviluppo dell universo. Questo che ho descritto è quello che chiamiamo modello standard. Attraverso questo modello, della cui validità abbiamo avuto innumerevoli riprove, abbiamo capito come la materia interagisce, come si lega insieme, quali sono le forze, ma non abbiamo risolto la questione della massa: come si forma la materia? Se le particelle non avessero la massa, potremmo fare una teoria assolutamente rigorosa per queste forze, ma si dà il caso che le particelle abbiano la massa: c è chi pesa più e chi meno. È proprio per spiegare l origine della massa che si è creato LHC. Il punto è che la nostra interpretazione delle leggi fondamentali si capisce soltanto se all origine dell universo, nel momento in cui la materia è stata creata, la materia non era ancora tale, erano solo particelle a massa zero, e interagendo in quello che i fisici chiamano il campo di ICS, un campo che è responsabile attraverso la sua interazione con le particelle di dare massa alle particelle stesse. L impronta che definisce la conferma definitiva di questo nostro modello è l esistenza di una particella di ICS, quella che viene chiamata anche la particella di Dio: noi speriamo, e riteniamo, che questa possa essere prodotta da LHC grazie a questo esperimento. Questo è il primo obiettivo. Poi c è un risvolto che riguarda cosa c è dopo. Il mondo che abbiamo finora capito è il tutto o no? In realtà no, ci sono un sacco di fenomeni che non conosciamo. Prima parlavo di materia. Dalle misure fatte in astrofisica, in anni recentissimi, si capisce che nella materia ordinaria è presente circa il 4% di tutto la costituzione dell universo. C è un 27% di materia così detta oscura che noi non vediamo perché non ne arrivano né segnali elettromagnetici né onde radio, né raggi x, né fotoni. Però sappiamo che le galassie spiralizzano secondo le leggi di Newton della gravità, come se nel centro della galassia ci fosse molta più materia di quanto noi riusciamo a vedere otticamente o via radio: vuol dire che esiste altra materia che chiamiamo quindi oscura. Questo è circa il 27% del bilancio energetico dell universo. Non è finita: c è ancora un 70% che chiamiamo energia oscura. Si tratta di una scoperta recente la cui identificazione non è chiara. Insomma, ci siamo arrabattati tanto, per anni e anni, per capire soltanto di che cosa è fatto il 4% dell universo!

8 16 DOCUMENTI 17 Il restante 96% è completamente oscuro, non ne conosciamo la composizione. LHC potrebbe dare delle risposte anche su questo. L esperimento inizierà a settembre ottobre e prenderà molti anni ha una doppia funzione: dare una conferma ultima, con la scoperta di questa particella ICS, a cui noi diamo la responsabilità di messaggero di responsabile della massa, alla teoria del modello standard. LHC da una parte ci confermerebbe cioè sulla validità scientifica delle teorie sull universo che abbiamo fin qui elaborato e dall altra potrebbe aprire uno squarcio su fenomeni che restano per ora ignoti. Ciascuno di questi esperimenti, quattro in totale, coinvolge persone da tutto il mondo: in tutto ci sono tra le e le 4000 persone che lavorano in questo ambito. Sono certamente esperimenti molto costosi. L Italia ha speso una cifra che sta nell ordine di grandezza del miliardo di euro. Vale la pena? Sì, assolutamente, non solo perché è importante in sé per lo sviluppo della ricerca, ma perché le ricadute dirette, il ritorno che l industria italiana ha realizzato da questa esperienza, attraverso l acquisizione di una expertees che ci viene unanimemente riconosciuta, è stato una volta e mezzo la cifra investita. E non dimentichiamo che quasi tutto è cominciato con dei fisici che giocavano in laboratorio. PETROLIO. SCOMMETTIAMO? CARLO STAGNARO Carlo Stagnaro ha partecipato al dibattito Petrolio: siamo al punto critico?. Domenica 17 maggio 2009, ore Chiostri Teatini Il fatto che alcune verità siano controintuitive non le rende meno vere. Una di queste verità è che nessuna risorsa si è mai esaurita durante tutta la storia umana, sebbene diverse risorse si siano trovate - in vari momenti o in vari luoghi - sotto forte pressione. Nonostante questo dato di fatto, spesso gli intellettuali si sono esercitati in previsioni apocalittiche. Della fine del petrolio, per esempio, si discute fin quasi dall avvento di questo combustibile sulla scena energetica mondiale. Eppure, da allora è stato consumato più greggio di quanto si stimava potesse esisterne, e il sottosuolo ne nasconde ancora a sufficienza per farci tirare avanti senza troppe preoccupazioni. Un dato che può ingannare - se non lo si comprende adeguatamente - è quello sulla via residua dell oro nero, che quasi tutti stimano sui quarant anni scarsi. Si tratta di un affermazione, contemporaneamente, vera e falsa. È vero che le riserve provate di petrolio sono sufficienti a garantire circa quattro decenni di autonomia, agli attuali tassi di consumo (quindi meno, visto che è probabile che la domanda annua futura sia superiore a quella di oggi). Ma è ugualmente vero che questa è l aspettativa di vita del petrolio da decenni: il tempo è passato, di petrolio ne abbiamo consumato di più, e ciò nonostante le riserve si sono sempre ricostituite. Come si spiega l apparente paradosso? Il fatto che è che il concetto di riserve provate è di natura economica, più che fisica: quando si dice che è provata l esistenza di un barile di greggio, si intende che quel barile è estraibile ai prezzi e con le tecnologie correnti. Prezzi e tecnologie, dunque, e non la disponibilità fisica, sono le variabili fondamentali. La tecnologia tende a migliorare col tempo e con la crescita economica - soprattutto in quei paesi che hanno saputo creare un ambiente imprenditoriale favorevole all innovazione. A parità di altri elementi, quindi, ci si può aspettare che sarà possibile sfruttare in modo sempre più efficace i giacimenti noti. A livello mondiale, mediamente solo il 35 per cento del greggio di cui si conosce l esistenza può essere munto dalla pancia del pianeta: questo valore è, però, il frutto di una media tra realtà molto diverse. In Nordamerica è prossimo al 50 per cento. Una differenza tanto vasta è spiegabile, oltre che con fattori morfologici e logistici, con la disponibilità di tecnologie più sofisticate e con una più precisa conoscenza del sottosuolo. Infatti, gran parte del territorio dei maggiori paesi produttori di petrolio, a partire da quelli mediorientali, è ancora scarsamente esplorato: non sappiamo come sia composto, ma è presumibile che nasconda altri tesori, e che dai tesori esistenti si possa spremere più di quanto crediamo. Non di sola tecnologia vive il petroliere, comunque. Il prezzo del barile, a dispetto delle innumerevoli variabili che lo influenzano (dalla speculazione ai vincoli politici), come ogni altro prezzo è un indice di scarsità. Un prezzo alto o crescente suggerisce che ci sia un eccesso di domanda, un prezzo basso o in calo è spia di un eccesso di offerta. Di conseguenza, quotazioni in salita indicano che il rapporto relativo tra richiesta e produzione si sta sbilanciando a favore della prima. Questo significa che c è bisogno di più petrolio (in realtà, del petrolio non interessa nulla a nessuno: ciò che interessa è qualcosa che possa farci raggiungere gli scopi per cui utilizziamo il petrolio, cioè essenzialmente muovere le automobili et similia). In un mercato libero (quale è grossomodo quello mondiale dell energia) ciò mette in moto nuovi incentivi, che spingono gli uni a cercare più petrolio, gli altri a indagare sulle possibili alternative che possano sostituirlo.

9 18 DOCUMENTI 19 RAPPORTO STERN PIPPO RANCI Pippo Ranci, in un incontro con Emilia Blanchetti, ha presentato il libro Clima: è vera emergenza, dell editore Brioschi. Si tratta del Rapporto Stern, celeberrimo documento di uno dei più importanti consulenti del Governo britannico, da oggi disponibile anche in Italia. Domenica 17 maggio 2009, ore Libreria Liberrima È anche grazie ai momenti di tensione sui prezzi petroliferi, se si è sviluppo l impiego di fonte diverse, come il gas naturale (che nasce nei paesi non Opec), il nucleare e le rinnovabili. È molto probabile, e almeno nel passato le cose sono sempre andate in questo modo, che questo processo riporti la situazione a un equilibrio, che normalmente è più favorevole ancora di quello di partenza. E se il petrolio non viene sostituito - e neppure questo è vero: a differenza che nel passato, oggi il greggio si è grandemente specializzato rispetto a usi specifici - è solo perché esso è sufficientemente abbondante da rendere non competitive le alternative esistenti. In questa prospettiva, si può dire che il petrolio non finirà, in senso economico: cioè, nel lungo termine, il suo prezzo probabilmente tenderà a diminuire, a dispetto delle oscillazioni, anche significative, di breve termine. Si accettano scommesse. PS: Nel 1980, l economista Julian Simon fece con un gruppo di catastrofisti, guidati dal biologo Paul Ehrlich, una scommessa su un paniere di cinque metalli (scelti da Ehrlich e soci): se al termine di un orizzonte temporale di dieci anni (scelto da Ehrlich e soci) il prezzo reale del paniere si fosse ridotto, indicando una minore scarsità, avrebbe vinto Simon, e viceversa. Ehrlich accettò la scommessa dicendo che il fascino dei soldi facili è irresistibile. Al termine del decennio, non solo il valore del paniere si era ridotto, ma lo aveva fatto ciascuno dei cinque metalli considerati. Ehrlich attribuì la sconfitta alla sfortuna, e Simon offrì di ripetere la scommessa. Ehrlich, però, non accettò. La domanda che ormai (finalmente) molti si pongono è se vi sia veramente un problema di riscaldamento globale. Siamo bombardati da evidenze e ragionamenti contrastanti, turbati da affermazioni apodittiche di segno opposto. Stern chiarisce due punti essenziali. Primo, ci sono evidenze contrarie locali e oscillazioni di breve periodo attorno al trend, ma se si guarda alla temperatura media terrestre e alla tendenza, allora la prospettiva del riscaldamento è ormai chiara. Secondo e un poco più difficile per l osservatore frettoloso: l aumento della temperatura deriva dall accumulo di gas di serra nell atmosfera; l accumulo è come il livello dell acqua nella vasca da bagno e dipende da un flusso di emissioni che rimane superiore al flusso degli assorbimenti per un periodo di tempo; durante tutto questo tempo l avvertimento che probabilmente l acqua esonderà dalla vasca è contraddetta dall evidenza; modificare il flusso delle emissioni e degli assorbimenti richiede tempo e quindi quando l esondazione sarà evidente sarà drammaticamente tardi per farci qualcosa. L editore Brioschi ha pubblicato simultaneamente due libri sul riscaldamento globale: Stern che avverte del pericolo e indica la via delle misure preventive, Lawson che espone le ragioni dei negazionisti. È utile confrontarli. Lawson esprime efficacemente la constatazione che l acqua non sta uscendo dalla vasca e la posizione politica di chi teme l attivismo statale: lasciateci lavorare in pace e se ci sarà un problema ci penseremo. La teoria dello stato minimo diventa una teoria del cittadino miope. Lawson avanza una proposta: invece che sforzarci di prevenire il riscaldamento globale si può anche lasciare che accada e poi adattarci a vivere con esso. La prospettiva dell adattamento non è accettabile, dice Stern, come giustificazione per non far nulla oggi: il danno sarà tragicamente concentrato nelle aree più povere del mondo e l adattamento sarà facile per i paesi ricchi, quindi la strategia è seducente quanto irresponsabile. Ma anche per l adattamento vale l effetto del tempo: quando ne vedremo la necessità sarà tardi per intervenire efficacemente. Occorrono enormi investimenti al fine di contrastare la mancanza di acqua per milioni di esseri umani e probabilmente spostare intere popolazioni. Stern dice: costa meno prevenire. Ma è probabile che le politiche di prevenzione avranno un effetto solo parziale, per la loro timidezza e il loro ritardo. Quindi l adattamento sarà in qualche misura necessario. E anch esso richiede che ci si pensi oggi. TRA VENTI ANNI? UN ENERGIA DI BUON SENSO EMILIA BLANCHETTI Difficile trarre un messaggio finale, difficile fare i conti con passioni, visioni, numeri e prospettive emersi dalla quattro giorni leccese. Centinaia di relatori, decine di incontri e di eventi, sperimentazioni e progetti innovativi per provare a spiegare l energia, e a tracciare un quadro di quelle che potrebbero essere le strade verso il futuro. Difficile soprattutto conciliare un solido senso della realtà con i desideri e le aspettative per il domani. Difficile mettere insieme etica e tecnica, scienza ed economia, democrazia e mercato. Il Festival di Lecce si chiude lasciando aperti grandi interrogativi. Emilia Blanchetti, direttore editoriale di energiaspiegata.it, propone alcune riflessioni a chiusura della manifestazione.

10 20 DOCUMENTI 21 D altra parte dovrebbe essere questo lo scopo di un Festival. Non sarebbe utile, e neppure sano, pensare di risolvere le questioni energetiche con qualche dibattito. Ma è sicuramente utilissimo mettere insieme imprese e istituzioni, associazioni e cittadini, scienziati e divulgatori per provare a trovare dei punti da cui ripartire. Forse il messaggio più forte è proprio questo: trovare il coraggio di mettere in discussione le certezze assolute. Quello che appare chiaro è che la risposta al fabbisogno crescente di energia non passa da una sola strada. E che sarebbe suicida investire in una sola direzione. L aspettativa per il futuro è una distribuzione più equa dell energia, a costi più bassi e accessibili a un numero molto più elevato di persone, con maggiore sicurezza nell approvvigionamento e con un impatto ambientale molto più contenuto. Sembrerà ovvio, ma forse vale la pena di sottolineare che nessuno al mondo, se non probabilmente qualche folle, si sogna di desiderare una maggiore concentrazione delle risorse energetiche nelle mani di pochi, costi proibitivi di produzione, conflitti geopolitici e devastazione dell ambiente. Così come nessuno vuole davvero tornare ai cavalli e alle candele, poiché, al di là dell idea romantica di un ritorno ad una vita più lenta e più in sintonia con i ritmi naturali, nessuno vuole davvero tornare a un mondo fatto di fatica, di sporcizia, di isolamento e di oscurità. Più energia, maggiore sicurezza, minori costi, minore impatto ambientale. Questi sono i punti cardine verso i quali converge, senza dubbio alcuno, il pensiero di esperti e cittadini, condiviso da politica e mercato. A volte l ovvio è talmente ovvio che diventa pieno di senso. Di buonsenso. La parola che spesso manca. La parola che ci fa sentire troppo concilianti, troppo pronti al compromesso, troppo deboli. Troppo banali. Ecco, questa parola riassume invece perfettamente la capacità di ascoltare le argomentazioni degli altri nella ricerca di un punto di convergenza - anche attorno a temi di particolare complessità - raggiungibile solamente con la ragione e la pacata discussione. In questo senso il Festival dell Energia di Lecce potrebbe diventare il festival del buonsenso. Il festival della ragione. Magari integrando quelle manifestazioni e quelle iniziative che invece di animare e arricchire il dibattito complessivo preferiscono organizzare contromanifestazioni per la controinformazione. Un po troppi contro, no? Rischia di diventare un controsenso! Sul senso comune di quali debbano essere gli obiettivi a medio e lungo termine, di fatto, non c è realmente dibattito. Il dibattito, la discussione e a volte anche la disputa accesa nascono invece sul come. Come arrivare a questi obiettivi? Basta scorrere i numerosissimi post e le interviste che abbiamo pubblicato su energiaspiegata.it per rendersi conto di quanto ampia e quanto ricca e quanto trasversale sia stata la discussione, senza escludere nessuno. Si è parlato di clima e di ambiente, si è parlato di economia e di investimenti in ricerca e in compensazioni, si è parlato di generazione distribuita, di micro generazione, di reti intelligenti, si è parlato di fonti, di tutte le fonti, dal nucleare alle fonti fossili, dall idrogeno alle fonti rinnovabili, passando in rassegna casa, auto, industria, agricoltura, società civile e discutendo di abitudini e di benessere, di diritto e di lavoro, di informazione e di scienza, di filosofia e di etica, di innovazione e di impresa, di capitale e di economia, di popoli e di culture, di geopolitica e di democrazia, di solidarietà e di intelligenza. La sintesi più felice di tutto questo ragionare potrebbe essere questa: bisogna smetterla di valorizzare l ideologia, occorre iniziare a valorizzare la conoscenza. Che cosa vuol dire? Vuol dire che continuare a contrapporre tecnologie e fonti per produrre energia, come alternative univoche, suona falso e soprattutto è improduttivo. Pone le persone nella condizione di scegliere se stare da una parte o dall altra. Ma questa non è una contesa ideologica. Con buona pace dei pauperisti demagoghi portatori di visioni apocalittiche e di superficiali previsioni centrate sulla decrescita, il mondo continuerà a crescere e a svilupparsi (salvo catastrofi imprevedibili), e per sostenere questa crescita non basterà andare un po di più in bicicletta e spegnere la luce cinque minuti al giorno, occorreranno interventi più vasti, globali, che tengano conto non solo del nostro orticello, ma di tutti i paesi del mondo. D altro canto, con buona pace di chi invece crede che le risorse siano inesauribili, e che in un modo o nell altro l economia e l ecosistema troveranno magicamente un naturale adattamento allo sfruttamento forsennato del pianeta Terra, non basterà lavarsi la coscienza con qualche investimento sostenibile per giustificare il prevalere del profitto sul progresso, occorrerà invece convincersi che il sistema capitalistico occidentale ha mostrato tutte le sue crepe, e che è giunto il momento della trasformazione. Le fonti e le tecnologie oggi disponibili per produrre energia sono tutte destinate a essere utilizzate nei prossimi vent anni. In misura diversa. Con una concentrazione diversa. Con prospettive diverse. Alcune sono destinate a scomparire, altre sono destinate a svilupparsi e a diffondersi. Con un impiego diverso a seconda dei paesi e dei popoli, a seconda della loro storia, del loro tessuto sociale, della loro possibilità di investire in ricerca e innovazione, della loro ricchezza naturale e del loro PIL.

11 22 DOCUMENTI 23 In alcune zone del mondo ha senso parlare di energia nucleare, in altre no. Per alcune economie è possibile oggi investire pesantemente nello sviluppo delle fonti rinnovabili, sostenendone con grande impegno l impiego e l evoluzione, per altre non ancora. Per alcuni popoli è doveroso parlare di riduzione dei consumi e di efficienza energetica. Per altri un po meno. Per un certo periodo di tempo sarà necessario continuare a fare ricorso alle fonti fossili. Ma non in eterno. Tutti siamo chiamati a contribuire alla salvaguardia del pianeta. Non tutti nella stessa misura. Non tutti con le stesse misure. E tenendo conto di questo, di queste ovvie e indiscutibili differenze, va costruito il consenso. Perché se pure è vero che i grandi passi in avanti si fanno con le rivoluzioni, e che le rivoluzioni, intese come grandi trasformazioni e profondi rinnovamenti, si fanno attraverso la radicalizzazione del pensiero e delle ideologie, da questa radicalizzazione occorre poi trovare un punto di equilibrio. Le estremizzazioni hanno il pregio di scuotere le coscienze e di definire i confini del dibattito. Ma poi occorre trovare un senso comune. Un centro condiviso. E, in materia energetica, le decisioni non possono essere rimesse in discussione troppo rapidamente. Gli esiti del cambiamento vanno misurati su periodi medio lunghi. Garantendo la possibilità di comprenderne appieno gli effetti. Diffondendo conoscenza appunto, e non propagandando ideologie e tecnologie.

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13 26 DIALOGHI E INTERVISTE 27 L AMBIENTALISTA PENTITO MYRTA MERLINO INCONTRA CHICCO TESTA Myrta Merlino, giornalista RAI Chicco Testa, Managing Director Rotschild Siamo qui per parlare di energia e ambientalismo. Ne parliamo con Chicco Testa, che nel mondo dell energia ha passato la vita intera: è stato ecologista, fondatore e presidente di Legambiente, all epoca delle barricate contro il nucleare, ma poi presidente della SEA, infine è passato all Enel. Oggi è autore di un pamphlet che ha gettato benzina sul dibattito del ritorno al nuclare: Tornare al nucleare. Il suo percorso lo ha visto diventare alfiere del nucleare partendo da posizioni assolutamente opposte, ma in questo non vede una contraddizione. Ci spieghi, Chicco, perché ritieni che la scelta del nucleare possa essere una scelta ambientalista? Il mio libro è uscito all inizio di aprile dell anno scorso, in coincidenza con il rilancio della tematica nucleare da parte di molti politici, ma considerando il tempo necessario alla scrittura e alla realizzazione di un libro, ho precorso i tempi. La domanda che mi poni è importante. Mi si vede come un ambientalista pentito perché sostengo che l energia nucleare sia utile. Ma in questo non c è contraddizione. Forse sono un antinuclearista pentito, ma non un ambientalista pentito: ritengo jnfatti che il nucleare possa e debba dare una mano alle politiche di difesa dell ambiente a cui tutti teniamo moltissimo. Questo ragionamento si fonda su un dato di fatto molto semplice. Con cosa si fa l energia nel mondo? Con cosa si fa l energia in Italia? Sto parlando dell energia elettrica, che è una quota minoritaria di quella che consumiamo, e che è destinata a crescere sia in termini assoluti sia in termini percentuali. Questa energia elettrica oggi si fa con i combustibili fossili: carbone, prima di tutto, poi metano, e infine olio combustibile. Se sommiamo queste tre voci, nel panorama mondiale, superiamo largamente il 60%: in alcuni paesi come gli Stati Uniti e la Cina, il carbone rappresenta più del 50%. Ma anche nei paesi europei i combustibili fossili restano ancora i più diffusi. In Italia, tra metano e gli altri combustibili fossili, superiamo l 80%. Se partiamo da questo dato di realtà, il problema per chi si occupa di ambiente, per chi ha a cuore la tutela ambientale, è ridurre il peso dei combustibili fossili, responsabili sia dell inquinamento dell aria (l OMS valuta che siano dovuti all inquinamento da combustibili fossili un milione di morti), sia dell effetto serra. Anche perché, se guardiamo i dati dell ultimo rapporto dell Agenzia Internazionale dell Energia, ci rendiamo conto che, al contrario di quello che pensiamo noi in Italia, il carbone è il combustibile il cui utilizzo si è diffuso di più negli ultimi anni. Il tasso di crescita è molto alto: se guardiamo con quali combustibili sono alimentati gli impianti attualmente in costruzione nel mondo, vediamo che ancora una volta quelli a carbone sono quelli dominanti. La Cina inaugura una nuova centrale a carbone ogni settimana; ogni anno installa una quantità di centrali pari a quelle che l Italia ha costruito in 120 anni di storia elettrica, per un volume complessivo di 70/80 mila Mw. Senza andare fino in Cina, lo sappiamo con cosa si alimenteranno proprio qui da noi, in Italia, i futuri impianti, intendo quelli di dimensioni rilevanti, che si apriranno nel prossimo periodo per la produzione di energia elettrica? Con il carbone. Le due centrali previste da Enel, a Civitavecchia e a Porto Tolle, sono a carbone. La mia domanda, da ambientalista convinto, è: con cosa vogliamo combatterla questa battaglia contro l inquinamento? Il nucleare è quindi più pulito e meno rischioso di quanto noi pensiamo e di quanto sentiamo dire dai mass media. Nel tuo libro tu ricorri a un paradosso: tra una centrale nucleare e un giro in motorino nelle nostre città è certamente più pericoloso il motorino. Eppure, nella letteratura scientifica sul tema abbondano gli scienziati e gli esperti che continuano a dire che il nucleare sicuro non esiste. Uno fra tutti: Rubbia. Arrivare ad avere una produzione di nucleare pari al 20% potrebbe rappresentante un grande risultato dal punto di vista del nostro mix energetico, però questa paura, che resta sotto traccia, non ci fa dormire sonni tranquilli. Intanto, credo che convenga mettere a fuoco bene il problema che abbiamo di fronte a noi: garantire energia elettrica in quantità importante e contemporaneamente rispettare le priorità ambientali. In questo senso, io non credo che il nucleare sia la soluzione del problema, perché non credo che vi sia una sola soluzione a questo problema. Penso che la soluzione debba derivare da un insieme di soluzioni in cui al primo posto, oggi come oggi, sta l efficienza energetica: quello è oggi il serbatoio cui possiamo attingere di più e più rapidamente. Paradossalmente, oggi, il modo migliore per fare più energia è risparmiarla. Non posso fare a meno di citare Leonardo Maugeri che in uno dei suoi ultimi libri dice che se le automobili americane consumassero quanto le automobili europee - e si badi che non stiamo parlando di un paese del terzo mondo, ma dell Europa - ebbene, risparmieremmo una quantità equivalente alla produzione petrolifera dell Iraq. Per intenderci, l Iraq è il terzo produttore al mondo di petrolio. C è un piccolo problema. In Italia ci sono 30 milioni di automobili, per 70 milioni di abitanti. Quante automobili ci sono in Cina, oggi? Myrta Merlino Chicco Testa

14 28 DIALOGHI E INTERVISTE 29 Quanti abitanti ha la Cina? Cosa accadrebbe se applicassimo le stesse proporzioni? Accadrebbe che ci troveremmo con 750 milioni di automobili in più, cioè una quantità superiore all ammontare delle automobili oggi in circolazione nel mondo. È legittimo aspettarsi che in Cina il numero di auto in circolazione aumenti. Certo, possono esserci soluzioni come la macchina che sta facendo la Tata in India, che consuma e costa pochissimo: ma quella è una macchina aggiuntiva, non sostitutiva. Vediamo che la questione efficienza e risparmio è fondamentale. Tornando al tema della sicurezza. Le paure ci sono e devono essere rispettate. L origine delle paure e la paura del nucleare sono due cose diverse. Lasciare andare un figlio in motorino è molto pericoloso, lo sa ogni genitore, però lo facciamo, scegliamo di correre il rischio. Gli psicologi chiamano questo atteggiamento illusione del controllo. È una condizione tale per cui se prendiamo l aereo e ci dicono che la mortalità per passeggero è molto più bassa in aereo che su un automobile, ci viene l ansia; se ci mettiamo a guidare la nostra macchina in autostrada, pur sapendo che muoiono persone ogni anno per incidenti automobilistici, l ansia non la sentiamo. Per darti un numero, la guerra in Iraq ha fatto meno di morti. È una statistica un po demagogica, ma mi serve per far capire di cosa stiamo parlando. Sappiamo che il rischio zero non esiste. L unico modo per valutare il rischio reale è quello di compararlo. Quello che noi dobbiamo domandarci è: tra le varie possibilità, qual è la meno rischiosa? Tra le diverse fonti di energia che utilizziamo, il nucleare è quello che ha prodotto meno incidenti e che ha avuto, e ha, meno ricadute ambientali. Negli ultimi sette, otto mesi, ci sono stati 3 incidenti in Italia, con almeno 3, 4 morti ciascuno, dovuti a fughe di gas. Qual è stato l incidente energetico più grande che c è stato nel nostro Paese? Il Vajont. La realizzazione di un impianto idroelettrico che avrebbe prodotto energia pulitissima ha portato alla morte di circa persone. In Cina, nella costruzione di una diga sono morte persone in un colpo. Se pensiamo alle morti legate al ciclo completo del carbone, dal lavoro in miniera, alle conseguenze dell inquinamento, vengono fuori dei numeri spaventosi. Perché gli ambientalisti non si preoccupano di questo? Il Presidente Vendola ha dichiarato che se si vuol fare il nucleare in Puglia, dovranno venire con i carri armati, perché non vuole le masserie che si illuminano per la radioattività. Con tutta l amicizia che ho per Nichi Vendola, queste sono cose senza senso. Basta del resto guardare una cartina dell Europa; a parte noi, la Grecia e l Austria, tutti gli altri Paesi producono una quota significativa di energia con il nucleare. Possibile che siano sempre gli altri a sbagliare? Sullo sviluppo del nucleare ha pesato tragicamente, in maniera evidente in Italia, ma certamente anche in altri Paesi, l incidente avvenuto nel 1986 nella centrale di Cernobyl. Quanto pesò e quanto pesa ancora oggi quel disastro? Sulle valutazioni delle conseguenze di Cernobyl preferisco non addentrarmi. Se qualcuno è interessato, può leggere in rete i materiali del sito Cernobyl Forum, che raccoglie anche i dati dell OMS in merito. I numeri sono importanti, certamente, ma sono distanti da quelli di cui si parla spesso sui giornali. Secondo l OMS sono qualche migliaio le persone che potrebbe morire per le conseguenze dell incidente, per la radioattività di Chernobyl. Quello che vorrei sottolineare, invece, è che quello avvenuto a Chernobyl è stato un incidente che potremmo definire di stampo sovietico, che Chernobyl era una centrale costruita con dei criteri secondo i quali in Italia non lascerebbero neanche aprire un cantiere: la famosa cupola di contenimento, che si vede in ogni sito, lì non c era. In secondo luogo, l incidente avvenne per un errore umano: alcuni scienziati stavano conducendo un esperimento dentro la centrale, ma il reattore è sfuggito al loro controllo. Ecco, oggi cose del genere non sono più possibili, perché le centrali sono costruite con criteri opposti, puntando a ridurre praticamente a zero l apporto umano e quindi la possibilità di un errore. Se parliamo di Paesi occidentali, di incidenti del genere non ce ne sono mai stati. Anzi, io direi che ci sono stati casi di successo, casi cioè in cui il pericolo è stato evitato proprio perché i meccanismi di controllo hanno funzionato, attivando i meccanismi di blocco della centrale. Si dice che il nucleare in Italia non va bene perché è un paese sismico, ma le più grandi centrali nucleari del mondo sono in Giappone, di cui tutti conosciamo la vulnerabilità sismica. Ciò significa che esiste una tecnologia adeguata. Tutte le fonti energetiche comportano rischi e problemi, anche quelle rinnovabili: si tratta di misurare in maniera razionale il rapporto tra costi e benefici di ogni specifica fonte. Ci sono altre due obiezioni di merito che di solito si muovono al nucleare. Una riguarda gli investimenti necessari, altissimi, l altra riguarda i tempi. Scegliere il nucleare oggi, produrrà i suoi eventuali effetti positivi solo tra 15 anni, se non di più. Si tratterebbe quindi di fare una scelta finanziariamente impegnativa che non ci libera di fatto a breve termine dal problema della dipendenza energetica. Cosa rispondi? Rispondo che se non cominciamo, non ci arriveremo mai. I tempi poi dipendono da fattori molteplici: in alcuni paesi, come il Giappone, una centrale nucleare si costruisce in 40 mesi. L Italia è il Paese che sap- Myrta Merlino Chicco Testa Myrta Merlino Chicco Testa

15 30 DIALOGHI E INTERVISTE 31 Myrta Merlino Chicco Testa piamo: ci metteremo un sacco di tempo, se cominceranno le proteste, i ricorsi al TAR Questo è un problema tipicamente italiano, che ha avuto il suo peso anche nella questione dei rifiuti a Napoli, ma non è un problema dell energia nucleare. In Francia, come in ogni paese serio, hanno deciso, hanno costruito le centrali e ne hanno i vantaggi che sappiamo, tra cui il fatto che rivendono all estero, a noi, l energia in più che riescono in questo modo a produrre. Rimettere in moto una tecnologia sicuramente complessa, importante, come quella nucleare, facendo le cose in un tempo relativamente rapido, sarebbe una grande prova di civiltà e di maturità per questo paese. Siamo un popolo straordinario, perché andiamo in Francia e diciamo con entusiasmo: Ho preso il treno da Parigi a Londra, ero a Londra in un ora e mezza; tornando a Parigi, ho visto che ci sono le centrali nucleari nella Valle della Loira, tra i castelli, poi sono andato al Louvre, sono arrivato con il pullman perché proprio sotto il Louvre c è un parcheggio gigantesco. Quando rientriamo in Italia, scopriamo che i parcheggi sotterranei non li vogliono, tunnel, ponti, alta velocità neppure, centrali nucleari non ne parliamo Andiamo all estero e torniamo stupiti: Ho visto ponti di chilometri e chilometri che collegano la Danimarca alla Lituania Ma come faranno? Come volete che facciano? Sono paesi seri: decidono e fanno. Lasciamo da parte un attimo il nucleare, prendiamo l efficienza energetica. Facciamo un esempio semplice: sappiamo che si può cambiare una lampadina vecchia con una a basso consumo risparmiando fino a un quinto per la stessa quantità di luce. Quante lampadine ci saranno in Italia? Non ne ho idea, ma proviamo a fare un calcolo. Diciamo che ci sono 30 milioni di famiglie, e mettiamo che ciascuna di queste abbia in uso 10 lampadine, fanno 300 milioni di lampadine. Poi ci sono quelle degli edifici pubblici, degli uffici, degli aeroporti, degli ospedali, delle scuole, delle industrie Quanto ci vorrà per sostituire più o meno un miliardo di lampadine? Riusciamo a farlo in 6 mesi? Io dico che ci mettiamo 20 anni. E questo perché? Perché ci vuole comunque uno sforzo temporale, di convincimento. Lo stesso discorso si può fare se immaginiamo di rinnovare il parco automobilistico italiano con auto che consumino meno; ci vogliono 10 o 15 anni. Quindi perché un arco temporale di questo tipo deve essere visto come un freno per il nucleare? Si comincia a parlare di energy devide. Chi oggi può permettersi di fare investimenti, potrà in futuro consumare meno energia; agli investimenti costosi di oggi, corrisponderà domani una diversa libertà. Come ho detto, ritengo che la strada dell efficienza energetica, o del risparmio energetico, come viene chiamato volgarmente, sia la strada principale: è la strada dell innovazione tecnologica, che ci porta verso motori che consumano meno, case che consumano meno perché sono coibentate e così via. Ma anche questo è uno sforzo gigantesco. Ci vogliono 15 anni per fare una centrale nucleare, ma ce ne vogliono altrettanti per fare tutte queste cose; certo che se ne ha un grande vantaggio, però attenzione, stiamo parlando di consumi procapite nostri Un cittadino americano consuma 10 volte quello che consuma un cittadino cinese: gli ordini di grandezza sono fondamentali. Dobbiamo tenere presente come è fatto il mondo e come funziona, perché l energia e l ambiente sono questioni globali. Ci sono 2 miliardi di persone nel mondo che non hanno elettricità e che la vogliono. Alla fine il bilanciamento è complicato. Torniamo alla questione mix. In Italia, in realtà, è un eufemismo, visto che comunque per l 81% il nostro mix è composto da fonti non rinnovabili. L energia che consumiamo viene solo per lo 0,1% dal solare, per il 2% dall eolico e per il 2,2 % biomasse e rifiuti: quisquiglie, di fatto. Come spieghi questa situazione? Qui si entra in discorsi tecnici: cerco di affrontarli nel modo più chiaro possibile. Innanzitutto, una centrale a carbone viene costruita necessariamente pensando a potenze molto grosse, Mw circa; una centrale di questo tipo lavora tutto l anno, per un numero di ore importante. Se prendiamo questa potenza e la moltiplichiamo per le ore di funzionamento, abbiamo il totale dell energia prodotta dalla centrale. Per le rinnovabili vale il discorso inverso: parchi eolici e fotovoltaici hanno dimensioni e potenze molto più piccole, così come molto più ridotte sono, per ragioni ovvie, le ore di funzionamento: il sole tramonta, il vento cala... Le produzioni che generano sono inevitabilmente molto piccole. Si cita spesso il caso della Germania, che è uno dei primi paesi al mondo per quantità di energia fotovoltaica installata e utilizzata, e lo si porta ad esempio per il nostro Paese, cui la posizione geografica dà un vantaggio naturale non indifferente in termini di ore di sole. Situazione apparentemente paradossale, questo è senz altro vero, eppure se ricollochiamo questo dato nel panorama complessivo della produzione elettrica della Germania, ecco che ci torna ridimensionato. Dobbiamo domandarci, infatti: quanto influisce il solare al fabbisogno energetico tedesco? Per lo 0,6%. Il resto è carbone e nucleare. Non posso, non possiamo, sfuggire da questi ordini di grandezza. Parliamo dell eolico. In Italia abbiamo circa ore di vento in un anno; le potenze delle centrali sono un po più alte, ma anche con l eolico non possiamo raggiungere produzioni significative a livello di sistema. Sul fronte dell eolico, l esempio che di solito si porta è quello della Spagna. Dimentichiamo però che gli spagnoli possono usufruire Myrta Merlino Chicco Testa

16 32 DIALOGHI E INTERVISTE 33 Myrta Merlino Chicco Testa del vento che soffia dall oceano, un vento costante, per ben ore l anno. Da noi è difficile avere un vento costante, ci sono cadute molto frequenti del vento e questo comporta problemi non indifferenti nella gestione della rete elettrica. Non ho nulla in contrario alle rinnovabili, ma i numeri li dobbiamo conoscere. Pur considerando il grande exploit di queste fonti in questi ultimi anni, nel mondo, oggi, le fonti rinnovabili propriamente dette (solare, fotovoltaico, nuovo idroelettrico, biomasse) fanno il 2% dell energia totale utilizzata. Forse raddoppierà, forse triplicherà, potrà magari moltiplicarsi per dieci, ma resterà una percentuale minoritaria. E allora dobbiamo domandarci: il resto dell energia necessaria per rispondere ai nostri bisogni da dove lo prenderemo? Senza nucleare, continueremo a utilizzare quantità gigantesche di petrolio, di carbone e di metano. Per ricorrere a una metafora semplice, io amo la bicicletta, la uso tantissimo, ma per andare a Milano prendo un treno o la macchina. Non possiamo pensare di risolvere il problema del trasporto di massa con le biciclette. Quello che non è accettabile è la confusione. Un altro problema delicato sono le scorie. In un Paese che, in una realtà come quella del napoleano, non ha saputo gestire lo smaltimento dei rifiuti urbani, creando la situazione drammatica che tutti ricordiamo. Come pensi che si possa riuscire a gestire la questione scorie? Dove le mettiamo? Francia e Inghilterra hanno impianti in cui le scorie vengono trattate, rese inerti e stoccate. Non si è mai sentito di qualcuno che è morto per lo stoccaggio delle scorie. L Italia dovrebbe agire nello stesso modo. Vorrei riportare qui una dichiarazione di Steven Chu, premio Nobel per la fisica, oggi Ministro dell Energia degli Stati Uniti: il carbone è il mio incubo, dice Chu, perché le ceneri di carbone sono 200 volte più radioattive del nucleare. Chu è consapevole che le scorie sono il problema aperto per il nucleare, ma lo considera risolvibile; dice: troviamo la soluzione. La questione scorie può essere risolta, non è insormontabile. Teniamo conto anche del fatto che se ora si parla di rinascimento del nucleare, per 20 anni da noi è stato un vero e proprio tabù. Non si è fatto nulla. Il perché è ovvio: il prezzo del petrolio era così basso che non conveniva fare niente altro che centrali a combustibili fossili. Questo deve essere il problema degli ambientalisti! Non possiamo far dipendere le nostre scelte energetiche del futuro da questo fattore. Facciamo investimenti quando il prezzo sale, poi quando il prezzo scende, buttiamo via tutto e torniamo a ubriacarci di petrolio E bisogna avere ben chiaro che il basso prezzo del petrolio uccide le rinnovabili, prima del nucleare: se queste hanno una speranza di diventare competitive, grazie a investimenti in ricerca e innovazione, è solo se il prezzo è basso. Dobbiamo decidere sulla base di considerazioni legate alla salvaguardia del pianeta e alla sicurezza energetica. Dobbiamo definire una politica energetica chiara e attenerci a queste scelte, a prescindere dal prezzo del petrolio. Chicco, tu ti dici un nuclearista convinto, ma dici anche di non essere affatto convinto che il nucleare in Italia si farà. Il partito del no è ancora troppo forte? Qui il discorso si sposta sull Italia e mi appassiona meno. Io sono favorevole a tante cose che in Italia non si fanno: sono favorevole ai treni veloci, sono favorevole ai termovalorizzatori Il problema è sempre quello di ragionare, di valutare i numeri reali e confrontare i rischi reali. Notizie di questi giorni dicono che ci sono nel napoletano discariche a cielo aperto, a fuoco vivo, da ormai un mese; ma allora mi domando: di che cosa stiamo parlando? Torniamo alla questione rinnovabili. Io cerco di realizzare, con la mia società, piccoli impianti idroelettrici. Per avere l autorizzazione per realizzare per un impianto da 1 Mw bisogna aspettare dai 3 ai 5 anni, sempre che nel frattempo non nascano proteste di qualche tipo. Non ho nulla contro chi protesta, sono interessi legittimi, ma noi dobbiamo scegliere, dobbiamo saper decidere. Quello che temo è che il nucleare diventi una bandiera politica. Se sei pro nucleare, sei di Destra; se sei contro il nucleare, sei di Sinistra. Se sei per il termovalorizzatore, sei di Destra; se sei contro, sei di Sinistra. Diceva Gaber: se fai la doccia, sei di Sinistra; se fai il bagno, sei di Destra. Il livello del dibattito si riduce a questo. Mi piacerebbe che si arrivasse alla condivisione di una politica energetica per il futuro del Paese, scevra di pregiudizi ideologici. Il rischio invece è che la discussione si incancrenisca dal punto di vista politico, che il nucleare diventi una bandiera, un totem, come tutto qui da noi. L Italia è un Paese così fazioso e così diviso, per responsabilità di tutti, che non riusciamo nemmeno a metterci d accordo sui numeri. Negli altri Paesi del mondo, le agenzie governative diffondono dei dati, delle statistiche sulle condizioni economiche, sociali, finanziarie, culturali del Paese e quei numeri vengono accettati come base per il dibattito; ci si fida del fatto che siano stati prodotti da un ente, un istituto certificato, nato con quel preciso scopo. Da noi no, da noi si contestano tutti i numeri. Penso perciò che il nucleare sarebbe una bella prova di maturità per il nostro Paese, e diversamente, qualcuno mi deve dire come la faremo l energia nei prossimi anni. Myrta Merlino Chicco Testa

17 34 DIALOGHI E INTERVISTE 35 Myrta Merlino Chicco Testa Pochi giorni fa si è tenuto Solar Expo a Verona. Ne è emerso non solo che il solare sta vivendo un boom nel nostro Paese, ma che l Italia è un modello, in primis per gli Stati Uniti, per il sistema di incentivi che ha adottato, sistema che ci rende anche particolarmente attraenti per i capitali stranieri. Come funziona questo meccanismo? Su questo tema, sono riuscito a trovare, lo stesso giorno, due articoli di segno opposto: il primo sottolineava il grande successo della manifestazione di Verona, e dello sviluppo del solare nello stivale; il secondo era di un ambientalista che sosteneva che di solare se ne fa troppo poco Anche qui, quali sono i numeri? Come stanno in relazione questi numeri con il fabbisogno energetico complessivo? Per quanto riguarda gli investimenti, è vero: l Italia è un Paese dove gli investimenti per il solare stanno arrivando numerosissimi perché il nostro sistema di incentivi all energia solare rende piuttosto sicuro l investimento nel settore: ci si porta a casa un bel 12-13% del capitale investito, e se si fa una bella leva, si arriva anche al 17%. Quello che ci si domanda è se questo sistema può durare nel tempo e se è sostenibile. Sempre il fattore incentivi pubblici spiega perché le Regioni con più solare installato sono Lombardia e Veneto, che avran più sole della Germania, ma meno di Sicilia, Puglia o del Sahara, dove è più logico pensare di realizzare impianti di questo tipo. Queste discussioni sul tipo di tecnologia da adottare mi ricordano la storia di quella maschera bergamasca che condannata a morte, dice di voler scegliere l albero a cui venir impiccata. I giudici gli dicono di sì; ovviamente l albero giusto cui venir impiccato non lo trova mai. Oggi i reattori più avanzati sono quelli della generazione III +. Se adesso disponiamo di questa tecnologia è perché c è stato qualcuno che ha fatto la III generazione, e prima ancora qualcuno che ha fatto la II, e all origine c è stato qualcuno, tra cui gli italiani, che ha fatto la prima generazione di reattori nucleari. Se arriveremo alla IV, lo faremo perché esiste questa storia e questo progresso scientifico che nasce da esperienze concrete che portano a capire dove e come si può migliorare. Un altra polemica tipicamente italiana riguarda il numero delle centrali: quattro centrali, e parliamo di Mw, non bastano, si dice, perché i consumi elettrici italiani cresceranno ancora di più. Non risolverebbero la situazione. Il problema è: quale alternativa abbiamo? Come lo colmiamo questo gap? Nuove centrali a carbone? A gas? La questione dei consumi elettrici poi è da leggere con attenzione. Adesso in realtà sono in discesa, perché è in discesa l economia. Volevamo la decrescita? Eccola qua, la decrescita: stiamo diminuendo i consumi di elettricità, parallelamente anche le emissioni in atmosfera. Peccato però che tutto questo significhi anche disoccupazione, abbassamento dei redditi. Chicco Testa Myrta Merlino Chicco Testa Myrta Merlino Sappiamo di avere la bolletta più cara d Europa. Gli incentivi alle rinnovabili vengono pagati dai cittadini con le bollette, in quale misura? Il costo superiore dell energia elettrica in Italia, rispetto ad altri Paesi europei, dipende da vari fattori: prima di tutto un mix di carburanti sicuramente sfavorevole, con poco nucleare, tra l altro importato. C è chi dice che produrre energia con il metano è come usare Chanel n. 5. Lasciando da parte le battute di spirito, non è certamente conveniente produrre energia per il 60% con il gas, quando gli altri usano per un 30% il nucleare, per il 30-40% il carbone Sull energia elettrica gravano una serie di extracosti, poi oneri di sistema e infine gli incentivi alle rinnovabili. Il Presidente dell Autorità per l Energia Elettrica e il Gas, in una recente audizione in Parlamento, ha valutato che questi incentivi ammontano a 3 miliardi all anno. E verranno pagati in bolletta. D altra parte, è giusto che sia così se vogliamo sostenere la ricerca. Qualche polemica c è stata anche per quanto riguarda l accordo con la Francia. Stiamo acquistiamo una tecnologia già vecchia? Si parla di III generazione del nucleare, di III +, di IV generazione GEOPOLITICA DELL ENERGIA DARIO DI VICO INCONTRA MASSIMO D ALEMA Parleremo di geopolitica dell energia. Il Presidente D Alema è stato anche Ministro degli Esteri, ci sono quindi tutti i presupposti per riflettere sulle grandi questioni che legano la geopolitica all energia. È andata in onda recentemente una fiction su Mattei. Che giudizio dà della figura di Mattei oggi? Ritengo che Mattei sia stato una personalità fondamentale e che testimonia del nesso tra politica estera ed energia; è difficile pensare a Mattei senza pensare alla politica estera di Fanfani, per fare soltanto un nome. La figura di Mattei e il ruolo che egli ebbe nel sollecitare l impegno dell Italia e una politica verso il mondo arabo delinearono una posizione del tutto peculiare del nostro Paese, in un momento in cui la crisi del colonialismo francese apriva nuo- Dario di Vico, editorialista Corriere della Sera Massimo D Alema, Presidente Fondazione Italianieuropei

18 36 DIALOGHI E INTERVISTE 37 Dario di Vico ve prospettive. Io penso che per un Paese come il nostro, che ha un importante missione da svolgere - siamo un paese naturalmente orientato ad essere ponte tra l Europa e l altra sponda del Mediterraneo -, la politica dell ENI abbia dato un contributo interessante. È anche per questo che abbiamo oggi una politica di alleanze, di sinergie con i paesi fornitori che è abbastanza esemplare nel panorama internazionale. Esiste un pericolo reale che una democrazia particolare come quella russa usi le materie prime per intimidire l Europa? Che giudizio dà della democrazia russa e di questa particolare relazione tra la politica, le istituzioni politiche, e i vertici di Gazprom? Abbiamo fatto grandi accordi con la Russia, ma quando ci fu il G8 a Mosca fui io a chiedere che si parlasse dei diritti umani in Cecenia. Credo che si possano fare affari senza dimenticare i diritti umani e da questo punto di vista ritengo che in Russia ci sia una democrazia fortemente dominata dall alto, con un forte controllo sull informazione e con una drammatica vicenda in Cecenia in cui la lotta al terrorismo ha portato a intollerabili violazioni dei diritti umani. Dario di Vico Massimo D Alema Massimo D Alema Nel 1990, quando c era l Impero Sovietico, l Europa dipendeva dal gas russo per il 75% dei suoi fabbisogno; oggi questa dipendenza è scesa al 45%. Perché mai noi, oggi, dopo essere stati dipendenti dalla potenza sovietica per il 75%, dovremmo temere di dipendere dalla Russia per il 45%? Questo ci fa capire come spesso la discussione sia artificiosa. In realtà, si tratta di un rapporto di interdipendenza, e questo i russi lo sanno benissimo; il loro gas senza il mercato europeo e senza le tecnologie europee non varrebbe nulla. Se io, che sono il tuo unico possibile compratore, il tuo gas non te lo compro Senza le nostre tecnologie, difficilmente i russi potrebbero portare avanti le loro ricerche nella fredda Siberia. C è una strettissima integrazione. L Europa non deve avere paura di usare la sua forza contrattuale. A volte, sembriamo dipendenti perché non siamo abbastanza uniti nel fare valere le nostre ragioni, ma questo è un problema nostro, non della Russia. In questo momento c è un contenzioso tra ENI e Gazprom rispetto al gasdotto Southstream Lei segue questa vicenda ed è ottimista sul fatto che si possa delineare una posizione paritaria tra i due partner? Anche Southstream è frutto di un accordo che dobbiamo a Prodi. La domanda che lei mi fa entra in contraddizione con questa idea che circola del rapporto speciale tra Putin e Berlusconi, perché se grazie a questo rapporto speciale ci giochiamo il 50% Questi negoziati hanno una forte componente politica, mi auguro che il Governo sappia difendere quello che il Governo precedente aveva ottenuto. Parliamo di Libia. Si parla dell acquisizione di una quota di ENI. Gheddafi verrà tra poco in Italia. Qual è la sua idea in merito all ingresso di capitale libico in alcune delle più importanti società italiane? Dario di Vico Massimo D Alema Dario di Vico Dario di Vico Massimo D Alema Guarda con timore a questo rapporto speciale tra Berlusconi e Putin? Pensa che il Presidente del Consiglio abbia in qualche modo ingiustamente scavalcato il tramite dell Unione Europea? Il grande accordo con la Russia l abbiamo fatto noi. Quando Eni firmò l accordo con Gazprom, cercammo in tutti i modi di coinvolgere l Unione Europea, ma di fatto ciascun Paese, in primis la Germania, stava negoziando accordi specifici e particolari. Giustamente, quindi, l Italia ha fatto valere un rapporto di lunga tradizione con la Russia, un rapporto che non nasce con Berlusconi e Putin: fu durante la Prima Repubblica che venne costruito il primo gasdotto. Il rapporto dell Italia di oggi con la Russia, nasce dal rapporto con l Unione Sovietica, frutto della politica della DC al governo e del PCI all opposizione. Si tratta di un accordo positivo e importante perché è un accordo di nuova generazione: ENI non è soltanto compratore, ma è in parte proprietario della materia prima e ricercatore della materia prima, così come Gazprom vede aprirsi il mercato italiano, la possibilità di essere fornitore del mercato italiano. Io non vedo rischi particolari. Ritengo importante che la Libia abbia scelto l Italia come fondamentale partner economico; in questo momento è di gran lunga il più importante investitore straniero nel nostro Paese. Ci lamentiamo sempre che non ci sono investimenti stranieri, se però poi quando ci sono cominciamo subito a interrogarci sui rischi Si tratta di investimenti strategici, non di investimenti speculativi: è un paese che investe nelle grandi, fondamentali imprese del nostro Paese. La Libia è un investitore stabile. Credo che da questo punto di vista si stiano muovendo con accortezza. Investono nei settori che sono più complementari con loro: sono interessati alle energie alternative perché non vogliono neppure loro essere dipendenti dal petrolio e dal gas. Tra l altro la Libia ha potenzialità enormi nel solare: è grande 5 volte l Italia, ha 5 milioni di abitanti e ha una delle aree del mondo con la miglior esposizione al sole, quindi ha potenzialità di sviluppo dal punto di vista energetico che vanno molto al di là del petrolio. Noi abbiamo tutto l interesse a portare avanti questo parternariato; l importante è che venga gestito in maniera trasparente con ricadute per l economia italiana. Massimo D Alema

19 38 DIALOGHI E INTERVISTE 39 Dario di Vico Massimo D Alema Dario di Vico Massimo D Alema E dell evoluzione politica di Gheddafi, della democrazia libica? Credo sia importante che Gheddafi abbia portato la Libia fuori dall isolamento internazionale in cui si trovava, che abbia risolto le questioni aperte che avevano portato le Nazioni Uniti a deliberare l embargo. Ha rinunciato all arma nucleare, aderendo al trattato di non proliferazione, e alla lotta contro le armi di distruzione di massa. L Italia ha aiutato la Libia a uscire da quella situazione. Io fui il primo capo di governo occidentale ad andare in Libia quando si ruppe questo isolamento. In questi10 anni la Libia ha compiuto dei passi in avanti importanti. La visita di Gheddafi è certamente un appuntamento storico, una visita importante. Mi dispiace che l Italia non sia il primo paese europeo in cui si reca. Poi bisogna considerare la storia dei rapporti tra i due Paesi, i crimini che sono stati commessi laggiù: certo era il fascismo, però era l Italia. Il Governo propone una forte accelerazione sul programma nucleare, dopo anni in cui il dibattito non aveva fatto passi avanti. Qual è la sua posizione? Sono stato un convinto sostenitore del nucleare. All inizo degli anni Ottanta fu approvato un piano energetico nazionale che prevedeva la realizzazione di una centrale nucleare in Puglia, che ebbe voto favorevole del PCI. Io ero segretario regionale del Partito Comunista. Che cosa accadde in Puglia? Lo ricordo perché è una storia tipicamente italiana. Il governo regionale era di centro sinistra, immediatamente una buona parte del governo regionale diventò ambientalista. Io andai a fare un comizio a favore della centrale. La folla era ostile, io feci il mio discorso dall inizio alla fine e rischiai la mia incolumità. Quando ci fu il referendum, io fui uno dei pochi a votare a favore del nucleare, anche all interno del partito. Questo è il mio background. Vent anni fa abbiamo commesso un errore, e fu un errore tagliare fuori l Italia dalla ricerca; ma non si rimedia a un errore facendo fare un enorme affare ai francesi adesso, consentendo loro di impiantare in Italia qualche centrale nucleare tecnologicamente obsoleta. Non mi sembra una buona idea. Anche qui forse si tratta di rapporti speciali, tra Berlusconi e Sarkozy Ho poi, in particolare, dei dubbi sul metodo e cioè sul fatto che una scelta di questo tipo la si possa annunciare prima di avere votato nel Parlamento della Repubblica. Credo che a questo punto sia conveniente per l Italia impegnare le sue risorse per fare ricerca sul nucleare di ultima generazione, piuttosto che per fare con molto ritardo il nucleare di vecchia generazione. Oltretutto comporta enormi problemi organizzativi (combustibile, scorie) e non so se noi siamo preparati. Bisogna valutare cosa è conveniente fare. Fare qualcosa rispetto a cui siamo in ritardo, sapendo che non colmeremmo questo ritardo, oppure puntare queste risorse sul futuro? Non sappiamo neanche esattamente quando entreranno in funzione, forse nel 2020, e se la tecnologia scelta è vecchia adesso figuriamoci nel Le occasioni alle volte si perdono e bisogna recuperare stando al passo con le innovazioni tecnologiche. La sinistra però propone un no ideologico al nucleare. Il no ideologico non lo condivido. Credo d altro canto che il vero grande problema ambientale è la CO 2, oltretutto noi produciamo energia con il gas, che è la forma più costosa per produrre energia, come ben sanno gli italiani. Certamente la situazione è il risultato di scelte ideologiche che, però, e su questo insisto, non furono fatte dalla sinistra. Questo veramente fa parte di una rappresentazione distorta: furono i partiti al governo a indire il referendum e fu la grande stampa, di proprietà dei gruppi del petrolio, che lo sostennero. Il nucleare in Italia è stato bloccato dalle grandi lobby petrolifere, non dalla Sinistra. Discutiamo di Obama. Lui il nucleare non lo vuole fare, e propone investimenti massicci nelle rinnovabili. Questa è un altra strada. Lo è solo per loro o anche per noi? Io credo che la scelta fondamentale sia stata quella di puntare sulle fonti rinnovabili. Credo che questo darà grande impulso all innovazione, alla ricerca, a un guadagno di efficienza. Il mix energetico italiano vede una bassissima produzione di rinnovabili. A me sembra che in questo momento questa sia la scelta più ragionevole, intanto perché ha una ricaduta immediata. Parliamo della possibilità di cambiare in maniera significativa il mix; le fonti rinnovabili sono uno dei pochi settori in cui si stanno facendo investimenti significativi. Io penso che non vadano incoraggiate forme di intermediazione speculativa, ma che i soldi vadano dati alle imprese serie. Ripulendo il campo, è un settore in cui può crescere un imprenditoria innovativa. Il fatto che ci sia più solare in Germania che in Italia mi pare una stravaganza. Noi dobbiamo cambiare il mix energetico del Paese. Produciamo energia per il 50% dal petrolio, 36% dal gas naturale, 8% dal carbone, 7% dalle rinnovabili: questa è la situazione. Io credo che da qui al 2020 ci saranno delle innovazioni nelle tecnologie nucleari Mi sembra complicato, però, non prendere l autobus del nucleare di oggi, per aspettare il successivo, e pensare poi di guidarlo. Dario di Vico Massimo D Alema Dario di Vico Massimo D Alema Dario di Vico

20 40 DIALOGHI E INTERVISTE 41 Massimo D Alema Che noi si pensi di guidare l autobus del nucleare, avendo rinunciato a farlo nel momento in cui lo si poteva davvero fare, mi sembra improbabile; al massimo su questo autobus potremo salire pagando il biglietto, anche assai caro, ai francesi. L ENERGIA DELL AVVENTURA INTERVISTA A PATRIZIO ROVERSI Dario di Vico Massimo D Alema Dario di Vico Massimo D Alema Torniamo ad Obama Lei crede nella green economy? Credo che si stia facendo qualcosa di estremamente signficativo. Gli USA sono stati l epicentro di questa crisi; quella ventata di deregulation, di finanza speculativa è stata inventata da loro. Trattandosi però di un paese dinamico, ha reagito con forza. Hanno capito che lo sviluppo distorto di questi anni ha generato disuguaglianze intollerabili, perciò stanno investendo sul welfare, con potenti iniezioni di giustizia sociale, di sostegno a investimenti pubblici e privati per ridurre la dipendenza dal petrolio che secondo me è anche un modo serio per combattere il terrorismo in Medio Oriente, perché questa dipendenza è un enorme sostegno alle autocrazie. La mia impressione è che si tratti di un cambiamento di grandissima portata ed è all altezza della crisi, mentre l Europa è timida, incerta, si affida alle politiche nazionali. L America investe in 2 anni il 5,8% del suo PIL per affrontare la crisi, l Italia lo 0,2%. L Europa comunitaria sembra essere ai suoi minimi storici. È tramontata una fase? Bisogna essere meno ambiziosi? Pensa che l allargamento sia stato un errore o pensa che sia possibile continuare con la storia di questi anni? Io penso che questa regressione all Europa delle Nazioni sia una scelta molto grave. Viviamo un momento abbastanza singolare. La crisi sta determinando un allontanamento anche politico dell Europa dal resto del mondo. Nel resto del mondo sono i progressisti a determinare una nuova stagione. Al di fuori dell Europa, i progressisti vincono tutte le elezioni. Un po come negli anni Trenta, quando negli USA c era il New Deal e da noi il fascismo. Nelle forme possibili oggi noi abbiamo fenomeni analoghi: una regressione nazionalista, una illusione neoprotezionista. La Destra al governo oggi in Europa è una Destra populista e nazionalista, non una Destra liberale. L Italia è stata un laboratorio. Questo ha portato con sé anche la stagnazione dell integrazione europea. L Europa senza unità non ha alcuna forza. Il G8 tra i vari organismi internazionali è quello che ha oggi minore valore; c è il G20 e il G2. Tra pochi anni, se l Europa non troverà una nuova formula di coesione, essendo il G8 il vertice dei paesi più ricchi: non ci sarà un solo paese europeo nel G8. Con la vostra barca, Adriatica, avete rifatto il giro di Darwin, la circumnavigazione dell America Latina. Adriatica aveva una particolarità che ci interessa da vicino: si alimentava anche attraverso fonti rinnovabili. Come? Innanzitutto, usavamo le pale eoliche, poi avevamo un pannello fotovoltaico e un elica sottomarina che funziona come una sorta di dinamo. Il problema, come sempre con le rinnovabili, è l accumulo di energia, la sua conservazione, per usarla quando ne hai bisogno. A bordo avevamo una bombola, a bassissima pressione, in cui l energia veniva accumulata attraverso l idrogeno: sostanzialmente, attraverso l energia delle rinnovabili, H 2 O viene scissa in idrogeno e ossigeno, e quindi l energia viene immagazzinata in una sorta di spugna e riutilizzata quando serve. È un esperimento importante per accumularla. La barca era tenuta in costante monitoraggio dagli Osservatori Sperimentali ENEL di Pisa: comportamenti e consumi venivano monitorati e analizzati, valutando anche i risparmi. Bisogna tenere conto del fatto che la rotta era molto complessa e che Adriatica è una barca di 4 m: i porti in quelle zone non sono tanti e avremmo avuto certamente dei problemi a rifornirci; l abbiamo risolto perché il risparmio energetico, ottenuto con questi sistemi, ci ha permesso di consumare meno e di fare meno volte il pieno, diversamente avremmo dovuto provvedere all approvvigionamento al largo attraverso navi militari Sarebbe stato complicatissimo. Non avete mai avuto problemi tecnici? È filato tutto liscio come l olio? A parte il fatto che ci siamo persi l elica sottomarina, e abbiamo dovuto sostituirla in corsa, no, non ci sono mai stati problemi particolari. Queste sono strutture che funzionano in automatico, ancora adesso funzionano e alimentano in questo caso direttamente le batterie. Uno dei temi centrali del vostro viaggio era la biodiversità, argomento fondamentale, che quest anno perfino il G8 Ambiente ha sviluppato con una Carta della Biodiversità. Fondamentale non solo perché ci piace un mondo quanto più ricco e vario, ma anche per contrastare il cambiamento climatico. Quali elementi sono emersi a questo proposito durante il vostro viaggio? Il viaggio è stato strutturato in 12 tappe e a bordo abbiamo ospitato docenti universitari e ricercatori per portare avanti specifici progetti Giovedì 15 maggio 2009, Maurizio Mannoni ha incontra Patrizio Roversi alla Libreria Liberrima di Lecce. Intervista di Agnese Bertello, giornalista energiaspiegata.it.

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