l'assemblea degli aderenti e simpatizzanti Ecodem

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1 Cari amici, Entro la fine dell'anno l'associazione degli Ecologisti Democratici terrà il suo secondo congresso nazionale. L'Associazione è nata nell'ambito del Partito Democratico ma è aperta alla partecipazione di tutte le persone impegnate nelle battaglie ambientali. Lo scopo dell'associazione è quello di porre al centro del dibattito politico nazionale, ma in particolare del programma di governo del maggior partito progressista e attraverso di esso del programma di governo dell'italia, la prospettiva di una economia e di una società sostenibili. Gli Ecodem sono impegnati su un obiettivo strategico, per cui vale la pena di spendersi e su cui è importante lavorare anche localmente. Nei territori in cui vi è la presenza di circoli o gruppi aderenti si terranno nelle prossime settimane assemblee e congressi di zona. Nei giorni 27 e 29 settembre si terrà il congresso regionale piemontese, una delle regioni in cui l'associazione è più presente e attiva. Al centro del dibattito congressuale regionale vi saranno le proposte e idee degli Ecodem per "uno sviluppo più sostenibile per i nostri territori". In vista di questi importanti appuntamenti e per riprendere il filo di una discussione avviata tempo fa sulle prospettive di uno sviluppo del pinerolese maggiormente orientato a obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale è convocata l'assemblea degli aderenti e simpatizzanti Ecodem 19 settembre, ore 20,45 presso la sede del Partito Democratico di Pinerolo in via San Giuseppe 62, Pinerolo. Siete cordialmente invitati a partecipare sia come persone sensibili ai temi trattati che come aderenti attuali o potenziali, se ritenete interessante questa prospettiva di lavoro. Invitate anche altri a partecipare. Giovanni Borgarello, Coordinatore del Circolo Ecodem del Pinerolese Allegati: 1. Documento Congressuale - Il futuro dell Italia ha un cuore verde (pagg 2-16) 2. L Italia che vogliamo: dieci proposte per uscire dalla crisi (pagg 17-22) 1

2 Documento congressuale IL FUTURO DELL ITALIA HA UN CUORE VERDE UN NEW DEAL ECOLOGICO PER USCIRE DALLA CRISI Eppure/mi piace/tutto questo futuro (Ivano Fossati) Siamo dentro la più grave crisi degli ultimi 80 anni, tanto più perché la crisi economica e sociale si intreccia con quella ambientale. In un mondo che vede trasformazioni profonde degli equilibri economici e politici, l Europa si trova nell occhio del ciclone. Le conseguenze della crisi sono drammatiche, gli esiti incerti. Non esistono soluzioni facili a problemi difficili. Eppure, se sapremo comprendere che la crisi è anche una opportunità di cambiamento, possiamo uscirne. Se sapremo cogliere il vento che spira a favore di una modernizzazione ecologica dell economia e di un green new deal sarà possibile costruire uno sviluppo durevole, ecologicamente sostenibile e socialmente equo. Non è un sogno, è una cosa possibile. La salute del pianeta si è aggravata. I cambiamenti climatici costituiscono una minaccia temibile, il consumo di risorse naturali cresce a ritmi insostenibili, l inquinamento compromette gli equilibri della biosfera. Eppure se, a 20 anni dalla prima Conferenza di Rio, sapremo costruire una risposta politica globale alle sfide ambientali, accelerando la transizione dall era dei combustibili fossili a quella delle energie rinnovabili e affiancando alla nuova rivoluzione industriale della green economy un profondo mutamento culturale con nuovi valori e stili di vita, sarà possibile evitare il peggio e lasciare alle future generazioni un pianeta abitabile. Non è un sogno, è una cosa possibile. L Italia, impaurita e smarrita tra le rovine della lunga stagione berlusconiana, è ferita dalla crisi economica e resa più fragile dal degrado del sistema politico. La fiducia verso il futuro sembra essersi smarrita. Eppure, se sapremo far leva sulle energie di un paese che ha non solo una gloriosa storia alle spalle ma anche grandi potenzialità per il futuro, l Italia può farcela. Non è vero che siamo destinati al declino. L ambiente e l economia verde, lungo una via italiana alla green economy, rappresentano una leva decisiva per uscire dalla crisi. Una nuova frontiera per dare al nostro paese un ruolo in Europa e nel mondo. E un idea dell Italia che scommette sul futuro. Non è un sogno, è una cosa possibile. Il Partito Democratico non è nato solo per unire forze politiche e tradizioni progressiste che vengono del 900. E nato per dare voce e forza al riformismo del 21 secolo. Ma non c è riformismo possibile, in questo nostro tempo, se non mette al centro le sfide dell ambiente, della sostenibilità dello sviluppo, della conversione ecologica dell economia. Rinnovare la cultura politica del PD, fino a farlo divenire il più grande partito ecologista italiano ed europeo: per questo sono nati e si impegnano gli Ecologisti Democratici. 2

3 1. LA CRISI DI UN MODELLO DI SVILUPPO INSOSTENIBILE E se la crisi del 2008 rappresentasse qualcosa di molto più radicale di una profonda depressione? E se ci stesse dicendo che l intero modello basato sulla crescita che abbiamo creato negli ultimi 50 anni è semplicemente insostenibile economicamente e ecologicamente e che il 2008 è stato quando abbiamo sbattuto contro il muro, quando madre natura e il mercato hanno entrambi detto: basta così? (Thomas Friedman, editorialista del New York Times, 2009) E davvero sorprendente come ancora vi sia così poca consapevolezza del passaggio d epoca che stiamo attraversando. Ancora più sorprendente è come molti continuino a pensare che sia possibile uscire dalla crisi ripetendo gli errori che ci hanno portato fin qui. Da quattro anni siamo dentro la più grave crisi che la nostra generazione abbia mai vissuto. Iniziata come crisi finanziaria, si è poi trasformata in crisi economica e sociale, la più grave degli ultimi ottanta anni. Ma c è qualcosa che rende questa crisi ancora più complessa e difficile di quella del Anzitutto il fatto che la crisi economica si intreccia con quella ambientale: e ormai chiaro che la coincidenza di questi eventi evidenzia il manifesto per un green new deal fatto proprio dall ONU minaccia di creare una tempesta perfetta, qualcosa che il mondo non ha mai visto, con conseguenze devastanti. Al tempo stesso, la crisi dell Europa e dell Occidente è anche connessa a cambiamenti che stanno rapidamente cambiando gli equilibri del mondo, a partire dallo sviluppo impetuoso di grandi paesi asiatici come l'india e la Cina, e di altre parti del mondo dove centinaia di milioni di uomini e di donne si affacciano a migliori condizioni materiali di vita. Nè si può dimenticare che se il 2011 è stato un anno orribile per l'europa, è stato un anno di grande speranza e rinnovamento per centinaia di milioni di persone nel mondo arabo. Insomma, l'europa paga anche il prezzo di cambiamenti globali: la sfida è evitare che queste trasformazioni la condannino al declino, e riuscire a trovare un ruolo nuovo nel mondo che cambia. In ogni caso si chiude con la crisi un lungo ciclo iniziato negli anni 70. A pensarci bene appare paradossale che l età dello sfrenato liberismo neoconservatore e della ideologia dello Stato minimo si sia conclusa con i più massicci interventi statali mai visti nella storia per salvare le banche dal fallimento, scaricandone il peso sui debiti pubblici. La crisi, però, non è legata solo agli eccessi della finanza speculativa. La verità è che siamo di fronte alla crisi di un modello di sviluppo insostenibile sia dal punto di vista economico e sociale che da quello ambientale. La crisi è connessa anche ad una impressionante crescita delle disuguaglianze, ed alla illusione che fosse possibile una crescita economica illimitata, senza fare i conti con i limiti di disponibilità delle risorse naturali. Essa nasce, al tempo stesso, dalle conseguenze di un ideologia che ha portato la politica a sottomettersi all economia ed ai mercati finanziari. Il mercato ha una funzione essenziale, insostituibile per l economia, ma i mercati finanziari lasciati a se stessi, spesso opachi e fuori di ogni controllo, ci hanno portato sull orlo del baratro. E un complesso intreccio di ragioni, dunque, quello che ha prodotto la crisi: una finanziarizzazione esasperata a scapito dell economia reale; un fondamentalismo di mercato che ha svuotato i compiti di regolazione e di indirizzo della politica; una crescita abnorme delle disuguaglianze sociali che ha prodotto indecenti ingiustizie ed al tempo stesso ha inceppato la crescita economica; una folle spirale di indebitamento non solo economico ma anche ambientale. E vero che l insostenibilità ambientale è un fenomeno di più lungo periodo, connesso a tutti i modelli di sviluppo che si sono susseguiti dopo la rivoluzione industriale. Si è però aggravata negli ultimi decenni, sia 3

4 per la crescente alterazione degli equilibri della biosfera, a cominciare dai cambiamenti climatici, sia a causa del crescente consumo di risorse naturali scarse e in via di esaurimento. I processi di globalizzazione, pur producendo condizioni di maggior benessere materiale per un numero crescente di esseri umani, per il modo in cui sono avvenuti hanno al tempo stesso alimentato la crescita di forti disparità sociali. Oggi l 1% più ricco della popolazione mondiale, circa 70 milioni di persone, possiede la stessa ricchezza dei 4 miliardi di persone più povere e gode di oltre la metà dei beni consumati sulla Terra. La crisi che viviamo è la crisi di un economia della avidità tanto insostenibile sul piano ambientale quanto ingiusta su quello sociale. Se questo modello di sviluppo si è inceppato è perché il mercato senza regole non gira nel verso giusto, perché il debito non può crescere all infinito, perché è finita l era delle materie prime e dell energia a basso costo. Non è certo la fine del mondo, ma la fine di un mondo. La cosa certa, dunque, è che non si esce dalla crisi se non si cambia il modello di sviluppo. 2. UN GREEN NEW DEAL PER USCIRE DALLA CRISI A quanto pare esiste un punto in cui il progresso, per essere un vero avanzamento, deve variare leggermente la sua linea di direzione. (Joseph Conrad, Alcune riflessioni sul naufragio del Titanic, 1912) Dalle grandi crisi si esce solo cambiando rotta. Ogni crisi, anche la più dura, costituisce una opportunità di cambiamento.. Molti continuano a pensare che, passata la nottata, tutto potrà ricominciare come prima. Ma, come diceva Albert Einstein, follia è pensare che ripetendo le stesse azioni possano prodursi effetti diversi. Ripetendo gli stessi errori andremo di nuovo a sbattere. Non sarà rimettendo il treno deragliato sugli stessi binari di prima che potremo ripartire, ma solo cambiando direzione, con profondi mutamenti dell economia e della società, dei modelli di produzione e di consumo, degli stili di vita. Abbiamo bisogno di un nuovo orizzonte di civilizzazione. Per cambiare rotta la prima condizione è che la politica non solo a livello nazionale ma anche sul piano globale sappia riformare i sistemi finanziari, regolare i mercati, orientare l economia. La finanza deve essere ricondotta al servizio dell economia reale, regolata attraverso controlli più severi sui derivati e con forme di tassazione sulle transazioni quali ad esempio la Tobin tax. La seconda condizione è perseguire una più equa distribuzione della ricchezza e delle opportunità, contrastando le disuguaglianze e la povertà sia sul piano globale che all interno di ciascun paese. La terza condizione è imboccare la strada dello sviluppo sostenibile, con una modernizzazione ecologica dell economia che consenta di produrre ricchezza e benessere con meno consumo di materia e di energia, meno inquinamento, maggiore efficienza. Si deve accelerare la transizione dall era dei combustibili fossili a quella delle energie rinnovabili e sviluppare la nuova rivoluzione industriale della green economy. Abbiamo bisogno, peraltro, non solo di una terza rivoluzione industriale imperniata su tecnologie pulite e produzioni compatibili con l ambiente, ma di un cambiamento del paradigma stesso dello sviluppo. Travolti dalla crisi, sembra di essere finiti dentro una trappola micidiale. Da un lato perché per pagare il debito l economia dovrebbe crescere, ma le politiche di rigore e risanamento al contrario la deprimono e la crisi si avvita sempre più su se stessa. Dall altro perché è difficile immaginare di continuare a crescere 4

5 aumentando all infinito gli attuali consumi, in maniera incompatibile con gli equilibri ecologici e la disponibilità di materie prime. Non si esce da questa trappola se non si cambia radicalmente prospettiva. Non si supera la crisi dell economia mondiale senza una riforma dei caratteri e delle finalità dello sviluppo, senza la capacità di orientare l economia verso la sostenibilità ecologica e sociale. E un cambiamento che peraltro già si intravede. Fin dal 2008, a crisi appena esplosa, la prospettiva della green economy è stata indicata tra i temi centrali nell azione di molti governi come chiave per uscire dalle due grandi crisi, quella economica e quella climatica, mentre l UNEP ha lanciato il programma di un Global green New Deal.. Da allora ad oggi l economia verde è cresciuta in molte parti del mondo. La rivoluzione energetica ha preso sempre più corpo con un peso crescente delle rinnovabili, mentre il drammatico incidente di Fukushima ha ulteriormente frenato il ruolo del nucleare. Sono cresciuti gli investimenti sulle energie verdi, sulle tecnologie pulite, su nuovi prodotti caratterizzati dalla innovazione ecologica. Al tempo stesso nei paesi più ricchi si intravedono cambiamenti negli stili di vita e nei consumi, non solo per effetto del minor reddito disponibile ma anche per l affermarsi di comportamenti legati a modelli di consumo più sobri. Il cambiamento verso uno sviluppo sostenibile è tuttavia ancora troppo lento rispetto all urgenza ed alla gravità dei problemi. Il primo decennio del nuovo secolo ha visto aggravarsi la crisi climatica. Eventi meteorologici estremi sono sempre più frequenti ed estesi a vaste zone del pianeta. Contrastare il cambiamento climatico vuol dire evitare che intere parti della Terra diventino tanto inospitali da alimentare ulteriormente povertà, conflitti e migrazioni, ma significa anche rendere più forte e sostenibile la nostra economia. Il cuore di un progetto di cambiamento in questo inizio del nuovo secolo è dunque costituito dalla necessità di affrontare in modo congiunto queste due crisi, quella climatica e quella economica. E un unica grande sfida che richiede cambiamenti profondi e offre nuove opportunità. La green economy è la leva per promuovere questo cambiamento. Green economy non significa, come sottolinea l UNEP, solo sviluppare le energie rinnovabili o ritinteggiare con un po di verde qualche settore dell economia tradizionale, ma una forma di organizzazione economica e una riorganizzazione delle priorità sostanzialmente diversa da quella che ha dominato il pensiero economico nei paesi più ricchi negli ultimi decenni. La green economy non è un settore aggiuntivo rispetto all economia tradizionale, è un processo di innovazione ecologica che riguarda tutti i settori dell economia. Come dire, insomma, che ciò che oggi chiamiamo green economy un giorno dovrà essere, semplicemente, l economia. Come nel secolo scorso, dopo la grande crisi del 29, il problema fu regolare il mercato per produrre occupazione, diritti sociali e redistribuzione del reddito con la costruzione dello Stato sociale - in questo nuovo secolo la principale sfida è orientare l economia verso la sostenibilità. Una sfida ancora più complicata, perché allora la partita si giocava prevalentemente dentro i confini nazionali, mentre oggi richiede politiche sovranazionali e cooperazione globale. Una sfida che non può essere giocata e vinta con le classiche ricette del new deal novecentesco, ma richiede politiche innovative capaci di utilizzare sia strumenti di regolazione pubblica sia strumenti di mercato per orientare investimenti pubblici e privati nella direzione di un nuovo modello di sviluppo. Per ridurre i rischi di potenziali disastri ambientali globali e sviluppare una nuova economia ecologica servono oggi decisioni comparabili, per importanza, alla riforma della governance internazionale che si ebbe dopo la seconda guerra mondiale. Tutti i paesi e i governi si devono confrontare con questa sfida epocale, dando prova di lungimiranza e capacità di innovazione. 5

6 3. UNA NUOVA EUROPA SOLIDALE, ECOLOGICA, FEDERALE. La crisi dell Occidente è l assenza di un progetto di civiltà. L Europa si ritrova senza un modello di sviluppo, senza un progetto per il suo futuro. Eppure non sarebbe impossibile. Conosciamo fin d ora le grandi priorità del secolo a venire: gli ecologisti ci hanno convinto della necessità di far convergere i diritti dell economia con quelli della natura. (Alain Touraine) L Europa è il nostro orizzonte. Qui si gioca il nostro destino. Fuori da questo orizzonte diventa impossibile immaginare il ruolo dell Italia. Senza l Europa è difficile immaginare una politica di sviluppo sostenibile. Ma l Europa è in affanno, debole e divisa di fronte alla crisi. Le pur necessarie politiche di rigore e di contenimento del debito, in assenza di politiche per il rilancio dell economia e di una nuova visione dello sviluppo, ci stanno portando in un vicolo cieco. Prendono così corpo ripiegamenti nazionalistici e sentimenti antieuropei, alimentati da forze che intendono lucrare consensi elettorali cavalcando il disagio sociale e le paure dei cittadini. Noi pensiamo che sia necessaria più Europa, non meno Europa. Ma l Europa deve cambiare passo e cambiare politica. C è bisogno di un Europa più forte, più unita, più solidale, con uno scatto in avanti nel processo di integrazione politica verso la costruzione degli Stati Uniti d Europa. Le istituzioni europee devono divenire il luogo delle decisioni democratiche. Sono necessarie politiche per affrontare la crisi diverse da quelle messe in campo dai governi conservatori. L Italia è tornata con il governo Monti ad avere credibilità politica: a maggior ragione il nostro paese deve chiedere con forza una correzione di rotta delle politiche europee. La vittoria di Hollande in Francia consente di guardare oggi con maggiore speranza a questo obiettivo. Servono misure per il rilancio dell economia nel segno dell innovazione e di una nuova economia ecologica, con un programma straordinario di investimenti pubblici e privati sostenuto da politiche industriali e fiscali che orientino le produzioni e i consumi verso uno sviluppo ecologicamente sostenibile in grado di creare nuove imprese e nuovi posti di lavoro. Un programma di investimenti, finanziato attraverso eurobond e project bond, e concentrato in settori quali l efficienza energetica e le rinnovabili, il riciclo di materia nei processi industriali, le reti infrastrutturali per l energia, i trasporti e le comunicazioni, nuovi beni e servizi di elevata qualità ecologica. La Banca Europea per gli investimenti deve aumentare il suo impegno in questa direzione. Il bilancio europeo deve essere riconvertito verso la sostenibilità ambientale. Si devono sviluppare programmi di ricerca e innovazione industriale all insegna dell innovazione ecologica in settori strategici per il futuro, quali ad esempio l auto elettrica. Per tutte queste ragioni è necessario che il campo del riformismo europeo sappia allargarsi e rinnovarsi, unendo attorno ad una nuova visione dell Europa le forze politiche progressiste di ispirazione socialista, cattolica, ecologista, liberaldemocratica. In questo ambito la capacità di dar voce e rappresentanza politica a valori e culture legate all ambiente costituisce sempre più una condizione per vincere le elezioni e governare il cambiamento. L ambiente è la nuova frontiera su cui si misura la capacità del riformismo, in Europa e in Italia, di affrontare le sfide del 21 secolo. 6

7 Gli Ecologisti Democratici sono impegnati affinchè il campo delle forze progressiste sia quanto più largo, unito e innovativo possibile, con una piattaforma comune nella quale siano centrali i temi dell ambiente e dell economia ecologica. Vanno in questa direzione le iniziative di confronto e di collaborazione già intraprese con i Verdi europei, e in modo particolare con i Verdi tedeschi, che vogliamo sviluppare ulteriormente. Il PD, proprio per la sua peculiare identità, frutto della sintesi di culture politiche socialiste, ambientaliste, liberaldemocratiche e cattolico-democratiche, può avere un ruolo importante nella costruzione di una nuova casa comune dei progressisti, oltre i confini delle tradizionali famiglie politiche. Per contrastare la crisi ed i rischi di declino serve un idea di futuro dell Europa. La sua crisi, come ha scritto Alain Touraine, non è solo economica e politica, ma si manifesta anche nell assenza di un progetto di civiltà. L Europa ha creato lo Stato moderno, ha incarnato un idea di giustizia sociale e di welfare, è il modello di civiltà più avanzato finora realizzato. Oggi sembra però priva tanto di leadership lungimiranti quanto della capacità di immaginare nuovi orizzonti per il proprio futuro. Proprio la costruzione di una nuova economia ecologica e di uno sviluppo sostenibile può rappresentare una nuova frontiera di civilizzazione per il nostro caro vecchio continente. Per la sinistra e per i democratici può essere un idea forte e trascinante tanto quanto lo è stata nel secolo scorso quella del welfare. 4. UN IDEA DI FUTURO PER L ITALIA Non c è vento a favore per il marinaio che non sa dove andare. (Seneca) Dove va l Italia? Quale ruolo avrà in Europa e nel mondo? Qual è la visione del futuro che abbiamo in testa? Noi abbiamo fiducia nelle potenzialità del nostro paese. L Italia può farcela. Non possiamo però sottovalutare la gravità della situazione, né ignorare che saranno necessari un tempo non breve ed uno sforzo non semplice per costruire un Italia nuova. Quella che stiamo vivendo non è una parentesi, chiusa la quale si ritornerà a com era prima. La recessione sta producendo perdita di posti di lavoro, chiusura di imprese, nuove povertà. La disoccupazione giovanile è a livelli elevatissimi, la precarietà del lavoro compromette il futuro di un intera generazione. Crescono le disparità sociali. Cresce il divario tra ricchezza privata - mediamente elevata seppur distribuita in modo diseguale - e miseria pubblica, a causa degli insufficienti investimenti e della scarsa attenzione rivolti ai beni comuni, ai servizi pubblici, all istruzione, all ambiente. Pesano come macigni l evasione fiscale, la criminalità e le illegalità diffuse, una burocrazia soffocante e spesso inefficiente, gli interessi da pagare sul debito pubblico accumulato nel corso dei decenni, e sciaguratamente aggravato dai governi della destra. A ciò si accompagna una drammatica crisi del sistema politico che accentua la sfiducia dei cittadini e crea un terreno fertile per il populismo. Con la fine del governo Berlusconi si è concluso un ciclo politico durato quasi vent anni. La costituzione del governo Monti ha aperto una fase di transizione, ancora incerta negli sviluppi e negli sbocchi possibili. Il governo tecnico ha segnato una svolta indubbiamente positiva quasi una liberazione - rispetto al degrado estremo del berlusconismo. Ha il merito di aver allontanato l Italia dal baratro in cui stava cadendo, di aver ridato al paese dignità in Europa e nel mondo. Bene ha fatto il PD a contribuire con senso di responsabilità e lungimiranza a questa svolta. Il governo va sostenuto con lealtà fino alla fine della legislatura, senza rinunciare però al nostro punto di vista e facendo pesare le nostre proposte. 7

8 La priorità è affiancare alle politiche di risanamento finanziario misure per l equità sociale e per il rilancio dell economia: da questo punto di vista, il governo Monti deve e può fare molto di più, e meglio, a cominciare proprio dall ambiente e dall economia verde. In che modo si può oggi rilanciare l economia? Difficile immaginare che possa avvenire senza un idea profondamente nuova dello sviluppo. Tutti invocano la crescita. Anche noi riteniamo che l economia italiana debba tornare a svilupparsi. Non pensiamo che la soluzione sia nella decrescita. Come si fa però a parlare di crescita così genericamente? Cosa vogliamo che cresca? Quale crescita è oggi possibile? La risposta, secondo noi, è una sola: la crescita di un economia regolata e intelligente, ecologicamente sostenibile, socialmente equa. Ci sono cose che devono crescere, e altre no. La crescita di una nuova economia ecologica questo è l obiettivo su cui dovrebbero essere concentrati gli sforzi - non è solo quella che più ci piace: è per molte ragioni l unica oggi possibile. E c è un altra domanda che richiede risposte altrettanto chiare e non generiche: come può oggi crescere l economia? Quali sono le scelte politiche necessarie? Se non si punta a ridurre le disuguaglianze sociali sostenendo i redditi più bassi, ad esempio, è difficile immaginare una ripresa della domanda sul mercato interno. Se non si investe in qualità, ricerca, innovazione, non si può certo immaginare di essere competitivi sui mercati globali; l aumento della produttività va oggi cercato nella innovazione legata ad una maggiore efficienza nell uso della materia e dell energia, non certo in una competizione al ribasso giocata sulla riduzione dei salari e dei diritti dei lavoratori. Ed è difficile immaginare un rilancio dell economia se non si apre una fase di investimenti pubblici e privati orientati verso nuovi beni legati alla qualità della vita, all ambiente, ai servizi di pubblica utilità: non sarà affidandosi solo alla ripresa dei consumi privati e ad un vecchio modello di crescita che potremo avere uno sviluppo forte e duraturo. Già oggi vediamo, accanto alle drammatiche difficoltà di un paese colpito duramente dalla recessione, anche un paese vitale, coraggioso, competitivo, che non solo resiste alla crisi ma scommette sul futuro. Distretti produttivi che hanno saputo riconvertirsi, imprese che hanno saputo rinnovarsi, esperienze di territori e città che contribuiscono allo sviluppo di una nuova economia verde. L Italia può farcela se guarda al futuro. Può farcela se promuove l innovazione e la qualità come leva per la propria economia, per creare lavoro qualificato e non precario, con un idea nuova dello sviluppo. Può farcela se cerca di essere economicamente più competitiva non attraverso la riduzione dei diritti di chi lavora, ma puntando sull innovazione e sulla coesione sociale. Può farcela rompendo incrostazioni corporative e privilegi, garantendo a tutti pari opportunità, premiando il merito nello studio e nel lavoro. Può farcela se accelera la transizione verso un nuovo modello energetico imperniato sull efficienza e sulle rinnovabili, a maggior ragione dopo il netto risultato del referendum sul nucleare, e se sceglie politiche radicalmente innovative sui trasporti e la mobilità. Può farcela se favorisce l evoluzione verso stili di vita e di consumo sobri ed intelligenti, se investe sui beni comuni. Può farcela se si promuove una redistribuzione del reddito e una riduzione delle disuguaglianze, se si riforma con coraggio il sistema di welfare. Può farcela se si fanno pagare le tasse agli evasori e si riforma il sistema fiscale per garantire equità nel prelievo; se si tassano di più rendite e patrimoni, consumi di energia e di risorse ambientali, per tassare di meno il lavoro e la produzione; se si usa la leva fiscale per incentivare produzioni e consumi ecologicamente virtuosi. Può farcela se si rafforzano la legalità e l etica pubblica, si riformano le istituzioni e la pubblica amministrazione; se la politica ritrova uno spessore culturale, etico e ideale; se si rafforzano la coesione sociale e il civismo. Può farcela se, come è accaduto in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dall unità d Italia, vive tra gli italiani un sincero, profondo e rinnovato sentimento nazionale; un patriottismo dolce, aperto e solidale, inteso come amore per il proprio paese e per il bene comune. 8

9 5. LA VIA ITALIANA ALLA GREEN ECONOMY L Italia, partita da un dopoguerra disastroso, è diventata una delle principali potenze economiche. Per spiegare questo miracolo ( )la ragione vera è che l Italia incorpora nei suoi prodotti una componente essenziale di cultura e che città come Roma, Milano, Firenze, Siena, Venezia, Napoli, Palermo, pur avendo infrastrutture carenti, possono vantare nel loro standard di vita una maggiore quantità di bellezza 1983) (John Kenneth Galbraith, E nella green economy il futuro dell Italia. Una prospettiva che riguarda tutto il mondo, ma che nel nostro paese ha forse perfino maggiori potenzialità che altrove, se saprà svilupparsi in forme originali. Quella che noi proponiamo è una via italiana alla green economy. L economia verde rappresenta oggi per l economia quello che l elettrificazione e l automobile prima e la rivoluzione informatica poi sono stati nel secolo scorso. E una straordinaria occasione per modernizzare e rendere più competitiva la nostra economia, un economia che ha il suo punto di forza in un sistema produttivo fatto prevalentemente da piccole e medie imprese legate al territorio. E una grande opportunità, al tempo stesso, per una prospettiva di sviluppo del Meridione, riducendo il divario che storicamente separa il Nord ed il Sud del paese. Dalla green economy possono nascere milioni di posti di lavoro, tra nuovi occupati e riconversione di attività esistenti. Già oggi, quando parliamo di green economy, parliamo di una sfida verso l innovazione che coinvolge decine di migliaia di imprese e riguarda molti settori: dal risparmio energetico alle fonti rinnovabili, dalla chimica all edilizia, dai trasporti agli elettrodomestici, dal turismo all agricoltura, dall high tech al riciclo dei rifiuti. Una sfida che in prospettiva, attraverso l innovazione ecologica di processo e di prodotto, può riguardare tutti i settori della nostra economia, nessuno escluso. L Italia, che ha la seconda economia manifatturiera d Europa, può stare dunque da protagonista nella nuova rivoluzione industriale dell economia a basso contenuto di carbonio, dell efficienza energetica e delle rinnovabili, delle tecnologie pulite, dei nuovi prodotti ecologici. Se parliamo di una via italiana alla green economy, al tempo stesso, è perché nel nostro paese la rivoluzione tecnologica e produttiva legata all economia verde incrocia la propensione alla qualità tipica di molte produzioni e molti territori. Può innestarsi su vocazioni che vengono dalla nostra storia e su un patrimonio ambientale di grande valore. Non è un caso che il meglio di sé, l Italia, riesca a darlo quando intreccia l economia con l ambiente, la forza dell innovazione con quella della tradizione, la tecnica con l arte, il manufatto con il design. L ambiente rappresenta in Italia, più che in altri paesi, un problema ma anche una straordinaria opportunità. C è l ambiente ferito dalle illegalità delle ecomafie, c è il paesaggio segnato dall abusivismo edilizio e dal consumo di suolo che distruggono la bellezza del nostro paese, c è l aria inquinata delle nostre città, c è un territorio fragile ed esposto al rischio idrogeologico, ci sono aree del paese dove la gestione dei rifiuti è in condizioni di drammatica arretratezza. Al tempo stesso però l Italia ha molte cose che il mondo ci invidia. Un patrimonio straordinario di civiltà, un intreccio irripetibile di storia, natura, cultura. Beni culturali ed ambientali, città d arte, la bellezza del 9

10 paesaggio. L agricoltura di qualità. Il saper fare le cose belle che piacciono al mondo. E un patrimonio da proteggere con attenzione e cura, che costituisce un punto di forza per la nostra economia, per il turismo, per il sistema manifatturiero, per una nuova stagione del made in Italy. Intrecciare tecnologia e bellezza, economia ecologica e qualità ambientale, tradizione e innovazione: sono queste le carte migliori che possiamo giocare per dare all Italia un nuovo ruolo in Europa e nel mondo. Sono questi gli elementi alla base della nostra idea di paese e della nostra identità nazionale. Ecco perché sosteniamo che l Italia può interpretare e declinare in modo originale la corsa alla green economy. Già nel corso di questi anni, nonostante la crisi economica, l Italia si è rafforzata in diversi settori puntando proprio sulla qualità e sulla innovazione. Molte nostre aziende sono già nel cuore della green economy. L economia verde è già qui. Lo confermano i dati che ci parlano di un vero e proprio boom delle rinnovabili: un quarto dell energia elettrica che consumiamo è ormai prodotta dalle rinnovabili. Lo confermano i numeri del rapporto Green Italy curato dalla Fondazione Symbola e Unioncamere: il 24% delle imprese italiane ha realizzato negli ultimi tre anni investimenti in tecnologie e prodotti green ; il 60% delle imprese manifatturiere medio-piccole, tra i 20 e i 500 dipendenti, punta oggi sull innovazione ecologica per rendere più efficienti i processi produttivi e intercettare nuova domanda di beni e servizi. Sono le stesse imprese che hanno conquistato una presenza più marcata sui mercati esteri e che più assumono. La green economy ha svolto in questi anni di crisi una rilevante funzione anti-ciclica: dal 55% per l efficienza energetica nell edilizia alle rinnovabili, dalla chimica verde all utilizzo delle materie prime seconde. Anche l economia verde, però, deve misurarsi con ostacoli e difficoltà di ogni tipo, che frenano e rischiano di compromettere il suo sviluppo. Le imprese e gli operatori si scontrano, soprattutto in questa fase, con grandi difficoltà di accesso al credito, oltre alle insopportabili lentezze delle procedure necessarie per avere un autorizzazione, alla pesantezza della burocrazia, alle leggi spesso contraddittorie e farraginose. C è un Italia che scommette sul futuro e che chiede alla politica di sostenere e guidare questo cambiamento. Lo testimonia il Manifesto per un futuro sostenibile dell Italia, promosso dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, sottoscritto da numerosi e qualificati esponenti di imprese ed organizzazioni economiche. La green economy cammina sulle gambe di chi lavora e produce, ma deve essere sostenuta e accompagnata da efficaci politiche industriali e fiscali, da una pubblica amministrazione efficiente, da leggi semplici e chiare, da un adeguato sistema di accesso al credito. Vanno in questo senso le Dieci proposte per l economia verde presentate dagli Ecologisti Democratici, come contributo ad un programma di governo per la prossima legislatura. 6. VERSO UNA SOCIETA ECOLOGICA: NUOVI VALORI E STILI DI VITA La crisi ha modificato comportamenti di consumo e stili di vita. Un dato ormai ampiamente acquisito. Minore è invece la consapevolezza che si tratta di un fenomeno strutturale, destinato cioè a non venir riassorbito, a crisi superata, dall inerzia di antiche consuetudini. ( ) Il termine sobrietà, se inteso in contrapposizione all ubriacatura di un recente passato, potrebbe costituire il minimo comun denominatore per connettere i nuovi stili di consumo. Sobrietà non significa rinuncia, ma presa di distanza dall eccesso, dall etilismo di un 10

11 consumo gridato, ostentato o anche soltanto inutile e inutilmente cospicuo (Giampaolo Fabris, La società post-crescita ) Scriveva molti anni fa Alex Langer: Né singoli provvedimenti, né un miglior ministero dell ambiente per quanto necessari e sacrosanti potranno davvero produrre la correzione di rotta, ma solo una rifondazione culturale e sociale di ciò che in una società si consideri desiderabile. E aggiungeva: Sinora si è agito all insegna del motto olimpico più veloce, più alto, più forte, che meglio di ogni altro rappresenta lo spirito della nostra civiltà. Bisognerebbe invece radicare una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in più lento, più profondo, più dolce, e cercare in quella prospettiva il nuovo benessere. Sembravano allora parole di un sognatore, un inguaribile idealista. Come cambiano i tempi: oggi è il Sole 24 ore, con parole non molto diverse, a dirci che è arrivata l ora del green style life. La crisi è l occasione non solo per sviluppare un economia più efficiente e sostenibile ma anche per affermare una nuova idea di benessere imperniata su valori, comportamenti, modelli di consumo orientati verso una green society. Sono valori e modelli di consumo oggi coltivati non più solo da piccole minoranze, ma da una parte sempre più larga della popolazione. Non è solo per effetto della crisi economica che si riducono i consumi, ma anche per l affermarsi di comportamenti più attenti alla riduzione degli sprechi e più orientati alla qualità dei beni che si comprano. La crisi ha incrinato l idea che il benessere corrisponda alla crescita illimitata dei consumi, che il concetto di benessere sia sinonimo di ben-avere. Siamo forse arrivati al capolinea di un modello di consumi fatto di febbre ossessiva del possesso, di ricerca compulsiva di oggetti da accumulare. Milioni di persone reagiscono alla crisi controllando meglio le spese, stando più attenti alla qualità e all utilità di quello che comprano: è una tendenza destinata probabilmente a durare, anche quando la crisi economica sarà stata superata. Consumare in modo più responsabile e intelligente, vivere con meno sprechi e maggiore sobrietà, non significa tornare indietro ad un era pre-industriale, o indicare modelli di masochistico ascetismo. Significa andare avanti, verso una qualità della vita migliore e perciò più desiderabile. Sobrietà è un modo di vivere più intelligente e responsabile. Un modo per non consumare la nostra stessa vita in una spirale nevrotica piena di oggetti ma povera di senso. Significa avere più tempo per sé e per le relazioni con gli altri. Difficile non essere d accordo con quanto ha scritto il cardinale Tettamanzi: L uomo consuma per vivere, non vive per consumare. Abbiamo bisogno di un tuffo nella sobrietà. Non si tratta di un concetto economico, o vivere all insegna del risparmio minuzioso, o astensione dai consumi. La sobrietà è è uno stile di vita complessivo, nelle parole, nell esibizione di sé, nell esercizio del potere come nei comportamenti quotidiani. Chi è sobrio non è indifferente, riesce a vedere anche l altro. Sobrietà non è solo uno stile di vita, ma anche un idea di società e di economia. Una economia capace di progettare e produrre beni durevoli anziché ad obsolescenza programmata; di fermare il devastante consumo di suolo e puntare sulla riqualificazione delle città; di mettere al centro l importanza dei beni comuni, quei beni comuni attorno ai quali, come hanno dimostrato i referendum dello scorso anno, sta crescendo una nuova e forte sensibilità dei cittadini. Insomma, un economia più a misura d uomo. Una green society è fatta di comportamenti che concorrono a costruire un economia più giusta e responsabile, è una società che valorizza il volontariato, la cittadinanza attiva, la solidarietà. Vanno in questa direzione le esperienze dei gruppi di acquisto solidale, come quelle del commercio equo e solidale. E arrivato anche il tempo di uscire dalla dittatura del Prodotto Interno Lordo, da quella logica che porta a individuare nel PIL l unico indicatore del benessere. Una logica distorta, perché il PIL non distingue tra beni e mali, non è un metro di misura infallibile e adeguato dello sviluppo umano. La via giusta è quella indicata da molti studiosi, tra i quali Stiglitz, Amartya Sen e Fitoussi, che hanno proposto nuovi e più completi indicatori del benessere. E arrivato il tempo che la politica, smettendola di ruotare 11

12 ossessivamente attorno al PIL come ad un totem, rinnovi il proprio vocabolario e guardi ai concetti di benessere e di sviluppo con una visione nuova, meno primitiva, più intelligente. 7. RICOSTRUIRE LA BUONA POLITICA Non voglio che venga ricordato come un eroe. Non lo era. Era solo un sindaco, una persona che amava la sua terra e voleva difenderne il territorio. Faceva il suo dovere perché era per quello che la gente lo aveva eletto. Ed è quello che dovrebbero fare tutti» (Angela Amendola, moglie di Angelo Vassallo) Senza troppi giri di parole, va detto che di fronte a noi c è un compito difficile ma assolutamente necessario di ricostruzione della politica. La crisi della politica non è un fenomeno solo italiano. Quasi ovunque, sopratutto in Europa, le forze politiche tradizionali sono in difficoltà. Cresce la sfiducia dei cittadini, mentre il clima di rabbia e paura causato dalla crisi è un terreno fertile per forze populiste di ogni tipo. La crisi della politica nasce anzitutto dalla sua debolezza. Svuotata di poteri reali a tutto vantaggio dei mercati finanziari, essa appare agli occhi dei cittadini impotente e inutile. I governi nazionali sembrano avere margini di scelta sempre più ristretti nell ambito di condizioni dettate dai mercati finanziari globali e da soggetti non eletti democraticamente. Un po ovunque le leadership politiche, alla ricerca affannosa di consensi sul breve termine ma terribilmente povere di idee per il futuro, non appaiono in grado né di soddisfare le aspettative degli elettori né di indicare nuovi orizzonti di progresso. In Italia, però, la crisi del sistema politico è ancora più acuta. Qui la situazione è particolarmente difficile perché il nostro sistema politico si è articolato - salvo poche eccezioni, tra le quali il PD - attorno a partiti personali e dalla struttura padronale, con un impressionante impoverimento di spessore etico e culturale e con una desolante assenza di democrazia. E a distanza di vent anni da Tangentopoli sono esplose nuovamente e in forme perfino più inquietanti gravi forme di corruzione e degenerazione. La crisi di oggi è, per tutte queste ragioni, ancora più grave di quella del 1992 e si configura come una drammatica crisi della rappresentanza democratica. Una crisi che coincide con la fine di un intero ciclo politico che ha caratterizzato la cosiddetta seconda Repubblica. Di fronte a noi c è l esigenza di una riorganizzazione del sistema politico, salvaguardando la democrazia dell alternanza con un bipolarismo inteso come civile confronto tra avversari e non come scontro distruttivo tra nemici. C è la necessità stringente di una riforma elettorale, auspicabilmente con un sistema maggioritario a doppio turno. Ma c è anche il compito di ricostruire la politica restituendole onore, forza, credibilità. La soluzione ai problemi italiani non è nella tecnocrazia né nel populismo. La soluzione è in una rigenerazione della politica. Solo con la buona politica si contrastano la sfiducia e il qualunquismo. Non basta dire, come pure va detto, che la democrazia non vive senza partiti. Non basta dire, come pure va detto, che i partiti non sono tutti uguali e che vi sono tanti amministratori pubblici, dirigenti politici e militanti che fanno ogni giorno il proprio dovere con onestà e correttezza. Il problema è che una democrazia vitale non è immaginabile con questo sistema politico. I partiti di massa del 900, nel bene e nel male, non torneranno. Ma neppure si può immaginare l Italia del futuro con partiti ridotti ad involucri poveri di idee e visioni del mondo, mere aggregazioni di potere senza capacità di formare e selezionare classi dirigenti, con un ceto politico improvvisato privo di competenze e di cultura politica, guidato non da passioni ma dalla ricerca di convenienze personali. 12

13 Serve una radicale e coraggiosa riforma. La politica deve da una parte riconquistare un ruolo effettivo di governo della società e dell economia, per tornare ad essere in grado di governare i processi reali e dunque ad essere percepita come utile. Dall altra deve riconquistare la fiducia dei cittadini attraverso una rigenerazione culturale e morale, con una ritrovata capacità di radicamento nella società. Una politica capace di ascoltare, capire e rappresentare anche l altra politica, quella che vive nelle tante forme di impegno civile e sociale che si esprimono anche al di fuori dei partiti e che si è espressa con forza anche in occasione dei referendum. La riforma della politica non consiste dunque solo nelle pur necessarie riforme elettorali e istituzionali. Per ridare credibilità ai partiti occorre un rinnovamento di uomini e di idee, bisogna aprirsi alle energie migliori della società, alla voglia di cambiamento, intercettando il desiderio di buona politica che c è in molti italiani. E occorre ridare un senso alla politica uscendo da una angusta e mediocre dimensione dal respiro corto, coltivando pensieri lunghi, tenendo insieme concretezza quotidiana e visione del futuro. 8. IL PD CHE VOGLIAMO Ci sono persone che guardano le cose come sono e si chiedono perché. Io sogno cose che non ci sono mai state, e mi chiedo: perché no? (Robert Kennedy) Nelle elezioni del 2013, conclusa la fase di transizione del governo tecnico, dovranno confrontarsi progetti politici diversi. Il PD deve stare in campo con un suo progetto, cosciente delle ragioni per cui è nato. Noi ecologisti l abbiamo voluta con particolare convinzione ed entusiasmo, la nascita del Partito Democratico, perché sentivamo che le vecchie carte geografiche non erano più sufficienti per navigare in mezzo alle sfide del nuovo secolo. Altri cambiano sigle e nomi ai partiti per ragioni di marketing. Noi pensiamo al contrario che ha senso costruire un partito nuovo, per ragioni non di facciata, quando si intuisce che si sta entrando in un passaggio d epoca e serve perciò un nuovo pensiero politico. Siamo tenacemente convinti che il PD è nato per questo: non solo per unire tradizioni politiche diverse provenienti dalla storia politica italiana del 900, ma per dare forza e voce al riformismo del 21 secolo, con una sintesi innovativa e feconda tra culture politiche di ispirazione ecologista, socialista, cattolico democratica, liberale. Il PD che vogliamo è un partito consapevole delle ragioni per cui è nato e con esse coerente. Tanto più perché la crisi esplosa nel 2008 conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che le sfide inedite di questo passaggio d epoca non si vincono guardando al passato. La crisi che viviamo non può essere affrontata né con le tradizionali ricette della sinistra del 900, né con un approccio moderato e subalterno al neoliberismo. L alternativa non può essere oggi quella di scegliere tra un riformismo vecchio e un riformismo debole in un remake di antiche discussioni tra statalismo e mercatismo. Ciò di cui c è oggi bisogno è al tempo stesso di più forti ed efficaci politiche pubbliche capaci di regolare i mercati finanziari, orientare l economia verso la sostenibilità, ridurre le disuguaglianze, promuovere una maggiore equità sociale riformando il welfare; di mercati aperti alla concorrenza e liberalizzazioni che rompano incrostazioni corporative, con un alleggerimento da insopportabili e ipertrofiche pesantezze burocratiche, con la valorizzazione del merito in ogni sfera; di una società capace di autoorganizzarsi, valorizzando la sussidiarietà e la cittadinanza attiva. Ciò di cui oggi c è bisogno, al tempo stesso, è un nuovo paradigma dello sviluppo fondato sulla sostenibilità ambientale e sociale. Il PD che vogliamo è un partito in grado di guidare la rinascita dell Italia e cosciente di essere, a soli quattro anni dalla sua nascita, ad un bivio decisivo. Se saprà interpretare nel migliore dei modi questo 13

14 difficile passaggio della storia italiana potrà essere il perno dell Italia che verrà; se al contrario non ci riuscirà rischia invece di essere travolto nella frana del sistema politico della seconda repubblica, lasciando il campo a pericolosi populismi o a soluzione tecnocratiche. Decisivo è mettere in campo un progetto credibile di governo e di cambiamento del paese, e al tempo stesso rappresentare un alternativa, agli occhi degli italiani, anche dal punto di vista morale e culturale. Il PD che vogliamo è un partito che ha l ambizione di parlare direttamente a tutti gli italiani, che non delega ad altri la rappresentanza di questo o quel tema, questo o quel settore della società. In questo senso la rappresentanza dei valori di chi coltiva una visione del futuro attenta al rapporto con l ambiente, come delle aspettative di chi lavora e produce nella green economy, non può essere delegata ad altre formazioni politiche, ma può e deve trovare piena espressione nel PD. Il PD che vogliamo è un partito che non si limita a proclamare di voler divenire il più grande partito ecologista italiano ed europeo, ma che lo diventa veramente. Il PD che vogliamo è un partito che considera i beni comuni come la base su cui costruire un futuro di sviluppo e di benessere. Il PD che vogliamo è un partito che contrasta l'antipolitica nel modo più efficace e utile, e cioè con la buona politica, la correttezza, la trasparenza, la moralità. Pur non essendo paragonabile ad altri partiti travolti dal degrado e dal discredito, il partito davvero nuovo che abbiamo immaginato e voluto innovativo, aperto, partecipato - ancora non c è. O vince la buona politica quella attenta alla vita vera delle persone; che tiene lontani maneggioni ed affaristi; che contrasta l esasperato, nevrotico individualismo, e lo sgomitare affannoso e insensato di chi ha solo ossessione per il potere senza passione per le idee; la politica che tira fuori le energie migliori di ciascuno, che ci fa sentire parte di un cammino con gli altri o altrimenti il progetto stesso del PD non ce la farà. Il PD che vogliamo è un partito che decide di sciogliere le correnti per divenire un partito più aperto e libero. Un partito nel quale vivono storie e culture diverse, che sanno però mescolarsi senza fossilizzarsi in appartenenze correntizie. Un partito dove ciascuno porta liberamente le proprie idee e viene valorizzato per i propri meriti. Un partito che rispetta il principio delle pari opportunità tra uomini e donne. Il PD che vogliamo è un partito che, amministrando Regioni, Province e Comuni, sa rispondere di più e meglio ai problemi ambientali delle tante parti d Italia in cui governa, sviluppando sistemi di mobilità urbana sostenibile, garantendo una corretta pianificazione del territorio, gestendo con efficacia il ciclo dei rifiuti e dell acqua, facendo dell ambiente e dell economia verde il tratto distintivo di una nuova stagione del buongoverno locale della sinistra. 9. PER UN NUOVO AMBIENTALISMO POLITICO Niente è più potente di un idea il cui tempo è giunto (Victor Hugo) In tutti i paesi occidentali si assiste da tempo ad una forte crescita di attenzione e di sensibilità attorno ai temi ambientali. L ambiente è ormai una questione centrale nella percezione dell opinione pubblica. Crescono aspirazioni verso stili di vita più orientati a comportamenti ecologicamente sostenibili, mentre attorno alla green economy prende corpo una nuova economia, fatta di migliaia di imprese e nuove professioni. Dentro la crisi economica più grave degli ultimi decenni cresce la convinzione che l ambiente rappresenti una opportunità. Prende corpo così un intreccio di valori, interessi, culture che produce nuove domande di rappresentanza politica. Da ciò derivano non solo i successi elettorali di formazioni politiche di ispirazione ecologista in molti paesi europei, a cominciare dalla Germania, ma anche lo sforzo di molte forze politiche più tradizionali di mettere maggiormente al centro della propria proposta politica i temi ambientali. Per la politica questa diviene dunque una frontiera sempre più decisiva, anche perché mentre le culture politiche più tradizionali 14

15 fanno fatica a mobilitare speranze, mettere l ambiente al centro del discorso politico consente invece di proporre un idea di futuro desiderabile.. E una sfida per la politica. Ma anche l ambientalismo è di fronte ad una prova di maturità. Niente fa più male alle buone ragioni dell ambiente di un certo ambientalismo minoritario, tanto fondamentalista quanto miope, prigioniero di sindromi nimby e capace solo di dire no a tutto. Se vogliamo fare dell ambiente la bussola che guida il cambiamento dell economia e della società, quella ecologista deve farsi sempre più cultura di governo, lontana da ogni minoritarismo e da ogni fondamentalismo, capace di unire in modo coerente concretezza quotidiana e visione del futuro, obiettivi locali e dimensione globale. L ambientalismo, per vincere, deve saper indicare un progetto di cambiamento credibile, un idea di futuro che possa avere il consenso della maggioranza delle persone. In Italia il vuoto che si è determinato sia per effetto della profonda crisi del partito dei Verdi sia per i ritardi e le sottovalutazioni delle altre forze politiche rende ancora più forte e urgente la necessità di dare piena rappresentanza politica alle ragioni di un moderno ambientalismo. Il PD, fin dalla sua nascita, ha indicato l ambiente come una delle priorità, riconoscendo la cultura ecologista tra le culture fondative. Nel corso di questi primi anni di vita molti passi avanti sono stati fatti nella elaborazione programmatica, grazie anche al ruolo propulsivo svolto dagli Ecodem. Ma tutto ciò non basta ancora al PD per essere percepito dalla maggioranza degli italiani come un partito dal forte e coerente profilo ecologista. Ancora troppe timidezze, troppe esitazioni ne frenano le potenzialità. La scommessa di fare del PD, come è stato più volte proclamato, il più grande partito ecologista italiano ed europeo, è una sfida ancora in larga parte da vincere. Potrà essere vinta solo con un più forte e coraggioso rinnovamento culturale, politico, programmatico. 10. GLI ECOLOGISTI DEMOCRATICI In questa notte scura, qualcuno di noi, nel suo piccolo, é come quei "lampadieri" che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all'indietro, appoggiata sulla spalla - con il lume in cima. Così, il "lampadiere" vede poco davanti a sè - ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri. Qualcuno ci prova. Non per eroismo o narcisismo, ma per sentirsi dalla parte buona della vita. Per quello che si è (Tom Benettollo) Noi ci abbiamo creduto talmente tanto, nel progetto del PD, da averlo addirittura anticipato nei tempi. Talmente tanto da aver mescolato fin dall inizio le nostre storie di provenienza: ci accomuna una visione del futuro, non le appartenenze del passato. Talmente tanto da aver dato vita non ad una corrente, ma ad una associazione che ha l unico scopo di aiutare il PD a radicarsi nella società ed abitare nel futuro. In questi anni abbiamo seminato idee, proposte, cultura politica. Abbiamo indicato la necessità di un new deal ecologico prima ancora che scoppiasse la crisi del Abbiamo proposto la green economy come chiave per uno sviluppo sostenibile prima ancora che l economia verde cominciasse a crescere nella società italiana. Ci siamo battuti per costruire un moderno ambientalismo capace di far cadere il muro tra ecologia e economia. Sono risultati che possiamo rivendicare a testa alta, ma non è ancora abbastanza. Abbiamo avuto un ruolo importante nel far crescere la sensibilità verso l ambiente nel PD, contribuendo a fargli assumere posizioni chiare e vincenti come in occasione del referendum sul nucleare. Abbiamo contribuito a rafforzare nei suoi programmi il ruolo dell economia verde. Ma non ci nascondiamo che il PD fa ancora fatica ad assumere un più marcato e coerente profilo ambientalista. 15

16 Abbiamo contribuito, grazie all impegno degli ecodem eletti nel Parlamento e nelle istituzioni locali, al raggiungimento di importanti risultati nelle politiche ambientali nazionali e locali. Ma ancora troppo pochi sono gli ecologisti presenti nelle istituzioni. La nostra associazione è nata con alcuni obiettivi chiari: aiutare il PD a divenire un grande e moderno partito ecologista; rinnovare l ambientalismo superando definitivamente ogni logica minoritaria e fondamentalista; offrire un luogo di partecipazione a quanti, soprattutto giovani, trovano nelle questioni ambientali la principale ragione di impegno politico. Per raggiungere pienamente questi obiettivi abbiamo oggi bisogno di un salto di qualità sia dal punto di vista politico che organizzativo della nostra associazione. Non ci stancheremo di ripetere che non siamo una corrente del PD, ma una associazione di tutti gli ecologisti che riconoscono nel PD un punto di riferimento, aperta anche a chi non è iscritto al partito. Al PD chiediamo di riconoscere a tutti i livelli l associazione come strumento utile per lo sviluppo della propria politica, come forma innovativa, aperta e dinamica, di partecipazione politica. Abbiamo costruito, attraverso i circoli territoriali e le strutture regionali, una presenza degli ecodem in ogni parte del paese. Ma abbiamo un radicamento ancora insufficiente, se misurato rispetto alle nostre potenzialità ed alle nostre ambizioni. Dovremo dunque rendere più efficace il nostro modo di lavorare, rafforzare l associazione, moltiplicare il numero dei circoli e degli aderenti, sviluppare la capacità di iniziativa politica in ogni territorio, divenire ancora di più punto di riferimento per le culture e le aspettative che si muovono attorno all ambiente e all economia verde. Ci aspettano tempi difficili, ma anche sfide affascinanti. Ci muove la convinzione che spesso la soluzione ai problemi è lì, a portata di mano, ma non si riesce a vederla perché incapaci di immaginare qualcosa di diverso dall esistente. Ci muove l idea che la crisi, per quanto dura, sia anche una formidabile occasione di cambiamento. Ci muove la ragionevole speranza che la rivoluzione ecologica sia la chiave di volta per la costruzione di un futuro desiderabile. 16

17 ECOLOGISTI DEMOCRATICI Allegato al documento congressuale L ITALIA CHE VOGLIAMO: DIECI PROPOSTE PER USCIRE DALLA CRISI In che modo si può uscire dalla crisi? Come si fa ripartire l economia e si crea lavoro? La rotta giusta per uscire dalla crisi, in Europa e nel mondo, è nella crescita di una nuova economia ecologica per uno sviluppo sostenibile. Un new deal ecologico che cammina su due gambe: la rivoluzione industriale e tecnologica legata alla green economy, e un cambiamento culturale verso una nuova idea di benessere e diversi stili di vita. In questa sfida, un paese come l Italia ha la possibilità di innestare la modernizzazione ecologica del sistema industriale e manifatturiero su un patrimonio straordinario di civiltà, bellezza, creatività, e sulle vocazioni di territori ad alta qualità ambientale. Una via italiana alla green economy, che potrà tanto più svilupparsi quanto più sarà sostenuta da efficaci politiche industriali, fiscali, ambientali. L economia verde è dunque uno dei pilastri fondamentali per la ricostruzione dell Italia. Le nostre proposte vogliono essere di stimolo all attuale governo per le misure più immediate da adottare già in questa fase - ed al tempo stesso obiettivi da mettere al centro di un programma di più lungo periodo per la prossima legislatura. Dieci proposte che disegnano anche un idea di futuro. 1. MODERNIZZAZIONE ECOLOGICA DELL INDUSTRIA ITALIANA. E una scommessa decisiva per dare alla nostra industria manifatturiera (la seconda in Europa) un ruolo nella nuova rivoluzione industriale dell economia verde. Proponiamo di rilanciare il progetto di politica industriale intrapreso con Industria 2015 (avviato nel 2006 per rilanciare l innovazione industriale puntando in particolare su efficienza energetica, made in italy, mobilità sostenibile, e successivamente svuotato dal governo Berlusconi) con un nuovo programma Industria 2020, imperniato su politiche di sostegno alla ricerca ed alla innovazione finalizzate allo sviluppo della green economy nei principali settori manifatturieri (tecnologie e materiali per l efficienza energetica e la produzione di energia da fonti rinnovabili; industria dell auto e mobilità sostenibile; nuovi materiali e chimica verde ; filiere industriali connesse al riciclo ed all utilizzo efficiente delle materie prime; eco design, ecc.). 17

18 Si tratta di sviluppare politiche industriali che, favorendo l innovazione sia di processo che di prodotto, orientino l industria manifatturiera italiana verso l innovazione ecologica, la qualità ambientale, l uso efficiente dell energia e delle materie. Un esempio di attualità è quello connesso alla rivoluzione degli shopper: il divieto di commercializzazione e produzione di sacchetti di plastica non biodegradabili, un nostro successo che ha aperto la strada a nuovi prodotti più ecosostenibili promuovendo la chimica verde. Sull obiettivo di una modernizzazione ecologica del sistema industriale vanno concentrate le risorse disponibili - a partire da quelle del Fondo rotativo per Kyoto e quelle derivanti dalla quota sui diritti di emissione di C02 - anche riformando il sistema dei sussidi alle imprese oggi spesso erogati senza adeguati criteri selettivi. E necessario anche sviluppare accordi di programma tra distretti produttivi, poli scientifici e tecnologici, Università e centri di ricerca (a partire dall ENEA), accordi volontari con le imprese, sistemi di certificazione. 2. FISCALITA ECOLOGICA. Vogliamo un sistema fiscale più giusto che promuova una maggiore equità, combatta l evasione e favorisca il lavoro e la produzione rispetto alla rendita ma anche al tempo stesso capace di orientare l economia verso l innovazione ecologica. Per questo proponiamo una riforma in senso ecologico del sistema fiscale che, a parità di gettito, alleggerisca la pressione sul lavoro e sull impresa spostando il carico verso i consumi di energia e di materie prime, incentivi produzioni e consumi ambientalmente virtuosi disincentivando quelli più inquinanti. La leva della fiscalità ecologica quanto più possibile coordinata su scala europea ed in linea con gli obiettivi della strategia Europa può dare un contributo importante ad un rilancio verde dell economia. Questa strategia deve ispirare anche i provvedimenti più immediati del Governo e del Parlamento, a cominciare dalla attuazione della legge delega di riforma del sistema tributario. Proponiamo inoltre in particolare: a) l incentivazione di produzioni che utilizzano materie prime seconde, sviluppando la filiera del riciclo; l Italia, paese povero di materie prime, può divenire uno dei leader mondiali nell uso efficiente delle risorse e del riciclo, sostenendo con la leva fiscale il mercato dei prodotti riciclati; b) una riforma della fiscalità urbanistica capace di rovesciare la logica perversa che oggi induce molti Comuni, anche a causa delle ristrettezze finanziarie, ad incrementare il consumo di suolo, premiando al contrario la riqualificazione delle città e del patrimonio edilizio esistente; c) l utilizzo della carbon tax, possibilmente in maniera coordinata sul piano europeo, per favorire la costruzione di una economia low carbon. 3. MADE IN ITALY, AGRICOLTURA, TURISMO, PARCHI: LA SFIDA DELLA QUALITA. Lo sviluppo dell economia verde può avere in Italia una declinazione originale e con grandi potenzialità. Se è vero che la sfida della qualità è decisiva per la competitività delle imprese e dei sistemi territoriali, la carta vincente per l Italia come già dimostrano esperienze di successo cresciute in questi anni - sta nella capacità di incrociare la modernizzazione ecologica del sistema manifatturiero con la valorizzazione delle vocazioni e dei tradizionali punti di forza del nostro paese, con quel saper fare le cose belle che piacciono al mondo che costituisce un tratto distintivo della nostra stessa identità nazionale. Servono perciò politiche per tutelare il patrimonio ambientale, storico, paesistico; promuovere nel mondo il made in Italy, difendendolo da imitazioni e contraffazioni; sviluppare il turismo di qualità; 18

19 sviluppare le produzioni agroalimentari legate al territorio e le produzioni biologiche; valorizzare il sistema dei parchi e tutelare la biodiversità. 4. CLIMA ED ENERGIA: L ITALIA PROTAGONISTA. Dopo gli anni dei governi di centrodestra, che hanno visto l Italia schierata su posizioni di retroguardia, ora, dopo la Conferenza di Durban, il nostro paese deve tornare ad essere in prima linea nella costruzione di un nuovo accordo globale per il clima entro il 2015 e nella attuazione del c.d. Kyoto 2, a cominciare dalla assunzione dell obiettivo su scala europea di una riduzione del 30% delle emissioni entro il L Italia deve giocare un ruolo di protagonista anche nella rivoluzione energetica, che può rappresentare per il nostro paese un volano per l occupazione e la green economy, ed al tempo stesso una garanzia di indipendenza e di sicurezza. Solo con un nuovo modello energetico potremo rendere il nostro sistema sicuro, competitivo, sostenibile. Dopo il referendum che ha sancito il definitivo abbandono del nucleare è più che mai urgente dotare il nostro paese di una nuova strategia energetica. Gli scenari di lungo periodo dipendono anche da decisioni che devono essere assunte nei prossimi mesi. L Italia, come dimostrano i risultati raggiunti nel giro di pochi anni nello sviluppo delle rinnovabili - ad esempio nel fotovoltaico - può ancora collocarsi tra i leader mondiali delle energie rinnovabili: occorre però muoversi bene e in fretta. Per questo va convocata una Conferenza nazionale sull energia. Essenziale è garantire un quadro certo, chiaro ed efficace di regole per lo sviluppo delle rinnovabili: altrimenti, come dimostra la vicenda dei decreti emanati dal governo Monti, in particolare quello sul quinto conto energia per il fotovoltaico, si rischia di soffocare un settore decisivo per il nostro futuro. L Italia, in sintonia con gli obiettivi comunitari al 2020 e con la Roadmap 2050 della Commissione Europea, deve puntare su una strategia di efficienza energetica e sullo sviluppo delle rinnovabili, per arrivare a produrre entro il 2030 almeno il 50% dell elettricità da fonti rinnovabili ed a ridurre dell 80% le emissioni di gas serra entro il A tal fine bisogna garantire un sistema certo e adeguato di incentivi fino al raggiungimento della grid parity, adeguare la rete elettrica (smart grid e sistemi di accumulo), rafforzare gli incentivi per l energia termica da rinnovabili e per l efficienza energetica. Una nuova strategia energetica deve prevedere inoltre una riduzione progressiva dei consumi di petrolio e il rafforzamento al ruolo essenziale del gas, completando i processi di liberalizzazione e realizzando le infrastrutture necessarie (rigassificatori, gasdotti, stoccaggi); deve escludere un incremento dell uso del carbone, sviluppando al contempo la sperimentazione delle tecniche di cattura della CO2. Proponiamo di: a) emanare rapidamente i decreti attuativi ancora mancanti per le rinnovabili (energia elettrica e termica) in modo da garantire un quadro certo di incentivazioni; b) responsabilizzare le Regioni per il raggiungimento degli obiettivi territoriali ( burden sharing ) per le rinnovabili; c) avviare un programma per l efficienza ed il risparmio di energia in tutti i settori (industria, servizi, edilizia, trasporti) in grado di ridurre i costi delle bollette e le emissioni di gas serra, di migliorare la competitività delle imprese e creare nuovi posti di lavoro; d) rendere permanenti le detrazioni fiscali (55%) per la riqualificazione energetica degli edifici privati; e) avviare piani straordinari nazionali e locali per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici (scuole, ospedali, uffici) e per il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, nonchè per la messa in sicurezza antisismica, con l istituzione di un Fondo di rotazione per l efficienza energetica. f) anticipare negli strumenti urbanistici dei Comuni l attuazione degli obiettivi previsti dalla nuova direttiva europea sugli standard energetici delle nuove costruzioni (verso edifici a consumo zero o quasi zero ) 19

20 g) semplificare le modalità autorizzative per gli impianti di energia rinnovabile, garantendo tempi certi per la loro realizzazione ed un corretto inserimento nel territorio. 5. OPERE PUBBLICHE: PRIORITA LA DIFESA DEL SUOLO. Nell Italia delle frane e delle alluvioni, con oltre 5 milioni di persone in pericolo, la più grande opera pubblica oggi necessaria non può che essere l insieme di interventi che riguarda la difesa del suolo, la prevenzione del dissesto idrogeologico, la manutenzione del territorio. Proponiamo in particolare di: a) ripristinare quanto più possibile, dopo i drammatici tagli degli ultimi anni, i finanziamenti per la difesa del suolo, destinando comunque a tale obiettivo almeno 1/3 dei fondi Cipe; b) consentire agli enti locali la deroga al patto di stabilità per gli investimenti in questo settore; c) adottare un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, considerando che a fronte di eventi meteorologici sempre più intensi occorre anche un aggiornamento della mappa della vulnerabilità del territorio; d) potenziare il ruolo dell agricoltura nelle funzioni di tutela del territorio; e)semplificare e riordinare le competenze istituzionali, oggi farraginose e confuse; f) intensificare la lotta all abusivismo edilizio, frenare il consumo di suolo, delocalizzare gli insediamenti a maggior rischio. Più in generale, se vogliamo che gli investimenti sulle opere pubbliche producano benefici rapidi per l economia bisogna concentrarsi anzitutto su migliaia di piccole e medie opere, aprendo subito i cantieri per la manutenzione di scuole, ferrovie e strade, per la riqualificazione delle città, per completare i sistemi di depurazione delle acque e di trattamento dei rifiuti. Per quanto riguarda le grandi infrastrutture di trasporto, dopo la stagione dei roboanti annunci sulle grandi opere ed il fallimento della legge obiettivo, a maggior ragione in una stagione di risorse pubbliche scarse, bisogna cancellare definitivamente dalla programmazione opere sbagliate come il Ponte sullo Stretto, rivedere le priorità puntando anzitutto sul trasporto su ferro e via mare, ricondurre ogni scelta infrastrutturale dentro una coerente politica di modernizzazione ecologica del sistema dei trasporti e di riequilibrio modale. 6. SERVIZI PUBBLICI LOCALI. Il sistema dei servizi pubblici locali rappresenta un settore fondamentale per la green economy, considerando le attività già in essere dall energia ai rifiuti, dai trasporti all acqua e quelle che potranno essere intraprese. Sono servizi che richiedono al tempo stesso salvaguardia dell interesse pubblico e efficiente gestione industriale. Devono essere accompagnati questo è un aspetto particolarmente importante in funzione del rilancio dell economia da investimenti per la realizzazione di impianti ed infrastrutture (dalle reti per 20

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