Il Cantiere MENSILE DI INFORMAZIONE DELLA PARROCCHIA SAN BERNARDO - CASTEL ROZZONE MARZO NUMERO 3 ANNO XIV. Continua a pag.

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1 Il Cantiere MENSILE DI INFORMAZIONE DELLA PARROCCHIA SAN BERNARDO - CASTEL ROZZONE MARZO NUMERO 3 ANNO XIV Per me è un occasione propizia per ringraziare tutti, specialmente i fedeli della Diocesi di Roma, mentre mi accingo a concludere il ministero petrino, e per chiedere un particolare ricordo nella preghiera. La rinuncia di Benedetto XVI arriva dopo che il pontefice stesso aveva proclamato il 2013 Anno della fede e nel mezzo dell elaborazione di un attesissima enciclica, destinata a rimanere incompiuta. Continua a pag. 4

2 SOMMARIO DIRETTORE RESPONSABILE DON RICCARDO CASTELLI Tel. Casa Parr Cell REDAZIONE Orietta Testa Michela Ferri Giuseppe Xhilone SITO WEB PARROCCHIALE Antonio Bosco PAGINE & PAROLE Paola Montella Claudia Brambilla Michela Cavenago Massimiliano Lava Yari Viganò PAG. 3 ANNO DELLA FEDE A livello di parrocchie - comunità PAG. 4 ANNO DELLA FEDE La rinuncia di Papa Benedetto XVI PAG. 5 DOPO IL 28 FEBBRAIO In attesa della sede vacante PAG. 8 CARITAS AMBROSIANA Essere la casa e la scuola della comunione Il Cantiere Notiziario mensile della Parrocchia San Bernardo di Castel Rozzone PAG. 9 CONTINUA LA STORIA 3G don Bosco 2013 PAG. 11 ARTE A CURA DI BEATRICE RESMINI Entrati in vibrazioni di L. Ravasio PAG. 13 CULTURA A CURA DI MICHELA FERRI Anche l arte e Vangelo PAG. 14 EDITORIALE A cura di don Riccardo PAG. 18 RITO DI AMMISSIONE Dei 14 Chierichetti PAG. 19 IL CARNEVALE Di Luca Coletta PAG. 20 CARNEVALE 2013 Di Mirko PAG. 21 FESTA DEL PAPA 19 MARZO Poesie di Luca Coletta PAG. 22 CARTOLINA DA... Di Irena B. PAG. 23 GATEAU DI PATATE Chef Massimiliano PAG. 24 SOSTEGNO CAMPAGNA 2013 Caro lettore continua... Per informazioni e corrispondenza rivolgersi alla Redazione presso la Casa Parrocchiale o scrivere all indirizzo di posta elettronica ilcantiere2@gmail.com 2 Stampato in proprio Direttore Responsabile Don Riccardo Castelli

3 IV. A livello di parrocchie - comunità - associazioni - movimenti 1. In preparazione all Anno della fede, tutti i fedeli sono invitati a leggere e meditare attentamente la Lettera apostolica Porta fidei del Santo Padre Benedetto XVI. 2. L Anno della fede «sarà un occasione propizia per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell Eucaristia». Nell Eucarestia, mistero della fede e sorgente della nuova evangelizzazione, la fede della Chiesa viene proclamata, celebrata e fortificata. Tutti i fedeli sono invitati a prendervi parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente, per essere autentici testimoni del Signore. 3. I sacerdoti potranno dedicare maggior attenzione allo studio dei Documenti del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica, traendone frutto per la pastorale parrocchiale la catechesi, la predicazione, la preparazione ai sacramenti e proponendo cicli di omelie sulla fede o su alcuni suoi aspetti specifici, come ad esempio, l incontro con Cristo, i contenuti fondamentali del Credo, la fede e la Chiesa 4. I catechisti potranno attingere maggiormente alla ricchezza dottrinale del Catechismo della Chiesa Cattolica e guidare, sotto la responsabilità dei rispettivi parroci, gruppi di fedeli per la lettura e il comune approfondimento di questo prezioso strumento, al fine di creare piccole comunità di fede e di testimonianza del Signore Gesù. 5. Nelle parrocchie si auspica un rinnovato impegno nella diffusione e nella distribuzione del Catechismo della Chiesa Cattolica o di altri sussidi adatti alle famiglie, autentiche chiese domestiche e luoghi primari di trasmissione della fede, ad esempio nel contesto delle benedizioni delle case, dei Battesimi degli adulti, delle Confermazioni, dei Matrimoni. Ciò potrà contribuire alla confessione e all approfondimento della dottrina cattolica «nelle nostre case e presso le nostre famiglie, perché ognuno senta forte l esigenza di conoscere meglio e di trasmettere alle generazioni future la fede di sempre». 6. Sarà opportuno promuovere missioni popolari e altre iniziative, nelle parrocchie e nei luoghi di lavoro, per aiutare i fedeli a riscoprire il dono della fede battesimale e la responsabilità della sua testimonianza, nella consapevolezza che la vocazione cristiana «è per sua natura anche vocazione all apostolato». 7. In questo tempo, i membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica sono sollecitati ad impegnarsi nella nuova evangelizzazione, con una rinnovata adesione al Signore Gesù, mediante l apporto dei propri carismi e nella fedeltà al Santo Padre ed alla sana dottrina. 8. Le Comunità contemplative durante l Anno della fede dedicheranno una particolare intenzione alla preghiera per il rinnovamento della fede nel Popolo di Dio e per un nuovo slancio nella sua trasmissione alle giovani generazioni. 9. Le Associazioni e i Movimenti ecclesiali sono invitati a farsi promotori di specifiche iniziative che, mediante il contributo del proprio carisma e in collaborazione con i Pastori locali, si inseriscano nel grande evento dell Anno della fede. Le nuove Comunità e i Movimenti ecclesiali, in modo creativo e generoso, sapranno trovare i modi più adeguati per offrire la loro testimonianza di fede al servizio della Chiesa. 10. Tutti i fedeli, chiamati a ravvivare il dono della fede, cercheranno di comunicare la propria esperienza di fede e di carità dialogando coi loro fratelli e sorelle, anche delle altre confessioni cristiane, con i seguaci di altre religioni, e con coloro che non credono, oppure sono indifferenti. In tal modo si auspica che l intero popolo cristiano inizi una sorta di missione verso coloro con cui vive e lavora, nella consapevolezza di aver «ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti». 3

4 Conclusione La fede «è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell oggi della storia, la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo». La fede è un atto personale ed insieme comunitario: è un dono di Dio, che viene vissuto nella grande comunione della Chiesa e deve essere comunicato al mondo. Ogni iniziativa per l Anno della fede vuole favorire la gioiosa riscoperta e la rinnovata testimonianza della fede. Le indicazioni qui offerte hanno lo scopo di invitare tutti i membri della Chiesa ad impegnarsi perché quest Anno sia occasione privilegiata per condividere quello che il cristiano ha di più caro: Cristo Gesù, Redentore dell uomo, Re dell Universo, «autore e perfezionatore della fede» (Eb 12, 2). Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 6 gennaio 2012 Solennità dell Epifania del Signore. William Card. Levada Prefetto Luis F. Ladaria, S.I. Arcivescovo titolare di Thibica Segretario continua dalla copertina C è qualcosa che non convince in alcune ricostruzioni dei moventi che avrebbero indotto Benedetto XVI alla dolorosa decisione di rinunciare al papato. Sulla questione si sono divise anche le due massime agenzie informative della Santa Sede: l Osservatore romano e la Direzione della sala stampa. Senza entrare nei dettagli della controversia tra le differenti versioni, ci limitiamo ad osservare alcuni dati di fatto che non collimano con l ipotesi di una deliberazione lungamente ponderata. Benedetto XVI ha continuato ad assumere impegni gravosi per il 2013, che aveva tra l altro proclamato Anno della fede, con l idea di celebrarlo anche con una sua attesissima enciclica, rimasta in fase di avanzata elaborazione, ma non al punto di poter essere pubblicata prima del 28 febbraio prossimo. Qualcosa di grave dev essere quindi intervenuto a modificare la pianificazione delle attività pontificie. Un evento o altro all origine di un profondo turbamento. Non è azzardato ipotizzare che dalla sua lettura, o dalla visione del suo abstract, Joseph Ratzinger abbia potuto apprendere l effettiva ampiezza dell opposizione domestica - e forse non solo - che lo ha cinto d assedio, traendone il convincimento che fosse impossibile venirne a capo ed andare avanti. Quanto è stato ascoltato nel corso della solenne liturgia delle Ceneri rafforza i sospetti in questa direzione, con gli accenni alle divisioni della Chiesa, alle ambizioni che alcuni covano al 4 suo interno e con la preghiera conclusiva rivolta a San Pietro di proteggere l istituzione. Non possiamo escludere che l abdicazione - una forma di protesta radicale - proprio a questo possa servire: provocare un azzeramento e favorire un grande ricambio generazionale ai vertici della Chiesa. Benedetto XVI probabilmente assisterà in silenzio e da lontano al Conclave che sceglierà il suo successore. Ma potrebbe contribuire nei prossimi giorni ad indicare i requisiti della figura che a suo avviso dovrebbe emergere. Un ecclesiastico carismatico, ad esempio, capace di unire su basi nuove la gerarchia e la comunità dei fedeli, magari mettendo mano a riforme profondissime, che potrebbero coinvolgere non solo la Curia ma persino la dottrina.

5 Dalle di giovedì 28 febbraio 2013 Benedetto XVI, a seguito delle sue dimissioni, è diventato Romano Pontefice Emerito, il primo della storia «moderna». Essendo un evento straordinario, al di là delle considerazioni personali che ognuno di noi può fare su tale decisione, sono tante le domande che sorgono spontanee. E in questo articolo, fondato su notizie tratte da fonti ecclesiastiche attendibili, cercheremo di rispondere ad alcune di esse. Il Papa può rinunciare al suo Ministero? Nella Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, del beato Giovanni Paolo II, è più volte nominata l ipotesi della rinuncia del Sommo Pontefice al suo ufficio. Ed anche nella Costituzione Quoniam di Papa Bonifacio VIII (successore di Papa Celestino V, anche lui Pontefice dimissionario) si legge che il Romano Pontefice può liberamente dimettersi. N.B. Le Costituzioni Apostoliche sono documenti papali o conciliari che contengono insegnamenti e disposizioni di particolare importanza ed il loro titolo normalmente riprende le prime parole del documento stesso. Il Papa dopo la sua rinuncia ritorna a ricoprire la carica precedente alla sua elezione? Quando un Cardinale, come nel caso di Benedetto XVI, viene eletto Pontefice rinuncia alla dignità cardinalizia e, pertanto, successivamente alla rinuncia del Pontificato, non può tornare ad essere Cardinale, ma resta la sua consacrazione episcopale. Rivolgendosi a lui lo si potrà chiamare Sua Santità Benedetto XVI emerito o Romano Pontefice emerito. Manterrà l abito talare bianco, senza la mantellina. Non indosserà più le scarpe rosse, simbolo del martirio per la Chiesa, ma delle scarpe di cuoio che gli sono state donate da un artigiano di Leon durante il suo viaggio in Messico. È vero che l Anello del Pescatore viene distrutto? Bisogna fare una precisazione. Esistono due oggetti che si chiamano Anello del Pescatore (Anulus piscatoris) così chiamati poiché su entrambi vi è rappresentato San Pietro in atto di tirare le reti da pesca: - il primo è l anello in metallo prezioso che il Papa riceve in dono dal Cardinale Decano durante la celebrazione d inizio del Ministero Petrino e che indossa al dito anulare della mano destra e sul quale viene inciso il nome del Pontefice. Fino al 1842 questo anello serviva per imprimere con la cera il sigillo del Papa sulle comunicazioni e i documenti scritti da egli stesso. - il secondo è un timbro utilizzato con inchiostro rosso, che ha sostituito la sigillatura precedentemente descritta. È il timbro che viene annullato durante il periodo di Sede Vacante. L anello invece potrebbe restare, in questo caso, a Benedetto XVI che ne potrà disporre come crede. Cosa succede quando inizia la Sede Vacante? Alle ore di giovedì 28 febbraio il Papa ha lasciato vacante la sede Pontificia e alla stessa ora le Guardie Svizzere hanno chiuso il portone e hanno lasciato il Palazzo del Vaticano. In Vaticano, la Camera Apostolica riunita, il cardinale Tarcisio Bertone ha preso la ferula (il bastone) del Camerlengo e ha aperto ufficialmente la Sede Vacante, apponendo i sigilli allo studio e alla camera del Pontefice. Compito del Decano del Collegio dei Cardinali, Angelo Sodano, convocare le Congregazioni generali a partire dal 1º marzo, che dovrebbero già iniziare i lavori lunedì 4 marzo e successivamente proclamare l inizio del Conclave. Durante i lavori delle Congregazioni generali i cardinali sono liberi di alloggiare dove preferiscono. Solo in prossimità del Conclave andranno tutti ad abitare nella Domus Santa Marta in Vaticano. Nel frattempo Benedetto XVI dimorerà a Castel Gandolfo e successivamente, quando i locali saranno ristrutturati, nell ex monastero di clausura voluto fortemente dal Beato Giovanni Paolo II nei Giardini Vaticani. 5

6 Cos è il Conclave? Il Conclave, dal latino cum clave chiuso a chiave, è l insieme dei Cardinali elettori che si riuniscono prima nella Basilica di San Pietro per celebrare la Missa Pro eligendo Romano Pontefice e poi nella Cappella Sistina per l elezione del Pontefice. Il termine deriva da un evento storico ben preciso: nel 1271 i viterbesi, stanchi dopo tre anni di indecisioni dei cardinali, li chiusero a chiave (cum clave, appunto) nella grande sala del palazzo papale fino a che non ebbero scelto il nuovo papa. Il nuovo papa avrebbe portato il nome di Gregorio X. Cos è il Motu Proprio emanato da Papa Benedetto XVI? - È un breve documento che apporta qualche modifica alle norme vigenti relative all elezione del Pontefice per assicurare il migliore svolgimento delle elezioni stesse e una più certa interpretazione ed attuazione di alcune disposizioni della Costituzione Apostolica Universi Dominici gregis. Queste, in sintesi, le innovazioni o delucidazioni indicate nel Motu Proprio: - nessun Cardinale elettore potrà essere escluso dall elezione per nessun motivo o pretesto; - l inizio del Conclave potrà essere anticipato o posticipato solo su decisione del Collegio Cardinalizio; - la normativa vigente prevede che si attendano 15 giorni interi gli assenti prima di iniziare il Conclave e che, trascorsi al massimo venti giorni dall inizio della Sede Vacante, si proceda comunque ad avviare le elezioni. Benedetto XVI con il Motu Proprio introduce la possibilità di anticipare il Conclave, nel caso in cui tutti i Cardinali elettori abbiano raggiunto la Santa Sede. I Cardinali che comunicano in modo appropriato l impossibilità a partecipare al Conclave per motivi di salute o impedimenti gravi sono esonerati dallo stesso; - viene sottolineato l obbligo di stretto segreto da parte di chiunque venga a conoscenza di ciò che concerne le elezioni e gli scrutini. A questo scopo i partecipanti al Conclave dovranno preventivamente prestare giuramento, in presenza di due Protonotari, consapevoli che, in caso di infrazione, la pena è la scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica. Per facilitare il corretto svolgersi delle elezioni Benedetto XVI ha disposto che, per tutto il periodo, il territorio della Città del Vaticano e tutti gli uffici aventi sede nello stesso siano ben regolati e che durante il percorso dagli appartamenti alla Cappella Sistina i Cardinali elettori non siano avvicinati da nessuno; - viene eletto Pontefice chi riceverà i due terzi dei voti calcolati sulla base degli elettori presenti e votanti. Solo dal 35º scrutinio si provvederà al ballottaggio dei due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, ma verrà eletto comunque chi, tra i due, avrà ottenuto almeno i due terzi delle preferenze. Dopo tre giorni di scrutini senza esito si dispone che un giorno venga dedicato alla preghiera, alla riflessione e al dialogo affinché si possa serenamente giungere all elezione di un nuovo Pontefice. A fine elezione con esito positivo il Cardinale Decano chiede all eletto se intende accettare la nomina e, nel caso di risposta affermativa, ne chiede il nome pontificale. Il nuovo Pontefice viene quindi accompagnato nella Stanza delle Lacrime per la solenne vestizione; - è stato elevato il numero dei Cerimonieri da due a otto: queste figure hanno il compito di consegnare e ritirare le schede delle elezioni dalle mani dei Cardinali elettori e il nuovo numero permetterà un risparmio di tempo che potrà essere dedicato invece all elezione stessa; - la messa per il Pontefice da eleggere, Missa Pro eligendo Romano Pontefice, che apre ufficialmente il Conclave verrà celebrata dal Decano del Collegio Cardinalizio, cardinale Angelo Sodano, anche se lo stesso per raggiunti limiti di età (i Cardinali elettori non possono avere più di 80 anni), non entrerà nella Cappella Sistina per le votazioni. 6

7 Chi può essere eletto Pontefice? Per essere eletto Romano Pontefice il candidato deve essere un battezzato nella Chiesa Cattolica, di sesso maschile e che non ha contratto un matrimonio cattolico. Quindi un candidato può essere: - vescovo cattolico: colui che riceve la pienezza del sacramento dell Ordine che lo inserisce nel Collegio episcopale e fa di lui il capo visibile della Chiesa particolare che gli è affidata. I Vescovi, in quanto successori degli Apostoli e membri del Collegio, hanno parte alla responsabilità apostolica e alla missione di tutta la Chiesa sotto l autorità del Papa, Successore di San Pietro; - presbitero cattolico: uomo unito ai Vescovi nella dignità sacerdotale e nello stesso tempo dipende da essi nell esercizio delle sue funzioni pastorali; è chiamato ad essere saggio collaboratore dei Vescovi; riuniti attorno al loro Vescovo formano il «presbiterio», che insieme con lui porta la responsabilità della Chiesa particolare. Essi ricevono dal Vescovo la responsabilità di una comunità parrocchiale o di una determinata funzione ecclesiale; - diacono cattolico: è un ministro ordinato per gli incarichi di servizio della Chiesa; non riceve il sacerdozio ministeriale, ma l ordinazione gli conferisce funzioni importanti nel ministero della parola, del culto divino, del governo pastorale e del servizio della carità, compiti che deve assolvere sotto l autorità pastorale del proprio Vescovo. Non fa voto di celibato; - laico cattolico. La Redazione L ultimo saluto di Benedetto XVI : Non abbandono la Chiesa 7

8 AL SERVIZIO DI UN NUOVO VOLTO DI CHIESA Questa seconda parte del sussidio è riferita ai temi che verranno affrontati nel Convegno in occasione della Giornata Diocesana Caritas. Tra le eredità del Concilio Vaticano II possiamo senz altro annoverare anche l immagine comunionale e comunitaria della Chiesa. Viviamo tempi di profondi cambiamenti anche in ambito ecclesiale: in questi anni sono sorte numerose Comunità Pastorali e il numero probabilmente andrà ad aumentare. Può quindi essere questa un occasione propizia per riprendere questa importante eredità che ci ha lasciato il Concilio. 1. ESSERE LA CASA E LA SCUOLA DELLA COMUNIONE È stato a partire dal Concilio che i cristiani sono tornati a porre al centro il tema della comunione. Come ricorda Enzo Bianchi in una riflessione in occasione dei 40 anni del Concilio: Il Vaticano II ha riaffermato con chiarezza che la chiesa locale è la catholica, chiesa di Dio radunata attorno al vescovo successore degli apostoli, e principio di comunione tra le differenti componenti ecclesiali e i diversi ministeri con cui è edificato il corpo di Cristo. Si è giunti persino a forgiare l espressione ecclesiologia di comunione, a dire che la Chiesa non è, come per secoli si era ritenuto, una piramide gerarchica, bensì una comunione compaginata sinfonicamente dallo Spirito Santo (cfr. A quarant anni dal Concilio Vaticano II ). È evidente che c è ancora molto da fare in questa direzione, così come è evidente quanto sia cruciale questo aspetto. Al punto che Giovanni Paolo II l ha definita la grande sfida per essere fedeli al disegno di Dio e rispondere alle attese del modo: quella appunto di fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione (cfr. n. 43 Novo Millennio Ineunte ). A questa affermazione seguono alcune indicazioni che cercano di vincere la tentazione immediata dell operatività per indirizzarsi verso un atteggiamento fondante. Giovanni Paolo II infatti invita non tanto a promuovere iniziative concrete ma a promuovere una spiritualità della comunione. Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell unità profonda del corpo mistico dunque come uno che mi appartiene... Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c è nell altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio... è infine saper fare spazio al fratello portando i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie. Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita. Sono parole molto forti su cui varrebbe la pena di soffermarsi. Anche nelle nostre comunità può serpeggiare la competizione, la diffidenza, la gelosia; ci può essere la tentazione del dominio o si può partecipare alla vita ecclesiale sentendosi più appartenenti ad un determinato gruppo che non alla Chiesa. Quello della comunione non può essere solo uno slogan fra i tanti. Come ricorda Enzo Bianchi nella riflessione già richiamata la Chiesa è camminare insieme nella storia verso il Regno. Concretamente le comunità cristiane sono chiamate a proseguire tale cammino trovando mezzi di attuazione della sinodalità e della sussidiarietà.... Solo se si apriranno concreti cammini di attuazione della comunione ecclesiale potranno crescere delle comunità cristiane mature e la chiesa potrà veramente essere percepita come luogo in cui apprendere la comunione da parte delle nuove generazioni cristiane e degli uomini tutti, i quali cercano segni di comunione in un mondo solcato da divisioni, rivalità, inimicizie. Secondo le parole stesse di Gesù, infatti, dalla qualità della comunione vissuta dai cristiani dipende anche il giudizio dei non credenti su di loro (cfr. A quarant anni dal Concilio Vaticano II ). Sussidio Caritas 8

9 3G don Bosco 2013 Continuare a raccontarvi i momenti belli e significativi della 3G don Bosco 2013 Anche quest anno il nostro oratorio ha organizzato dei pomeriggi da trascorrere insieme ai nostri ragazzi in memoria di Don Bosco. Dopo la merenda e il gioco libero, il tempo è stato caratterizzato da tre momenti: - il canto d inizio Anche tu così tutti insieme in sala giochi - la suddivisione dei bambini in tre gruppi in base all età (materna/1 e 2 elementare, 3 e 4 elementare, 5 elementare/medie) ognuno dei quali veniva introdotto in un aula a rotazione nel corso dei 3 giorni - la preghiera e il canto finale tutti insieme in cappellina Tre aule dell oratorio sono state attrezzate e decorate e ognuna di esse aveva un nome: IL DONO L AMICIZIA LO STUPORE. Due amici con le loro vignette ci hanno condotto: W e GB. Io mi sono affiancata a Fabiola ed Enrica nella stanza dello STUPORE.e questo è lo stato d animo che mi sono portata a casa alla fine di tutti e tre i pomeriggi. Si perché in queste splendide occasioni che ci vengono offerte non finirò mai di STUPIRMI di cosa sono capaci di pensare i nostri bambini: dai tre anni in su, tutti hanno espresso con parole, gesti, disegni, espressioni del viso quello che hanno colto nel percorso in cui li abbiamo accompagnati. Che bello ascoltare i bambini di 1 e 2 elementare leggere le vignette dei nostri compagni di viaggio ai più piccoli della materna!! W e GB ci hanno insegnato che non dobbiamo avere fretta nella vita, ma dobbiamo imparare ad assaporare ogni momento. Ci hanno rassicurato sul fatto che, nonostante tutti i nostri difetti e le nostre insicurezze, c è sempre qualcuno che ci ama la famiglia, gli amici, i catechisti..gesù. Ci hanno fatto capire che anche il seme più piccolo e insignificante può dar vita ad un albero maestoso e colmo di frutti, quindi non dobbiamo fermarci all apparenza ma approfondire la conoscenza per gustarne le qualità. E che gioia nel vederli aprire con ansia i pacchi regalo che trovavano nella stanza. Solo uno però conteneva un dono: per i più piccoli era un sacchetto di semi, che è stato condiviso con altruismo con tutti coloro che erano rimasti STUPITI nel non trovare nulla nei loro pacchetti (qualcuno ha detto che dove non c era nulla c era lo Spirito Santo: fantastico!!) E del seme, piccolo ed apparentemente insignificante, i piccoli hanno saputo riconoscere la sua importanza: anche un piccolo gesto o un piccolo segno possono fare del bene. Per gli altri due gruppi invece il dono era una matita, oggetto che ha suscitato non poco STUPORE. Sentimento che è stato appagato nella sua interrogazione dalla lettura di un brano del libro di Paulo Coelho Sono come il fiume scorre. Una nonna spiega a suo nipote le caratteristiche della matita, che viene paragonata alla persona, (così amava definirsi anche Madre Teresa: sono una piccola matita nelle mani di Dio): 9

10 - la matita viene guidata da una mano, così come i nostri passi sono guidati da Dio - la matita ogni tanto deve essere temperata perché scriva al meglio, così anche l uomo deve soffrire un po perché diventi migliore - la matita può essere cancellata dalla gomma, così anche gli errori che commettiamo possono essere corretti e noi possiamo ritornare sulla retta via - la matita può avere un aspetto stupendo, ma sarà un ottima matita solo se la sua grafite sarà di buona qualità, così è necessario guardarci dentro molto spesso per capire da che parte stiamo andando e che persone siamo e vogliamo diventare - la matita lascia sempre un segno, così anche l uomo con le sue azioni lascia tracce di sé, belle o brutte che siano Poi i ragazzi hanno scelto una di queste caratteristiche che più sentivano loro, l hanno riportata su una matita disegnata su un cartoncino e poi ne hanno condiviso la scelta con tutto il gruppo. Sono uscite espressioni bellissime di amore e di amicizia, intenzioni sincere di voler metterci tutto l impegno per diventare una persona migliore, disposta ad ascoltare le necessità del prossimo, dotata di quell umiltà che permette di ammettere i propri errori e di perdonare quelli dell altro. E il mio STUPORE nel vedere esprimere questi profondi concetti da bambini, alcuni dei quali conosco poco oppure incontro in altre situazioni, altri ancora che a prima vista sembrano disattenti e frettolosi, è stato davvero grande. Questa è la ricchezza che porto dentro di me dopo tre pomeriggi intensi e festosi con Don Bosco e i nostri ragazzi. Grazie!! Paola 10

11 Il 13 febbraio si è conclusa la mostra dedicata alle opere di Luigi Ravasio presso la Sala Consiliare Polivalente del nostro comune, di cui vi lasciamo alcune riflessioni e presentazione di alcuni suoi capolavori ARTE a cura di Beatrice Resmini Entrare a contatto per la prima volta con le opere di Luigi Ravasio è in un certo senso fuorviante. Il nostro umano bisogno di etichettare, di collocare, di definire ciò con cui entriamo in contatto non trova appagamento davanti alle tele di questo artista. Un continuo mutamento di percezione ci muove e le definizioni che vorremmo trovare si alternano, si scontrano, si allontanano e infine ci dovremo arrendere all inevitabile: nessuna categoria può contenere in toto l opera di Ravasio. Avremmo la tentazione di cominciare dicendo che di tratta di opere astratte, ma commetteremmo il primo errore, subito messo in luce dai titoli che accompagnano ogni opera: Nastro e due dischi motori, Venite più su, Alla sorgente della luce... Si tratta di composizioni, è vero, ma non di composizioni astratte, bensì della messa su tela del processo di interiorizzazione, cristallizzazione e rielaborazione della realtà da parte dell artista. Le composizioni di Luigi Ravasio richiamano la solidità delle architetture rinascimentali per la matematica ricerca di proporzione e armonia che le muove e per la leggerezza del risultato finale. Presuppongono un tempo di ideazione lento, costante, minuzioso, quel tempo di cui Ravasio ha bisogno perché a contatto con la tela e gli oli la realtà riaffiori condita di ricordi, di impressioni, di legami e si trasformi in forme, colori, piani. Le tele di Ravasio sono come la tastiera di un pianoforte, dove un tasto premuto fa risuonare la cassa di mille vibrazioni e dove gli echi rimbalzano a distanza, nonostante a primo impatto ci colpisca la timbricità dei colori e la definizione geometrica delle superfici. La nitidezza delle tele di Ravasio suggerisce una pulizia di ideazione che avvicina l opera dell artista alle scienze esatte, alla matematica pura, ai teoremi logici e essenziali che reggono le armonie dell universo. La matematica della progettazione non è però un operazione algida e inespressiva, ma un azione fortemente partecipata da parte dell artista. Come la matematica rappresenta una decantazione della realtà ma dalla realtà parte e alla realtà arriva, le opere di Luigi Ravasio sono rappresentazione di universi concreti, distillati dalla sensibilità, dalla mente e dalla mano dell artista. Chiaramente non vediamo sulla tela la realtà, ma ciò che l esperienza della realtà ha creato nell intimità dell artista. Ravasio accosta nel suo modus operandi due estremi: l emotività e la razionalizzazione. Difficile stabilire quale dei due aspetti venga primo, forse è più corretto affermare che l uno consegua dall altro in un continuo scambio e dialogo. La volontà di ricreare universi algebrici è evidente nel risultato finale dell opera di Ravasio, ma tali universi ospitano vita. La ricerca matematica non è che uno strumento necessario, ma non prevarica mai la vitalità del risultato finale, non cristallizza mai in superfici fredde immutabili e concluse l invenzione artistica. La geometria perfetta non è lo scopo finale della composizione, ma mezzo. Rinascimento quindi, per la compresenza di rigore geometrico e calore umano; ma per queste stesse caratteristiche potremmo accostare l opera di Luigi Ravasio anche alla composizione musicale. D altra parte anche la forte componente dinamica delle composizioni ricorda fortemente la musica come scienza. Anche la musica è una scienza matematica, che si basa su una razionalizzazione del tempo in battute, quarti, ottavi, sul calcolo delle distanze sonore in toni e semitoni, ma tutto questo calcolo fa sì che il risultato finale faccia nascere emozioni, tocchi le corde più profonde di ogni individuo, stimoli suggestioni, ricordi, suggerisca fughe, relazioni, storie, passioni, commuova e diverta. 11

12 Se avessimo l occasione di vedere Luigi Ravasio all opera non ci troveremmo di fronte a un artista che riempie uno spazio bianco, ma a un uomo e una tela che si riempiono a vicenda della sostanza del vissuto; le forme che nascono sulla tela fanno emergere idee e ricordi nella mente di Ravasio e tali idee si concretizzano in nuove forme che si accostano sulla tela in un interscambio continuo. Per questo la domanda Nasce prima il titolo o l opera non ha risposta. O meglio, opera e titolo nascono in contemporanea perché sono il risultato delle medesime suggestioni messe in campo bilateralmente dalla mente e dai colori. La strada percorsa da Luigi Ravasio è una strada assolutamente personale, e nel percorrerla l artista compie una scelta che tiene conto dei molti stimoli dell arte contemporanea ma che sfugge a qualsiasi ismo volessimo applicargli, rimanendo fedele solamente alle suggestioni che il sincretismo tra vissuto e colori mette in campo. Beatrice Resmini LUIGI RAVASIO entrati in vibrazione 12

13 CULTURA a cura di Michela Ferri Anche l arte è Vangelo! Lo sapevi, lettore nostro? Ricordo di averla letta non appena era stata divulgata: nella Lettera agli artisti del 1999, Papa Giovanni Paolo II affermava che proprio grazie all attività artistica «la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la predicazione evangelica si rende più trasparente all intelligenza degli uomini», riprendendo la Gaudium et spes. Nella lettera citava, inoltre, il teologo Marie Dominique Chenu, che sosteneva che lo storico della teologia farebbe un discorso incompleto, se non riservasse la dovuta attenzione alle realizzazioni artistiche, che siano letterarie o anche plastiche, e che costituiscono, a loro modo, non soltanto delle illustrazioni, ma dei veri luoghi di insegnamento del Vangelo. Per fare un veloce riepilogo, in questo testo Papa Giovanni Paolo II parlava dell arte davanti al mistero del Verbo incarnato, dell alleanza feconda tra il Vangelo e l arte, così come del loro dialogo che non deve mai interrompersi. Parlava, poi, del bisogno che la Chiesa ha dell arte, e si chiedeva anche: «L arte ha bisogno della Chiesa?». Di fronte a questo interrogativo sfido ogni lettore a non rimanere disarmato! La risposta di Papa Giovanni Paolo II alla sua stessa domanda è la seguente (ve la riporto perché è invincibile) : «La domanda può apparire provocatoria. In realtà, se intesa nel giusto senso, ha una sua motivazione legittima e profonda. L artista è sempre alla ricerca del senso recondito delle cose, il suo tormento è di riuscire ad esprimere il mondo dell ineffabile. Come non vedere allora quale grande sorgente di ispirazione possa essere per lui quella sorta di patria dell anima che è la religione? Non è forse nell ambito religioso che si pongono le domande personali più importanti e si cercano le risposte esistenziali definitive? Di fatto, il soggetto religioso è fra i più trattati dagli artisti di ogni epoca. La Chiesa ha fatto sempre appello alle loro capacità creative per interpretare il messaggio evangelico e la sua concreta applicazione nella vita della comunità cristiana. Questa collaborazione è stata fonte di reciproco arricchimento spirituale. In definitiva ne ha tratto vantaggio la comprensione dell uomo, della sua autentica immagine, della sua verità. E emerso anche il peculiare legame esistente tra l arte e la rivelazione cristiana. Ciò non vuol dire che il genio umano non abbia trovato suggestioni stimolanti anche in altri contesti religiosi. Basti ricordare l arte antica, specialmente quella greca e romana, e quella ancora fiorente delle antichissime civiltà dell Oriente. Resta vero, tuttavia, che il cristianesimo, in virtù del dogma centrale dell incarnazione del Verbo di Dio, offre all artista un orizzonte particolarmente ricco di motivi di ispirazione. Quale impoverimento sarebbe per l arte l abbandono del filone inesauribile del Vangelo!». Anche questa risposta ci disarma, lettore nostro! La bellezza che salva è quella che dobbiamo cercare nell arte, e che dobbiamo accogliere sempre con stupore. E così, Papa Giovanni Paolo II riprendeva tre dei miei autori preferiti. Qui ne cito solo uno, Dostoevskij, il più recente dei tre: «la bellezza salverà il mondo»! Michela Ferri 13

14 In Pietro ci riconosciamo Chiesa EDITORIALE a cura di don Riccardo I recenti eventi legati sia alla dimissione «a sorpresa» di Papa Benedetto XVI dal ministero petrino sia al Conclave in corso per eleggere il 266º successore dell Apostolo Pietro, letti alla luce dell imminente avvenimento pasquale, mi inducono a riflettere un po sulla figura di «Pietro», qualsiasi volto assuma tra i 115 Cardinale elettori. Dopo Gesù, Pietro è il personaggio più noto e citato negli scritti neotestamentari: viene menzionato 154 volte con il soprannome di Pétros, «pietra», «roccia», che è traduzione greca del nome aramaico datogli direttamente da Gesù Kefa, attestato 9 volte soprattutto nelle lettere di Paolo; si deve poi aggiungere il frequente nome Simòn (75 volte), che è forma grecizzata del suo originale nome ebraico Simeòn (2 volte: At 15, 14; 2 Pt 1, 1). Dalla figura di Pietro emergono tre tratti distintivi - PIETRO IL PESCATORE; PIETRO L APOSTOLO E PIETRO LA ROCCIA - che, mi auguro, possano essere acquisiti e riconosciuti anche nel «nuovo Pietro» che il Signore vorrà donare alla Sua e nostra Chiesa. Pietro, il pescatore Simone appare nei Vangeli con un carattere deciso e impulsivo; egli è disposto a far valere le proprie ragioni anche con la forza (si pensi all uso della spada nell Orto degli Ulivi: cfr Gv 18, 10s). Al tempo stesso, è a volte anche ingenuo e pauroso, e tuttavia onesto, fino al pentimento più sincero (cfr Mt 26, 75). I Vangeli consentono di seguirne passo passo l itinerario spirituale. Il punto di partenza è la chiamata da parte di Gesù. Avviene in un giorno qualsiasi, mentre Pietro è impegnato nel suo lavoro di pescatore. Gesù si trova presso il lago di Genèsaret e la folla gli fa ressa intorno per ascoltarlo. Il numero degli ascoltatori crea un certo disagio. Il Maestro vede due barche ormeggiate alla sponda; i pescatori sono scesi e lavano le reti. Egli chiede allora di salire sulla barca, quella di Simone, e lo prega di scostarsi da terra. Sedutosi su quella cattedra improvvisata, si mette ad ammaestrare le folle dalla barca (cfr Lc 5, 1-3). E così la barca di Pietro diventa la cattedra di Gesù. Quando ha finito di parlare, dice a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». Simone risponde: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5, 4-5). Gesù, che era un falegname, non era un esperto di pesca: eppure Simone il pescatore si fida di questo Rabbi, che non gli dà risposte ma lo chiama ad affidarsi. La sua reazione davanti alla pesca miracolosa è quella dello stupore e della trepidazione: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5, 8). Gesù risponde invitandolo alla fiducia e ad aprirsi ad un progetto che oltrepassa ogni sua prospettiva: «Non temere; d ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5, 10). Pietro non poteva ancora immaginare che un giorno sarebbe arrivato a Roma e sarebbe stato qui «pescatore di uomini» per il Signore. Egli accetta questa chiamata sorprendente, di lasciarsi coinvolgere in questa grande avventura: è generoso, si riconosce limitato, ma crede in colui che lo chiama ed insegue il sogno del suo cuore. Dice di sì - un sì coraggioso e generoso -, e diventa discepolo di Gesù. È la legge esigente della sequela: bisogna saper rinunciare, se necessario, al mondo intero per salvare i veri valori, per salvare l anima, per salvare la presenza di Dio nel mondo (cfr Mc 8, 36-37). Anche se con fatica, Pietro accoglie l invito e prosegue il suo cammino sulle orme del Maestro. Pietro, l apostolo Cominciamo con la vicenda della moltiplicazione dei pani. Voi sapete che il popolo aveva ascoltato il Signore per ore. Alla fine Gesù dice: Sono stanchi, hanno fame, dobbiamo dare da mangiare a questa gente. Gli Apostoli domandano: Ma come? E Andrea, il fratello di Pietro, attira l attenzione di Gesù su di un ragazzo che portava con sé cinque pani e due pesci. Ma che sono per tante persone, si chiedono gli Apostoli. Ma il Signore fa sedere la gente e distribuire questi cinque pani e due pesci. E tutti si saziano. Anzi, il Signore incarica gli Apostoli, e tra loro Pietro, di raccogliere gli abbondanti avanzi: dodici canestri di pane (cfr Gv 6, 12-13). Successivamente la gente, vedendo questo miracolo - che sembra essere il rinnovamento, così atteso, di una nuova «manna», del dono del pane dal cielo - vuole farne il proprio re. Ma Gesù non accetta e si ritira sulla montagna a pregare tutto solo. Il giorno dopo, Gesù sull altra riva del lago, nella sinagoga di Cafarnao, interpretò il miracolo - non nel senso di una regalità su Israele con un potere di questo mondo nel modo sperato dalla folla, ma nel senso del dono di sé: «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6, 51). Gesù annuncia la croce e con la croce la vera moltiplicazione dei pani, il pane eucaristico - il suo modo assolutamente nuovo di essere re, un modo totalmente contrario alle aspettative della gente. Noi possiamo capire che queste parole 14

15 del Maestro - che non vuol compiere ogni giorno una moltiplicazione dei pani, che non vuol offrire ad Israele un potere di questo mondo - risultassero veramente difficili, anzi inaccettabili, per la gente. «Dà la sua carne»: che cosa vuol dire questo? E anche per i discepoli appare inaccettabile quanto Gesù dice in questo momento. Era ed è per il nostro cuore, per la nostra mentalità, un discorso «duro» che mette alla prova la fede (cfr Gv 6, 60). Molti dei discepoli si tirarono indietro. Volevano uno che rinnovasse realmente lo Stato di Israele, del suo popolo, e non uno che diceva: «Io do la mia carne». Possiamo immaginare che le parole di Gesù fossero difficili anche per Pietro, che a Cesarea di Filippo si era opposto alla profezia della croce. E tuttavia quando Gesù chiese ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?», Pietro reagì con lo slancio del suo cuore generoso, guidato dallo Spirito Santo. A nome di tutti rispose con parole immortali, che sono anche le nostre parole: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (cfr Gv 6, 66-69). Qui, come a Cesarea, con le sue parole Pietro inizia la confessione della fede cristologica della Chiesa e diventa la bocca anche degli altri Apostoli e di noi credenti di tutti i tempi. Ciò non vuol dire che avesse già capito il mistero di Cristo in tutta la sua profondità. La sua era ancora una fede iniziale, una fede in cammino; sarebbe arrivato alla vera pienezza solo mediante l esperienza degli avvenimenti pasquali. Ma tuttavia era già fede, aperta alla realtà più grande - aperta soprattutto perché non era fede in qualcosa, era fede in Qualcuno: in Lui, Cristo. Così anche la nostra fede è sempre una fede iniziale e dobbiamo compiere ancora un grande cammino. Ma è essenziale che sia una fede aperta e che ci lasciamo guidare da Gesù, perché Egli non soltanto conosce la Via, ma è la Via. La generosità irruente di Pietro non lo salvaguarda, tuttavia, dai rischi connessi con l umana debolezza. È quanto, del resto, anche noi possiamo riconoscere sulla base della nostra vita. Pietro ha seguito Gesù con slancio, ha superato la prova della fede, abbandonandosi a Lui. Viene tuttavia il momento in cui anche lui cede alla paura e cade: tradisce il Maestro (cfr Mc 14, 66-72). La scuola della fede non è una marcia trionfale, ma un cammino cosparso di sofferenze e di amore, di prove e di fedeltà da rinnovare ogni giorno. Pietro che aveva promesso fedeltà assoluta, conosce l amarezza e l umiliazione del rinnegamento: lo spavaldo apprende a sue spese l umiltà. Anche Pietro deve imparare a essere debole e bisognoso di perdono. Quando finalmente gli cade la maschera e capisce la verità del suo cuore debole di peccatore credente, scoppia in un liberatorio pianto di pentimento. Dopo questo pianto egli è ormai pronto per la sua missione. In un mattino di primavera questa missione gli sarà affidata da Gesù risorto. L incontro avverrà sulle sponde del lago di Tiberiade. È l evangelista Giovanni a riferirci il dialogo che in quella circostanza ha luogo tra Gesù e Pietro. Vi si rileva un gioco di verbi molto significativo. In greco il verbo «filéo» esprime l amore di amicizia, tenero ma non totalizzante, mentre il verbo «agapáo» significa l amore senza riserve, totale ed incondizionato. Gesù domanda a Pietro la prima volta: «Simone... mi ami tu (agapâs - me)» con questo amore totale e incondizionato (cfr Gv 21, 15)? Prima dell esperienza del tradimento l Apostolo avrebbe certamente detto: «Ti amo (agapô - se) incondizionatamente». Ora che ha conosciuto l amara tristezza dell infedeltà, il dramma della propria debolezza, dice con umiltà: «Signore, ti voglio bene (filô - se)», cioè «ti amo del mio povero amore umano». Il Cristo insiste: «Simone, mi ami tu con questo a- more totale che io voglio?». E Pietro ripete la risposta del suo umile amore umano: «Kyrie, filô - se», «Signore, ti voglio bene come so voler bene». Alla terza volta Gesù dice a Simone soltanto: «Fileîs - me?», «mi vuoi bene?». Simone comprende che a Gesù basta il suo povero amore, l unico di cui è capace, e tuttavia è rattristato che il Signore gli abbia dovuto dire così. Gli risponde perciò: «Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene (filô - se)». Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù! È proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell infedeltà. Da qui nasce la fiducia che lo rende capace della sequela fino alla fine: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: Seguimi» (Gv 21, 19). Da quel giorno Pietro ha «seguito» il Maestro con la precisa consapevolezza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé del Risorto. Pietro mostra così anche a noi la via, nonostante tutta la nostra debolezza. Sappiamo che Gesù si adegua a questa nostra debolezza. Noi lo seguiamo, con la nostra povera capacità di amore e sappiamo che Gesù è buono e ci accetta. È stato per Pietro un lungo cammino che lo ha reso un testimone affidabile, «pietra» della Chiesa, perché costantemente aperto all azione dello Spirito di Gesù. Pietro, la roccia su cui Cristo ha fondato la Chiesa L evangelista Giovanni, raccontando del primo incontro di Gesù con Simone, fratello di Andrea, 15

16 registra un fatto singolare: Gesù, «fissando lo sguardo su di lui, disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Kefa (che vuol dire Pietro)» (Gv 1, 42). Gesù non era solito cambiare il nome ai suoi discepoli. Se si eccettua l appellativo di «figli del tuono», rivolto in una precisa circostanza ai figli di Zebedeo (cfr Mc 3, 17) e non più usato in seguito, Egli non ha mai attribuito un nuovo nome ad un suo discepolo. Lo ha fatto invece con Simone, chiamandolo Kefa, nome che fu poi tradotto in greco Petros, in latino Petrus. E fu tradotto proprio perché non era solo un nome; era un «mandato» che Petrus riceveva in quel modo dal Signore. Il nuovo nome Petrus ritornerà più volte nei Vangeli e finirà per soppiantare il nome originario Simone. Il dato acquista particolare rilievo se si tiene conto che, nell Antico Testamento, il cambiamento del nome preludeva in genere all affidamento di una missione (cfr Gn 17, 5; 32, 28 ss. ecc.). Di fatto, la volontà di Cristo di attribuire a Pietro uno speciale rilievo all interno del Collegio apostolico risulta da numerosi indizi: a Cafarnao il Maestro va ad alloggiare nella casa di Pietro (Mc 1, 29); quando la folla gli si accalca intorno sulla riva del lago di Genesaret, tra le due barche lì ormeggiate, Gesù sceglie quella di Simone (Lc 5, 3); quando in circostanze particolari Gesù si fa accompagnare da tre discepoli soltanto, Pietro è sempre ricordato come primo del gruppo: così nella risurrezione della figlia di Giairo (cfr Mc 5, 37; Lc 8, 51), nella Trasfigurazione (cfr Mc 9, 2; Mt 17, 1; Lc 9, 28), e infine durante l agonia nell Orto del Getsemani (cfr Mc 14, 33; Mt 16, 37). E ancora: a Pietro si rivolgono gli esattori della tassa per il Tempio ed il Maestro paga per sé e per lui soltanto (cfr Mt 17, 24-27); a Pietro per primo Egli lava i piedi nell ultima Cena (cfr Gv 13, 6) ed è per lui soltanto che prega affinché non venga meno nella fede e possa confermare poi in essa gli altri discepoli (cfr Lc 22, 30-31). Pietro stesso è, del resto, consapevole di questa sua posizione particolare: è lui che spesso, a nome anche degli altri, parla chiedendo la spiegazione di una parabola difficile (Mt 15, 15), o il senso esatto di un precetto (Mt 18, 21) o la promessa formale di una ricompensa (Mt 19, 27). In particolare, è lui che risolve l imbarazzo di certe situazioni intervenendo a nome di tutti. Così quando Gesù, addolorato per l incomprensione della folla dopo il discorso sul «pane di vita», domanda: «Volete andarvene anche voi?», la risposta di Pietro è perentoria: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (cfr Gv 6, 67-69). Ugualmente decisa è la professione di fede che, ancora a nome dei Dodici, egli fa nei pressi di Cesarea di Filippo. A Gesù che chiede: «Voi chi dite che io sia?», Pietro risponde: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 15-16). Di rimando Gesù pronuncia allora la dichiarazione solenne che definisce, una volta per tutte, il ruolo di Pietro nella Chiesa: «E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa... A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16, 18-19). Le tre metafore a cui Gesù ricorre sono in se stesse molto chiare: Pietro sarà il fondamento roccioso su cui poggerà l edificio della Chiesa; egli avrà le chiavi del Regno dei cieli per aprire o chiudere a chi gli sembrerà giusto; infine, egli potrà legare o sciogliere nel senso che potrà stabilire o proibire ciò che riterrà necessario per la vita della Chiesa, che è e resta di Cristo. È sempre Chiesa di Cristo e non di Pietro. È così descritto con immagini di plastica evidenza quello che la riflessione successiva qualificherà con il termine di «primato di giurisdizione». Questa posizione di preminenza che Gesù ha inteso conferire a Pietro si riscontra anche dopo la risurrezione: al cosiddetto Concilio di Gerusalemme Pietro svolge una funzione direttiva (cfr At 15 e Gal 2, 1-10), e proprio per questo suo essere il testimone della fede autentica Paolo stesso riconoscerà in lui una certa qualità di «primo» (cfr 1 Cor 15, 5; Gal 1, 18; 2, 7s.; ecc.). Il fatto, poi, che diversi dei testi chiave riferiti a Pietro possano essere ricondotti al contesto dell Ultima Cena, in cui Cristo conferisce a Pietro il ministero di confermare i fratelli (cfr Lc 22, 31 s.), mostra come la Chiesa che nasce dal memoriale pasquale celebrato nell Eucaristia abbia nel ministero affidato a Pietro uno dei suoi elementi costitutivi. Questa contestualizzazione del Primato di Pietro nell Ultima Cena, nel momento istitutivo dell Eucaristia, Pasqua del Signore, indica anche il senso ultimo di questo Primato: Pietro, per tutti i tempi, dev essere il custode della comunione con Cristo; deve guidare alla comunione con Cristo; deve preoccuparsi che la rete non si rompa e possa così perdurare la comunione universale. Solo insieme possiamo essere con Cristo, che è il Signore di tutti. Responsabilità di Pietro è di garantire così la comunione con Cristo, con la carità di Cristo, guidando alla realizzazione di questa carità nella vita di ogni giorno. Preghiamo che il Primato di Pietro, affidato a povere persone umane, possa sempre essere esercitato in questo senso originario voluto dal Signore e possa così essere sempre più riconosciuto nel suo vero significato dai fratelli ancora non in piena comunione con noi. È certo che se al Pietro di ogni tempo nella Chiesa è chiesto questo triplice incarico di «pescatore», 16

17 «discepolo» e «roccia» su cui si fonda la Chiesa, a noi tutti è chiesto con insistenza di pregare affinché egli possa sempre vivere questi doni e responsabilità a vantaggio di tutti. L evento pasquale ci ricorda ancora e fortemente che, nonostante tutte «le porte degli inferi», la Chiesa è di quel Cristo Risorto che tenacemente, ma teneramente, ci trascina verso un Regno costituito dall Amore, dalla Pace e dalla Gioia di un Dio che possiamo riconoscere come Padre! Santa Pasqua di Risurrezione a tutti... don Riccardo 17

18 Castel Rozzone, 10 febbraio 2013 C è emozione in sacrestia oggi, più del solito. Eh si! Oggi i nostri 14 chierichetti verranno chiamati per nome e ognuno di loro dirà il proprio Eccomi! davanti a Gesù e a tutta la comunità, per prestare il servizio all altare a fianco del nostro nuovo parroco Don Riccardo. La processione d entrata, la loro chiamata, la vestizione da parte dei loro genitori, primi accompagnatori di questi ragazzi, la consegna della Croce da portare sempre con orgoglio, rispetto e gratitudine: tutto è stato vissuto con partecipazione ed emozione e poi un grande applauso a questi ragazzi, che sono la testimonianza di quanto sia bello e importante il servizio al Signore e alla nostra comunità. Grazie ragazzi, continuate così!! RITO DI AMMISSIONE DEI 14 CHIERICHETTI Paola 18

19 IL CARNEVALE Il carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cattolica. I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare, l elemento distintivo e caratterizzante del carnevale è l uso del mascheramento. La parola carnevale deriva dal latino carnem levare ( eliminare la carne ) poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l ultimo giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima LA NOSTRA FESTA DI CARNEVALE 2013 ORATORIO S. GIOVANNI BOSCO Carnevale viene festeggiato in tanti paesi d Italia e di tutto il mondo (es. Viareggio, Putignano Venezia, Rio De Janeiro e tanti altri), ma io lo festeggio di consuetudine al mio paese. Ogni anno le catechiste e le mamme dei vari gruppi, sono indaffarate per la preparazione degli abiti propri, o per noi figli, mentre per noi l impegno più grande è quello di procurarci bombolette di stelle filanti, coriandoli e immaginarci con molta curiosità come saremo belli con quegli abiti in quel giorno di allegria. Tante persone dedicano molto del loro tempo per la preparazione dei carri, altre per l organizzazione e intrattenimento con giochi, altre ancora per addolcirci con frittelle e riscaldarci con del tè caldo. Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato rendendosi disponibili, per rendere la festa di Carnevale più bella e allegra (nonostante il nostro paese sia piccolo). Sicuramente anche queste esperienze rimarranno nei nostri cuori; agli amici e alle persone (come mia mamma), che piace osservare, ma non amano essere coinvolti nella sfilata di carnevale, dico: provate questa esperienza almeno una volta nella Vostra vita, vale la pena! Luca Coletta (V gruppo) 19

20 Domenica 10 febbraio, io e i miei compagni di classe, abbiamo festeggiato il Carnevale organizzato dall oratorio del mio paese. Il tema di quest anno, per quanto riguarda i vestiti e i carri era I PIRATI. Ognuno di noi per travestirsi ha usato oggetti che aveva in casa: stivali della mamma, bandana, cannocchiale, capelli, pistole, spade ecc... Alle ci siamo ritrovati all oratorio pronti per la sfilata. I carri che ci hanno accompagnati uno era a forma di nave con la bandiera dei pirati, l altra era a forma di locanda dove era stata messa una piastra a gas e arrostivano le salamelle che davano con il panino, naturalmente a pagamento. Dopo aver fatto il giro del paese, lanciando coriandoli e stelle filanti, siamo arrivati alla piazza del paese dove sono iniziati i giochi organizzati dagli animatori. Alle siamo rientrati in oratorio e lì la festa è continuata con chiacchiere, frittelle per tutti. Alle siamo ritornati a casa un po infreddoliti, ma felici per la splendida e divertente giornata trascorsa!!!!!!!!! Mirko 20

21 19 MARZO FESTA DEL PAPA A Mio Padre Ciao papà, ti vedo stanco sarà la sera che ti cade addosso, oppure gli anni che si fan sentire. E strano come le montagne, si inchinino al passaggio della vita, lasciando cadere a valle, le sue rocce sgretolatosi nel tempo. Li hai passati tutti i tuoi momenti, restando sempre attento ai tuoi presenti, e restare con lo sguardo al tuo passato di cui a noi figli molto hai dedicato. Mi hai fatto grande ma non solo fuori, io di te ho molto dentro. Quel che è stata la tua vita per contarla non bastan le dita di tutta quella gente che ti ha visto crescere e lottare contro la tua sorte. Starei una vita a raccontarmi di te, che oggi mi guardi con lo sguardo di un bambino e con il coraggio di chi darebbe la sua vita, per farti vivere, la tua, un po di più. grazie papà. A te, caro papà Dai, fermati, vieni qua ti voglio parlare, caro papà. Mille cose hai da sbrigar ma il tuo bambino dovrai ascoltar. Sei per me la stella più luminosa che illumina la vita e la rende preziosa. Sei veramente forte e coraggioso, sai essere dolce e premuroso. Ogni giorno mi infondi tanta serenità fra le tue braccia provo un mare di felicità. Vorrei stare accanto a te tutte le ore, ancora di più...per manifestarti tutto il mio amore. Oggi voglio aprirti il mio cuore e in questo abbraccio comunicarti il mio calore. Luca Coletta Filastrocca di San Giuseppe (19 marzo) San Giuseppe vecchierello cosa avete nel cestello? Erba fresca, fresche viole nidi, uccelli e lieto sole! Nel cantuccio più piccino ho di neve un fiocchettino, un piattino di frittelle e poi tante cose belle! Mentre arriva primareva canto a tutti una preghiera, la preghiera dell amore a Gesù nostro Signore. Luca Coletta 21

22 Ciao a tutti, questo mese voglio mandarvi una cartolina molto verde dalla Scozia! È la parte a nord del Regno Unito e comprende moltissime isolette, alcune delle quali collegate alla principale con ponti maestosi. La capitale è Edimburgo, situata sulla costa est della Scozia; è una città ricca di monumenti antichi. La via principale della Old Town ( città vecchia ), la famosa Royal Miles parte dal Castello fino ad arrivare a Holirood Palace, residenza ufficiale in Scozia di Sua Maestà la Regina Elisabetta. Più a nord, nelle Highlands Scozzesi, troviamo il famoso Loch Ness, un grande lago di acqua dolce situato a Sud-Ovest di Inverness. Le sue acque sono molto profonde e si estende per circa 37 Km. E il più largo specchio d acqua di una valle che va da Inverness fino a Fort William. Sulle rive di questo lago, nel 565 d.c. è stato avvistato il celebre mostro soprannominato Nessie. Possiamo parlare anche di Skye, una delle isole più visitate, con i suoi suggestivi paesaggi e le sue bellissime spiagge, dove si possono ammirare colonie di foche. E per finire non posso dimenticare il bellissimo castello di Alnwick che si trova nella città di Alnwick, nella regione inglese del Northumberland. Oltre ad essere il secondo castello abitato più grande d Inghilterra, è anche famoso perché è stato usato per ambientare il castello di Hogwarts nella saga cinematografica di Harry Potter. Ciao a tutti, Irene B. 22

23 Cari lettori, ecco il vostro futuro chef Massimiliano che vuole presentarvi una ricetta che mia mamma ama particolarmente, perché le ricorda tanto la sua infanzia. Infatti questa pietanza le è stata spesso cucinata dalla sua mamma, mia nonna Vera, che in cucina non se la cava affatto male!!!! a cura di Massimiliano GATEAU DI PATATE Ingredienti (per una teglia da 26 cm 6 persone) 6 patate grandi per gnocchi (alimento ricco di carboidrati, ma, se consumato con la buccia, anche di vitamina C e B5 e potassio, minerale indispensabile per il nostro organismo) 1 etto prosciutto cotto 1 mozzarella 2 uova 50 grammi di burro una presa di sale noce moscata un bicchiere di latte pane grattugiato Preparazione Lessare le patate quindi schiacciarle in una casseruola nella quale si trova già il burro. Amalgamare i due ingredienti, quindi unirvi il sale, un po di noce moscata tritata, le uova intere. Successivamente aggiungere il latte un poco per volta fino ad ottenere un impasto liscio e morbido. Ungere la teglia e distribuire uniformemente il pane grattugiato. Formare con la metà dell impasto uno strato sul quale poi disporre il prosciutto cotto spezzettato grossolanamente con le mani e la mozzarella tagliata a fettine. Quindi ricoprire con l impasto rimanente. Cospargere uniformemente con pane grattugiato e disporre alcuni riccioli di burro. Infornare a 200 per minuti fino alla doratura. Come potete capire dalla ricchezza degli ingredienti questo è un piatto unico, più indicato per la stagione fredda, anche se mia mamma a volte ce lo propone in piena estate!! Se vorrete sperimentarlo fatemi sapere il risultato, ma soprattutto la prova assaggio!!! Buon appetito e alla prossima.. Il vostro futuro chef Massimiliano 23

24 CARO LETTORE, CONTINUA LA CAMPAGNA PER SOSTENERE IL NOSTRO NOTIZIARIO CON UNA NOVITA : PER DARE UN SERVIZIO PIU CONTINUATIVO A CHI HA SOTTOSCRITTO RICORDIAMO INOLTRE CHE, PER CHI GIA SCRIVE SUL NOTIZIARIO O PER CHI VOLESSE INIZIARE A FARLO, GLI ARTICOLI DEVONO PERVENIRE ALLA REDAZIONE ENTRO IL 15 DI OGNI MESE ALL INDIRIZZO ilcantiere2@gmail.com AL SOSTEGNO ANNUALE, O VORRA FARLO IN FUTURO, IL CANTIERE VERRA CONSEGNATO IN FORMA CARTACEA TUTTI I MESI. COSA ASPETTI ALLORA? PARROCCHIA SAN BERNARDO ABATE MARZO 2013 ORARIO S. MESSE 24 FERIALI: ORE 08,30 MARTEDI GIOVEDI ORE 09,15 ORE 20,30 FESTIVI: SABATO ORE 18,00 ORE 08,00 DOMENICA ORE 10,00 ORE 18,00

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