Inappropriatezza tra ideologia e realtà

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1 GOVERNANCE Inappropriatezza tra ideologia e realtà Alcuni profeti della deospedalizzazione spinta hanno rivisto la loro convinzioni, facendo qualche retromarcia Ci sono vari aspetti a cui dobbiamo dare importanza, compresi la reale efficacia dei trattamenti medici e l eccesso di medicalizzazione della società, ma non dimentichiamo che i progressi della medicina hanno consentito la sopravvivenza di una infinità di persone Tommaso Fontana * Il concetto di inappropriatezza è ormai alquanto diffuso nell indicare una discrepanza tra due diverse condizioni in cui ci sia un azione con la sua efficacia concreta e la sua rispondenza reale alle aspettative e alle necessità del soggetto che riceve gli effetti di essa. Si applica a qualunque attività umana e del mondo della natura. Con il prevalere sempre più marcato e determinante dei valori economici nelle società, così dette, avanzate il concetto di appropriatezza ha assunto uno stretto legame con il prezzo di questa prestazione. Si tratta quindi di realizzare una azione soddisfacente per il risultato sperato e compatibile con il suo costo. La comparsa in sanità di questa visione di valore è stata mutuata da una concezione che, originariamente, aveva un altro significato. Si affermava con il citato termine una incapacità a gestire cure e situazioni mediche in cui il curante non poneva in atto le giuste risoluzioni terapeutiche o vi erano le condizioni per trasferire ad altri curanti, per carenza di mezzi appropriati di cura, il paziente. Una idea che specie nel mondo anglosassone, laddove è diversamente inteso il concetto di omissione di cure, veniva applicata alla reale necessità, ma compatibile con l economia, di effettuare cure e ricoveri, è stata importata nel nostro sistema in cui si è voluto creare il principio che solo l appropriatezza sia una virtù e il resto non è apprezzabile sotto l aspetto dell efficienza organizzativa, pur valido nei risultati. Il grande pubblico ha recentemente avuto occasione di apprendere che la mancata appropriatezza dei ricoveri ospedalieri o delle prestazioni sanitarie in genere siano all origine di sperperi e dissipazione di risorse. Appare opportuno, quindi, chiarire alcuni concetti che sono all origine di questa visione delle cose. Una serie di prestazioni mediche vengono dichiarate non appropriate se vengono fatte in ospedale e non in via ambulatoriale, pur potendo essere svolte in questa modalità. Dal Ministero della Salute e organismi collegati, attraverso alcune valutazioni generali, sono state individuate alcune malattie da curare senza ricovero ospedaliero e si è stimato che possono essere considerate a rischio di inappropriatezza se trattate in ospedale. Ad esempio: lo stripping o asportazione di vene a causa di quella patologia che sono le vene varicose, la tonsillectomia, l ipertensione, la gastroenterite pediatrica, la broncopneumopatia

2 cronica ostruttiva, l artoscopia. Se queste malattie vengono curate attraverso un ricovero ospedaliero c è il sospetto che la cosa sia sbagliata dal punto di vista organizzativo e più costosa. Vanno, pertanto, curate in ambulatorio. Naturalmente, come nostro costume, la carta vince sempre sulla realtà perché se non c è l ambulatorio a disposizione bisogna che il paziente si sposti sempre più lontano da casa e, forse, che debba aspettare sempre più tempo, per riuscire a curarsi secondo le previste indicazioni. Il famoso programma Esiti con le pagelle dei buoni e cattivi si fonda su queste previste indicazioni e prescrizioni. Un analisi dei risultati raccolti è stata già oggetto di valutazioni, ma una più semplice considerazione è possibile, esaminando, più facilmente, quanti ricoveri ci sono stati per quelle malattie curate in ospedale in modo sospetto. In termine tecnico si parla di tassi di ospedalizzazione per una certa malattia. Si evidenzia subito che, come sempre, i risultati sono a macchia di leopardo. Queste indagini hanno preso come punto di riferimento alcuni indicatori con una forchetta tra un minimo e un massimo che attengono solo a quanto si è fatto, senza alcun riferimento a come lo si è fatto e, quindi, alla qualità dell atto medico. Il punto di partenza per valutare i risultati ottenuti è stato il risparmio ipotizzato, globalmente, nell ordine del miliardo che sarebbe stato realizzato se gli interventi fossero stati effettuati in day surgery e non in ricovero ordinario. Riferendo i dati rilevati sulle singole patologie, consideriamo lo stripping delle vene che ha avuto una percentuale nazionale di 0,36% con punte di 2% della Provincia di Trento e dello 0,04% del Comune di Venezia. Significa che a Venezia quasi nessuno si è ricoverato. Per gli interventi di tonsillectomia si è avuta una media nazionale dell 1,82% e in provincia di Biella il 5,86% mentre a Padova città lo 0,04 per cento. Questa volta è a Padova che nessuno, o quasi, è andato in ospedale. La gastroenterite pediatrica ha avuto un tasso medio nazionale di ricovero dell'1,59% e dell'8,02% a Palermo contro lo 0,10% di Taranto. Nella città ionica non si ricoverano bambini con vomito e diarrea, ma a Palermo sono in parecchi a giungere in ospedale. In fin dei conti, la reale valutazione su questi tassi di ricoveri, considerati come inappropriati, è che se la prestazione non può essere, concretamente, erogata in day surgery o in ambulatorio i pazienti ricorrono al ricovero. Ugualmente, a titolo di esemplificazione di come possono procedere le situazioni, si può considerare che i cittadini che hanno la necessità di curare le complicanze causate dalla malattia diabetica e non trovano una assistenza ambulatoriale adeguata, alla fine si ricoverano in ospedale quando le complicazioni sono giunte a livelli elevati e le conseguenze sono gravi. Questo genere di andamento è stato studiato e ha dato luogo a tassi di ricovero che vanno dall 1,34% in Provincia di Foggia allo 0,10% in Provincia di Fermo. In Italia si è determinato un livello pari allo 0,51%. Significa, sostanzialmente, che mancano le strutture ambulatoriali di base e le malattie si complicano. Un altro intervento di riferimento è quello per l iperplasia della prostata non degenerata in tumore. In questa situazione l intervento più adeguato è l asportazione della prostata attraverso l uretra. Si tratta di una operazione chirurgica che lascia il paziente in migliori condizioni rispetto ad un intervento più

3 demolitivo con l apertura chirurgica dell addome. In Italia la media di riferimento è l 1,22% con un rischio di non appropriatezza del 2,36% a Bergamo e uno 0,33% a Vibo Valentia. Per l asportazione della colecisti con calcoli, effettuata con la tecnica della laparoscopia, il rischio di non appropriatezza è l 1,32% a Ragusa e lo 0,06% a Imperia. Tutti questi dati e calcoli vengono ricavati esclusivamente dalle schede di dimissione ospedaliera (SDO). Appare lontano e acritico il valutatore di queste schede che non conosce la realtà dei processi sanitari che stanno dietro le scarne descrizioni di un ricovero ospedaliero riassunto in modo totalmente sintetico. Lasciamo fuori delle considerazioni tutto quanto può riguardare una non corretta compilazione della scheda perché, in teoria, questa dovrebbe essere compilata al meglio e secondo le conoscenze più complete. La statistica degli eventi porta il discorso a risultati che appaiono, in certi casi poco credibili perché non appare possibile, come già considerato nel famoso programma Esiti, che centri di alta professionalità possano soccombere, in modo barbino, nei confronti di centri meno attrezzati e qualificati. Forse che i malati più gravi preferiscono i centri meno attrezzati e conosciuti? Sicuramente i calcoli fatti tendono a penalizzare quelle strutture ospedaliere in cui si svolge una quantità di lavoro maggiore e privilegiare i luoghi dove il numero dei casi è ridotto e quindi più controllato e rappresentato meglio. In queste situazioni si creano le migliori condizioni per essere più selettivi nella cura dei pazienti meno complicati. L analisi condotta fin qui è però solo la parte finale di un lungo e complesso ragionamento che parte da lontano. Noi vogliamo, giustamente, curare i malati al meglio e con minori costi. A riguardo c è anche da dire che il paziente curato al proprio domicilio vive una vita più normale sotto ogni punto di vista e non viene, in fin dei conti, temporaneamente recluso in un luogo poco edificante quale è l ospedale. Tutto questo è molto positivo, ma non dobbiamo immaginare che accada per magia o attraverso miracoli dettati per legge. Il progresso scientifico ha radicalmente mutato, specie negli ultimi cinquanta anni, l approccio e l interazione tra il paziente e l ospedale. Per esempio, voglio rammentare che un tempo chi si operava per ernia inguinale o addominale rimaneva molti giorni in ospedale, nell eventualità che si vanificasse, con il movimento, l atto operatorio. Oggi all intervento, per via dei progressi della tecnica e dei materiali, segue la dimissione del paziente. Un malato per cui la diagnosi era complicata rimaneva a lungo in ospedale perché le procedure di indagine e di studio erano molto lunghe e laboriose e, invece, attualmente, la TAC e le altre diagnostiche risolvono molti dubbi rapidamente. Si tratta di un mondo in evoluzione, ma bisogna essere attenti a non fare, come si suole dire, il passo più lungo della gamba. Quando si programmano le attività sanitarie non si deve pensare in maniera ideologica perché così le cose vanno molto male. Il concetto ha delle utili applicazioni che possono essere riferite. In Italia si è stabilito che il numero di posti letto ospedalieri non deve superare i 3 per ogni mille abitanti. In Puglia dovrebbero essere per 4 milioni di pugliesi. Come si è arrivati a questi numeri? Sono stati importati da altre nazioni che hanno sistemi sanitari simili al nostro. Paesi come Gran Bretagna, Spagna, Grecia, Svezia, Portogallo hanno indici

4 simili mentre la Germania ha l 8,1 per mille abitanti, la Francia 7,1 per mille e l Austria 7,1 per mille e il Giappone l 11 per mille. Come mai queste differenze? Forse francesi e tedeschi o austriaci o giapponesi sono molto indietro sotto l aspetto organizzativo sanitario? Dobbiamo noi insegnar loro qualcosa? Può anche essere, ma non evitiamo di considerare un aspetto importante della vicenda e cioè come si finanziano i sistemi sanitari di queste nazioni. Nel gruppo in cui sta l Italia i soldi arrivano dalle tasse e dai ticket mentre nelle altre nazioni ci sono meccanismi di compartecipazione dello stato e contributi che arrivano da varie specie di mutue quali c erano in Italia tempo fa. Non si tratta di tornare indietro, ma di considerare che la fiscalità generale non finanzia solo la sanità, ma anche tutto il resto dei servizi pubblici. Alla fine le restrizioni riguardano tutti. Non si può certo decidere di spendere solo per la sanità e tagliare sulla polizia, sui treni o sulla scuola. Queste diverse situazioni condizionano anche, è assolutamente inutile negarlo, il numero di posti letto da mettere a disposizione dei cittadini. Un'altra questione da chiarire è il fatto che si parla di costi giornalieri mirabolanti quando si citano i ricoveri ospedalieri, ma non si valuta quanto realmente costa una assistenza domiciliare. Si tratta di misure diverse, ma, a questo punto, mi viene in mente che lo sviluppo del mondo industriale, nel XX secolo, è stato favorito da concetti quali la razionalizzazione di percorsi e delle risorse. In termini spicci si evidenzia che un infermiere che si reca a domicilio di un paziente perde una parte del proprio tempo assistenziale per strada, mentre in ospedale il tempo è utilizzato per assistere altri pazienti. I conti, alla fine, non sono tanto a favore dell assistenza domiciliare. Di recente, alcuni profeti della deospedalizzazione spinta hanno rivisto le loro convinzioni, facendo qualche retromarcia. È chiaro che dobbiamo considerare le malattie croniche, le opportunità sociali di una assistenza a casa, ma non è il caso di usare certi argomenti economici in modo sbagliato. Questo ragionamento ci porta ad alcune conclusioni: non si può considerare non appropriata una prestazione ospedaliera solo perché sta scritto in una carta, perché i casi e i pazienti sono persone con una propria identità e variabilità. Una massima è fondamentale in medicina e dice che non esistono malattie, ma malati. L evoluzione della scienza e della tecnologia portano positivamente a contrarre il tempo di degenza ospedaliera e ridurre la stessa necessità di ricovero, ma prima bisogna avere l alternativa valida e poi impedire i ricoveri. Potrebbe accadere che meccanismi di burocrazia si impossessino di queste questioni e, ciecamente, applichino tabelle e pandette per sostituirsi al mondo reale. La realtà virtuale è sempre in agguato e ci porta in mondi irreali e angoscianti. È indispensabile creare il potenziamento del territorio, ma bisogna finanziare queste possibilità di cura e non immaginare che possa vivere di stenti e contemporaneamente continuare a scivolare verso un numero di posti letto ospedalieri sempre più inferiore. Il territorio è anche la possibilità di graduare il ricovero secondo le necessità assistenziali. Per cui si scende dal malato acuto ospedaliero a quello meno grave e fino a chi è affetto da una malattia cronica per cui può essere assistito in un ambiente di ricovero non ospedaliero protetto e vigilato. L ospedale non può, d altronde, essere contratto a limiti tali da causare una grave dispersione di un sapere e di una conoscenza esperta che permettono ancora di fronteggiare i bisogni dei cittadini. Non

5 si può permettere che motivazioni ideologiche si impadroniscano di un futuro scientifico valido, disperdendo un patrimonio di sapienza sanitaria. Ci sono vari aspetti a cui dobbiamo dare importanza, compresi la reale efficacia dei trattamenti medici e l eccesso di medicalizzazione della società, ma non dimentichiamo che i progressi della medicina hanno consentito la sopravvivenza di una infinità di persone. Questi passi in avanti sono nati quasi sempre in luoghi di sapere e di esperienze adeguate e numerose. Questo è un valore. Si deve, dunque, affrontare ogni problema senza preconcetti e non ritenendo che le carte scritte possano prevalere sulle persone. Negare questi concetti significa imboccare il declino e il tornare a tempi passati e oscuri. * Direttore di Struttura complessa.