I. SAGGI La storiografia italiana dell ultimo trentennio sulla finanza in età contemporanea: borsa, assicurazioni e finanza pubblica

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1 I. SAGGI La storiografia italiana dell ultimo trentennio sulla finanza in età contemporanea: borsa, assicurazioni e finanza pubblica di FRANCESCO BALLETTA Premessa Consentitemi di aprire questa rassegna sulla storia finanziaria italiana relativa al XIX e XX secolo con un affermazione che può sembrare pesante: la storia finanziaria italiana dell età contemporanea è ancora tutta da scrivere, le ricerche finora condotte hanno solo portato alla luce pochi aspetti e pochi momenti di vicende che, per loro natura, sono complesse ed hanno bisogno di una buona preparazione delle tecniche finanziarie e contabili per capirne il significato. Per chiarire questa affermazione devo prima stabilire cosa intendo per storia finanziaria: è la somma della storia bancaria, della storia delle assicurazioni, della storia delle borse, della storia dello scambio dei titoli azionari e obbligazionari non quotati in borsa e della storia della finanza pubblica, intesa come finanza dello stato e finanza degli enti locali. Le ricerche relative all età contemporanea hanno avuto un diverso approfondimento. Più numerose e meglio argomentate quelle di storia bancaria, che, comunque, in questa occasione, non tratterò. Sono state solo avviate quelle di storia delle assicurazioni, che, dopo le banche, gestirono la fetta più significativa del risparmio privato e pubblico. Sono avviate, ma spesso condotte male, le ricerche sul mercato borsistico. La storia del mercato dei titoli fuori borsa non è stata neanche iniziata. Le ricerche di finanza pubblica sono state avviate fin dall Ottocento, ma, negli ultimi decenni, hanno subìto un grave rallentamento. Mi occuperò di ricerche che hanno studiato i capitali veicolati dalle borse e dalle imprese di assicurazione, nonché dal risparmio gestito dagli enti pubblici, mettendo in luce il funzionamento e la trasparenza dei mercati attraverso la libera competizione economica e l ottimale allocazione delle risorse, cioè evidenziando l ideologia dell ottimo paretiano, che, alla fine dell Ottocento, fu teorizzato da Vilfredo Pareto, come perfezionamento logico del mercato. I due 83

2 elementi che terrò in considerazione sono i seguenti: 1) le decisioni prese dagli individui e dalle famiglie del capitalismo italiano; 2) il sistema istituzionale in cui essi operarono e le politiche economiche attuate dai governanti. Pareto tenne conto delle preferenze degli operatori finanziari non in relazione alla utilità che le loro decisioni ebbero per la società, bensì in base ai rapporti che scaturivano fra gli individui, per cui gli operatori del mercato finanziario agivano, in maniera fredda e precisa, in vista di un proprio vantaggio e in danno per la controparte. In relazione al sistema istituzionale in cui operavano, gli interventi di politica economica e, più specificamente, di politica fiscale, vengono visti in relazione ai vantaggi che arrecavano alla società in generale o creavano favori per alcuni e danni per altri componenti della stessa società. In questo ambito rientrano le valutazioni degli investimenti finanziari, per cui gli economisti si sono divisi fra i sostenitori dell approccio istituzionale-normativo e quello di tipo economico-positivo. Il primo tiene conto ai fini della valutazione delle imprese, della distribuzione dei dividendi e delle decisioni di investimento della organizzazione dell impresa e delle norme che la regolarono. Il secondo, che si riferisce al modello di Modigliani e Miller conosciuto anche come New Finance, è molto più teorico, poiché tiene conto di mercati perfetti di capitali, in assenza di imposizioni fiscali nonché tassi di interesse passivi analoghi per le imprese e per gli azionisti, per cui la struttura finanziaria, con tali condizioni, non avrebbe nessuna influenza sul valore delle imprese societarie, poiché il maggior rischio conseguente ad un più intenso sfruttamento della leva finanziaria, spinge verso l alto la remunerazione richiesta dagli azionisti per acquisire titoli della società in misura esattamente equivalente alla maggiore redditività garantita dallo stesso effetto leva 1. Pertanto con modello Modigliani e Miller viene messa in dubbio l utilità della politica finanziaria aziendale. Partendo dall ottimo paretiano, in un mercato perfetto, vale il principio del più forte che deve distruggere il più debole, nell esaminare il contenuto della storiografia italiana sui problemi finanziari abbiamo seguito come filo conduttore gli interventi a livello governativo o della banca centrale o dei responsabili della politica finanziaria (i cosiddetti gnomi della finanza ), che furono effettuati per mettere delle regole, affinché si attenuassero le conseguenze del principio paretiano. In questo intervento, abbiamo cercato di seguire le tensioni che si crearono fra potere centrale e poteri locali o specifici; se vi fu una sopraffazione delle regole o degli indirizzi di politica economica; quale fu la redistribuzione della ricchezza prodotta dagli interventi centrali. I maggiori artefici degli interventi in materia di finanza, dall unità d Italia ai nostri giorni, furono Minghetti, Sella, Depretis, Crispi, Luzzatti, Beneduce, 1 G. BERTINETTI, La finanza dei grandi gruppi aziendali italiani, Egea, Milano, 1994, p

3 Stringher, Menichella, Mattioli, Cuccia, La Malfa e Carli. Particolarmente interessante sarà la ricostruzione storica del mercato finanziario italiano dal primo dopoguerra ai nostri giorni, allorché si attuò una politica di contenimento del mercato borsistico e di sostegno del mercato bancario. Questo processo, che fu voluto da Beneduce e sostenuto, successivamente, dai suoi seguaci Menichella, Mattioli, Cuccia, La Malfa e Carli, si estrinsecò, principalmente, attraverso le leggi bancarie del 1926 e del 1936, in base alle quali il potere monetario detenuto dalla Banca d Italia e dal Tesoro controllò il mercato finanziario italiano ed aprì la strada ad un sempre maggiore intervento dello stato nell economia. Ciò significò un vero e proprio blocco del mercato finanziario. Solo dall inizio degli anni Novanta del Novecento, con la creazione della Consob, si cominciò ad avere un mercato borsistico più aperto e informato a regole di controllo, che tuttavia furono insufficienti a contenere le speculazioni spietate. Sull importanza dello studio del capitalismo finanziario italiano, mi limiterò a qualche considerazione effettuata da Luciano Segreto in un articolo pubblicato sul primo numero della Rivista di Storia Finanziaria. Gli studiosi del capitalismo finanziario, egli scriveva, si muovono controcorrente rispetto agli altri studiosi che hanno offerto interpretazioni generali della storia del capitalismo italiano 2. Si tratta di un altra immagine del capitalismo, che fatica talvolta a coesistere con quella già consolidata dagli studiosi precedenti, quasi come se chi se ne occupa parlasse un altra lingua e si riferisse a un altro capitalismo 3. Per dimostrare questa sua affermazione, Segreto confronta il censimento industriale del 1911 con quello del 1951 e i capitali investiti nelle società per azioni nello stesso periodo. In base ai censimenti, il maggior numero di occupati, nel 1911, si aveva nei settori tessile, alimentare e meccanico; nello stesso periodo, le prime 100 società con maggiore capitale si investito trovano nei seguenti settori: finanziario, bancario, della navigazione, immobiliare e elettrico e chimico. Nel 1951, i censimenti riportavano che le società con maggior numero di operai erano le stesse del Dal punto di vista finanziario, le società con maggiori capitali, a partire dagli anni Venti fino agli anni Cinquanta, erano le società elettriche, seguite da quelle meccaniche e dalle banche. Se prendiamo in considerazione le capitalizzazioni di borsa, la situazione non cambia e troviamo in testa le banche e le società elettriche. Ciò significa che questi due settori rappresentati da Motta, Pirelli, Feltrinelli, Volpi e Beneduce erano i più forti del capitalismo italiano ed erano quelli che, durante il periodo fra le due guerre, ebbero un maggiore peso sulla politica del fascismo per i capitali che il settore era capace di rimuovere. 2 L. SEGRETO, Assetti proprietari e grandi mediatori in Italia nella prima metà del Novecento, in Rivista di Storia Finanziaria, n. 1, luglio-dicembre 1998, p Ibidem. 85

4 Tenendo conto dell importanza finanziaria dell industria elettrica, Luciano Segreto propone finanche una diversa periodizzazione della storia industriale italiana. La crescita del capitalismo finanziario italiano, dalla fine dell Ottocento alla fine della prima guerra mondiale, ebbe la sua evoluzione grazie agli investimenti nel settore elettrico effettuati da alcune holding estere. Negli anni Venti, si ebbe il consolidamento di alcuni gruppi finanziari regionali; nel 1933, si ebbe la massiccia presenza dello stato nel capitalismo con l entrata nell IRI nel settore elettrico. Nel 1935, le privatizzazioni dell Edison e della Bastogi durarono fino alla nazionalizzazione del I protagonisti di questo capitalismo furono: Fiat, Pirelli, Edison, Gruppo Sade, SME, Italcable, IRI, Fondiaria, Ras, Generali, Banca Toscana, Monte dei Paschi di Siena e Banco di Napoli. Anche il mondo delle assicurazioni ebbe un ruolo importante nel capitalismo finanziario che si formò fra le due guerre. Nel secondo dopoguerra, non vi furono grandi mutamenti nell assetto proprietario delle grandi famiglie del capitalismo italiano. Mentre Beneduce fu l artefice e il garante delle caratteristiche del capitalismo italiano nel periodo fra le due guerre mondiali, Mediobanca, sotto la direzione di Cuccia (genero di Beneduce), operò per la conservazione del potere finanziario di quelle famiglie. I movimenti diretti a scompaginare quegli equilibri furono sempre rapidamente soffocati. Cambiarono i governi, mutarono le politiche, la congiuntura economica subì profonde variazioni, ma il potere finanziario di pochi rimase immutato, ciò dimostra che si trattò di un potere dotato di propri tempi e proprie caratteristiche che si distinguono da altri movimenti 4. I. La storiografia sul mercato borsistico 1. Le testimonianze dei protagonisti Le ricerche sulla borsa hanno due facce: quella relativa allo studio delle manovre finanziarie condotte dalle grandi famiglie del capitalismo italiano e quella relativa allo studio delle istituzioni e del mercato borsistico legato al comportamento degli investitori. Le difficoltà relative alle prime ricerche dipendono dall ermetismo dei protagonisti di quelle manovre e dai contrasti che vi furono fra loro, senza escludere la politica dei governanti, che, attraverso la manovra monetaria, la politica fiscale e quella delle privatizzazioni, regolarono, spesso, quel comportamento. Lo studio del mercato borsistico cozza con le difficoltà per la ricostruzione di una storia economica dell informazione, la quale ebbe un peso determinante sul comportamento del risparmiatore. Determi- 4 Ibidem, pp

5 nante per comprendere il mercato è la conoscenza degli indicatori fondamentali, i quali dipendono dalla conoscenza della contabilità delle imprese. Appartengono alla categoria delle pubblicazioni relative al comportamento degli attori principali del capitalismo i volumi scritti da giornalisti. Si tratta degli interessanti lavori di Fabio Tamburini sulla vita di due protagonisti del mercato finanziario italiano Enrico Cuccia e Aldo Ravelli e i volumi di Stefano Cingolani, Eugenio Scalfari e Giuseppe Turoni sulla borghesia finanziaria italiana 5. Fabio Tamburini è un giornalista molto attento all evoluzione del mercato finanziario, ma non lavora su documenti, né sulle dichiarazioni di Cuccia d altro canto raramente mise in pubblico il suo pensiero, bensì su interviste di numerosi protagonisti dell economia e della politica italiana. Nel volume dedicato a Cuccia, viene delineata la figura del grande manovratore della finanza italiana, garante della stabilità del sistema, per cui le sue decisioni influirono sugli assetti proprietari delle grandi imprese italiane: Montedison, Pirelli, Generali, Fondiaria, Burgo, Olivetti, Fiat e molte altre. Tutte imprese, spesso, gestite da famiglie, pronte a distruggersi a vicenda pur di conquistare una fetta sempre più grossa del mercato finanziario italiano. L autore sostiene che è possibile gestire la finanza di un paese senza esserne proprietario. È il caso di Cuccia, che aveva la sola direzione di Mediobanca, ma ha influito per mezzo secolo sulla finanza italiana. Nonostante la pubblicazione di Tamburini, prima di arrivare a chiarire le manovre finanziarie messe in atto dallo gnomo della finanza occorrerà scavare molto sui documenti conservati negli archivi delle imprese 6. Il secondo volume di Tamburini è dedicato ad un uomo, Aldo Ravelli, che, come Cuccia, riteneva che il silenzio fosse d oro. Nel settore finanziario, bisogna essere molto riservati se non si vogliono commettere errori. Sulla base di questo principio, Ravelli un uomo di sinistra con il portafoglio a destra fu il grande vecchio e uno dei maggiori protagonisti di piazza affari. Morto, nel 1995, all età di ottantatré anni, fu presente in tutte le grandi operazioni che si fecero alla Borsa di Milano, dal dopoguerra in poi, in qualità di ribassista implacabile, abilissimo nel guadagnare puntando sul crollo dei titoli azionari 7. Nell intervista che concesse a Tamburini, racconta le vicende di cui fu protagonista. Viene alla luce uno spaccato nuovo della storia economica e finanziaria 5 F. TAMBURINI, Un siciliano a Milano. Nella storia di un protagonista le vicende della finanza e dell economia italiana dal dopoguerra ad oggi, Longanesi e C., Milano, 1992; F. TAMBURINI, Misteri d Italia. Aldo Ravelli, il re Mida della Borsa, racconta come diventare ricchi, i segreti dei potenti, io e la sinistra, Longanesi e C., Milano, 1996; S. CINGOLANI, Le grandi famiglie del capitalismo italiano, Editori Laterza, Roma-Bari, 1990; E. SCALFARI e G. TURANI, Razza padrona. Storia della borghesia di Stato e del capitalismo italiano, , Baldini e Castoldi, Milano, F. TAMBURINI, Un siciliano a Milano, cit., pp F. TAMBURINI, Misteri d Italia, cit., p

6 d Italia basato sulle vicende di tre borghesie: quella di Agnelli e Pirelli, quella di Berlusconi e quella di Cosa Nostra 8 e che comunque c è una sproporzione enorme egli afferma tra l illecito scoperto dai magistrati e quanto è realmente accaduto. Sono rimasti quasi completamente inesplorati gli intrecci esistenti tra l alta finanza, la politica, i servizi segreti e la mafia 9. I due volumi di Tamburini, pur non potendosi considerare lavori scientifici, sono testimonianze dei protagonisti della finanza italiana, pertanto costituiscono il primo approccio per le future ricerche. Nello stesso filone riteniamo di includere il volume del giornalista Stefano Cingolani, sulle grandi famiglie del capitalismo italiano nel ventennio , dove vengono rilevati i rapporti di forza esistenti fra la proprietà delle imprese e il management. Le vicende dei protagonisti del capitalismo finanziario trovano stretta connessione con l economia di quel periodo, per cui l autore rileva una certa minore dipendenza rispetto ai decenni del fascismo e del periodo della ricostruzione dei mezzi propri delle imprese accompagnata dal rafforzamento dell assetto proprietario e la conseguente riduzione del credito bancario; un maggiore ricorso al capitale di rischio; un rafforzamento della grande impresa affidato alla direzione manageriale. In questo processo, si ebbe il sostegno dello stato e la presenza di un tempio assieme a un gran sacerdote del capitalismo italiano, Mediobanca ed Enrico Cuccia, l uno fornì la stanza di compensazione dei maggiori conflitti, l altro cercò di dirimerli, ma favorì anche quando riteneva necessario che esplodessero. Senza conoscere l uno e l altro conclude Cingolani non si capisce la storia economica di questo dopoguerra e soprattutto del ventennio [ ] più tumultuoso del capitalismo italiano 11. Cingolani riconosce l importanza degli avvenimenti finanziari per la ricostruzione della storia economica, tuttavia il suo lavoro può essere considerato solo come l interpretazione di avvenimenti vissuti da giornalista, per cui possono considerarsi, prevalentemente, cronache e non ancora storia. Le stesse caratteristiche possiede il volume di Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani dal titolo emblematico Razza padrona. Storia della borghesia di Stato e del capitalismo italiano Un volume pubblicato, nel 1974, e ristampato dopo venticinque anni, nel 1998, senza alcuna aggiunta o modifica, perché la storiografia finanziaria sull argomento non ha fatto passi avanti. Il libro potrebbe intitolarsi una preziosa occasione perduta dal capitalismo ita- 8 Ibidem, p Ibidem, retro della sovracoperta. 10 S. CINGOLANI, Le grandi famiglie del capitalismo italiano, Editori Laterza, cit., pp Ibidem, p E. SCALFARI e G. TURANI, Razza padrona, cit. 88

7 liano, poiché i capitali che lo stato pagò per la nazionalizzazione dell energia elettrica avrebbero potuto trovare una giusta collocazione per il rafforzamento del capitalismo privato, invece, una metà di quei capitali, attraverso l IRI e la Montecatini, fu gestita dalla borghesia di Stato e l altra metà, secondo gli autori, fu dispersa, polverizzata, dissipata 13. La nazionalizzazione contribuì a far scomparire le famiglie del gruppo veneto dell energia elettrica (Volpi, Cini e Gaggio) della Bastogi e della Centrale. Sotto i colpi di Eugenio Cefis scomparvero quasi tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione della Bastogi, che può considerarsi una delle prime società finanziarie italiane. Il salotto buono dei vecchi padroni era stato brutalmente invaso dalla nuova borghesia di stato guidata dal presidente della Montedison (Cefis). Dei nomi antichi si era salvato solo Pesenti, in forza dell alleanza contratta con nuovi padroni 14. Il giudizio degli autori sull utilizzo dei capitali pagati dallo stato per la nazionalizzazione è molto severo: quei miliardi furono sprecati al vento. Peggio: misero in moto o aggravarono una serie di elementi negativi di carattere industriale, finanziario e politico che contribuirono potentemente alla degenerazione del sistema quale oggi lo conosciamo 15. Si tratta del giudizio di due osservatori della realtà, che hanno vissuto dall esterno le vicende finanziarie del periodo , ma la storia vera di quel periodo bisogna ancora scriverla. Pur rientrando nel filone della storia dei protagonisti del capitalismo italiano, diversa è la pubblicazione di Nicola De Ianni sui rapporti finanziari intercorsi fra Gualino ed Agnelli, fra il 1917 e il Essa ha spessore scientifico, perché costruita su una documentazione inedita, costituita dalle carte dell Archivio personale di Gualino. Da questo lavoro si ricava l applicazione della teoria dell ottimo paretiano, per cui si ha una ottima allocazione delle risorse, non in base alla loro utilità per le società, bensì in base alle circostanze che al miglioramento della condizione di un individuo corrisponde il peggioramento di un altro. Così vengono alla luce complesse manovre finanziarie compiute da Giovanni Agnelli e Riccardo Gaulino per accaparrarsi delle proprietà della Fiat, ricorrendo, durante la prima guerra mondiale, al mercato dell azionariato diffuso e, dopo la guerra, alle finanziarie ed ai sindacati di blocco. Un momento centrale dei rapporti fra i due protagonisti del capitalismo italiano fu la vicenda dell occupazione della Fiat da parte degli operai. Agnelli si oppose alla pressione degli operai e decise di vendere le azioni di sua proprietà. Gualino divenne proprietario della Fiat acquistando il 75 per cento del capitale. Solo quando 13 Ibidem, p Ibidem, p Ibidem, p N. DE IANNI, Gli affari di Agnelli e Gualino ( ), Prismi, Napoli,

8 passò la ventata di agitazioni, Gualino, che era principalmente impegnato a far quattrini e non gestire una impresa industriale, rivendette la società ad Agnelli. Questo episodio, poco noto alla storiografia sulla industria italiana, chiarisce quanto sia importante ricostruire gli avvenimenti sulla documentazione inedita. Tra le numerose novità del volume di De Ianni vanno sottolineate le scalate che Gualino fece al Credito Italiano, specialmente la terza, quando il governo, presieduto da Mussolini, nel 1924, per bloccare l operazione, sospese il diritto di sconto, costringendo Gualino a rivendere le azioni della banca. La vicenda mette in luce l importanza che il potere politico attribuiva alle manovre finanziarie ed ai rapporti esistenti fra potere politico e imprenditori. In questo caso, viene alla luce il rapporto di forza fra potere politico e potere finanziario. Questo rapporto vale anche per Bondi, Perroni, Ravelli, De Benedetti e moltissimi altri che utilizzarono la borsa per le loro manovre finanziarie, influendo negativamente sull economia reale. 2. Le istituzioni e il mercato finanziario Un secondo filone di ricerche relativo al mercato finanziario si è indirizzato all esame delle istituzioni e del mercato borsistico, evidenziando i seguenti aspetti: i mutamenti delle disposizioni che regolarono i mercati; le caratteristiche del mercato primario e quello secondario; il rapporto fra ciclo di risparmio avviato alle industrie per mezzo del sistema bancario e capitali rastrellati attraverso la borsa; l esame del risparmio accantonato dagli amministratori, definito risparmio forzato, e la conseguenza che tale forzatura ebbe sull andamento dell economia e sul funzionamento del mercato perfetto, inteso, in termini paretiani, come ottimo allocatore delle risorse. Queste considerazioni vengono alla luce dall esame del mercato primario e secondario effettuato dalle mie due pubblicazioni sulla storia delle Assicurazioni Generali 17, da quella di De Ianni sulla Fiat 18 e da quella di Schisani sulla Borsa di Napoli 19. Con le ricerche sulla storia delle Assicurazioni Generali, non potendo utilizzare la documentazione archivistica, tenendo conto degli aumenti di capitale effettuati dalla società e dei dati contenuti nei bilanci pubblicati, si è potuto rilevare il rapporto esistente fra risparmio raccolto dagli azionisti e risparmio avuto in prestito dalle banche, ma anche il rapporto fra risparmio volontario e 17 F. BALLETTA, Capitali, borse e assicurazioni in Italia nella seconda metà del Novecento, Arte Tipografica, Napoli, 1997; F. BALLETTA, Mercato finanziario e Assicurazioni Generali, ESI, Napoli, N. DE IANNI, Capitale e mercato azionario. La Fiat dal 1899 al 1961, ESI, Napoli, M.C. SCHISANI, La Borsa di Napoli ( ). Istituzioni, regolazioni e attività, ESI, Napoli,

9 risparmio forzato, cioè quella parte di utile non distribuito per favorire gli investimenti nella fase di espansione dell economia. A questa politica si contrappose quella diretta a distribuire una parte consistente degli utili al fine di consolidare il capitale e tamponare eventuali rischi di perdita del valore dei titoli. Dall attuazione di queste contrapposte politiche è stato possibile calcolare il guadagno realizzato da coloro che, nell arco di quasi cento anni, effettuarono investimenti in azioni delle Assicurazioni Generali. Per l esame dell andamento delle quotazioni dei titoli è stata utilizzata l analisi tecnica, che serve a prevedere l andamento delle quotazioni future, nel breve periodo, tenendo conto dell andamento storico delle quotazioni. All analisi tecnica abbiamo contrapposto l analisi fondamentale, basata sulla capitalizzazione di borsa e sugli indici di redditività delle Generali. A questo mio lavoro si affianca quello di De Ianni sulla storia della Fiat fra il 1899 e il 1961, dove si effettua un analisi dei dati di bilancio e del mercato primario e secondario delle quotazioni della Fiat. Maria Carmela Schisani ricostruisce le vicende della Borsa di Napoli dalla sua costituzione (1778) fino al momento dell unità d Italia. L obiettivo è quello di valutare le complesse cause socio-politiche ed economiche responsabili dell arretratezza del mezzogiorno borbonico, attraverso le vicende ed il ruolo svolto dall istituzione finanziaria. Lo studio si compone di tre livelli di analisi inscindibili: istituzionale, sociale e operativo e si svolge in un contesto assunto come premessa in cui il modello economico del regno meridionale assume le seguenti caratteristiche: 1) condizionamento della posizione di debolezza finanziaria dei governanti; 2) controllo di un gruppo ristretto di operatori economici forti avallati da un ordinamento istituzionale di base, che fallisce il suo obiettivo garantista, non riuscendo a creare una struttura stabile di relazioni sociali ed economiche. L intervento legislativo assume caratteristiche di periodicità e settorialità. Lo stato interveniva con lo scopo di interrompere le operazioni di speculazione, prima che le stesse si trasformassero in definitiva egemonia su un determinato settore di mercato. Tale condotta dimostra che lo stato non si voleva sottrarre alle regole del gioco, cui esso stesso partecipava per le necessità finanziarie derivanti dall esercizio del proprio potere e per il finanziamento del debito pubblico. Nel corso della storia della Borsa di Napoli, ci si imbatte in cicli di durata molto diversa, i cui punti di inversione sono generalmente scanditi da interventi istituzionali. 1) La prima opportunità che aprì la strada alla formazione della Borsa fu il cambio, nel periodo di transizione settecentesca, in cui la piazza mercantile chiedeva di affrancarsi dalla pratica del cambio indiretto; 2) dopo il decennio francese che aveva contribuito a proiettare la Borsa nella sua funzione propriamente operativa, con l allargamento degli affari alla negoziazione dei titoli del debito pubblico, gli anni 20 dell 800 furono caratterizzati dall i- 91

10 nizio della speculazione sulla rendita; 3) nel biennio , rientrata l emergenza finanziaria della restaurazione, nel momento in cui i titoli pubblici erano risaliti ad una posizione di relativa stabilità, l intervento dello stato dirottò, forzosamente, gli interessi verso le società anonime. La speculazione azionaria fu un ciclo di durata limitatissima (dal 1833 al 1835), che fu, bruscamente, interrotto dai provvedimenti regolamentari del 1834 che impedirono lo sconto di soldi e pensioni; 4) il 1835 fu un anno di svolta, in corrispondenza del tramonto societario e, contestualmente al fallimento del progetto di conversione della rendita pubblica, l orizzonte di azione degli operatori napoletani portò in primo piano la borsa merci rispetto ai ridotti margini speculativi della borsa valori. A partire dal biennio , l interesse mercantile si rivolse verso il mercato granario. Il ciclo speculativo sul grano ebbe durata notevole e assunse toni patologici, dal 1840 in poi, dopo il nuovo contratto per le forniture militari di grano e avena (1839), che prevedeva la commisurazione dei prezzi da applicare alle derrate alla media dell ultimo semestre di Borsa. Queste prime ricerche di Balletta, De Ianni e Schisani aprono la strada a successive indagini di storia delle imprese italiane al fine di costituire un mosaico del mercato finanziario italiano. A questi tre lavori si affiancano le ricerche di Stefano Baia Curioni 20, Elisa Boccia 21, Gianpaolo Mastroianni 22 e Filomena Tartaglia 23. Stefano Baia Curioni è stato uno dei primi studiosi del mercato borsistico milanese. Il lavoro più significativo è quello relativo al mercato azionario in Italia, dal 1808 al 1938, dove si affronta la Borsa di Milano come oggetto di ricerca autonomo delineato nelle sue varie sfaccettature: economiche, politiche, istituzionali ed organizzative in un ottica di lungo periodo, dove confluiscono, sedimentandosi, usi, 20 S. BAIA CURIONI, Regolazione e competizione, storia del mercato azionario in Italia ( ), Milano, 1995; S. BAIA CURIONI, Modernizzazione e mercato. La Borsa di Milano nella nuova economia dell età giolittiana, Milano, 2000; S. BAIA CURIONI, La Borsa Valori, in AA.VV., Storia di Milano, vol. XVIII, Il Novecento, Enciclopedia Italiana, Milano, 1996; S. BAIA CURIO- NI, La comunità finanziaria milanese e la ricostruzione del sistema finanziario, in G. De Luca (a cura di), Pensare l Italia nuova: la cultura economica milanese, Franco Angeli, Milano, 1997; S. BAIA CURIONI, Riflessioni sui mercati finanziari in epoca giolittiana, in Pensiero economico italiano, a. 3, fasc. 2; S. BAIA CURIONI, Il telegrafo e la formazione di un sistema integrato di mercati mobiliari in Italia ( ), in Società Italiana degli Storici dell Economia, Innovazione e sviluppo. Tecnologia e organizzazione fra teoria economica e ricerca storica (secoli XVI-XX), Monduzzi Editore, Bologna, 1996; S. BAIA CURIONI, Sull evoluzione istituzionale della Borsa Valori di Milano ( ), in Rivista di Storia Economica, 1991, numero unico. 21 E. BOCCIA, La Borsa di Milano tra miracolo e crisi ( ), Prismi, Napoli, G. MASTROIANNI, Le emissioni obbligazionarie nel mercato finanziario italiano ( ), Prismi, Napoli, F. TARTAGLIA, Fisco e mercato finanziario in Italia ( ), Prismi, Napoli,

11 saperi, poteri. La principale innovazione consiste nell impostazione del lavoro, che, affrontando, criticamente, il dibattito internazionale sul ruolo delle istituzioni in generale e sui nodi fondamentali del mercato azionario (vendite a termine e speculazione), arriva, progressivamente, ad un analisi del significato dell istituzionalizzazione delle contrattazioni, delle invarianze nell assetto organizzativo e nel sistema decisionale della Borsa di Milano e del condizionamento che operò nella definizione del ruolo del mercato per lo sviluppo economico italiano. Le carenze del mercato borsistico italiano vengono attribuite da Baia Curioni ai ben noti vincoli della dipendenza dell economia italiana dal ciclo internazionale e della contraddittoria presenza dello stato, da una parte, sostenitore dello sviluppo industriale e, dall altra, operatore attivo dominante, attraverso i valori pubblici, e dunque antagonista della crescita del mercato azionario. L autore opera una rilettura di tali nodi del sistema economico italiano trovando significativi raccordi con i risultati ottenuti da Ranald Michie relativamente all esperienza inglese ed americana. La Borsa di Milano è, in sintesi, nell accezione dello stesso autore, un contenitore degli scambi di cui vengono analizzati gli assetti istituzionali e i relativi processi decisionali che condussero a certi risultati. L analisi condotta da Baia Curioni evidenzia una periodizzazione mediata con i cicli di borsa. 1) Dal 1808 e fino al 1894, la Borsa di Milano non compì grandi progressi rimanendo in una dimensione localistica. 2) Una fase di ripresa si ebbe dal 94 in poi, anno in cui, oltre all avvio di un significativo processo di integrazione tra le piazze (dovuta all introduzione del telegrafo e della stanza di compensazione), si ebbe la crescita dell economia e dell ingresso di nuovi titoli azionari nel listino (bancari e metallurgici). 3) Il periodo della grande svolta, però, fu quello del quindicennio immediatamente precedente il primo conflitto mondiale, allorché fu rotto il patto che legava i poteri governativi ed i protagonisti dell accumulazione finanziaria. Il mercato mobiliare, con la crescita delle attività speculative, attraversò, dal 1900 al 1913, un periodo di prova. Partendo da un significativo decollo del mercato azionario (1903), si assistette alla violenta crisi istituzionale degli agenti di cambio (1904) e al delinearsi di chiari segnali di modifica nelle modalità di raccolta del capitale di rischio ( ), arrivando allo scossone della grande crisi di liquidità e sovrapproduzione. I risultati di queste turbative vennero raccolti nel provvedimento di legge del 1913, che sancì la definitiva vittoria della banca mista sulla borsa. La spaccatura tra la disciplina bancaria e quella borsistica diventò uno strumento formale per consentire i giochi di potere dell alta banca, che privata di responsabilità pubblica, rimase arbitro, pressoché unico, all interno della Borsa, consolidando, così, un non semplice movimento già in atto da oltre un decennio. Là dove, formalmente, i monopolisti delle borse erano gli agenti di cambio, la 93

12 banca mista affiancò ai poteri già acquisiti una legalizzazione alle grida ed una massiccia presenza in Deputazione, identificando, in tal modo, funzioni di controllore e di controllato. 4) La legge del 1913 aveva rimandato la questione della presenza alle grida dei soli agenti di cambio. Nel 1925, un decreto di De Stefani, attuò un maggior controllo sul mercato finanziario, con l intento di creare un mercato pubblico rivendicato dal governo fascista, desideroso di assumere un ruolo autonomo nei confronti dei grandi intermediari e, contemporaneamente, distogliere dal governo dell economia il ceto degli industriali. In effetti, solo dopo la crisi del 31 si giunse all assorbimento in una sfera connessa al potere governativo. Essendosi avviata, sin dal 25, ma non del tutto applicata, questa tendenza al potenziamento dei pubblici poteri che si realizzò, in termini più pratici, con l opera del Beneduce e con la legge del 36. 5) In tal modo, l attività della Borsa fu molto ridotta ed ulteriormente soffocata da provvedimenti fiscali (tra questi si rammentano: l imposizione di un aliquota del 20 per cento sui rendimenti del titoli al portatore, di una patrimoniale progressiva sui titoli azionari, di una sovrimposta del 5 per cento sulle contrattazioni azionarie, della nominatività obbligatoria dei titoli azionari, ecc.). Con la caduta dei grandi intermediari, nel 36, fu la volta del regolamento che sancì il tramonto della banca universale, instradando il sistema finanziario italiano verso la specializzazione e creando canali di allocazione del risparmio indipendenti dal mercato mobiliare. 6) Il consolidarsi della presenza dello stato e del corpo degli agenti di cambio e la disfatta dei centri intermedi di potere, come le banche miste e le camere di commercio, il listino di Borsa non si ampliò, l investimento azionario declinò a favore di quello a reddito fisso e in titoli pubblici. Dunque, la borsa italiana andò assumendo la tipologia che la caratterizzò fino alla fine del Novecento. Secondo Baia Curioni, la Borsa di Milano compì un ciclo di evoluzione al contrario, in base a un processo che vide un lungo periodo di marginalità rispetto al sistema economico, un periodo di vivace espansione con il coinvolgimento della banca dell età giolittiana ( ), fino ad arrivare ad un lungo periodo di marginalizzazione. Tra i diversi aspetti del mercato borsistico studiati da Baia Curioni vengono alla luce le influenze che le innovazioni tecnologiche ebbero sull andamento del mercato borsistico. In particolare, egli prende in esame l uso del telegrafo e del telefono e l influenza sul processo di formazione dei prezzi di borsa in alcune piazze italiane: Genova, Milano e Torino. La sua tesi è che l innovazione tecnica deve essere studiata in relazione alle istituzioni e all organizzazione dei mercati. Le soluzioni complessive da adottare sarebbero variate in base alla diversa organizzazione e ai rapporti fra istituzioni ed organizzazione. L obiettivo finale per il mercato borsistico è quello di evitare che, all interno dello stesso mercato, si formino prezzi differenti da quelli che si sarebbero formati dal- 94

13 l incontro della domanda e dell offerta complessiva 24. Anche in questo caso viene alla luce l ottimo paretiano dell allocazione delle risorse. In relazione all uso del telegrafo, analizzando gli scarti fra i prezzi quotidiani delle borse di Genova, di Milano e di Torino, si ebbe una maggiore integrazione nel loro funzionamento. Contemporaneamente, si creò un sistema di reciproche influenze che misero in luce le carenze delle regole stabilite per il loro funzionamento 25. La ricerca di Elisa Boccia, relativa alla Borsa di Milano, nel periodo , stabilisce il ruolo che svolse il mercato finanziario nell allocazione delle risorse e nello scambio dei titoli. Tiene conto della politica fiscale e finanziaria adottata dai governi. Il lavoro è basato su una opportuna riclassificazione del listino di borsa al fine di misurare le emissioni qualitative e quantitative dei titoli azionari ed obbligazionari. Viene applicata l analisi fondamentale ai dati relativi alle emissioni di titoli in occasione di aumenti di capitali e per valutare la redditività delle imprese. Il risultato finale è che il mercato finanziario italiano era inefficiente, per lo scarso contributo all allocazione del risparmio nelle imprese e la poca attrazione dei risparmiatori verso il capitale di rischio 26. Mastroianni studia il mercato obbligazionario in un periodo particolare della storia finanziaria italiana, gli anni compresi fra il 1926 ed il 1938, allorché, per la crisi delle banche miste, che effettuavano finanziamenti a lungo termine alle imprese, si ricorse al credito obbligazionario per mezzo degli istituti creati dallo stato, cioè il Consorzio di credito per le opere pubbliche (Crediop), l Istituto di Credito per le Imprese di Pubblica Utilità (ICIPU), l Istituto Mobiliare Italiano (IMI) e l Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI). Il volume contiene un esame della tecnica di emissione, della normativa fiscale relativa ai titoli obbligazionari, i privilegi concessi alle banche pubbliche volute dal fascismo e conosciute come istituti Beneduce, nonché il rapporto intercorso con la politica monetaria deflazionistica dell epoca 27. La minuziosa ricerca compiuta da Filomena Tartaglia mira a misurare l influenza che i provvedimenti tributari, emanati dalla prima alla seconda guerra mondiale, ebbero sul mercato azionario ed obbligazionario. Dalla ricerca risulta una chiara volontà del fascismo di soffocare l attività delle borse per mezzo della leva fiscale o con l emanazione di provvedimenti che non favorivano gli investimenti in azioni, come per le operazioni a termine, la copertura in titoli, o in contanti, per il 25 per cento dell ammontare dell operazione. In generale, il fisco ebbe una elevata responsabilità dell asfittica attività delle borse italiane: 24 S. BAIA CURIONI, Il telegrafo e la formazione di un sistema integrato di mercati mobiliari in Italia ( ), cit., pp Ibidem, p E. BOCCIA, La Borsa di Milano, cit., pp G. MASTROIANNI, Le emissioni obbligazionarie, cit., pp

14 determinò le scelte degli operatori economici, indirizzò l allocazione del risparmio e la redistribuzione delle risorse disponibili 28. Per ultimo ho lasciato un gruppo di quattro pubblicazioni, di cui tre devono considerarsi un racconto, molto generale, della storia della borsa italiana, dall Unità ai nostri giorni, e la quarta una preziosa fonte per le future ricerche. I primi tre lavori sono quelli di Alessandro Aleotti 29, Giovanni Siciliano 30 e Alessandro Volpi 31, il terzo è stato curato da Giuseppe De Luca in collaborazione con Giuseppe Poletta e Sara Zanisi 32. Il lavoro di Aleotti, pur non essendo il risultato di una ricerca documentale, né la sintesi di un congruo numero di ricerche sulla storia finanziaria delle imprese, può considerarsi una descrizione di lungo periodo del rapporto fra provvedimenti politico legislativi e fluttuazioni delle quotazioni dei titoli. Secondo Aleotti, il risultato di tale rapporto fu sfavorevole per il mercato finanziario in aggiunta alla presenza delle banche e di un consistente debito pubblico per cui non si ebbe la formazione di un mercato borsistico maturo, capace di indirizzare i risparmi verso gli investimenti produttivi 33. Anche il volume di Siciliano analizza, nell arco di cento anni (l intero Novecento), il rapporto fra operazioni di borsa e politica economica, assieme all andamento della congiuntura italiana. Anche per tale lavoro si rileva una sostanziale coincidenza fra quotazioni ed eventi più significativi della storia economica italiana: dissesti bancari, nell immediato primo dopoguerra, scomparsa delle banche miste, creazione degli istituti Beneduce, seconda guerra mondiale, nazionalizzazione dell energia elettrica e crescita delle imprese pubbliche. È lo stesso autore che non annovera il suo lavoro tra i saggi di storia economica poiché non vi è lavoro, egli scrive, basato sull accesso diretto a fonti documentali e a materiale di archivio bensì fra i lavori di economia finanziaria 34, dove si effettua un analisi delle serie storiche dei rendimenti delle azioni, confrontati con i rendimenti dei titoli pubblici. Il risultato, nel lungo periodo, fu la maggiore convenienza ad investire in titoli di rischio, che non in titoli pubblici. Dal confronto con il rendimento dei titoli degli Stati Uniti, o di altri paesi europei, il rendimento dei titoli azionari italiani fu inferiore. La ragione del 28 F. TARTAGLIA, Fisco e mercato finanziario, cit., pp A. ALEOTTI, Borsa e industria. Cento anni di rapporti difficili, Edizioni di Comunità, Milano, G. SICILIANO, Cento anni di borsa in Italia, Il Mulino, Bologna, A. VOLPI, Breve storia del mercato finanziario italiano dal 1811 ad oggi, Carocci Editore, Roma, G. DE LUCA (a cura di), Le società quotate alla Borsa Valori di Milano dal 1861 al Profili storici e titoli azionari, Libri Scheiwiller, Milano, A. ALEOTTI, Borse e industrie, cit., pp G. SICILIANO, Cento anni, cit., p

15 minor rendimento dipenderebbe dalla presenza, in Italia, del rischio di espropriazione dei titoli, che non esiste in altri paesi. Il basso livello delle quotazioni azionarie avrebbe influito, negativamente, sulla convenienza a quotare in borsa i titoli di molte società. Lo stesso autore riconosce che su tale decisione influirono anche altri elementi, come la pressione fiscale, ma questo diversamente da quanto sostengono Aleotti ed altri avrebbe avuto minore influenza rispetto al basso rendimento 35. Un altro aspetto che rimane irrisolto è il rapporto fra variazione degli investimenti in capitali di rischio e dividendi distribuiti. In alcuni periodi (dagli anni Venti agli anni Settanta), gli alti dividendi distribuiti non favorirono gli investimenti dei risparmi in titoli azionari. Altra ragione che influì, negativamente, su tali investimenti fu la scarsa difesa degli azionisti di minoranza, per cui, di fronte al prevalere dei potenti gruppi familiari, raramente si formò un azionariato diffuso 36. Della carenza di ricerche di base sul mercato finanziario risente anche il volume di Alessandro Volpi. Pertanto, nella ricerca sulle cause che influirono sul magro listino della Borsa di Milano nonostante la presenza di un consistente numero di società anonime italiane l autore è costretto a fare delle supposizioni: mancanza di una classe di intermediari finanziari, cioè carenza di agenti di borsa; mancanza di una rete di protezione capace di difendere il mercato dalla volatilità e dai facili assalti degli speculatori; carenza di fondi comuni di investimento arrivati in Italia troppo tardi; carenza di istituti assicurativi che investivano il ricavato dei premi in titoli; frammentazione del mercato finanziario, per cui i titoli emessi per aumenti di capitale, spesso, venivano collocati attraverso circuiti informali; l accostamento della borsa non ad un luogo per dirottare i capitali verso le imprese, bensì a luogo dove prevaleva il gioco d azzardo e la speculazione, anche in relazione all assenza di regole precise che avrebbero dovuto gestire le borse, tenuto conto che la Consob cominciò a funzionare solo all inizio degli anni Novanta 37. La risposta a queste supposizioni, introdotte nei lavori di Aleotti, Volpi e Siciliano, si avrà solo dopo aver condotto numerose ricerche costruite sulla base di una vasta documentazione. Diverso è il lavoro coordinato da De Luca e pubblicato in un grosso volume. Assieme ad un profilo storico della Borsa di Milano sono presentate, in breve, le storie di ben ottocento imprese che, fra il 1861 e il 2000, furono ammesse al listino di quella Borsa. Nella breve storia della Borsa, De Luca mette in evidenza come, con il crescere del mercato finanziario italiano, negli 35 Ibidem, p Ibidem, p A. VOLPI, Breve storia del mercato finanziario, cit., pp

16 ultimi decenni del Novecento, si delineò la separazione fra attività produttiva ed attività finanziaria, cioè fra economia reale ed economia finanziaria. La seconda con proprie caratteristiche e propri profitti 38. È questa la stessa considerazione che si ricava dalle ricerche che ho effettuato sulla storia finanziaria delle Assicurazioni Generali, dove l attività assicurativa era separata da quella finanziaria, con una sua gestione ed utili propri direttamente dipendenti dal mercato finanziario italiano e dalle grandi borse internazionali. In questa ottica, entra la politica dei passaggi di proprietà delle grandi aziende, il sistema delle scatole cinesi, prima la pubblicizzazione delle imprese dagli anni Trenta in poi e la privatizzazione degli ultimi anni. Ma il pregio della ricerca di De Luca va individuato, oltre che nelle tavole di iscrizione e cancellazione delle imprese dal listino, principalmente nella breve biografia delle società quotate: denominazione sociale, capitale sociale, tipo di attività, anno di ammissione e di cancellazione dal listino delle quotazioni. Non è la storia dettagliata di 800 società, che sarebbe stata impossibile realizzare in una pubblicazione di 700 pagine, ma la guida per ulteriori ricerche, potremmo dire la base per avviare una vera storia del capitalismo finanziario italiano. II. Sulla storia delle assicurazioni 1. I primi tentativi di ricostruzione di una storia generale delle assicurazioni Come abbiamo rilevato per la borsa, anche per l attività assicurativa le ricerche finora compiute, in Italia, sono scarse e con diversa impostazione. Le ragioni del disinteresse degli storici per tale settore non mi sono chiare. Possiamo dare due interpretazioni: la difficoltà di individuare il servizio prodotto dalle compagnie di assicurazione, oppure le difficoltà di interpretazione del settore finanziario, che ha assunto una sempre maggiore importanza nell ambito delle attività assicurative. Per la prima ragione si tratta della produzione di un bene immateriale di difficile valutazione: la sicurezza degli individui e della collettività, ossia il superamento di incertezze e paure che prospettano il futuro ad un individuo o ad una impresa influendo sulla loro qualità della vita. Questo servizio, molto spesso, non è soggetto a una misurazione precisa e lo storico trova difficile avvicinarvisi. Sotto l'aspetto finanziario, la valutazione dell attività di una impresa assicurativa diviene difficile, perché si tratta dell utilizzo di capitali altrui che vengono affidati all impresa assicurativa nella speranza di una buona gestione. La sorte dell impresa assicurativa, da un lato, è legata alle informazioni che essa è capace di procurarsi intorno al verificarsi dell evento futuro 38 G. DE LUCA (a cura di), Le società quotate, cit., p

17 e dall altro è legata alla buona conoscenza del mercato finanziario in cui opera. Capire come è gestita un impresa non è cosa facile: occorre una buona preparazione delle tecniche di calcolo e della gestione contabile. Per lo storico è anche difficile avere la disponibilità della ricca documentazione raccolta dalle compagnie di assicurazione, decisamente restie ad aprire i loro archivi agli studiosi. Anche per il settore assicurativo, come per la borsa, dobbiamo rilevare l esistenza di due tipi di pubblicazioni: una che traccia le linee essenziali dell evoluzione dell attività assicurativa e l altra che riguarda la storia di singole imprese. Nel primo filone, rientra un volumetto di appunti di storia delle assicurazioni di Ennio De Simone 39, il volume di Roberto Baglioni sulle assicurazioni in Italia dal medioevo ai giorni nostri 40 e l articolo di Giuseppe Cassandro sui lineamenti storici delle assicurazioni 41. Nelle ricerche relative alle singole imprese rientrano le mie due pubblicazioni sulla storia delle Assicurazioni Generali 42 e il volume, in due tomi, di Tommaso Fanfani relativo ai cento anni di storia di Alleanza Assicurazioni 43, nonché l articolo di Nicola De Ianni sul lavoro dei colletti bianchi alle Assicurazioni Generali, nel decennio Nei tre volumi di storia delle assicurazioni in generale vengono tracciate, sulla base di una scarna bibliografia esistente sulle singole imprese di assicurazione costituite, per la maggior parte, di commemorazioni di particolari momenti aziendali, l evoluzione dei contratti di assicurazione dal medioevo all età del mercantilismo e all età contemporanea. Si tratta della storia dei primi contratti di assicurazione relativi ai trasporti marittimi e delle prime disposizioni di legge, del 1300 e del 1400, che regolarono l attività assicurativa. Per l epoca contemporanea, si citano le prime compagnie di assicurazioni che sorsero a Trieste e in Piemonte; si sottolinea il ruolo delle società di mutuo soccorso che 39 E. DE SIMONE, Appunti di storia delle assicurazioni, Arte Tipografica, Napoli, R. BAGLIONI, L assicurazione in Italia dal medioevo ai giorni nostri, IFA-Publiass, Milano, G. CASSANDRO, Lineamenti storici dell assicurazione, in Diritto e pratica dell assicurazione, fasc. 1, gennaio-marzo 1976, pp F. BALLETTA, Mercato finanziario e Assicurazioni Generali, cit.; F. BALLETTA, Capitali, borsa e assicurazioni in Italia nella seconda metà del Novecento, cit. 43 T. FANFANI, Alleanza Assicurazioni. Cento anni di storia, Alleanza Assicurazioni S.p.A., Milano, 1998; Atto costitutivo, uomini, dati e bilanci. Appendice a Alleanza Assicurazioni. Cento anni di storia, Alleanza Assicurazioni S.p.A., Milano, N. DE IANNI, I mutamenti nel lavoro delle assicurazioni: le Generali da Baroncini a Merzagora ( ), in Società Italiana degli Storici dell Economia, Il lavoro come fattore produttivo e come risorsa nella storia economica italiana. Atti del convegno di studi, Roma, 24 novembre 2000, a cura di S. Zaninelli e M. Toccolini, Vita e Pensiero Università, Milano, 2002, pp

18 ebbero per i lavoratori dell Ottocento. Per il Novecento, con la presenza sempre più consistente dello stato nell economia, si rileva il ruolo del welfare state nel settore dell assistenza e della previdenza. In particolare, Baglioni mette in evidenza le profonde trasformazioni subite dalle assicurazioni con la rivoluzione industriale. Egli sottolinea che era un attività relegata ai margini della vita economica, poiché l analisi degli economisti era incentrata, esclusivamente, sulla crescita della produzione. Il miglioramento della qualità della vita, che deriva dalle assicurazioni, veniva marginalizzato con l evolversi delle società. Il timore di perdite aziendali portò in primo piano l assicurazione dei risk management, che serve a tranquillizzare l imprenditore sui risultati del suo operato. Altri temi affrontati da Baglioni sono la specializzazione dell attività assicurativa, la trasparenza nella stipula dei contratti, i mutamenti degli assetti proprietari delle compagnie di assicurazione e la sempre maggiore internazionalizzazione dell attività assicurativa. La specializzazione si rilevò una strada obbligata, allorché si passò dalla concezione che l attività assicurativa fosse legata alla scommessa e alla valutazione di quelle attività con metodi scientifici con la valutazione attuariale dei rischi legati alle leggi del calcolo delle probabilità. Collocando l assicurato al centro dell attività assicurativa e l organizzazione del servizio a favore del cliente, l informazione, per l assicurato, è diventata un elemento indispensabile per la trasparenza e per la buona riuscita del servizio. Un provvedimento attuato in tale direzione fu la polizza vita rivalutabile, che pone l assicurato al riparo dalle perdite derivanti dalla svalutazione della moneta. Dagli anni Ottanta del Novecento, i capitalisti italiani furono interessati ad effettuare investimenti nel settore assicurativo. Per conseguenza, negli ultimi venti anni del Novecento, si ebbe un accelerato balletto di pacchetti azionari di società assicurative, con profondi mutamenti nell assetto proprietario. Il risultato fu la eliminazione di numerosi ostacoli posti dalla presenza dello stato nel settore e la formazione di grandi imprese capaci di operare sul mercato europeo e sul mercato internazionale. Con la sempre maggiore integrazione dell Italia nella Unione Europea anche le compagnie di assicurazioni, per tenere testa alle grandi compagnie europee, dovettero allineare i propri standard economici e finanziari ai paesi più sviluppati dal punto di vista economico e finanziario. I nuovi strumenti finanziari adottati dalle compagnie furono i fondi comuni di investimento e i fondi pensione. Nella prospettiva futura, alle banche toccherà il compito di gestire sempre più il risparmio a breve e medio termine e alle assicurazioni la gestione del risparmio a lungo termine con la conseguente accentuazione e accelerazione del processo di redistribuzione dell intermediazione del risparmio. Dall indirizzo del risparmio individuale e familiare in titoli di stato e depositi bancari scrive Roberto Pontremoli, nella prefazione al volume di Baglioni si passerà in modo sempre più incisivo a forme di gestione indiretta 100

19 del risparmio e, in questo caso, il ruolo di intermediazione delle assicurazioni sarà determinante, anche in termini di servizi che vengono offerti agli assicurati ben oltre la mera remunerazione finanziaria, garantendo bisogni di sicurezza contro molteplici evenienze Le ricerche di storia delle imprese di assicurazioni I due volumi che ho pubblicato sulla storia delle Assicurazioni Generali il primo relativo al periodo ed il secondo al sono costruiti nell ottica della storia finanziaria, un ottica finora snobbata dagli economisti e rifiutata dagli storici dell economia. Nel primo, dopo aver tracciato le linee generali dell assetto organizzativo della società e descritto l andamento dei premi in relazione all evolversi dell economia, è stato messo in risalto l andamento del capitale sociale, l assetto proprietario ed i fondi di garanzia accumulati. Su tali fondi sono stati affondati i bisturi separando gli investimenti mobiliari da quelli immobiliari. Sono state esaminate le relazioni intercorse fra i maggiori artefici della gestione finanziaria dell epoca Beneduce, Stringher, Morpurgo e Volpi assieme alle connessioni con il potere politico, nelle mani del fascismo, che seppe intuire l importanza della gestione finanziaria per l economia dell epoca. Nel secondo volume, dopo un esame dell andamento dell attività assicurativa, in Italia, fra il 1960 e il 1995, l analisi dell attività delle Generali ha riguardato l attività caratteristica, ma principalmente la gestione finanziaria. Gestione che, gradualmente, prese il sopravvento sull attività assicurativa. Il capitalismo italiano fu controllato dalle mani forti di poche grandi famiglie Agnelli, Ferruzzi, De Benedetti, Berlusconi, Romagnoli, Patrucco, Benetton e qualche altro che non si preoccuparono di migliorare la produttività dell azienda, ma furono sempre pronti a scalare qualsiasi società debole o solida del settore assicurativo o non; creare o rompere alleanze senza vincoli di dipendenza dai grandi protagonisti della finanza internazionale. La conseguenza di tale comportamento si è vista nel settore automobilistico, con le difficoltà in cui oggi si è trovata la FIAT, per la quale gli amministratori, preoccupati dalla gestione finanziaria, tralasciarono il rinnovo della produzione, necessario per tenere testa alla concorrenza del settore automobilistico europeo e internazionale. A tali conclusioni, per il settore assicurativo, si arriva dall analisi della valutazione dell azienda sul mercato borsistico. Dalla capitalizzazione di borsa, dal 45 R. PONTREMOLI, Prefazione, in R. Baglioni, L assicurazione in Italia, cit., p F. BALLETTA, Mercato finanziario, cit.; F. BALLETTA, Capitali, borsa e assicurazioni, cit. 101

20 pay-out e dagli indici di valutazione dell attività industriale si è potuto misurare la solidità delle Assicurazioni Generali. Pertanto si rileva che l utile dell azienda derivava, principalmente, dalla gestione finanziaria. Gestione strettamente legata al mercato borsistico, che operava in una situazione di quasi monopolio, perché dominato dalla volontà di Enrico Cuccia, che attraverso Mediobanca, era impegnato a mantenere gli equilibri finanziari fra le grandi famiglie del capitalismo italiano. Per consentire la formazione di un libero mercato finanziario, a nulla servì la presenza di un azionariato diffuso per il capitale delle Generali. La gestione della società era affidata ad amministratori dipendenti dalle decisioni di Cuccia, che, attraverso i presidenti delle Generali Merzagora, Randone, Coppola e Bernheim influì in misura determinante sulla gestione della politica industriale e finanziaria della compagnia. Tommaso Fanfani ha ricostruito al storia di cento anni di Alleanza Assicurazioni, dal 1898 al Pur denunciando una certa dispersione di documenti, egli riesce a ricostruire le vicende della compagnia servendosi dei verbali dei consigli e delle assemblee dei soci, della corrispondenza e dei bilanci della società. La prima novità che si ricava dalla ricerca è che la società fu costituita, a Genova, con capitale tedesco, come si verificò, nello stesso periodo, per il Credito Italiano e la Banca Commerciale Italiana. È questo un ulteriore rafforzamento dell ipotesi, da più parti sostenuta, della dipendenza italiana dal capitale straniero. Una seconda considerazione è la nascita dell azienda in un momento in cui lo stato cominciò ad intervenire nel settore previdenziale con l assicurazione obbligatoria, al fine di proteggere i lavoratori contro i danni alla salute derivanti dagli infortuni sul lavoro, con la istituzione della Cassa nazionale per la previdenza per l invalidità e la vecchiaia e, qualche anno più tardi (1912), accentrando nell INA le assicurazioni sulla vita. Era la dimostrazione del bisogno di sicurezza. Tuttavia la presenza dello stato nel settore costituiva un ostacolo alla crescita delle assicurazioni private. L attività della compagnia fu strettamente legata all andamento dell economia del paese, ma, principalmente, all opera dei suoi dirigenti, di cui i più importanti furono Evan Mackenzie e Mario Gasbarri. Un momento importante della vita di Alleanza fu il 1933, allorché la società entrò a far parte della compagnia Assicurazioni Generali, che aveva una maggiore esperienza perché, all epoca, aveva compiuto i primi cento anni di vita e perché svolgeva la sua attività a livello internazionale. L evento viene definito da Fanfani come il fatto più importante, dopo la fondazione, visto che dalla nuova proprietà scaturi[rono] la ripresa e l affermazione fino al raggiungimento di ambiziosi traguardi T. FANFANI, Alleanza Assicurazioni, cit.; Atto costitutivo, uomini, dati e bilanci. Appendice a Alleanza Assicurazioni, cit. 48 T. FANFANI, Alleanza Assicurazioni, cit., p

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