Storia di un Fisico Medico (al servizio di un Servizio)

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1 Storia di un Fisico Medico (al servizio di un Servizio) Al Servizio di Fisica Sanitaria dell'ospedale Cà Granda- Niguarda di Milano Sono di padre milanese, mamma bergamasca e sono nato nel paesino di Morgex, in provincia di Aosta, il 19 febbraio dell'anno Durante il periodo universitario ho goduto di una borsa di studio presso il collegio Ghislieri di Pavia. Mi sono laureato nel 1967 in Fisica Teorica, con il massimo dei voti. Dopo un anno di specializzazione con borsa di studio del CNR, ho assolto agli obblighi militari. Conseguita l'abilitazione all'insegnamento della Fisica, sono stato nominato Professore a tempo indeterminato della Scuola tecnica per periti, Istituto Saint Denis, di Sesto San Giovanni (MI). In questo periodo ho proseguito nella docenza universitaria, insegnando esercitazioni di Fisica Sperimentale II presso il Politecnico di Milano. Abbastanza casualmente sono venuto a conoscenza dell'esistenza di una branca della Fisica applicata alla Medicina. Mi è sembrato un settore nuovo e con grandi potenzialità. Mi sono subito iscritto al severo corso di Tecniche di Fisica Sanitaria presso l'istituto Enrico Fermi del Politecnico di Milano (allora non esistevano le scuole di Specializzazione universitarie in Fisica Medica). Nel contempo avevo iniziato a frequentare l'ospedale Cà Granda-Niguarda di Milano, presso cui era attivo uno dei primi servizi di Fisica Sanitaria italiani, diretto dal Prof. Tosi. Ho lavorato presso questo servizio dal 1972 al 1984, prima come Assistente poi come Coadiutore. Siamo ai primordi della Radioterapia Oncologica e il nostro Centro, uno dei più avanzati, disponeva di una Telecobaltoterapia e di un Betatrone da 43 MeV, con emissione di fasci di fotoni ed elettroni. Un piano di trattamento radioterapico negli anni '70 e la nascita della TAC Viene da sorridere, ma per effettuare allora un piano di trattamento radioterapico si procedeva all'incirca così: con un pantografo, si derivava su un foglio millimetrato il profilo assiale del paziente da trattare, a livello del piano di maggior interesse; poi, basandosi su atlanti anatomici e immagini radiografiche, si delineavano a mano entro questo contorno, gli organi interni del paziente (da rispettare) ed il bersaglio tumorale (da irradiare). In base al quadro clinico e all'esperienza, si sceglieva il numero, la direzione di incidenza e le dimensioni dei campi radianti. Con l'impiego di carte semitrasparenti contenenti le "curve di isodose" per le dimensioni dei campi scelte, si tracciavano sul foglio millimetrato le principali isodosi. Sommando i valori di dose corrispondenti all'intersezione delle isodosi relative ai campi di radiazione prescelti, si otteneva un nuovo insieme di punti che rappresentavano le isodosi, somma dei campi corrispondenti. Queste isodosi dovevano racchiudere con i valori più elevati la regione da trattare e risparmiare gli organi sani. Immaginate un po' come si

2 poteva pensare di "ottimizzare" (cioè ripetere più volte il calcolo) di un piano di trattamento ottenuto con tanta fatica! Roba da impazzire. Credo di aver resistito poche volte a seguire questa procedura. Poi, usando un computer del CED (IBM a schede perforate) per uso amministrativo, mi sono dedicato alla creazione di un programma informatizzato, che riducesse il carico di lavoro manuale. Questo programma, uno dei primi in Italia, è stato in uso quotidiano per poco meno di 10 anni. Fui testimone della rivoluzione in questo campo all'inizio degli anni 80, con l'introduzione della TAC, primo esempio di immagine numerica digitale, direttamente in sezione assiale. Non a caso uno dei due inventori, Allan Cormack, premio Nobel per la Medicina nel 1979 con l'ingegnere Godfrey Hounsfield, era un Fisico Sanitario che si era stancato, credo, di prendere i profili con un pantografo e di impiegare informazioni anatomiche così approssimative! La TAC era destinata naturalmente a rivoluzionare dal profondo la Medicina e in particolare la Radiologia e la Radioterapia. Al riguardo ricordo un aneddoto divertente. Il dott. Tosi era stato invitato dalla Ditta Costruttrice della TAC (EMI) al Saint Mary Hospital di Londra a vedere una delle prime apparecchiature in uso clinico. Al suo ritorno si tenne immediatamente una riunione con i Radiologi. Tosi, eccitatissimo, spiegò i principi fisici di questa nuova apparecchiatura con ricchezza di particolari. Al termine della riunione uno dei due Primari di Radiologia, in mia presenza, prese Tosi a braccetto, e, battendogli amichevolmente una mano sulla spalla disse (con aria profetica): "Vedi Piero, questi aggeggi serviranno al massimo per far divertire i Fisici, ma non avranno mai alcuna utilità nella Diagnostica Radiologica...!" Lo spirito dei "Saggi di Salamanca" aveva colpito ancora! La Radioprotezione e la valutazione delle apparecchiature Altra attività di primaria importanza era, naturalmente, la Radioprotezione, di cui strumento fondamentale era (ed è ancor oggi) la dosimetria individuale. Ogni lavoratore esposto alle radiazioni indossa, infatti, un dosimetro, costituito allora da un astuccio contenente filtri di diversi materiali e due piccole pellicole radiografiche di tipo industriale. Al termine del periodo di esposizione (da uno a tre mesi) i dosimetri venivano raccolti e le pellicole sviluppate. La semplice visualizzazione dell'immagine dei filtri sulla pellicola forniva molte informazioni sulla modalità dell'esposizione, ma il calcolo preciso della dose si presentava complesso, sia per la non linearità dell'annerimento della pellicola rispetto all'entità della radiazione assorbita, sia per la dipendenza della risposta della pellicola dall'energia del fascio radiante. Errori di calcolo assai gravi si potevano commettere nei "campi misti" di radiazione, presenti, in particolare, in Medicina Nucleare, dove si mescolano contributi di dose provenienti da isotopi differenti. Grazie all'applicazione di un modello matematico appropriato, sviluppai un programma di calcolo automatico. Anche se la dosimetria basata sul principio fotografico è stata, per lo più, sostituita da quella che impiega il principio della "termoluminescenza", ancor oggi, diversi ospedali ed altri centri impiegano il programma da me sviluppato quasi quarant'anni fa! Un'altra attività per cui l'attività del Fisico Sanitario si rivelava preziosa (e che diventava progressivamente più onerosa) era il controllo periodico della qualità delle immagini fornite dalle apparecchiature radiologiche. Tra l'altro,tac e Gamma camere avevano cominciato a sfornare immagini digitali ed il loro controllo, trattandosi di numeri,

3 risultava più agevole. Tuttavia questo controllo si rivelava insufficiente se, di partenza, l'apparecchiatura era di scarsa qualità. Occorreva dunque risalire alla teoria della formazione delle immagini, individuando i parametri fondamentali che ne caratterizzano la qualità (quali la risoluzione spaziale, il rumore, la sensibilità, ecc...). La letteratura anglosassone (tramite principalmente le riviste Medical Physics e Physics in Medicine e Biology) aveva fatto molti passi avanti in questa direzione. Per verificare quello che avevamo imparato, in occasione di una "gara" di TAC, affrontammo lo studio comparato delle varie "generazioni" di apparecchiature allora presenti sul mercato. Questo faticosissimo lavoro ci fruttò la soddisfazione di una delle prime pubblicazioni italiane sulla rivista "Medical Physics". Un amore a prima vista: la Risonanza Magnetica Verso la fine del mio periodo lavorativo all'ospedale di Niguarda (inizio anni '80) ho avuto la fortuna di veder nascere la Risonanza Magnetica Nucleare, una metodica di Imaging Radiologico del tutto nuova e non più basata su radiazioni ionizzanti. Quello che più stupiva, era, da un lato, la straordinaria qualità delle immagini, (che uguagliavano talvolta quelle degli atlanti anatomici!), dall'altro, l'estrema varietà di modi di "interrogazione" degli spin, cui corrispondevano tipologie di immagine del tutto diverse e che fornivano spesso informazioni diagnostiche complementari. Mi "innamorai" immediatamente di questa metodica ed ebbi l'occasione di visitare alcuni dei centri più avanzati del settore sia in Inghilterra che negli Stati Uniti, entrando in contatto diretto con alcuni degli ideatori della metodica e premi Nobel per la Medicina (P. Lauterbur e P. Mansfield). Diversamente dalla TAC, che era nata in Radiologia, la Risonanza Magnetica aveva alle spalle quarant'anni di applicazioni in Fisica e poi in Chimica, campo quest'ultimo in cui le tecniche spettroscopiche avevano dato un contributo decisivo. Molte di queste tecniche potevano essere trasferite al campo dell'imaging radiologico. Ricordo con particolare piacere il primo lavoro di spettroscopia MR applicata a reperti operatori di mammella, effettuato in collaborazione con la Prof.ssa Bradamante dell'istituto di Chimica dell'università di Milano. Già nell'83, avevamo evidenziato anomalie dello spettro, connesse con la presenza di tessuto neoplastico. Oggi, grazie all'aumento dei campi magnetici, queste tecniche consentono un esame spettroscopico "in vivo". Ma, anche oggi a distanza di quarant'anni, la Risonanza Magnetica non smette di stupire offrendo alla Medicina sviluppi sempre nuovi (si pensi alla "Diffusion Spectrum o allo "Spin labeling"). La Fisica Sanitaria negli anni '80 Intanto, in questi 13 anni, il Servizio di Fisica Sanitaria dell'ospedale di Niguarda era cresciuto e includeva orma tre Fisici, tre Periti ed una Segretaria. Anche la nostra disciplina si era diffusa nei principali ospedali del Nord e del Centro Italia, con qualche propaggine al Sud. Nella seconda metà degli anni '70, con due amici e colleghi (Dott. Guido Pedroli e Ugo Cerchiari) avevo fondato la prima rivista italiana di Fisica Medica (oggi la nostra Associazione possiede ben due riviste con caratteristiche diverse). Soprattutto, presso diverse Università erano state assegnate cattedre di Fisica Medica ed in diverse sedi si erano organizzate Scuole di Specializzazione, tra cui a Milano, scuola presso la quale ho insegnato per diversi anni. La presenza di queste scuole e la necessità per i giovani studenti di svolgere un tirocinio in ambito ospedaliero, permise ai Servizi di

4 ospitare giovani specializzandi e, nel contempo, di stabilire rapporti più stretti con le Università. Interscambio di importanza fondamentale sia per stimolare l'accrescimento culturale della disciplina sia per offrire nuove opportunità di lavoro ai giovani, inserendoli nei Servizi che si andavano costituendo, sotto la spinta della nuova tecnologia che, progressivamente, diventava strumento di diagnosi e cura. Da questa esperienza mi restano nel profondo la grande professionalità del mio Direttore, Gianpiero Tosi, vero "Fisico Medico", per molti tratti esempio non facile da imitare. E, soprattutto, la soddisfazione di aver contribuito alla formazione di personalità come Alberto Torresin e, per un tempo più limitato, di Paola Colombo. Ma non posso dimenticare la profonda amicizia con tutti i componenti del Servizio e con il Dott. Manlio Del Corona, uno dei miei cari amici milanesi di più lunga data. Un ricordo speciale al povero dott. Mario Granata, una persona cara che sento spesso a me vicina. A Reggio Emilia Due i motivi principali per la decisione. Primo: a metà degli anni 80, il Dott. Tosi doveva trasferirsi dall'ospedale Cà Granda all'ospedale Maggiore di Milano, lasciando (possibilmente a me) il posto di direttore, ma, per motivi a me ignoti, era rimasto al sul suo posto, prolungando così "sine die" la mia posizione di vice. Secondo: ero venuto a conoscenza di un possibile concorso per Direttore Fisico all'ospedale di Reggio Emilia. La costituzione di un nuovo Servizio autonomo era collegata con un progetto di ampliamento dell'ospedale, che prevedeva diverse fasi. Nella prima erano previsti nuovi reparti di Radioterapia e Medicina Nucleare. Costruire un Servizio di Fisica Sanitaria dalle fondamenta, così come lo volevo, mi sembrava una sfida da accettare. In realtà fu molto di più che l'edificazione di un singolo Reparto: a cominciare da una revisione globale dei progetti dei reparti di Radioterapia e, in misura minore, di Medicina Nucleare. Questo lavoro permise non solo di avere due Reparti allo "stato dell'arte" ma di ricavare nel seminterrato della palazzina un'area assai vasta per gli sviluppi futuri, che sarebbero stati la Sezione di Risonanza Magnetica e quella del Ciclotrone. Non mancavano naturalmente i problemi specifici della Fisica Sanitaria (a cominciare dalla Sede, il Personale, i Rapporti con gli altri Reparti, la Ricerca, ecc...) La mia esperienza precedente all'ospedale di Niguarda si rivelò, comunque, di grande utilità perché molti erano i problemi già affrontati nella "vita" precedente. Lo "spirito" del servizio Come Direttore devo dire con sincerità che sono stato davvero fortunato: ho avuto con me sempre persone di grande statura sia dal punto di vista del carattere che della preparazione. Ma c'è forse qualche cosa in più che ha reso il nostro Servizio in qualche modo speciale. Il fatto di essere un Servizio nuovo, in fase di progressiva espansione man mano che la "Medicina del futuro" entrava dall'ospedale. Un luogo ove ciascuno poteva godere di una considerevole "libertà di pensiero" e, nel suo settore, diventare in breve tempo un vero esperto, una persona di riferimento. Credo che questo sia stato il cemento che ha portato il Servizio a crescere nel tempo e a diventare uno strumento di primo piano nell'ambito dell'ospedale e del suo progressivo rinnovamento.

5 Misurare le ombre e la gara per le pellicole radiografiche I buoni rapporti con l'economato, fecero sì che molto presto il Servizio di Fisica si trovò coinvolto in una delle questioni più spinose della realtà ospedaliera dei primi anni 90: il capitolato per la gara del materiale radiografico: pellicole, schermi di rinforzo, sviluppatrici. La spesa per questi materiali, peraltro indispensabili, era notevole e, per un ospedale di circa 1000 posti letto dell'ordine di 1 miliardo delle vecchie lire all'anno. Il problema principale era quello di impostare correttamente la bilancia qualitàprezzo. Mentre, infatti, sul prezzo, oltre a chiedere congrui sconti, poco si poteva fare, l'aspetto della valutazione della qualità, effettuato abitualmente "ad occhio" dai Radiologi, lasciava adito nel mondo economale-amministrativo a non poche perplessità. Nel nostro ospedale, ad esempio, erano presenti, come si è detto, due servizi di radiologia e il giudizio di qualità dei prodotti delle ditte concorrenti era generalmente diverso tra i due primari. Occorreva dunque cercare di ancorare il giudizio di qualità a criteri oggettivi. Non che, a livello fisico, non fossero ben noti dalla teoria i parametri fondamentali da valutare (risoluzione spaziale, rumore, curva di risposta, incluso il contrasto e la sensibilità) ma esistevano diversi problemi al riguardo. In primo luogo, la strumentazione richiesta per la misura della risoluzione e del rumore (micro densitometro) era molto costosa (più di 300 milioni delle vecchie lire) e in Italia ne esisteva un solo esemplare, presso una delle Ditte concorrenti (peraltro sempre disponibile a metterlo a disposizione per interconfronti). In secondo luogo, anche ammesso di valutare con strumenti fisici e non "ad occhio" la qualità del materiale, come si potevano combinare tra loro i vari parametri per ottenere un giudizio complessivo di quello che era "il livello tecnologico" del prodotto? (un sistema, ad esempio poteva avere una risoluzione più alta a scapito di un rumore anch'esso più elevato). Esistevano inoltre materiali per usi diversi (oltre all'uso generale, quello mammografico, le pellicole per gli arti, eccetera ). Per fortuna dei Fisici (e degli Ospedali) erano usciti sul mercato già da qualche anno le nuove telecamere a CCD, che fornivano un'immagine digitale. Con un'ottica opportuna, uno stativo verticale, un negatoscopio (e talvolta anche un microscopio) non fu difficile assemblare con pochi soldi uno strumento con cui valutare direttamente la risoluzione spaziale (con immagini di oggetti test) e il rumore (su un campo irradiato uniformemente). La Curva Caratteristica e la Sensibilità erano relativamente facili da misurare in modo diretto. Basandosi poi sui principi generali, non fu difficile sviluppare una "indice sintetico" che poteva ben esprimere il "livello tecnologico" del materiale. Questo parametro poteva ragionevolmente essere "pesato" rispetto il prezzo. Fu una vera rivoluzione: lo strumento e la metodologia di valutazione si diffusero rapidamente nei Servizi di Fisica di molti centri italiani e il capitolato di Reggio Emilia diventò la base di un capitolato regionale, frutto di incontro (e sconto!) tra Fisici e Radiologi dell'intera Emilia-Romagna.Ma quel capitolato diventò quello di riferimento per l'intera Regione. Non furono solo rose: una multinazionale che si riteneva penalizzata dalla formula inviò nel mio studio un suo emissario (taglia 1.90, cicatrice sul volto, vestito a righe e occhiali scuri) a farmi esplicite minacce se non avessi rinunciato alla diabolica formula.

6 Ma non erano quelli i tempi giusti per queste "bravate". Non molto dopo, venni a sapere che il tipo era incappato in "Mani Pulite" e si era guadagnato una giusta condanna per irregolarità durante una gara di pellicole. Forti dell'esperienza fatta, lanciammo tra Fisici Sanitari italiani l'idea di un gruppo di lavoro sulla "standardizzazione delle misure di qualità dei sistemi schermo-pellicola": credo che fu uno dei primi gruppi della nostra Associazione. Il fatto di aver creato uno strumento di valutazione oggettiva rese le gare un po' meno prevedibili (soprattutto all'uscita sul mercato di prodotti nuovi) e indusse le Ditte ad una maggiore competizione (l'abitudine era infatti quella di "spartirsi il mercato"), consentendo ad Economi illuminati acquisti con sconti nettamente più elevati. Ricordo che noi acquistavamo questi prodotti con sconti superiori al 55% del prezzo di listino. Restai davvero male quando un mio collega del Sud mi disse che, con grande fatica, erano riusciti ad acquistare gli stessi prodotti con uno sconto del 25%... Quello che avevamo imparato in questo campo si rivelò poi di primaria importanza quando, alcuni anni dopo, si pose il problema della valutazione comparata delle apparecchiature digitali che stavano cominciando a sostituire i sistemi tradizionali schermo-pellicola. Il sogno dell'informatizzazione e un servizio senza capo Con la riforma Ministeriale degli ospedali dell'inizio anni '90, i Direttori Generali diventavano di nomina regionale e dovevano avere avuto una formazione specifica che includesse un'esperienza aziendale. Arrivò da noi il dottor Maurizio Guizzardi, preceduto dalla fama di uomo intelligente, con grande esperienza nel suo campo, ma dal carattere assai difficile e con fama di essere un risoluto "tagliatore di teste". Innovazioni profonde vennero introdotte a quell'epoca, a partire dal "budget aziendale", che per lunghissimi anni il nostro ospedale mantenne orgogliosamente in pareggio. Durante uno dei primi incontri collegiali dei primari si discuteva della strana connotazione dell'arcispedale, che era stato da sempre un Ente indipendente, pur senza la connotazione di Policlinico Universitario. Con l'idea di dare un contributo ed evitare una possibile marginalizzazione del Servizio di Fisica, proposi che il nostro ospedale diventasse una specie di laboratorio di sperimentazione delle tecnologie più avanzate in campo sanitario (a cominciare con l'informatica!), da diffondere, se i risultati fossero stati positivi, agli altri ospedali della Regione. Avevo toccato un nervo scoperto e qualche giorno dopo mi trovai a dover impostare, con un giovane e brillante ingegnere informatico (Ing. Sergio Bronzoni) il progetto di informatizzazione dell'arcispedale. Anche se ero un appassionato utilizzatore di computer, informatizzare un intero ospedale è un qualcosa di completamente diverso, un compito da "far tremare le vene ai polsi". Cominciammo subito con un buon risultato nell'informatizzazione del Laboratorio Analisi, che aveva già al Suo interno un Medico esperto di informatica di laboratorio. In quello stesso periodo facemmo una prima serie di visite ad altri ospedali per capire qual era la via migliore per l'informatizzazione ospedaliera. Ricavammo l'impressione di una grande eterogeneità di soluzioni, spesso dovute alle forti e indebite interferenze da parte dell'alta dirigenza ospedaliera nel settore dell'informatica. Lo scenario ospedaliero provinciale doveva bruscamente mutare nel 1995, quando la Regione decise di riunire in un unico ente (AUSL) l'arcispedale ed i cinque presidi

7 ospedalieri della provincia. Il Direttore mi chiese allora di prendere in mano tutta l'informatica provinciale. Il Responsabile del centro lasciava infatti il nostro Ente per dedicarsi ad attività privata. Se prima mi sentivo inadeguato, ora il mio livello di incompetenza era totale. La paura di un qualche riflesso negativo sul Servizio di Fisica e l'incoscienza mi spinsero nuovamente ad accettare la proposta. Il panorama dell'informatica della nostra Provincia si presentava davvero deprimente: ogni ospedale aveva sì provveduto a dotarsi di un qualche strumento informatico (generalmente per gestire il laboratorio analisi, in ambito ospedaliero e gli aspetti amministrativo-economali, in ambito amministrativo), ma il livello e la tipologia delle soluzioni erano le più disparate. A Reggio, poi, era stato commesso l'errore più grave, acquistando un costoso "mainframe" IBM, che non era compatibile con i nuovi sistemi operativi UNIX e DOS- Windows, che si stavano diffondendo come nuovi standard. Ricordo con orrore il progetto del CUP dell'arcispedale che prevedeva l'impiego del mainframe di Parma che avremmo dovuto ampliare a nostre spese... (dopo averne comprato uno simile anche noi!). Dovendo procedere a marce forzate, si assunse una filosofia assai spiccia: puntare sulle persone più valide, sugli standard riconosciuti a livello di sistemi operativi ed infine generalizzare a tutta la provincia le soluzioni di maggior qualità già presenti in qualche realtà ospedaliera. Gli applicativi relativi al personale, paghe e stipendi, economato, controllo di gestione, CUP furono via messi in funzione, come soluzioni unitarie per tutta la provincia. Fu un lavoro massacrante per tutti. Quando, un paio di anni dopo, si cominciò a parlare di scorporo dell'arcispedale dalla AUSL, la situazione era già un po' migliorata e si poté impiegare per il nostro ospedale (su basi dati differenti) gli stessi programmi che erano già stati implementati in ambito provinciale. Da un unico servizio di informatica si passò senza traumi a due servizi: uno per l'arcispedale l'altro per la AUSL. Adesso occorreva per noi procedere a tappe forzate all'informatizzazione dell'arcispedale. Due erano i problemi fondamentali: la rete ospedaliera e la scelta di un applicativo che "vestisse l'ospedale" da un punto di vista delle applicazioni sanitarie. Arrivando al mattino all'ospedale mi immaginavo, sognando ad occhi aperti, che ogni attività clinica, ogni contatto con i pazienti, ogni referto, fosse registrato per via informatica, e che ogni scrivania dell'ospedale avesse su di sé un personal computer! Il primo passo era, ovviamente, l'informatizzazione del Pronto Soccorso, la più complessa via di accesso all'ospedale. Non dimenticherò mai il lavoro fatto con noi dal Primario del Pronto Soccorso e dalla sua Caposala per correggere le lacune del programma e "personalizzarlo" alle complesse esigenze del nostro ospedale. Alla fine, con l'informatizzazione del Pronto Soccorso il passo più difficile era compiuto: mai più avrei visto uscire dall'ospedale dei poveri pazienti con quegli orribili foglietti scritti a mano, del tutto illeggibili ai comuni mortali e, spesso, anche i colleghi Medici cui erano destinati! Restava, ahimè, da informatizzare tutto resto dell'ospedale...ma anche una lunga marcia comincia con un piccolo passo (ma tanto faticoso!). Una nota: presso l'arcispedale non c'era alcun spazio per il Servizio di Informatica così questo Servizio trovò posto nel seminterrato della Fisica. Secondo quanto assicurato dall'amministrazione doveva essere una soluzione del tutto temporanea. Durò infatti circa 10 anni! Se la Fisica perse la sala incontri e i locali adiacenti, guadagnò la vicinanza dei

8 colleghi del Servizio di Informatica. E da questa vicinanza, si crearono rapporti di amicizia e collaborazione che durano anche oggi. Non solo, ma diversi obiettivi di informatica ospedaliera trassero grande vantaggio da questa vicinanza. Me ne vengono in mente almeno due: la difficile informatizzazione della Radioterapia e la costruzione del sistema di gestione delle immagini ospedaliere (PACS). Purtroppo, questa corsa, piena di ansia, su due fronti, quello della Fisica e quello dell'informatica mi portò un danno fisico tangibile. Da allora, soffro infatti di un dolore pelvico cronico che non smette di perseguitarmi! Il Direttore Generale, oltre ad aver sottratto alla Fisica il suo capo (per almeno metà del tempo) aveva progettato anche un altro colpo magistrale: attraverso il subdolo meccanismo dei "gruppi di lavoro" aveva individuato nel Coadiutore del SFS, dottor Pierpaolo Ferretti, il possibile responsabile dell'erigendo Servizio di Tecnologie Biomediche (Ingegneria Clinica). Molto rapidamente l'attività di Ferretti per la Fisica si ridusse a zero e la Sua stanza, adiacente alla mia, divenne il primo nucleo del nuovo servizio, destinato poi ad accrescersi e ad espandersi in sedi più idonee. Il Dipartimento Tecnologico Scientifico e l'organizzazione del Servizio di Fisica Sanitaria (ora denominato Servizio di Fisica Medica) Questi stretti legami tra Fisica Sanitaria, Informatica e Tecnologie Biomediche fecero nascere l'dea di costituire un Dipartimento Tecnologico Scientifico che, preservando l'autonomia dei singoli reparti, costituisse uno strumento di integrazione e di spinta verso una più rapida ed efficace introduzione dell'innovazione tecnologica nell'arcispedale e, più in generale nella Provincia. Per quasi un decennio, fino al mio collocamento a riposo nel 2009, ho diretto questa nuova struttura. Un segno di questo lavoro di organizzazione ed innovazione rimane nel titolo dell'irccs di cui oggi si fregia l'arcispedale (Tecnologie avanzate e percorsi assistenziali in Oncologia). Alcuni punti nodali di questo progresso tecnologico furono: lo sviluppo della Radioterapia con l'impiego di tecniche avanzate. Grazie in particolare al Dott. Mauro Iori (ora direttore del Servizio), alla Dott.ssa Paiusco (ora Direttrice del Servizio di Fisica Sanitaria dell'istituto Oncologico Veneto), alla Dott.ssa Cagni ed ai bravissimi Tecnici della Fisica e Radioterapia fummo, tra l'altro, il primo Centro in Italia ad applicare tecniche di IMRT; lo sviluppo della Radiodiagnostica, con l'introduzione di sistemi digitali di acquisizione e gestione di immagini Radiologiche a livello Provinciale. E questo grazie in primo luogo al Dott. Andrea Nitrosi (che dirige la Struttura semplice di Fisica in Radiodiagnostica) ed ai giovani del Suo gruppo. Questo lavoro è stato recentemente completato con un progetto pionieristico di digitalizzazione dell'intero percorso mammografico provinciale; il progresso nelle tecniche di Medicina Nucleare, con l'introduzione di una delle prime PET/CT in Italia e di un Ciclotrone. Senza dimenticare lavoro di Valutazione della dose interna da Radioisotopi impiegati in Diagnostica e Terapia. Il Gruppo di Fisica in Medicina Nucleare (ora Struttura Semplice) è stato sotto la guida del dott. Mondini ed ora è diretto dalla Dott.ssa Fioroni e include la Dott.ssa Grassi;

9 Il coordinamento delle attività di Radioprotezione e di Controllo delle apparecchiature affidato al Dott. Piccagli che include Tecnici di Fisica e di Radiologia di grande esperienza. Una nota di grande soddisfazione è stato per me avere visto, negli anni immediatamente precedenti e seguenti il mio collocamento a riposo l'assunzione con contratto a tempo indeterminato di quattro (e forse cinque!) giovani Specializzati in Fisica Medica che tanto avevano contribuito (e contribuiranno!) allo sviluppo del Servizio. Altra grande soddisfazione è stata la buona riuscita del VI Congresso di Fisica Medica del Settembre Risultato che devo a tutti i miei collaboratori ed in particolare al Dott. Andrea Nitrosi. Ma non posso dimenticare gli appassionati consigli del mio amico Dott. Giorgio Chierego, che mi ha evitato di compiere diversi errori magistrali. A riposo? Grazie all'interessamento delle Prof.sse "Chicca" Gilardi e Cristina Messa sono ora consulente dell'ospedale S. Raffaele Giglio di Cefalù dove seguo le attività del Gruppo di Fisici, Coordinato dal Dott. Giorgio Russo. Le attività di questo nuovo gruppo sono in notevole sviluppo e vanno dagli Ultrasuoni Focalizzati ad Alta Intensità (mia passione più recente!) alla IORT, alle tecniche avanzate di Diagnostica MR e PET. Mi auguro, prima di ritirarmi (e questa volta davvero!) di veder compiuto il progetto innovativo di un'apparecchiatura per studiare l'effetto degli HIFU sul modello animale, in particolare per il "Drug Delivery", cioè un elevato e localizzato assorbimento di farmaci o per un incremento sinergico degli effetti della Terapia Radiante. Adesso poi che il nostro bravissimo Presidente, Dott.ssa Luisa Begnozzi, su delibera del Consiglio Direttivo dell'associazione, mi hanno nominato Socio Onorario, ho la sensazione che a ritirarmi del tutto posso attendere ancora un poco... Milano, 16/04/2012 Gianni Borasi

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