La financial repression è già una realtà

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1 La financial repression è già una realtà La financial repression influenza i rendimenti degli investimenti ed il modo in cui investiamo Documento di approfondimento che non costituisce offerta al pubblico di prodotti finanziari Understand. Act.

2 La financial repression influenza i rendimenti degli investimenti ed il modo in cui investiamo. 2

3 Contenuti 4 La financial repression è già una realtà 5 La financial repression in passato 7 La financial repression oggi 9 Seguiremo l esempio del Giappone verso la deflazione? 9 La financial repression: una tendenza di lungo termine 11 Le implicazioni per i prezzi delle attività finanziarie e per l asset allocation 12 Asset Allocation attiva: mai così rilevante 3

4 La financial repression è già una realtà Secondo il Trattato sul funzionamento dell Unione Europea, andrebbero eliminate tutte le limitazioni sui flussi di capitale sia all interno dell UE che all esterno, con i paesi che non vi fanno parte. Tuttavia, l Articolo 66 dello stesso Trattato, in circostanze eccezionali consente l applicazione di restrizioni sui flussi di capitale. L Europa applicherà l Articolo 66? Inoltre, in termini più generali: a seguito della crisi del debito tuttora in corso, le autorità europee interverranno sui mercati finanziari provocando distorsioni sui prezzi degli asset finanziari? La financial repression diventerà il tema dominante sui mercati finanziari nei prossimi anni, non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti, che risentono di un elevato livello del debito pubblico? Autore: Stefan Hofrichter. Stefan Hofrichter è Global head dell Economic and Strategy Department di Allianz Global Investors, responsabile dell analisi dei trend dell economia e dei mercati finanziari. È membro del Global Policy Committee che delinea le strategie di investimento di Allianz Global Investors. 4

5 La financial repression in passato Il termine financial repression è stato utilizzato la prima volta in una pubblicazione economica nel 1973 da McKinnon e Shaw e fa riferimento alle politiche economiche, alle norme ed ai controlli sui capitali imposti al sistema finanziario da governi e banche centrali, che provocano distorsioni dei prezzi delle attività finanziarie. Spesso, anche se non sempre, misure di financial repression sono utilizzate per facilitare la riduzione dell indebitamento nel settore pubblico. Oggi la financial repression potrebbe rappresentare lo strumento più ovvio di intervento nei mercati finanziari da parte delle autorità. Come hanno evidenziato Reinhart e Sbrancia nel loro autorevole saggio del 2011 La liquidazione del debito pubblico, la financial repression, combinata con un po di inflazione (e quindi con una crescita più elevata del prodotto interno lordo nominale), in passato è stata frequentemente utilizzata dai governi allo scopo di ridurre il rapporto tra debito e Pil. Tassi di inflazione elevati o casi di default possono rappresentare mezzi di maggiore effetto per il deleveraging del settore pubblico, ma la financial repression come strumento più sottile è stato ampiamente utilizzato dalle economie sviluppate dopo la Seconda Guerra Mondiale. La financial repression non esclude la riduzione del debito attraverso maggiori risparmi, anzi è vero il contrario. Tuttavia, dobbiamo tenere presente che da solo il risparmio non basta come strumento di deleveraging poiché la crescita economica e di conseguenza le entrate fiscali tendono ad essere piuttosto contenute in presenza di elevati livelli di indebitamento. Un esempio del funzionamento della financial repression si ha osservando la situazione negli Stati Uniti tra il 1945 e il Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il rapporto tra debito e Pil degli Stati Uniti era pari a circa il 120%. Il governo, in collaborazione con la Fed, riuscì a mantenere i tassi ed i rendimenti su bassi livelli per un lungo periodo. I tassi a breve termine rettificati per l inflazione si mantennero negativi per un periodo di tempo prolungato, i rendimenti obbligazionari nominali vennero mantenuti inferiori ai tassi di crescita del Pil nominale per buona parte del periodo fino agli anni 80, registrando una differenza pari in media al 2,1% all anno (v. grafico1). Secondo la teoria economica, i rendimenti obbligazionari nel lungo termine tendono a convergere con il tasso di crescita dell economia. Quanto accaduto fu favorito dal fatto che le autorità fecero in modo che l inflazione fosse costantemente Grafico 1 Stati Uniti Differenza tra i rendimenti a 10 anni e la crescita del Pil 12 % 10 % 8 % 6 % 4 % 2 % 0 % 2 % 4 % 6 % June 12 8 % 10 % Apr 52 Apr 57 Apr 62 Apr 67 Apr 72 Apr 77 Apr 82 Apr 87 Apr 92 Apr 97 Apr 02 Apr 07 Apr 12 Difference Differenza tra of i nominal rendimenti US nominali bond yiels delle (10-year) obbligazioni vs. (a nominal 10 anni) US e la GDP crescita growth del Pil nominale negli Stati Uniti Fonte: Federal Reserve Bank di St. Louis, Allianz Global Investors Economics & Strategy (Dati al 30/06/2012) 5

6 Grafico 2 Stati Uniti Le sorprese sul fronte dell inflazione (inflazione meno media inflazione a 10 anni) 10 % 8 % 6 % 4 % 2 % 0 % 2 % 4 % 6 % Juni 12 8 % Jan 52 Jan 57 Jan 62 Jan 67 Jan 72 Jan 77 Jan 82 Jan 87 Jan 92 Jan 97 Jan 02 Jan 07 Jan 12 Inflazione US inflation negli (CPI) Stati minus Uniti (indice 10-year dei prezzi average al consumo) inflation meno Inflazione media a 10 anni Fonte: Federal Reserve Bank di St. Louis, Allianz Global Investors Economics & Strategy (Dati al 30/06/2012) superiore alle aspettative. Nei trent anni che precedettero il 1980, l inflazione quasi ogni anno registrò valori superiori alla media di lungo termine (v. grafico 2). Di conseguenza, la crescita economica nominale era relativamente solida, superiore ai rendimenti nominali delle obbligazioni, ma gli investitori non reagirono conseguentemente. I rendimenti obbligazionari rimasero relativamente bassi. Dopo circa trentacinque anni, a metà degli anni 70, il rapporto tra debito pubblico e Pil negli Stati Uniti scese dal 120% al 35% circa, restando su questi livelli fino all inizio degli anni 80 (v. grafico 3). Secondo Reinhart e Sbrancia, questa dinamica si spiega principalmente attraverso il liquidation effect derivante dalla financial repression, in misura pari a circa il 3% all anno. Grafico 3 Stati Uniti - Rapporto tra debito pubblico e Pil 140 % 120 % 100 % 80 % 60 % 40 % 20 % 0 % Rapporto US Central Government debito pubblico debt-to-gdp e Pil degli Stati ratio Uniti Fonte: Federal Reserve Bank di St. Louis, Allianz Global Investors Economics & Strategy (Dati al 30/06/2012)

7 Diversi provvedimenti amministrativi contribuirono a questo andamento, tra cui lo swap nel 1951 tra obbligazioni negoziabili a breve scadenza e obbligazioni non negoziabili a lunga scadenza, la Regulation Q (il divieto al pagamento degli interessi sui depositi a vista), vari controlli sui flussi di capitale internazionali ed il divieto per i privati di possedere oro. La financial repression oggi sono state prese per stabilizzare l economia ed evitare la deflazione, poiché i mercati finanziari hanno iniziato ad evidenziare qualche malfunzionamento, distorcendo così i meccanismi di trasmissione della politica monetaria. Tuttavia, stabilizzando il segmento a breve della curva ed intervenendo direttamente sul segmento a lungo termine, le banche centrali contribuiscono indirettamente alla riduzione dei costi di finanziamento del governo. A prima vista questi provvedimenti sembrano lontani nel tempo. Eppure, analizzando la situazione attuale più da vicino, si possono rilevare diversi indicatori della financial repression non solo in Europa, ma anche in molte altre aree del mondo. In realtà tutte le misure che contribuiscono a mantenere artificialmente bassi i tassi di interesse, e di conseguenza i rendimenti dei titoli governativi, sono forme di financial repression, anche se non tutti gli strumenti utilizzati sono stati introdotti allo scopo specifico di contenere il costo dell indebitamento dei paesi sovrani, ma per altri fini. Le banche centrali dei principali paesi sviluppati attualmente mantengono i tassi di interesse vicino allo 0% per sostenere la crescita mentre è in corso un processo di deleveraging del settore pubblico (e di quello privato). Tutte le principali banche centrali hanno annunciato, in modo più o meno esplicito, che manterranno i tassi su livelli eccezionalmente bassi per un periodo di tempo prolungato. La Federal Reserve negli Stati Uniti ha dichiarato che manterrà i tassi su livelli eccezionalmente bassi fino al Anche l acquisto di titoli governativi da parte di tutte le principali banche centrali ha un effetto distorsivo al ribasso dei rendimenti obbligazionari. Inoltre, la Fed non ha più solamente centinaia di miliardi di titoli del Tesoro americano a breve termine in bilancio, ma ha iniziato a spostare i propri investimenti dalle scadenze a breve verso quelle più a lungo termine attraverso l Operation Twist, puntando quindi direttamente ai costi di finanziamento a lungo termine del governo. Senza dubbio, tutte queste decisioni di politica monetaria La regolamentazione è anch essa favorevole ai titoli di stato. In molti casi i legislatori considerano gli investimenti nei titoli governativi come privi di rischio, pertanto agli istituti finanziari non è richiesto di mettere capitale a garanzia (garanzie di capitale aggiuntive per i titoli sovrani dell Unione Monetaria Europea sono richieste per le banche che hanno rilevanza a livello di sistema). Ci sono anche altre forme di intervento diretto sui mercati finanziari. In Austria, la banca centrale e l autorità di vigilanza sui mercati finanziari hanno introdotto delle norme che limitano i flussi di capitale verso le controllate estere dell Europa centrale e orientale. Anche in questo caso, le norme finanziarie non hanno lo scopo esplicito di ridurre i costi di finanziamento del governo, tuttavia contribuiscono al mantenimento dei capitali all interno del paese. In alcuni paesi è già stato effettuato un intervento più diretto sui mercati. Diverse nazioni, tra cui Francia, Portogallo, Irlanda e Ungheria, hanno trasferito alcuni fondi pensione al governo nazionale: è un altro esempio di financial repression, poiché chiaramente è 7

8 prevista la riallocazione degli attivi in titoli governativi. In Germania, un istituto di ricerca economica ha persino proposto di imporre ai cittadini più ricchi una forma di finanziamento obbligatorio. Anche qualora il governo tedesco non approvi questa misura per il mercato tedesco, ciò non esclude che potrà trovare applicazione in paesi con un debito pubblico eccessivo. La riduzione dei costi di indebitamento nominali è solo un aspetto della questione. Come evidenziato nell esempio degli Stati Uniti nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, ciò che conta è ottenere un costo di finanziamento del debito pubblico in termini reali/nominali basso rispetto alla crescita del Pil reale/nominale. Pertanto, un livello di inflazione leggermente superiore alle aspettative del mercato obbligazionario risulta necessario per portare i costi di finanziamento del debito pubblico al di sotto del tasso di crescita del Pil. È il caso degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Germania, per fare alcuni esempi. Con il deflatore del Pil intorno a 1,5%-1,75% ed i rendimenti dei titoli di stato decennali inferiori all 1,5%, negli Stati Uniti ed in Germania i rendimenti reali sono addirittura negativi. Nel Regno Unito, i rendimenti a 10 anni rettificati per un deflatore del Pil di circa il 2% sono ancora più bassi. Questi dati sono inferiori al tasso di crescita reale, che è positivo per queste tre economie, ed anche i rendimenti nominali delle obbligazioni sono attualmente inferiori al tasso di crescita del Pil nominale. Invece in Giappone, che risente della deflazione, i rendimenti obbligazionari reali sono positivi ed allineati al tasso di crescita potenziale del Pil reale. Anche se i rendimenti obbligazionari nominali sono inferiori all 1%, il governo giapponese non può beneficiare del contesto di tassi bassi allo stesso modo di altri governi nei paesi sviluppati. 8

9 Seguiremo l esempio del Giappone verso la deflazione? In futuro l inflazione nei paesi occidentali seguirà l esempio del Giappone ed andremo verso la deflazione? Oppure pensiamo che l inflazione potrebbe mediamente restare sui livelli attuali per un periodo di tempo prolungato? Chiaramente le banche centrali non possono controllare l inflazione. Nel migliore dei casi posssono influenzare le aspettative inflazionistiche, che a loro volta possono far salire l inflazione attraverso l aumento della spesa del settore privato. Nel contesto attuale, caratterizzato da bassa crescita, è difficile immaginare che emergano forti pressioni inflazionistiche. La forza lavoro ha scarso potere contrattuale, soprattutto negli Stati Uniti, con un tasso di disoccupazione intorno all 8%. Quindi è improbabile che si verifichi una qualche spirale di aumento salari-prezzi. Inoltre, le imprese difficilmente oggi spendono la liquidità in eccesso, in considerazione delle persistenti incertezze economiche. Pertanto, nei paesi sviluppati la domanda resta sotto tono e la crescita economica si attesta su livelli inferiori a quelli precrisi. Il settore pubblico, dati gli elevati livelli di indebitamento, risulta comunque costretto ad operare tagli della spesa. Ciononostante, c è motivo di credere che le economie sviluppate dell Occidente non stiano seguendo l esempio deflazionistico del Giappone e che la crescita in termini nominali proseguirà. Infatti, le autorità politiche e le banche centrali occidentali stanno cercando in ogni modo di evitare l esempio giapponese, attraverso l applicazione di varie misure. Innanzitutto, i problemi del sistema bancario sono stati affrontati con maggiore decisione e rapidità rispetto al Giappone post-1989, con maggiori probabilità di un recupero del mercato del credito più veloce rispetto all esperienza giapponese. Inoltre, le banche centrali (Fed, Bank of England, BCE) hanno iniziato ad espandere in misura significativa i propri bilanci già all inizio dell attuale crisi finanziaria. La Banca del Giappone invece ha aspettato più di 10 anni prima di implementare misure di Quantitative Easing che, tra l altro, sono state molto meno aggressive di quelle adottate in Occidente dopo il fallimento di Lehman. Le banche centrali occidentali hanno il mandato di garantire la stabilità dei prezzi (e, in alcuni casi, di sostenere la crescita) e ciò in genere viene definito come il mantenimento di un tasso di inflazione intorno al 2%: con molta probabilità le autorità politiche e monetarie in futuro interverranno ancora in caso di aumento dei timori legati al rischio che lo scenario giapponese possa ripetersi. D altra parte riteniamo che le autorità potrebbero aspettare troppo a lungo prima di modificare la politica espansiva. In effetti, divere misure intraprese negli Stati Uniti ed in Europa non sono focalizzate sull aumento delle aspettative deflazionistiche, in nessuno dei due paesi. Se ciò dovesse verificarsi, le autorità, soprattutto le banche centrali, dispongono ancora di alcune munizioni che potrebbero essere utilizzate per generare aspettative inflazionistiche, in particolare l ulteriore espansione dei bilanci delle banche centrali per esempio attraverso nuove operazioni di Quantitative Easing. Anche la licenza bancaria per il fondo salva stati ESM (Meccanismo Europeo di Stabilità), in discussione nell Eurozona, potrebbe produrre un effetto analogo, poiché in tale scenario l acquisto (pressoché illimitato) di titoli sovrani verrebbe finanziato dalla BCE. La financial repression: una tendenza di lungo termine In conclusione, crediamo che la financial repression (rendimenti nominali bassi e inflazione moderata che determinano rendimenti reali molto bassi) oggi rappresenti una realtà, destinata a proseguire anche in futuro. Certo, le norme e le restrizioni sui flussi di capitale attualmente sono meno rigide rispetto al dopo guerra. Gli investitori hanno ancora la 9

10 possibilità di trasferire i capitali all estero, cosa molto più difficile fino a circa il Tuttavia, non possiamo escludere di essere solo all inizio della financial repression nei paesi sviluppati. Naturalmente si potrebbe sostenere che, a seguito di tutte le misure già implementate dalle banche centrali, la crisi del debito sovrano potrebbe terminare e che la crescita globale potrebbe gradualmente riprendersi, migliorando la situazione fiscale. D altra parte, il processo di deleveraging richiede solitamente diversi anni, soprattutto quando si parte dagli attuali elevati livelli di debito. Il rapporto tra debito e Pil nell Unione Monetaria Europea è intorno al 90%, ben al di sopra del target del 60%. Ipotizzando un liquidation effect del 3% annuo attraverso il mantenimento dei tassi di interesse al di sotto del fair value, saranno necessari circa 10 anni per riportare l area entro i livelli di indebitamento originariamente fissati come soglia massima. Inoltre, non è detto che i mercati emergenti, in particolare l Asia, continueranno ad incrementare le riserve in valuta come in passato. L aumento dei costi dei fattori produttivi ed il passaggio verso un modello economico maggiormente orientato alla crescita della domanda interna, come nel caso della Cina, implicano un saldo positivo delle partite correnti più contenuto, se non un saldo negativo. Di conseguenza, in futuro i mercati emergenti potrebbero fornire un flusso di capitali inferiore per finanziare il deficit dei paesi sviluppati. I dati disponibili evidenziano che l accumulo di titoli del Tesoro americano da parte di investitori stranieri (in passato si trattava principalmente di fondi sovrani e banche centrali) è già diminuito. Se i paesi sviluppati non saranno in grado di migliorare rapidamente le finanze pubbliche attraverso misure di austerity o grazie ad un accelerazione della crescita economica, la financial repression potrebbe intensificarsi, per compensare il minore interesse dei mercati emergenti nei confronti dei titoli sovrani. In uno scenario estremo, sarebbe altresì possibile l introduzione di barriere ai flussi di capitale internazionali. Inoltre, i mercati emergenti potrebbero cercare di limitare l afflusso di capitali da parte degli investitori esteri nel tentativo di evitare la fiscal repression nei propri paesi; per esempio il Brasile ha imposto una tassa sull afflusso di capitali. In futuro potrebbe quindi diventare più difficile per gli investitori dei paesi sviluppati sfuggire alla financial repression. 10

11 Oggi i politici sono meno inclini ad accettare una certa quantità di inflazione rispetto al periodo precedente agli anni 80, facilitando così la financial repression? Questo può essere vero per la Bundesbank. Tuttavia, durante la crisi la BCE non ha seguito l esempio della Bundesbank. Nel Regno Unito, l inflazione è in costante aumento da dieci anni e negli Stati Uniti la politica della Fed negli ultimi vent anni è stata caratterizzata da un approccio estremamente pragmatico, volto prima a risolvere l instabilità finanziaria e la crisi e solo in seguito ad occuparsi dell inflazione. In sintesi, crediamo che nei prossimi anni, nei paesi sviluppati la curva dei rendimenti continuerà ad appiattirsi. Ancora più importante è che, secondo noi, i rendimenti resteranno strutturalmente più bassi della crescita nominale del Pil nelle economie in cui il governo può emettere obbligazioni nella propria valuta (per esempio negli Stati Uniti e nel Regno Unito), oppure nelle aree dove i titoli di stato sono considerati di elevata qualità, anche se il governo emette obbligazioni in un valuta estera (senza una propria banca centrale). Questo gruppo di paesi comprende i mercati obbligazionari core dell Unione Monetaria Europea. Per gli investitori obbligazionari le implicazioni sono immediate: il rischio di ribasso per i rendimenti nominali (non rettificati per l inflazione) è limitato, finché le banche centrali e le autorità politiche manterranno bassi i rendimenti della curva a breve e lungo termine. Tuttavia, in termini reali (rettificati per l inflazione), le aspettative di rendimento complessivo sono estremamente contenute, se non addirittura negative; i titoli sovrani di alta qualità (titoli del Tesoro americano, Bund tedeschi) sono troppo costosi per gli investitori a lungo termine. Di conseguenza, crediamo che gli investitori dovranno continuare a ricercare rendimenti più alti al di fuori dei mercati dei titoli governativi di alta qualità. Proseguirà probabilmente l interesse per le obbligazioni societarie, sia investment grade che high yield, oltre che per le obbligazioni dei mercati emergenti. Per gli investitori azionari, le implicazioni derivanti da questo scenario, caratterizzato da bassi tassi di interesse e bassi rendimenti, non sono ancora del tutto chiare. A parità di condizioni, tassi e rendimenti mantenuti artificialmente troppo bassi dai governi potrebbero per diversi motivi determinare un errata allocazione del capitale e quindi una crescita più bassa. Il risparmio probabimente diminuirà e minori risparmi significano minori investimenti. Inoltre, con il costo dei finanziamenti artificialmente basso, gli investimenti ad alta intensità di capitale aumentano e ciò in alcuni settori potrebbe determinare un allocazione inefficiente delle risorse ed investimenti eccessivi. Il settore privato potrebbe veder ridotta la possibilità di accedere al credito, in un contesto in cui il debito governativo si trova in una situazione preferenziale, sia per ragioni normative sia perché i governi creano un mercato captive per i debiti sovrani. Le implicazioni per i prezzi delle attività finanziarie e per l asset allocation Ma come si spiega il fatto che il periodo di financial repression successivo alla Seconda guerra mondiale è stato caratterizzato da una crescita significativa nei paesi industrializzati? Senza dubbio perché l Europa ed il Giappone hanno beneficiato del processo di ricostruzione industriale e dello sviluppo delle infrastrutture successivi alla guerra. Inoltre, le dinamiche demografiche nei paesi sviluppati erano favorevoli. Oggi entrambi questi fattori valgono per i mercati emergenti più che per i paesi sviluppati. Pertanto, le prospettive di crescita per le imprese che operano a livello globale e che sono in grado di beneficiare della forte domanda dei mercati emergenti non sono poi così negative, mentre le società che fanno affidamento soprattutto sulla domanda interna nei paesi sviluppati potrebbero registrare un andamento deludente a 11

12 Grafico 4 P/E Usa vs rendimenti obbligazionari reali Graham & Dodd P/E Graham P/E (Basis: & Dodd Standard S&P 500 & Poor s 500) % 2 % 4 % 6 % 8 % 10 % 12 % 14 % Rendimenti US real 10-year reali Usa yield a 10 anni Fonte: Robert Shiller, Allianz Global Investors Economics & Strategy (Dati al 30/07/2012) seguito delle ridotte prospettive di crescita a livello locale. Per il mercato azionario nel suo complesso, un contesto caratterizzato da bassi rendimenti (reali) solitamente si accompagna a prospettive di espansione del rapporto P/E (prezzo/utili) piuttosto modeste (v. grafico 4). Ciò intuitivamente è logico, poiché rendimenti reali bassi sono indicativi di una crescita (reale) bassa. La fase ideale per l indice P/E Graham-Dodd (il rapporto tra prezzo e utili basato sugli utili rolling a 10 anni), la nostra misura di valutazione preferita, è un rendimento reale compreso tra il 3% ed il 4%, ma non il contesto attuale caratterizzato da rendimenti (reali) molto bassi se non negativi. Un forte incremento dei multipli P/E, sulla base dell esperienza del passato, risulta pertanto improbabile. Questa tesi viene confermata dalle attuali valutazioni azionarie. Negli Stati Uniti, l indice P/E si attesta intorno a 21 (dati a fine luglio 2012), ad un livello superiore rispetto alle proprie medie storiche di lungo termine (pari a 16). In Europa un P/E intorno a 14 risulta basso rispetto agli standard storici e rispetto a quello degli Usa, ma non è comunque particolarmente basso (per esempio inferiore a 10). Di conseguenza, nel contesto macroeconomico attuale, la possibilità di un incremento delle quotazioni azionarie secondo noi è limitato, anche se non escluso. Concludiamo quindi affermando che gli investitori azionari dovrebbero focalizzarsi meno sul potenziale di espansione dei multipli e maggiormente sul rendimento da dividendi e sulla sostenibilità della loro crescita. Se le nostre aspettative di un inflazione moderata ma positiva sono corrette, nei periodi di financial repression le asset class che consentono una copertura contro l inflazione dovrebbero performare bene. Oltre alle azioni con dividendi attraenti, vi sono le materie prime, il settore immobiliare e le obbligazioni indicizzate all inflazione, sempre dopo aver analizzato le valutazioni. 12

13 Asset Allocation attiva: mai così rilevante La financial repression influisce anche sul processo di asset allocation. A nostro giudizio per molti investitori l orizzonte di investimento probabilmente resterà di breve periodo ed i portafogli continueranno ad essere caratterizzati da posizionamenti molto tattici. Effettivamente, il periodo medio di detenzione di azioni statunitensi è sceso a meno di sei mesi, rispetto ai circa dodici mesi della metà degli anni 2000 ed agli oltre cinque anni di quarant anni fa. C è una ragione per questa riduzione dell orizzonte di investimento a livelli così contenuti. Come evidenziato in precedenza, in un contesto di rendimenti reali bassi, gli aumenti previsti per le quotazioni probabilmente saranno limitati, sia per le azioni che per le obbligazioni più care. Di conseguenza, gli investitori cercheranno di incrementare il ritorno degli investimenti non solo attraverso il carry, cioè investendo in prodotti a spread o facendo affidamento sui dividendi, ma anche sfruttando le oscillazioni cicliche del mercato. Effettivamente possiamo notare che gli indicatori ciclici, in particolare i momenti di cambiamento sia nella revisione degli utili (ovvero le variazioni del rapporto tra revisioni positive e negative degli utili previsti) che nelle aspettative macroeconomiche, sono sempre più importanti per spiegare i punti di svolta delle quotazioni delle attività rischiose. 13

14 Quando le aspettative sugli utili ed i dati macroeconomici migliorano (peggiorano), i prezzi delle attività rischiose iniziano ad aumentare (diminuire). Anche la previsione di interventi politici volti a stimolare la crescita economica può avere lo stesso effetto. Ogni volta in cui il mercato sconta una nuova fase di incentivi di politica monetaria o il tentativo da parte delle autorità politiche di impedire l ulteriore peggioramento della crisi del debito, i mercati entrano in una fase cosiddetta di risk-on, ovvero diventano propensi al rischio. Se gli incentivi vengono meno o gli interventi politici sono deludenti, il mercato diventa risk-off, avverso al rischio: la propensione al rischio dei mercati aumenta (diminuisce) quando gli operatori scontano un miglioramento (peggioramento) delle prospettive di crescita, indipendentemente dalle prospettive a medio termine delle specifiche asset class. Rimaniamo convinti che, nel lunghissimo periodo, le valutazioni siano il vero fattore alla base dei ritorni delle diverse attività finanziarie, ma crediamo anche che, nello scenario di mercato attuale, un asset allocation attiva possa portare grande valore aggiunto. Concludendo, la financial repression è un tema di investimento fondamentale, che potrebbe accompagnarci per molto tempo. Non influisce solo sui rendimenti attesi degli investimenti, ma anche sul modo in cui investiamo. Stefan Hofrichter 14

15 Il presente documento è stato redatto da Allianz Global Investors Europe GmbH, società controllata da Allianz Global Investors Holding GmbH (società del Gruppo Allianz SE). Allianz Global Investors Europe Gmbh è una società a responsabilità limitata di diritto tedesco con sede legale in Mainzer Landstrasse 11-13, D60329 Francoforte. Allianz Global Investors Europe GmbH è una società di gestione autorizzata in Germania e soggetta, per lo svolgimento delle proprie attività, alla vigilanza della Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht (BaFin). Allianz Global Investors Europe GmbH ha stabilito una succursale in Italia che opera sotto il nome di Allianz Global Investors Europe GmbH, Succursale italiana. Per lo svolgimento delle proprie attività in Italia la Succursale è soggetta al controllo delle competenti autorità italiane di vigilanza. Il presente documento si propone di fornire notizie utili per scopi informativi e/o di discussione. Non intende essere un documento di carattere legale e/o di natura fiscale. Le informazioni e le opinioni espresse nel presente documento, soggette a variazioni nel tempo, sono quelle di Allianz Global Investors Europe GmbH o delle società del Gruppo Allianz Se, al momento della redazione del documento medesimo. È vietata la duplicazione, pubblicazione o trasmissione dei contenuti del presente documento, in qualsiasi forma, a persone non autorizzate. Alcune delle informazioni contenute nel presente documento derivano da fonti sia pubblicate sia non pubblicate che si presumono corrette e attendibili ma non sono state verificate da terze parti indipendenti. Per questo motivo Allianz Global Investors Europe GmbH non garantisce l accuratezza e la completezza di tali informazioni e non risponde di eventuali danni o perdite derivanti dall uso delle informazioni fornite. Le informazioni contenute nel presente documento non costituiscono offerta o sollecitazione del pubblico risparmio in nessuna giurisdizione in cui la società non è abilitata ad operare direttamente o nella quale la persona che effettua l offerta o la sollecitazione non sia autorizzata a farlo o a nessun soggetto al quale non sia permesso fare tale offerta o sollecitazione nella giurisdizione in cui risiede. Le dichiarazioni contenute nel presente documento sono soggette alle previsioni di qualsiasi offerta o contratto sottostante che possa essere stato o sarà stipulato o concluso. Per le opportunità di investimento presentate nel documento non vi è alcuna garanzia di Allianz Global Investors Europe GmbH o delle società del Gruppo Allianz SE. Le performance illustrate si riferiscono al passato e non sono indicative di quelle future. Documento di approfondimento che non costituisce offerta al pubblico di prodotti finanziari. 15

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