1 Congresso Nazionale di Federsanità ANCI PER UNA SANITA SOSTENIBILE

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1 1 Congresso Nazionale di Federsanità ANCI PER UNA SANITA SOSTENIBILE Roma, 14 ottobre ª Sessione Tavola Rotonda ROBERTO TURNO Il Sole 24 Ore Non si può non ricordare uno dei disastri e della promesse mancate del governo passato: quello del Fondo della Non Autosufficienza. Si tratta di un caso emblematico: tutto era pronto, c erano tutte le disponibilità ma poi non s è fatto niente. Per cui certamente il fatto che questo Governo abbia ora avviato un percorso in questa direzione, seppur con modesti trasferimenti e con diversi problemi organizzativi, è già un passo in avanti. Ora però bisogna realizzarlo. Si tratta naturalmente di un problema di fondi. C è una parola che solo a sentirla pronunciare nel centrosinistra viene la varicella: le tasse. Ma il concetto della tassa di scopo per la non autosufficienza esiste ancora o no? Mi piacerebbe che a questa domanda rispondessero i tre Ministri, anche perché sono di tre partiti diversi... PAOLO FERRERO Ministro della Solidarietà Sociale Per quanto mi riguarda io sono favorevole. Diciamo però che in questa Finanziaria sulle tasse c abbiamo messo mano parecchio, forse conviene quindi non concentrare tutto nello stesso passaggio. Ciò significa iniziare a predisporre con i soldi della fiscalità generale il fatto di garantire la presa in carico. Poi è del tutto evidente che i duecento milioni stanziati per il 2008 non sono sufficienti, è quindi altrettanto evidente che il 2007 servirà a mettere a punto l impianto normativo e a definire le modalità concrete di finanziamento del Fondo per le Non Autosufficienze. Quindi io penso che bisognerà andare sul versante della tassa di scopo, anche perché questa mi sembra una motivazione chiara a cui è difficile dire di no. ROBERTO TURNO: Quest estate Rosy Bindi mi parlava del suo come di un Ministero corsaro che entra un po in tutte le questioni come il prezzemolo. In effetti tra i risultati della Finanziaria c è polpa che arriva dalle sue richieste A Rosy Bindi chiedo dunque di intervenire in primis sulla tassa di scopo e poi sul ruolo del suo Ministero. ROSY BINDI Ministro delle Politiche per la Famiglia Sul Fondo della Non Autosufficienza io ripeto ciò che ho sempre detto ovvero che trattandosi di un servizio con caratteristiche universalistiche (di fatto interessa ormai una famiglia su tre in Italia) non si può che prevedere una forma di finanziamento

2 legata comunque alla fiscalità generale. Che si chiami tassa di scopo o aumento dell addizionale IRPEF e rispetto del principio di progressività oppure si tratti di assicurazione obbligatoria io non credo che si possa scappare da questo tipo di strada. Le altre strade infatti sono ipocrite perché portano alla non risposta. Siccome invece a noi la questione sta a cuore dobbiamo avere il coraggio di spiegare agli italiani che questo è un problema che oggi interessa una fetta di popolazione molto importante e che nel giro di pochi anni interesserà tutte le famiglie italiane. Sicuramente infatti si spenderà meno se si farà un assicurazione per 55 milioni di persone che non se si faranno pagare quei mille/duemila euro al mese a famiglia che rappresentano di fatto il costo dell assistenza di un non autosufficiente. Se per quest anno non ce la faremo ne prenderemo atto con rammarico ma allora è chiaro che questo problema deve essere la priorità assoluta dell anno prossimo. Credo che tra di noi su questo punto ci sia un assoluto accordo e mi pare di capire che anche il famoso ed eccellente Patto per la Salute preveda questo aspetto. Il Governo deve onorare dunque questo impegno, inoltre le Regioni e gli enti Locali sono assolutamente disponibili a fare un sistema di compartecipazione. Quindi ciascuno deve fare la propria parte, chiaramente il prelievo nazionale potrà fare da fondo di riequilibrio mentre i prelievi regionali potranno servire a dare le risposte ai propri territori. Non credo che ci sia un altra strada, il motivo per cui il centrodestra non l ha fatto è perché non se l è sentita di dire che bisognava mettere una tassa di scopo, mi sembrerebbe francamente bizzarro che il centrosinistra seguisse questa strada. La politica deve avere infatti il coraggio di affrontare le priorità del Paese. Potrei rischiare di suscitare l ilarità di qualche esponente abituato ad affrontare il tema della famiglia in maniera più ideologica che non pragmatica e laica come secondo me deve invece fare la politica ma io posso affermare di ritenermi assolutamente soddisfatta di come si è affrontato il tema in questa Finanziaria. Non credo di dire niente di improprio infatti affermando che questa è la prima Finanziaria in questo Paese che tenta di impostare una politica per la famiglia. Questo non tanto perché c è un Fondo che è si significativo ma che certo non rivoluzionerà il Paese perché non saranno quei 220 milioni di euro a rivoluzionare il Paese ma perché la manovra fiscale, la manovra sugli assegni familiari e le stesse politiche previste nel capitolo del lavoro di fatto sono tutte misure volte a dare un impostazione di politica per la famiglia. Stiamo parlando di fisco, di trasferimento di denaro, di servizi e di interventi mirati sulla legge 30. Questa Finanziaria infatti modifica la legge 30 perché il cuneo fiscale è finalizzato al lavoro a tempo indeterminato, ci sono misure per l assunzione delle donne e c è un avvio di ammortizzatori sociali, di trattamento previdenziale e di riconoscimento della maternità delle lavoratrici precarie. C è dunque un pacchetto di misure che ha un impostazione di fondo ben precisa. A parte il capitolo relativo alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che passa comunque per gli Enti Locali perché produce se si mettono insieme finanziamenti nazionali, finanziamenti aziendali e (come prevedeva la legge 53) i tempi della città l obbiettivo principale del Fondo per la Famiglia è quello di integrarsi con il lavoro del Ministero della Solidarietà Sociale, delle Regioni e degli Enti Locali volto a stabilire i livelli di assistenza sociale (i famosi LIVEAS). Dentro questi livelli dobbiamo prevedere anche quelli che abbiamo chiamato i Livelli Essenziali di

3 Assistenza per la Famiglia rispondendo al dettato costituzionale che parla di diritti della famiglia in quanto nucleo come sostegno ai diritti della persona. Anche questi sono finanziamenti che vanno agli Enti Locali ed il Fondo Sociale come dirà meglio di me Ferrero è tornato alle cifre precedenti al passaggio del centrodestra. Una consistente parte di quei 220 milioni di euro del Fondo per la Famiglia infatti andranno di fatto agli Enti Locali per integrare la rete dei servizi. Tutti noi qui siamo sostenitori dell integrazione sociosanitaria, anzi tutto sommato siamo proprio nel contesto in cui quest integrazione è nata. L integrazione sociosanitaria passa certamente per quello che noi chiamiamo come dice Livia Turco con un brutto termine il territorio ma essa passa prevalentemente per la famiglia. Noi infatti siamo i sostenitori dell assistenza domiciliare ma dobbiamo porci un punto interrogativo rispetto alla questione se la famiglia sia in grado o no di reggerla. Quante sono le famiglie italiane che - ancorché in presenza di una rete di servizi e di trasferimenti di denaro - riescono a reggersi come luogo assistenziale vero e proprio? Io ritengo dunque che noi dobbiamo lavorare anche ad una qualificazione seria delle strutture residenziali. Penso infatti che ci siano molte famiglie che non siano in grado di essere il luogo dei servizi. Se l ISTAT ci mette davanti quella fotografia della famiglia che abbiamo visto quando noi parliamo di assistenza domiciliare non possiamo pensare solo alle mura, dobbiamo pensare ad un contesto comunitario. Questo contesto però ha bisogno di essere infrastrutturato. Credo dunque che per parlare seriamente di integrazione sociosanitaria, che ritengo rappresenti oggi il futuro non solo delle politiche sociali ma anche di una parte importante della Sanità, non si possa ignorare questo aspetto, e cioè che la famiglia nel frattempo è un istituzione che ha subito un profondo cambiamento. Ecco perché tra le priorità ci sono anche i consultori familiari. ROBERTO TURNO: Non per seminare zizzania ma voglio fare a Livia Turco una domanda specifica: da qualche parte nel Ministero che lei amministra c è chi sostiene che forse il Fondo per la Non Autosufficienza sarebbe dovuto essere di competenza del Ministero della Salute e non di quello di Ferrero, voi siete già d accordo per camminare di pari passo? LIVIA TURCO Ministro della Salute La questione non si è posta minimamente: a prescindere da chi gestisce le politiche sociali per me esse sono le politiche sociali. Quindi è fuori discussione che si tratta di una materia in capo al Ministro per le Politiche Sociali, certamente non le deve coordinare il Ministero della Salute. Noi comunque siamo ben contenti di dare un contributo così come lo stiamo dando. Si tratta di un contributo che nasce da una convinzione: innanzitutto c è un forte interesse da parte della Sanità ad avere forti servizi territoriali e domiciliari, c è un forte interesse allo sviluppo di una rete di servizi e ciò è quello che garantisce la possibilità di presa in carico della continuità dell assistenza. Questo significa anche dare risposte appropriate e quindi consentire il superamento dei cosiddetti costi propri. Quello che mi pare più pertinente comunque è riconoscere come i servizi sociali e l integrazione sociosanitaria ed in particolare i servizi per la non

4 autosufficienza siano fondamentali per garantire la possibilità della continuità dell assistenza. Io penso che questo tema sia talmente rilevante che è bene che sia iniziato l iter alla Commissione Affari sociali della Camera ma ripeto memore della legge quadro sulle politiche sociali in cui ci impegnammo, facemmo un iniziativa parlamentare, scrivemmo non so quanti testi di legge, creammo una cosa molto condivisa ma arrivammo purtroppo a fine Legislatura senza aver avuto il tempo di applicarla che su un tema così delicato come quello della non autosufficienza penso che il problema non sia tanto quello di definire una legge quanto quello di avere il tempo per applicarla. Dunque io suggerirei che il Governo chiedesse una delega al Parlamento nel pieno rispetto del dibattito parlamentare, avvalendosi anzi del grande dibattito che c è stato nella precedente Legislatura. L obbiettivo deve essere quello di attivare rapidamente il Fondo per la Non Autosufficienza e personalmente non ho dubbi che insieme alle risorse pubbliche una modalità di finanziamento debba essere quella della tassa di scopo, del contributo di solidarietà. Mi pare infatti che la richiesta di un contributo di solidarietà per affrontare un rischio così moderno come la non autosufficienza possa contare sulla comprensione profonda dei cittadini. In alcune Regioni questo è stato anche verificato. Dunque io francamente non mi porrei il problema di non introdurre una tassa di scopo per la non autosufficienza in questa Finanziaria perché in essa il tema delle tasse è già molto al centro. Non avrei perciò problemi a chiedere la delega per accelerare un provvedimento assolutamente qualificante su tanti versanti. ROBERTO TURNO: Grazie Ministro. Qui si è parlato molto degli Enti Locali e sembra che le Regioni non attraversino un bel momento nei rapporti con le Aziende Sanitarie. All Assessore Lo Moro chiedo come è possibile questo, non è che c è un calo di interesse o un distacco da parte delle Aziende? Aggiungo una domanda: una delle prime scelte del Ministro Livia Turco è stata quella di auto-escludersi da manager di ASL, è stata infatti cancellata la norma fatta nella Legislatura passata, tuttavia non è che la presa della politica sulla scelta dei Direttori sia sempre esagerata? Non è che essi spesso vengano cacciati via per ragioni che non sono di merito né di risultato? Non è che occorra anche un modo diverso di rapportarsi, pur tenendo presente che la politica è la politica? DORIS LO MORO Assessore alla Salute della Regione Calabria Intanto io qui voglio portare il saluto del nostro coordinatore Enrico Rossi che oggi purtroppo non è potuto venire per impegni precedenti. Egli sicuramente avrebbe rappresentato le Regioni in maniera più adeguata di me in virtù della sua lunghissima esperienza di Assessore regionale alla Sanità. Io mi occupo di Sanità solo da un anno e mezzo ma voglio innanzitutto dire che abbiamo vissuto un autentica rivoluzione. Come Coordinamento Nazionale degli Assessori Regionali alla Sanità infatti noi vogliamo esprimere una grande soddisfazione per il momento attuale. Devo dire che al di là delle relazioni ufficiali e al di là del fatto che le Regioni hanno indubbiamente rappresentato una posizione complessiva (non solo riguardante la Sanità) è indubbio che le stesse Regioni abbiano ottenuto più di quanto pensavano di ottenere nel campo

5 sanitario. Quando si è avviato il percorso con il nuovo Governo uscivamo da poco dalle tante difficoltà che abbiamo vissuto con il Ministro che ha preceduto Livia Turco e con il Governo Berlusconi in generale. In quella fase le rivendicazioni senza nessuna divisione politica al nostro interno erano costanti e lucida era la consapevolezza di non essere ascoltati. Oggi invece abbiamo consapevolezza del fatto che il fabbisogno sanitario continui ad essere sottodimensionato ma ci rendiamo conto che comunque c è un attenzione del Governo nazionale e c è un Ministro che evidentemente ha avuto la capacità di farsi ascoltare. Oggi abbiamo un Governo che ha al suo interno forze consapevoli dell importanza della Sanità. Partire da novantasei miliardi, partire da un avanzamento e da un quadro che ci mette nelle condizioni di programmare su tre anni, partire anche dal fatto che abbiamo avuto un riconoscimento per il 2006 di due miliardi ci consente di affrontare con serenità la chiusura dell anno corrente e di avere una concreta possibilità nel difficilissimo lavoro per il rispetto del patto di stabilità. Non solo: devo dire con un giudizio di merito che la cosa più importante successa in questo inizio di Legislatura è che abbiamo avuto un interlocuzione con il Ministro non sul quantum ma sugli obbiettivi e sul cosa dobbiamo fare. Vorrei che anche sul piano delle comunicazione venisse sottolineato molto il fatto che l importo che c è nella Finanziaria non è un importo ma è un progetto. L interlocuzione infatti ha dimostrato una piena consapevolezza dell importanza delle questioni sul tavolo e ha visto un rispetto reciproco di particolare livello. Ciò rappresenta una grande soddisfazione. Io mi trovo qui ad un tavolo al quale sono sedute le persone a cui ho fatto più riferimento in questo anno e mezzo di lavoro. Saluto come Presidente di Federsanità ANCI Pier Natale Mengozzi con particolare affetto perché Federsanità in Calabria Regione difficile sotto tanti punti di vista è stata una presenza importante. Si è trattato di una presenza anche molto equilibrata perché la Calabria è passata attraverso una fase di commissariamenti, una fase molto difficile nei rapporti con i Direttori Generali in cui anche il ruolo di Federsanità poteva essere difficile rispetto al Governo regionale. Invece abbiamo lavorato sempre in un terreno di grande rispetto reciproco. Noi abbiamo attraversato una fase difficile e abbiamo stabilito un percorso per il futuro anche nelle nomine che coincide molto con l ottica del Ministro Turco. La Calabria sotto questo aspetto ha vissuto momenti politicamente molto difficili. Mi sento di dire che io sono la proponente delle delibere sulle norme dei Direttori Generali, norme che pur potendo comprendere degli elementi di dubbio perché le nomine sono delle scommesse e i percorsi vanno valutati durante il lavoro scaturiscono da un percorso politico che mi sento di rivendicare. Abbiamo voluto fare un passo indietro e scegliere partendo dalle competenze. Abbiamo voluto scegliere sulla base di un percorso curriculare con un meccanismo ancora da perfezionare ma che prevede che le nomine non debbano corrispondere necessariamente ad un cambio di guardia di un Assessore o di un politico. Ciò significa avere la consapevolezza che c è bisogno di grande continuità preferibilmente anche nella politica ma soprattutto nella gestione delle Aziende. In perfetta sintonia con il Ministro e con le battaglie che ha fatto a livello nazionale io penso che si debba lavorare a livello legislativo per fare in modo che non sia un fatto volontaristico ed eroico il lavorare per rendere trasparente e chiaro per tutti che la

6 politica deve pretendere molto ma che non si deve impicciare e che deve essere invece capace di programmare. Bisogna essere in grado di programmare, così come abbiamo fatto per il Patto della Salute dobbiamo fare con i Piani Sanitari e con le Direttive. Non basta infatti dare delle Direttive, esse devono essere recepite da persone che devono essere attrezzate, persone che sanno qual è il valore del lavoro ma che sanno anche qual è il diritto/dovere della politica. Non tutto quello che succede nelle nostre ASL è gestione: la politica ha bisogno di braccia e non devono essere solo quelle degli Assessori e dei politici. Il lavoro di politica sanitaria molto spesso è affidato a manager che devono perdere però lo dico senza polemica quel protagonismo eccessivo che porta a fargli pensare che esiste una Sanità in un ASL e una diversa Sanità in un altra. L obbiettivo finale di qualsiasi Assessore regionale deve essere una Sanità normale (lo dico per quanto riguarda soprattutto la mia Regione, in cui la normalità è ancora un obbiettivo), abbastanza omogenea e riconoscibile in un modello che sia necessariamente di tipo regionale. ROBERTO TURNO: Tante grazie, poi su questi argomenti sentiremo anche Mengozzi. C è un posto che in questi ultimi cinque anni è stato apparecchiato poco e molto male al tavolo delle politiche sociali: quello dei cittadini, ovvero dei portatori dei diritti. Spesso tra il promettere delle istituzioni ed il fare ci passa molta acqua, voglio sapere dunque da Alessio Terzi Vicepresidente di Cittadinanzattiva che ruolo chiedono di avere i cittadini nell attivazione di queste politiche e nel loro concreto applicarsi? ALESSIO TERZI Vicepresidente Cittadinanzattiva Ovviamente noi rivendichiamo un ruolo attivo in tutte le fasi delle politiche. Io vorrei partire però da una considerazione: esiste un deficit organico della politica. Ancora oggi facendo ricognizioni nel sistema delle Aziende Sanitarie troviamo Aziende che non hanno il CUP o se ce l hanno è un pro forma. Ma noi sappiamo quanti sprechi anche economici si verificano a causa del mancato governo degli accessi, sono molti i soldi che vanno via in questo modo. Ci sono poi aziende che non hanno l URP o che ce l hanno pro forma, spesso inoltre esso viene interpretato come un ufficio di pubbliche relazioni e non come un ufficio che governa le relazioni con il pubblico. L esperienza ci insegna invece quanti conflitti si prevengono e quanti risarcimenti si possono governare meglio se un URP funziona bene. Eppure non succede niente a quei Direttori Generali che non hanno fatto nulla né per il CUP né per l URP. Perché accade ciò? Io credo che qui ci sia una sottovalutazione essenziale del fatto che l interfaccia tra i cittadini ed il servizio sia un area di specifico governo che non può essere risolta esclusivamente coprendo i problemi con i soldi o facendo buone organizzazioni. Anzi, noi ci siamo trovati in questi anni con due riforme di impianto del Servizio Sanitario Nazionale, il fatto che ogni Assessore regionale quando entra in carica mette mano all organizzazione istituzionale e di servizio e il fatto che ogni Direttore Generale la prima cosa che fa appena viene insediato è di mettere mano all organizzazione. Noi ci troviamo quindi con una miriade di modelli organizzativi sul territorio nazionale e con il fatto che non si capisce più cosa significhi

7 concretamente l universalità dei diritti perché il sistema delle prestazioni varia da Azienda ad Azienda. Il bello è che se noi non prendiamo sul serio questo contesto, e quindi la necessità di mettere mano sistematicamente alle politiche dell interfaccia, rischiamo di non combinare nulla. Ci sono cioè luoghi in cui l interazione, la possibilità di condividere soluzioni, di costruire e di personalizzare i percorsi è essenziale. Qui non è solo questione di rappresentanza o di convocazioni ogni tanto, il Ministro Bindi ha fatto un osservazione assolutamente vera: qual è oggi il luogo della famiglia che accoglie il Fondo della Non Autosufficienza? Se le andiamo a vedere ci sono una miriade di soluzioni. Se noi non costruiamo un sistema nuovo di interazioni che vanno dalla progettazione alla verifica, dal controllo all implementazione fino allo stesso modo in cui si fanno i contratti personalizzati di prestazione che devono necessariamente tenere conto della possibilità delle famiglie di mettere in campo certe risorse piuttosto che altre non risolveremo mai queste questioni. Ormai siamo in una situazione in cui si è capito che non ci sono più i soldi per risolvere i problemi con lo stanziamento di fondi, cosa che comunque non li risolveva i problemi. Secondo me anche l organizzazione ormai sta diventando caotica, credo a questo proposito che Rosy Bindi quando ha fatto il decreto 229 non pensasse che si potesse arrivare a questi livelli di frammentazione rispetto ai molteplici modelli che si stanno organizzando... Tutto ciò provoca dei riflessi evidenti sulle prestazioni, dunque qui come si governa? Bisogna trovare tutti i luoghi di intervento, bisogna lavorare intorno ai CUP e agli URP che rappresentano i sistemi che governano l accesso e si deve lavorare intorno alla costruzione dei percorsi di educazione sanitaria. Si deve lavorare intorno alla costruzione dei modelli plausibili e sull assistenza dei non autosufficienti tenendo conto delle diverse situazioni. Bisogna recuperare in questo senso il meglio dei Piani di Zona, che potrebbero essere uno dei luoghi in cui tutto questo viene costruito e riprogettato. Forse se noi trasferissimo a quest area di problemi l attenzione che si sta dedicando ai modelli organizzativi porteremmo a casa più cose. ROBERTO TURNO: Stiamo parlando dei diritti dei cittadini, ebbene proprio ieri il Ministro Livia Turco a Verona ha annunciato la predisposizione prossima (e mi farebbe piacere sapere precisamente quando) di un disegno di legge delega che sarà molto importante perché al suo interno sarebbe contenuta la governance clinica, su cui si sa che i medici hanno i fucili spianati. Ci sarebbero addirittura contenuti i rapporti tra Università e SSN e ci sarebbe una normetta che prevedrebbe una presenza accanto al Direttore di Dipartimento di un Consiglio dei Cittadini per valutare il gradimento delle strutture. Sono tre bei temi sui quali dopo la Finanziaria credo che il Ministro Turco giocherà molto del suo lavoro. E poi ci sono temi quali la partita sui farmaci, il controllo della spesa e la tenuta del patto di stabilità ma mi fermerei qui e chiederei al Ministro di parlare nello specifico di questa delega. LIVIA TURCO: In realtà si tratta di un aspetto di cui avevo parlato anche nel Programma presentato alla Commissione Affari Sociali della Camera e di cui abbiamo cominciato a discutere seppure informalmente sia con le Associazioni che con le Regioni che con le professioni mediche e sanitarie. Al fine di realizzare il

8 Patto per la Salute, che mette molto l accento sugli aspetti qualitativi, avremo bisogno soprattutto di un azione di Governo in modo da incidere sui meccanismi. Penso soprattutto alla parte relativa al rapporto tra pubblico e privato a proposito del quale nel Patto si dice che bisogna rivedere i sistemi di accreditamento per fare in modo che essi siano più coerenti con la legge 229. Penso anche alla definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza, per la quale c è la necessità di un azione di monitoraggio ma anche di valutazione dei costi delle prestazioni più appropriate. Quindi la parte di implementazione del Patto avrà soprattutto questa dimensione di azione di Governo, azione che deve essere molto concertata insieme non soltanto con gli Amministratori locali ma anche con le forze sociali. Nella versione definitiva del Patto noi abbiamo raccolto infatti un aspetto che a me sta molto a cuore, ovvero che insieme al soggetto istituzionale esso sia gestito con le forze sociali e con i soggetti professionali. Credo però che questo non sia sufficiente: noi abbiamo sul tappeto le esigenze di ammodernamento del sistema sanitario, di soluzione di alcune questioni che sono emerse e di introduzione di alcuni aspetti nuovi che mi stanno molto a cuore. Questo della partecipazione dei cittadini ad esempio ritengo sia un aspetto molto importante nel pensare ad una Sanità che sia sempre di più promozione della salute e che punti sempre di più alla promozione della continuità dell assistenza. Gli aspetti che sono sul tappeto e per i quali oltre all azione di buon governo si impone anche o una correzione della legislazione fatta dal centrodestra o un aggiornamento della nostra stessa legislazione riguardano sicuramente il governo clinico e la partecipazione dei professionisti al governo della Sanità. Ci sono norme della legge 229 che vanno applicate e che non tutti hanno recepito e ci sono altri aspetti della legislazione che vanno corretti. Penso ad esempio all esclusività di rapporto. C è anche la questione della relazione Università-SSN, per il quale la questione più urgente è quella di ristabilire un rapporto con il Ministero della Ricerca e con le Regioni per fare il punto su che cosa è andato avanti in questi anni di incomunicabilità. Io sono molto convinta che il diritto alla salute abbia bisogno di prestazioni efficaci e di qualità ma anche che abbia bisogno di un cittadino che sia competente e responsabile nei confronti della sua salute. Ritengo dunque che sia sempre più importante parlare di diritti e di doveri nei confronti della propria salute. C è allora un campo che credo debba essere esplorato e che sarà importante esplorare con la partecipazione, la condivisione e l ascolto delle esperienze che a partire da Cittadinanzattiva molte Associazioni hanno fatto: l argomento è appunto quello di come si può sostanziare la partecipazione al governo della Sanità e come si può sostanziare questa competenza dei cittadini. Ci sono a questo proposito degli esempi e credo che ci possa essere utile guardare all esperienza europea. Rispetto a quali sono i tempi di un provvedimento legislativo come questo io credo che esso debba essere condiviso, non sarà quindi sicuramente immediato in quanto - passata la fase più complessa della Finanziaria - vorremmo discutere intorno ad alcune linee che stiamo predisponendo sull insieme del mondo sanitario insieme alle Regioni e alle Associazioni. Quindi saranno i tempi dell inizio del prossimo anno perché ritengo che sia comunque fondamentale avere questo percorso di condivisione, che come è stato utile per quanto ha riguardato la definizione del Patto

9 a maggior ragione potrà essere utile per la predisposizione di uno strumento legislativo che mi sembra assolutamente urgente al fine di sostenere e di implementare gli indirizzi del Patto stesso. ROBERTO TURNO: Grazie a Livia Turco per aver risposto in maniera cosi completa alla mia domanda. Abbiamo sentito la risposta dell Assessore Lo Moro sul rapporto tra Direttori Generali e politica, a Pier Natale Mengozzi dunque voglio chiedere se non è che sta preparando le richieste economiche e gli aumenti di stipendio o di garanzie previdenziali? E dietro a tutto ciò non c è anche il problema della selezione, ovvero chi seleziona chi e come? PIER NATALE MENGOZZI Presidente Federsanità ANCI Qui c è da fare un po di storia, dobbiamo cioè sapere se il DPCM 319 ha valenza nazionale oppure no. Stiamo parlando dell applicazione di un DPCM del 1995 che stabiliva il rapporto economico per i Direttori Generali: si trattava di un rapporto completamente subordinato al livello stipendiale dei dirigenti del servizio. Tant è che stranamente il contratto dei Direttori è legato - e non deve essere inferiore - a quello del Direttore Sanitario. Cioè il ragionamento è rovesciato. Noi qualche tempo fa con il Governo Amato facemmo un operazione da cui venne fuori una posizione sufficientemente chiara che fu usata da tutte le Regioni a caduta. Poi ci fu un applicazione regionale distorta e sbagliata. Ci siamo infatti trovati in alcune Regioni con l applicazione del massimo in realtà aziendali piccole e non pesanti mentre in altre Regioni con realtà aziendali pesantissime si è avuta l applicazione del minimo. Questo è chiaramente un primo segnale di distorsione. Federsanità non tratta il contratto dei Direttori Generali, vuole però sapere se ci può essere omogeneità di trattamento rispetto alla valutazione di ciò che si amministra. Da ciò discende l argomento della seconda domanda di Roberto Turno ovvero quello di che profilo deve avere il Direttore Generale e di che processi di selezione sono necessari per avere management vero e giusto per queste aziende. A questo proposito ieri nella mia relazione ho sottolineato la prima azione che ha fatto Livia Turco come Ministro ovvero l eliminazione di quella legge che io giudico ancora ignominiosa e che non era soltanto sbagliata ma che ha rappresentato una provocazione. Essa infatti affermava un non interesse al fatto che i Direttori Generali delle Aziende Sanitarie - per quello che rappresentano nel governo del Paese anche in termini di spesa - fossero preparati professionalmente, stabiliva invece delle altre caratteristiche come necessarie. Questa legge è stata eliminata e ciò ha provocato una soddisfazione palese. Io credo che da lì si debba ripartire. Nella mia relazione ieri parlavo della necessità di una centralità del Ministero, non di una centralità di vecchia concezione ma del fatto che qualcuno le linee di riferimento che devono ricadere nei comportamenti generali le deve pur dare. Dunque necessita un livello di riferimento economico e finanziario per tutti, le applicazioni diverse poi devono essere rapportate a valutazioni interne che rendano conto del perché si aumenta e si diminuisce rispetto a quella cifra di riferimento. I processi di selezione poi non devono prevedere né Albi né Ordini perché si tratta di un rapporto di diritto privato, di un contratto diretto. Ci deve essere però qualcuno che sia una sorta di

10 mallevadore della sicurezza professionale, del fatto che ci sia qualcosa in più dei cinque anni di attività in sanità e della laurea per compilare le liste redatte ogni tre mesi di chi vuole fare il Direttore Generale. Deve crescere nel Paese una leva di aspiranti che sia validata nel momento che decide di candidarsi. In questo modo la politica e le Regioni possono scegliere su di un panel di garanzia e non su di un panel nel quale tutti quanti possono fare la domanda. Questo è un modello che noi ci sentiamo di sostenere e addirittura ci candidiamo come Federsanità ad essere un soggetto della responsabilità di questo. Se è possibile ce lo vogliamo accollare noi di fare questo tipo di ricerca e poi di offrirla a chi deve scegliere. In questo modo forse avremo la qualità che ricerchiamo e nelle valutazioni successive avremo poi anche la possibilità di valutare in maniera professionale e non - come diceva giustamente prima Doris Lo Moro - in altro modo. Per l Assessore Lo Moro infatti il cambiamento è lungo da affrontare, pensate che la Calabria è la Regione che ha avuto la maggiore percentuale di ricambio di Direttori Generali in Italia e questa situazione è stata esattamente proporzionale al cambio degli Assessori Regionali. Non si può poi chiedere a quel tal Direttore di rendere conto del perché l Azienda non va perché in sette mesi - questi sono i tempi medi - nessun Direttore è in grado di gestire un azienda e di trarre dei risultati... LIVIA TURCO: Questa mi sembra una proposta molto interessante. DORIS LO MORO: Vorrei aggiungere una cosa dal punto di vista delle Regioni. Può succedere che un pessimo risultato raggiunto in una Regione non sia conosciuto in un altra e quindi che chi sceglie pensi di scegliere liberamente mentre invece sceglie le persone o i manager che altri non nominerebbero. Questo può succedere mentre invece non dovrebbe succedere, ci dovrebbe essere un meccanismo trasparente da governare con criteri predefiniti. ROBERTO TURNO: A Rosy Bindi, che le cose della Sanità le conosce bene, voglio chiedere cosa ne pensa del ruolo dei Direttori Generali e di questa nuova forma per selezionarli proposta da Federsanità? ROSY BINDI: Io credo che la scelta dei Direttori Generali debba avvenire sicuramente da parte della Giunta regionale. Io sono anche tra quelli che non si scandalizzando del fatto che se una Giunta regionale ha una certa politica sanitaria vada a scegliere i Direttori Generali in un certo modo. Se li sceglie per tessere di partito sbaglia ma se li cerca coerenti con la propria programmazione fa bene, quindi da questo punto di vista credo che non ci si debba assolutamente scandalizzare di alcuni cambiamenti. Anche se siamo un Servizio Sanitario Nazionale l autonomia delle Regioni in materia sanitaria è un autonomia forte, non nascondiamoci dunque dietro ad un dito: una Giunta regionale ha un autonomia di programmazione e di scelte di politica sanitaria molto forte ed è giusto che si scelga i manager che rispondano per impostazione e per capacità alla politica sanitaria che fa. Se tutto ciò è fatto con criteri di tessera di partito è sbagliato ma se si vogliono Direttori Generali che rispondano agli obbiettivi della propria programmazione tutto ciò è assolutamente legittimo. Questa secondo me è una prerogativa della politica, salvo

11 poi l autonomia che il Direttore Generale deve avere come manager, la quale rappresenta l altro punto importante. A me sembra che ancora non si sia capito per bene che cosa deve fare un Direttore Generale. Una volta che lo si capisce però si deve fare in modo che egli possa essere autonomo nelle sue scelte. Deve essere autonomo anche rispetto all Assessorato perché questo continuo tentativo di governare dagli Assessorati le Aziende Sanitarie è sbagliatissimo. Io credo che tra la politica, i manager e i professionisti ci debba essere una giusta e doverosa dialettica e un rispetto reciproco dell autonomia. Alla politica spetta una cosa, ai manager un altra e ai professionisti un altra ancora. In quest ottica la Giunta sceglie con un certo criterio, il Direttore Generale fa il suo mestiere con la sua autonomia e crea le condizioni per l autonomia dentro l Azienda e nei rapporti con gli Enti Locali. Detto questo, credo che non ci sia una libera circolazione tout court. A prescindere dal discorso sulla capacità che faceva anche la Lo Moro io credo che se un Direttore Generale sta fermo un giro non gli succede niente nella vita, così come può star fermo un Assessore o un Deputato. Non succede nulla. Non stiamo parlando di uno che ha una carriera professionale all interno dell Amministrazione. Per questo è giusto anche che conservi il suo posto di lavoro. Non abbiamo ancora messo su le scuole per il management in sanità né quelle per il sociale, ma questa è una competenza vera e tipica che va invece fortemente incentivata. Stiamo parlando di persone che gestiscono cento miliardi di euro, ovvero la più grossa fetta del Paese. È un totale che in dieci anni è raddoppiato, parliamo di un tendenziale di spesa sul quale non ci si può non interrogare. Io mi sono sempre rifiutata di prendere in considerazione l ipotesi di togliere il Direttore Generale e di rifare i Consigli di Amministrazione perché non si torna indietro da questa che è una strada giusta, stiamo parlando però di una professionalità di grandissima importanza e dunque su di essa bisogna investire. Necessitano grandi investimenti formativi e poi voglio dire che il 229 da questo punto di vista chiede troppo poco in termini di requisiti. Questa cosa la chiesero le Regioni per avere le mani libere, bisogna invece trovare un altro modo per dare le mani libere, qualche requisito in più per fare il Direttore Generale infatti non guasterebbe mica... Il fatto poi che ci sia una sorta di agenzia di accreditamento nazionale non sarebbe del tutto sbagliato. Perché le professionalità richieste all interno del mondo sociale e del mondo sanitario hanno bisogno di una spinta in più in quanto comunque hanno a che fare con zone di potere consolidato molto forti come i produttori o l Università. Occorrono quindi altrettante forze, che sicuramente i presenti hanno ma che credo per come va il mondo non bastino mai. ROBERTO TURNO: Grazie a Rosy Bindi. Prima abbiamo toccato il tema della partecipazione dei cittadini, il Ministro Ferrero è di Rifondazione Comunista che su questi aspetti è sempre stata molto partecipe a lui dunque chiedo come ci si pone quando nella Sanità e più in generale rispetto ai diritti sociali il ruolo di chi ha il diritto non viene previsto. PAOLO FERRERO: Io sono molto contento che Livia Turco abbia ri-sottolineato questo elemento della partecipazione nel senso che a me pare del tutto evidente che dai Direttori Generali non si ritorna indietro ma altrettanto evidente mi appare come

12 sia impellente il problema di costruire un meccanismo di partecipazione e di controllo da parte dell utenza su come funziona il servizio. Per cui io ho l impressione che il punto vero sia quello di capire come costruire una dialettica forte che non riporti a schemi del passato. Ovvero non si deve tornare ad una situazione laddove la politica è la modalità di gestione e di controllo, bensì bisogna crearne una dove esiste il ruolo della politica, esiste il ruolo di chi gestisce direttamente ed è previsto l affiancamento di un elemento non solo folkloristico di possibilità di partecipazione da parte dei cittadini. E sto parlando di Associazioni di autotutela e di partecipazione che siano in grado di determinare un livello di controllo su che cosa avviene. Si parla tanto di inefficienze, ebbene questo elemento deve intervenire proprio nei punti dove ci sono inefficienze in maniera da segnalare gli elementi che non funzionano dentro il sistema. Non perché questo controllo debba avere un potere di gestione, il quale deve rimanere al Direttore Sanitario, ma perché abbia un potere nella costruzione di un opinione pubblica informata su come funziona l azienda. Ci dovrebbe essere uno schema in cui programmazione, gestione e controllo da parte dell utenza rappresentino i poli di un sistema sanitario che funziona. Perché altrimenti il punto di vista dei pazienti cioè di coloro a cui è dedicato il servizio o viene registrato nella forma dello scoop, della trasmissione televisiva o dello scandalo (il che non fa bene al servizio perché questi sono casi limite che non rappresentano la media delle situazioni) oppure rischia di non avere nessuna possibilità di incidenza. Invece io penso che questo della possibilità di incidere nel quotidiano possa essere un elemento che può contribuire a costruire un meccanismo di regolazione fine di come funziona il sistema. Questo può essere un meccanismo che nel tempo potrebbe contribuire a migliorare il funzionamento del sistema. In questo senso - se mi posso permettere - penso che uno dei punti su cui il Ministro della Sanità dovrebbe impostare il suo lavoro dovrebbe essere quello di capire come questa cosa si possa riuscire ad istituzionalizzare. In questo modo faremmo un passo in avanti nell attuazione della riforma. ROBERTO TURNO: Ma se in Parlamento come Rifondazione Comunista insisterete per cancellare gli articoli che prevedono i ticket come pensate di finanziare l eventuale riforma? PAOLO FERRERO: Sulle modalità di finanziamento mi invita a nozze perché abbiamo un miliardo e settecentomilioni di spese di investimento in sistemi di armamento che costituiscono in un solo capitolo una quota di euro enorme e sufficiente per togliere qualsiasi ticket e finanziare il Piano per la Non Autosufficienza. E non stiamo parlando degli stipendi dei militari bensì di un miliardo e settecentomilioni di euro in nuovi investimenti militari. Di questo totale sette/ottocento milioni sono di contratti già firmati mentre gli altri sono di contratti non ancora firmati. Un margine di manovra dunque ci sarebbe. Da questo punto di vista è evidente che bisogna trovare un punto di equilibrio politico che su questo aspetto tenga assieme la coalizione. Dunque quello di non avere le risorse per tirare via i ticket non è un problema tecnico perché le risorse ci sarebbero.

13 ROBERTO TURNO: I ticket sono una cosa che viene sentita molto dalle famiglie, non è vero Ministro Bindi? ROSY BINDI: Io devo dire però che su questo punto noi dobbiamo rivedere l ISE, dobbiamo rivedere quello che si chiamava il sanitometro, dobbiamo rivedere il sistema di compartecipazione al costo dei servizi sociali e sanitari. La compartecipazione infatti è un capitolo ineliminabile in una visione di universalismo selettivo. Siamo convinti che ci sia un iniquità pazzesca sulle esenzioni perché una famiglia di un lavoratore a progetto con un figlio a carico non è esente mentre è esente un anziano sessantacinquenne che ha una pensione di 50mila euro. Ci sono delle situazioni che non reggono. Se ad esempio riusciremo veramente a fare una rete di asili nido seri è chiaro che ci sarà un costo di accesso ma esso dovrà essere modulato in base ai redditi delle famiglie. Si tratta di uno strumento ineliminabile ma da rivedere perché così come è fonte di iniquità. Dopodiché se si riesce ad avere in mano uno strumento che preveda gli esenti, uno strumento di compartecipazione in base al reddito delle famiglie si può risolvere il problema stesso del tabù della compartecipazione. Si può discutere sulle tecniche ma io credo che politicamente si debba andare per questa strada. ROBERTO TURNO: Grazie. Almeno 23 milioni di italiani farmaci esclusi sono esenti, che ne pensa Ministro Turco? LIVIA TURCO: Io sono completamente d accordo con quanto ha detto adesso Rosy Bindi. Resto dell opinione che la cosa più di sinistra che si possa fare è quella di garantire un sistema sanitario, un sistema di servizi sociali che sia talmente eccellente nella qualità da rappresentare il punto di riferimento dei cittadini di tutti i ceti sociali. Questa è la missione del centrosinistra. Dobbiamo evitare che i servizi sanitari pubblici perdano la sfida della qualità e dell innovazione. Per fare questo noi dobbiamo sicuramente avere un servizio sanitario basato sulla fiscalità generale. Meno male quindi che è stata respinta la devolution, perché avrebbe comportato anche la messa in discussione di questo meccanismo di finanziamento unitario. Sicuramente bisogna fare ciò che abbiamo fatto in questa Finanziaria, cioè garantire i Livelli Essenziali di Assistenza. Può sembrare un ossimoro ma bisogna poi garantire un universalismo equo, il che significa che se si vuole vincere la sfida della qualità del sistema insieme al meccanismo di finanziamento basato sulla fiscalità generale non si può avere come tabù il tema della compartecipazione al costo. Io credo che sarebbe molto poco di sinistra e molto poco equo non affrontare nell ottica dell universalità del sistema e della sua qualità la questione della compartecipazione al costo dei servizi. Il meccanismo che abbiamo attualmente però mi sembra certamente un meccanismo che quanto meno vada rivisto perché a occhio e croce quei criteri di esenzione mi sembrano molto poco equi. Così come è molto poco equo che ci siano alcune Regioni che fanno una cosa ed altre che ne fanno un altra. Sarebbe un atto qualificante introdurre già adesso una delega al Governo per il riordino degli eventuali livelli di esenzione, per il riordino del sistema di compartecipazione al costo nella direzione dell equità. Perché è certo che io non sono

14 indifferente quando mi si dice che oggi sulla base del meccanismo dell autocertificazione ci sono molti evasori. Voglio fare una precisazione rispetto al tema della Finanziaria. Noi abbiamo fatto la scelta di finanziare i Livelli Essenziali di Assistenza perché questa era la cosa assolutamente prioritaria per un sistema universalistico. Abbiamo scelto di avere un meccanismo di finanziamento che desse alle Regioni certezza per poter esercitare autonomia e responsabilità. Abbiamo ritenuto di dover riaprire il cantiere degli investimenti, di dover ri-finanziare in modo significativo le risorse per la ricerca e abbiamo chiesto un prezzo pesante alle aziende farmaceutiche. Il fatto che in questo contesto sia prevista (la spesa procapite è massimo di 40/60 euro per famiglia) una forma di compartecipazione che rientra nel criterio della promozione dell appropiatezza non la trovo una cosa così scandalosa né così iniqua. La misura sul Pronto Soccorso poi intende far si che esso torni ad essere un servizio per le urgenze. Sono fatti salvi tutti gli esenti e si prevede che chi va al Pronto Soccorso non per le urgenze paghi nello stesso modo in cui pagherebbe se andasse ad un servizio ambulatoriale. Dopodiché se ne può discutere ma vorrei che fosse chiaro che la scelta che insieme abbiamo fatto e che io ho sostenuto e sosterrò perché è il compito del centrosinistra è quella di avere le risorse per i livelli di assistenza. Siccome abbiamo fatto una campagna elettorale in cui si è detto che la sanità è un investimento il nostro compito è quello di rilanciare gli investimenti. ROBERTO TURNO: Grazie. Ministro Ferrero ci fa una battutina sui ticket? PAOLO FERRERO: Giusto per rispondere alla provocazione per cui non si sarebbe molto di sinistra se non si è a favore dei ticket... Io personalmente la penso diversamente, nel senso che io penso che il sistema della compartecipazione uno se lo tiene perché c è il problema di riuscire ad avere le risorse ma non penso che esso abbia un valore pedagogico e di costruzione dell intero sistema. Penso in particolare in tutta franchezza che l intervento sul Pronto Soccorso sia bruttino perché per molte fasce sociali deboli il Pronto Soccorso rappresenta la porta verso il sistema sanitario. Io mi occupo di immigrati e non è poco frequente che l unico punto di contatto tra il sistema sanitario e queste persone sia proprio il Pronto Soccorso. L unica altra cosa che voglio dire è che non si risolve con la compartecipazione un problema di educazione sanitaria che fa si che la salute coincida con l aumento esponenziale delle prestazioni sanitarie. Le due cose vanno mantenute secondo me distinte. Dal mio punto di vista si tratta di una contingente necessità ma non di una linea di prospettiva. Se dovessi rispondere con una battuta a mia volta direi che forse una cosa di sinistra sarebbe quella di mettere in discussione il sistema dei DRG come meccanismo unico che governa il funzionamento della spesa sanitaria. Ritengo infatti che le distorsioni che determina questo meccanismo nella produzione di prestazioni siano piuttosto significative. Io ho l impressione che contemperare il meccanismo dei DRG con dei criteri di programmazione più stringenti sarebbe una buona strada. Anche qui come nelle ASL non si deve tornare al passato del pagamento a piè di lista ma neanche può passare il criterio per cui chiunque, specie in un regime di convenzioni, si possa

15 sentire autorizzato ad aumentare il numero delle prestazioni e a ricercare quelle più pagate a prescindere dalla realtà perché così va il mondo.... Io penso che mettere mano alla spesa sanitaria voglia dire sì fare un ragionamento come si è fatto sulle aziende farmaceutiche ma voglia dire anche mettere mano al sistema dei DRG, che a mio parere non contiene meccanismi di autoregolazione intrinseci. Quindi la mia provocazione finale è che di sinistra sarebbe mettere mano ai DRG. LIVIA TURCO: Rispondo che non ci sono tabù... ROBERTO TURNO: Molto bene, vi ringrazio tutti e do la parola a Pier Natale Mengozzi per il saluto finale. PIER NATALE MENGOZZI: Grazie davvero a Roberto Turno per come ha condotto la discussione. Il dibattito è davvero aperto e i tavoli saranno altri. Io ora devo fare un adempimento congressuale statutario: il nostro statuto prevede il Presidente Onorario e voglio annunciare che noi ieri sera abbiamo stabilito che Giuseppe Fioroni sarà il primo Presidente Onorario di Federsanità. Grazie ancora per queste due giornate di lavoro e buon lavoro a tutti.

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