REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI TRENTO

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1 REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI TRENTO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO il dott. Giorgio Flaim, quale giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente SENTENZA nelle cause per controversia in materia di lavoro promosse con ricorso depositato in data d a Z. J. rappresentata e difesa dagli avv. ti Annelise Filz e Alessio Giovanazzi, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Trento, via Calepina,75, ricorrente contro F.E.M. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall avv. S. C. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell avv. M. V., in Trento, convenuto CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE Nel merito, in via principale, accertare e dichiarare nulla, inefficace o comunque invalida la clausola appositiva del termine al contratto di lavoro dd e l illegittimità dei contratti succedutisi nel tempo a termine, prestazione d opera, collaborazione coordinata e continuativa ed in ultimo a progetto intercorsi tra le parti dall al e per l effetto accertare e dichiarare che il rapporto di lavoro tra Z. J. e la F. E. M. si è costituito perlomeno dall a tempo indeterminata e/o disporsi la conversione dei contratti impugnati in contratto a tempo indeterminato e a) per l effetto ordinare la reintegrazione della lavoratrice e condannare la F. E. M.a risarcirle il danno in base a quanto disposto dall art. 18 L. 300/1970 ed al pagamento della contribuzione omessa e/o delle differenze retributive non pagate in 1

2 forza dei particolari tipi di contratto posti in essere nel corso del rapporto lavorativo; b) in subordine, ove si ritenesse applicabile quanto previsto dall art. 32 L. 183/2010, alla corresponsione dell indennità ivi prevista, nella misura che sarà ritenuta opportuna, oltre al pagamento della contribuzione omessa. Nel merito, in via subordinata: accertato che i contratti di lavoro a progetto che hanno caratterizzato il rapporto lavorativo per numerosi anni siano da dichiararsi illegittimi e pertanto in applicazione di quanto stabilito dall art. 69 d.lgs. 276/2003 considerarli e convertirli in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con le conseguenze in termini contribuzioni, indennità risarcitorie ed effetto domino sul successivo contratto e a) per l effetto ordinare la reintegrazione della lavoratrice e condannare la F. E. M. a risarcirle il danno in base a quanto disposto dall art. 18 L. 300/1970 ed al pagamento della contribuzione omessa e/o delle differenze retributive non pagate in forza dei particolari tipi di contratto posti in essere nel corso del rapporto lavorativo; b) in subordine, ove si ritenesse applicabile quanto previsto dall art. 32 L. 183/2010 alla corresponsione dell indennità ivi prevista, nella misura che sarà ritenuta opportuna, oltre al pagamento della contribuzione omessa. Nel merito, in ulteriore subordine: 1) accertare e dichiarare che la mancata stabilizzazione di Z. J. è determinata da motivi di discriminazione di genere; 2) per l effetto condannare la F. E. M. a procedere all immediata stabilizzazione della dipendente, reintegrando la ricorrente nel posto di lavoro ed a risarcirle il danno dando applicazione a quanto disposto dall art. 18 L. 300/1970 o, in subordine, a corrisponderle le retribuzioni ed a versarle la contribuzione previdenziale dall alla data di effettiva reintegrazione o, in ulteriore 2

3 subordine, a risarcirle il danno commisurandolo alle retribuzioni non corrisposte nel medesimo periodo ed alla contribuzione omessa. In ogni caso: con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre al 12,5% ex art. 15 T.P., IVA e CNPA. CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA In via preliminare ed assorbente: accertarsi e dichiararsi l intervenuta decadenza, da parte della ricorrente, da ogni diritto all impugnazione eppertanto l inammissibilità del ricorso. Nel merito ed in via subordinata: respingere ogni avversaria domanda, principale e subordinata, per infondatezza in fatto ed in diritto, mancato assolvimento dell onere di allegazione e prova e comunque per decadenza dell onere suddetto. In ogni caso: con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite oltre agli accessori di legge, da liquidarsi equitativamente a mente dell art c.c. PREMESSA Il ricorso risulta depositato in data Ne consegue che: 1) Trova applicazione la novella dell art. 429 co.1 cod.proc.civ. introdotta dall art. 53 co.2 D.L , n. 112, conv. con L , secondo cui nell'udienza il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, mentre solo in caso di particolare complessità della controversia (certamente non ricorrente nella fattispecie in esame) il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito della sentenza ; 3

4 infatti l art. 56 D.L. 112/2008 prescrive che il novellato 429 cod. proc. Civ. si applica ai giudizi instaurati dalla data della sua entrata in vigore ossia, alla luce del disposto ex art. 86 D.L. cit., a decorrere dal 25 giugno Secondi i primi commenti dottrinali il modello di sentenza delineato dal nuovo art. 429 co.1 cod.proc.civ. è riconducibile a quello descritto dall art. 281-sexies cod.proc.civ., il quale dispone che il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria. 2) Trova, altresì, applicazione la novella dell art. 118 disp.att. c.p.c., introdotta dall art. 52 co.5 L , n. 69, secondo cui La motivazione della sentenza di cui all articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi ; infatti l art. 58 L. 69/2008 prevede: Fatto salvo quanto previsto dai commi successivi, le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore ; ne consegue che la presente sentenza non conterrà alcuna descrizione dello svolgimento del processo. Ma vi è di più: l obbligo di immediata lettura comporta necessariamente che la motivazione possa (e debba) contenere unicamente gli elementi indispensabili al fine di non cadere nel vizio di omessa o insufficiente motivazione, ricorrente, secondo gli insegnamenti della Suprema Corte (ex multis, anche di recente, Cass. S.U , n ; 4

5 Cass. sez. L , n ; Cass. sez. L , n. 6064; Cass. sez. L , n ;), quando le argomentazioni del giudice non consentano di ripercorrere l'iter logico, che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, o esibiscano al loro interno un insanabile contrasto ovvero quando nel ragionamento sviluppato nella sentenza sia mancato l'esame di punti decisivi della controversia e/o di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione. Il perseguimento dell obiettivo, imposto al giudice del lavoro dalla novella dell art. 429 co.1 cod. proc.civ. di redigere una sentenza priva di elementi non essenziali ai fini della decisione, appare agevolato dal principio, consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis, di recente, Cass , n ; Cass. sez. L , n ; Cass. sez. L , n.2272; Cass , n ;), secondo cui, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse. MOTIVAZIONE le domande proposte dalla ricorrente La ricorrente premesso di aver prestato attività lavorativa: A) in favore dell I. A. S. M. A. I) con mansioni di addetto a lavori di vendemmia e vinificazione in forza di contratti a tempo determinato , e , II) con mansioni di tecnico di laboratorio in forza di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e , III) con mansioni di tecnico di laboratorio in forza di contratto d opera ), 5

6 IV) con mansioni di tecnico di laboratorio in forza di contratto di collaborazione coordinata e continuativa , V) con mansioni di tecnico di laboratorio in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto , , , VI) con mansioni di tecnico di laboratorio in forza di contratto di lavoro subordinato a tempo determinato , VII) con mansioni di tecnico di laboratorio in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto , , B) in favore della F. E. M. con mansioni di tecnico di laboratorio in forza di contratto di lavoro subordinato a tempo determinato , senza essere stata stabilizzata nell ambito della procedura ex L.P , n. 114 e dell art. 73 lett. a) e b) CCPL per il personale delle Fondazioni agisce: A) in via principale per la conversione di tutti i contratti indicati sub A) e B), previa declaratoria della nullità delle clausole appositive del termine finale ivi contenute, con conseguente condanna dell ente convenuto alla reintegrazione ed al pagamento delle retribuzioni maturate o, in subordine, al pagamento dell indennità ex art. 32 co.5 L , n. 183; B) in via subordinata per la conversione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto indicati sub A) - V) e VII), previo accertamento dell insussistenza di validi progetti, con conseguente condanna dell ente convenuto alla reintegrazione ed al pagamento delle retribuzioni maturate o, in subordine, al pagamento dell indennità ex art. 32 co.5 L , n. 183; C) in via ulteriormente subordinata 6

7 per la condanna dell ente convenuto, previa declaratoria che la sua mancata stabilizzazione è stata determinata da motivi di discriminazione di genere, all immediata stabilizzazione con conseguente reintegrazione e pagamento delle retribuzioni maturate. in ordine all eccezione di decadenza sollevata dall ente convenuto in riferimento e alle domande proposte dalla ricorrente sub A) e B) L ente convenuto eccepisce in riferimento alle domande di conversione dei contratti stipulati dalle parti ed indicati sub A) e B) la decadenza ex art. 32 co.3, lett. a) e co. 4 lett. a) e b) L , n.183, asserendo che l impugnazione proposta in data è tardiva in quanto effettuata: A) sia oltre il termine previsto dall art. 32 co 3 lett. a) L. 183/2010, in ordine ai contratti di prestazione d opera, di collaborazione coordinata e continuative e di collaborazione coordinata e continuativa a progetto indicati sub A) III), IV), V) e VII), B) sia oltre il termine previsto dall art. 32 co.4 lett. b) L. 183/2010, in ordine ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato indicati sub A) I). II) e VI) nonché sub B), L eccezione non è fondata. A) Le fattispecie concernenti i contratti di prestazione d opera, di collaborazione coordinata e continuative e di collaborazione coordinata e continuativa a progetto indicati sub A) III), IV), V) e VII) nei quali si pone, in primo luogo, la questione della qualificazione del rapporto di lavoro, asserendo il ricorrente di aver eseguito le sue prestazioni, in favore dell I. A.S. M.A., con modalità proprie della subordinazione sono sussumibili a quella prevista dal disposto ex art. 32 co 3 lett. a) L. 183/2010, secondo cui le disposizioni di cui all articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano 7

8 inoltre: a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto. Sennonché la legge 183/2010, in quanto pubblicata in Gazzetta Ufficiale il , è entrata in vigore il ; quindi a quell epoca i rapporti di lavoro scaturenti dai contratti di prestazione d opera, di collaborazione coordinata e continuative e di collaborazione coordinata e continuativa a progetto indicati sub A) III), IV), V) e VII) erano già tutti cessati. Ne consegue che l applicazione al caso in esame del termine di decadenza ex art. 6 L. 604/1966, come modificato dall art. 32 co.1 L. 183/2010, presupporrebbe un efficacia retroattiva di quest ultima norma (che, pur essendo entrata in vigore il , disciplinerebbe le cessazioni di rapporti di lavoro avvenute in epoca anteriore), che, tuttavia, non trova fondamento in una specifica disposizione, necessaria a derogare la regola generale ex art. 11 co.1 disp.prel.cod.civ. ( La legge non dispone che per l avvenire; essa non ha effetto retroattivo ). D altra parte, ponendosi una questione in ordine alla qualificazione di un rapporto di lavoro costituito nelle forme di un rapporto di lavoro autonomo, non può trovare applicazione il disposto ex art. 32 co.4 lett. b) L. 183/2010 (secondo cui le disposizioni di cui all articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche: b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge; ) in quanto risulta evidente che il riferimento ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 concerne esclusivamente i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato (disciplinati dal d.lgs. 368/2001 e dalle norme di legge ad esso previgenti); 8

9 quindi per questi contratti l impugnazione della cessazione del rapporto non è assoggettata neppure ad un termine di decadenza scadente il (ossia 60 giorni dall entrata in vigore della L. 183/2010, in data ). B) In ordine ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato indicati sub A) I). II) e VI) trova applicazione il disposto ex art. 32 co 4 lett. b) L. 183/2010 (secondo cui le disposizioni di cui all articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche: b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge; ). In ordine al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato indicato sub B) trova applicazione il disposto ex art. 32 co.4 lett. a) L. 183/2010 (secondo cui le disposizioni di cui all articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche: a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine. Tuttavia nessun termine di decadenza ai fini dell impugnazione è maturato in relazione a questi contratti di lavoro subordinato a tempo determinato: sia l art. 32 co 3 lett. a) L. 183/2010, sia l art. 32 co.4 lett. b) L. 183/2010 prevedono l estensione della sfera di applicazione dell articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo (contra, con motivazione non persuasiva, limitatamente al termine decadenza ex art. 32 co.4 lett. b) L. 183/2010, Trib. Milano , fondata esclusivamente su di un opinabile ordine del giorno approvato dalla Camera dei Deputati in data ), ma l art. 32 co.1bis L. 183/2010 stabilisce che in sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come 9

10 modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011 ; dalla locuzione in sede di prima applicazione si evince che quest ultima norma (introdotta con l art. 2 co.54 D.L , n. 225 conv. con L , n. 11) trova applicazione a far data dell entrata in vigore dell art. 32 co.4, che ha modificato l art. 6 L. 604/1966 e ne ha esteso la sfera di applicazione (in questo senso Trib. Milano ); affermare, come ritiene l ente convenuto, che tale norma si applichi unicamente ai termini di impugnazione dei licenziamenti ex art. 6 co.1 L. 604/1966, anziché a quelli afferenti la domanda di accertamento della nullità della clausola appositiva del termine finale, pure previsti dallo stesso art. 6 per effetto dell ampliamento della sfera di applicazione di questa norma disposta dall art. 32 co. 4 L. 183/2010, significa sostenere che il legislatore d urgenza è intervenuto per sospendere l efficacia di una norma, quale quella ex art. 6 co. 1 L. 604/1966 riferita ai licenziamenti, che era in vigore da oltre quarant anni, e non già dell estensione della stessa norma ai contratti di lavoro a tempo determinato disposta pochi mesi prima, il che aveva provocato, a causa dell introduzione ex novo di un termine di decadenza, una restrizione in via immediata della possibilità di esercitare la tutela avverso i contratti di lavoro a termine illegittimi; ciò appare del tutto paradossale ed irragionevole. quindi l ente convenuto non può invocare la scadenza di termini di decadenza alla data del (per i contratti indicati sub A)) ed alla data del (per il contratto indicato sub B)) ossia in epoca antecedente quella ( ) di estensione della sfera di applicazione dell art. 6 L. 604/1966, da cui è derivata la rilevanza per la fattispecie in esame di quei termini di decadenza; di contro appare tempestiva, in quanto intervenuta prima del (60 giorno a decorrere dal , come prescritto dall art. 2 co. 54 D.L. 225/2010), l impugnazione proposta in data dalla ricorrente. 10

11 in ordine alle domande di conversione dei contratti stipulati dalla ricorrente con l I. A. S. M. A. ed indicati sub A) Le domande di conversione in contratti a tempo indeterminato dei contratti stipulati dalla ricorrente con l I. A. S. M. A. ed indicati sub A) non sono fondate. Appare pacifico che l I. A. S. M. A. era un ente di natura pubblica; lo stabiliva espressamente l art. 1 co.2 L.P , n. 28, secondo cui l'i. a. ha sede in S. M. A. ed è dotato di personalità giuridica di diritto pubblico. Quindi trovava applicazione la disciplina dettata per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (come confermato dall art. 17 co.3 lett. c) L.P. 28/1990, il quale richiamava la normativa della Provincia autonoma di Trento relativa al personale che svolge analoghe funzioni ); in proposito l art. 36 co.5 d.lgs , n. 165 dispone: In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative (la stessa norma viene richiamata dall art. 37 co. 5 ultimo periodo L.P , n. 7, secondo cui in materia di violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori si applica l'articolo 36, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Corte Cost , n. 89, nel decidere la questione se tale disposizione sia legittima nella parte in cui esclude che la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, possa comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ha statuito che il principio fondamentale in materia di instaurazione del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è quello, del tutto estraneo alla disciplina 11

12 del lavoro privato, dell'accesso mediante concorso, enunciato dall'art. 97, terzo comma, della Costituzione. L'esistenza di tale principio, posto a presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione, di cui al primo comma dello stesso art. 97 della Costituzione, di per sé rende palese la non omogeneità - sotto l'aspetto considerato - delle situazioni poste a confronto dal rimettente e giustifica la scelta del legislatore di ricollegare alla violazione di norme imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego dei lavoratori da parte delle amministrazioni pubbliche conseguenze di carattere esclusivamente risarcitorio, in luogo della conversione (in rapporto) a tempo indeterminato prevista per i lavoratori privati. Inoltre la Suprema Corte, oltre a ribadire le considerazioni del giudice delle leggi (Cass , n. 4417; Cass , n. 392; Cass , n ; Cass , n. 8229; Cass , n. 6699;), ha precisato (Cass , n ;) a fronte dell assunto di un ricorrente per cassazione secondo cui la trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato non è impedita dal divieto posto dall art. 36 co.5 d.lgs. 165/2001 qualora il contratto di lavoro con clausola appositiva del termine nulla si riferisca a soggetti già positivamente valutati in una procedura concorsuale che tale divieto si riferisce anche all ipotesi in cui la violazione di disposizioni imperative sulle assunzioni riguardi persone risultate idonee in una procedura concorsuale atteso che l osservanza del precetto ex art. 97 co.3 Cost. è garantito solo dalla circostanza che l'aspirante abbia vinto il concorso, non essendo sufficiente il mero risultato di idoneità. Il divieto, previsto dal legislatore nazionale, di conversione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro con pubbliche amministrazioni contenenti clausole appositive del termine finale affette da nullità, non appare in contrasto con il diritto dell Unione Europea alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza , causa C-53/04, Marrosu e Sardino; , causa C-180/04, Vassallo; conf , causa C-3/10, Affatato;), la quale, in ordine alla questione pregiudiziale Se la direttiva 1999/70/CE (articolo 1 nonché clausole 1, lett. b, e 12

13 clausola 5 dell accordo quadro ( )) debba essere intesa nel senso che osta ad una disciplina interna (previgente all attuazione della direttiva stessa) che differenzia i contratti di lavoro stipulati con la pubblica amministrazione, rispetto ai contratti con datori di lavoro privati, escludendo i primi dalla tutela rappresentata dalla costituzione d un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in caso di violazione di regole imperative sulla successione dei contratti a termine, ha così statuito (in sentenza Marrosu e Sardino cit. punto 57): si deve risolvere la questione sollevata dichiarando che l accordo quadro deve essere interpretato nel senso che esso non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dall utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi siano trasformati in contratti o in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre tale trasformazione è prevista per i contratti e i rapporti di lavoro conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato, qualora tale normativa contenga un altra misura effettiva destinata ad evitare e, se del caso, a sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico ; in particolare ritiene la Corte (Marrosu e Sardino cit. punti 47-55): 47 dal momento che (la clausola 5, punto 2, dell accordo quadro ) non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce nemmeno le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi (sentenza Adeneler e a., cit., punto 91), essa lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia. 48 Ne consegue che la clausola 5 dell accordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico. 49 Tuttavia, come risulta dal punto 105 della citata sentenza Adeneler 13

14 e a., affinché una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che vieta, nel solo settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempo determinato, possa essere considerata conforme all accordo quadro, l ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, un altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione. 50 Per quanto riguarda quest ultima condizione, occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dell accordo quadro impone agli Stati membri l adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure enumerate in tale disposizione e dirette a prevenire l utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, qualora il diritto nazionale non preveda già misure equivalenti. 51 Inoltre quando, come nel caso di specie, il diritto comunitario non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte ad una siffatta situazione, misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell accordo quadro (sentenza Adeneler e a., cit., punto 94). 52 Anche se le modalità di attuazione di siffatte norme attengono all ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell autonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere tuttavia meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l esercizio dei diritti conferiti dall ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in particolare, sentenze 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck, Racc. pag. I-4599, punto 12, nonché Adeneler e a., cit., punto 95). 53 Ne consegue che, quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze 14

15 della violazione del diritto comunitario. Infatti, secondo i termini stessi dell art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla [detta] direttiva» (sentenza Adeneler e a., cit., punto 102). 54 Non spetta alla Corte pronunciarsi sull interpretazione del diritto interno, compito che incombe esclusivamente al giudice del rinvio, il quale deve, nella fattispecie, determinare se i requisiti ricordati ai tre punti precedenti siano soddisfatti dalla normativa nazionale pertinente. Tuttavia la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può fornire, ove necessario, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione (v. sentenza 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. I-1609, punti 76 e 77). 55 A tal riguardo occorre rilevare che una normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale, che prevede norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti a tempo determinato, nonché il diritto al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa del ricorso abusivo da parte della pubblica amministrazione a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, sembra prima facie soddisfare i requisiti ricordati ai punti della presente sentenza.. Sussistono, quindi, ragioni ostative insuperabili alla condivisione di quel minoritario orientamento della giurisprudenza di merito (Trib. Livorno ; Trib. Siena ; Trib. Napoli ; Trib. Trani ; ), che, seppur con diverse motivazioni, ha accolto le domande, proposte da lavoratori alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, di conversione di rapporti di lavoro a termine in rapporti a tempo indeterminato. Nelle note finali autorizzate (pag. 13) parte ricorrente configura la successione della F. E. M. all I. A. S. M. A.; tuttavia tale ricostruzione non può comunque giovare alla ricorrente, atteso che non può essere fatto valere nei confronti dell ente subentrante un effetto giuridico (quale la conversione dei contratti stipulati prima della cessione) che non si era già prodotto nei confronti dell ente cedente. 15

16 In definitiva devono essere rigettate le domande di conversione in contratti a tempo indeterminato dei contratti stipulati dalla ricorrente con l I. A. S. M. A. ed indicati sub A). In proposito l analisi può fermarsi qui, non avendo la ricorrente proposto la domanda di risarcimento danni ex art. 36 co.5, ultimo periodo d.lgs. 165/2001, secondo cui il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. in ordine alla domanda di conversione del contratto stipulato dalla ricorrente con l I. A. S. M. A. ed indicati sub B) E, invece, fondata la domanda di conversione in contratto a tempo indeterminato del contratto stipulato dalla ricorrente con la F. E. M. in data per il periodo Emerge per tabulas (doc. 1 fasc.ric.) che detto contratto è stato stipulato al fine di soddisfare esigenze di carattere tecnico, organizzativo e produttivo connesse al progetto di ricerca Breeding molecolare applicato alla vite. Orbene, in ordine allo svolgimento in concreto del rapporto di lavoro scaturito da tale contratto, è stato compiutamente accertato grazie ai risultati dell espletata istruttoria che: I) solo fino alla fine del 2008 la ricorrente è stata addetta alle attività connesse al progetto di ricerca Breeding molecolare applicato alla vite ; in proposito la teste G. M. S. ha dichiarato: Lavoro alle dipendenze dell ente convenuto Lavoro come ricercatrice responsabile di un gruppo di ricerca. La ricorrente ha operato nell ambito del mio gruppo di ricerca fino alla fine del 2008; la ricorrente svolgeva mansioni di tecnico di laboratorio. Confermo che il mio gruppo di ricerca operava nell ambito del Dipartimento Genomica e Biologia All interno del Dipartimento hanno operato sempre più gruppi di ricerca. Il 16

17 laboratorio presso cui era addetta la ricorrente operava prevalentemente per il mio gruppo Nell anno 2008 la ricorrente ha lavorato presso il mio gruppo che all epoca seguiva il progetto Breeding molecolare applicato alla vite. La ricorrente quindi nel 2008 ha svolto mansioni di tecnico di laboratorio funzionali a detto progetto ; II) invece a partire dal 2009 la ricorrente è stata addetta alla nuova piattaforma tecnologica che si occupa di genotipizzazione e sequenziamento in favore di una pluralità di gruppi di ricerca e quindi le sue prestazioni hanno soddisfatto esigenze tecniche, organizzative e produttive diverse da quelle indicate nel contratto di lavoro a tempo determinato da lei sottoscritto con la F. E. M. in data ; in proposito sempre la teste G. ha dichiarato: Dopo il 2008 il mio gruppo ha continuato a lavorare sul progetto di ricerca Breeding molecolare applicato alla vite. La ricorrente non è stata più inserita nel mio gruppo, ma è stata trasferita alla nuova piattaforma tecnologica, la quale si occupa di genotipizzazione e sequenziamento in favore di una pluralità di gruppi di ricerca. Detta piattaforma costituisce uno dei net laboratories. Presso detta piattaforma sono state accentrate le analisi meno complesse e più ripetitive; presso i gruppi di ricerca sono rimasti comunque i laboratori effettuate le analisi di maggiore complessità... ; parimenti il teste V. R., responsabile del Dipartimento Genomica e Biologia, ha confermato che prima dell inizio del congedo di maternità ( ) la ricorrente ha lavorato presso la piattaforma genotipizzazione e sequenziamento ; inoltre ha pure confermato che la ricorrente, al rientro dal congedo di maternità, è stata addetta alla piattaforma nel periodo settembre-dicembre In definitiva, fatta eccezione per i primi dodici mesi (anno 2008), la ricorrente ha svolto, per i successivi otto mesi di lavoro effettivo (avendo per il resto della durata del rapporto fruito del congedo di maternità), prestazioni lavorative dirette a soddisfare esigenze tecniche, organizzative e produttive diverse da quelle indicate nel contratto di lavoro a tempo determinato da lei sottoscritto con la F. E. M., venendo 17

18 addetta non più al laboratorio utilizzato dal gruppo che seguiva il progetto di ricerca Breeding molecolare applicato alla vite, ma alla nuova piattaforma piattaforma tecnologica, la quale si occupa di genotipizzazione e sequenziamento in favore di una pluralità di gruppi di ricerca Tale divergenza tra le esigenze poste a giustificazione dell apposizione del termine finale al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato e quelle in concreto soddisfatte dalle prestazioni eseguite dalla ricorrente in favore della F. convenuta comporta stante la natura di soggetto privato del datore di lavoro (come esplicitamente ammesso dalla convenuta a pag. 17 della memoria di costituzione, alla luce del chiaro disposto dell art. 13 L.P , n. 14, secondo cui i rapporti di lavoro dei dipendenti delle fondazioni sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa e sono costituiti e regolati contrattualmente ) la conversione di quel contratto in contratto a tempo indeterminato. Infatti l art. 1 d.lgs. 368/2001 dispone: Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato. 1. È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro. 2. L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1 ; Come già evidenziato dal giudice delle leggi (Corte Cost , n. 214;) nonché dalla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (Cass , n. 1931; Cass , n ; Cass , n ; Cass , n. 2279; Cass , n ;) la ratio sottesa alla prescrizione formale ex art. 1 co.2 d.lgs. 368/2001 che impone la specificazione (per iscritto) delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro, di cui al co.1 è quella di garantire la trasparenza, la 18

19 veridicità e l immodificabilità di tali ragioni, consentendo al lavoratore di conoscerle preventivamente ed al giudice di verificarne l effettiva connessione con la durata solo temporanea della prestazione (in particolare accertando se il lavoratore sia state effettivamente utilizzato per soddisfare le ragioni indicate specificamente per iscritto). In relazione a tale obbligo di specificazione Cass. 2279/2010 ha osservato: Con l'espressione sopra riprodotta, di chiaro significato già alla stregua delle parole usate, il legislatore ha infatti inteso stabilire un vero e proprio onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, perseguendo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità dì tali ragioni nonché l'immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto (così Corte Costituzionale sent. 14 luglio 2009 n. 214). Il decreto legislativo n. 368 del 2001, abbandonando il precedente sistema di rigida tipicizzazione delle causali che consentono l'apposizione dì un termine finale al rapporto di lavoro (in parte già oggetto di ripensamento da parte del legislatore precedente), in favore di un sistema ancorato alla indicazione di clausole generali (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo), cui ricondurre le singole situazioni legittimanti come individuate nel contratto, si è infatti posto il problema, nel quadro disciplinare tuttora caratterizzato dal principio di origine comunitaria del contratto di lavoro a tempo determinato (cfr., in proposito, Cass. 21 maggio 2008 n ) del possibile abuso insito nell'adozione di una tale tecnica. Per evitare siffatto rischio di un uso indiscriminato dell'istituto, il legislatore ha imposto la trasparenza, la riconoscibilità e la verificabilità della causale assunta a giustificazione del termine, già a partire dal momento della stipulazione del contratto di lavoro, attraverso la previsione dell'onere di specificazione, vale a dire di una indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale. In altri termini, per le finalità indicate, tali ragioni giustificatrici, contrariamente a quanto sostenuto in prima battuta dalla ricorrente, devono essere sufficientemente particolareggiate, in maniera 19

20 da rendere possibile la conoscenza dell'effettiva portata delle stesse e quindi il controllo di effettività delle stesse. Che questo debba ritenersi il significato del termine "specificate" usato dall'art. 1, comma 2, D.Lgs. cit., risulta del resto confermato dalla interpretazione della relativa disciplina anche alla luce della direttiva comunitaria a cui il decreto medesimo da attuazione. In proposito, è stato di recente chiarito dalla Corte di giustizia CE (cfr., in particolare sent. 23 aprile 2009 nei procc. riuniti da C - 378/07 a C - 380/07, Kiriaki e altri nonché sent. 22 novembre 2005, C - 144/04, Mangold) che l'accordo quadro trasfuso nella direttiva 1999/70/CE contiene nel preambolo e del testo sia norme riguardanti ogni tipo di contratto a termine sia norme riferibili esclusivamente al fenomeno della reiterazione di tale tipo di contratto e quindi ai lavoratori dei contratti a termine cd. successivi. "Risulta infatti chiaramente sia dall'obiettivo perseguito dalla direttiva 1999/70, sia dall'accordo quadro e dalla formulazione delle pertinenti disposizioni di esso, che... l'ambito disciplinato da tale accordo non è limitato ai soli lavoratori con contratti di lavoro a tempo determinato successivi, ma che, al contrario, si estende a tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell'ambito di un determinato rapporto di lavoro che li vincola ai rispettivi datori di lavoro, indipendentemente dal numero di contratti a tempo determinato stipulati da tali lavoratori (punto 116 della sentenza Kiriaki). In particolare, nella prima categoria rientra a pieno titolo la clausola 8, n. 3 dell'accordo, alla stregua della quale "la applicazione" (della direttiva) "non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell'ambito coperto dall'accordo". Tale clausola, cd. di non regresso, è stata esplicitamente ritenuta dalla Corte di giustizia come riferita ad ogni aspetto della disciplina nazionale del contratto a termine e quindi anche a quella del primo o unico contratto a tempo determinato. Ed infatti: "La verifica dell'esistenza di una reformatio in pejus ai sensi della clausola 8 n. 3 dell'accordo quadro deve ritenersi in rapporto all'insieme delle 20

21 disposizioni di diritto interno di uno Stato membro relative alla tutela dei lavoratori in materia di contratti di lavoro a tempo determinato" (punto 120 della medesima sentenza). Come è stato recentemente rilevato in dottrina, in tal modo la clausola di non regresso persegue lo scopo, in generale, di impedire arretramenti ingiustificati della tutela nella materia considerata, nella ricerca di un difficile equilibrio tra esigenze di modernizzazione dei sistemi sociali nazionali, flessibilità del rapporto per i datori e sicurezza per i lavoratori. A ciò consegue che una interpretazione del termine "specificate" che non consentisse, nella piena trasparenza, quel controllo di effettività, assicurato, seppur in maniera diversa, dalla disciplina previgente, risulterebbe in contrasto con la clausola di non regresso di cui alla clausola 8 n. 3 dell'accordo quadro recepito dalla direttiva, in quanto rappresenterebbe un ingiustificato arretramento in rapporto al precedente livello generale di tutela applicabile nello Stato Italiano e finirebbe altresì per configurare un eccesso di delega da parte del governo rispetto a quanto stabilito dalla L. 29 dicembre 2000, n. 422, che a questo attribuiva unicamente il potere di attuare la direttiva 1999/70/CE, con la possibilità di apportare nei settori interessati dalla normativa da attuare unicamente modifiche o integrazioni necessarie ad evitare disarmonie tra le norme introdotte e quelle già vigenti. In termini perfettamente identici si è pronunciata più recentemente Cass. 1931/2011 cit. ed in termini analoghi Cass /2010 cit In ordine alla conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato qui conseguente all intervenuta modifica delle originarie esigenze tecniche, organizzative e produttive Cass , n (conf. Cass , n ;) ha statuito che anche nella vigenza del d.lgs. 368/2001 alla nullità della clausola di apposizione del termine finale consegue la nullità parziale ex art co.2 cod.civ. relativa alla sola clausola e l instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ( Tanto rilevato in generale, va, però, innanzitutto, 21

22 precisato che l'accordo quadro (recepito dalla direttiva) non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere una eventuale trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come esso, peraltro, nemmeno stabilisce le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi tuttavia esso impone agli Stati membri di adottare almeno una delle misure elencate nella clausola 5, n. 1, lett. da a) a c), che sono dirette a prevenire efficacemente l'utilizzazione abusiva di contratti o rapporti a tempo determinato successivi, pur restando fermo che gli Stati membri sono tenuti, in generale, nell'ambito della libertà che viene loro lasciata dall'art. 249, comma 3 Trattato CE, a scegliere le forme e i mezzi più idonei al fine di garantire l'efficacia pratica delle direttive (v. sentenza "Adeneler" citata) Orbene, in tale quadro "comunitario"- relativamente al lavoro privato il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 non prevede esplicitamente una sanzione per l'ipotesi della mancanza delle prescritte ragioni giustificative, anche se: a) già nella sua formulazione, per evidente argomentazione a contrario, indica chiaramente che, in tale ipotesi, ciò che non è consentito dalla legge, con norma di inequivocabile carattere imperativo, è espressamente la "apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato"; b) nel comma successivo, dispone esplicitamente che "l'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1". Invero la norma non può che essere letta nel suo insieme, nel sistema previsto dall'ordinamento e nel quadro di una interpretazione costituzionalmente orientata. In primo luogo, osserva il Collegio che, se la ratio della previsione della specificazione delle dette ragioni con forma scritta ad substantiam, è quella di garantire la certezza della natura del contratto, responsabilizzando il consenso del lavoratore, e di consentire al giudice il controllo effettivo del contenuto del contratto stesso, verificando, attraverso la applicazione della clausola generale, la conformità tra gli interessi programmati dalle parti e gli interessi riconosciuti meritevoli di tutela attraverso la regolamentazione del contratto medesimo, ne consegue logicamente 22

23 che, nella sostanza, le sanzioni non possono non essere accomunate dalla detta ratio, tanto nel caso in cui il termine non risulti da atto scritto, quanto nel caso in cui manchi la indicazione di una sufficiente ragione giustificativa. In tale prospettiva, quindi, anche l'argomento "ubi lex voluit dixit" non può avere un peso decisivo, tanto più se si considera che nel nostro ordinamento il meccanismo della nullità parziale è attuato oggettivamente in funzione del principio della conservazione del rapporto contrattuale, la quale, in sostanza, in generale, costituisce la regola - principio che assume, altresì, una particolare rilevanza nel diritto del lavoro. Al riguardo vanno ricordati i principi più volte affermati da questa Corte, da un lato, circa il carattere eccezionale della nullità totale (v. fra le altre Cass n , Cass n ), dall'altro, circa la portata della norma di cui al secondo comma dell'art c.c.. In particolare è stato affermato che ai fini dell'operatività della disposizione di cui all'art cod. civ., comma 2 il quale contempla la sostituzione delle clausole nulle di un contratto contrastanti con norme inderogabili, con la normativa legale, non si richiede che le disposizioni inderogabili dispongano espressamente la sostituzione, in quanto "la locuzione codicistica ("sono sostituite di diritto") va interpretata non nel senso dell'esigenza di una previsione espressa della sostituzione, ma in quello dell'automaticità della stessa, trattandosi di elementi necessari del contratto o di aspetti tipici del rapporto, cui la legge ha apprestato una propria inderogabile disciplina" (v. Cass. sez. 3^ n. 7822, vedi anche Cass. sez. 3^ n. 6956, Cass n , contra cfr. Cass. sez. 2^ n. 8794, Cass. sez. 3^ n. 6170). Tale indirizzo risulta coerente anche sul piano sistematico (trascurato dalla tesi contraria), in rapporto al principio generale fissato dall'art c.c. che ha una portata generale nel quadro della (etero)integrazione della regolamentazione contrattuale La Corte costituzionale, infatti, (pur con riferimento alla fattispecie del contratto di lavoro a tempo parziale) ha chiaramente affermato, in generale, che: "L'art c.c., comma 1... non è applicabile rispetto al contratto di lavoro, allorquando la nullità della clausola derivi dalla contrarietà 23

24 di essa a norme imperative poste a tutela del lavoratore, così come, più in generale, la disciplina degli effetti della contrarietà del contratto a norme imperative trova in questo campo (come anche in altri) significativi adattamenti, volti appunto ad evitare la conseguenza della nullità del contratto. Ciò in ragione del fatto che, se la norma imperativa è posta a protezione di uno dei contraenti, nella presunzione che il testo contrattuale gli sia imposto dall'altro contraente, la nullità integrale del contratto nuocerebbe, anziché giovare, al contraente che il legislatore intende proteggere. Tutto ciò, del resto, rappresenta una naturale e generale conseguenza del fatto che, nel campo del diritto del lavoro - in ragione della disuguaglianza di fatto delle parti del contratto, dell'immanenza della persona del lavoratore nel contenuto del rapporto e, infine, dell'incidenza che la disciplina di quest'ultimo ha rispetto ad interessi sociali e collettivi - le norme imperative non assolvono solo al ruolo di condizioni di efficacia giuridica della volontà negoziale, ma, insieme alle norme collettive, regolano direttamente il rapporto, in misura certamente prevalente rispetto all'autonomia individuale, cosicché il rapporto di lavoro, che pur trae vita dal contratto, è invece regolato soprattutto da fonti eteronome, indipendentemente dalla comune volontà dei contraenti ed anche contro di essa. Non hanno quindi modo di trovare applicazione, in questo campo, quei limiti alla operatività del principio di conservazione del rapporto che sono strettamente collegati all'identificazione nel contratto della fonte primaria del regolamento negoziale, come si verifica nell'ambito della disciplina comune dei contratti. E la violazione del modello di contratto e di rapporto imposto all'autonomia individuale da luogo, di regola, alla conformazione reale del rapporto concreto al modello prescritto - per via di sostituzione o integrazione della disciplina pattuita con quella legale ovvero per via del disconoscimento di effetti alla sola disposizione contrattuale illegittima - e non già alla riduzione del rapporto reale ad una condizione di totale o parziale irrilevanza giuridica. In verità anche l art. 32 co.5 L , n. 183, laddove dispone nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, presuppone che dalla nullità della 24

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