L incidenza del diritto comunitario e della giurisprudenza della Corte di Giustizia negli ordinamenti interni

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1 SCUOLA SUPERIORE DELL ECONOMIA E DELLE FINANZE MASTER IN DIRITTO TRIBUTARIO EZIO VANONI I Edizione Siracusa L incidenza del diritto comunitario e della giurisprudenza della Corte di Giustizia negli ordinamenti interni Tesi di fine master di: Pietro Cascio Anno

2 Indice Capitolo I Le fonti del Diritto Comunitario 1.1 Il sistema giuridico europeo e le fonti del diritto dell Unione Il diritto originario Il ruolo della Corte di Giustizia dell Unione Europea Il diritto derivato Gli atti atipici..13 Capitolo II L incidenza del diritto comunitario in materia di tributi armonizzati: brevi cenni 2.1 L armonizzazione in materia di IVA L IVA e la direttiva 2006/112/CE Il ruolo della Corte di Giustizia sul processo di armonizzazione dell IVA: il caso Banca Antoniana Popolare Veneta Spa..19 Capitolo III L incidenza del diritto comunitario e delle sentenze della Corte di Giustizia in tema di tributi non armonizzati mediante l analisi di casi pratici 3.1 L armonizzazione in materia di imposte dirette Il ruolo della Corte di Giustizia sul processo di armonizzazione delle imposte dirette La libertà fondamentali e gli effetti delle sentenze della Corte di Giustizia mediante l analisi di casi pratici La libera circolazione delle persone: il caso Sckumacker e la tassazione dei non residenti in Italia Segue: il diritto di stabilimento e la sentenza Cadbury Schwepps.36 2

3 3.3.3 Segue: la libertà di stabilimento e il caso National Grid Indus BV, la cd. exit tax La libera circolazione dei servizi: il caso Gerritse La libera circolazione dei capitali : la sentenza Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, SA...45 Capitolo IV Brevi cenni sulla disciplina degli aiuti di stato: problematiche relative al termine per l esercizio dell azione accertatrice da parte dell amministrazione finanziaria e sul tema del recupero degli aiuti fruiti oltre il limite della cd. regola del de minimis 4.1 Brevi cenni sulla disciplina degli aiuti di Stato La disciplina degli aiuti di stato in materia fiscale Il termine per l esercizio da parte dell amministrazione finanziaria dell azione accertatrice diretta al recupero degli aiuti dichiarati incompatibili Il recupero degli aiuti fruiti oltre il limite della cd. regola del de minimis..58 Capitolo V Il regime di attrazione europea: brevi considerazioni sulla compatibilità con l ordinamento comunitario 5.1 Il regime di attrazione europea Segue: profili di compatibilità con l ordinamento comunitario e le libertà fondamentali segue: il tema della concorrenza fiscale dannosa e gli aiuti di stato...68 Capitolo VI Brevi cenni sull abuso del diritto in materia fiscale ed in particolare, sulle proposte di legge depositate in Parlamento che intendono codificare tale materia 6.1 L abuso del diritto in materia fiscale L esigenza di certezze delle regole nel rapporto fisco-contribuente Le proposte di legge in tema di abuso del diritto.77 3

4 6.3.1 La proposta di legge Leo A.C La proposta di legge Strizzolo A.C La proposta di legge Jannone A.C Conclusioni

5 Capitolo I Le fonti del Diritto Comunitario 1.1 Il sistema giuridico europeo e le fonti del diritto dell Unione Il sistema giuridico dell Unione Europa è costituito dall insieme di norme che regolano l organizzazione e le competenze delle Istituzione comunitarie e i rapporti tra queste e gli Stati membri. L ordinamento giuridico europeo presenta, quindi, la caratteristica di essere completamente autonomo rispetto a quello degli Stati membri. Con l istituzione dell Unione, gli Stati membri hanno infatti, limitato la propria potestà legislativa, creando un ordinamento giuridico autonomo, vincolante sia per i loro cittadini, sia per loro stessi, che deve essere applicato dai rispettivi organi giurisdizionali. Tali principi sono stati affermati, per la prima volta, nella sentenza Costa/ENEL 1, nella quale la Corte di Giustizia ebbe modo di precisare che istituendo una Comunità senza limiti di durata, dotata di propri organi, di personalità, di capacità giuridica, di capacità di rappresentanza sul piano internazionale, ed in specie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli Stati alla Comunità, questi hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi. L autonomia dell ordinamento giuridico dell Unione impedisce quindi, che il diritto da essa elaborato sia superato dal diritto nazionale e ne garantisce l applicazione uniforme in tutti gli Stati membri. Tuttavia, l autonomia del diritto comunitario non implica una netta separazione con gli ordinamenti degli Stati membri, in quanto tra i due ordinamenti s instaura una stretta integrazione e interdipendenza. 1 Causa C-6/64 5

6 La relazione che intercorre tra il diritto dell Unione e il diritto nazionale è ben delineata all art. 4 del TUE che, a tal proposito, prevede che In conformità dell'articolo 5 (che enuclea i principi di attribuzione, sussidiarietà e competenza), qualsiasi competenza non attribuita all'unione nei trattati appartiene agli Stati membri. In virtù del principio di leale cooperazione, l'unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati. Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'unione. Gli Stati membri facilitano all'unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'unione. La stretta integrazione tra i due ordinamenti implica pertanto, che questi siano tra di loro coordinati. Laddove sorgano situazioni di conflitto tra l ordinamento comunitario e quello nazionale, si dovrà fare riferimento ai principi elaborati dalla Corte di Giustizia, ovvero al principio dell applicabilità diretta del diritto dell Unione e al principio della preminenza del diritto dell Unione sul diritto nazionale che gli si contrappone. In base al primo principio, l'applicabilità diretta va intesa nel senso che le norme di diritto comunitario devono esplicare la pienezza dei loro effetti, in maniera uniforme in tutti gli Stati membri, a partire dalla loro entrata in vigore e per tutta la durata della loro validità; dette norme sono quindi fonte immediata di diritti e di obblighi per tutti coloro che esse riguardano, siano questi gli Stati membri ovvero i singoli, soggetti di rapporti giuridici disciplinati dal diritto comunitario; questo effetto riguarda anche tutti i giudici che, aditi nell'ambito della loro competenza, hanno il compito, in quanto organi di uno Stato membro, di tutelare i diritti attribuiti ai singoli dal diritto comunitario. 2 In altri termini, qualora una disposizione del trattato o un atto delle istituzioni dell Unione presenti determinate caratteristiche, esso crea diritti e obblighi non soltanto per le istituzioni dell Unione e per gli Stati membri, ma anche per i cittadini dell Unione. 2 Causa C- 106/77 6

7 In forza del principio della preminenza del diritto comunitario, invece, le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l'effetto, nei loro rapporti col diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere «ipso jure» inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche in quanto dette disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore rispetto alle norme interne, dell'ordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie; Il riconoscere una qualsiasi efficacia giuridica ad atti legislativi nazionali che invadano la sfera nella quale si esplica il potere legislativo della Comunità, o altrimenti incompatibili col diritto comunitario, equivarrebbe infatti a negare, sotto questo aspetto, il carattere reale d'impegni incondizionatamente ed irrevocabilmente assunti, in forza del Trattato, dagli Stati membri, mettendo così in pericolo le basi stesse della Comunità. Ne consegue che, in caso di conflitto o di incompatibilità tra norme di Diritto dell Unione Europea e norme nazionali, le prime prevalgono sulle seconde, e il giudice nazionale è tenuto a disapplicare la disposizione interna contrastante con la legislazione comunitaria senza dover chiedere o attendere l'effettiva rimozione, ad opera degli organi nazionali all'uopo competenti, delle eventuali misure nazionali che ostino alla diretta e immediata applicazione delle norme comunitarie. Al fine di evitare i conflitti tra le norme del diritto dell Unione e quelle nazionali tutte le istituzioni nazionali che sono chiamate concretamente ad applicare il diritto o a svolgere funzioni giurisdizionali possono ricorrere comunque, all interpretazione del diritto nazionale conforme al diritto dell Unione. La Corte di Giustizia, secondo un orientamento ormai consolidato, ha individuato il fondamento giuridico dell interpretazione conforme al diritto dell Unione nel principio di leale cooperazione previsto dall articolo 4, paragrafo 3, TUE, sopra citato, il cui rispetto comporta anche l obbligo degli organi nazionali di tener conto, nell interpretare e applicare il diritto nazionale su cui prevale quello dell Unione, del tenore letterale e delle finalità perseguite dal diritto dell UE (dovere di lealtà verso l Unione). Passando adesso, al tema delle fonti del diritto comunitario, la dottrina prevalente è solita distinguere il diritto dell Unione in diritto originario e diritto derivato. 7

8 Il diritto originario o primario, trova la sua fonte nei Trattati istitutivi dell Unione Europea, nonché negli atti che li hanno modificati o completati. Accanto ai trattati, vengono considerati diritto primario, anche i principi generali del diritto enunciati dalla Corte di Giustizia dell Unione Europea. Il diritto derivato è invece, costituito dagli atti provenienti dalle istituzioni dell Unione per l esercizio delle competenze loro assegnate dai Trattati. A tal proposito il diritto derivato può essere distinto in atti tipici, quali ad esempio i regolamenti e le direttive, e atti atipici, quali le comunicazioni, le risoluzioni e le dichiarazioni comuni, che pur non essendo vincolanti nei confronti dei destinatari esprimono un indirizzo o un orientamento delle Istituzioni europee. 1.2 Il diritto originario La prima fonte del diritto dell Unione è costituita dai Trattati istitutivi dell Unione Europea. Essi contengono i principi giuridici fondamentali concernenti gli obiettivi, l organizzazione e la modalità di funzionamento dell Unione, nonché parti del diritto economico. Essi stabiliscono il quadro giuridico costituzionale dell UE, cui devono attenersi, nell interesse dell Unione, le istituzioni dotate, a tal fine, di appositi poteri legislativi e amministrativi. Il ruolo primario dei Trattati, tra le fonti del diritto dell Unione, ha trovato un riconoscimento esplicito all art. 1 del TUE che così recita L'Unione si fonda sul presente trattato e sul trattato sul funzionamento dell'unione europea (in appresso denominati «i trattati»). I due trattati hanno lo stesso valore giuridico. Accanto ai trattati, costituiscono altresì, fonti primarie o diritto originario dell Unione, i principi generali del diritto enucleati dalla Corte di Giustizia dell Unione Europea. Si tratta di norme che esprimono i concetti essenziali di diritto e giustizia ai quali si ispira ogni ordinamento giuridico. 8

9 I principi generali hanno la funzione di colmare eventuali lacune e dare un interpretazione estensiva alle norme esistenti, secondo il principio di equità. I principi del diritto trovano applicazione, principalmente nell ambito della giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale assicura il rispetto del diritto nell interpretazione e nell applicazione del trattato. I principi generali del diritto trovano le loro fondamenta, in primo luogo, nei principi comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Tra essi possono essere annoverati la certezza del diritto, l affidamento dei terzi in buona fede, la forza maggiore. Essi possono essere desunti anche dai testi scritti dell Unione, e tra questi, meritano di essere ricordati la protezione dei diritti fondamentali, il principio di proporzionalità, il principio della leale cooperazione o, ancora, il principio della responsabilità degli Stati membri in caso di violazione del diritto dell Unione. 1.3 Il ruolo della Corte di Giustizia dell Unione Europea Secondo quanto previsto dall art. 267 del TFUE la Corte di Giustizia ha il compito di assicurare l uniformità di interpretazione e applicazione delle norme comunitarie in ciascuno degli Stati membri. Il giudizio della Corte è pertanto, diretto nei confronti della norma comunitaria della quale si chiede l interpretazione. La norma nazionale viene valutata solo in termini di compatibilità con l ordinamento comunitario e non viceversa. In altri termini, attraverso il giudizio di rinvio pregiudiziale viene chiesto ai giudici della Corte di interpretare la norma comunitaria e determinare se questa sia contraria ad una normativa nazionale che disponga un comportamento che può apparire difforme a quanto prevede la disposizione europea, Le sentenze interpretative rese da tale organo producono un effetto vincolante per il giudice nazionale che ha sollevato la questione, che pertanto, deve disapplicare la norma interna contrastante con quella comunitaria interpretata dalla Corte. 9

10 La sentenza, oltre ad essere vincolante per il giudice del rinvio, costituisce un precedente giurisprudenziale che produce effetti anche nei confronti di altri giudici, anche di paesi membri diversi. Essa esplica i suoi effetti ex tunc, ovvero, dal momento dell entrata in vigore della norma interpretata, salvo che la Corte non ne riduca la portata applicativa. In merito al ruolo della giurisprudenza della Corte di Giustizia, si può ritenere che, con riferimento al settore fiscale, la materia in cui si registra il maggior numero di decisioni riguardi i tributi armonizzati, tra i quali il principale è sicuramente l IVA. In tale campo, la Corte è riuscita ad elaborare i principi e i tratti fondamentali di tale disciplina sulla base delle diverse direttive che si sono susseguite nel tempo. Nell ultimo periodo, si è tuttavia, assistito a sensibili interventi della Corte di Giustizia anche in altri settori impositivi, come ad esempio in materia di imposte dirette. La giurisprudenza comunitaria, facendo leva sul principio di non discriminazione e sulle norme relative all esercizio delle libertà fondamentali, è riuscita ad elaborare principi generali in grado di influenzare la potestà legislativa degli Stati membri contribuendo in misura determinante alla definizione e allo sviluppo del diritto dell Unione, in una materia in cui la possibilità di incidere delle Istituzioni europee è stata abbastanza limitata a causa della riluttanza degli Stati a rinunciare alla propria potestà. L effetto lesivo e discriminante della norma nazionale è quindi, giudicato sulla base della possibilità di restringere l esercizio di una delle libertà previste dal Trattato operando pertanto una discriminazione basata sulla residenza. 1.4 Il diritto derivato La seconda fonte del diritto dell Unione è rappresentata dal cd. diritto derivato, ovvero, dagli atti provenienti dalle Istituzioni comunitarie emanati per la realizzazione dei loro obiettivi. Al riguardo, l art. 288 del TFUE prevede che Per esercitare le competenze dell'unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri. 10

11 L art. 288 del TFUE si preoccupa inoltre, di precisare chi siano i destinatari dei diversi tipi di atti e gli effetti che questi producono nei loro confronti. Più specificatamente, viene esplicitato che il regolamento ha portata generale ovvero, non si rivolge a destinatari determinati o determinabili. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri senza che sia necessario alcun atto di ricezione o di adattamento da parte di quest ultimi. La direttiva invece, ha come destinatari gli Stati membri cui è rivolta, non è obbligatoria nei suoi elementi, ma si limita a fissare dei principi e dei criteri generali, imponendo un determinato risultato da raggiungere, fermo restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi da adottare. Nella prassi dell Unione tuttavia, è sempre più frequente il ricorso a direttive dettagliate, le quali indicano con precisione il contenuto delle norme interne che gli Stati membri sono tenuti ad adottare. In tal caso, la discrezionalità dello Stato è limitata alla sola forma del mezzo giuridico da adottare al fine di recepire la norma già fissata sul piano europeo. A differenza dei regolamenti, la direttiva non ha efficacia diretta, ovvero non produce diritti e obblighi che i giudici devono fare osservare. Gli Stati membri sono gli unici destinatari diretti. Solo i successivi atti esecutivi delle autorità competenti degli Stati membri conferiscono diritti o impongono obblighi ai cittadini. La Corte di giustizia ha tuttavia chiarito, attraverso una giurisprudenza costante, che a determinate condizioni i cittadini dell Unione possono appellarsi direttamente alle disposizioni di una direttiva, rivendicando i diritti che essa conferisce loro e, eventualmente, adire i tribunali nazionali. In tali casi si parla di direttive self- executing. La Corte ha ritenuto che si possa parlare di direttive self-executing, ovvero con efficacia diretta quando: le disposizioni della direttiva stabiliscono in maniera sufficientemente chiara e precisa i diritti dei cittadini dell Unione/delle imprese; le disposizioni della direttiva chiariscono il contenuto di un obbligo già previsto dal Trattato; le disposizioni della direttiva non implicano che il legislatore nazionale 11

12 abbia alcun margine discrezionale per quanto riguarda il contenuto della normativa; il termine fissato per il recepimento della direttiva sia scaduto. L orientamento dei giudici comunitari si basa fondamentalmente, sulla convinzione che uno Stato membro agisca in maniera contraddittoria e illegittima, qualora continui ad applicare il proprio diritto interno senza adempiere l obbligo di adeguarlo alle disposizioni della direttiva. In ogni caso, comunque, l efficacia diretta delle direttive è stata riconosciuta dalla Corte di Giustizia solo nei rapporti tra i cittadini dell Unione e gli Stati membri, e solo quando l effetto diretto è favorevole ai cittadini, non quando lo è a loro discapito ovvero, solo nei casi in cui il diritto dell Unione prevede norme più favorevoli per i cittadini rispetto alla normativa nazionale che non e stata adeguata (cd. effetto diretto verticale). La Corte di giustizia ha invece negato l efficacia diretta delle direttive nei rapporti tra cittadini, (cd. effetto diretto orizzontale), in quanto essi non possono essere considerati responsabili delle omissioni dello Stato. La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi. Caratteristica principale è la portata individuale della decisione, i cui destinatari se individuati sono vincolati in tutti i suoi elementi dal contenuto di questa. Può essere destinata anche ai singoli Stati membri nei confronti dei quali ha effetto diretto. Le raccomandazioni e i pareri invece, diversamente dai primi tre, non hanno efficacia vincolante. Tramite essi, le istituzioni dell Unione si esprimono senza imporre obblighi giuridici ai destinatari, nei confronti degli Stati membri e, in alcuni casi, anche dei cittadini dell Unione. Una distinzione tra i due atti può essere fatta in funzione delle loro diverse finalità. Attraverso le raccomandazioni viene consigliato al destinatario un determinato comportamento più rispondente agli interessi comuni, senza però imporre un obbligo giuridico. Con i pareri le istituzioni intendono esprimere un giudizio su una situazione 12

13 oggettiva o su determinate fattispecie all interno dell Unione o in uno Stato membro. Entrambi gli atti non richiedono forme particolari per la loro formazione e possono avere come destinatari gli stati membri, le altee istituzioni o i soggetti di diritto dei singoli Stati. 1.5 Gli atti atipici Oltre agli atti giuridici previsti dai trattati, le istituzioni dell Unione dispongono anche di altri atti, cd. atipici, in quanto non rientrano tra quelli elencati nell art. 288 TFUE. Nella prassi dell Unione gli strumenti più utilizzati sono le risoluzioni, le dichiarazioni, i programmi d azione, i libri verdi. Le risoluzioni esprimono le intenzioni e le opinioni comuni sul processo d integrazione in generale e su specifici compiti a livello di Unione e al di fuori di essa. Le dichiarazioni costituiscono impegni delle Istituzioni al rispetto di determinati principi. I Programmi d azione sono finalizzati alla realizzazione dei programmi legislativi e degli obiettivi generali previsti dai trattati. I libri verdi sono documenti pubblicati allo scopo di avviare consultazioni su specifici argomenti nell ambito dell Unione. 13

14 Capitolo II L incidenza del diritto comunitario in materia di tributi armonizzati: brevi cenni 2.1 L armonizzazione in materia di IVA In ambito fiscale, il settore nel quale si assiste maggiormente, all incidenza del diritto comunitario e delle sentenze della Corte di Giustizia è rappresentato dai cd. tributi armonizzati. Come si avrà modo di osservare nel capitolo successivo, la materia fiscale rappresenta un settore nel quale gli Stati membri sono piuttosto restii a cedere o, a vedere limitata la propria sovranità. Ed invero, se per ciò che concerne le imposte dirette i singoli Stati conservano ancora piena autonomia decisionale, seppure nel rispetto del diritto comunitario, tale prerogativa è stata sensibilmente limitata per le imposta indirette, ed in particolare per quelle imposte che direttamente o indirettamente, possono incidere sul raggiungimento degli scopi dell Unione. Le ragioni di fondo che stanno alla base dell Unione europea sono infatti, principalmente, di tipo economico e finalizzate alla creazione di un mercato unico all interno del quale merci, persone, servizi e capitali possano liberamente circolare. A tal proposito, appare utile richiamare quanto previsto dall art. 3, del TFUE secondo cui L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima. L'Unione instaura un mercato interno. Il concreto raggiungimento di un mercato comune europeo presuppone quindi, che vengano adottate tutte le misure necessarie affinché il mercato possa instaurarsi e funzionare 3, e tra queste, di primaria importanza appare essere, in primo luogo, la creazione di una unione doganale che si estende al complesso degli scambi e comporta 3 Art. 28 TFUE 14

15 il divieto, ai sensi dell art. 28 TFUE, di prevedere, fra gli Stati membri, dazi doganali all'importazione e all'esportazione e qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure l'adozione di una tariffa doganale comune nei loro rapporti con i paesi terzi. Funzionale a tale scopo è anche, la creazione di un unico territorio doganale, che si sostituisce ai territori doganali degli Stati membri, e la messa in comune dell importo globale dei dazi doganali riscossi in virtù della tariffa doganale comune. Affinché si possano raggiungere tali scopi, ovvero si possa costituire un mercato comune occorre comunque, procedere all eliminazione di tutte le barriere fisiche e giuridiche che possono incidere sul processo di unificazione economica e commerciale. Tra queste, la materia fiscale riveste una specifica rilevanza. Proprio per tali motivi, alla fiscalità viene dedicato uno specifico capo delle disposizioni del TFUE che, dagli articoli 110 a 113, prevede disposizioni volte ad evitare che nei confronti di prodotti provenienti da altri Stati membri siano applicate direttamente o indirettamente, imposte di qualsiasi natura superiori a quelle applicate ai prodotti nazionali e disposizioni dirette a favorire l armonizzazione delle imposte indirette in quanto idonee ad influire in maniera determinante sul funzionamento del mercato interno. Su tale versante, secondo il citato art. 113 viene infatti, previsto che Il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno ed evitare le distorsioni di concorrenza. Tale norma rappresenta quindi, la base attraverso cui le Istituzioni dell Unione possono adottare tutte le misure necessarie al fine di realizzare un modello impositivo unitario e ridurre le diversità esistenti tra le varie legislazioni degli Stati così da consentire la piena integrazione economica e commerciale. All interno dell opera di armonizzazione delle imposte indirette, un ruolo primario è stato attribuito all armonizzazione dell IVA, mediante la quale è stato possibile creare un sistema comune di imposta sul valore aggiunto caratterizzato, principalmente, dalla neutralità della prestazione rispetto alle varie fasi del ciclo produttivo o distributivo, 15

16 attraverso un sistema che indipendentemente dal numero delle operazioni effettuate, consente ai soggetti passivi di IVA di detrarre dall imposta dovuta l'importo dell'imposta da essi pagata ad altri soggetti imponibili. L importanza di procedere in tempi rapidi verso questa direzione era già stata riconosciuta all interno della I Direttiva del Consiglio CEE (Direttiva 67/227), nella quale il legislatore comunitario affermò l'idea che la eliminazione delle barriere di natura fiscale sarebbe stata ottenuta soltanto con l'eliminazione progressiva dei sistemi di imposta cumulativa a cascata (in Italia, la vecchia IGE) e con la adozione, da parte di tutti gli Stati, di un sistema comune di imposta sul valore aggiunto, ovverosia di una imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni o servizi, a prescindere dal numero di transazioni intervenute nel processo di produzione o distribuzione antecedente alla fase della imposizione L IVA e la direttiva 2006/112/CE Le considerazioni esposte nel paragrafo precedente consentono ormai di definire l Iva come un tributo avente natura comunitaria o comunque, di origine comunitaria. L esigenza di perseguire gli scopi dell Unione, ovvero la necessità di ridurre quanto più possibile gli ostacoli alla libera circolazione e gli squilibri fiscali sui prezzi di beni e servizi che circolano all interno del mercato comune, e la circostanza che la concorrenza tra gli Stati membri nell'ambito del mercato interno non sia falsata da disparità di aliquote e di regimi d'imposizione a livello della fiscalità indiretta, hanno visto infatti, proliferare proprio in materia di IVA sia l attività legislativa delle Istituzioni comunitarie che quella giurisprudenziale della Corte di Giustizia. Se a tutto ciò si aggiunge che, insieme ai dazi doganali, l Iva è considerata risorsa propria dell Unione Europea appare evidente come la disciplina di tale materia è oggi interamente demandata al legislatore comunitario e all interpretazione data dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. 4 Art. 1, par. 1, della Direttiva 67/

17 Il legislatore domestico infatti, in tale materia ha visto sempre più restringere le proprie competenze, limitandosi a recepire e trasporre nella normativa interna le regole e i principi stabiliti a livello comunitario. Emblematica, proprio al fine di comprendere quanto su questo tema il diritto dell Unione incida sul diritto interno, appare essere la questione relativa al recepimento delle nuove norme in materia di territorialità di servizi previste dalla Direttiva 2008/8/CE, che hanno trovato applicazione a decorrere dal 1 gennaio In quell occasione, in sede di prima applicazione delle nuove regole, considerato che ancora non era ancora intervenuto alcun atto di recepimento da parte del legislatore interno della nuova disciplina, la stessa amministrazione finanziaria ebbe modo di specificare che alcune delle disposizioni contenute nella Direttiva Servizi erano sufficientemente dettagliate e tali da consentirne la diretta applicazione almeno per ciò che riguarda le regole generali 5. Pertanto, nelle more dell'adozione del formale provvedimento di recepimento delle norme comunitarie nell ordinamento interno 6, sono state fornite istruzioni operative di massima, sulla base delle norme contenute nella direttiva che apparivano oggettivamente suscettibili di immediata applicazione. Ciò, concludeva l Agenzia delle Entrate allo scopo di evitare che si verifichino fenomeni di doppia tassazione o di detassazione in contrasto con i dettami dell'iva e con un coerente funzionamento del mercato interno, che potrebbero emergere qualora dal 1 gennaio 2010 in Italia si continuassero ad applicare le previgenti norme. Volendo adesso ripercorrere, brevemente, le tappe che hanno portato a disciplinare l IVA a livello comunitario, il contributo probabilmente più decisivo all armonizzazione dell imposta si è avuto, inizialmente, con la Direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977 con la quale fu stabilito il sistema comune dell IVA, introducendo una serie di regole comuni che definivano il campo di applicazione dell imposta, la territorialità, i soggetti passivi, le operazioni imponibili e quelle esenti, il luogo di riscossione e vari altri elementi relativi all applicazione dell imposta. Tra queste, particolare importanza ha avuto l art. 27 della direttiva che nelle more delle completa realizzazione del progetto di armonizzazione dell imposta, ha consentito agli Stati membri, dietro autorizzazione del Consiglio, di mantenere o introdurre, per 5 Circolare 58/E del Intervenute con il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n

18 periodi limitati, misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Nel tempo, a causa delle significative modifiche apportate al predetto testo legislativo dai molteplici interventi normativi, e degli orientamenti espressi dalla Corte di Giustizia, si è reso necessario rivedere la direttiva 388 ed, a tal fine, è stata emanata la Direttiva 2006/112/CE del , con la quale si è cercato di riorganizzare la materia mediante la creazione di un unico testo di riferimento comunitario. La direttiva 2006/112/CE ha proceduto alla rifusione delle norme che costituiscono il sistema comune dell imposta sul valore aggiunto, contenute principalmente nella direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977, più volte modificata nel corso degli anni da numerosi altri provvedimenti.. La nuova direttiva 2006/112/CE costituisce pertanto, una sorta di testo unico di tutte le norme sul sistema comune di IVA, che ha razionalizzato e coordinato le numerose e sostanziali modifiche intervenute nel tempo. Il nuovo testo è entrato in vigore dal 1 gennaio 2007 in tutti i Paesi dell Unione europea. La direttiva 2006/112/CE si compone di 414 articoli, raggruppati in 15 titoli e 12 allegati. La rifusione, come previsto espressamente nel terzo considerando, ha apportato solo poche modifiche sostanziali alla legislazione esistente. La maggior parte dei cambiamenti sono strutturali e redazionali e servono a rendere il testo più chiaro e comprensibile, ovvero a correggere errori e divergenze linguistiche. Oltre alla rielaborazione del testo, sono state introdotte alcune modifiche sostanziali recependo anche sentenze della Corte di giustizia. La direttiva 2006/112 non ha comunque, rappresentato l ultimo intervento comunitario in tema di IVA. A questo provvedimento, nel corso degli ultimi anni, ne sono seguiti altri che hanno definito o modificato alcuni aspetti della materia che ancora risultavano non disciplinati. Tra questi, meritano di essere ricordati, la Direttiva 2008/8/CE del 12 febbraio 2008, per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi; la Direttiva 2008/117/CE del 16 dicembre 2008, per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie; la Direttiva 2009/69/CE del 25 giugno 2009 in relazione all evasione 18

19 fiscale connessa all importazione; la Direttiva 2010/23/UE del 16 marzo 2010, per quanto concerne l applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell inversione contabile alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi; la Direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010, per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione ed infine, il Regolamento 282/2011 che interpreta alcune fattispecie contenute nella Direttiva 2006/112, chiarendo alcuni concetti, quale, ad esempio quello di stabile organizzazione. Di recente, tuttavia, si sente parlare ancora di nuovi interventi in materia di IVA. Da poco tempo, l Unione europea ha infatti, elaborato un progetto di risoluzione attraverso il quale s intende rivedere la legislazione in materia, attraverso maggiore contrasto alle frodi e la riduzione di sistemi di esenzione e tariffe diverse tra gli Stati, limitando al massimo l utilizzo in deroga delle aliquote ridotte. 2.3 Il ruolo della Corte di Giustizia sul processo di armonizzazione delle IV: il caso Banca Antoniana Popolare Veneta Spa. Come si è già avuto modo di anticipare, la capacità della Corte di Giustizia di incidere sugli ordinamenti interni si deve comunque, principalmente, agli effetti che le sentenze sono in grado di produrre. È stato già detto al riguardo, che le sentenze interpretative del diritto dell Unione sono vincolanti sia per il giudice del rinvio che per gli altri giudici che sono chiamati a esaminare casi aventi ad oggetto questioni analoghe. L incidenza della giurisprudenza della Corte sugli ordinamenti interni rileva inoltre, sia in ordine alle pronunce rese nei confronti dello Stato che per quelle rese nei confronti di altri Stati membri. Qualunque giudice,di qualsiasi Stato membro pertanto, nel momento in cui è chiamato a pronunciarsi su una questione analoga ad una già decisa dalla Corte di Giustizia, è tenuto ad attenersi ai principi stabiliti dalla giurisprudenza comunitaria, salva la possibilità di riproporre una nuova questione pregiudiziale. La sentenza costituisce infatti, un precedente giurisprudenziale vincolante per gli altri giudici, anche di paesi diversi. 19

20 Si parla in tali casi di efficacia erga omnes delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia. Ebbene, proprio in ambito Iva, un apporto sicuramente significativo a favore dell armonizzazione lo si deve alla giurisprudenza comunitaria la quale, attraverso il compito di garantire l uniformità di interpretazione e applicazione delle norme comunitarie in ciascuno degli Stati membri, è riuscita ad elaborare principi generali in grado di influenzare la potestà legislativa degli Stati membri contribuendo in misura determinante alla definizione e allo sviluppo del diritto dell Unione. Tra le pronunce che meritano di essere ricordate in tema di IVA e che meglio sono in grado di far capire quanto sia importante il ruolo della Giurisprudenza comunitaria in ordine tale materia, si può citare la recente sentenza Banca Antoniana Popolare Veneta Spa/Ministero delle Finanze 7 del 15 dicembre La questione in esame trae origine dal rifiuto dell amministrazione finanziaria di rimborsare alla BAPV l Iva che quest ultima, nel periodo , aveva riscosso sulle prestazioni di servizi consortili. Più in particolare, sulla scorta che tali prestazioni andavano assoggettate ad IVA la società aveva applicato e versato l imposta sui compensi relativi alla riscossione dei contributi consortili. Con un successivo documento di prassi del 1999, l amministrazione finanziaria comunicava di aver mutato l originaria interpretazione della disposizione citata, ritenendo che i contributi consortili avessero natura tributaria e che, conseguentemente, i compensi dovuti dai consorzi per i servizi di riscossione di detti contributi dovessero essere considerati esenti da IVA, ai sensi dell art. 10, n. 5, del DPR. n. 633/72. Di conseguenza i consorzi richiedevano alla società la restituzione a titolo di indebito oggettivo ai sensi dell art c.c. di quanto corrisposto a titolo di IVA. La società, a sua volta, presentava all amministrazione finanziaria domanda di rimborso dell IVA corrispondente alle somme che le erano state richieste dai committenti dei suoi servizi, che veniva tuttavia rigettato per decorrenza del termine di due anni dal pagamento dell IVA, previsto dall art. 21 del D.Lgs 546/1992, in considerazione del fatto che la circolare amministrativa non può costituire presupposto a partire dal quale decorre il termine di due anni per effettuare la richiesta. 7 Causa C-427/10. 20

21 In relazione a quanto sopra, è stato chiesto ai giudici comunitari di stabilire se i principi di effettività, di non discriminazione e di neutralità fiscale in materia di IVA siano contrari ad una disciplina o prassi nazionale secondo cui l azione di ripetizione del cliente nei confronti del soggetto passivo va esercitata nel termine di prescrizione decennale, davanti al giudice ordinario, mentre l istanza di ripetizione del soggetto passivo nei confronti del fisco va presentata entro il termine biennale, posto che da tali norme possono derivare situazioni che si risolvono in una sostanziale negazione del diritto al rimborso dell IVA pagata a torto. In altri termini, è stato chiesto di stabilire se il diritto comunitario sia contrario ad una normativa nazionale come quella sulla ripetizione d indebito che prevede in ambito tributario dei termini di decadenza più brevi rispetto a quelli previsti per l azione civile, il cui effetto sarebbe quello di consentire il rimborso dell Iva al proprio cliente da parte del fornitore entro il termine decennale, senza che quest ultimo, a sua volta, possa ottenere il rimborso dell IVA da parte dell amministrazione finanziaria laddove siano trascorsi più di due anni da quando si è verificato il presupposto. La Corte di giustizia chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità comunitaria del sistema nazionale italiano ha avuto modo di precisare, in primo luogo, che, in mancanza di disciplina comunitaria in materia di domande di rimborso delle imposte indebitamente prelevate, spetta all ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possano essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l esercizio dei diritti conferiti dall ordinamento giuridico comunitario. Ragione per cui, si è ritenuto, secondo costante giurisprudenza, che sia compatibile con il diritto dell Unione, l esistenza di termini di ricorso previsti a pena di decadenza, nell interesse della certezza del diritto, purché non siano tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l esercizio dei diritti conferiti dall ordinamento giuridico dell Unione 8. Di conseguenza ritiene la Corte il fatto che esista un termine biennale per potere richiedere il rimborso dell indebito all amministrazione finanziaria, e un termine 8 Causa C-35/05 21

22 decennale, tra privati non è in linea generale in contrasto con l ordinamento comunitario. Sennonché, qualora il rimborso dell IVA pagata risultasse impossibile o eccessivamente difficile, gli Stati membri devono prevedere gli strumenti necessari per consentire al destinatario dei servizi, o come nel caso di specie, al prestatore dei servizi, di recuperare l imposta indebitamente fatturata, in modo da rispettare il principio di effettività. A tal proposito, già in passato la Corte di Giustizia ha avuto modo di precisare che il principio di effettività sarebbe violato nell ipotesi in cui il soggetto passivo non avesse avuto né il diritto di ottenere il rimborso del tributo in questione durante il termine a sua disposizione per l azione nei confronti dell amministrazione finanziaria, né, in seguito a un azione di ripetizione dell indebito esperita nei suoi confronti dai propri clienti successivamente alla scadenza di detto termine, la possibilità di rivalersi contro l amministrazione finanziaria, cosicché le conseguenze dei pagamenti indebiti dell IVA imputabili allo Stato sarebbero sopportate esclusivamente dal soggetto passivo di tale imposta. Allo stesso modo, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che un autorità nazionale non può eccepire il decorso di un termine di prescrizione ragionevole se il comportamento delle autorità nazionali, in combinazione con l esistenza di un termine di prescrizione, finisca col privare totalmente un soggetto della possibilità di far valere i suoi diritti dinanzi ai giudici nazionali 9. Ed in effetti, nel caso in esame, per la società sarebbe stato impossibile o eccessivamente difficile ottenere, con una azione proposta nel termine di prescrizione biennale, il rimborso dell IVA versata negli anni in quanto, la posizione dell amministrazione finanziaria è stata espressa solo nel 1999 e l azione civile di ripetizione da parte dei clienti è intervenuta solo a seguito dell emanazione della circolare, e quindi ben oltre il termine di prescrizione biennale. Ciò detto, considerato che secondo la Corte di Giustizia, in una situazione come quella in esame, la società finisce per sopportare il pagamento dell IVA non dovuta, senza avere la possibilità di reclamarne effettivamente il rimborso nei confronti dell amministrazione finanziaria, anche se tale situazione non le sia imputabile, ma anzi 9 Cause riunite C-89/10 e 96/10. 22

23 sia dovuta al fatto che in quel periodo l imposta è stata versata in quanto la prassi del tempo così prevedeva, si deve concludere che, in circostanze del genere, l amministrazione finanziaria deve tenere conto delle situazioni particolari venutesi a creare e prevedere gli strumenti idonei a consentire il recupero dell imposta indebitamente fatturata. In conclusione, ad avviso dei giudici comunitari, pur non essendoci, in linea di principio, ostacoli comunitari alla previsione di termini diversi per l esercizio dell azione di recupero dell indebito in ambito tributario e civile, tale differenza temporale non deve produrre l effetto di limitare il diritto del soggetto passivo di potere effettivamente esercitare la richiesta di rimborso dell imposta nei confronti dell amministrazione finanziaria. Ebbene, tenuto conto delle considerazioni svolte dalla Corte di Giustizia nella sentenza in esame, si può evidenziare che a differenza di quanto accade solitamente in presenza di pronunce della Corte di Giustizia, il cui effetto vincolante comporta la disapplicazione della norma interna in contrasto, nel caso di specie i giudici comunitari hanno ritenuto compatibili con l ordinamento dell Unione le norme interne, che pertanto, non dovranno essere disapplicate ma interpretate in ragione del principio comunitario di effettività. In altri termini, come peraltro sottolineato da autorevole dottrina 10, il diritto del contribuente a chiedere il rimborso, che a causa della differenza temporale tra le due azioni avrebbe potuto essere limitato, viene definitivamente tutelato non attraverso la caducazione della norma dei due anni, rispetto all altra dei dieci anni, ma con la convivenza delle due disposizioni, con l obiettivo di non rendere impossibile o eccessivamente difficile l esercizio dei diritto, e con lo spostamento in avanti del termine biennale a favore del fornitore, al momento dell attivazione della domanda di rimborso avanzata nei suoi confronti dal cliente. 10 Paolo Centore, La sentenza supera l effetto sandwich, in Il Sole 24 Ore del 16 dicembre

24 Capitolo III L incidenza del diritto comunitario e delle sentenze della Corte di Giustizia in tema di tributi non armonizzati mediante l analisi di casi pratici 3.1 L armonizzazione in materia di imposte dirette Come già anticipato nella parte introduttiva sulle fonti del diritto e sul ruolo della Corte di Giustizia, la materia fiscale, ed in particolare quella relativa alle imposte dirette, costituisce un settore nel quale gli Stati membri, da sempre, sono riluttanti a cedere parte della loro potestà impositiva. Diversamente da quanto è accaduto in materia di imposte indirette, dove si è proceduto ad una graduale armonizzazione, ovvero, al raggiungimento di un sistema omogeneo di tassazione attraverso la riduzione delle diversità che ciascuna legislazione nazionale prevede, in materia di imposte dirette tale percorso appare più complicato. Oltre che a difficoltà riconducibili ai singoli Stati, che vedrebbero ridimensionata il più importante strumento interno di manovra economica, il processo di armonizzazione in materia di imposte dirette appare difficile anche a causa del fatto che tale materia, difficilmente, è in grado di incidere sugli scopi perseguiti dall Unione e quindi sul corretto funzionamento del mercato. La normativa comunitaria lascia quindi, agli Stati membri grande discrezionalità nella concezione dei loro sistemi di imposizione diretta, consentendo loro di adattarli in funzione di obiettivi nazionali. L intervento delle Istituzioni comunitarie in tale materia si ha soltanto, laddove le disposizioni fiscali nazionali comportino incoerenze nel trattamento fiscale quando sono applicate in un contesto transfrontaliero, per cui un contribuente, che si tratti di un privato o di un'impresa, può essere vittima di discriminazione o di doppia imposizione. Coerentemente a tali scopi, che rispondono comunque alla logica della tutela del mercato comune e della libera concorrenza, si possono ricordare gli interventi legislativi comunitari in tema di tassazione delle imprese volte ad evitare forme ostruzionistiche da parte degli Stati membri rispetto alle imprese non residenti. 24

25 Tra queste misure, le più significative hanno riguardato in primo luogo, la tassazione dei dividendi tra società comunitarie, cd. direttiva madre-figlia 11, attraverso la quale l Unione europea introduce, per i gruppi di società di Stati membri diversi, disposizioni fiscali neutre sotto il profilo della concorrenza. Essa sopprime la doppia imposizione degli utili distribuiti in forma di dividendi dalle società figlie stabilite in uno Stato membro alle proprie società madri stabilite in un altro Stato membro. Ed ancora, si può ricordare la Direttiva sulle operazioni di riorganizzazione societaria che istituisce un regime fiscale comune per le operazioni di ristrutturazione transfrontaliere 12. Sempre in materia di tassazione degli utili societari, si può citare la Direttiva concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate 13, il cui obiettivo, anche in questo caso, è ipotesi di doppia imposizione nell ambito degli Stati membri. Coerente con tale logica, appare essere anche la proposta di definizione di un sistema di regole comuni per il consolidato fiscale europeo 14 (CCCTB) che stabilisca un regime per una base imponibile comune per l imposta sulle società e preveda le regole relative al calcolo e all'uso di tale base. Come risulta dal quadro di sintesi pubblicato sul sito dell Unione Europea 15, la base imponibile consolidata comune per l imposta sulle società (CCCTB) è un unico insieme di regole che le società che operano all interno dell Unione europea (UE) potranno utilizzare per calcolare i loro profitti tassabili. Ciò significa che le società avranno l obbligo di rispettare un unico regime fiscale europeo per il calcolo del loro reddito imponibile, invece che 27 regimi fiscali diversi. La CCCTB non inciderà necessariamente sul potere discrezionale dei paesi dell UE riguardo alle aliquote nazionali di imposizione delle società. Questo approccio garantirebbe la coerenza dei regimi fiscali nazionali degli Stati membri senza armonizzare le aliquote d'imposta. 11 Direttiva 90/435/CEE, modificata dalla Direttiva 2003/123/CE e dalla Direttiva 2006/98/CE. 12 Direttiva 90/434/CEE, abrogata dalla Direttiva 2009/133/CE. 13 Direttiva 2003/49/CE. 14 COM 2011/121 - Proposta di direttiva del Consiglio, del 16 marzo 2011, relativa a una base imponibile consolidata comune per l imposta sulle società (CCCTB)

26 La CCCTB sarà disponibile per le società di qualsiasi dimensione, costituite conformemente alle leggi di un paese dell UE, qualora rivestano una delle forme previste dalla proposta di direttiva o siano soggette ad una delle imposte sul reddito delle società di cui alla medesima proposta o ad un'imposta analoga introdotta successivamente. Accanto a tali atti legislativi, riguardanti in massima parte la tassazione delle imprese, le istituzioni dell Unione Europea hanno emanato anche alcune direttive aventi ad oggetto la tassazione dei privati. Significative al riguardo, appaiono essere la Direttiva sulla tassazione del risparmio 16, il cui obiettivo finale è permettere che i redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi corrisposti in uno Stato membro a beneficiari effettivi, che sono persone fisiche residenti ai fini fiscali in un altro Stato membro, siano soggetti a un effettiva imposizione secondo la legislazione di quest ultimo Stato, e la Direttiva sulla tassazione di interessi e royalties di gruppo 17. In ordine alla tassazione del risparmio, in particolare, la Direttiva prevede che il mezzo fissato per permettere la reale imposizione su tali pagamenti nello Stato membro di residenza fiscale del beneficiario effettivo sia lo scambio automatico di informazioni tra gli Stati membri sui pagamenti di interessi. 3.2 Il ruolo della Corte di Giustizia sul processo di armonizzazione delle imposte dirette Al di fuori delle ipotesi individuate nel paragrafo precedente, il processo di armonizzazione in materia di imposte dirette continua ad essere molto lontano. Un apporto sicuramente significativo in tal senso, soprattutto lo si deve alla giurisprudenza comunitaria la quale, facendo leva sul principio di non discriminazione e sulle norme relative all esercizio delle libertà fondamentali, è riuscita ad elaborare principi generali in grado di influenzare la potestà legislativa degli Stati membri 16 Direttiva 2003/48/CE, modificata dalla Direttiva 2004/66/CE e dalla Direttiva 2006/98/CE. 17 Direttiva 2003/49/CE. 26

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