SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

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1 SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

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3 Dare un nome alle cose Laboratorio di scrittura Classi Prime

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5 UNO SGUARDO SULLA REALTÀ: LO STUPORE DELLA NEVE A CESENA Quando cade la neve, tutto sembra cambiare aspetto e assumere contorni diversi Dai testi dei ragazzi Nella mattinata di venerdì 10 febbraio, siccome la scuola era chiusa, sono uscita di casa e sono andata in un piccolo parco vicino a casa mia a giocare con la neve insieme ad alcune mie amiche. Le strade erano innevate e sembrava che un soffice tappeto bianco avesse avvolto tutto. Gli alberi erano vestiti di un candido manto velato con i rami gelati che sfioravano il cielo. I tetti delle case erano ornati con stalattiti di ghiaccio e parevano meravigliose gocce di cristallo All improvviso iniziò a nevicare ed ero meravigliata nel vedere quei fiocchi di neve che ondeggiavano di qua e di là, dolcemente, dando pace e serenità. (Benedetta) Quando cade la neve tutto è trasformato e reso magico da una magia bianca che scende soffice dal cielo e ricopre qualunque cosa. Ho notato ciò un giorno di neve, tornando da scuola, in macchina con mio 157

6 babbo. La neve cadeva leggera e si lasciava cullare dal vento, soffice e tenera si posava sul suolo e, talvolta, riprendeva la sua corsa dopo essersi posata a terra. Ma in certi istanti pareva gettata alla rinfusa da un mago del cielo e allora quella cupola azzurra si faceva scura e coperta da terribili nuvole grigie che la spegnevano e la chiudevano. Non avevo mai notato una cosa tanto fantastica: il mio cuore si riempì di gioia osservando dal finestrino la neve cadere: non so perché ma quella neve bianca, candida, soffice, leggiadra, che quasi pareva danzasse, mi trasportava con la fantasia e mi pareva di danzare con lei. (Anna) Guardando dalla finestra della mia mansarda riuscivo ad osservare tutto il paesaggio innevato. Riuscivo a scorgere il Monte innevato e illuminato, come io non avevo mai visto prima. Il paesaggio intorno a me era silenzioso e calmo; non giravano macchine e i giardini, compreso il mio, erano sommersi dalla neve I tetti delle case non si vedevano più, si vedeva solo il fumo uscire dai camini. Gli alberi si erano imbiancati a festa, ma sembravano molto deboli. Di notte il paesaggio 158

7 non era molto cupo, perché la neve illuminava la città: i lampioni illuminavano la neve, così con i suoi cristallini lei rifletteva la luce. (Arianna) A me la neve piace tanto e la vorrei sempre pure d estate perché mi fa felice e mi leva di mente tutte le preoccupazioni. La neve poi crea anche meravigliosi e stupefacenti paesaggi. Infatti, quando nei giorni di neve guardavo fuori dalla finestra, vedevo sempre enormi alberi spogli, con i lori rametti piccoli e fragili, coperti da grandi masse di neve che li facevano sembrare dei coni con sopra del gelato alla panna. I tetti delle case erano tutti coperti e quando li guardavo mi suscitavano un emozione indescrivibile. Le strade di sera erano illuminate da fiochi lampioni che emanavano poca luce, essendo coperti di ghiaccio. I terreni sembravano grandi distese di zucchero soffice come cotone. (Miguel) 159

8 Quando cade la neve il paesaggio cambia aspetto tutto viene ricoperto da una fitta coltre bianca che dona più luce alla giornata. La neve non risparmia niente e nessuno: dopo il suo passaggio persino la collina più grande diventa una nuvola candida di un cielo d estate Da casa mia si vedeva tutto bianco, un bianco che donava pace, ma dietro quella pace si nascondeva la gioia frenetica dei bambini che ardevano dalla voglia di divertirsi finalmente a casa da scuola Il paesaggio innevato era bellissimo e mi sentivo felice; la neve suscitava calma gioia e silenzio, il silenzio che rendeva sereni. (Claudia) Sono andata alla finestra e di lì ho ammirato lo spettacolo: ho visto soffici fiocchi di zucchero filato, che si appoggiavano al terreno, sfatti, a causa del lungo viaggio Io la neve l ho paragonata allo zucchero filato, perché dal momento in cui la toccavi ti si appiccicava alle scarpe e non ti lasciava più.; l ho paragonata anche a un mantello bianco dell Uomo delle Nevi, che quest anno è arrivato un po in ritardo a causa di un contrattempo (Anna) 160

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10 NEL MONDO DELLA FANTASIA: LO HOBBIT Il laboratorio di lettura e scrittura creativa ha accompagnato il lavoro su Lo Hobbit di J. R. R. Tolkien Immagina di essere Bilbo Baggins e racconta in prima persona l entrata nella Caverna del re degli Elfi Silvani attraverso i grandi portali, la vita sempre nascosto, la scoperta delle celle dei nani, fino all incontro con Thorin; non dimenticare di esprimere cosa pensi e provi. Sono Bilbo Baggins, desidero raccontarvi una delle mie più fantastiche avventure. Dopo essere sfuggito assieme ai miei amici nani dalle grinfie dei ragni e dopo aver abbandonato Bosco Atro, mi incammino con la compagnia alla ricerca di una via d uscita e di qualcosa da mangiare, se non vogliamo morire di fame e sete. Ecco però, arrivare all improvviso gli Elfi Silvani, armati di archi e frecce! Con abile scaltrezza, rapiscono i nani e li portano con loro, mentre io, per sfuggire alla cattura, metto l anello magico che mi rende invisibile e scivolo via. Io sono salvo, nessuno mi può scoprire e sentire! Rimasto solo, seguo silenziosamente i miei amici che vengono condotti dalle guardie all interno della Caverna, davanti al re degli Elfi, il quale domanda loro il motivo della loro presenza in questo regno. I nani seguitano a non rispondere, il re così stabilisce di non liberarli, finché non decideranno di parlare. Attonito, seguo la conversazione e mi rendo conto che la situazione si fa veramente complicata e difficile, così provo ad immaginare che cosa farebbe Gandalf se fosse qui al mio posto. Mai come ora desidererei inviare allo stregone una supplichevole richiesta d aiuto, poi ci ripenso e mi rendo conto che ce la devo fare da solo. Dopo tutto questa è la mia avventura! Non è facile uscire da questo luogo, una volta entrati, perché è buio, tetro, oscuro, illuminato solo da torce e pieno di cunicoli, di stanze con porte magiche che si richiudono subito dopo il passaggio di qualcuno. Benché io sia uno hobbit molto veloce e silenzioso, trovo difficoltà ad oltrepassare queste porte senza farmi sentire. È un vero labirinto! Il cuore batte forte; mi assale un sentimento di paura che si fa sempre più acuto per il timore di essere scoperto. Poi, riprendo fiducia in me stesso, pensando alle avventure vissute precedentemente, dove ho dimostrato il mio coraggio e la mia scaltrezza. 162

11 C è in me il desiderio di farcela, di fare pentire i nani di avermi considerato, all inizio dell avventura, un goffo e pigro hobbit, incapace ed inutile per la loro missione. Dopo aver trascorso giorni e giorni alla ricerca di una via d uscita, riesco finalmente a districarmi da quel labirinto e mi allontano pensando ai miei compagni di viaggio. Mi sento parte di loro! Devo essere fedele e leale, ora che hanno cominciato ad apprezzarmi per ciò che valgo! Mi sono grati di averli salvati in alcune circostanze e si sono congratulati per le battaglie vinte, perciò non mi sento di abbandonarli nella difficoltà. Così metto in funzione la mia mente, ritorno indietro da dove sono passato e vago per il palazzo, invisibile, alla ricerca delle dodici celle, dove sono rinchiusi i miei amici nani. Mentre raggiungo l ultima cella dove si trova l ultimo nano, sento con grande soddisfazione le voci degli Elfi, le quali dicono che c è un altro nano rinchiuso nella Caverna in un posto cupo e profondo. Naturalmente penso all amico Thorin che è scomparso da un po ; ioeimieiamiciabbiamo perso le sue tracce dopo la battaglia contro i ragni. Vengo a sapere che Thorin è stato vittima di un incantesimo, da parte degli Elfi Silvani ed è stato portato via, ma per fortuna è ancora vivo, servito e riverito, come fosse uno di loro. Dopo tutto gli Elfi non sono così crudeli, anche se non si fidano degli estranei. Dopo aver ascoltato tutte le indicazioni per raggiungere Thorin, mi dispongo all azione e con molta difficoltà riesco a raggiungere il luogo dove si trova il re dei nani che è triste, sconsolato e sfiduciato al punto da essere lì lì per rivelare agli Elfi il motivo della nostra missione. Thorin sente la mia voce e subito si rasserena; si avvicina alla porta e, anche se sono invisibile, non ci mette tanto a capire che sono proprio io: Bilbo Baggins. (Anna F.) Sono qui, nella foresta, insieme ai miei amici nani, in cerca di cibo e di bevande. Siamo tutti stanchi e ci sediamo per raccogliere le idee e qualcuno si addormenta anche. Improvvisamente ci accorgiamo che Thorin non è con noi. Dove sarà? A pensarci bene mi viene in mente che l ho visto, per l ultima volta, quando dopo essere entrato nel cerchio di luce, le luci si sono spente. 163

12 Da quel momento l abbiamo perso di vista... occorre che andiamo a cercarlo, ma dove? Così ci incamminiamo verso il limitare del bosco e qui vediamo in lontananza una grande caverna: forse lì troveremo Thorin e magari anche qualcosa di che sfamarci. Mentre ancora ci troviamo dentro alla foresta e comincia ad imbrunire, improvvisamente io e i nani veniamo accerchiati da centinaia di Elfi Silvani, armati di archi e di frecce e dall aspetto molto agguerrito; appare subito evidente che le nostre armi non possono competere con quelle degli elfi. I nani si irrigidiscono come mummie, mentre io riesco ad indossare l anello e a sgattaiolare via senza essere visto. Per fortuna riesco, quindi, ad evitare la cattura. Mentre nessuno si accorge di me, vedo che i miei amici nani vengono legati e bendati; quindi sono condotti dentro la caverna. Li seguo e stando alle calcagne degli ultimi elfi della colonna dei prigionieri, riesco ad infilarmi anch io dentro la caverna, appena in tempo prima che i portali si chiudano. Percorriamo cunicoli molto stretti ma ben aerati: essi si incrociano e sono illuminati solo dalle luci rosse delle torce delle guardie elfiche. Giungiamo ad una grande sala dove il re degli elfi siede su un trono di legno intagliato. Ora il re ordina di far slegare i nani e li interroga per avere informazioni, ma, poiché non riceve notizie precise sulla loro spedizione, li fa imprigionare in celle singole e lontane tra loro. Così, purtroppo, non riesco a vedere dove vengono rinchiusi i miei amici nani. Perciò resto solo. Per molti giorni, continuando a tenere l anello e quindi restando sempre nascosto, girovago per il palazzo del re degli elfi seguendoli nelle loro attività. Sto sempre dietro, senza mescolarmi in mezzo a loro, per paura di essere visto attraverso la mia ombra. Quando loro vanno da una stanza all altra, io li seguo, stando attento a passare svelto per non restare intrappolato in mezzo alla porta che si richiude dietro di loro. Spesso loro escono dalla caverna per andare a caccia. Così esco anch io, pur correndo dei rischi: ma questo mi serve solo per prendere una boccata d aria, perché in realtà non riesco a seguirli nei loro percorsi, rischierei di perdermi nella foresta. Inoltre non voglio allontanarmi dalla caverna e abbandonare i miei amici nani. Così, quando gli elfi ritornano, rientro anch io dentro la caverna insieme a loro. Dentro al palazzo, poi, riesco sempre a trovare qualcosa da mangiare, rubando il cibo dalla dispensa o dalla tavola. Dormo a malapena qualche volta, 164

13 rannicchiato negli angoli più scuri e inosservati, che ho imparato a conoscere nei molti giorni di questa vita strisciante e nascosta. E proprio perché ho imparato a conoscere il fitto intreccio dei vari cunicoli e ad orientarmi in essi, dopo quasi due settimane di solitudine scopro finalmente dove sono posizionate le dodici celle in cui sono rinchiusi i miei amici nani. Non solo: casualmente scopro anche dov è tenuto prigioniero il mio amico Thorin. Finalmente! Questa vita mi era diventata insopportabile. Ora posso parlare con qualcuno e soprattutto mi sento di nuovo utile. Infatti Thorin, dopo lunghi giorni di prigionia, era ormai caduto in depressione e l incontro con me fa svanire invece il suo avvilimento: subito infatti mi incarica di portare ai nani un messaggio preciso e deciso, quello di non svelare per nessun motivo al re il segreto della loro missione. Nel fare il messaggero di Thorin, passo svelto da una cella all altra dei nani e, anche se sono ancora un fantasma invisibile, mi sento di nuovo vivo, pieno di coraggio e di speranza che, insieme, ce la faremo!!!. (Luisa) A qualche miglio dal limitare del bosco Atro, sulla parte orientale viveva, in un grande grotta, il più grande re degli Elfi Silvani. La caverna era grande, ai lati della quale se ne aprivano numerose altre più piccole. La caverna si inoltrava profondamente sottoterra, aveva molti passaggi e grandi sale, però era più luminosa e più sana delle dimore degli orchi; non era molto profonda e né pericolosa. I sudditi del re vivevano e cacciavano nei boschi aperti e avevano case o capanne sulla terra o sui rami degli alberi. La caverna del re, era la sua casa, serviva da forziere per il suo tesoro e da fortezza contro i nemici. Davanti ai grandi portali della caverna scorreva un fiume che sgorgava dalle altu- 165

14 re della foresta e serpeggiava sulle terre di confine fino alla confluenza col fiume Selva. Io Bilbo Baggins, assieme ai miei amici nani, dopo la battaglia sostenuta coi ragni, eravamo sfiniti ed affamati. Cercavamo del cibo, quando arrivarono gli Elfi Silvani che, armati di archi e di frecce, ci fermarono. Gli Elfi legarono i nani in una lunga fila, mentre io riuscii ad allontanarmi senza essere notato e per sicurezza mi infilai l anello magico. Gli Elfi bendarono i nani, accesero le torce e si avviarono verso il ponte che attraversava il fiume fino a raggiungere i grandi portali della caverna. Io li seguivo cercando di non perderli di vista, finché, passato il ponte, gli Elfi tolsero le bende dagli occhi dei nani. Restando dietro di loro, varcai i grandi portali, prima che si chiudessero alle mie spalle. Entrare in quella caverna non mi piaceva per niente, però decisi di non abbandonare i miei amici. L interno era illuminato e le guardie Elfiche cantavano, marciando in quei tunnel. In una grande sala, dai pilastri scolpiti nella roccia, il re degli Elfi, sedeva su un trono di legno intagliato. Sulla testa portava una corona di bacche e di foglie rosse. I prigionieri furono portati davanti a Lui e furono interrogati a lungo. Balin chiese che cosa avessero fatto di male, e a questa domanda il re rispose infuriato che era un crimine vagare sul suo territorio senza permesso. Aggiunse anche che avevano fatto chiasso durante la battaglia coi ragni e che avevano disturbato il suo popolo. Inoltre voleva assolutamente sapere per quale motivo erano venuti lì. I nani non risposero e furono messi in prigione, ognuno in una piccola cella finché non avessero parlato. Io, nel frattempo, girovagavo in quel posto sempre solo, sempre più nascosto senza mai togliermi l anello. Dormivo poco e avevo il terrore di essere scoperto. Seguivo gli Elfi quando andarono a caccia o in giro col re. Naturalmente passavano attraverso le porte magiche e alcune volte ho rischiato di rimanere intrappolato. Sempre preoccupato per la situazione passarono due settimane. Seguendo le guardie riuscii a sapere dove erano le celle dei nani e che nella caverna vi era un altro prigioniero: Thorin! Dopo molte difficoltà riuscii a parlare col capo dei nani: Thorin. L aver ritrovato i miei amici mi riempiva di gioia. Certo che la vita per me non era facile! 166

15 Da una situazione difficile e drammatica superata ne arriva sempre una nuova da affrontare: dovevo trovare un modo per liberare e salvare i nani. (Giulia) Era passato un giorno da quando io, Bilbo Baggins, avevo sconfitto i terribili ragni e adesso, grazie al potere dell anello che mi rende invisibile, sto camminando in questo buio sentiero, insieme ai miei amici nani, bendati, e accompagnati dagli Elfi Silvani. I nani sono piuttosto malconci e affaticati, ma, improvvisamente gli Elfi spengono le torce e arriviamo a un ponte: sicuramente quello che ci porterà nella Caverna del re. Non mi piace per niente questa entrata e ho molta paura, però sono consapevole che non posso abbandonare i miei amici nani e continuerò con loro questo viaggio tremendo. All interno di questa caverna ci sono dei cunicoli dove alcuni elfi bevono, ballano, ma soprattutto cantano. Entriamo in una sala di pilastri dove è seduto, su un trono di legno intagliato e con uno scettro di quercia alla mano, il re degli Elfi Silvani. A vederlo così mi fa un po di paura inoltre siamo anche stanchi e ci sembra molto più pauroso. A un certo punto il re ordina di slegare i nani e ci avverte che, entrati in questa caverna, non si può più uscire. Io sono ancora invisibile ed è proprio grazie a questo anello, trovato nel tunnel in cui viveva Gollum, che il re non mi interpella. Mentre la paura ci assaliva, l unico ad avere coraggio è Balin che, molto arrabbiato e affaticato, chiede con tono cattivo se è un reato perdersi nella foresta ed avere sete e fame. Il re, molto infuriato, risponde al mio amico nano che è un reato perdersi nel suo regno e ci ricorda che abbiamo ucciso un ragno ed è proprio per questo motivo che ci ha convocati da lui. Senza troppo esitare ordina ai suoi schiavi di mandarci ognuno in una cella e di darci sia da bere che da mangiare. Era passato un bel po di tempo quando il re mandò i nani in cella. Sono sicuro che i miei amici, se la stanno passando meglio di me, anche se credo che la loro vita adesso non sia tutta allegria. Io da quel giorno sto malissimo: passo tutto il giorno ad attraversare le porte magiche, la notte non posso dormire altrimenti, a causa dei miei sonnecchi, gli elfi mi scoprono e non mi resta altro che girovagare per la foresta. Sono come uno scassinatore che, entrato n una casa, non può più andarsene, ed è quindi costretto a scassinare la stessa casa un giorno dopo l altro: mi sento infelice. Basta!!! Devo fare qualcosa altrimenti rimarremo qui a vita!!! Finalmente, dopo due settimane, ho trovato i nani. Ormai conosco tutti i cunicoli a memoria e sento parlare delle guardie, che discutono su un altro nano imprigionato. Sono sicuro al cento per cento che si 167

16 tratta di Thorin. Dopo un po, riesco a capire dove si trova anche il capo dei nani e lo guardo felice perché sono riuscito a trovare tutti i nani. Però lo vedo giù e infelice: sembra proprio che lui voglia rivelare tutto al re. Ho molta paura: che fine farà il nostro intenso, duro, faticoso, avvincente e spericolato viaggio? Sarà veramente la fine dell avventura alla ricerca del tesoro rubato e custodito dal drago Smog?. (Miguel) Leggendo i primi sei capitoli del romanzo Lo Hobbit ci siamo accorti che Bilbo e i suoi amici vivono diverse avventure dopo la loro partenza dalla locanda del Drago Verde, a Lungacque. Scegli una delle avventure che ti è piaciuta di più, raccontala (in modo essenziale), soffermandoti in particolare sulle caratteristiche dei personaggi incontrati e spiega i motivi della tua preferenza. All inizio del capitolo V del romanzo Lo hobbit Bilbo si sveglia solo e scopre di trovarsi in un labirinto di cunicoli bui. Trova un sottile anello di metallo freddo e se lo infila in tasca. È smarrito e prova a camminare alla cieca per trovare l uscita. Ad un certo punto infila i piedi nell acqua: Bilbo pensa che deve trattarsi di un lago sotterraneo, e si siede a riva disperato, affamato e infreddolito. Vede due puntini luminosi e, ormai abituato al buio, scopre che sono gli occhi pallidi e telescopici di un essere su una barchetta che rema con i suoi stessi piedi e dice di chiamarsi Gollum. Gollum è un essere piccolo e viscido, scuro come l oscurità stessa; è stato così tanti anni solo che si è costruito una seconda personalità, non avendo mai nessun altro con cui parlare. Vive su un isolotto roccioso e sdrucciolevole al centro del lago, si ciba di 168

17 pesci e di carne di orchi se riesce a strangolarne qualcuno. Bilbo vuole uscire di lì così gareggia contro Gollum in una gara di indovinelli con le condizioni che se vinceva Bilbo, Gollum lo avrebbe portato fuori di lì, ma se vinceva Gollum avrebbe potuto strangolare Bilbo. Bilbo vince con una domanda non proprio regolare: Che cos ho in tasca?. Gollum, però, dice che prima di accompagnarlo all uscita deve prendere una cosa, così si avvia verso l isolotto per prendere un anello che custodisce gelosamente. Lo aveva trovato un giorno, tanto tempo prima, il suo amico Dèagol quando andavano insieme su una barca nel fiume e lui abitava ancora nel suo villaggio. Gollum, che inizialmente si chiamava Smèagol, affascinato dall attrazione magica dell anello, strangolò allora il suo amico e tenne l anello per sé. Dopo un po scoprì che l anello rendeva invisibili e diventò cattivo; i suoi amici lo chiamarono Gollum per lo strano rumore che faceva con la gola. A Gollum cominciò a dar fastidio il sole, così si trovò una caverna fresca dove stare e lì lo aveva incontrato Bilbo. Gollum non trova più l anello, così corre da Bilbo perché pensa che sia stato lui a prenderlo. Bilbo si infila casualmente l anello e scopre il suo immenso potere di rendere invisibili così, quatto quattro, segue Gollum che lo porta, non volendo, all uscita e gli si piazza davanti. Bilbo pensa di dover uccidere quel pazzo, ma poi si rende conto che non è un combattimento leale e ha pena di lui; allora salta sopra la testa di Gollum, varcando il cunicolo. Arriva alla porta ma degli orchi gli si piazzano davanti; così si infila l anello e riesce ad uscire dalla porta. Questa avventura mi è piaciuta perché Gollum, questo strano personaggio, mi è risultato molto interessante e mi ha fatto riflettere sul fatto di come ci si deve sentire a stare tanti giorni al buio, giorni tutti uguali, sempre soli e infelici. (Federica) 169

18 Immagina di essere Bilbo Baggins mentre fugge dai sotterranei del re degli Elfi Silvani insieme agli altri barili lungo il fiume: cosa pensi e come ti comporti? Racconta in prima persona il tuo viaggio fino alla confluenza del fiume Nero col fiume Selva e all approdo fino alla spiaggia di ciottoli. Sono Bilbo Baggins e sto fuggendo dai sotterranei del re degli Elfi Silvani insieme a dei barili per dirigermi verso il fiume Selva. Sono invisibile, perché sto indossando l anello magico trovato nella caverna degli orchi. I miei compagni nani sono all interno di essi, imbottiti di paglia per fare sì che, una volta nel fiume, l acqua non entri al loro interno. Ora mi trovo davanti ad una botola aperta, attraverso la quale io e la compagnia ci rotoleremo giù nel fiume e, spinti dalla corrente, aggiungeremo la città di Pontelagolungo. Ma io non posso chiudermi dentro un barile e imbottirmi da solo! Non ci avevo pensato! Ora come faccio? Purtroppo non ho tempo perché stanno arrivando le guardie e spingono tutte le botti giù dalla botola, non essendosi accorti della presenza dei nani al loro interno ed inoltre essendo ubriachi fradici. Io non so cosa fare e quando l ultimissima botte viene buttata,accompagnata dalle allegre canzoni degli elfi, decido di aggrapparmi ad essa e di tuffarmi nelle acque gelide e nere del fiume Selva assieme alla compagnia, che è ancora dentro alle botti. 170

19 Non so se riuscirò a resistere a lungo. Mi sono aggrappato ad un barile e sono tremendamente infreddolito. È come cavalcare un cavallo senza briglie e riesco con molta fatica a stare fermo. Intanto osservo che alcuni barili affondano parecchio e, naturalmente, sono quelli contenenti i nani. Che il sistema di imbottitura abbia fallito? Non posso saperlo. L indomani, dopo essere stato spinto dalla corrente turbinosa del fiume Selva, mi ritrovo su una spiaggia di ciottoli. Mi incammino in cerca di cibo, sicuro di essere invisibile grazie al mio nello magico. (Lucia) C ERA UNA VOLTA IN UNA GROTTA... Nella grotta buia che si apriva nel cuore della montagna (sì, poiché proprio qui nasce la vita del monte Tornado) non entrava mai la luce. Da enormi cavità dove si accumulavano minerali e dove numerosi draghi di piombo solevano, in quella lontana epoca, nascondere i loro tesori, si accedeva ad una vera e propria rete di canali e trabocchetti. In questo luogo sorgeva un villaggio, o, per meglio dire, una metropoli illuminata. Come? Gli abitanti conoscevano l elettricità, ma non allo stato in cui la conosciamo noi oggi, bensì sotto forma di enormi cristalli fluorescenti con luce propria, da cui la ricavavano. Era un popolo avanzato, un regno d armonia e di pace dove non si conosceva né guerra né istinto omicida. Vi era però qualcosa di negativo in tutto questo. 171

20 Azzurripotamia (così si chiamava la città) non conosceva l esterno e l esterno non conosceva Azzurripotamia. Questa fiaba, inizia tutta da sé, come un fiore, che a poco a poco allarga i petali attorno e racconta di un giovane che impiega la propria esistenza per scoprire la verità: se il mondo fuori esista realmente, o se il contatto con l esterno sia solamente un sogno (Alberto B.) Nella grotta buia che si apriva nel cuore della montagna non entrava mai la luce. Qui le rocce erano appuntite come lame e l acqua scendeva dalle pareti. Tutto era buio e i passaggi erano talmente stretti che nessuno sarebbe riuscito ad entrare. Quel luogo non sembrava reale e tutto lì ricordava un paesaggio fiabesco. Le rocce sembravano candeline e l acqua che scendeva le faceva diventare scivolosissime. La caverna era suggestiva e suscitava un senso di timore. In quel triste luogo abitava un piccolo essere davvero cattivo che usciva dalla sua caverna solo di notte per disturbare il sonno della gente. Chi lo vedeva si spaventava, tanto era brutto. Era piccolo, con la faccia scavata e le guance infossate, la sua pelle era bianca come la neve perché non restava mai al sole. Chiunque lo vedesse vagare di notte si spaventava perché sapeva di avere a che fare con un essere crudele. La piccola creatura avrebbe voluto (Emma C.) Nella grotta buia che si apriva nel cuore della montagna non entrava mai la luce. In quel triste luogo abitava un geco di nome Buietto: infatti da quando era nato non aveva mai visto la luce del sole! 172

21 Buietto voleva uscire da quel luogo cupo e tenebroso. Un giorno, spingendosi sempre più lontano dalla sua tana situata vicino alla sala delle candeline, un antro silenzioso e affascinante, ma troppo solitario per il piccolo geco che cercava calore e compagnia (Silvia T.) Al termine di un tunnel lungo e stretto si apriva, nel cuore di una montagna, una grotta straordinaria. Era una grotta gigantesca, in cui aleggiava un non so che di fiabesco e magico. La luce entrava da diverse parti, ma specialmente da un foro nella parete. Quella grotta era silenziosissima e da una parte, in una conca piccolina, si poteva notare quasi di sfuggita un piccolo fuoco che ardeva. Proprio al chiarore di quel fuoco sedeva una ragazza bellissima dagli occhi color del cielo turchese, dai capelli color acqua marina, portava dietro all orecchio un fiore e la sua bocca pareva formata da petali di rosa. Però, quella ragazza, di nome Celeste, era molto triste (Sofia C.) 173

22 Nella grotta buia che si apriva nel cuore della montagna non entrava mai la luce L oscurità che regnava nell enorme cavità la rendeva simile a una terra abbandonata. Non si sentiva nulla, solo il tintinnio delle gocce d acqua che cadevano sulle cupe rocce. Quel silenzio irreale faceva pensare che lì si fosse fermato il tempo. In quel luogo tetro viveva un gigante con un unico occhio magico al centro del piccolo capo... (Lorenzo C.) 174

23 NELLA REALTÀ DA PROTAGONISTI Il giorno dell Open day c ero anch io Il giorno dell Open day c ero anch io. Tutto è iniziato a casa mia: mi sono profumato e fatto la cresta. Di buon umore sono andato a scuola in bici e mi sono diretto nell aula di 3 B dove si trovava il laboratorio di matematica per fare le prove prima del grande momento (Federico A.) Il giorno dell Open day c ero anch io, ero nell aula di matematica, insieme ad alunni delle classi seconde e terze. L aula era stata allestita dagli alunni di terza insieme alle prof. Molari, Dell Amore e Terranova ed era tappezzata da cartelloni colorati divisi in più argomenti: i numeri, spiegati dalle prime, i triangoli, spiegati dalle seconde, i frattali, la sequenza di numeri di Fibonacci, la sezione aurea affidati alle terze. C era anche una lavagna multimediale dov era proiettato un quesito che spiegavano i ragazzi di terza, il quale chiedeva quanti conigli potevano riprodursi da una coppia rimasta isolata, ammesso che ne generasse un altra ogni due mesi e che ogni nuova coppia si riproducesse come la prima, così venne spiegata la sequenza di numeri di Fibonacci che si riconosce nella natura. In seguito s introdusse la nascita dei numeri spiegata dalle prime, tra le quali c ero anch io. Infine i ragazzi di seconda spiegarono i triangoli nella natura e nell architettura, spiegarono poi altri solidi come il cubo, il dodecaedro, l ottaedro e il pentaedro. 175

24 Io ogni volta che dovevo spiegare cambiavo le parole. La prof. Dell Amore mi ha aiutato a studiare il giorno delle prove e la mattina dell Open day mi ha fatto ripetere e ho scoperto che non è così tosta come qualcuno dice, anzi per me è un mito. Durante l intervallo tra un gruppo e l altro io andavo a vedere l aula di tedesco e pensavo che se avessi potuto anch io avrei voluto essere lì, infatti c erano le ragazze che ballavano il walzer con dei vestiti tutti vaporosi, perché a turno dovevano interpretare la principessa Sissi. Poi però mi sono resa conto che in matematica ho imparato qualcosa che mi può aiutare a capire il collegamento tra questa disciplina e la realtà e mi può essere d aiuto nello studio futuro, come i numeri di Fibonacci, i triangoli e la sezione aurea. Una cosa che avrei voluto volentieri evitare è stato quando ho parlato davanti alla Preside e ho dimenticato qualche parola. Questo è stato il mio primo Open day alla scuola media e ci ho messo moltissimo impegno, anche se a volte è stato faticoso ripetere e ascoltare gli stessi argomenti decine di volte, ma è stato comunque interessante e molto divertente. (Virginia) Il giorno dell Open day c ero anch io e penso di essere stato bravo. Io ero nell aula di geografia intitolata Uno sguardo sulla natura curata dai ragazzi di prima. Quest aula parlava del Carsismo e delle grotte e nasceva dalla nostra gita di inizio anno alle grotte di Frasassi Prima del grande giorno noi ragazzi dell aula di geografia ci siamo fermati a scuola per due venerdì consecutivi per terminare i cartelloni, allestire l aula, assegnare le parti e fare le prove. 176

25 Alla fine dell allestimento c erano i bellissimi cartelloni di geografia, gli interessanti incipit delle fiabe da noi realizzati e i fantasiosi disegni di arte. Durante i vari momenti Silvia introduceva, Camilla e Pietro illustravano il fenomeno carsico, io e Francesco spiegavamo le caratteristiche principali delle grotte di Frasassi, altri compagni esponevano la Grotta del Vento, le grotte di Borgio Verezzi, quelle di Postumia e di Castellana. All arrivo dei bambini ci siamo messi i caschi da speleologi, abbiamo spento le luci e abbiamo fatto roteare le torce creando un atmosfera misteriosa, come se fossimo dentro una grotta Era la prima volta che partecipavo a una cosa del genere e devo dire che sono stato molto soddisfatto di questa giornata. (Alessandro B.) Finalmente era arrivato il giorno dell Open day, ero a scuola alle otto e trenta e andai subito nella mia aula di geografia intitolata Uno sguardo sulla natura. La nostra aula era incentrata sulle grotte di Frasassi che avevamo visitato in gita, sul carsismo e sulle principali grotte d Italia ed era tutta addobbata con cartelloni, mentre noi ragazzi eravamo attrezzati con torce e caschetti, come speleologi esperti. Qui c erano già alcuni miei compagni che stavano dando gli ultimi ritocchi, aiutai anch io a sistemare, poi iniziammo a fare le prove per l esposizione, io presentavo il lavoro svolto. Le prove andarono bene, quando però iniziarono ad avvicinarsi le dieci e mezza, l emozione cominciò a farsi sentire. Ero in ansia, anche se il giorno prima ci eravamo preparati molto bene. Eravamo tutti sulla porta ad aspettare con impazienza e quando sentimmo i passi dei bambini ci precipitammo nell aula spegnendo le luci e agitando nel buio le nostre torce luccicanti: era un vero e proprio spettacolo e gioco di luci. Appena il primo gruppo fu entrato io mi sentii il cuore in gola. Accese le luci, la prof Dradi mi porse il microfono perché io dovevo parlare per prima. Mi alzai davanti a tutti e iniziai a parlare con una certa insicurezza, saltando anche una frase, ma ce l avevo fatta, poi lasciai la parola agli altri che andarono bene, alla fine guardammo un power point sulle varie grotte. Questa modalità la ripetemmo per sei volte e ogni volta andò sempre meglio per tutti, l ansia diminuiva e la sicurezza aumentava Questa per me è stata un esperienza davvero indimenticabile. (Silvia) L aula sembrava una grotta: avevamo persino le torce e i caschetti da speleologi quando sono arrivati i bambini ero davvero emozionantissima, mi sono sentita un tuffo al cuore, poi ho iniziato ad espor- 177

26 re, all inizio mi scordavo le parole e non sapevo come muovermi, poi ho acquisito maggiore sicurezza È stato davvero un momento magico, non c è stato qualcosa in particolare in cui mi sono sentita più coinvolta, mi sentivo partecipe in tutto e sempre, anche quando non esponevo. (Sofia C.) Io dovevo parlare delle grotte di Postumia e quando è arrivato il mio momento ero molto emozionato e teso, anche se la mia parte la ricordavo bene; poi pian piano con l avvicendamento dei gruppi, il pezzo che dovevo esporre mi veniva più liscio. Il momento più bello per me è stato all inizio di ogni esposizione, con tutto quell effetto di torce che splendevano sia sul soffitto che su una grande immagine delle grotte appesa alla parete. In conclusione, sono rimasto stupefatto dell impegno di tutto il nostro gruppo e credo siano stati contenti anche i professori. (Gianni M.) Alla fine dell Open day io sono stato molto soddisfatto del mio lavoro. In questo Open day ho imparato maggiori informazioni sulle grotte più importanti e sul fenomeno carsico, ma ho scoperto anche che è molto divertente lavorare con i miei compagni oltre l orario scolastico. (Francesco I.) 178

27 NELLO SPAZIO DELL EPICA Immagina di essere un soldato al seguito dei condottieri greci che si accinge alla partenza per Troia. Racconta ciò che vedi e che provi. È una giornata fredda e uggiosa, le soffici nuvole danzano nel cielo cupo e di tanto in tanto una goccia precipita come sfavillante ornamento su un albero solitario. D un tratto un alito di vento accarezza i nostri capelli sudati e porta lontano i pensieri delle nostre menti ansiose. Ci siamo levati di buon ora ed adesso siamo pronti, coll armi in pugno. Siamo qui dall ora decima ad attendere un segnale che forse non arriverà. Il comandante è corso trotterellando sulla scogliera per tenere consiglio con gli altri e ci ha affidati ad un indolente subordinato che non conosce cosa sia l onore. In Aulide, dove si trova il comandante Ulisse, si tiene un altro consiglio per decidere il da farsi. Sembra che Agamennone, gran re di Micene, intenda partire oggi stesso. Intanto, qui, dove siamo accampati assieme all esercito di Menelao, piove a dirotto. Certo qualche dio sta manifestando la sua ira o la sua contrarietà alla spedizione. All improvviso un galoppo sfrenato fende l aria, un grido che pare un corno suonato dall Ade risuona: è un messaggero dal porto. È fradicio e porta i segni della stanchezza sul volto. Si toglie il mantello e viene accolto nella tenda. Passa il tempo, ad un tratto due figure avanzano, un grido di gioia mista a devozione si leva dalle nostre file: i due uomini sono niente popò di meno che Menalao e Ulisse, quel vecchio imbroglione che io credevo un mes- 179

28 saggero. In realtà un messaggio per noi è arrivato: possiamo partire! Tutti alziamo lo sguardo per ringraziare gli dei e ci accorgiamo che il cielo è tornato azzurro: uomini e divinità hanno ristabilito la pace, una leggera brezza spira verso Oriente. Ulisse urla: A Troia. Il mio grido, più forte degli altri, ripete quelle parole e si alza fino alle stelle col presagio della gloria che ci accompagnerà nei tempi a venire. Il nostro grido echeggia ancora (Alberto B.) Io ero un comune soldato che si preparava per la guerra contro Troia, le nostre schiere erano armate fino ai denti ed erano state incitate dai nostri condottieri: eravamo pronti, impauriti, ma pronti. Era ormai giunta l ora di partire... ma il vento non soffiava. Che gli dei fossero contrari a quell impresa? Eppure ci sembrava, anzi era, una guerra giusta: avrebbe insegnato a certi fedifraghi a comportarsi bene, a rispettare l ospitalità e le donne altrui. Paride, infatti, non solo aveva infranto la sacralità dell ospitalità, ma aveva addirittura rubato la donna di Menelao: Elena, la donna più bella del mondo. A quel punto interpellammo l indovino, che disse che durante una battuta di caccia, a sua insaputa, Agamennone aveva ucciso una cerva sacra a Diana e per placare la sua ira avrebbe dovuto offrire un sacrificio alla dea. Persino io, un soldato abituato a vedere torture, ingiustizie e sangue rimasi sconvolto dal sacrificio di Agamennone: sua figlia Ifigenia doveva morire. Quando però stava per accoltellarla si svolse la prodigiosa e miracolosa sostituzione: una nuvola avvolse la fanciulla e la trasportò via e al suo posto comparve il cervo ucciso. L ira della dea si era finalmente placata, il vento tornò a soffiare e presto ci imbarcammo. Sapevamo che potevamo vincere: dalla nostra parte avevamo gli dei e grandi eroi fra i quali il divino Achille, il più valoroso, l astuto Ulisse. La presenza di tali uomini leggendari ci incoraggiava e ci intimidiva allo stesso tempo. Io, come tutti, ero pieno di ardore e pronto alla vittoria Ora che la guerra è finita desidero solo tornare in patria, riabbracciare i miei cari e godermi il meritato riposo. (Luigi A.) 180

29 NELLO SPAZIO DELLA FAVOLA Riscrivi la favola La tartaruga e la lepre inserendo dialoghi e riflessioni dei due protagonisti LA LEPRE E LA TARTARUGA La lepre superò la tartaruga come una F1 supererebbe una comune utilitaria. A quel punto la tartaruga si chiuse per lo spavento e la lepre la derise. LEPRE: Ah, ah, sei veloce come non so cosa! disse sarcasticamente. Poi aggiunse: Mm, forse invece lo so: tu corri veloce come un sasso!. TARTARUGA: Fifona, torna un po qua e vieni a dire che sono una polentona davanti a me e ai miei amici del wrestling!. LEPRE: Non smetterò mai di dirlo, finché tu ed i tuoi amici fenomeni da baraccone non sarete in grado di prendermi! La tartaruga si arrabbiò e fece uno sforzo sovrumano per raggiungere la lepre, ma quando si accorse che aveva percorso pochi metri andò su tutte le furie, così sfidò la lepre ad una corsa in piena regola sul circuito di Indianapolis. TARTARUGA. La tartaruga mandò un SMS alla lepre: Ke n dici di una gara st domnc? David la tartaruga La LEPRE rispose: St domnc c è la partita. Perké non fmm venrd? PS: TVTB (Ti vorrei tanto bastonare!). Joe Rasta, la lepre. Il tanto sperato venerdì arrivò: la lepre rilassata ed annoiata non si curò della tartaruga, uscì di pista il prima possibile, si fece il manicure, comprò allo shop qualche gadget, andò dal parrucchiere e al salone di bellezza, si bevve una cioccolata e tornò alla pista 181

30 La tartaruga era ad un millimetro dal traguardo e vinse. Si festeggiò per due giorni: la tartaruga fu rinchiusa in una sacca per palle da bowling dai wrestler del suo club, fu imbottita di caramelle e si festeggiò con una pignatta favolosa. Esopo (o giù di lì) passeggiò da quelle parti e scrisse una morale. (Alberto B.) Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla loro velocità. La lepre disse: Io sono più veloce perché sono più agile e leggera. La tartaruga ribattè: Io sono tenace, col mio impegno ti vincerò. Finalmente fissarono un giorno e un punto di partenza e presero il via. La lepre, data la sua naturale velocità, non si preoccupò della cosa, si buttò sul ciglio della strada e si addormentò. La tartaruga, invece, consapevole della sua lentezza, non cessò di correre, e così passando avanti alla lepre che dormiva, raggiunse il premio della vittoria. La tartaruga prese in giro la lepre dicendo: Tu sei presuntuosa e pensavi di vincere senza impegnarti troppo, mentre io, consapevole dei miei limiti, ce l ho messa tutta ed ho vinto. La favola mostra che spesso con l applicazione si ottiene più che coi doni naturali non coltivati. (Gianni) Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla loro velocità. Diceva la lepre: Tu sei l animale più lento della terra, mentre io sono molto veloce, ne valgo mille di quelli come te. 182

31 La tartaruga, per nulla intimorita, rispose prontamente: Già, siamo tutti capaci di vantarci, perché non dimostri le tue doti in una gara?. La lepre in tono sdegnoso sibilò: E tu osi sfidarmi? Ah, ah, ah, ma non rimanere delusa quando ti distruggerò!. Finalmente fissarono un giorno e un punto di partenza e presero il via. La lepre, data la sua naturale velocità, non si preoccupò della cosa e pensò: È inutile spendere tante energie per questa gara, tanto il mio avversario è così lento che posso addirittura schiacciare un pisolino, quindi si buttò sul ciglio della strada e si addormentò. La tartaruga, invece, consapevole della sua lentezza, non cessò di correre e pensò: Devo approfittare del sonno della lepre, altrimenti non riuscirò mai a vincere e così passando avanti alla lepre che dormiva, raggiunse il premio della vittoria. La lepre incredula disse fra sé: Ben mi sta, avrei dovuto dare più importanza alla gara e non avrei dovuto sottovalutare il mio avversario, mentre la tartaruga, consapevole di essersi meritata la vittoria per la sua tenacia, si rallegrava. (Luigi) Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla loro velocità. Finalmente fissarono un giorno e un punto di partenza e presero il via. La lepre, data la sua naturale velocità, non si preoccupò della cosa, Tanto io sono veloce e lesta, mentre la mia rivale è lenta e sorniona diceva tra sé, per cui si buttò sul ciglio della strada e si addormentò. Presuntuosa com era, aveva pensato che poteva permettersi di riposare un po perché questo non le avrebbe certo precluso la vittoria. La tartaruga, invece, consapevole della sua lentezza, non cessò di correre. Io sono lenta, ma ce la metterò tutta, anche se perderò non ha importanza, l importante è comunque partecipare e arrivare pensava. E così, passò davanti alla lepre che dormiva e raggiunse il premio della vittoria. La sua volontà e costanza l avevano portata alla vittoria. Ora si sentiva realizzata, felice e premiata. (Lorenzo C.) Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla loro velocità. E così tu credi di essere più veloce di me, polentona? Dice la lepre. Parla l intelligentona! Visto che sei così sicura, carina, giovedì ti voglio qui per una sfida: vediamo chi arriva prima al Lago dei Colibrì passando per la via Maestra. Ci stai? Ovviamente, se non sei così fifona da rinunciare ribatte la lepre Per me è ok, ci vediamo giovedì. 183

32 Il giorno della gara era tutto pronto. Ti auguro buona fortuna, credimi ti servirà, polentona! 3, 2, 1 Via urlò la lepre. Io quella la batto ad occhi chiusi, prima schiaccio un pisolino! Zzzzzzzzz Oh mamma, sono già stata superata! Ma quella è la lepre! Cosa fa, dorme? Tanto meglio per me. Oh, che bel sonnellino! Ma che sono ste urla? Andiamo a vedere Noooo! Ha vinto quella, mi ha stracciato, che rabbia! La tartaruga gloriosa festeggia, mentre la lepre piangendo per la vergogna torna a casa vinta. (Virginia) 184

33 Un anno vissuto appassionatamente Laboratorio di scrittura Classi Seconde 185

34

35 LA GITA CHE HA APERTO L ANNO SCOLASTICO La gita di inizio anno scolastico: immagini, momenti, situazioni di questo gesto così significativo La gita di inizio anno scolastico è stata per me un momento di fondamentale importanza, non solo perché le cose apprese dalle spiegazioni delle guide saranno parte integrante del programma del primo quadrimestre, ma anche perché, passando davanti a capolavori artistici del periodo rinascimentale, quali la facciata del Palazzo Ducale e i celebri quadri di Piero della Francesca e Raffaello, ho avuto modo di arricchire la mia cultura. Appena arrivato davanti alla facciata principale dello splendido Palazzo Ducale, sono rimasto incantato dalla bellezza, dall equilibrio e dall armonia degli elementi che lo formano: due eleganti e slanciati torricini fanno da cornice ad una facciata piena di intarsi e decorazioni varie che lasciano a bocca aperta chiunque la guardi. Tuttavia quella facciata, pur essendo quella principale, non presenta l ingresso. Infatti esso è stato fatto collocare in una piazza che dà respiro ai vicoli stretti che caratterizzano Urbino. Questa piazza è talmente bella che dà l impressione di essere attirati verso l interno. Tuttavia questa magnificenza esteriore non manca all interno, dove Laurana (uno dei più famosi architetti del tempo) ha progettato un cortile conosciuto in tutto il mondo per la sua armonia. Appena entrato non avevo parole per lo stupore: mi trovavo in un cortile all apparenza quadrato, ma in realtà rettangolare. Questo, infatti, è un esempio di come Laurana sia riuscito a creare un ambiente accogliente che sembra quasi coccolarti. Questa bellezza è tale da penetrarti dentro e metterti di buon umore. Questo magnifico edificio racchiude anche quadri di inestimabile valore, come La flagellazione di Cristo di Piero della Francesca, un dipinto che rispecchia perfettamente la mente dell uomo rinascimentale, che cerca la perfezione in ogni cosa. Quando si osservano da vicino questi capolavori artistici si ha come la sensazione di stare meglio. 187

36 Federico da Montefeltro, il duca di Urbino, voleva da Laurana un palazzo degno di un duca e lo ha ottenuto. Federico era un uomo d armi fedele e leale, con un grande senso di attaccamento alla sua patria. Tuttavia la forza bruta non era la sua unica arma: infatti, era stato cresciuto da un grande maestro, di nome Vittorino, che gli aveva insegnato i valori della vita e l importanza della conoscenza. Nella sua reggia è infatti presente un magnifico studiolo, adornato con molteplici quadri che rappresentano i più grandi studiosi e filosofi della storia (ad esempio Aristotele). Questa stanza è un vero e proprio inno al sapere. Federico era molto legato anche alla religione: non a caso nel suo palazzo era presente una cappella cristiana. Tuttavia c era anche un tempietto pagano: praticava due religioni contemporaneamente! Anche per questo il Palazzo Ducale è uno dei più grandi progetti del periodo rinascimentale. Questa nostra uscita però ci ha offerto anche uno splendido paesaggio: sono rimasto molto colpito dallo scorcio della baia di Portonovo (vista dall alto poiché ero sul monte Conero), un piccolo golfo dell acqua limpida e cristallina, affiancata da splendide colline piene di vigne e frutteti. Nel complesso questa gita è stata veramente emozionante e non dimenticherò mai quali splendidi momenti ho passato in questa magnifica regione, le Marche. (Francesco Ruscelli) Il 28 e 29 settembre, come gita di inizio anno, abbiamo fatto un viaggio di due giorni con varie tappe, il primo giorno Urbino ed il secondo giorno: prima la Santa Casa della Madonna di Loreto e poi, nel pomeriggio, Il Monte Conero. Questa gita, per la prima parte, quella che si riferisce ad Urbino, si è rivelata molto interessante, non solo perché io non ci ero mai andato, ma anche perché è una città che offre un aspetto turistico, architettonico e culturale meraviglioso: infatti per quanto riguarda il periodo dell Umanesimo e del Rinascimento, nel quale questa città è fiorita, è reputata la città più bella d Italia e una fra le più affascinanti d Europa. Questi tre aspetti (arte, architettura e cultura) che ritroviamo nel Palazzo Ducale vengono come riuniti e affermati dal grande Duca Federico da Montefeltro, colui che cambiò il volto di Urbino. Lui non solo era un grande guerriero, ma anche un grande mecenate, infatti riunì alla sua corte grandi pittori, architetti e letterati fra cui noi ricordiamo il celebre pittore Piero della Francesca che lanciò la nuova arte quella in cui ora si realizza il concetto di prospettiva con il quale egli realizza La flagellazione di Cristo e La città ideale e su cui scrisse

37 anche un libro proprio perché lui fu uno dei primi pittori a realizzarla perfettamente con precisi ordini. Poi un altro architetto da ricordare è Luciano Laurana che progettò il Palazzo Ducale. Il giorno dopo abbiamo visitato Urbino, la magnifica Basilica di Loreto nella quale è presente la casa di Nazaret che, nonostante l avessi già vista, mi è piaciuta moltissimo perché appare sempre più splendente e magica. Successivamente la destinazione è stata il Monte Conero che cade irruente sul mare. Qui la natura del bosco a contatto col mare è meravigliosa e unica nel suo genere. Di questa gita che mi ha colmato gli occhi di bellezza però la cosa che mi ha sorpreso di più è stato il mare, sia quello visitato a Numana il primo giorno, sia quello del Conero il secondo, perché la ghiaia colorata dai raggi del sole in contrasto con l azzurro chiaro del mare insieme a onde pesanti rendono questo paesaggio magico, con elementi in armonia perfetta tra di loro. Questa gita, unendo storia, arte, letteratura, geografia, natura, aspetto paesaggistico e amicizia e compagnia è stata resa molto varia, interessante, istruttiva e unica. (Emanuele Baldisserri) Il 28 e il 29 settembre siamo andati in gita ad Urbino e a Loreto. Il 28 settembre abbiamo visitato il Palazzo Ducale e Numana. Il palazzo che ha fatto costruire Federico da Montefeltro è molto grande. La facciata rivolta verso Roma è armoniosa. La cosa più bella sono i tre balconcini: quello più in alto è quello che spicca di più perché è più decorato. Al suo piano si trova lo studiolo di Federico poi, scendendo verso il basso troviamo la Cappella del Perdono e il Tempietto delle Muse e infine la stanza degli ospiti. In cima al palazzo c è un aquila: simbolo dei Montefeltro. All interno la cosa che mi ha colpito di più è stata l Alcova del duca. Non credevo che dormisse in un letto a baldacchino fatto in quel modo. Il baldacchino è di legno dipinto. Sono dipinti il simbolo dell ermellino e la bombarda, due degli ordini che aveva ricevuto Federico. L ordine dell ermellino glielo aveva donato il Re di Napoli e la bombarda significava che Federico era un condottiero valoroso. La bombarda ha la forma di una medusa. Sono anche incise la iniziali del suo nome. Nella stanza del duca c era il suo ritratto raffigurato vicino a quello di sua moglie Battista Sforza. Ora questo ritratto si trova a Firenze nel Museo degli Uffizi. Questo ritratto l ha dipinto Piero della Francesca. Nel palazzo ci sono molti camini; il più importante si trova 189

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