EGI. Economia e gestione delle imprese. 1 A cura di Nazarena Tudisco

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1 EGI Economia e gestione delle imprese A cura di Nazarena Tudisco 1

2 Parte I Capitolo II Le attività primarie o La logistica L attività di logistica è volta al controllo e alla gestione delle merci in entrata e dei semilavorati e prodotti finiti in uscita, nonché dei flussi informativi connessi a queste attività; opera quindi sia nel mercato a monte (approvvigionamento), sia nel mercato a valle e perdura fino alla fase di consegna del prodotto finito. Essa riguarda le problematiche relative alla gestione dei magazzini, delle forniture in ingresso e in uscita e della movimentazione interna, ovvero tutte quelle azioni che permettono di creare un collegamento tra attività di produzione e gestione dei magazzini. Ovviamente l incisione dei problemi di logistica varia al variare delle dimensioni dell impresa; un impresa che opera a livello internazionale avrà più problemi di logistica di un impresa che opera a livello locale. Possiamo definire la logistica come l attività che collega il mercato con l ambiente in cui l impresa opera. Come tutte le attività dell impresa anche la logistica genera una serie di costi che possono essere suddivisi in: Costi di mantenimento delle scorte; Costi di magazzinaggio; Costi di trasporto e distribuzione; Costi inerenti ai lotti; Costi di processazione e dei sistemi informativi; La logistica attraversa tutta l organizzazione aziendale, dalla fornitura delle merci alla consegna del prodotto finito. Il magazzino svolge un ruolo fondamentale all interno dell attività di logistica: è un contenitore dei flussi in entrata e trasformatore dei flussi in uscita; è necessario applicare una distinzione ai diversi tipi di depositi (depositi di fabbrica e depositi di distribuzione): Depositi di fabbrica, a loro volta divisi in: Depositi di materie prime, in cui vengono stoccate le materie prime in entrata in attesa di essere impiegate nel processo di trasformazione. Magazzini interoperazionali, sono depositi collocati tra due fasi successive dell attività di produzione per rispondere a esigenze quali il controllo delle scorte; essi si possono distinguere in stoccaggio di semilavorati tra due fasi di lavorazione e accumulo dei semilavorati a monte prima dell imballaggio. 2

3 Depositi di prodotti finiti in attesa di essere consegnati. Depositi distributivi: fanno parte del sistema distributivo; sono distribuiti nel territorio a struttura capillare, in modo da permettere all azienda di rifornire una serie di punti vendita garantendo un miglior servizio a minor costo. In questo caso l azienda si definisce producion oriented, in quanto cerca di minimizzare i costi di produzione e i costi di trasporto, per esempio trasportando un maggior numero di lotti. Negli ultimi anni si è assistito a una modifica di questo sistema: le imprese hanno aumentato il vantaggio competitivo puntando sulla qualità del servizio e riducendo le scorte, hanno puntato sull efficienza del servizio riuscendo a renderlo nel momento in cui il bisogno del servizio stesso sorge, evitando così il mantenimento delle scorte. Sono stati quindi ridotti i depositi centrali e periferici e si è cercato di ridurre la loro funzione allo smistamento e non allo stoccaggio delle merci; i primi nella terminologia moderna non sono più definiti come depositi o magazzini ma come veri e propri centri di smistamento per sottolineare la loro funzione che non è più lo stoccaggio delle merci ma il loro smistamento. Lo stesso vale per i depositi periferici, se non in modo più accentuato, che si stanno via via trasformando in transit point, in cui viene meno la funzione di stoccaggio (o comunque è ridotta al minimo indispensabile per il tempo necessario allo smistamento). La logica di sistema è di tipo pull, i punti vendita ordinano direttamente ai depositi centrali e periferici. Abbiamo già detto che il magazzino contribuisce in grande misura alla realizzazione della fase della logistica e le operazioni di magazzino sono numerosissime. La prima attività di magazzino è il ricevimento delle merci, nella quale si verifica la corrispondenza tra l ordine effettuato e la merce ricevuta; gli operatori devono comparare l ordine con la bolla di trasporto per controllare che le merci in arrivano corrispondano a quelle ordinate al fine di evitare problemi futuri (mancanza di materiali necessari per la realizzazione di un lotto, qualità dei materiali inferiore a quella richiesta e ciò comporterebbe la realizzazione di un prodotto diverso dagli standard qualitativi ecc), dopodiché si crea la bolla di entrata merci. Seguono poi le operazioni di stoccaggio e movimentazione interna, che consistono nel posizionare le merci in entrata in specifiche strutture in un area del magazzino; è necessario fornire agli addetti al magazzino soluzioni efficaci per il ritrovamento della merce, vengono quindi create mappe di magazzino, in cui il magazzino stesso viene diviso in aree in base a una serie di parametri (caratteristiche della struttura, facilità di accesso) e ciò è utile anche per stabilire l allocazione della merce. Oltre alle caratteristiche della struttura di stoccaggio contribuiscono a stabilire la posizione della merce in magazzino anche le caratteristiche dei singoli prodotti (entità dei flussi, dimensione dei lotti, peso delle unità, esigenze di climatizzazione e refrigerazione). La mappa di magazzino prevede l identificazione: del tipo di magazzino: una struttura fisica o una parte di essa caratterizzata da un determinato sistema di stoccaggio (per unità di carico, per contenitori) o dalla funzione assolta (climatizzazione). Dell area: sottoinsieme del tipo di magazzino in cui sono raggruppate le celle con uguali caratteristiche. Delle celle: le aree più piccole del magazzino in cui il materiale viene immagazzinato. Per la ricerca delle celle di magazzino possono essere utilizzati una serie di sistemi, ognuno dei quali con effetti differenti sull efficienza dello stoccaggio merci: allocazione per singolo prodotto, allocazione per classi di prodotto e allocazione casuale. L allocazione per singolo prodotto (dedicated storage), prevede che a ogni cella del magazzino venga assegnato uno specifico codice prodotto cosicché gli operatori di magazzino possano reperirlo facilmente e memorizzarne la posizione. Questo sistema compromette la potenzialità 3

4 recettiva del magazzino in quanto per ogni codice di prodotto deve essere riservato uno spazio pari alla giacenza massima prevista, ne consegue che la potenzialità ricettiva del magazzino deve essere pari alla somma delle giacenze massime previste. L allocazione per classi (class based storage) prevede che i prodotti siano divisi in classi caratterizzate da indici di rotazione decrescente e che i prodotti con maggiore rotazione siano disposti nelle zone più accessibili del magazzino (le merci sono stoccate nelle zone in modo casuale). Questo sistema compromette la recettività del magazzino in quanto il numero di celle per ogni zona è pari alla giacenza massima prevista per ogni classe (il che è inferiore alla giacenza massima prevista per ogni articolo). L allocazione casuale (random storage) prevede la disposizione casuale della merce in magazzino; questo sistema ovvia al problema della riduzione della potenzialità recettiva del magazzino ma rende più difficile reperire la merce all interno del magazzino stesso. L utilizzo del primo sistema non richiede applicazioni di tipo informatico in quanto i materiali sono disposti in posizione fissa e questo facilita la memorizzazione da parte degli operatori, il secondo e terzo sistema necessitano invece un applicazione informatica. Il picking consiste nel prelievo di un numero limitato di beni per rispondere alle esigenze provenienti dai sistemi esterni al magazzino, ad esempio si prelevano alcuni articoli per la realizzazione di un ordine proveniente da un cliente. Questo tipo di operazione può avvenire in modo più o meno automizzato realizzando così due situazioni: Operatore verso materiali: l utilizzo di automi avviene solo per lo spostamento di grossi carichi, mentre per il prelievo di piccoli quantitativi è l operatore che si sposta verso il magazzino (anche eventualmente su appositi mezzi). In questo caso abbiamo una forte prevalenza di manodopera. Materiali verso operatore: è il caso delle imprese dotate di magazzini automatici, le merci sono richieste da una postazione fissa e i materiali raggiungono la postazione; in questo caso si riduce l impiego della manodopera e della perdita di tempo dello spostamento dell operatore, ma aumenta il livello di investimento. Nelle applicazioni informatiche è previsto un set di opzioni tra le quali è possibile scegliere il metodo di gestione dell attività di picking: Picking per ordine: da ogni cella sono prelevati i materiali necessari per la realizzazione dell ordine. Problema: gli ordini sono evasi in sequenza e gli operatori potrebbero ritrovarsi a fare gli stessi percorsi più volte. Picking per lotti: da ogni cella è prelevato un numero di lotti in base alla quantità richiesta da un insieme di ordini, in questo modo le operazioni di prelievo sono più lunghe, ma si evita di ripetere inutilmente gli stessi percorsi. Picking a zone: gli ordini sono suddivisi per zone di prelievo e le singole frazioni di ordine vengono inviate a una postazione prima della fase di imballaggio per essere riunite alle altre frazioni di ordine; ogni operatore addetto a una determinata zona preleva quindi il materiale della propria zona e invia la merce alla postazione accompagnata dall ordine parziale. I prelievi delle diverse zone vengono poi riuniti e imballati. Nelle imprese più evolute si parla di paperless picking, ovvero il picking senza cartaceo; i documenti cartacei sono sostituiti da display posizionati sugli scaffali, nei quali appare l indicazione del materiale da prelevare. Come tutte le operazioni con grande impiego di tecnologia sono ridotti i tempi ma si aumentano gli investimenti. Abbiamo infine la fase della spedizione che, se intesa come consegna della merce al cliente è la fase che termina l operazione di logistica. Accade però che per spedizione si intenda anche lo 4

5 spostamento dei materiali dal magazzino a una zona dell attività produttiva o a un altro magazzino o a soggetti esterni che operano per conto dell azienda, in questo secondo caso la spedizione fa ancora parte dell attività di logistica. Gestione delle scorte di materie prime. La gestione delle scorte è uno dei compiti fondamentali all interno dell attività di logistica e consiste nello stabilire il livello dei materiali in magazzino per rispondere nel modo più efficiente alla domanda utilizzando le risorse a disposizione. Le scorte sono classificate in: Scorte di transito, sono quelle che si creano nel lasso di tempo necessario al trasferimento di un prodotto da una fase di fabbricazione a quella successiva o da un punto di stoccaggio a quello successivo. Scorte di ciclo, che si manifestano quando si produce in misura maggiore rispetto al fabbisogno immediato. Scorte di sicurezza, costituite per fare fronte a incertezze e irregolarità dei flussi della catena logistica. Scorte di disaccoppiamento, per fornire indipendenza a ogni stadio della logistica. Scorte stagionali, costituite per far fronte agli incrementi stagionali di domanda. Le scorte implicano problemi di gestione operativa e rappresentano una parte del capitale circolante; sono state formulate due teorie a riguardo, il look back e il look ahead. In base alla prima modalità le scorte devono essere reintegrate ogni volta che scendono al di sotto di un livello stabilito; secondo il secondo sistema non dovrebbe esistere alcun tipo di scorta, a eccezione delle scorte di transito. È un sistema basato sulla pianificazione della domanda, i materiali sono ordinati in base alla domanda che si prevede. L assenza di scorte è però relativa in quanto si realizza se le previsioni della domanda sono corrette, in caso contrario si verrebbero a formare stock. Per realizzare una produzione senza scorte bisognerebbe poter prevedere la misura esatta della domanda, anticipare la produzione e l approvvigionamento, ma questa è una situazione non realistica. Tuttavia se anche ciò fosse possibile, la presenza di scorte potrebbe sempre manifestarsi a causa delle variabili esogene e endogene che impattano sull impresa. Per realizzare un modello di gestione che non comporti la formazione di stock, l azienda potrebbe utilizzare il metodo del fabbisogno (applicando il MRP, Material Requiriment Planning), ovvero acquistare le materie prime nella misura in cui esse servono a realizzare un ordine. Il sistema MRP è in particolare usato per prodotti costituiti da più componenti, per gestire materiali ad alto consumo. Quali sono i motivi che spingono un impresa a tenere degli stock? Alimentare le lavorazioni in corso, evitando di interromperle per mancanza di materiale. Ovviare al problema dei tempi di approvvigionamento. Mantenere bassi i costi (comprando grandi quantitativi si ottengono gli sconti quantità). Fare fronte alla variabilità della domanda. Ovviare alle speculazioni sui prezzi (i prezzi di alcuni prodotti aumentano e diminuiscono nel tempo). Spesso la gestione delle scorte è operata sulla base di previsioni della domanda attraverso un software che analizzando le serie storiche riesce a fornire una previsione dei volumi di vendita per i 12 mesi successivi. Gestione delle scorte centralizzate. 5

6 La gestione delle scorte centralizzate avviene allo stesso modo per quanto riguarda sia le scorte prodotti finiti di produzione interna, sia riguardo ai prodotti finiti commercializzati. La differenziazione delle scorte avviene invece in base a criteri di prevedibilità e regolarità nel tempo della domanda. Possono essere quindi adottati tre diversi modelli: A intervallo fisso. A punto di riordino. A ripristino. Il metodo a intervallo fisso è utilizzato per prodotti con domanda facilmente prevedibile e regolare nel tempo. Ogni articolo viene ordinato in quantitativi variabili ma a intervalli prefissati e costanti, determinati tenendo conto del trade off tra il costo di emissione dell ordine e il mantenimento delle scorte; a riguardo del costo dell ordine sarebbe preferibile un intervallo di riordino più lungo mentre a riguardo del costo di mantenimento sarebbero preferibili intervalli di riordino più ridotto. T = * (2 * Ce)+ / * (p * Cp * Dpr)+ Dove: T = intervallo di riordino. Ce = costo di emissione di un ordine. P = prezzo unitario annuo dell articolo. Cp = costo percentuale annuo di mantenimento delle scorte. Dpr = vendite annue previste. Trascorso l intervallo di riordino T dall ultimo ordine, viene riordinato un quantitativo di merce Q pari alla differenza tra la scorta massima (S max) desiderata e la scorta disponibile (Sd) Q = S max Sd Sd = scorta in mano + scorta ordinata scorta impegnata La scorta in mano è quella fisicamente disponibile all interno del sistema logistico, la scorta ordinata è quella già ordinata ma che non è ancora giunta al sistema logistico e che sarà disponibile in futuro e la scorta impegnata è quella già in previsione di utilizzo ma che non è ancora uscita dal sistema logistico. La scorta massima è data da: S max = Dpr (T + t) + SS SS = k * e (T + t) Ovvero dipende oltre che dalla previsione sulla domanda nell intervallo di riordino T e nel tempo di reintegro t, anche da un quantitativo di scorta SS. Dove: Dpr (T t) = vendite previste nel tempo di riordino e reintegro. K = coefficiente di sicurezza. 6

7 e (T + t) = errore previsionale mediamente commesso dal programma di previsione vendite in riferimento ai tempi di riordino e reintegro. Il coefficiente di sicurezza dipende dal livello di servizio che si vuole offrire: se l impresa vuole sempre rendere disponibili i propri prodotti ai clienti, k sarà elevato e di conseguenza ci sarà un maggior quantitativo di scorte. K non è uguale per tutti gli articoli, sarà maggiore per gli articoli con volume di vendita più elevato e minore per quelli meno richiesti (il tutto calcolato sulla base di un analisi che individua in che modo ogni articolo influisce sul fatturato annuo). MODELLO A INTERVALLO FISSO Punti di forza Punti di debolezza Pianificazione degli ordini elevata con Alto livello medio delle scorte. possibilità di unire in un'unica data le forniture da uno stesso fornitore riducendo così il numero di ordini e migliorando l organizzazione delle attività di acquisto e ricevimento merci. Ordini in base alle previsioni di vendita. Minore reattività agli sbalzi della domanda. SS variabile in funzione della domanda. Il metodo a punto di riordino È un modello in base al quale viene determinato un livello di stock (punto d ordine) al di sotto del quale è necessario effettuare un ordine per ripristinare la scorta in magazzino; l intervallo di tempo è variabile (a differenza del modello precedente), ma la quantità ordinata è fissa. La quantità Q viene determinata bilanciando il costo di mantenimento dello stock e il costo di emissione dell ordine: un ordine grande comporta maggiori spese di mantenimento mentre un ordine piccolo comporta la necessità di emettere successivamente una serie di altri piccoli ordini incrementando il costo di emissione (maggiori costi amministrativi e di consegna). 7 EOQ =* (2Dpr * Ce) + / * (p * Cp) + Dove: Dpr = vendite annue previste. Ce = costo di emissione di una riga d ordine. P = prezzo unitario annuo di un articolo Cp = costo percentuale annuo di mantenimento delle scorte.

8 La dimensione del lotto d ordine (EOQ) non è una funzione lineare dei parametri in quanto essi sono sotto radice; il valore del punto d ordine invece viene determinato con la formula: 8 So = Dpr(t) + SS SS = k e(t) Dove: e(t) = errore previsionale mediamente commesso dal programma di previsione vendite in riferimento al tempo di reintegro. k = coefficiente di sicurezza. Punti di forza Idem sistema a intervallo fisso ma si perde la possibilità di un efficace programmazione degli articoli. Buona reattività alle variazioni della domanda. MODELLO A PUNTO D ORDINE Punti di debolezza Continuo controllo delle scorte (molto dispendioso) Le versioni tradizionali di questi due modelli per dimensionare le componenti si basano sulle vendite storiche mentre la aziende si basano sulle previsioni della domanda. Modello a ripristino È il modello utilizzato per prodotti a domanda irregolare e/o estremamente ridotta e consiste nell effettuare un ordine minimo ogni qual volta la scorta scende al di sotto di un determinato livello. Il funzionamento è analogo al modello a punto d ordine ma differisce per alcuni aspetti: Il punto d ordine è molto basso, solitamente 0, ovvero quando terminano le scorte (il prodotto è poco richiesto ma l azienda intende comunque offrire il servizio) e è fissato senza tenere conto della domanda nel tempo di riordino. L entità dell ordine è data dal minimo imposto dal fornitore (se si effettuasse un ordine grande, si avrebbero maggiori spese di mantenimento dello stock dato il basso livello di domanda). Gestione delle scorte periferiche. Gli impegni a clienti e il prelievo di scorte impegnano e riducono lo stock. Per la gestione delle scorte periferiche su utilizza il Piano di reintegro scorte depositi il quale prevede che a ogni articolo sia assegnato un livello di stock in base agli impegni e scarichi e domanda prevista (previsioni mensili che si basano sulla serie storica degli ultimi 12 mesi). Reintegro scorte a depositi = reintegro teorico scorte disponibili nel deposito Il reintegro teorico è dato dalle vendite previste in un determinato periodo di tempo dato dall intervallo di reintegro e dalla copertura delle scorte di sicurezza. Un altro modello è quello del just in time che è però di difficile applicazione e particolarmente rischioso; esso prevede l inesistenza di scorte e l emissione dell ordine in base alle richieste dei

9 clienti (il cliente ordina un prodotto e l azienda emette l ordine al fornitore con gli articoli necessari per creare quel prodotto). I fornitori però devono essere puntuali e affidabili perché la produzione non si deve mai fermare (non devono esistere ritardi di consegna ad esempio); oltre al rischio fornitori, che è esterno all azienda, esiste anche un rischio interno dato dal mal funzionamento di impianti e macchinari che potrebbero compromettere la realizzazione dell ordine del cliente. Anche la rigidità dell azienda è un fattore compromettente, si pensi a un impresa che utilizza uno stesso macchinario per la produzione di più prodotti, questo comporterebbe una perdita di tempo; in questo caso l azienda potrebbe ovviare al problema della perdita di tempo riducendo gli altri fattori di rischio (per esempio aumentando lo stock di magazzino in modo da evitare anche eventuali ritardi di fornitura). o Le attività produttive. Tutte le aziende produttrici di beni e servizi svolgono un attività di trasformazione di input in output con caratteristiche differenti. Il concetto di trasformazione è strettamente connesso con quello di produzione in quanto quest ultima è la trasformazione chimico fisica delle risorse; non in tutte le attività di produzione vi è però trasformazione chimico fisica: l impresa commerciale ad esempio acquista beni e li rivende senza averli trasformati, si verifica però una variazione del prezzo di vendita. Differisce inoltre la produzione di beni dalla produzione di servizi: i beni sono dotati di fisicità, di conseguenza possono essere imballati e stoccati, il luogo di produzione può essere distante dal luogo di consumo; la produzione di servizi prevede invece che il servizio sia erogato in corrispondenza dal luogo in cui è prodotto e coinvolge direttamente l utente. Ne consegue che per i servizi c è simultaneità tra erogazione e consumo, per i beni invece no (il bene prima viene prodotto e in seguito consumato). I beni possono quindi dare origine a scorte di magazzino, con la conseguente possibilità di affrontare eventuali picchi di domanda, i servizi non generano scorte e le aziende di erogazione devono essere in grado nonostante ciò di affrontare l aumento della domanda senza compromettere il servizio offerto. Altra differenza riguarda il controllo qualità di quanto offerto dall impresa: le imprese industriali, data la non simultaneità tra produzione e consumo, possono controllare la qualità del prodotto offerto prima che questo sia lanciato sul mercato, provvedendo alla riparazione e sostituzione del bene. Per i servizi questo non è possibile data la coincidenza tra erogazione e consumo; eventuali difetti possono essere modificati solo in seguito all erogazione del servizio, le imprese di erogazione quindi devono fare in modo che il servizio offerto sia sempre impeccabile, in caso contrario si rovinerebbe l immagine dell azienda con conseguente perdita di Straregia aziendale Strategia di area di affari 9 Politica di marketing Politica di produzione Politica di R&S

10 clienti Nello schema sono rappresentate le diverse caratteristiche della funzione di produzione; l impresa deve scegliere in che modo combinare gli aspetti dei diversi ambiti. Per un adeguata politica di produzione è necessario l intervento di tutte le aree della catena del valore, il tutto combinato con una buona strategia aziendale. Analizziamo le principali problematiche della funzione di produzione. Tipologie di processi produttivi. I processi produttivi possono essere classificati in: Produzione continua. Produzione in serie. Produzione unitaria. È una classificazione basata sulla produttività (quantità di beni effettivamente prodotti o che si intendono produrre) e sulla varietà della produzione (famiglie di beni che l impresa produce). Tra produttività e varietà esiste una relazione inversa, trade off, all aumentare della varietà si riduce la produttività (se con uno stesso macchinario si producono 10 modelli diversi dello stesso bene ogni volta che si cambia modello si dovrà riorganizzare l impianto e interrompere il processo compromettendo la 10

11 Continue Produttività produttività). Alta Grandi serie Medie serie Media Piccole serie Bassa Unitarie o su commessa Varietà Come rappresentato graficamente, i processi continui o in grande serie hanno maggiore produttività (es. produzione della carta), in quanto sono caratterizzati dall utilizzo di un unico grande impianto, anche complesso, per la produzione di un prodotto relativamente semplice; i processi di produzione unitaria o su commessa hanno invece una produttività bassa ma una grande varietà (es. artigianato). L artigiano non utilizza grandi macchinari, ma ogni singolo prodotto spesso ha una particolare caratteristica, in base alle richieste del cliente e non è ripetibile. Per le produzioni in piccola e media serie è necessario invece di disporre di macchinari con una certa flessibilità tecnica, ovvero la capacità di passare dalla produzione di un determinato bene a un altro in tempi ristretti e senza richiedere modificazioni del processo (eccetto quelle di riprogrammazione e riattrezzaggio). La produzione continua è quindi caratterizzata dalla produzione di grandi volumi di prodotto ma dalla scarsa capacità di adattarsi alle variazioni qualitative della domanda. C è standardizzazione degli input, degli output e delle condizioni di funzionamento degli impianti. La produzione in serie è costituita da una serie di sottoinsiemi diversi (piccola, media, grande), caratterizzati da diversi livelli di produttività e flessibilità (grado di interconnessione tra le diverse macchine che partecipano al processo produttivo). La produzione in grande serie è caratterizzata da un basso livello di flessibilità, in quanto i macchinari sono strettamente connessi tra di loro o esiste un solo macchinario, da un elevata produttività dovuta alla produzione grandi volumi di prodotti, sfruttando le economie di scala. Per le produzioni piccole e medie si utilizzano invece impianti diversi (solitamente a controllo numerico) e più o meno interconnessi tra loro. Nella produzione di media serie abbiamo diverse sottoclassi: Produzione in serie flessibile a sistemi integrati: alti livelli di produttività con sistemi che integrano più macchine e trasporto automatico dei pezzi sui quali si lavora. 11

12 Produzione flessibile a celle: buoni livelli di produttività e alti livelli di flessibilità; le singole celle sono costituite da più macchine (due o tre) tra loro connesse mentre l insieme delle varie celle risulta disconnesso (maggiore flessibilità). Produzione job shop automatizzata: livelli di produttività e flessibilità inferiori ai modelli precedenti; le macchine sono integrate con software di controllo e sistemi di programmazione della produzione. Produzioni job shop: la produzione è costituita da insiemi di macchine non interconnessi quindi alta flessibilità ma bassa produttività. Nella produzione in piccola serie o per unità distinte abbiamo un elevatissimo livello di flessibilità ma scarsa produttività; alcune caratteristiche particolari del prodotto sono realizzate su richiesta del cliente e difficilmente verranno realizzate; la progettazione del prodotto diventa parte integrante del processo produttivo. La fase di assemblaggio è separata e distinta dalle altre fasi del processo produttivo. Livello di automazione e integrazione delle apparecchiature. Negli ultimi decenni si è verificato un elevato aumento del livello di automazione (sostituzione dell uomo con macchine) nelle produzioni industriali dovuto alla: Meccanizzazione delle operazioni, ovvero sostituzione del lavoro manuale con il lavoro delle macchine, reso possibile dalla standardizzazione delle produzioni. Progresso dell informatica e delle telecomunicazioni, che ha reso possibile automatizzato anche per processi molto complessi e dispersi sul territorio (le macchine sono sempre più precise e riescono a realizzare tutti i movimenti necessari per la realizzazione del prodotto). Progresso nel settore della costruzione delle macchine utensili (le macchine sono sempre più versatili e se comandate correttamente riescono a svolgere molteplici funzioni, al punto di configurarsi in un'unica macchina in grado di svolgere tutte le operazioni di interi cicli produttivi) Distinguiamo: Apparecchiature per la progettazione dei prodotti e dei processi produttivi: Le principali sono il CAD (Computer Aided Design), ovvero il sistema per la progettazione attraverso il computer e il CAE ( Computer Aided Engineering ), sistema di progettazione e creazione di prototipi con un unico elaboratore. Attraverso il sistema CAD è possibile progettare i prodotti attraverso l utilizzo di un software e della grafica computer; sono progettazioni bidimensionali e tridimensionali che facilitano il progettista, è inoltre possibile adattare l idea originale alle specifiche richieste del cliente e archiviare le diverse idee nella memoria, nonché richiamarle quando necessario. I programmi più avanzati permettono inoltre di ruotare l immagine, vedere l interno, cambiare le misure e visualizzare la distinta dei materiali. I dati CAD possono essere importati in sistemi CAE, ma anche in sistemi CAM (Computer Aided Menagement), che traducono i dati CAD in comandi per il controllo delle macchine. Il sistema CAE è l insieme di software e hardware che permette la simulazione, progettazione e collaudo dei modelli elaborati con il sistema CAD; possono essere effettuate simulazioni sulla resistenza del prodotto e sulle sollecitazioni meccaniche per conoscere preventivamente le risposte dei prodotti permettendo eventuali modifiche. Il sistema CAPP (Computer Aided Process Planning) elabora i dati provenienti dai sistemi CAD e CAE e definisce i metodi per la realizzazione del prodotto. Definisce le macchine da impiegare. Attraverso questi sistemi la progettazione del prodotto viene resa più semplice e la produzione più efficace e efficiente. 12

13 Sistemi di governo del processo produttivo. I sistemi di governo permettono, attraverso l utilizzo di software e hardware, di controllare gli impianti, non solo le singole celle, ma anche l intero stabilimento o un sottoinsieme di esso; Consistono in un calcolatore posto all interno dello stabilimento, collegato ai sistemi di controllo dei sottoinsiemi; il calcolatore raccoglie e elabora i dati provenienti dai sottosistemi, producendo rapporti in tempo reale e segnalando eventuali anomalie e inviando ordini ai sottosistemi (provenenti dall elaboratore o da un operatore). I sistemi di controllo principali sono quelli a controllo numerico. I CN sono macchine dotate di un supporto magnetico sul quale vengono memorizzati i programmi che specificano i movimenti che la macchina deve eseguire; I movimenti sono ripetuti ciclicamente secondo una sequenza ordinata, la macchina quindi non può prendere decisioni autonomamente ma il tutto deve essere supervisionato da un operatore. A livello più avanzato abbiamo il CNC (Computing Numerical Control), questo sistema è dotato di più programmi, a differenza del CN che ne ha solo uno, e il passaggio da un programma all altro non richiede l intervento dell operatore. Apparecchiature per la lavorazione. Possiamo distinguere una serie di apparecchiature nel processo produttivo: la macchine utensili (Machining Center, MU) e le celle flessibili di produzione (Flexible Manufacturing System, FMS). Le macchine utensili permettono di trasformare oggetti di materiale metallico attraverso il tagli e la deformazione; esse sono classificate in base al moto di lavoro in: Macchine a moto circolare: trapano, fresatrice. Macchine a moto rettilineo: piallatrice, limatrice. Macchine utensili a moto speciale: mola. L MC, Machining Center, permette di unire in un unico ciclo di lavoro tutte le operazioni delle macchine utensili, con conseguente risparmio di tempo data l eliminazione del trasporto del prodotto da una macchine utensile a un'altra e riduzione dello spazio occupato. L MC ha un magazzino utensili e un sistema automatico di cambio utensili. Dall evoluzione dell MC nascono le FMC (Flexible Manufacturing Center), che consistono in più MC governate da un unità di controllo in comune. L FMS è molto simile all FMC, ma è un sistema altamente automatizzato costituito anch esso da più MC, collegate tra loro da un sistema di movimentazione e immagazzinamento controllato da un sistema computerizzato. Sono sistemi avanzati che permettono di velocizzare la lavorazione di piccoli lotti sfruttando i costi ridotti delle produzioni di grosso volume. Gli FMS possono essere distinti in base all operazione eseguita in FMS per le operazioni di processo e FAS per le operazioni di assemblaggio, solitamente un sistema flessibile realizza solo una di queste due ipotesi; in base al livello di flessibilità distinguiamo celle e sistemi flessibili dedicati, quando sono utilizzati per produrre una limitata varietà di parti del prodotto e celle e sistemi flessibili generali, utilizzati per la produzione di una molteplicità di parti anche complesse e diverse tra loro. Gli FMS permettono: Funzionamento 24 su 24 delle macchine. Riduzione del numero delle macchine. Grande flessibilità in caso di variazioni delle parti del prodotto. Ottimizzazione del consumo degli utensili. Riduzione della manodopera e aumento della produttività. Con il progresso tecnologico si è assistito alla creazione di robot, che a differenza delle macchine, finalizzate a una determinata operazione, sono in grado di svolgere una serie diversa di attività. I 13

14 robot sono classificati in robot monofunzione, ovvero macchine capaci di lavorare semilavorati senza l intervento dell uomo (robot traslatori, ribaltatori e posizionatori); essi eseguono lavori ripetitivi e per eventuale modifica delle lavorazioni è necessario l intervento dell uomo. I robot multifunzione a differenza dei precedenti, eseguono lavorazioni e sono in grado di modificare le lavorazioni programmate. Il robot è costituito da due componenti, il sistema di manipolazione, che è la parte che esegue il lavoro e il sistema di governo, che è quello che controlla e gestisce i movimenti. Sistemi di supporto dell attività di programmazione e controllo. Data la complessità delle informazione e delle procedure di programmazione della produzione, sorge la necessità di sistemi di supporto; i principali sono: MRP (Material Requiriment Planing): determina il fabbisogno delle materie prime sia a livello quantitativo che temporale, garantendone la disponibilità costante. Per il loro corretto funzionamento è necessario disporre della distinta base relativa a ogni prodotto, del livello di scorte, del lead time, ovvero il lasso di tempo tra il momento dell ordine e il momento in cui la merce è disponibile, del production time, ovvero il tempo che intercorre dal momento in cui le materie vengono ordinate e il momento in cui esse vengono trasformate, il programma di assemblaggio ecc. Attraverso questi dati è possibile calcolare le quantità e i tempi di ordine. MRP II: svolge tutte le funzioni dell MRP coordinandole con tutte le altre funzioni che vengono normalmente svolte durante il processo produttivo; non si limita quindi solo all approvvigionamento, ma anche alle politiche di marketing, progettazione ecc. Sempre più sfruttati dalle imprese di dimensioni medio grandi sono i sistemi ERP (Enterprise Resource Planing) che attraverso una struttura software integrano tutti i processi dell impresa; le diverse aree gestionali una volta gestite da sistemi separati, vengono riunificate sotto un unico grande e complesso sistema. Sono però sistemi molto costosi, di conseguenza sono necessari grandi investimenti di tempo e risorse. Dimensionamento della capacità produttiva. La capacità produttiva dell impresa è condizionata dalla struttura dell impresa stessa: le immobilizzazioni, essendo idonee a perdurare per un medio lungo periodo, costituiscono una fonte di rigidità per l azienda. In caso di variazioni della domanda, per adattarsi l impresa dovrebbe modificare la sua struttura, sostenendo costi molto elevati. La determinazione della struttura quindi è importante in quanto influenza la capacità produttiva di breve periodo. Capacità produttiva di breve periodo: quantità massima teorica di beni e servizi che può essere ottenuta da un singolo impianto o da un aggregato di impianti in un arco di tempo calcolato in funzione del tipo di processo produttivo considerato. Il significato di capacità produttiva può essere inteso in diversi modi: Capacità teorico nominale: massimo flusso fisico di beni e servizi ottenibili in un determinato periodo di tempo (ora, giorno, settimana), dichiarato dal produttore dell apparecchiatura. 14

15 Capacità teorico effettiva: massimo flusso di beni e servizi ottenibili in un determinato periodo di tempo, in condizioni di massimo funzionamento stesso, senza interruzioni e rallentamenti. Questo flusso risulta inferiore al precedente. Capacità ottimale o economica: flusso di beni e servizi ottenibili in un determinato periodo di tempo al costo minimo. Legato al concetto di capacità produttiva c è quello di produttività, ovvero il flusso di beni e servizi che si intende raggiungere o quello effettivamente raggiunto in un determinato periodo di tempo. La capacità produttiva è un valore legato al funzionamento dell impianto e alla sua dimensione, la produttività è un valore legato alla capacità produttiva e dipende dal grado di utilizzo dell impianto. In questo ambito di discussione il concetto di breve, medio e lungo periodo non è riferito a un arco di tempo, ma alla possibilità dell impresa di modificare l impianto: nel breve periodo, in caso di variazioni della domanda, l impresa può modificare solo i fattori variabili (input, risorse umane), nel lungo periodo invece può modificare direttamente gli impianti. Per analizzare al meglio la capacità produttiva è necessario analizzare i costi che l impresa deve sostenere; focalizzando l attenzione sul breve periodo si può dire che i costi fissi sono costituiti dalla quote di ammortamento delle immobilizzazioni mentre i costi variabili sono costituiti da materie prime, manodopera. La loro somma genera il costo totale (CT). CF + CV = CT Possiamo rappresentare la funzione dei costi graficamente: Analizziamo il Costo CT grafico; sull asse delle x abbiamo la quantità mentre sull asse delle y il CV costo; i CF sono rappresentati da una retta che parte da un punti dell asse y ma CF non dall origine in quanto i CF non sono pari a zero. I a CV invece partono dall origine in CTE Quantità (q) quanto in corrispondenza di una produzione pari a zero anche il CV è zero, essi sono in funzione direttamente proporzionale della quantità prodotta. I CT sono rappresentati da una linea retta parallela a quella dei CV che parte dallo stesso livello della retta dei CF. CTE è la capacità produttiva teorico effettiva; Il rapporto CF/q diminuisce all aumentare della quantità, fino a raggiungere il valore CF/CTE. 15

16 Costo CUM cfu cvu Andamento dei costi unitari in funzione del grado di utilizzo dell impianto. Il cvu è un valore costante pari alla tangente dell angolo alfa. somma La dei valori decrescenti fino a q = CTE e del valore costante CV/q è decrescente e ha il minimo nel punto CTE. Il CV è considerato costante, cosa che non si verifica spesso nella realtà in quanto inizialmente il CV varia in modo più che proporzionale diminuendo la proporzionalità all aumentare della quantità. CTE quantità Costo 16 Andamento reale dei costi in funzione del grado di utilizzo dell impianto. Questo grafico rappresenta l andamento reale dei costi. L andamento dei CV è legato all effetto learning, ovvero allo svilupparsi di economie di apprendimento e funzionamento dell impianto. Al realizzarsi di queste economie il punto minimo dei CV non coincide con quello della capacità produttiva ma si colloca in un valore tra il 60% e l 80% di essa. La possibilità di operare a costo unitario minimo è data dalla capacità di sfruttare, nel breve periodo, queste economie. ctr cvr CTE CT CV CF quantità

17 A Andamento dei costi nel lungo periodo. B C D Nel lungo periodo l impresa può migliorare la propria struttura e quindi effettuare investimenti ampliando gli impianti; Sostituendo l impianto A con l impianto B la capacità produttiva teorico effettiva passa da CTEA a CTEB che è il doppio della prima; i CF assumono un andamento a scala ma, con le economie di scala, non saranno mai il doppio. All aumentare delle dimensioni dell impianto si verificano effetti anche sui costi variabili unitari: acquistando quantità maggiori si possono ottenere sconti presso i fornitori. Nel momento in cui si realizza un economia di scala, si verifica una riduzione dei CF, CV e quindi del costo unitario medio nonché un aumento più che proporzionale della produzione rispetto all aumento dei costi. Al passaggio dall impianto A c A B C D all impianto B si verifica quindi una diminuzione del costo medio unitario e un spostamento della curva di costo medio unitario verso destra e verso il basso. La curva che unisce i minimi di costo medio unitario rappresenta la CE A CE B CE C CE D q tendenza dell impresa nel lungo periodo ad adottare impianti di maggiore dimensione aumentando la capacità produttiva; questa curva prende il nome di curva dei costi unitari di lungo periodo. Ci sono pero due situazioni (impianto B e impianto C) in cui le curve di costo unitario medio hanno uguale punto minimo: questi punti prendono il nome di DOM (dimensione ottima minima) e DEM (dimensione efficiente massima). Il DOM rappresenta la situazione in corrispondenza della quale l impianto ha capacità produttiva ottima, permettendo di produrre a costo minimo; il DEM rappresenta il punto in corrispondenza del quale si verifica la massima efficienza dell impianto, oltre quel punto la curva dei costi unitari di lungo periodo inizia a crescere per il verificarsi di diseconomie di scala, dovute in prevalenza a: 17

18 Incremento di costi per la realizzazione dell impianto: spesso impianti di elevate dimensioni hanno componenti che devono essere realizzate su misura per l impresa richiedente. Maggiori costi di coordinamento data la complessità organizzativa. Maggiori costi di gestione magazzino. La tendenza dell impresa a raggiungere una situazione ottimale di costo e produttività è facilmente riscontrabile nei cosiddetti mercati del venditore, ovvero quei mercati in grado di assorbire interamente l offerta (solitamente di pochi prodotti poco differenziati tra loro prodotti in grandi serie o serie continue); ci sono però situazioni in cui anche circostanze ottimali di mercato, l impresa incontra ostacoli che scoraggiano l espansione (ad esempio per un impresa che produce ferro gli altoforni diventano instabili dopo una certa dimensione o come nell esempio precedente, gli impianti sono di dimensioni standardizzate e oltre una certa dimensione devono essere realizzati su misura). L impresa quindi tende a non superare il DEM per due ragioni: Vincolo di mercato: la domanda non assorbe l offerta. Vincolo tecnico economico. Diversa è la situazione per le aziende produttrici di servizi, che hanno caratteristiche differenti dalle imprese industriali (no magazzino, simultaneità tra offerta e consumo ecc). Un impresa di trasporti deve fare in modo di riuscire a rendere il servizio anche nelle ore di punta, rendendo sempre disponibile i mezzi di trasporto, pena la perdita dei clienti. Ciò implica che l impresa deve avere un numero di mezzi tali da soddisfare tutti i clienti delle ore di punta, numero però eccessivo nelle altre ore della giornata. o Attività di marketing e vendite. L attività di marketing consiste in un analisi di mercato effettuata al fine di operare le migliori scelte per il soddisfacimento del cliente. Principali leve di marketing: Scelta delle caratteristiche del prodotto. Scelta del prezzo di vendita. Scelta del canale di sbocco. Pianificazione di attività promozionali e di comunicazione commerciale. Nel momento in cui il prodotto è acquistato o consegnato al cliente, inizia l attività dei servizi post vendita volta a valutare il soddisfacimento del cliente stesso. Il processo decisionale dell impresa inizia con la fase di analisi alla quale segue quella strategica e infine l attuazione delle politiche stabilite; Le fasi di marketing e di servizi post vendita rientrano nell implementazione delle politiche strategiche, mentre la fase di analisi e quella strategica fanno parte dell attività infrastrutturale (secondaria). Le informazioni generate dal sistema marketing contribuiscono alla formazione delle strategie; a influire sul sistema azienda sono le variabili esogene, che comportano effetti positivi e negativi a secondo del modo in cui impattano sull azienda. Attraverso l analisi dei punti di forza e di debolezza dell impresa e delle conseguenze subite dall impatto dei fattori esogeni, è possibile formulare alternative strategiche. Le decisioni di marketing sono riferite a cinque fasi: Definizione del mercato. Segmentazione del mercato: individuazione dei segmenti e scelta del target: suddivisione degli acquirenti relativamente ai prodotti in gruppi che presentano caratteristiche e bisogni omogenei. L obiettivo è quello di dividere le diverse categorie di consumatori per poi 18

19 studiarli e soddisfare al meglio i loro bisogni e richieste. È necessario stabilire i criteri da utilizzare per l individuazione dei segmenti (criteri soggettivi, ogni impresa ha i propri), una volta individuati segmenti presentarne le caratteristiche e valutarne l attrattività e infine stabilire quali segmenti utilizzare come target. Esistono una serie di variabili per la segmentazione dei consumatori; variabili descrittive, quali variabili demografiche, geografiche, economiche (sesso, età, livello di istruzione, reddito). Un'altra variabile è la conoscenza del comportamento d acquisto del consumatore, esempio tipico sono le aziende distributive che si basano principalmente su questo criterio (il supermercato sa che ogni famiglia acquista con una certa costanza, il mini market invece non ha la stessa affluenza del supermercato ma gioca sull ubicazione del negozio per soddisfare i cosiddetti acquisti di emergenza). Il beneficio di mercato, il consumatore acquista un determinato bene in base al beneficio che quel bene gli da rispetto a un altro bene. Una volta stabilite le variabili da utilizzare per la segmentazione e individuati i segmenti, si procede alla fase di: Selezione dei segmenti obiettivo: i segmenti che presentano maggiore attrattività saranno quelli scelti dall impresa, sono quei segmenti di consumatori che assorbiranno al meglio l offerta dell impresa. Il segmento diventa quindi il target al quale l impresa intende offrire il proprio prodotto. Definizione del posizionamento del prodotto: il prodotto offerto dall impresa deve rappresentare per il consumatore una fonte di valore d uso (deve soddisfare i bisogni del consumatore), la proposta di valore da parte dell impresa deve risultare al consumatore diversa da quella delle altre imprese (il consumatore deve preferire quel bene a quello offerto dalle altre imprese), l immagine della proposta deve essere facilmente memorizzabile dal consumatore. Per posizionamento si intende la posizione che il prodotto prende nella mente del consumatore, non è un posizionamento fisico ma psicologico. Il consumatore nella scelta del prodotto da acquistare si baserà sull utilità che può trarre da quel bene rispetto a un altro bene; l analisi sull utilità di un bene viene effettuata dal consumatore scomponendo quel bene in una serie di attributi (il prodotto è considerato come un insieme di attributi) e verificando come ogni attributo risponde a aspetti specifici del bisogno. L impresa deve cercare di essere preferita rispetto alle altre imprese, fare in modo che il consumatore acquisti il un determinato bene piuttosto che quello offerto dalle altre imprese, mettendo in evidenza gli attributi tangibili (ovvero quelli visibili e valutabili fisicamente dal consumatore) e quelli intangibili. L impresa deve stabilire un immagine del prodotto e fare in modo che questa sostituisca l immagine di prodotti concorrenti nella mente del consumatore (stabilendo gli attributi fisici, i benefici promessi al consumatore, l occasione d uso). Il posizionamento è il punto di riferimento per la formulazione del marketing mix. Progettazione e implementazione delle azioni di marketing. Variabili del marketing mix. Come già detto, l obiettivo dell impresa è quello di offrire sul mercato un prodotto che non è ancora offerto dalle altre imprese oppure un prodotto che è già offerto ma a condizioni meno vantaggiose; l impresa deve essere in grado di fare percepire al consumatore la sua proposta di valore come differente dalle proposte di valore delle altre imprese. Nel perseguire quest obiettivo è necessario agire sulle principali leve di marketing. 19

20 Politica del prodotto. Quando si parla di prodotto in ambito commerciale non lo si intende come un insieme di caratteristiche fisiche, ma come un insieme di attributi tangibili e intangibili ognuno dei quali risponde a caratteristiche specifiche del bisogno avvertito dal consumatore. Ogni singolo attributo può essere essenziale per la determinazione dell utilità che quel bene reca al consumatore. Le scelte relative alle caratteristiche del bene devono essere effettuate tenendo conto delle esigenze del consumatore e in secondo luogo dei gusti soggettivi del menagemet (in caso contrario si cadrebbe nella cosiddetta Miopia del Marketing, quando nel processo decisionale non si tiene conto delle preferenze del target di riferimento). Si può affermare che esiste un legame tra complessità del prodotto e diversità comportamentali del consumatore, più il bene è complesso, più l acquirente è spinto a cercare informazioni su quel bene. In base alla classificazione dell American Marketing Association, distinguiamo: Beni convenience e preference: sono beni di largo consumo e a basso prezzo, l unica differenza tra le due categorie sta nella marca; per i beni preference l impresa investe in attività di comunicazione (pubblicità) per creare un immagine del prodotto che colpisca il consumatore (marca). Per queste categorie di beni il consumatore non perde tempo a cercare informazioni e sono beni facilmente reperibili su tutto il territorio. Beni shopping: sono beni ad acquisto sporadico, il cui prezzo è sicuramente maggiore rispetto alla categoria precedente. Il consumatore, dato il rischio (acquistare un bene a prezzo elevato rischiando di non esserne pienamente soddisfatto), è disposto a dedicare tempo alla ricerca di informazioni, confronto tra le diverse alternative ecc. Rientrano in questa categoria l abbigliamento, i servizi bancari, i viaggi, automobili. Beni specialty: sono beni di lusso, molto costosi, quindi massimo impegno da parte del consumatore a ricercare informazioni. Politica del prezzo. La fase di scelta del prezzo è il momento più critico del processo decisionale, dal momento che è l unica decisione attraverso la quale l impresa determina i propri ricavi. Il prezzo è per il consumatore l elemento fondamentale al momento dell acquisto; il prezzo influisce sulla psicologia del consumatore in quanto egli attribuisce a beni con prezzo superiore un livello qualitativamente superiore. Nel momento in cui il consumatore si trova di fronte alla possibilità di acquistare un bene, il primo elemento di valutazione sarà il prezzo. È necessario però analizzare se il prezzo influisce in modo positivo o negativo: Per i beni convenience, è un elemento di scelta rilevante verso il basso, ovvero il consumatore tenderà ad acquistare il bene più conveniente, indipendentemente dalla sua qualità; se per un consumatore due beni sono apparentemente uguali, nel senso che gli recano la stessa utilità, acquisterà quello a prezzo inferiore. Per i beni specialty, il consumatore tenderà ad attribuire al bene con prezzo maggiore una qualità superiore, il prezzo rispecchia quindi l esclusività di quel bene. Nel fissare il prezzo, l impresa può scegliere tra due alternative: Vendere il prodotto a prezzo elevato a una parte limitata del mercato. Ricercare la massimizzazione dei volumi di vendita. Nel primo caso si parla di scrematura del mercato; L impresa offre un determinato bene a un prezzo elevato per attirare l attenzione solo di una parte limitata di consumatori, i cosiddetti 20

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