INTERNET: UN NUOVO MODO DI FARE AFFARI

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1 INTERNET: UN NUOVO MODO DI FARE AFFARI ASSOMAC

2 Assomac via Matteotti, 4/a Vigevano (PV) Assomac All rights reserved 03/06/2014

3 Indice Introduzione 4 Le ICT nella filiera produttiva mondiale 6 Le attività web per soluzioni d affari 11 Bibliografia 16 3

4 Introduzione La tecnologia digitale è stata ed è così significativa da aver inaugurato, di fatto, una nuova era della comunicazione all interno delle PMI. All inizio questa evoluzione ha sofferto, come era logico aspettarsi, di uno sviluppo troppo rapido, tale da non consentire l elaborazione in parallelo di modelli organizzativi ed imprenditoriali capaci di supportare le nuove possibilità. In seguito la tecnologia digitale ha inaugurato, di fatto, una nuova era della comunicazione anche per reti di imprese, rivelandosi uno strumento indispensabile per la crescita delle aziende, per le quali servono quindi strategie e informazioni condivise Internet e le nuove tecnologie dell informazione, ICT (Information Communication Technology), sono ormai assi portanti del business aziendale per le grandi aziende, ma faticano a trovare cittadinanza tra le PMI. È il quadro tra luci e ombre che emerge dal rapporto Istat del dicembre Secondo la ricerca, nel 2012 il 95,7% delle imprese con almeno 10 addetti dispone di una connessione a Internet. Il 64,5% delle imprese dispone di un sito web, ma solo il 10,6% dichiara di offrire sul sito servizi dedicati. Le differenze tecnologiche tra grandi e piccole imprese sono molto accentuate; supera i 30 punti percentuali la differenza in attività quali l adozione di competenze specialistiche ICT, la connessione mobile a Internet in banda larga, l invio on-line di moduli compilati alla Pubblica Amministrazione, lo scambio di informazioni in formati standard, l utilizzo di software adeguati alla condivisione di informazioni all interno dell impresa (ERPpianificazione delle risorse d impresa) e il commercio elettronico. Più lenta è invece la diffusione di automazione negli scambi di informazioni con imprese fornitrici o clienti (dal 21% del 2009 al 23% del 2012), l adozione di software specifici per l utilizzo di informazioni sulla clientela con altre aree funzionali per finalità di analisi e marketing (dal 13% del 2009 al 17% del 2012). 1 Istat: Le tecnologie dell informazione e della comunicazione nelle imprese, rapporto pubblicato il 18 dicembre Estratto del rapporto sull informazione completa sull utilizzo dell ICT a livello europeo: pubblicazione disponibile sul sito di Eurostat al link: ITY_OFFPUB/KS-SF /EN/KS-SF EN.PDF 4

5 Questa fotografia rende evidente come vi sia un forte scollamento tra le possibilità che offre l Information technology e la generale preparazione a sfruttarle. Da qui l auspicio affinché si formi una vera cultura del digitale. Oggi il ruolo del marketing va completamente riprogettato sulla base dei nuovi scenari che si sono aperti proprio grazie alle tecnologie del digitale e gli imprenditori più accorti saranno quelli che delegheranno questo compito ai più giovani, più sensibili a questi temi e in grado di meglio recepire le tendenze del settore (informatico). Sul mercato attuale serve velocità d azione e le PMI devono essere in grado di sfruttare a pieno le potenzialità che le ICT offrono. Nonostante la congiuntura negativa, gli investimenti in digitalizzazione sono una strada obbligata per le imprese, perché solo sfruttando i nuovi strumenti si possono aprire nuovi sbocchi sul mercato e mantenersi su livelli qualitativi elevati sul piano della gestione della comunicazione con fornitori e clienti. Lo scenario in continua evoluzione delle nuove tecnologie dell informazione e del digitale è suscettibile di molti miglioramenti, tuttavia ancora oggi l impressione è che molte aziende considerino poco rilevante il collegamento alla rete per lo sviluppo della propria attività. Ultimamente la drammatica crisi mondiale, che ha coinvolto anche il nostro paese, ha portato alla ribalta i limiti delle PMI dei distretti industriali. La crisi attuale sottende al superamento dei distretti industriali? La territorialità che li aveva caratterizzati è superata, visti anche i progressi tecnologici e la diffusione delle reti informatiche che rendono tutto il mondo più vicino? Oppure l introduzione delle nuove tecnologie dell informazione fornisce alle imprese distrettuali l opportunità di ampliare i propri orizzonti di mercato e di fluidificare il processo produttivo, rendendolo più reattivo alle sollecitazioni dei mercati? Contrastando, ad esempio, l incapacità dei distretti industriali di rinnovare le basi all origine del vantaggio competitivo, combattendo il progressivo impoverimento dei circuiti di generazione del sapere locale, conseguente al processo di delocalizzazione, che porta a trasferire alcune attività di filiera e modifica i rapporti tra impresa leader e piccoli fornitori, una delle caratteristiche del modello distrettuale italiano. 5

6 Le ICT nella filiera produttiva mondiale Uno dei primi effetti del processo di assimilazione delle ICT è l integrazione nella filiera produttiva mondiale, attraverso una riorganizzazione già riscontrabile in alcune medie imprese che diventano, oltre che leader di territorio, anche capaci di coprire nicchie globali di mercato; quindi imprese che non si limitano più ad una dimensione locale, ma che riescono a coniugare anche la sfera globale. Questo succede enucleando un nuovo paradigma produttivo basato sulla cosiddetta modularità. In sostanza si tratta della consueta parcellizzazione e segmentazione della catena di fornitura delle PMI italiane, con la novità che l azienda che sta in cima alla catena di fornitura ha il compito di produrre non un singolo componente, ma un insieme di componenti, vale a dire un modulo. Le altre imprese della catena produttiva si modulano in relazione sempre con l impresa al vertice della piramide. Questa nuova organizzazione produttiva si estende, grazie alla delocalizzazione, a territori molto lontani tra di loro, ognuno dei quali diviene un luogo di fornitura specializzata. Per esempio, grazie all innovazione delle tecnologie di comunicazione, nulla potrebbe impedire ad una specializzazione produttiva di beni intermedi di prosperare, integrandosi con relativa facilità nelle filiere produttive asiatiche, o africane, o americane. Si può pensare, per contro, che la cultura dell Internet, egemone nell omologazione a livello globale della cultura dei consumi, mal si combini con la cultura delle piccole aziende, a differenza delle grandi imprese. Queste ultime hanno sempre avuto una chiara distinzione tra funzioni di progettazioni e funzioni di produzione, separando il momento dell innovazione da quello dell industrializzazione, perciò predisponendo apposite strutture di Ricerca e Sviluppo. Nelle PMI italiane, in particolare per quelle delle macchine e dei prodotti intermedi, è invece difficile separare la testa dalle attività operative e dal sapere pratico che è parte costitutiva del valore aggiunto del prodotto d impresa. Nell impresa di piccole dimensioni la fabbrica non è un semplice luogo di permanente sperimentazione e apprendimento, ma è il luogo in cui la capacità di collegare l ideazione e la progettazione a competenze pratiche ed operative costituisce uno degli elementi fondamentali per l affermazione economica e commerciale nei settori considerati maturi dell economia europea (o americana) più avanzata, quali possono essere il 6

7 settore della filiera pelle e calzatura, attraverso continui processi innovativi fortemente focalizzati sul prodotto. Si pensa molto sovente alla difficoltà di coniugare l utilizzo delle nuove tecnologie informatiche con il particolare clima sociale che si respira nei distretti, in particolare tra le imprese che operano nello stesso settore produttivo. Qui esistono forme di collaborazione e diffusione del know how tramite una procedura non formalizzata di trasferimento di sapere tra gli imprenditori e anche tra i lavoratori, in un contesto lontano dai grandi circuiti finanziari, fatto di legami solidi, tra le persone, con le istituzioni e fra realtà economiche locali più che internazionali. Di fatto non è così, e la cultura dell Internet non è così lontana dalla cultura dei distretti industriali italiani. Forse molti lo ignorano, ma l intreccio tra rivolta culturale e rivoluzione tecnologica, in contrapposizione con le grandi corporations, che ha caratterizzato la rivoluzione informatica non è molto differente dalla rivoluzione dei distretti, che ha generato un filone di imprese autonome, in grado di sostenere un preciso e stabile orientamento di mercato e parallelamente di uscire dai vincoli di dipendenza e subalternità nei confronti della grande impresa. Di cosa si tratta? In primo luogo si tratta di una cultura informale condivisa da parte di tutti gli attori collettivi presenti nel territorio. Nel libro di Marco Revelli Oltre il Novecento (2001) si svolge una disanima dell evento che portò alla nascita di Altair, il progenitore tecnologico che ha cambiato la storia del mondo. Revelli incentra questa disamina sul rapporto, che in quel caso è esistito, tra rivolta, rottura socio-culturale e rivoluzione tecnologica, ed analizza i protagonisti, la dinamica e la forma sociale. Mi sembra giusto riprendere questa riflessione per ricordare quei giovani hacker, tra cui Steve Jobs, che hanno cambiato il nostro modo di comunicare e quindi anche di vivere: «I pionieri di quella nuova tecnologia, coloro che ci avevano creduto sin dall inizio, che l avevano inventata ed alimentata quando ancora nessuno ci avrebbe scommesso sopra un centesimo, si collocavano pressoché tutti non solo fuori dell establishment industriale, accademico e politico, ma in numero consistente dichiaratamente contro di esso. Provenivano dai movimenti di rivolta nelle Università degli anni sessanta, ne avevano respirato l aria e ne conservavano il radicalismo, 7

8 il culto dell azione, l odio antiburocratico e lo stesso moralismo. Quello che li univa, e li rendeva simili, era il carattere prevalentemente non strumentale dell agire, il suo essere, almeno inizialmente, apparentemente privo di uno scopo, quantomeno di uno scopo inscrivibile nel repertorio codificato dell economia formale. Non disdegnavano di dare in futuro alla propria attività una forma di impresa ma non accettavano di lavorare in uno qualsiasi dei tradizionali luoghi del lavoro organizzato, dove l attività viene razionalizzata separandola dalla vita ed il produttore individuale perde di vista i risultati finali della propria attività». La seconda considerazione riguarda la dinamica della cosiddetta rivoluzione micro-elettronica, cioè il modo in cui essa ha preso origine e si è sviluppata nel tempo, in forma del tutto anomala rispetto alla consolidata logica novecentesca e alle rivoluzioni industriali precedenti. Questa dinamica ha come caratteristica il rovesciamento del tradizionale rapporto mezzi-fini e merci-bisogni facendo precedere l oggetto al suo scopo, la cosa all impiego utile cui sarebbe stata destinata. In pratica la sofisticata tecnologia che ha cambiato il nostro modo di vivere e di produrre è nata da operazioni di moderno reverse engineering, ovvero di copia e incolla e manipolazione stile bricoleurs, nel quadro di un immaginario potenziale d utilizzazione radicalmente diverso da quello in cui si sarebbe in realtà incarnata. Per le sue caratteristiche nessun manager delle grandi industrie informatiche avrebbe potuto intercettare un simile vettore innovativo e questo perché esso si muoveva lontano dai loro conti, profitti e perdite ed al di fuori delle loro raffinate ma cieche tecniche di marketing. E ancor meno avrebbe potuto essere intercettata nel mondo della PMI. Perché questo? Perché quelli che erano mobilitati nel corso di quel bizzarro processo creativo erano materiali di un tipo particolare. Potremmo definirli beni relazionali, risorse immateriali, in buona misura invisibili e non valutabili secondo i canoni economici tradizionali - quello che oggi chiamiamo capitale intellettuale o capitale sociale. In quel processo si manipolavano e si mettevano in circolazione, dentro una rete spontanea di artigiani informatici indipendenti, algoritmi, pezzi 8

9 di conoscenza sofisticata, schemi logici, parole, anzi interi linguaggi, prima astrusi, balbettati nei codici dell algebra binaria, nei segni esoterici dell Assembler, poi, con il Basic, sempre più vicini al linguaggio naturale. Tutta roba che nell età del ferro del capitalismo - nell epoca delle catene di montaggio e delle economie di scala, dove i mezzi di produzione erano fatti di ghisa, acciaio e cemento ed i generi di consumo erano massicci e pesanti - veniva considerata res nullius, priva di un valore produttivo e quindi di un peso reale. O forse come res omnium, proprietà naturale di tutti, come l acqua del mare o l aria o le parole, appunto, che nascono e muoiono senza copyright nei circuiti delle comunità umane. E che ora circolano liberamente, dentro quel processo collettivo di elaborazione, come materia prima di un fare spontaneamente organizzato, ma fuori dai circuiti codificati dell utilità e dell appropriazione economica. Per i pionieri del personal computer il loro lavoro non poteva essere immesso nel circuito dello scambio mercantile, dominato dalla IBM sul mero principio dell utile economico, quanto piuttosto in quello dello scambio d informazioni libero e socievole, guidato dal principio della reciprocità. Ed è questo il terzo aspetto significativo della rivoluzione micro-elettronica degli anni Settanta, e riguarda la sua forma sociale, cioè il tipo di interazioni umane che presiedettero alla sua genesi e al suo sviluppo. Quella rivoluzione, per lo meno in via principale e nelle sue origini, non si svolse all insegna dell individualismo possessivo tipico dell etica di mercato ma piuttosto di un comunitarismo radicalmente democratico, integrato da residui di cooperativismo o comunque di solidarismo per certi aspetti pre-moderno. Il termine che ritorna con maggiore frequenza nelle autorappresentazioni dell identità collettiva di quell altrimenti eterogenea rete di internauti è appunto comunità. E l unica idea regolativa che poteva essere riconosciuta da tutti come norma, in quel mondo di irregolari, era quella incentrata sulla condivisione. Gli stessi luoghi in cui quella rete si materializzava e in cui avveniva la parte più consistente del processo sociale di elaborazione dell innovazione, erano caratterizzati dal massimo di informalità ed insieme dal massimo di densità. 9

10 Erano degli spazi pubblici primari, fondati sulla conoscenza reciproca, sulla fiducia e la condivisione esistenziale, dove si poteva avvertire l energia liberata dall effervescenza comunicativa; dove le informazioni fluivano con intensità in rapporti faccia a faccia e le cose passavano di mano secondo la logica del baratto e non della compravendita; questi luoghi potevano essere il box auto di Gordon French o la Peninsula School di Menlo Park, dove si riunivano i membri dello Homebrew Computer Club 2. Questi luoghi furono le roccaforti in cui si condensò e si organizzò in modo informale una nuova figura che del produttore delle origini conservava un solo carattere - la capacità e la volontà di mobilitare la tecnica per trasformare il mondo - ma che, al contrario di quello, credeva fortemente nel valore del decentramento, della condivisione volontaria, dell artigianalità della ricerca. Internet si presenta perciò come un modo nuovo di fare affari, utilizzabile in modo molto aperto, dove tutti hanno diritto di cittadinanza. Il mondo di Internet, quindi, in parziale contraddizione con il settore finanziariamente aggressivo della new economy, è anche in qualche modo vicino alla logica di mercato delle PMI italiane, dove decentramento produttivo, maggiore flessibilità e minori vincoli organizzativi non significano che la competizione tra le imprese scompaia, soprattutto in relazione ai mercati e ai prezzi, e pur tuttavia si instaurano e si sviluppano generalmente rapporti collaborativi e cooperativi allargati. 2 L Homebrew Computer Club è stato uno dei primi club di appassionati di computer (homebrew significa fatto in casa, nel senso di autocostruito ) nonché uno dei più noti. I suoi membri si sono incontrati dal 5 marzo 1975 fino al dicembre del Il club è noto anche per aver annoverato tra i suoi membri figure di spicco del mondo informatico, tra cui i fondatori di Apple Steve Jobs e Stephen Wozniak. L Homebrew Computer Club era composto prevalentemente da semplici appassionati di computer, sebbene molti dei membri fossero ingegneri elettronici, hobbisti con discrete conoscenze tecniche o avessero comunque un esperienza come programmatori. Scopo del club era la compra-vendita di componenti e di circuiti e lo scambio di informazioni pertinenti il fai-da-te di schede e microcomputer. Il club nacque per iniziativa di Gordon French e Fred Moore, che si erano conosciuti al Community Computer Center a Menlo Park, California (USA) e vollero creare un gruppo di persone che si incontrasse regolarmente e che fosse interessato alla realizzazione di computer alla portata di chiunque. Il primo incontro fu tenuto il 5 marzo del 1975 nel garage di French a Menlo Park, cittadina della contea di San Matteo, in occasione dell arrivo in zona del primo computer Altair, inviato per una recensione a People s Computer Company, un bimestrale locale. Gli incontri successivi si svolsero nell auditorium dello Stanford Linear Accelerator Center. 10

11 Le attività web per soluzioni d affari Le aziende sembrano utilizzare Internet principalmente come strumento di immagine, meno per soluzioni più complesse. le PMI in particolare, sia pure con gradi differenti, utilizzano Internet per gestire prevalentemente i rapporti con i clienti via e per proporre online la brochure aziendale (sito promozionale); solo in un secondo momento organizzano soluzioni a supporto delle interazioni tramite il proprio sito o con i social network, mentre decisamente poco diffuse sono le soluzioni a supporto del processo di sviluppo prodotti. Non sempre le aziende riescono a cogliere in pieno le potenzialità offerte dai nuovi strumenti dell ICT e i risultati che esso consente di raggiungere. Inoltre, spesso non si dispone degli strumenti necessari per identificare quale modello di Internet-business sviluppare e quindi quale scelta di strategia può risultare più coerente con la realtà aziendale. Con le strategie comuni adottate da reti d imprese, al contrario, si sono potuti organizzare dei Portali collettivi di imprese con interessi comuni che possono essere utilizzati da ogni singola impresa per motivi diversi: in primo luogo, per valutare l opportunità di inserirsi in una soluzione comunicativa basata sulla tecnologia di Internet nel caso in cui una azienda non abbia ancora introdotto questi nuovi strumenti. In secondo luogo, per utilizzare, in una sinergia comune settoriale, la propria soluzione Internet ; oppure per identificare altre linee di sviluppo partendo dallo stato attuale dell attività imprenditoriale e dagli interessi dell azienda. I vantaggi legati a Internet non risiedono soltanto nell opportunità di ridurre i costi di comunicazione, bensì nella possibilità di incrementare notevolmente la quantità e la qualità delle informazioni scambiate con tutti i principali attori che interagiscono con l azienda, permettendo ad essa di gestire meglio alcuni processi aziendali, come il processo di acquisizione di conoscenza sui mercati o il processo di promozione dei nuovi prodotti. In particolare si utilizzano alcuni tra i principali strumenti: trasmissione info/file/documenti/video, in modo personalizzato, verso i clienti-obiettivo, oppure i fornitori. I risultati sono: da un lato fornire informazione (storica, sociale, economica e tecnologica) sul cluster o settore d imprese che hanno creato il portale; dall altro essere punto di riferimento mondiale e capofila 11

12 di un gruppo di lavoro e di partner internazionali che scambiano in tempo reale dati, domande e risposte per la filiera produttiva, a monte e a valle. Oggi si avverte un legame sempre più stretto fra l ambiente esterno all impresa e le sue configurazioni interne, tanto che è ormai abitudine consolidata parlare di impresa che apprende in tempo reale, ovvero di learning organisation 3, per esprimere il costante cambiamento delle sue strategie e della sua struttura organizzativa in un processo costante e continuo di adeguamento alle mutevoli condizioni ambientali, sempre più turbolente e quindi difficili da prevedere e da programmare sul medio e lungo periodo. Fra le caratteristiche ambientali più efficaci di questi ultimi anni c è la globalizzazione dei mercati, ormai presente e operativa grazie all avvento e alla diffusione delle alte tecnologie. Siamo stati e siamo tuttora protagonisti di una grande rivoluzione epocale: l avvento e la diffusione delle tecnologie high-tech, in particolare quelle relative alle ICT. Ci troviamo in presenza quindi di un informazione sempre più pregnante e diffusa, facilitata dagli sviluppi dell informatica distribuita e da una comunicazione resa in larga misura più efficace grazie all evoluzione tecnologica, quindi all uso dei computer e delle reti del tipo Internet. Questa rivoluzione ha indotto un mutamento storico nei costumi, nelle abitudini operative, nello stesso modo di pensare le organizzazioni, in particolare le strutture d impresa che a esse presiedono. Questo cambiamento di scenario ha influenzato il modo stesso di lavorare e dunque le comuni consuetudini operative, anche nella grande impresa. Si assiste così al declino degli organigrammi aziendali di tipo verticale, impostati su precise deleghe che indicavano la one best way, ovvero l unica via ritenuta migliore per svolgere i compiti assegnati, secondo l organizzazione scientifica del lavoro in fabbrica messa a punto da Frederick Winslow Taylor ( ), insieme a Henry Ford ( ), agli inizi del XX secolo. Nel nuovo secolo invece, l ampia, diffusa presenza delle alte tecnologie in tutte le organizzazioni comporta l emergere di una nuova unità d indagine operativa, costituita dalla singolare, strana coppia individuo-computer ; 3 Senge (Senge P., The fifth Discipline, New York, 1990) la definisce come un organizzazione in cui non è possibile non imparare poiché in tale contesto imparare è un processo intrinseco della vita professionale. La learning organization è una comunità di persone che si scambiano costantemente le loro capacità e competenze al fine di creare e concepire nuove idee. 12

13 una coppia, cioè, espressa dall operatore e dallo strumento informatico al quale è ormai indissolubilmente legato. Nelle più recenti organizzazioni imprenditoriali va anche affermandosi il concetto di impresa socialmente impegnata; un concetto che assume nuove connotazioni, tali da assimilarlo quasi a una positiva azione di marketing imprenditoriale (vedi l importanza dei contenuti innovativi su energia e ambiente). In un mondo sempre più turbolento, dominato com è dalla rivoluzione dell informatica e delle alte tecnologie, in cui agisce una molteplicità di imprese fortemente concorrenziali, il sistema di valori sociali può infatti diventare un elemento di successo imprenditoriale, in grado di rinnovare lo spirito d impresa e dunque il valore che essa costantemente crea. Del resto, è necessario e utile che oggi una particolare attenzione venga dedicata ai valori delle organizzazioni imprenditoriali. A questo proposito Gianfranco Dioguardi (2007) enuncia una sorta di legge secondo la quale: «il valore prodotto è necessariamente generato dai valori sui quali si fonda la natura dell impresa: entrambi questi elementi vivono la storia dell impresa e quindi dipendono dall esperienza che essa ha saputo generare. Ed è una storia che si manifesta in un ciclo vitale e che pertanto non può essere indifferente al trascorrere del tempo: interviene una naturale obsolescenza che ne consuma il contenuto rendendo necessaria una continua manutenzione per rigenerarne costantemente la potenzialità». D altra parte, l impresa si propone sempre come un insieme di individui motivati verso il conseguimento di obiettivi comuni, e per questo realizza di fatto un ambiente interno dal quale è necessario fare emergere un contesto di valori moralmente motivanti, così da favorire in primo luogo la positiva convivenza di persone che devono lavorare insieme e perciò esprimere una sempre maggiore efficacia ed efficienza operativa. Di conseguenza, si determinerà anche una atmosfera di costante apprendimento conoscitivo, grazie alla quale gli interessi culturali dei singoli concorreranno a far lievitare una cultura d impresa soddisfacente anche nel senso dei valori di comportamento. L impresa, peraltro, è radicata nell ambiente circostante e così può agevolmente portare avanti l obiettivo di migliorarlo continuamente. Questo discorso, vero per le grandi imprese, deve diventare vero anche per quelle di piccola e media dimensione la cui sopravvivenza, nelle difficoltà di uno scenario in costante mutamento, è legata allo spirito che le 13

14 caratterizza e dunque anche ai valori che esse sono in grado di esprimere. La situazione delineata è resa tanto più attuale dal fatto che, ormai, la maggior parte dei lavoratori, come si è visto, ha assunto le caratteristiche di knowledge worker, ovvero di professionisti della conoscenza che operano su macchine informatiche, i computer, per gestire prodotti il più delle volte intangibili, cioè costituiti sostanzialmente da informazioni. Gli stessi prodotti sono sempre più caratterizzati dai servizi che con essi vengono proposti sul mercato, in uno scambio che tende a durare nel tempo. In tal modo l impresa viene sottoposta a una costante valutazione critica da parte del cliente, il quale non potrà esimersi dal valutare anche i comportamenti aziendali che, per non essere penalizzati, dovranno necessariamente configurarsi nell ambito di un contesto di valori etici positivi. In queste circostanze è proprio il sistema imprenditoriale a rete a caratterizzare il sistema impresa come vera e propria macroimpresa, espandendolo anche ai fornitori d indotto a monte e, a valle, ai clienti, in un contesto operativo in grado di unificare o rendere omogenei i valori perseguiti dagli uni e dagli altri. Una situazione nella quale, da un lato, la PMI dei distretti parte già con un vantaggio competitivo perché, grazie alla consuetudine del distretto «al concetto di impresa-rete si è arrivati nel tempo dopo un lunga serie di aggiustamenti organizzativi, fra i quali sono prevalse le operazioni di esternalizzazione e di terziarizzazione che hanno portato a considerare l azienda prima come transazionale, quindi come impresa corta dato il contenimento dei livelli verticali di organizzazione, per poi giungere appunto al modello di impresa-rete» (Dioguardi 2007). D altro lato, invece, la piccola impresa si trova in grave difficoltà, perché presenta generalmente un organizzazione molto snella, dove poche persone concentrano su se stesse tutto il potere decisionale, sia a livello strategico che operativo. La concentrazione su un unico soggetto - di decisioni strategiche e soluzioni di problemi operativi, di controllo su tutta la struttura, della gestione dei clienti e dei fornitori e della promozione per la ricerca di nuovi mercati -, non è sempre agevole, anzi si assiste a un paradosso di non facile soluzione. L imprenditore utilizza l intera giornata per risolvere problemi contingenti, avverte la necessità di pianificare e controllare i risultati, ma non ha tempo da dedicare a quella che dovrebbe essere la sua attività principale, cioè comunicazione e innovazione. Per le dimensioni ridotte e 14

15 per non appesantire i costi di struttura, l imprenditore di una piccola azienda non può permettersi di assumere esperti nel settore informatico, ovvero inserire risorse da dedicare all attività web, né tanto meno acquistare ed implementare software specifici che necessitano di investimenti molto onerosi. In questo contesto, il ruolo di amministratore web di una rete di imprese diventa quello di creare, partendo dai dati esistenti e rispettando la specificità aziendale, un insieme di strumenti di semplice utilizzo che siano d ausilio all imprenditore nella gestione della Comunicazione online della propria impresa, senza richiedere investimenti onerosi in software specifici o l assunzione di personale specializzato per seguire i progetti. Non si tratta di esternalizzare tutto il progetto di comunicazione, ma alcuni passi sono necessari per mettere a punto gli strumenti tecnici che alla luce dell esperienza risultano essere i più richiesti dalle piccole imprese e per ottenere un servizio di costante aggiornamento e manutenzione, oltre all esame di alcune difficoltà da superare per raggiungere l obiettivo di introdurre in azienda un sistema di comunicazione digitale pianificata e costante. 15

16 Bibliografia DIOGUARDI G., Le imprese rete, Bollati Boringhieri, Torino REVELLI M., Oltre il Novecento, Einaudi, Torino

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