SOMMARIO. Famiglia e diritto Sommario NOVITÀ IN SINTESI GIURISPRUDENZA. Famiglia e diritto 6/ Legittimità Civile. Penale.

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1 Famiglia e diritto Sommario SOMMARIO NOVITÀ IN SINTESI NOVITÀ LEGISLATIVE ED AMMINISTRATIVE acuradialberto Figone 561 GIURISPRUDENZA Legittimità Civile Sentenze straniere ASPETTI PROCESSUALI E DIRITTO DI DIFESA NEL PROCEDIMENTO DI RICONOSCIMENTO DI SENTENZE STRANIERE Cassazione civile, sez. I, 5 ottobre 2012, n di Flavio Astiggiano 564 Legittimità Penale Stalking ILLOGICO NEGARE IL DIVIETO DI AVVICINAMENTO SE LE MOLESTIE ALL EX CONIUGE CONFIGURANO LO STALKING Cassazione penale, sez. III, 11 febbraio 2014, n di Carmelo Minnella 570 Amministratore Merito AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO, E CAPACITÀ MATRIMONIALE di sostegno Tribunale di Modena, sez. II civ., 18 dicembre 2013, decr. 579 di Giovanni Bonilini 580 Competenza Separazione RIPARTO DI COMPETENZE TRA TRIBUNALE ORDINARIO E TRIBUNALE PER I MINORENNI: PRESUPPOSTI E LIMITI DELLA NUOVA COMPETENZA C.D. PER ATTRAZIONE, ALLA LUCE DELLA LEGGE N. 219 DEL 2012 Tribunale Milano, sez. I civ., 3 ottobre 2013, decr. 589 di Katia Mascia 591 L OPPORTUNITÀ DELLA PROCEDURA BIFASICA NEI TRASFERIMENTI A CAUSA DI SEPARAZIONE CONSENSUALE O DI DIVORZIO Tribunale di Milano, sez. IX civ., 21 maggio 2013, decr. 600 di Andrea Ferrari 602 Itinerari di giurisprudenza LA GIURISPRUDENZA SUL CASO STAMINA acuradielena Falletti 609 Osservatorio di giurisprudenza civile acuradiantonella Batà e Angelo Spirito 617 Osservatorio di giurisprudenza penale acuradipaolo Pittaro 623 Famiglia e diritto 6/

2 Famiglia e diritto Sommario OPINIONI Patto di famiglia L IMPUTAZIONE EX SE NEL PATTO DI FAMIGLIA di Fabrizio Volpe 628 Amministratore di sostegno DIECI ANNI DI AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO: POTERI DEL GIUDICE TUTELARE, RILEVANZA DEL CONSENSO E DEL DISSENSO DEL DESTINATARIO DI PROVVEDIMENTI DI PROTEZIONE di Daniela Giannone 637 INDICE AUTORI - CRONOLOGICO - ANALITICO 645 COMITATO PER LA VALUTAZIONE Roberto Amagliani, Luigi Balestra, Vincenzo Barba, Giovanni Francesco Basini, Roberto Calvo, Antonio Carratta, Marco De Cristofaro, Giovanni Di Rosa, Lotario Dittrich, Angelo Federico, Gilda Ferrando, Marcella Fortino, Andrea Graziosi, Elena La Rosa, Paola Manes, Massimo Montanari, Andrea Mora, Fabio Padovini, Mauro Paladini, Margherita Pittalis, Gianfranco Ricci, Carlo Rimini, Francesco Ruscello, Laura Salvaneschi, Sergio Vinciguerra Per informazioni in merito a contributi, articoli ed argomenti trattati, scrivere o telefonare a: IPSOA Redazione Casella Postale Milano telefono (02) telefax (02) redazione.famigliaediritto.ipsoa@wki.it Per informazioni su gestione abbonamenti, numeri arretrati, cambi d indirizzo, ecc., scrivere o telefonare a: IPSOA Servizio Clienti Casella postale Milano telefono (02) telefax (02) Servizio risposta automatica telefono (02) EDITRICE Wolters Kluwer Italia S.r.l. 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3 Normativa Novità in sintesi Novità legislative ed amministative a cura di Alberto Figone MATRIMONIO LUOGO DI CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO CIVILE Ministero dell Interno, Direzione centrale per i servizi demografici, Circolare n. 10/2014 Come è noto, da tempo, a fronte di una rilevante richiesta, un gran numero di Comuni provvede a celebrare matrimoni civili, ai di fuori della casa comunale, sulla base del disposto dell art. 3 d.p.r. n. 396/2000; in base a tale norma, i Comuni possono disporre, anche per singole funzioni, l istituzione di uno o più uffici separati dello stato civile, con deliberazione della giunta comunale, trasmessa al prefetto; ciò in deroga al disposto dell art.106 c.c. Con circolare n. 7/2007, il Ministero dell interno,direzionecentraleperi servizi demografici, ha precisato che i siti prescelti, anche se esterni alla casa comunale, debbano essere nella disponibilità giuridica del Comune, con carattere di ragionevole continuità temporale, purché destinati a questa funzione, e che siano pertanto dedicati in via non occasionale alla celebrazione dei matrimoni. Il Ministero stesso ha poi chiesto al Consiglio di Stato un parere circa la possibilità di celebrare matrimoni presso siti che, in ragione della loro importanza estetica, storica o ambientale, abbiano destinazione turistica e siano aperti al pubblico. Il Consiglio di Stato, con parere, n. 196/14 osserva che, ove i requisiti di esclusività e continuatività della destinazione del sito fossero intesi in termini assoluti, sarebbero preclusivi di celebrazioni in luoghi aperti all utenza. Deve allora ritenersi possibile tanto una destinata frazionata nel tempo (determinati giorni della settimana, determinati giorni de mese), quanto una destinazione frazionata nello spazio (determinate aree del luogo), purché precisamente delimitati e aventi carattere duraturo, o, comunque non occasionale. Rileva dunque la connessione fra l uso del sito e le funzioni amministrative proprie della casa comunale, che non viene meno, allorquando determinati periodi di tempo o determinate porzioni del sito siano adibite ad altri usi. Il Ministero dell Interno, conlacircolareepigrafata,hafattoproprioilparere,permettendo la possibilità di impiegare un sito a valenza culturale o estetica per le celebrazioni matrimoniali, senza sottrarlo al godimento della collettività. PERSONE DEL MEDESIMO SESSO Consiglio di Amministrazione dell Università di Genova, delibera Il Consiglio di Amministrazione dell Ateneo genovese, con una delibera che ha fatto molto parlare di sé anche da parte dei media, ha ritenuto di estendere il congedo straordinario per matrimonio al personale amministrativo dipendente, anche nei seguenti casi: a) matrimonio contratto all estero con una persona dello stesso sesso; b) unione civile registrata, avente effetti equiparabili al matrimonio, contratta all estero con una persona dello stesso sesso, c) altre situazioni, adeguatamente comprovate, assimilabili alle precedenti. Il Consiglio richiama espressamente l art. 3 Cost., gli artt. 7 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell UE, nonché gli artt. 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell uomo, che vietano ogni discriminazione, in ragione dell orientamento sessuale. Richiama altresì la sentenza della Corte di Giustizia Europea 12 dicembre 2013, C-267/12, che ha affermato che, qualora una disposizione del contratto collettivo accordi ai lavoratori un permesso retribuito in occasione del loro matrimonio, lo stesso beneficio deve essere riconosciuto ai dipendenti uniti in un patto civile di solidarietà con una persona del medesimo sesso. La sentenza aggiunge che la mancata concessione del beneficio ai dipendenti, che nel loro paese d origine non possono contrarre matrimonio, dà luogo ad una forma di discriminazione. PREVIDENZA E ASSISTENZA ASSEGNI PER IL NUCLEO FAMILIARE E DI MATERNITÀ Circolare INPS 27 febbraio 2014 L INPS, con la circolare epigrafta, preso atto della comunicazione in data , del Dipartimento delle politiche per la famiglia, quanto dell incremento dell indice Istat, ha così quantificato gli importi delle seguenti prestazioni: a) l assegno per il nucleo familiare (da corrispondere agli aventi diritto per l anno 2014), è pari, nella misura intera, ad Euro 141,02; b) l assegno mensile di maternità, spettante nella misura intera, per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento, intervenuti nell anno solare 2014, è pari ad Euro 338,21 per cinque mensilità, e quindi a complessivi Euro 1.691,05. Il valore dell indicatore della situazione economica, con riferimento ai nuclei familiari composti da tre membri, da tenere presente per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento, intervenuti nell anno solare 2014, è pari ad Euro ,84. GOOGLE STREET VIEW PRIVACY Autorità garante per la protezione dei dati personali 18 dicembre 2013 Ha avuto ampia diffusione tramite i mass media, la notizia che l Autorità garante per la privacy ha comminato la sanzione di 1 milione di Euro a Google, per il servizio Street View. L ordinanza, risalente all anno scorso, è stata di recente divulgata. I fatti risalivano al 2010, quando le auto di Famiglia e diritto 6/

4 Normativa Novità in sintesi Google percorrevano le strade italiane, senza essere riconoscibili e, dunque, senza consentire, alle persone presenti nei luoghi, di decidere se sottrarsi o meno alla cattura delle immagini; numerose erano state le segnalazioni all Autorità da parte di soggetti, che non desideravano comparire nelle foto pubblicate on line. L Autorità Garante aveva prescritto alla Società di rendere le Google cars facilmente individuabili, attraverso cartelli o adesivi ben visibili, di pubblicare sul sito web, tre giorni prima delle riprese, le località che sarebbero state visitate, ovvero i quartieri, per le grandi città. Analogo avviso doveva essere pubblicato da Google sulle pagine di cronaca locale di almeno due quotidiani e diffuso tramite un emittente radiofonica locale, per ogni regione visitata. Dette misure sono state tempestivamente adottate. A conclusione del procedimento sanzionatorio, Google è stata condannata al pagamento di cui si è detto, tenuto conto della rilevanza della banca dati, nella quale sono stati raccolti i dati illecitamente raccolti. CALL CENTER Autorità garante per la protezione dei dati personali 20 febbraio 2014 Numerosi abbonati telefonici hanno lamentato la ricezione di telefonate indesiderate; tra esse, oltre a quelle a carattere commerciale, effettuate con l intervento dell operatore, anche altre c.d. mute, alle quali, una volta risposto, non si viene messi in contatto con alcun interlocutore. Come messo in luce dalle verifiche effettuate dall Autorità garante, il problema deriva dalle impostazione dei sistemi centralizzati di chiamata dei call center. Per eliminare detto fenomeno, che può generare ansia nell utente, oltre che lederne la riservatezza, l Autorità ha fissato regole ben precise: 1) i call center devono tenere precisa traccia delle chiamate mute, che dovranno essere interrotte, trascorsi tre secondi dalla risposta dell utente; 2) non potranno verificarsi più di tre telefonate mute ogni cento andate a buonfine ; 3) l utente non potrà più essere messo in attesa silenziosa, essendo necessaria una traccia audio preregistrata (c.d. comfort noise), per dare la sensazione che la chiamata provenga da un call center e non da un eventuale molestatore; 4) l utente, disturbato da una chiamata muta, non potrà che essere ricontattato per cinque giorni e, al contatto successivo, dovrà essere garantita la presenza di un operatore; 5) i call center dovranno tenere report statistici delle chiamate mute, in relazione a ciascuna campagna. TRASFERIMENTI IMMOBILIARI SEPARAZIONE E DIVORZIO Agenzia delle Entrate, circolare 21 febbraio 2014, n. 2/E L Agenzia delle Entrate, con la circolare epigrafata, ha chiarito la portata applicativa delle disposizioni dell art. 10 del. d.lgs. n. 23/2011, come modificato dall art. 26 del d.l , n. 104, convertito con modificazioni dalla l , n. 128, e dell art. 1, comma 608 della l , n. 147, che ha introdotto rilevanti novità nel regime impositivo applicabile, ai fini delle imposte indirette, agli atti, a titolo oneroso, traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari, con decorrenza dal Il cit. art. 10 in questione prevede la soppressione di tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche seprevisteinleggispeciali, in relazioni ai trasferimenti immobiliari; si è così temuto che ciò valesse pure in relazione ai trasferimenti, posti in essere in sede di separazione e divorzio, in parziale modifica dell art. 19 della l , n. 74. La circolare in esame dispone che: la soppressione disposta dall art. 10, comma 4, non opera in relazione ad alcune previsioni fiscali, che sono funzionali alla disciplina di particolari istituti, che hanno un applicazione ampia, la cui riferibilità ai trasferimenti immobiliari è solo eventuale e prescinde dalla loro natura onerosa o gratuita. Si pensi ad alcuni istituti, quali.. i procedimenti in materia di separazione e divorzio.., che prevedono una normativa fiscale di carattere generale, che può trovare applicazione, tra l altro, anche per i trasferimenti immobiliari, posti in essere nell ambito degli stessi procedimenti. In conclusione, i trasferimenti immobiliari, posti in essere nell ambito di procedimenti di separazione o divorzio, pur in data successiva al , continuano a beneficiare delle agevolazioni di cui alla l. n. 74/1987. COGNOME STRANIERI Ministero dell Interno, Dipartimento per le libertà civili e l immigrazione, circolare n /2013 Con la circolare in epigrafe, il Ministero dell Interno ha dato disposizioni affinché lo straniero, che acquisti la cittadinanza italiana, possa conservare il proprio cognome originario, senza che questo possa essere modificato mediante l attribuzione del cognome paterno, da parte del decreto di conferimento della cittadinanza. La questione è sorta in quanto il Ministero, ai fini della stesura del decreto di cittadinanza italiana, utilizzava i criteri della legge italiana per la formazione del cognome, imponendo quello paterno, mentre, come noto, in altri ordinamenti il cognome registrato alla nascita non coincide con quello paterno. Analogamente, la circolare dispone che, nella stesura del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, si deve tenere conto delle modalità di trascrizione dei caratteri non ricompresi nell alfabeto latino. PROTEZIONE INTERNAZIONALE D.Lgs. 21 febbraio 2014, n. 18 Ai fine di dare attuazione alla direttiva 2011/95/UE recante norme sull'attribuzione, a cittadinidipaesiterzioapolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta è entrato in vigore il decreto legislativo in oggetto. Esso modifica diverse previsioni del d.lgs. n. 251/2007 e l art. 29 del T.U. delle leggi sull immigrazione. Vengono in particolare perfezionate le norme per il riconoscimento delle qualifiche di status dirifugiatoediprotezionesussidiariaenelcontemposi uniforma il trattamento dei beneficiari di entrambe le qualifiche (tra l altro portando a cinque anni la durata del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria). Si rinvia invece ad un futuro piano nazionale l adozione di misure di integrazione sociale dei beneficiari della protezione internazionale. 562 Famiglia e diritto 6/2014

5 Sentenze straniere Riconoscimento CASSAZIONE CIVILE, sez. I, 5 ottobre 2012, n Pres. Fioretti Est. Dogliotti L interesse ad agire per il riconoscimento nell ordinamento italiano di una sentenza straniera sussiste quando ricorra, in concreto, almeno uno dei presupposti di cui al primo comma dell art. 67 l. n. 218 del 1995: mancata ottemperanza, contestazione del riconoscimento, necessità di procedere ad esecuzione forzata. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Conforme Cass., S.U., 18 novembre 2008, n ; Cass. 29 maggio 2003, n Difforme Non si rinvengono precedenti difformi... Omissis... Motivi della decisione Con il primo motivo, il ricorrente eccepisce nullità della sentenza e del procedimento; violazione degli artt. 111, 117 Cost., 156, 159, 163, 163 bis, 164, 166, 167, 183, 184, 427, 439 c.p.c., vizio di motivazione, in relazione agli effetti del mutamento di rito. Con il secondo motivo, violazione dell art. 100 c.p.c., 64 e 67 l. n. 218/95, vizio di motivazione, quanto all interesse ad agire. Con il terzo motivo, violazione degli artt. 3, 4, 64, 66 l. n. 218/1995, c.c., in ordine alla giurisdizione del giudice bielorusso. I motivi vanno rigettati perché infondati. Anche se nella l. n. 218 non si fa preciso riferimento al riguardo, giurisprudenza consolidata di questa Corte ritiene che sia ordinario contenzioso il procedimento volto al riconoscimento di sentenze straniere ex art. 67, predetta legge (tra le altre, Cass. n del 2006). Va in linea generale affermato che il procedimento camerale, di per sé, non si pone in contrasto con i principi del giusto processo e con la garanzia del diritto di difesa. Ed è assai significativo che un recente intervento normativo abbia esplicitamente previsto il rito camerale per la delibazione. Nella specie, comunque, è stato disposto mutamento di rito e sono stati concessi i termini di cui all art. 183, sesto comma c.p.c. per la precisazione e modificazione delle domande, eccezioni e conclusioni già formulate e per l indicazione dei mezzi di prova. Il K. ha quindi potuto dedurre, controdedurre ed interloquire in ordine alle domande della ricorrente. E appena il caso di precisare che i termini di cui all art. 4, comma 9 e 10 l. 898/1970, richiamati da controparte, non sono assolutamente pertinenti, in quanto non attengono al mutamento di rito, ma al passaggio dalla fase presidenziale a quella ordinaria contenziosa. Quanto alla mancata assegnazione dei termini di cui all art. 190 c.p.c., va precisato che la Corte ha ritenuto la causa sufficientemente istruita e si è avvalsa del potere riconosciutole dall art. 281 sexies c.p.c. di decidere senza l assegnazione di termini per lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Nessuna delle parti risulta aver chiesto la trattazione orale. E il giudice a quo ha giustificato tale scelta, precisando che le parti hanno avuto ampio spazio per sviluppare le proprie difese, e la concessione di ulteriori termini si sarebbe risolta in un pregiudizio dell esigenza di una celere trattazione, stante anche la natura alimentare della domanda proposta. Appare non rilevante, nell ambito del presente procedimento, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 427 e 439 c.p.c. nella parte in cui, in caso di mutamento di rito, non conterrebbero l onere di adeguare l atto introduttivo del giudizio ai dettami di cui agli artt. 163 e 163 bis c.p.c. : non viene infatti esplicitato dal ricorrente il concreto pregiudizio in cui egli sarebbe incorso per l effetto del mutamento di rito. Quanto all asserita mancanza di interesse ad agire (nella sentenza straniera mancherebbe la quantificazione concreta della somma da corrispondersi da parte del K., avendolo il giudice condannato a pagare il 25% dello stipendio o di altro reddito, e dunque secondo il ricorrente non si potrebbe agire esecutivamente), giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. n del 2008) ha chiarito che l interesse ad agire sussiste quando ricorra, in concreto, almeno uno dei presupposti di cui al primo comma dell art. 67 l. n. 218: mancata ottemperanza, contestazione del riconoscimento, necessità di procedere ad esecuzione forzata. Il ricorrente ha trattato solo il profilo dell esecutorietà e il motivo relativo pertanto va dichiarato inammissibile. Quanto alla mancata sussistenza dei requisiti per il riconoscimento (art. 64, lett. a) e g)), questa Corte (Cass. n del 2003) ha avuto modo di precisare che i vizi che, se tempestivamente dedotti, avrebbero inficiato il giudizio, ivi compreso il difetto di competenza giurisdizionale, secondo i principi propri dell ordinamento italiano, trattandosi di materie derogabili, ai sensi dell art. 4 l. n. 218, non possono essere fatti valere per la prima volta davanti al giudice italiano (ivi compresa, in particolare, la questione della residenza e/o domicilio del ricorrente). Riguardo all ordine pubblico, è appena il caso di precisare che l oggetto della causa (mantenimento del figlio minore) non può essere considerato contrario ad esso. Il ricorrente sembra giustificare la sua tesi, richiamando Famiglia e diritto 6/

6 Sentenze straniere elementi di fatto (agli avrebbe provveduto spontaneamente al mantenimento), non pertinenti e comunque non verificabili in questa sede. Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Omissis ASPETTI PROCESSUALI E DIRITTO DI DIFESA NEL PROCEDIMENTO DI RICONOSCIMENTO DI SENTENZE STRANIERE di Flavio Astiggiano (*) L Autore, nell analizzare la sentenza sopra riportata, affronta il tema della delibazione delle sentenze straniere, facendo in modo particolare riferimento al procedimento previsto dall art. 67 della legge n. 218 del Il caso La decisione qui annotata affronta alcune particolari tematiche relative all interpretazione dell art. 67 l. n. 218/1995. Prima di analizzarle è però opportuno ripercorrere, seppure per sommi capi, lo svolgimento del processo che ha condotto alla decisione della Suprema Corte. La madre di un minore adiva con ricorso la Corte di Appello di Bari affinché dichiarasse efficace nello Stato italiano la sentenza del Tribunale della circoscrizione di T. della città di M., che aveva condannato il padre del comune figlio a pagare ad essa gli alimenti per quest ultimo. Costituitosi in giudizio, il padre chiedeva dichiararsi nullo, inammissibile ed improcedibile il ricorso e, nel merito, domandava il rigetto dello stesso. La Corte di Appello, dopo aver provveduto al mutamento di rito da camerale a contenzioso, accoglieva la domanda della madre del minore, dichiarando efficace ed esecutiva in Italia la sentenza emessa dal Giudice straniero. A questo punto il padre del minore proponeva ricorso per Cassazione, chiedendo la riforma della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Bari, mentre la madre domandava che il ricorso fosse respinto. (*) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee. (1) Per un approfondimento, cfr., in dottrina, Bariatti, Commento agli artt della legge 218/95, inriv. intern. priv. proc., 1996, 1221 ss.; Carpi, L efficacia delle sentenze ed atti stranieri, inla riforma del sistema di diritto internazionale privato eprocessuale, Milano, 1996, 308; Campeis De Pauli, Il processo civile italiano e lo straniero lineamenti di diritto processuale civile internazionale, Milano, 1996; Consolo, Evoluzioni 2. Il riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali stranieri alla luce dell art. 67, l. n. 218/1995 La decisione qui in commento consente di affrontare il tema del riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali stranieri nel sistema della legge , n. 218, di riforma del diritto internazionale privato. Di tale procedimento si occupano gli artt. 64 ss. della citata legge. In particolare, l art. 64, primo comma, l. n. 218/1995, prevede che la sentenza straniera sia riconosciuta in Italia senza che sia all uopo necessario alcun procedimento. Tuttavia, il successivo art. 67 puntualizza, in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento, che in caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera, oppure nel caso in cui sia necessario procedere ad esecuzione forzata, colui il quale vi abbia interesse può domandare alla Corte d appello territorialmente competente (quella del luogo di attuazione del provvedimento) l accertamento dei requisiti del riconoscimento (1). In merito ai requisiti per il riconoscimento, previsti dall art. 64, l. n. 218/1995, la Suprema Corte, nella sentenza qui in commento, richiamando un pro- nel riconoscimento delle sentenze, inriv. trim. dir. proc., 1997, 575; Pocar, Il nuovo diritto internazionale privato italiano, Milano, 1997, 74; Sinagra, Riconoscimento ed esecuzione in Italia degli atti giurisdizionali stranieri in materia di diritto di famiglia, in Dir. fam. pers., 1997, 659; Tondo, Appunti sull efficacia di sentenze ed atti stranieri, in Foro it., 1996, V, 192; Lopes Pegna, I procedimenti relativi all efficacia delle decisioni straniere in materia civile, Padova, Famiglia e diritto 6/2014

7 Sentenze straniere prio precedente, ha avuto modo di precisare che i vizi i quali, se tempestivamente dedotti, avrebbero inficiato il giudizio, ivi compreso il difetto di competenza giurisdizionale, secondo i principi propri dell ordinamento italiano, trattandosi di materie derogabili, ai sensi dell art. 4, l. n. 218/1995, non possono essere fatti valere per la prima volta davanti al giudice italiano, bensì devono essere fatti valere nel procedimento di merito innanzi all Autorità straniera (2). E di tutta evidenza, in ogni caso, che il provvedimento straniero non avrà rilevanza soltanto nei casi sopra indicati, bensì esso rivestirà una fondamentale importanza in tutte quelle ipotesi in cui, ad esempio, una delle parti eccepisca un bis in idem relativamente ad una controversia instaurata in Italia il cui petitum sia già stato sottoposto al giudizio di un giudice straniero; oppure, si pensi a tutti quei casi in cui il giudice italiano debba risolvere una questione pregiudiziale ed al quale venga posta come risolutoria da una delle parti la sentenza estera già passata in giudicato e che costituisce pertanto essa stessa cosa giudicata nel processo de quo. E pertanto evidente, sia a fini di celerità del processo, sia al fine di evitare un ipotetico conflitto di giudicati, che in presenza di una decisione emessa da un giudice straniero non sia più necessario procedere ad un nuovo accertamento, ritenendosi sufficiente quanto deciso all estero. Sostanzialmente, stante quanto previsto dalla l. n. 218/1995, il giudice italiano si deve fidare della decisione del giudice straniero, e non può svolgere alcun accertamento relativo al merito della decisione estera. Tuttavia, il giudice italiano, non potrà delibare la decisione estera tout court, bensì dovrà svolgere un accertamento volto a verificare la presenza di tutti i requisiti previsti dall art. 64 l. n. 218/1995. In particolare, si può affermare che il giudizio che si viene ad instaurare costituisca certamente un vero e proprio giudizio di merito, avente però ad oggetto non il rapporto sostanziale sul quale la sentenza straniera si è pronunciata, bensì l idoneità o meno di tale sentenza con verifica della sussistenza o meno dei requisiti prescritti a spiegare in concreto nel nostro Paese la sua efficacia. Da ciò derivano alcune importanti conseguenze. Innanzitutto, in base al divieto di bis in idem, in caso di positiva delibazione della decisione straniera, non sarà proponibile innanzi al giudice italiano (2) Sull aspetto relativo alla mancata sussistenza dei requisiti per il riconoscimento, cfr. Cass. 29 maggio 2003, n. 8588, la medesima azione già oggetto di giudicato ad opera del giudice straniero. Nel caso in cui, invece, la richiesta di riconoscimento non dovesse trovare accoglimento, sarà consentita, sussistendone i presupposti, una riproposizione dell azione causale innanzi al giudice italiano: in tal caso, il giudice italiano non potrà basarsi sulla motivazione della sentenza straniera al fine di rigettare la richiesta, poiché la decisione straniera in tale ipotesi sarebbe tamquam non esset, e sarebbe del tutto inidonea a spiegare effetti di giudicato nel nostro ordinamento giuridico. Diverso è invece il caso in cui la richiesta di delibazione sia rigettata con sentenza definitiva: in tale ipotesi, essendovi giudicato sul merito del riconoscimento, una domanda volta alla riproposizione della medesima richiesta di delibazione sarebbe improcedibile in quanto contraria al principio del ne bis in idem. Ciò, tuttavia, con una eccezione: l azione sarà nuovamente esperibile ed ammissibile nel caso in cui un requisito prima assente venga poi ad esistenza. 3. Il procedimento di riconoscimento innanzi la Corte d appello, l interesse ad agire e le tipologie di procedimento ex art. 67, l. n. 218/1995 L art. 67 della legge n. 218/1995 nulla prevede in merito alle modalità del procedimento di riconoscimento, e ciò costituisce una delle cause di rinvio dell entrata in vigore della riforma, posticipata al 31 dicembre Tuttavia, nel corso della pendenza di tale rinvio, non vi è stato alcun intervento legislativo volto a regolamentare gli aspetti procedimentali. Ciò è ancor più vero se si pensa che soltanto recentemente l articolo 30 del Decreto legislativo n. 150 del 1 settembre 2011 sulle disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione di procedimenti civili di cognizione ai sensi dell articolo 54 della legge 18 giugno 2009 n. 69, ha disposto che alle controversie in materia di contestazioni relative al riconoscimento di sentenze straniere e di provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione, nonché ai casi di esecuzione forzata, si applica il rito sommario di cognizione, ciò che comporta, peraltro, che il procedimento venga introdotto con ricorso. Secondo tale novella, la competenza è affidata alla Corte inedita. Famiglia e diritto 6/

8 Sentenze straniere d appello del luogo di attuazione del provvedimento. In ogni caso, il procedimento camerale (o, meglio, il non-rito della camera di consiglio), di per sé non sembra porsi in aperto contrasto con i principi del giusto processo e con la garanzia del diritto alla difesa (3). Nel silenzio della legge, si riteneva che la via da seguire per proporre il riconoscimento fosse l introduzione del procedimento mediante atto di citazione (4) in giudizio, ed il processo veniva definito con sentenza (5). In ogni caso, nulla escludeva che il procedimento potesse instaurarsi con ricorso: in questo caso la Corte d appello avrebbe emesso un decreto di fissazione d udienza che il ricorrente avrebbe dovuto notificare al resistente unitamente al ricorso. Anche in questa ultima evenienza si garantirebbe quindi il rispetto del principio del contraddittorio, diversa essendo soltanto la modalità introduttiva della causa. Nel caso di specie, in particolare, emerge dalla sentenza annotata che la Corte di appello, nonostante l introduzione del procedimento di riconoscimento con ricorso e nonostante l inizio della causa secondo il rito camerale, ha proceduto ad effettuare il mutamento del rito da camerale ad ordinario, concedendo i termini di cui all art. 183, comma 6, c.p.c., per la precisazione e modificazione delle domande, eccezioni e conclusioni già formulate e per l indicazione dei mezzi di prova. Emerge pertanto chiaramente che il ricorrente in Cassazione aveva nel precedente grado di giudizio potuto dedurre, controdedurre ed interloquire in ordine alle domande formulate dalla sua controparte. A tale fine, privi di pregio sarebbero altresì i riferimenti all art. 4, commi 9 e 10 della legge n. 898/1970, poiché essi fanno riferimento al passaggio dalla fase presidenziale del procedimento di scioglimento o di cessazione degli affetti civili del matrimonio alla fase propriamente contenziosa del medesimo procedimento, ciò che nulla ha in comune con il procedimento del quale qui si discute. Una problematica potrebbe, al più, ravvisarsi nel fatto che gli artt. 427 e 439 c.p.c. non prevedono, in caso di mutamento di rito, l onere di adeguare l atto introduttivo del giudizio ai dettami di cui agli artt. 163 e 163 bis c.p.c.. In particolare, un pregiudizio potrebbe riscontrarsi nel caso in cui il ricorso introduttivo, pur contenendo tutti gli elementi sufficienti per la sua validità, non dovesse contenere anche gli altri elementi previsti dai due predetti articoli. Sulla scorta di ciò si potrebbe valutare la proponibilità di un eccezione di legittimità costituzionale degli artt. 427 e 439 c.p.c. nella predetta parte; d altronde, la sentenza qui annotata non ritiene manifestamente infondata la questione, bensì si limita a ritenerla non rilevante nello specifico procedimento trattato, non avendo il ricorrente esplicitato il concreto pregiudizio in cui egli sarebbe incorso per effetto del mutamento di rito. Una volta analizzate le modalità di introduzione del procedimento, ed alcune delle possibili problematiche che all interno di esso possono verificarsi, occorre ora domandarsi quali sono i soggetti titolatiadadirelagiustiziaitalianaalfinedirichiedere di far entrare a pieno titolo nel nostro ordinamento interno una decisione di un Autorità straniera. In primo luogo, occorre precisare che la legittimazione, attiva o passiva che sia, viene riconosciuta soltanto ai soggetti che hanno partecipato al giudizio all estero (6). Altra giurisprudenza ha però precisato che, in ogni caso, l interesse ad agire per l accertamento dei requisiti del riconoscimento di sentenza straniera sussiste tutte le volte in cui, in concreto, ricorra uno dei presupposti previsti dall art. 67, comma 1, l. n. 218/1995, vale a dire: la mancata ottemperanza alla sentenza straniera, la contestazione del suo riconoscimento, oppure la necessità di procedere ad esecuzione forzata (7); questo principio è peraltro stato espresso nella decisione qui annotata. Sempre in materia di interesse ad agire, la predetta decisione affronta, seppure incidentalmente, una tematica particolare, relativa alla sussistenza o meno di interesse ad agire nel caso (3) La giurisprudenza pronunciatasi in materia ha avuto modo di precisare che l erronea adozione del rito, vale a dire del rito della camera di consiglio anziché del rito di cognizione ordinaria, costituisce soltanto un irregolarità che può assumere rilievo solo in quanto abbia determinato uno specifico pregiudizio allo svolgimento dell attività difensiva delle parti. In questo senso, cfr. Cass. 16 giugno 2006, n , in Riv. dir. intern. priv. proc., 2007, 412 ss. (4) Cass. n /2004, in Riv. dir. intern. priv. proc., 2005, 152 ss. (5) Il provvedimento italiano che accoglie la domanda di accertamento dei requisiti per il riconoscimento, insieme alla pronuncia straniera, costituisce titolo per l attuazione e l esecuzione forzata, ai sensi dell art. 67, comma 2, l. n. 218/1995. (6) In questo senso, cfr. Cass., S.U., 23 ottobre 2006, n , in Riv. dir. proc., 2007, (7) Sul punto, cfr. Cass. 1 luglio 2007, n , in Riv. dir. intern. priv. proc., 2008, 3, 755; cfr. inoltre Cass. 18 novembre 2008, n , in Riv. dir. intern. priv. proc., 2009, 670 ss. In materia di interesse ad agire cfr. altresì, in dottrina, Campeis De Pauli, Riconoscimento automatico delle sentenze straniere ed interesse ad agire, innuova giur. civ. comm., 1998, I, Famiglia e diritto 6/2014

9 Sentenze straniere in cui manchi nella sentenza straniera una quantificazione concreta delle somme da corrispondere al soggetto che abbia diritto agli alimenti (8). Ebbene, la sentenza qui annotata ritiene correttamente che la legittimazione ad agire non possa essere ricercata al di fuori delle ipotesi tassative previste dall art. 67, comma 1, l. n. 218/1995, già sopra ricordate. Un ulteriore aspetto merita di essere considerato: a seguito dell entrata in vigore della l. n. 218/1995, non è più previsto l intervento obbligatorio del pubblico ministero nei procedimenti ex art. 67 stessa legge; tuttavia, qualora quest ultimo ritenga sussistente nello specifico giudizio un pubblico interesse, potrà certamente intervenire ai sensi dell art. 70 c.p.c. Se questa è la regola generale, occorre tuttavia ricordare un eccezione di origine giurisprudenziale: la partecipazione del pubblico ministero viene considerata necessaria nei procedimenti di riconoscimento di sentenze straniere di divorzio (9). Passando ora a trattare delle tipologie di riconoscimento previste dall art. 67, l. n. 218/1995, esse sono sostanzialmente due. In particolare, è previsto un procedimento in via principale e, al terzo comma della citata disposizione, un procedimento in via incidentale: se la contestazione del riconoscimento della sentenza straniera avviene nel corso di un processo, il giudice pronuncia con efficacia limitata al giudizio. Questa disposizione è peraltro coerente con il principio di attribuzione dell efficacia automatica alla sentenza straniera, la quale potrà dunque essere accertata e constatata altresì in un procedimento avente un oggetto principale diverso. Peraltro, la giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto cura di precisare che nel giudizio per il riconoscimento di una sentenza straniera non sono ammissibili domande cumulate di natura diversa da quella del mero accertamento dei requisiti per il riconoscimento della sentenza (10). (8) Su tale aspetto, nella sentenza in esame viene evidenziato che il ricorrente riteneva non sufficiente ai fini di una quantificazione, una condanna straniera la quale preveda che il soggetto debba pagare una percentuale dello stipendio o di altro reddito. Certamente tale riferimento è di dubbia interpretazione, poiché cosa significa 25% dello stipendio o di altro reddito? Relativamente alla percentuale ed alla possibilità di rendere determinabile una somma per relationem non vi è alcun problema, ma alcuni dubbi, ad avviso dello scrivente, sussistono in merito alla previsione alternativa dello stipendio o di altro reddito : non si comprende, non è determinato, di 4. Varie modalità di introduzione di titoli giudiziari stranieri nel nostro ordinamento giuridico Un ulteriore aspetto meritevole di approfondimento in questa sede è quello relativo alle diverse modalità di introduzione e di circolazione dei titoli giudiziari stranieri nel nostro ordinamento giuridico. Un primo esempio è costituito dal riconoscimento e dall esecuzionedeilodistranieri:sitratta di un procedimento, previsto dagli artt. 839 e 840 c.c., di tipo monitorio, con contraddittorio soltanto eventuale e comunque posticipato. Tale procedimento prevede un decreto emesso dal Presidente della Corte d appello; un eventuale opposizione, da proporre con atto di citazione e che si conclude con sentenza, innanzi la Corte d appello. Ulteriore esempio è quello che concerne le decisioni emesse all estero in materia civile e commerciale dai giudici dei Paesi membri dell Unione Europea e degli Stati EFTA. Per il riconoscimento di tali decisioni nell ordinamento italiano, la Convenzione di Bruxelles del 1968 e la Convenzione di Lugano del 1988 prevedono, entrambe all art. 37, che vi sia un giudizio di tipo sostanzialmente monitorio: esse recitano infatti che L opposizione è proposta, secondo le regole sul procedimento in contraddittorio in Italia, davanti alla Corte d appello. E quindi possibile notare come, seppure in ambiti diversi, il riconoscimento delle decisioni emesse da autorità straniere segua, a seconda dei casi, regimi diversi, ma tutti improntati ad ottenere un contraddittorio tra le parti in causa. 5. Riconoscimento di provvedimenti stranieri relativi a particolari materie Alcune regole particolari valgono per il riconoscimento di atti e provvedimenti relativi a stato e capacità delle persone. Storicamente essi erano considerati rilevanti, in linea generale, senza necessità di alcun riconoscimento (11). Questo era consentito dal fatto che il quale altro reddito si possa trattare (da pensione, da fabbricati, ecc.); soprattutto, non si comprende neppure a quale dei due soggetti competa la scelta del reddito da aggredire. (9) Inquestosenso,cfr.Cass.6giugno2003,n.9085,in Riv. dir. intern. priv. proc., 2003, 1014 ss.; conformemente, cfr. Cass. 16 dicembre 2003, n , ord., cit., 2004, 1047 ss. (10) Cfr., in questo senso, Cass., S.U., n. 23 ottobre 2006, n , in Riv. dir. proc., 2007, (11) In senso conforme, in giurisprudenza, cfr. Cass. 9 aprile 1990, n. 2966, in Riv. dir. intern. priv. proc., 1991, 742. Famiglia e diritto 6/

10 Sentenze straniere richiamo operato dall abrogato art. 17 disp. prel. c.c. alla legge del Paese di appartenenza del soggetto la cui capacità rileva si riteneva integrale e, quindi, comprensivo altresì delle norme che nell ordinamento straniero erano vigenti per quanto concerne l attività degli organi della pubblica amministrazione cui era demandato il compito di rilasciare le autorizzazioni necessarie all esercizio di una determinata capacità. A quest ultimo principio sembra ispirato l art. 65 l. n. 218/1995, il quale prevede alcune fattispecie assai particolari. In particolare, in esso è previsto che i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone ed all esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità hanno un effetto automatico nel nostro ordinamento, a condizione, naturalmente, che il loro contenuto non sia contrario all ordine pubblico e che nel corso della loro formazione non siano stati violati diritti difensivi essenziali (quale è, appunto, il diritto al contraddittorio). Quanto sopra è stato previsto, però, a condizione che i provvedimenti siano stati pronunciati da un Autorità di uno Stato il cui diritto materiale sia in qualche modo richiamato dalle norme italiane di diritto internazionale privato o nel cui ambito, qualora emanati da un Autorità di un altro Paese, producano effetto. Tornando ora all art. 67, l. n. 218/1995, esso, nel disciplinare il procedimento reso necessario da mancate ottemperanze o contestazioni o dalla volontà di procedere ad esecuzione forzata, si riferisce esclusivamente alla sentenza straniera ed al provvedimento straniero di volontaria giurisdizione. L art. 65, l. n. 218/1995 attribuisce invece ai provvedimenti di capacità, famiglia e personalità, effetti, senza far cenno né alla non necessità, di massi- ma,diprovvedimenti,néaicasiincuiiprovvedi- menti stessi siano invece necessari. Relativamente all oggetto, è evidente che si tratti di provvedimenti (comprendenti sia le sentenze sia i provvedimenti di volontaria giurisdizione) giurisdizionali contenziosi, e ciò in quanto nella normativa sopra indicata viene richiamato, ancora una volta, il rispetto del diritto di difesa (12). 6. Alcune considerazioni conclusive Da quanto esposto nei precedenti paragrafi emerge che, a prescindere dal tipo di rito applicato al procedimento di riconoscimento di sentenze straniere (rito contenzioso ordinario, rito sommario di cognizione, rito camerale) ai sensi dell art. 67, l. n. 218 del 1995, ciò che rileva è il rispetto del principio del diritto alla difesa. Certamente la presenza di alcune Convenzioni bilaterali e di accordi a livello europeo ha facilitato i meccanismi di riconoscimento reciproco delle sentenze, a prescindere dagli strumenti di riconoscimento interni previsti dalle singole legislazioni nazionali. In tali casi la disciplina interna resta applicabile alle sole modalità procedurali, fatta salva però l ipotesi in cui le convenzioni contengano previsioni specifiche anche relativamente a tale aspetto (13). Inoltre, regole ancor più pregnanti sono state stabilite a livello comunitario, al fine di consentire sempre più, oltre che la libera circolazione di merci e di persone all interno dell Unione, anche l unione a livello di diritto internazionale privato e processuale e, si potrebbe dire, la libera circolazione dei provvedimenti giudiziali (14). (12) Per un approfondimento in materia di diritto alla difesa, cfr. Carlevaris, Violazione dei diritti essenziali della difesa nel giudizio estero e rispetto del contraddittorio nel procedimento di riconoscimento delle sentenze straniere, inriv. dir. intern. priv. proc., 2005, 1017 ss. (13) Sul punto, cfr. art. 2, l. n. 218/1995. In giurisprudenza, v. Cass. 11 giugno 2003, n. 9365, in Riv. dir. intern. priv. proc., 2004, 654 ss.; Cass. 18 maggio 2006, n , ivi, 2007, 404 ss. Per alcuni esempi di convenzioni in subiecta materia, cfr. ConvenzionedeL Aja del 1 giugno 1970 sul riconoscimento dei divorzi e delle separazioni; Convenzione de L Aja del 2 ottobre 1973 in materia di riconoscimento di ed esecuzione delle decisioni relative alle obbligazioni alimentari. (14) Sul punto, cfr., a titolo esemplificativo, Reg. CE 44/2001 del 22 dicembre 2000; cfr. inoltre Reg. CE 2201/2003 del 27 novembre 2003 (c.d. Bruxelles II ); Reg. CE 805/2004 del 21 aprile 2004, istitutivo del titolo esecutivo europeo; Reg. CE 1896/2006 del 12 dicembre 2006, istitutivo del procedimento europeo di ingiunzione di pagamento. 568 Famiglia e diritto 6/2014

11 Diritto penale Stalking CASSAZIONE PENALE, sez. III, 11 febbraio 2014, n Pres. Fiale Rel. Orilia È illogico negare la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall ex moglie laddove si riconosce un comportamento molesto del marito legalmente separato posto in essere col mezzo del telefono, caratterizzato dalla molteplicità di chiamate e s.m.s. anche a contenuto minatorio o da atteggiamenti ossessivi (ad esempio, presentandosi nei luoghi frequentati dalla donna oppure contattando persone vicine alla stessa). E tuttavia, pur in presenza di tali elementi, esclude la sussistenza di quello stato di ansia e paura manifestato dalla parte offesa, richiamando a tal fine l esistenza di chiamate della donna dirette all indagato e, in definitiva, il contesto conflittuale originato dalla crisi della relazione di coppia tra i due coniugi, cioè un dato che non è assolutamente idoneo ad escludere o ridurre la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato in questione, ma che anzi appare assai rilevante, tant è che l art. 612-bis, comma 2, c.p., prevede addirittura come aggravante l esistenza di rapporti di coniugio o di pregressi rapporti affettivi tra le parti. Conforme ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Cass. pen., sez. V, 3 febbraio 2014, n. 5206; Cass. pen., sez. III, 14 novembre 2013, n ; Cass. pen., sez. V, 5 febbraio 2010, n Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza il Tribunale di Brescia ha rigettato l appello del Pubblico Ministero contro l ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Bergamo che aveva respinto la richiesta di applicazione, nei confronti di V.A., della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte offesa B.M. I giudici di merito hanno motivato la decisione rilevando che dai fatti descritti dalla querelante ed emersi dall esame del traffico telefonico anche sotto forma di s.m.s. non sono evincibili gli estremi del reato di stalking, in relazione al quale era stata richiesta la misura cautelare, mancando l idoneità delle condotte a produrre il perdurante stato di ansia e timore voluto dalla norma incriminatrice di cui all art. 612-bis. 2. Il Pubblico Ministero ricorre per la cassazione del provvedimento denunziando, con unica censura, la violazione degli artt. 606, lett. b) ed e) in relazione all art. 310 c.p.p.: premettendo di non condividere nel merito il provvedimento del Tribunale, così come quello emesso in precedenza dal G.I.P., il ricorrente afferma in sostanza che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, sussistevano i gravi indizi di colpevolezza avendo la parte offesa riferito di essere stata oggetto di numerose telefonate effettuate dal marito legalmente separato, di pedinamenti, di minacce, che le avevano creato un persistente stato di ansia e paura. A dire del ricorrente, l errore dei giudici di merito sta nel non avere proceduto ad una valutazione complessiva delle dichiarazioni della parte offesa. Ritiene dunque che il provvedimento sia affetto da illogicità e contraddittorietà della motivazione oltre che da violazionedileggeeosservachelapersistenzadell esigenza cautelare è dimostrata dall integrazione della denunzia resa il , nella quale riferisce di nuovi e più pesanti pedinamenti, molestie, percosse e danneggiamenti dell auto, con recrudescenza delle condotte e aumento del rischio prospettato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Il delitto di atti persecutori cosiddetto stalking (art. 612-bis c. p.) è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timoreperlapropriaincolumità(cfr.sez.5,n del 19/05/2011 Cc. dep. 26/07/2011 Rv ; sez. 5, n del 22/06/2010 Cc. dep. 21/09/2010 Rv ). Essendo stato dedotto anche il vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, è opportuno ribadire che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione el autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Cass., sez. terza, , n ; Cass , n ). 2. Il Tribunale di Brescia ha ritenuto insussistenti gli elementi dì colpevolezza ( gravi indizi, secondo la previsione legislativa) del reato di stalking, che richiede un perdurante stato di ansia o di paura e non già una mera ripetizione di condotte lesive. osservando che il notevole flusso telefonico da V. a B. (sicuramente dal contenuto minaccioso) non era univocamente sintomatico di una condotta assillante tale da ingenerare il menzionato stato psichico, perché, come accertato dalla P.G., risultavano anche molte telefonate in uscita dalla Famiglia e diritto 6/

12 Diritto penale B. al V. Il Tribunale ha pertanto collegato i ripetuti tentativi di contattare la moglie anche con espressioni minacciose e ingiuriose in un contesto conflittuale tra ex coniugi e ha concluso per la sussistenza degli estremi dell ingiuria, minaccia e molestia, per i quali non è ammessa la misura cautelare. Ebbene, un siffatto percorso argomentativo si rivela illogico perché il Tribunale, pur dilungandosi sui differenti contenuti delle narrazioni di cui all atto di querela e alle successive dichiarazioni rese al pubblico ministero, in ogni caso (v. pag. 6) riconosce - come elemento comune ad entrambi gli apporti orali - un comportamento molesto del V. posto in essere col mezzo del telefono, caratterizzato dalla molteplicità di chiamate e sms anche a contenuto minatorio o da atteggiamenti ossessivi (ad esempio, presentandosi nei luoghi frequentati dalla donna oppure contattando persone vicine alla stessa). E tuttavia, pur in presenza di tali elementi, esclude la sussistenza di quello stato di ansia e paura manifestato dalla parte offesa (di cui non pone neppure in dubbio l attendibilità), richiamando a tal fine l esistenza di chiamate della donna dirette al V. e, in definitiva, il contesto conflittuale originato dalla crisi della relazione di coppia tra i due coniugi, cioè un dato che non è assolutamente idoneo ad escludere o ridurre la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato in questione, ma che anzi appare assai rilevante, tant è chel art. 612-bis, al secondo comma, prevede addirittura come aggravante l esistenza di rapporti di coniugio o di pregressi rapporti affettivi tra le parti. Pertanto il provvedimento impugnato deve essere annullato per nuovo esame da parte del giudice di rinvio sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, in caso positivo, sull esistenza delle esigenze cautelari. P.Q.M. annulla il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Brescia. ILLOGICO NEGARE IL DIVIETO DI AVVICINAMENTO SE LE MOLESTIE ALL EX CONIUGE CONFIGURANO LO STALKING di Carmelo Minnella (*) La sentenza in commento offre lo spunto all Autore per delineare i confini applicativi tra le fattispecie incriminatrici di minacce, molestie e quella di stalking, con particolare riferimento alla reiterazione delle condotte persecutorie e agli eventi alternativi previsti dall art. 612-bis c.p. Inoltre, si pone l accento sui recenti e contrastanti orientamenti in materia di divieto di avvicinamento ex art. 282-ter c.p.p. quale misura cautelare modellata per i fatti di stalking. Il tutto tenendo conto delle importanti modifiche che il recente intervento normativo sul c.d. femminicidio (legge n. 119 del 2013) ha apportato al delitto di atti persecutori e alle misure antistalking. 1. Il caso concreto Il Pubblico Ministero chiede applicarsi nei confronti di un uomo, legalmente separato dalla moglie, indagato del delitto di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima ex art. 282-ter c.p.p. I giudici cautelari di merito, di prime e seconde cure, rigettano la richiesta ritenendo insussistenti, dagli elementi raccolti nella fase delle indagini preliminari, i gravi indizi di colpevolezza (1) (emersi soprattutto dall esame traffico telefonico anche sotto forma di s.m.s.) mancando almeno uno degli eventi descritti e richiesti alternativamente dall art. 612-bis c.p. (2): lo stato di ansia e timore della vittima dello stalking. Di diverso avviso è il Procuratore della Repubblica che ricorre per cassazione, secondo il quale l ex moglie è stata oggetto di numerose telefonate effettuate dall indagato, di pedinamenti, di minacce, che le avevano creato un persistente stato di ansia e paura. Il provvedimento impugnato risulterebbe quindi affetto da illogicità e contraddittorietà della motivazione oltre che da violazione di leg- (*) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee. (1) Nella giurisprudenza amministrativa, ai fini della legittimità del decreto di ammonimento allo stalker emesso dal Questore, ai sensi dell art. 8 d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 (conv. in legge 23 aprile 2009, n. 38), con riferimento all onere probatorio, ritiene che siano «sufficienti indizi coerenti» (così, T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 8 maggio 2013, n. 444), e non gravi. (2) Per un recente e approfondito itinerario giurisprudenziale sull art. 612-bis c.p. si rinvia a Pittaro, Il delitto di atti persecutori (il c.d. stalking), in questa Rivista, 2014, 159 s. 570 Famiglia e diritto 6/2014

13 Diritto penale ge, in quanto i giudici di merito non hanno proceduto ad una valutazione complessiva delle dichiarazioni della parte offesa, osservando, inoltre, sotto l ulteriore profilo della persistenza dell esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato (art. 274, lett. c, c.p.p.), l integrazione della denuncia nella quale la vittima riferisce di nuovi e più pesanti pedinamenti, molestie, percosse e danneggiamenti dell auto, con recrudescenza delle condotte e aumento del rischio prospettato. 2. Differenze tra i reati di minacce e molestie e il delitto di atti persecutori Il giudice cautelare ha escluso la presenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di stalking per l assenza dell evento del grave e perdurante stato di ansia o di paura. In particolare, si è ricordato che, pur essendo il delitto di atti persecutori reato abituale per la cui sussistenza possono tuttavia bastare anche due soli atti di minaccia o di molestia (3), dovendosi escludere l equivalenza del concetto di reiterazione con la serialità (4) non basta ad integrarlo la mera ripetizione di condotte lesive. E, nel caso di specie, il notevole flusso telefonico dall indagato all ex moglie, sicuramente dal contenuto minaccioso, non sarebbe stato univocamente sintomatico di una condotta assillante tale da ingenerare il menzionato stato psichico. (3) Da ultimo, Cass. pen., sez. V, 3 febbraio 2014, n. 5206, perlaqualerientra«nellanozionedi reiterazione, quale elemento costitutivo del suddetto reato, anche due sole condotte di minaccia o di molestia. Trattasi, in tutta evidenza, di un reatoabitualedievento(cfr.cass.,sez.v,27/11/2012,n.20993, F., Cass., sez. I, , n. 9117, rv ), per la cui consumazione, dunque, sono necessari, da un lato la realizzazione di una pluralità di condotte, che, singolarmente considerate, possono anche non costituire già reato; dall altro il verificarsi di uno dei tre eventi indicati, in via alternativa, dalla norma incriminatrice come conseguenza della reiterazione degli atti da essa previsti, in quanto, nella costruzione della fattispecie, il legislatore ha indissolubilmente legato, in termini di rapporto causale, l insorgenza di uno degli stati pregiudizievoli della libertà morale della persona offesa in precedenza elencati, alla reiterazione delle condotte di minaccia o di molestia, per cui ove tale insorgenza fosse determinata da un solo atto, pur significativo, si esulerebbe dall ambito di operatività dell art. 612-bis c.p.». (4) Cass. pen., sez. III, 14 novembre 2013, n , «Nel delitto di atti persecutori l elemento costitutivo sul piano materiale non è dato solo dal fattore tempo, ma dall evento in termini di pregiudizio alla persona da porre in stretta correlazione con il dato della ripetitività. È da escludere l equivalenza del concetto di reiterazione con la serialità: né la definizione concettuale di reato abituale data dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità alla espressione atti persecutori vale ad escludere che due sole condotte di identica natura siano bastevoli per la configurabilità del reato». Il Tribunale della libertà ha pertanto collegato i ripetuti tentativi di contattare la moglie anche con espressioni minacciose e ingiuriose in un contesto conflittuale tra ex coniugi e ha concluso per la sussistenza degli estremi dell ingiuria, minaccia e molestia, per i quali non è ammessa la misura cautelare. In definitiva, pur essendo presente la reiterazione delle condotte persecutorie, mancherebbe rispetto ai delitti di molestie e minacce, l altro elemento previsto nella struttura della fattispecie di stalking (e non previsto nei reati ex artt. 660 e 612 c.p.): la verificazione di uno degli eventi previsti nell art. 612-bis c.p. (5), ossia certi mutamenti sul piano psichico («perdurante e grave stato di ansia o di paura», ovvero «fondato timore per l incolumità propria o di un prossimo congiunto»), o comportamentale (alterazione «delle proprie abitudini di vita») (6). Infatti, essendo il delitto di atti persecutori un reato di evento (7), differisce dalla struttura del reato di minacce che pure ne può rappresentare un elemento costitutivo: «la norma che incrimina la minaccia delinea infatti, a differenza di quella che qui interessa (salva ovviamente la configurabilità del tentativo di quest ultima), un reato di pericolo, per la cui integrazione non è richiesto che il bene tutelato sia realmente leso mediante l incursione di timore nella vittima. Solo per il reato di minacce vale dunque l osservazione che è sufficiente che il (5) Qualora manchi la prova positiva della verificazione di uno degli eventi previsti dall art. 612-bis c.p., gli atti persecutori potranno integrare i meno gravi reati di minaccia grave continuata ex artt. 81 cpv. e 612 cpv. c.p. (cfr., App. Milano, sez. V, 14 dicembre 2011, n. 5123/11, in http// o molestie continuate ex artt. 81 cpv. 660 c.p. (cfr., App. Napoli, sez. II, 15 ottobre, in ha assolto l imputato del delitto di atti persecutori ex art. 612-bis c.p. derubricando i diversi fatti contestati, in reato continuato di percosse, minacce e molestie, ai sensi degli artt. 81, 581, 612 e 660 c.p.). In questi casi, per la ravvisare l unicità del disegno criminoso, occorre tener conto delle concrete modalità della condotta e del (breve) lasso di tempo intercorso tra le molteplici violazioni della medesima disposizione di legge. Alla luce del criterio di continenza, la diversa qualificazione giuridica non comporta alcuna lesione del principio di correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza, in quanto il fatto contenuto non presenterà, rispetto a quello contenente, alcun elemento di novità che ne alteri la struttura. (6) Pulvirenti, Note problematiche su alcuni profili procedimentali del delitto di atti persecutori (stalking), in Dir. Fam. Pers., 2011, 952. (7) Come ricorda Valsecchi, Il requisito della reiterazione delle minacce o molestie nella recente giurisprudenza di merito e di legittimità, in «per la precisione, il primo reato abituale d evento del nostro ordinamento penale». In giurisprudenza, tra le tante, Cass. pen., sez. V, 15 maggio 2013, n , in Cass. pen., 2013, Famiglia e diritto 6/

14 Diritto penale male prospettato sia anche soltanto idoneo a incutere timore in un soggetto passivo generalizzato, menomandone, per ciò solo, la sfera della libertà morale. Nel reato di atti persecutori rileva invece la risposta in concreto prodotta sul soggetto passivo effettivo» (8). Stesso discorso vale per le molestie di cui all art. 660 c.p., che assurgono ad atti persecutori quando comportino «l insorgenza di uno degli stati pregiudizievoli della libertà morale della persona offesa» (9), senza che possa assumere rilevo che il procedimento nasca da diverse denunce delle vittime solo per molestie, successivamente confluite nell imputazione per il reato di stalking (10). 3. Il contesto conflittuale della crisi coniugale non esclude lo stato di ansia, anzi può aggravare il disvalore della condotta Didiversoavviso,conrifermentoallostatodi ansia a di paura dell ex moglie, è la Suprema Corte che ritiene il percorso argomentativo seguito dal Tribunale illogico perché questi, pur dilungandosi sui differenti contenuti delle narrazioni di cui all atto di querela e alle successive dichiarazioni rese al pubblico ministero, in ogni caso riconosce, come elemento comune ad entrambi gli apporti orali, un comportamento molesto dell indagato posto in essere col mezzo del telefono, caratterizzato dalla molteplicità di chiamate e s.m.s., anche a contenuto minatorio o da atteggiamenti ossessivi (ad esempio, presentandosi nei luoghi frequentati dalla donna oppure contattando persone vicine alla stessa). E tuttavia, pur in presenza di tali elementi, esclude (8) Cass. pen., sez. V, 5 febbraio 2010, n , in CED Cass. pen. 2010, rv (9) Cass. pen., sez. V, 3 febbraio 2014, n (10) Diverso è il discorso per il delitto di violenza privata ex art. 610 c.p. in quanto trattasi di ipotesi speciale rispetto al reato di atti persecutori, essendo necessaria per la sua consumazione non solo l induzione del predetto stato d ansia e timore, ma anche la finalità di costringere altri a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la sua volontà, impedendone la libera determinazione e incidendo sulla sua libertà psichica: cfr., Cass. pen., sez. III, 13 giugno 2013, n (11) L art. 3 della legge n. 119 del 2013, sostituisce il secondo comma dell art. 612-bis c.p. statuendo che «La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici». Rispetto alla formulazione precedente l aumento della pena non è più predeterminato (prima era previsto l aumento fisso di un terzo). (12) A. Valsecchi, Il delitto di «atti persecutori» (c.d. stalking), in O. Mazza - F. Vigano, Il Pacchetto sicurezza, 2009, 242: «se la ratio dell aggravante sta davvero nel disvalore rappresentato dalla mancata accettazione, da parte dello stalker, della fine la sussistenza di quello stato di ansia e paura manifestato dalla parte offesa, richiamando a tal fine l esistenza di chiamate della donna dirette all ex marito e, in definitiva, il contesto conflittuale originato dalla crisi della relazione di coppia tra i due coniugi, «cioè un dato che non è assolutamente idoneo ad escludere o ridurre la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato in questione, ma che anzi appare assai rilevante, tant è chel art. 612-bis, al secondo comma, prevede addirittura come aggravante l esistenza di rapporti di coniugio o di pregressi rapporti affettivi tra le parti», così come specificati e integrati dalle recente legge 15 ottobre 2013, n. 119, di conversione del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93 (11). Sotto quest ultimo profilo, con la riforma è venuto meno l esclusivo riferimento al coniuge legalmente separato, ben potendo il reato essere commesso dal coniuge separato di fatto, eliminando, in tal modo una palese disparità di trattamento evidenziata in dottrina (12). Inoltre, l agente può essere non soltanto colui che è stato legato da una precedente relazione affettiva con la persona offesa ma colui che attualmente vive questo legame (13). La pregressa formulazione della norma, in tali casi, come evidenziato da Autorevole dottrina, portava ad una controvertibile plausibilità politicocriminale dell aggravamento di pena: «nella diversa prospettiva dell autore del fatto, una tendenza a perseguitare finalizzata a recuperare un legame perduto potrebbe infatti essere sintomatica di una più attenuata colpevolezza e potrebbe, pertanto, al contrario giustificare un trattamento penale più benevolo» (14). del rapporto sentimentale, allora non comprendiamo per quale motivo la sanzione per tale disvalore aggiuntivo del fatto debba essere fatta dipendere da un provvedimento giudiziario, che potrebbe anche tardare ad essere pronunciato per ragioni indipendenti dalla volontà delle parti, e non piuttosto dalla semplice manifestazione di volontà della vittima che abbia a suo tempo escluso dalla propria vita l ex partner, ponendo fine di fatto alla relazione sentimentale». (13) Appello Napoli, sez. II, 15 ottobre 2010, cit.: «La ratio dell aggravante de quo risiede proprio nel maggior disvalore che il legislatore ha ravvisato nella condotta di chi ponga in essere atti persecutori in danno di un soggetto con il quale preesisteva un legame affettivo successivamente interrotto, ossia già esaurito allorquando la condotta è stata posta in essere. Orbene, al di la di quelle che possono essere le perplessità in relazione a detta scelta normativa (non comprendendosi, infatti, per quale ragione la medesima condotta sarebbe meno grave in costanza di relazione affettiva o coniugio), appare di tutta evidenza che condizione di configurabilità di detta aggravante sia la cessazione del legame affettivo o di coniugio in epoca precedente rispetto alla condotta penalmente rilevante». (14) G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale, parte speciale, II, I, Giuffrè, 2009, addenda, Famiglia e diritto 6/2014

15 Diritto penale 4. Il divieto di avvicinamento quale misura flessibile da modellare alla situazione di fatto da tutelare L annullamento del provvedimento impugnato, di rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte offesa, comporterà un nuovo esame da parte del giudice di rinvio sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il delitto di atti persecutori (che, sulla base delle argomentazioni della sentenza in rassegna, sarà difficile negare) e, in caso positivo, sull esistenza delle esigenze cautelari. Su quest ultimo versante, il Pubblico Ministero, nel suo ricorso sembra fornire un elemento importante in ordine non solo della presenza, ma addirittura della persistenza dell esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato. L escalation persecutoria dell ex marito, infatti, ha portato la persona offesa ad integrare la denuncia ove vengono narrati nuovi e più pesanti pedinamenti, molestie, percosse e danneggiamenti dell auto, con recrudescenza delle condotte e aumento del rischio prospettato. Se il giudice cautelare riterrà sussistenza anche le esigenze cautelari, potrà applicare il richiesto divieto di avvicinamento ex art. 282-ter c.p.p., introdotta dal decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 (convertito in legge 23 aprile 2009, n. 38), quale misura cautelare ritagliata proprio per i fatti di stalking e risulta modellato sul paradigma già inaugurato dalla legge 4 aprile 2001, n. 154 per l allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p., che, al secondo comma, prevedeva, quale misura accessoria all allontanamento, proprio il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) (15). Siamo all interno di quel «microsistema cautelare orientato alla tutela della vittima» (16), che presenta peculiari caratteristiche, sia con riferimento ai contenuti delle misure si pensi previsioni di carattere limitativo-proibitivo, con riguardo al divieto di contatti sia con la persona della vittima, sia con il contesto nella quale essa vive (luoghi e persone, quali i familiari di questa) che agli (15) F. Resta, Il delitto di stalking. Verso un nuovo habeas corpus per la donna?, in Giur. mer., 2009, (16) T. Epidendio, (incontro di studio, organizzato dal C.S.M., il ottobre 2009, sul tema La violenza sulle donne: inquadramento giuridico, indagini e giudizio), Gli strumenti di intervento cautelare in sede civile e penale, in (17) Si pensi agli obblighi di comunicazione previsti dall art. 282-quater c.p.p. secondo cui i provvedimenti di allontanamento dall abitazione familiare ex art. 282-bis c.p.p. e di quelli effetti cautelari, cioè conseguenze automatiche determinate dall applicazione della misura che possono attivare provvedimenti da parte di altre autorità (17). La peculiarità della misura prevista dall art ter c.p.p. è stata sottolineata dalla giurisprudenza di legittimità: «scopo della previsione è evidentemente quello di rispondere a specifiche ragioni di cautela special preventiva, riferite non solo alla personalità dell indagato ed alla proclività dello stesso alla commissione di reati, ma anche al particolare rilievo che in questa prospettiva assumono la posizione della persona offesa ed i rapporti fra la stessa ed il soggetto agente» (18). Tale peculiarità del divieto di avvicinamento allapersonaoffesaeailuoghidaquestafrequentati si riflette sul contenuto della misura cautelare prevista dall art. 282-ter c.p.p. (come pure quella dell allontanamento dalla casa familiare di cui all art. 282 bis c.p.p.) «si caratterizza per essere normativamente temperata sulla situazione che si vuole tutelare in via cautelare» (19). Infatti, mentre il giudice penale è abituato a maneggiare misure cautelari interamente predeterminate, chegeneralmente non necessitano di integrazioni prescrittive e quando vi sono, sono di minima entità, invece, sia l allontanamento dalla casa familiare, che il divieto di avvicinamento misure entrambe ispirate all esperienza comparata dell order of protection della legislazione anglo-americana si connotano perché affidano al giudice della cautela il compito, oltre che di verificare i presupposti applicativi ordinari, di riempire la misura di quelle prescrizioni essenziali per raggiungere l obiettivo cautelare ovvero per limitare le conseguenze della misura stessa. È evidente «che l efficacia di queste misure, funzionali ad evitare il pericolo della reiterazione delle condotte illecite, è subordinata a come il giudice le riempie di contenuti attraverso le prescrizioni che lenormegliconsentono.neconseguecheperle misure in questione appare necessaria la completa comprensione delle dinamiche che sono alla base dell illecito, nel senso che il giudice deve modellare la misura in relazione alla situazione di fatto. del divieto di avvicinamento ex art. 282-ter c.p.p. sono comunicati all autorità di pubblica sicurezza, competente ai fini dell eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e di munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio. (18) Cass. pen., sez. V, 26 marzo 2013, n , in Diritto e Giustizia, 27 marzo 2013; Cass. pen., sez. V, 11 aprile 2012, n , in Guida dir., 2012, 24, 86. (19) Cass. pen., sez. VI, 8 luglio 2011, n , in Ced. Cass. pen., 2011, rv Famiglia e diritto 6/

16 Diritto penale Ciò comporta che il pubblico ministero nella sua richiesta(eancorprimalapoliziagiudiziaria)dovrà ben rappresentare al giudice, oltre agli elementi essenziali per l applicazione della misura, anche aspetti apparentemente di contorno, che invece possono assumere una importanza fondamentale ai fini dei provvedimenti di allontanamento o di divieto di avvicinamento, che possono risultare utili per dare il migliore contenuto al provvedimento cautelare» (20). (20) Ancora Cass. pen., sez. VI, 8 luglio 2011, n (21) Cass. pen., sez. VI, 8 luglio 2011, n , cit. (22) Cass. pen., sez. V, 23 gennaio 2014, n. 3552; Id., sez. 5. Il divieto di avvicinamento quale misura che garantisce una tutela dinamica alla vittima di stalking L esigenza di temperare la misura cautelare alla situazione di fatto da tutelare comporta che i contenuti del divieto di avvicinamento risultano flessibili e non necessariamente predeterminati in modo tassativo, sia con riferimento alla indicazione dei luoghi inibiti allo stalker, sia con riferimento alla distanza metrica da tenere da siffatti luoghi e dalla persona offesa. Sulla necessità o meno di indicare specificamente i luoghi oggetto del divieto di avvicinamento, ai sensi dell art. 282-ter c.p.p., si riscontrano due orientamenti divergenti. Secondo una prima posizione giurisprudenziale, tracciata dalla VI sezione della Suprema Corte, da un lato l applicazione della misura di cui all art. 282-ter c.p.p. esigerebbe l indicazione specifica e dettagliata dei luoghi oggetto del divieto di avvicinamento imposto all indagato, laddove il generico riferimento identificativo alla frequentazione di detti luoghi da parte della persona offesa non rispetterebbe la prescrizione normativa, che predica distintamente i luoghi in esame degli attributi dell essere gli stessi determinati e abitualmente frequentati dalla persona offesa, e si risolverebbe nell inaccettabile imposizione di un obbligo di non tacere di fatto rimesso alla volontà del soggetto passivo; e dall altro la misura non comprenderebbe la possibilità di vietare incontri occasionali e non volutamente cercati dall indagato, altrimenti imponendosi a quest ultimo un divieto di contenuto indeterminato e la cui inosservanza può non dipendere dalla volontà del predetto (21). A questo orientamento se ne contrappone un altro, più recente e ormai prevalente nella giurisprudenza della V sezione di Cassazione, secondo il quale in tema di misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, di cui all art. 282-ter c.p.p., la norma prende atto della possibile insufficienza di una tutela, per così dire, statica dell incolumità della vittima, laddove le circostanze rendano concreto il pericolo di un aggressione della stessa nel corso dello svolgimento della sua vita di relazione e pertanto inadeguata una mera interdizione all indagato del luogo di abitazione della persona offesa; ed altra parte si fa carico dell eccessività del ricorso a misure custodiali a fronte di un esigenza cautelare strettamente dipendente dai contatti dell indagato con la vittima. Da ciò nasce la configurazione di una misura nell applicazione della quale assume primaria importanza la garanzia della libertà di movimento e di relazioni sociali della persona offesa da possibili intrusioni dell indagato, che facendo temere la vittima per la propria incolumità finiscano per condizionare e pregiudicare la fruizione di dette libertà. Inoltre, «quando la situazione è quella prevista per il reato di cui all art. 612-bis c.p., laddove la condotta oggetto della temuta reiterazione abbia i connotati della persistente ed invasiva ricerca di contatto con la vittima in qualsiasi luogo in cui la stessa si trovi, è prevista la possibilità di individuare la stessa persona offesa, e non i luoghi da essa frequentati, come riferimento centrale del divieto di avvicinamento. Ed in tal caso diviene irrilevante l individuazione di luoghi di abituale frequentazione della vittima; dimensione essenziale della misura è invero a questo punto il divieto di avvicinamento a quest ultima nel corso della sua vita quotidiana ovunque essa si svolga» (22). Nella situazione descritta, in generale, la predeterminazionedeiluoghidicuisoprarisulterebbe chiaramente dissonante con le finalità della misura. Essa verrebbe di fatto a porsi come un inammissibile limitazione del libero svolgimento della vita sociale della persona offesa, che viceversa costituisce precipuo oggetto di tutela della norma. La vittima si vedrebbe invero costretta a contenere la propria libertà di movimento nell ambito dei luoghi indicati ovvero ad essere esposta, esorbitando dagli stessi, a quella condizione di pericolo per la propria incolumità che si presuppone essere stato riconosciuta sussistente anche al di fuori del peri- V, 26 marzo 2013, n , cit.; Id., sez. V, 11 aprile 2012, n , cit. 574 Famiglia e diritto 6/2014

17 Diritto penale metro della ricorrente frequentazione della persona offesa. In verità, quest ultima posizione giurisprudenziale, relativa alla non necessaria indicazione dei luoghi frequentati dalla persona offesa qualora tale misura si aggiunga al divieto di avvicinamento personale, è stata ritenuta recentemente in contrasto con il divieto di cumulo di misure cautelari sancito dallanotasentenzalastelladellesezioniunite (23). In particolare, con la previsione dell art. 282-ter c.p.p. il legislatore ha previsto una triplice modalità della fattispecie cautelare del divieto di avvicinamento che il giudice potrà considerare al fine di adeguare la tutela alle esigenze ravvisate nel caso di specie: quella del divieto di avvicinamento ai luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, quella di mantenere una determinata distanza da tali luoghi e, infine, quella di mantenere una determinata distanza dalla persona offesa. Mentre le prime due tipologie hanno come riferimento determinati luoghi fissando rispetto ad essi l ambito nel quale l inibizione è efficace, la terza, invece, si incentra sulla determinata distanza da tenere rispetto alla persona offesa. Il giudice ha quindi la possibilità di adeguare l intervento cautelare previsto dall art. 282-ter c.p.p. alle esigenze di specie attraverso le tre diverse flessioni previste, ma la scelta del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa deve rispettare la connotazione legale che lo vuole riferito a determinati luoghi, che è compito del giudice indicare a pena di una censurabile indeterminatezza (24). 6. L ordine di protezione europeo conferma il contenuto elastico del divieto di avvicinamento? L orientamento prevalente in ordine alla non necessaria predeterminazione dei luoghi frequentati (23) Cass. pen., sez. un., 30 maggio 2006, n , in Cass. pen., 2006, 3973, per la quale «il codice di procedura penale, sulla scorta del modello fornito dalla formula costituzionale, all interno dei pilastri fondamentali del sistema delle cautele incidenti sulla libertà personale, sancisce nell art. 272 c.p.p. che le libertà della persona possono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo. Quella espressa dalla norma processuale non è la mera sottolineatura della necessità di previsione legale, che già scaturisce dalla doppia riserva, di legge e di giurisdizione, dettata dall art. 13, comma 2, Cost. per ogni forma di compressione della libertà personale riflettendosi in essa piuttosto il proposito di ridurre ad un numero chiuso le figure di misure limitative della libertà utilizzabili in funzione cautelare nel corso del procedimento penale, non potendo quindi essere applicate misure e prescrizioni diverse da quelle espressamente dalla vittima di stalking edelladistanzadatenere dal perimetro di movimento della stessa, si inserisce nel percorso di sensibilizzazione e tutela delle vittime di atti persecutori (25) che ha trovato un importante arresto normativo in ambito europeo. Si tratta della Direttiva 2011/99/Ue Parlamento e Consiglio dell Unione europea (adottata, in seconda lettura, il 13 dicembre 2011, al termine della procedura di coodecisione) che, al fine di «conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia all interno del territorio comunitario», cerca di offrire un adeguata protezione a tutte quelle persone la cui incolumità fisica o psichica sia messa in pericolo da altri soggetti. La protezione riguarda tutti gli vittime che hanno bisogno di protezione contro un azione criminale di un altra persona che potrebbe, in qualsiasi modo, mettere in pericolo la loro vita e la loro integrità fisica, psicologica e sessuale, così come la loro libertà e dignità personale. Si fa riferimento, in particolare, agli atti di rilevanza penale di un altra persona tali da mettere in pericolo, in qualsiasi modo, la vita o l integrità fisica, psichica e sessuale della persona, nel quale si inseriscono, in particolare, gli atti di stalking e altre forme indirette di coercizione. Lo strumento attraverso il quale raggiungere l obiettivo è l ordine di arresto europeo, che si fonda sul principio del mutuo riconoscimento. L art. 1 della direttiva consente all autorità giudiziaria (o equivalente) di uno Stato membro, nel quale sia stata adottata una misura di protezione nei confronti di una persona in pericolo, di emettere un ordine di protezione europeo (26), che impone alla persona che determina il pericolo uno o più dei seguenti divieti o delle seguenti restrizioni: a) divieto di frequentare determinate località, determinati luoghi o determinate zone definite in cui la persona protetta risiede o che frequenta; b) divieto o regolamentazione dei contatti, in qualsiasi forma, considerate. È grazie soprattutto all impiego dell avverbio «soltanto» che il significato garantistico del principio di legalità si apprezza sotto il profilo della tassatività e tipicità, in quanto diretto a vincolare rigorosamente alla previsione legislativa (cioè ai soli casi e modi previsti dalla legge) l esercizio della discrezionalità del giudice a cui è inibito creare ex novo, attraverso l osmosi e il cumulo di più prescrizioni o misure, ulteriori tipi, estranei alla pur vasta gamma degli specifici modelli, coercitivi ed interdittivi, normativamente predisposti». (24) Cass. pen., sez. V, 28 marzo 2014, n (25) Cfr.,M.Gemelli,Stalking:la vicenda processuale del cacciatore e della sua preda, ingiust. pen., 2010, III, 490. (26) Inpresenzadellamisuradiprotezioneemessadauno Stato membro, la persona protetta che decida di trasferirsi e risiedere in altro Stato membro, può chiedere che venga emesso l ordine di protezione europeo. A questo scopo, l art. 6 della Famiglia e diritto 6/

18 Diritto penale con la persona protetta, anche per telefono, posta elettronica o ordinaria, fax o altro; c) divieto o regolamentazione dell avvicinamento alla persona protetta entro un perimetro definito. In una recente pronuncia, la Suprema Corte, ha altresì precisato che l orientamento volto a garantireunatuteladinamicaallevittimedistalking, cui seguono contenuti flessibili del divieto di avvicinamento ex art. 282-ter c.p.p. trovano conferma proprio nella direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio U.E. n del 13/12/2011, in tema di ordine di protezione Europeo. La disposizione sovranazionale, in particolare, la citata la lettera c) è quella che riguarda «il divieto (o la regolamentazione) dell avvicinamento del destinatario della misura alla persona offesa, dovunque quest ultima si trovi e secondo uno schema che si attaglia alla previsione dell art. 282-ter: qui la direttiva Europea richiede soltanto che sia definito il perimetro all interno del quale scatta la protezione, come potrebbe accadere laddove sia prescritto a taluno di rimanere a una distanza minima, esattamente quantificata, dal soggetto a tutela del quale venga emesso il provvedimento. Prescrizione che tuttavia, in ragione delle peculiarità della fattispecie concreta, non sempre è possibile adottare, essendo talora imprevedibile la stessa evenienza che le due persone vengano occasionalmente in contatto» (27). Ben più ragionevole per i giudici di legittimità e di maggior garanzia per gli stessi diritti di colui che viene gravato dal divieto, risulta allora la soluzione che impone allo stalker di non avvicinarsi a tutti i luoghi frequentati dalla vittima, e comunque di allontanarsi da detti luoghi in ogni occasione di incontro. In altre parole, non vi è alcuna compressione ingiustificata della libertà dell indagato, né vuota indeterminatezza delle modalità applicative della misura: fermo restando che gli è proibito transitare in una via determinata ed in prossimità dei luoghi abitualmente frequentati dalla parte offesa, egli può recarsi dove vuole, salvo doversene allontanare qualora incontri - anche imprevedibilmente - la persona da tutelare. Invero, in questi passaggi si confonde la problematica della necessaria predeterminazione dei luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa ed inibiti all indagato con quella, alquanto diversa, degli incontri occasionali tra l indagato di atti persecutori e la persona offesa (28). Sul punto, è preferibile ritenere che restano esclusi dall obbligo imposto con la misura gli eventuali, occasionali e non prevedibili incontri (ad esempio camminando per strada), purché in luoghi diversi da quelli che l indagato sa essere abitualmente frequentati per motivi di lavoro, di vita o affettivi dalla persona offesa che non si traducano in alcun tipo di contatto molesto (29). In definitiva, la flessibilità dei contenuti della peculiare misura cautelare si manifesta con riferimento ad altro aspetto: «la mancata indicazione delle modalità e della distanza metrica che devono essere osservate anche per l eventualità di incontri non ricercati dall indagato, comporta che è in violazione della misura cautelare in esame soltanto la condotta che si risolva in una percepibile e volontaria invasione dell ambito nel quale la persona offesa esplica ordinariamente le proprie esigenze di vita: un invasione che non può essere predeterminata dal giudice sempre e soltanto in termini metrici ma che, elasticamente, sussiste ogniqualvolta risulti in concreto chiara ed evidente la dolorosa intromissione nella sfera che la persona offesa occupa e domina con il proprio apparato sensoriale» (30). Ma tornando all ordine di protezione europeo, la Suprema Corte nulla ci dice in ordine alla possibilità che il divieto di avvicinamento dall offeso o da un suo congiunto renda superflua l individuazione specifica dei luoghi interdetti all indagato. Sembra direttivadisponechelapersonaprotettapuòpresentarelarichiesta all autorità competente (opportunamente designata da ciascuno Stato secondo i propri ordinamenti interni) dello Stato di emissione o di quello di esecuzione, dovendo intendersi nel primo caso lo Stato che ha emesso la misura di protezione e nel secondo quello in cui la persona protetta si è trasferita. Se la richiesta perviene allo Stato di esecuzione, questo dovrà inoltrarla allo Stato di emissione. Dopo aver accertato che la misura di protezione soddisfa i citati requisiti di cui all art. 5 e dopo aver informato la persona che determina il pericolo, l autorità competente dello Stato membro da cui proviene la misura di protezione può emettere il provvedimento e lo trasmette in forma scritta allo Stato nel quale esso deve trovare esecuzione (lo Stato in cui la persona protetta si è trasferita). L autorità dello Stato ricevente riconosce l ordine di protezione senza indugio e adotta le misure che sarebbero previste dalla legislazione nazionale in un caso analogo per garantire la protezione della persona protetta, fermo restando che la misura da adottare deve essere quanto più possibile simile alla misura di protezione adottata nello Stato di emissione. Gli Stati membri devono conformarsi alla direttiva entro l 11 gennaio 2015, dopo la Commissione ha un anno di tempo per presentare al Parlamento e al Consiglio una relazione sull applicazione della direttiva. (27) Cass. pen., sez. V, 9 settembre 2013, n (28) Bronzo, Profili critici delle misure cautelari a tutela dell offeso, incass. pen., 2012, (29) In questi termini, Cass., sez. V, 27 febbraio 2013, n , cit. (30) Cass. pen., sez. V, 23 agosto 2012, n Famiglia e diritto 6/2014

19 Diritto penale forse ricavarlo dall interpretazione dello stesso art. 5 della direttiva in quanto ritiene che la lettera a) della norma comunitaria ha come presupposto la tutela statica della persona offesa, ed è fondata sulla regola che poiché «presso la residenza, l ambiente di lavoro od un luogo di abituale frequentazione della persona offesa è altamente probabile rinvenire quest ultima, si impone al presunto autore di condotte criminose di non trovarsi a sua volta in quegli ambiti, senza la necessità di verificare in ogni circostanza se la vittima sia in loco». Proprio per tali ragioni essa riguarderebbe l allontanamento dalla casa familiare ex art. 282-bis c.p.p. e la misura accessoria del divieto di avvicinamento ivi contenuto nel secondo comma. Tale interpretazione non risulta essere condivisibile in quanto l art. 5 lett. a) della direttiva indica in maniera chiara quali sono i luoghi interdetti all indagato di atti persecutori a prescindere dall attuale presenza della persona protetta, rendendo questi luoghi completamente e permanentemente inaccessibili. La norma di derivazione comunitaria pone l accento sulla specificità dei contenuti del provvedimento restrittivo europeo, confermata nel modulo allegato alla direttiva ove «si prega di indicare con esattezza per quali località, luoghi o zone definite vige il divieto di frequentazione imposto alla persona che determina il pericolo» (31). Inoltre, dal combinato disposto delle lettere a) e c) si trova un argomento per avallare la ricostruzione dell art. 282-ter c.p.p. nel senso voluto dall orientamento di legittimità precedente sulla necessaria indicazione specifica e dettagliata dei luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa (o da un suo congiunto) oggetto del divieto di avvicinamento imposto all indagato di stalking. La lettera c) impone, infatti, al giudice di perimetrare entro confini definiti il divieto o la regolamentazione del divieto di avvicinamento alla persona protetta. 7. Il braccialetto elettronico e la probation cautelare introdotta dalla legge n. 119/2013 La stessa esigenza di temperare la misura antistalking alla situazione di fatto da tutelare in via cautelare si estende alle misure diverse dal divieto di avvicinamento (32). Quindi, laddove il quadro sia tale da applicare misure cautelari maggiormente restrittive della libertà personale, il giudice, ove possibile, dovrà modellare la misura tenendo conto delle concrete modalità operative di dispiegamento degli atti persecutori (33). Ad esempio, in presenza di cyberstalking (34) (sovente più invasivo e dannoso dello stalking tradizionale, come riconosciuto recentemente dalla legge n. 119/2013, che ha aggiunto, tra le ipotesi aggravate della fattispecie base del delitto di atti persecutori, «se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici»), qualora il giudice cautelare applichi gli arresti domiciliari (35), per scongiurare il pericolo di reiterazione del reato di atti persecutori o quello per la genuinità della prova, dovrà inserire tra i contenuti della misura custodiale anche il divieto di comunicare con terze persone, estranee ai familiari conviventi (36) che, in assenza di prescrizioni dettagliate e specifiche, «vale anche per le comunicazioni tramite internet sul sito facebook» (37). Il giudice, inoltre, nel disporre la misura degli arresti domiciliari, potrà applicare, ai sensi dell art. (31) Cfr., Bronzo, Profili critici delle misure cautelari a tutela dell offeso, cit., (32) Cfr., Collini, Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa tra principio di legalità e discrezionalità giudiziale, in (33) Cass. pen., sez. V, 14 giugno 2012, n , in Dir. Fam. Pers., 2012, 1584, ha confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari all ex marito, indagato del delitto di atti persecutori, di cui all art. 612 bis c.p., per aver consumato continui, numerosi e ripetuti atti di vessazione, minacce, molestie, ingiurie e percosse ai danni della moglie, anche dopo la separazione. (34) Cass. pen., sez. V, 24 giugno 2011, n , ha ritenuto idoneo a configurare il delitto di atti persecutori l invio di continui messaggi inviati tramite il social network Facebook contenenti minacce ed ingiurie; allo stesso modo, Cass. pen., sez. V, 12 aprile 2012, n , ha condannato ex art. 612 bis c.p. il persecutore che prendeva di mira due ragazze utilizzando sempre il social network per inviare messaggi molesti. (35) Cass. pen., sez. V, 30 agosto 2010, n , in Cass. pen.,2011,967,haconfermatoilprovvedimentodicustodia cautelare (prima in carcere, poi agli arresti domiciliari) all indagato di atti persecutori che, all interno di un estenuante stillicidio persecutorio, aveva anche diffuso su facebook una serie di filmati e fotografie a sfondo sessuale che ritraevano la propria ex. (36) G.I.P. Trib. Catania 24 luglio 2010, inedita, inpresenza di atti di molestia, reiterati, concretatesi (non solo in telefonate,s.m.s.,scrittisuimurivicinoailuoghidilavoro,ma)anche nel creare su facebook un account a nome della persona offesa in cui si manifestava la disponibilità della medesima ad incontri sessuali con l indicazione dei suoi numeri di telefono, all indagato, arrestato in flagranza di reato all interno di un internet point mentre, navigando su facebook, era connesso a siffatto account, è stata applicata la misura degli arresti domiciliari, «facendogli divieto di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano, ordinando altresì il distacco di tutte le utenze fisse e mobili e di ogni altro strumento di comunicazione informatico». (37) Cass. pen., sez. IV, 31 gennaio 2012, n. 4064, in Guida dir., 2012, 12, 87. Nello stesso senso, Cass. pen., sez. II, 29 settembre 2010, n , in Arc. nuova. proc. pen., 2011, 1, 53, con l importante precisazione che «l uso di internet non è illecito quando assume mera funzione conoscitiva». Famiglia e diritto 6/

20 Diritto penale 275-bis c.p.p., il braccialetto elettronico per controllare i movimenti dello stalker. In verità, la legge n. 119/2013 ha esteso anche all allontanamento dalla casa familiare, di cui all art. 282-bis c.p.p., «le modalità di controllo previste dall art. 275-bis c.p.p.», ma non al divieto di avvicinamento ex art. 282-ter c.p.p., cioè proprio la misura naturalmente deputata a tutelare le vittime dello stalking (per ragioni non condivisibili visto che il grado di limitazione della libertà personale perentrambelemisureèpressochéidentico).ritengo, tuttavia, che all estensione del braccialetto elettronico all indagato di atti persecutori colpito dal divieto di avvicinamento non osti il principio di legalità in materia di misure cautelari (38) in quanto «la previsione di cui all art. 275-bis c.p.p., non ha introdotto una nuova misura coercitiva ma unicamente una modalità di esecuzione di una misura cautelare personale» (39), ma il diritto inviolabile alla libertà personale la cui limitazione può avvenire ex art. 13 Cost. solo nei casi enei modi previsti dalla legge. Infine, la stessa legge n. 119/2013, ha introdotto per la prima volta nel nostro sistema una probation cautelare, aggiungendo all articolo 282-quater, comma 1, c.p.p. il seguente periodo: «Quando l imputato si sottopone positivamente ad un programma di prevenzione della violenza organizzato dai servizi socio-assistenziali del territorio, il responsabile del servizio ne dà comunicazione al pubblico ministero e al giudice ai fini della valutazione ai sensi dell articolo 299, comma 2», ossia dell attenuazione delle esigenze cautelari e della sostituzione della misura con altra meno gravosa. Come affermato dall Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, non è chiaro il significato del generico dovere di comunicazione al giudice, atteso che quest ultimo, ad esempio, nella fase delle indagini preliminari, non è titolare di un indiscriminato potere di procedere motu proprio alla revoca o sostituzione della misura cautelare, necessitando di un impulso in tal senso da parte del pubblicoministeroodell indagato, salvo che non ricorrano le specifiche condizioni descritte nel terzo comma dell art. 299 c.p.p.. Sembra peraltro da escludere che il potenziale inserimento anche del giudice delle indagini preliminari tra i destinatari della comunicazione valga ad ampliare il ventaglio delle ipotesi in cui questi è tenuto a rivalutare d ufficio la situazione cautelare dell indagato, trattandosi di conclusione che avrebbe richiesto indici normativi più espliciti. Ed allora delle due l una: o si ritiene che il giudice delle indagini preliminari, ricevuta la comunicazione, debba trasmetterla al pubblico ministero (che peraltro l ha già ricevuta) per le sue valutazioni ovvero deve concludersi che prima dell esercizio dell azione penale l unico destinatario della comunicazione sia il pubblico ministero (40). (38) Cass. pen., sez. unite, 30 maggio 2006, n , cit. (39) Cass. pen., sez. I, 17 giugno 2013, n , ricorda che la previsione di cui all art. 275-bis c.p.p., «non ha introdotto una nuova misura coercitiva ma unicamente una modalità di esecuzione di una misura cautelare personale, la cui applicazione viene disposta dal giudice contestualmente agli arresti domiciliari in considerazione della natura e del grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, e subordinatamente al consenso dell indagato all adozione dello strumento elettronico, e il braccialetto rappresenta una cautela che il giudice può adottare, se lo ritiene necessario, non già ai fini della adeguatezza della misura più lieve, e quindi per rafforzare il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione, ma ai fini del giudizio - da compiersi nel procedimento di scelta delle misure - sulla capacità effettiva dell indagato di autolimitare la propria libertà personale di movimento, assumendo l impegno di installare il braccialetto e di osservare le relative prescrizioni». (40) Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, Rel. n. III/03/2013 del 16 ottobre Famiglia e diritto 6/2014

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