Termini, procedimenti, e prodotto spiegati dettagliatamente L'enologia ovvero l'arte di trasformare l'uva in vino

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1 Termini, procedimenti, e prodotto spiegati dettagliatamente L'enologia ovvero l'arte di trasformare l'uva in vino S. Tronfi * - N. Capris ** * Servizio Provinciale Agro-Alimentare di La Spezia, ** Cooperativa Agricoltura Cinque Terre Questa disciplina studia la preparazione e la conservazione dei vini, il modo di corroderne i diletti ed esaltarne le qualità. L articolo illustra quest '«arte» analizzando nel dettaglio i procedimenti della trasformazione dell'uva in vino. L'UVA II frutto della vite (Vitis vinifera) è un'infruttescenza a grappolo i cui singoli frutti sono costituiti da bacche denominate acini. La parte erbacea del grappolo è detta «raspo o graspo»; con il progredire della maturazione va lentamente lignificandosi ed è particolarmente ricca, oltre che di acqua, di tannini (2-3%) e di sostanze minerali. L'acino è tecnologicamente la parte più importante del grappolo ed è costituito dalla buccia, dalla polpa e dai vinaccioli. La buccia rappresenta l'involucro esterno dell'acino ed è importante per il contenuto di sostanze tanniche e coloranti (specialmente nelle uve nere) ed odorose. Con la vinificazione in presenza o assenza di bucce, con una più o meno prolungata macerazione delle vinacce e con particolari accorgimenti tecnici e possibile ottenere dalla stessa uva vini con caratteristiche assai diverse. La polpa dell'acino e la più importante ai lini tecnologici poiché da essa si ottiene il mosto; in essa oltre all'acqua sono presenti zuccheri, acidi organici, tannini, sostanze minerali, eco. 1 vinaccioli si trovano nella parte centrale dell'acino, immersi nella polpa e costituiscono (in numero da O a 4) i semi dell'uva; notevole il loro contenuto di sostanze grasse (10-14%ì e tanniche (4-6%). Un contati" più o meno prolungato del mosto-vino con le vinacce (l'insieme delle parti solide del grappolo) ed in particolare con i gl'aspi sarà determinante ai tini della tannicità e del colore del vino. LA VENDEMMIA Quando l'uva è giunta allo stadio di maturazione più adatto alla sua trasformazione in vino (maturazione tecnologica), che non sempre corrisponde al grado di completa maturazione (maturazione fisiologica), si procede alla raccolta (vendemmia), possibilmente in tempi diversi a mano a mano che giunge al voluto grado di maturazione. In cantina avviene la pigiatura per liberare il mosto dall'acino die lo contiene e permettergli di fermentare venendo a contatto con quei microrganismi (lieviti) presenti sulla buccia e sui raspi clic trasformeranno il mosto (zuccheri) in vino (alcool). Anziché ad una semplice pigiatura oggi per lo più si procede alla pigiatura-diraspatura per eliminare in tutto o in parte i graspi direttamente alla pressatura delle uve (presse orizzontali) per eliminare subito completamente tutte le parti solide (graspo, bucce e vinaccioli) dal mosto. Per la preparazione dei vini bianchi una raccolta leggermente anticipata è preferibile ad una vendemmia tardiva poiché i vantaggi (qualche decimo di grado alcolico in più) ottenibili con uva molto matura, vanno spesso a scapito di una migliore qualità costituita da vini provvisti di una giusta acidità, più profumati e più freschi, più serbevoli e meno soggetti a fenomeni di ossidazione (maderizzazione o vini cosiddetti «marsalati»). Le uve nere vanno invece raccolte a

2 completa maturazione. Per la valutazione del mosto e per conoscere il probabile grado alcolico del vino a cui darà origine, va tenuto presente che occorrono circa 170 grammi di zuccheri ogni litro di mosto (cioè il 17%) per ottenere un grado alcolico; la gradazione alcolica del vino si potrà perciò conoscere con sufficiente approssimazione tin dal momento della vendemmia misurando il grado zuccherino del mosto con un mostimetro (il più dilluso è quello di Babo) e moltiplicando il valore letto sullo strumento (nel caso del mostimetro Babo) per Varietà loculi curate dal Servizio Agro-Alimentare di La Spezia. 0,63. Esempio: grado Babo 18 x 0,63 = 11,3 grado alcolico del vino. L'uva raccolta e trasportata in cantina il più possibile integra deve essere subito vinificata per evitare che microbi, muffe e lieviti si moltiplichino in modo incontrollato sugli acini spaccati e sul mosto che dagli stessi fuoriesce. Se la gradazione zuccherina si ritiene insufficiente è consentita una correzione con «mosto concentrato d'uva» previa denuncia di questo «arricchimento» (che non può essere superiore a due gradi alcolici) al competente servizio repressione frodi. IL MOSTO Contiene: Zuccheri, rappresentati quasi esclusivamente da glucosio e fruttosio; a maturazione completa i due zuccheri si trovano nel mosto in quantità pressappoco uguali. Durante il processo fermentativo sono decomposti dai lieviti (saccaromiceti) in due prodotti principali l'alcol e l'anidride carbonica. Una valutazione sufficientemente precisa del contenuto zuccherino dei mosti si ottiene nella pratica con i «mostimetri»; quello di Babo è il più diffuso e consente di prevedere la gradazione alcolica del vino che si otterrà a fermentazione ultimala. Acidi: in ordine di importanza sono l'acido tartarico, l'acido malico a cui seguono altri acidi organici contenuti in piccole o piccolissime quantità quali l'acido citrico, il glicolico, il gliossalico, ecc. L'acido tartarico è il più importante ed è caratteristico dell'uva; nel mosto e nel vino si riscontra parte allo stato libero e parte combinato sotto forma di sali di potassio e di calcio; predomina quantitativamente il tartrato acido di potassio (o bitartrato) che è un sale poco solubile in acqua. Diminuendo la sua solubilità con il crescere della gradazione alcolica e con l'abbassarsi della temperatura, durante la fermentazione alcolica e nella stagione fredda si verifica una insolubilizzazione di una parte del bitartrato che si deposita sotto forma cristallina sul fondo e sulle pareti dei tini e delle botti (tartaro) nonché a volte anche nelle bottiglie. L'acido malico, a differenza del tartarico, è invece molto diffuso nel regno vegetale, non si insolubilizza nel corso della fermentazione e lo si ritrova nel vino dove può subire una diminuzione, una retrogradazione biologica ad opera di batteri trasformandosi in acido lattico e anidride carbonica (fermentazione malolattica). Questa fermentazione dell'acido malico mentre è generalmente ritenuta favorevole nei vini rossi di qualità essendo considerata indispensabile per il loro affinamento e la loro stabilizzazione, viene impedita nella preparazione e conservazione dei vini bianchi ai quali fa perdere i

3 caratteri di freschezza e vivacità. Sotto il nome di polifenoli si comprendono oggi le sostanze coloranti (antociani i pigmenti rossi e flavonoli quelli gialli) e le sostanze tanniche in genere caratterizzate da un sapore amaro e astringente che passano in soluzione nel mosto specialmente con la macerazione delle vinacce e sotto l'azione dell'alcol che si va formando con il progredire della fermentazione che contribuisce a solubilizzarli. Per il consumatore questi polifenoli hanno notevole importanza per i caratteri organolettici che conferiscono al vino; è possibile ottenere vini più o meno colorati e tannici operando con quegli accorgimenti che la razionale tecnica enologica suggerisce. Accenneremo ancora ad altre sostanze contenute nel mosto quali le pectine di elevata viscosità e di natura colloidale, le sostante azotate scarse quantitativamente ma di grande importanza per la regolarità del processo fermentativo, gli enzimi particolari principi attivi che prendono parte a numerosi processi chimici (ossidazioni, riduzioni, idrolisi, ecc.), le sostanze minerali che la pianta ha assorbito dal terreno e che troviamo per lo più combinate sotto forma di sali. Troviamo infine i lieviti (saccaromiceti) microrganismi unicellulari appartenenti a quella divisione del regno vegetale comprendente i «funghi» importanti in quanto agenti della trasformazione dello zucchero del mosto nell'alcol del vino (fermentazione alcolica). LA FERMENTAZIONE ALCOLICA L'uva pigiata e diraspata o il solo mosto, vanno soggetti spontaneamente, entro 24/48 ore normalmente, alla fermentazione alcolica ad opera di quei saccaromiceti presenti sull'uva che con la pigiatura sono venuti a contatto con il succo dell'uva (mosto). I lieviti o fermenti si sviluppano rapidamente ma hanno una vita molto breve (nel corso della fermentazione si hanno circa 10 generazioni), hanno dimensioni dell'ordine di pochi micron (millesimi di millimetro); in un mosto in piena fermentazione il loro numero è dell'ordine di 100 miliardi per litro. La trasformazione degli zuccheri in alcol è la reazione principale del processo fermentativo; la resa di questa trasformazione è di circa 60 centimetri cubici di alcol etilico ogni 100 grammi di zuccheri; contemporaneamente si formano circa 50 grammi di anidride carbonica nonché diversi prodotti secondari quali glicerina, acido succinico, acido acetico, eco. che troveremo perciò nel vino. La resa in alcol degli zuccheri del mosto ed i prodotti secondari sono un po' diversi a seconda delle specie di lieviti presenti nel liquido fermentante, ad es. i lieviti cosiddetti «apicoluli» sono meno resistenti alla concentrazione alcolica ed hanno un rendimento di conversione dello zucchero in alcol più basso dei lieviti «ellittici» che presentano migliori caratteristiche sia nella resa in alcol che nella resistenza a più elevale gradazioni. Nella pratica la gradazione alcolica potenziale di un mosto si ottiene moltiplicando il contenuto percentuale di zuccheri del mosto per il coefficiente 0,6.

4 Sfruttando la capacita dei lieviti ellittici di resistere a più elevate dosi di anidride solforosa e la relativa sensibilità dei lieviti apicolati alla medesima, si usa effettuare aggiunte di anidride solforosa (sotto forma gassosa o di un sale, il metabisolfito di potassio in ragione quest'ultimo di 5-20 grammi per ettolitro a seconda delle condizioni di sanità dell'uva) direttamente sull'uva durante la pigiatura o al mosto appena ottenuto e prima che si inizi la fermentazione per bloccare l'attività dei lieviti indesiderabili nonché di muffe e specialmente batter! (microbi) sempre presenti sull'uva e quindi nel mosto, migliorando il processo fermentativo e conseguentemente il risultato della vinificazione. LA VINIFICAZIONE Una distinzione fondamentale va fatta a seconda che si vogliano preparare vini bianchi o vini rossi; nel primo caso si effettuerà sempre una vinificazione cosiddetta «in bianco» cioè in assenza di parti solide (graspi, bucce, vinaccioli), nel secondo caso per 10 più si I ara una vinificazione cosiddetta «in rosso» che comporta la presenza in tutto o in parte e per una durata più o meno lunga a contatto del mosto delle parti solide del grappolo, cioè delle vinacce. Vinificazione in bianco. Una razionale vinificazione delle uve bianche atta a dare vini di qualità, deve avvenire in assenza di raspi, bucce, vinaccioli; un tale sistema di vinificazione, detto «in bianco» presuppone una iniziale separazione del mosto dalla massa d'uva pigiata o mediante «sgrondatura» (separazione naturale del mosto tiorchiato dalla vinaccia per semplice scolamento o a mezzo apposite macchine dette appunto sgrondatori che possono essere statici o rotativi) e successiva torchiatura della vinaccia vergine (non fermentata) o con la pressatura diretta delle uve in apposite presse per lo più orizzontali, a pressione soffice. In ogni caso le ultime frazioni di mosto ottenute vanno tenute separate poiché ricche di sostanze tanniche e di qualità nettamente inferiore; possono se mai riunirsi al mosto destinato alla preparazione di vini rossi. A mano a mano che 11 mosto si separa si procede a solfitarlo con grammi di metabisolfito di potassio per ogni ettolitro che deve essere disciolto o distribuito con cura in tutta la massa. Questa tecnica ideale richiede attrezzature solitamente indisponibili nelle cantine dei piccoli produttori ed una certa esperienza che non è possibile improvvisare. Come valida soluzione di ripiego si può vinificare l'uva pigiata, o meglio ancora pigiata e diraspata, limitando al massimo possibile il tempo di contatto del mosto con le vinacce (24-36 ore) spillando cioè il mosto subito dopo la formazione de! «cappello» (costituito dalie parti solide dei grappolo più leggere bucce a graspo - galleggianti sulla massa in fermentazione) e ponendolo a fermentare da solo in recipienti puliti, meglio se non di legno (cemento vetrificato e vernicialo. vetroresina, acciaio inossidabile. In ogni caso vale la regola di solfitare immediatamente nel corso della pigiatura-diraspatura con le dosi di melabisolfito potassico già indicate e di ridurre il più possibile il tempo di permanenza delle vinacce o delle bucce nel mosto, Vinificazione in rosso Cosiddetta perche si ha la cessione della materia colorante rossa e presuppone perciò il contatto più prolungato delle bucce con il mosto. La fermentazione delle uve nere, pigiate o pigiate e di raspale (solitamente si raccomanda quest'ultima soluzione) avviene in presenza delle vinacce per un periodo di 7 - IO giorni a seconda dell'intensità di colore che si desidera ottenere, del tipo di vino, della gradazione alcolica, ecc. Sia nella vinificazione in bianco che in quella in rosso, per favorire la moltiplicazione dei lieviti (fermenti alcolici) indispensabili per una buona fermentazione, è necessario arieggiare il mosto nei primi due o tré giorni dopo la pigiatura eseguendo delle «lollature» sulle vinacce o dei «rimontaggi» sul mosto. Successivamente, se presenti le vinacce, bisognerà proseguire nelle follature almeno due volte al giorno e tino alla svinatura. Nella fermentazione in bianco invece i

5 rimontaggi non sono più necessari dopo due o tré giorni quando si vede che la fermentazione è ben avviata. La fermentazione va seguita e curata, non deve interrompersi a causa della temperatura troppo bassa o troppo elevata; sarà completata quando tutti gli zuccheri saranno slati trasformati in alcol in modo da ottenere un vino perfettamente «secco», la presenza di zuccheri residui nel vino costituisce un pericolo per la conservazione e la stabilità in quanto soggetti a essere trasformati in alcol o peggio in acido acetico con conseguenti intorbidamenti, alterazioni del gusto o vera e propria perdita del vino per malattie. Svinatura Appena terminata la fermentazione tumultuosa (cosiddetta per lo sviluppo del gas anidride carbonica che si genera nel corso della trasformazione dello zucchero in alcol) il vino inizia a illimpidirsi e con sollecitudine bisogna allora procedere alla svinatura, separare cioè il vino dalle vinacce (vini rossi) e dalle grosse fecce che si sono già depositate (costituite in prevalenza dai lieviti, frammenti del grappolo ecc.) per prevenire la formazione di odori e sapori indesiderati. Il vino verrà posto in recipienti puliti, le vinacce torchiate. Il vino ottenuto dalla torchiatura, fatta eccezione per quello proveniente dalla prima pressione più soffice, verrà tenuto a parte poiché qualitativamente più scadente. Travasi e cure al vino A breve distanza dalla svinatura, dopo giorni circa, va fatto un primo travaso per eliminare altre fecce depositatesi dopo il completamento della fermentazione cosiddetta «secondaria». In tutto questo periodo il vino va controllato e assaggiato frequentemente per potersi accorgerò subito di eventuali difetti (odori e sapori di zolfo, di feccia) dovuti alla formazione di idrogeno solforato per la permanenza del vino sulle fecce ricche di lieviti. Se il vino accenna ad acquisire tali difetti occorre intervenire immediatamente con un travaso all'aria per eliminare le sostan-ze volatili causa degli odori e gusti sgradevoli. Un secondo travaso si farà nel periodo invernale anticipandolo all'inizio o ritardandolo verso la fine del periodo invernale senza però che questo costituisca una regola fissa. Il bravo vinificatore farà i travasi, quanti e quando riterrà opportuno badando più che alle lune, favorevoli o meno, alla necessità di mantenere sempre il vino sul pulito, cambiando insomma «le lenzuola» appena riterrà che non siano più pulite! Questi travasi, a differenza del primo, si faranno ricorrendo possibilmente all'ausilio di pompe per operare in assenza di aria, attenzione particolarmente importante nel caso dei vini bianchi. Si approfitterà del travaso primaverile per aggiungere ancora 5-6 grammi di melabisolfito per ogni ettolitro onde ripristinare l'anidride solforosa che si è combinata con l'ossigeno dell'aria e che si è in parte dispersa durante i travasi. Fin dal momento in cui, ultimata la fermentazione tumultuosa ed effettuata la svinatura, il vino viene posto in botti o altri recipienti, il vinificatore dovrà curare con le colmature per evitare che il vino resti esposto al contatto dell'aria. Questo favorirebbe lo sviluppo della «fioretta» e di altre malattie. L'uso di appositi colmatori, di costo modesto ma di grande, utilità pratica, evita il rischio, dovuti a facili dimenticanze, di avere vini privi di profumo, senza più caratteri di freschezza, inbruniti nel colore per cui un vino di qualità diventa un comunissimo vino bianco privo di qualsiasi pregio. L'aria deve considerarsi un vero nemico del vino, specie se bianco, e da essa dovrà essere costantemente protetto (a tale scopo tendono l'uso dell'anidride solforosa o del metabisolfito di potassio, le colmature, i travasi in assenza di aria, ecc). L'igiene più scrupolosa deve regnare nei locali destinati alla preparazione del vino. Polvere e ragnatele non sono necessarie ne per produrre ne per invecchiare i vini! Le condizioni di temperatura ideali per i locali di conservazione devono essere il più possibile costanti e non elevate (18 gradi). Oggetto di diligente pulizia devono essere i recipienti dove si prepara

6 e si conserva il vino, in modo particolare le botti di legno, non lavate con cura, sono spesso causa, nel vino, di odori e sapori dilettosi (di legno, muffa, eco.). Dice un detto francese che per lare un buon vino bisogna usare molta acqua! Le botti lavate si lasciano asciugare e quindi si soltorano utilizzando anidride soltorosa liquida in bombolette oppure bruciando micce o dischetti di zolfo. Si può tentare di risanare le botti dilettoso lavandole con soluzioni di carbonato di sodio al 2% lacendo seguire un risciacquo con acqua acidulata con acido soltorico (al]'l% circa) e lavando poi abbondantemente con acqua. Specialmente nella lavorazione dei vini bianchi si dovrà aver cura di non portare il vino a contatto con parti metalliche, specialmente di ferro e rame, poiché il vino, a causa della sua acidità, le intacca e può poi andare soggetto ad alterazioni («casse» ferrica o rameosa). Portello, rubinetti, imbuti, macchinari eco. se non sono di acciaio inossidabile o altri materiali inattaccabili dovranno essere protetti dal con tal lo col vino con apposite vernici, quali quelle epossidiche, idonee a venire in contatto con prodotti alimentari. Vasi vinari I recipienti di vetro, vetroresina, acciaio inossidabile e cemento opportunamente protetti con rivestimenti di materiale plastico o con smalti o vernici per lo più a base di resine epossidiche, meglio si prestano per la vinificazione e la conservazione dei vini bianchi clic non le classiche botti in legno. Queste ultime sarà bene riservarle per la conservazione e l'invecchiamento dei vini rossi di qualità presentando maggiore permeabilità all'aria e la possibilità di cessione di tannini al vino contribuendo cosi all'invecchiamento. CHIARIFICAZIONI FILTRAZIONI Per lar acquistare al vino la necessaria limpidezza, e in particolare per i vini bianchi si può intervenire con: - la chiarificazione, che consiste nell'aggiungere al vino una sostanza minerale od organica, di natura colloidale. Questa, coagulando in opportune condizioni, forma dei flocculi che depositano lentamente, inglobando e trascinando le sostanze in sospensione. Ricordiamo tra i chiarificanti minerali la bentonite; tra quelli organici la caseina, l'albumina d'uovo, la gelatina, la colla di pesce. - la filtrazione, che agisce sulla sospensione torbida del vino per azione meccanica o tisica; viene eseguita facendo passare il vino attraverso superi ici molto ampie costituite da tele o da cartoni posti in appositi telai e impiegando come coadiuvanti della filtrazione farine tossili, cellulosa, ecc. L'INVECCHIAMENTO Solamente i vini che presentano una buona ed equilibrata costituzione chimica sono destinati all'invecchiamento per arrivare quindi ad essere dei vini pregiati. 1 vini bianchi sono più soggetti al deterioramento dei rossi, infatti più che di invecchiamento per essi si dovrebbe parlare semplicemente di affinamento. Per quanto riguarda i vini rossi, quelli correnti resistono 1-2 anni mentre i vini di qualità raggiungono un elevato grado di finezza più tardi e il loro declino compare più lentamente. L'invecchiamento può realizzar si in fusti o in bottiglia ed è legato ai seguenti fenomeni: biologici - con la fermentazione malolattica si ha una diminuzione della acidità del vino, la scomparsa dell'acido malico e la formazione di acido lattico; di ossidazione - il vino è avido di ossigeno; durante la conservazione in fusti esso penetra attraverso le pareti provocando l'insolubilizzazione della materia colorante e una complessa serie di reazioni (Pasteur diceva «è l'ossigeno che fa il vino»); chimici - gli acidi organici del vino si combinano con l'alcol (esterificazione) dando prodotti che influiscono sul gusto e sul profumo (profumi eterei o di invecchiamento);

7 fisici - da ricordare l'instabilità del bitartrato che si deposita sotto forma cristallina. L'apporto del legno delle botti alla qualità del vino è oggetto di fondati dubbi. Nel caso di botti nuove e piccole può esserci un'influenza sulla qualità del vino. Invece per quanto riguarda le botti grandi e soprattutto usate, spesso possono portare più a dei difetti che a vantaggi. Si va diffondendo, per vari motivi non escluso quello economico, l'impiego di recipienti di materiale inerte nel periodo precedente l'imbottigliamento: il presunto effetto positivo dell'azione prolungata dell'ossigeno che avviene nei recipienti vinari di legno, è molto discutibile. Nel periodo di imbottigliamento il vino non è a contatto con l'aria e sviluppa quindi le sue qualità organolettiche in un ambiente riducente (privo di ossigeno). MALATTIE DEL VINO Si definiscono malattie del vino le alterazioni profonde di origine biologica determinate da microorganismi patogeni, le principali sono: spunto acetico o acescenza, è dovuto a batteri che in presenza di ossigeno trasformano l'alcol in acido acetico fino a rendere il vino inidoneo al consumo; per sfavorire questa alterazione bisogna prestare particolare attenzione ai recipienti e alle colmature. fioretta, si manifesta con un velo superficiale biancastro costituita da lieviti (Mycoderma) e porta a modificazioni organolettiche con conseguente deprezzamento del vino. Inoltre favorisce lo sviluppo di altre malattie. Ad esempio si possono avere alterazioni dovute ad infezioni di batteri lattici, il cui sviluppo è condizionato soprattutto dall'acidità del vino. Queste malattie prendono nomi diversi a seconda dei componenti del vino che vengono attaccati: giratose fermenta l'acido tartarico con perdita di acidità, cambiamento del colore (imbrunimento) e comparsa di odore sgradevole; amarore, con demolizione della glicerina e formazione di sostanze di gusto amaro (acroleina); filante o grassume con formazione di sostanze mucillaginose (destrani) prodotte dai batteri. ALTERAZIONI DELLA LIMPIDEZZA Non sono di origine biologica e possono imputarsi alle seguenti cause: fisiche - precipitazioni di bitartrato di potassio (cremortartaro) o di tartrato di calcio; chimiche - sono le cosiddette «casses» o rotture. La presenza di ferro nel vino (casse ferrica) o di rame (casse rameosa) in quantità anormali (bastano pochi milligrammi per litro) può essere causa di velature o torbidità. La prima si manifesta per lo più in seguito ad arieggiamento (travaso, filtrazione, imbottigliamento) mentre quella dovuta al rame compare quando il vino permane in assenza d'aria (vino in bottiglia). Anche le sostanze proteiche possono essere causa di velature (cassa proteica); la cassa ossidasica, con un imbrunimento seguito da alterazione e precipitazione della materia colorante e dei tannini, è imputabile a sostanze (enzimi) prodotte da muffe (botrytis) sviluppatesi sull'uva. Si previene e si cura con l'impiego di anidride solforosa.

8 DIFETTI Sono dovuti alla mancanza di cure o a cause accidentali ricorderemo i gusti e gli odori di acido solfidrico (comunemente detto zolfo) o di mercaptano (agliaceo) dovuti alla permanenza del vino sulle fecce; di legno, di secco, di muffa, eco. la cui origine va per lo più ricercata nelle botti in cui il vino ha sostato; di carta, di tela, di filtro, ecc. Gusto e odore tipico «di tappo» si fanno oggi risalire a sostanze (alcune identificate come il tricloroanisolo) che in concentrazioni infinitesime (50 parti per trilione) sono rilevabili all'assaggio e che si formerebbero nelle operazioni di depurazione del sughero. VARIETÀ PER UVE DA VINO raccomandate o autorizzate per la Provincia di La Spezia a) Raccomandate: Albana B, Albarola B, Bosco B, Canaiolo N, Ciliegiolo N, Greco B, Malvasia B lunga o del Chianti, Merlot N, Pollerà nera N, Sangiovese Trebbiano toscano B, Vermentino B. Provincia di Genova a) Raccomandate: Albarola B, Bianchetta genovese B, Bosco B, Ciliegiolo N, Dolcetto N, Pigato B, Rollo B, Vermentino B. b) Autorizzate: Barbera N., Moscaio bianco B., Sangiovese N. Provincia di Savona a) Raccomandate: Lumassina B, Pigato B, Rossese N, Vermentino B, b) Autorizzale: Alleante N, Barbera N, Dolcetto N, Sangiovese N, Trebbiano toscano B. Provincia di Imperia a) Raccomandate: Dolcetto N, Pigato B, Rossese N, Vermentino B. b) Autorizzate: Bosco B, Sangiovese N.

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