Stima spettrale CAPITOLO 8

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1 CAPITOLO 8 Stima spettrale 8.1. Introduzione In molte applicazioni è fondamentale poter stimare la densità spettrale di potenza di un processo. Si tratta di realizzare un analizzatore di spettro numerico. È nota una realizzazione del processo e, naturalmente, si ipotizza il processo stazionario ed ergodico, altrimenti non sarebbe possibile sperare di estrarre alcun parametro medio statistico. Se la realizzazione viene passata attraverso un filtro passa banda centrato attorno ad una frequenza f, un misuratore di potenza posto alla sua uscita misurerà la potenza che il segnale aveva allocata nella banda passante B del filtro, centrata attorno ad f. Per ottenere una stima della densità spettrale della potenza del processo è necessario considerare una struttura con più filtri passa banda le cui funzioni di trasferimento siano l una adiacente all altra (f i = f i 1 + B). B f 1 B f 2 FIGURA Analizzatore con banco di filtri. All uscita i si avrà una stima della densità spettrale alla frequenza f i. Ci sono due tipi di problemi: uno è la risoluzione in frequenza. Si supponga di avere due sinusoidi di frequenze f 1 ed f 2. Per risoluzione in frequenza di un sistema di misura si intende il valore minimo della distanza f 2 f 1 = f alla quale il sistema (l analizzatore di spettro) riesce ancora a distinguere due termini spettrali come distinti. Questo dipenderà, ovviamente, dalla larghezza di banda del filtro. Un secondo problema nasce dalla stima della densità spettrale di un processo casuale. All uscita dei filtri si ottengono, infatti, processi casuali; l obiettivo è quello di stimare la loro varianza, cioé ottenere delle misure ripulite da tutte le fluttuazioni statistiche. Quello che si può fare è effettuare una media in un intervallo temporale sempre più grande, per mediare il massimo 131

2 STIMA SPETTRALE numero di misure statisticamente indipendenti ed ottenere una varianza della media che sia minima. Il problema è di stabilire per quanto tempo mediare, cioé quante misure ripetute effettuare per ridurre la varianza al di sotto del limite richiesto. Qual è la distanza temporale oltre la quale due misure si possono ragionevolmente ritenere statisticamente indipendenti? È ovvio che si tratta di fare delle misure che siano tra loro più distanti della durata della risposta all impulso del filtro. B f f FIGURA Funzione di trasferimento del generico filtro del banco. Se la funzione di trasferimento del filtro fosse quella di figura 8.1.2, la risposta all impulso del filtro sarebbe [ ] sin (πbt) sin πbt Re exp (j2πf t) = cos ω t πbt πbt Quello che determina l intervallo temporale all intorno del quale il filtro effettua una media (si ricordi che filtrare equivale a fare una media mobile) è l apertura del lobo del sin (πbt) /πbt e, quindi, dipende dalla banda B del filtro. Di conseguenza, per ottenere la sostanziale incorrelazione di misure successive basta attendere T 1/B: poiché per avere la richiesta risoluzione frequenziale quello che conta è la banda, il parametro fondamentale è la durata temporale dell osservazione. Per avere maggiore risoluzione frequenziale è necessario avere filtri più stretti, con risposte all impulso più lunghe. Di conseguenza il segnale deve essere disponibile per un periodo di tempo maggiore perché per ridurre le fluttuazioni statistiche è necessario mediare misure ripetute. Questo implica che l intervallo temporale, nel quale deve essere disponibile il segnale per avere una data risoluzione frequenziale, deve essere moltiplicato per un fattore sufficientemente elevato in modo da ridurre sufficientemente la varianza della stima Il periodogramma Un modo di realizzare un banco di filtri è stato già visto quando si è parlato di DFT. La figura riporta lo schema a blocchi di un banco di filtri implementati usando la DFT. Le risposte all impulso dei diversi filtri sono costituite da sinusoidi di frequenza multipla della frequenza fondamentale 1/NT, campionate a passo T e finestrate su una durata temporale pari a NT. In cascata ad ogni uscita bisognerà porre uno stimatore di valore quadratico medio, che implementi l operazione seguente: 1 N u 2 l (k)

3 8.2. IL PERIODOGRAMMA 133 x(n) DFT 1 Σ N x 2 1 Σ N x 2 ^ h (1) x ^ h (0) x FIGURA Banco di filtri implementato con la DFT. Si suppone il processo a valor medio nullo, in modo da poter equiparare valore quadratico medio a varianza. Poiché i filtri hanno risposte all impulso lunghe N campioni, le misure u l (k) devono essere prese a distanza N. Il metodo appena visto è detto metodo del periodogramma. Si considera un pezzo di una realizzazione del processo, ottenendo così una funzione di durata limitata e a energia finita, lo si trasforma secondo Fourier e si ottiene la densità spettrale di energia. Mediando sulla durata dell osservazione si può passare alla densità di potenza. È noto che la stima di un parametro statistico di una sequenza è tanto migliore quanto maggiore è il numero di campioni considerati. Si può allora pensare di considerare un numero maggiore di campioni anche per la stima della densità spettrale di potenza di un processo, calcolando la trasformata di Fourier di un blocco quanto più lungo possibile. Così facendo, però, non si ha nessun guadagno, in quanto i campioni in più non vengono usati per mediare una stessa misura ripetuta più volte, ma semplicemente vanno ad allungare il vettore di cui si effettua la trasformata di Fourier. Anche il numero dei campioni della stima della densità spettrale sarà aumentato della stessa quantità, per cui, in definitiva, non si è avuto alcun vantaggio. Il modo per ridurre la fluttuazione statistica della stima è quello di ottenere delle misure ripetute statisticamente indipendenti e di mediarle. All aumentare della durata temporale della finestra di osservazione si ottiene una maggiore risoluzione spettrale, ma ogni singola misura resterà inattendibile dal punto di vista statistico. Piuttosto che considerare una sequenza lunga il doppio, per esempio 2N, è preferibile considerarne due lunghe N ed ottenere due stime distinte ed indipendenti (fanno riferimento a misure diverse e temporalmente disgiunte dello stesso processo). A pari risoluzione spettrale si ottengono due misure indipendenti: se se ne fa la media la varianza della stima dimezza. Dati N campioni della realizzazione di un processo, è necessario stabilire quanto si vuole "spendere" per la risoluzione spettrale e quanto per la riduzione delle fluttuazioni statistiche

4 STIMA SPETTRALE della misura. In funzione di questa scelta è necessario decidere la risoluzione spettrale, cioé la lunghezza di ogni blocco. In base al numero di spezzoni uguali che si ottengono si può poi valutare di quale fattore si può ridurre la fluttutazione statistica della misura. A questo modo di procedere non c è alternativa. La durata limitata di osservazione ha un altra conseguenza. Con riferimento alla figura 8.2.1, si vorrebbe che se in ingresso ci fosse una sinusoide la cui frequenza è compresa nella banda di uno dei filtri, solo il misuratore all uscita di quel filtri rilevasse un valore non nullo. In realtà non è così perché le risposte all impulso dei filtri implementati dalla DFT sono delle sinusoidi complesse (eventualmente di frequenza nulla) campionate e finestrate su N campioni. Le corrispondenti funzioni di trasferimento sono dei seni cardinali periodicizzati con distanza tra gli zeri pari all inverso della lunghezza della finestra. La figura rappresenta le funzioni di trasferimento di alcuni canali adiacenti (ad esempio centrati a frequenze 0, 1/NT, 2/NT, ). È evidente che il risultato auspicato si ottiene solo se la sinusoide in ingresso ha frequenza esattamente multipla di 1/NT (sinusoide 1 in figura 8.2.2). In tutti gli altri casi (sinusoide 2 in figura 8.2.2) tutti i filtri daranno uscite non nulle, suggerendo la conclusione erronea che il segnale in ingresso ha la sua potenza concentrata a frequenza k/nt (con un opportuno valore di k), ma una parte della sua potenza è distribuita su tutto l intervallo di frequenza! Questo evidenzia un "travaso" (in inglese leakage) di potenza stimata da una banda alle bande vicine. 1 2 f 3/NT 2/NT 1/NT 0 1/NT 2/NT 3/NT FIGURA Funzioni di trasferimento di alcuni dei filtri implementati con la struttura di figura A questo problema si può parzialmente rispondere modificando le risposte all impulso dei filtri. L uso di una finestra rettangolare porta a risposte all impulso che sono sinusoidi troncate. Si potrebbero usare finestre che degradano con gradualità a zero agli estremi (ad esempio finestre a coseno rialzato). In questo modo le risposte all impulso sarebbero ancora delle sinusoidi, ma la cui ampiezza va a zero con gradualità: le corrispondenti funzioni di trasferimento avrebbero ancora andamenti simili a quelli raffigurati in figura 8.2.2, ma con code molto più piccole che garantiscono un leakage più basso. Naturalmente, come già osservato nel capitolo sul progetto di filtri FIR con il metodo delle finestre, code più basse implicano un lobo principale più largo che, in questo caso significa minore risoluzione spettrale. Il modo di procedere quindi, è il seguente. Data una sequenza di campioni, per ridurre le fluttuazioni statistiche, è necessario mediare, cioé fare misure ripetute e poi mediare. Per effettuare tali misure ripetute è necessario suddividere la sequenza di campioni disponibili in più

5 8.3. METODO INDIRETTO E METODO DI BLACKMAN-TUKEY 135 blocchi; per ogni pezzo ottenuto calcolare il modulo della trasformata di Fourier e poi mediare. Per ridurre il leakage spettrale si possono usano finestre che vanno a zero con più gradualità. In questo modo, però, non si utilizza tutta l informazione a disposizione, in quanto ci si trova nella situazione raffigurata in figura 8.2.3(finestre a coseno rialzato). t FIGURA Finestre a coseno rialzato. I dati negli intervalli temporali in corrispondenza dei quali le finestre hanno valore molto piccolo influiscono poco sulla misura effettuata e, quindi, non vengono praticamente utilizzati ai fini della riduzione delle fluttuazioni statistiche. Quello che si fa è prevedere un parziale overlap tra i blocchi, in modo che i campioni che non entrano a determinare una misura possano entrare a determinare la misura adiacente. t FIGURA Finestre parzialmente sovrapposte. In questo modo si sfrutta al massimo tutta l informazione presente nella sequenza dei dati, fermo restando il concetto che è possibile guadagnare in risoluzione spettrale pagando con una minore riduzione delle fluttuazioni statistiche. Questo metodo è detto WOSA (Window Overlapping Spectral Analisys) Metodo indiretto e metodo di Blackman-Tukey La stima della densità spettrale di potenza di un processo si può affrontare diversamente. Sempre supponendo che il processo sia stazionario, si può prima valutarne la funzione di autocorrelazione (8.3.1) R xx (τ) = E [x(t)x(t + τ)] per poi calcolarne la trasformata di Fourier, poiché è noto che h x (f) = F [R xx (τ)]. Siccome non si ha la possibilità di accedere ad infinite realizzazioni, in modo da calcolare la media statistica, è necessario ipotizzare il processo ergodico oltre che stazionario. Questa ipotesi consente di sostituire alla media statistica la media temporale, cioé il limite 1 (8.3.2) lim T 2T +T T x(t)x(t + τ)dt

6 STIMA SPETTRALE Se il processo è ergodico, quando T tende ad infinito, la media temporale (8.3.2) tende con probabilità 1 alla media di insieme (8.3.1). Nel discreto l autocorrelazione può essere definita come: 1 R xx (k) = lim N N x(j)x(j + k) Vale R xx (k) = R xx (τ = kt ). Per poter ottenere una buona stima della funzione di autocorrelazione di un processo (o di correlazione mutua tra più processi) sarebbe necessario avere a disposizione una sequenza di campioni di una realizzazione del processo la cui lunghezza tenda all infinito, e questo ovviamente non è possibile. Avendo necessariamente una sequenza di lunghezza finita, non si può pensare di ottenere una stima con varianza nulla. Si approssima, allora, la funzione di autocorrelazione, utilizzando i campioni a disposizione, con: ˆR x (k) = 1 x(j)x(j + k) N j Per N, ˆRxx (k) R xx (kt )[ e, quindi, ] lo stimatore è consistente, ma questo stimatore è tuttavia polarizzato, in quanto E ˆRxx (k) = (N k) /N R xx (k): esso fornisce risultato massimo per k = 0, sommando N termini significativi, ma per k > 0 il numero di termini significativi che si mediano va man mano diminuendo. Si noti, quindi, che per alti valori di k, l autocorrelazione assume valore basso indipendentemente dalle proprietà del segnale, dato che si effettua la somma di N k termini e poi si divide per N. Si potrebbe porre (8.3.3) ˆRxx (k) = 1 N k j=1 x(j)x(j + k) ma, pur avendo rimosso la polarizzazione, il vantaggio ottenuto è illusorio, dato che la varianza della stima ˆR xx (k) aumenta all aumentare di k. Ottenuti in questo modo i campioni della funzione di autocorrelazione, si può usare la trasformata di Fourier per ottenere la densità spettrale di potenza. Si possono naturalmente usare tutti i campioni a disposizione per calcolare un unica stima ˆR xx (k) e, quindi, un unica trasformata di Fourier. In questo modo si ottiene la massima risoluzione in frequenza, pagandola però con la massima varianza della stima ottenuta, perché il tutto equivale ad utilizzare il metodo del periodogramma in cui tutti i dati disponibili si utilizzano per ottenere una sola DFT. Infatti lo stimatore (8.3.3) richiede il calcolo della correlazione con se stesso del blocco di dati. Si è visto che la DFT è un modo per calcolare la convoluzione circolare di due blocchi di dati. Siccome la correlazione si può considerare come la convoluzione con una sequenza ribaltata nel tempo, per calcolare la correlazione tra due sequenze basta moltiplicare la trasformata della prima per la complessa coniugata (si considerano sequenze reali) della trasformata della j=1

7 8.4. STIMA SPETTRALE PARAMETRICA 137 seconda. Per evitare i problemi legati alla periodicizzazione temporale implicata dall uso della DFT basta allungare il blocco di dati con N zeri. Quindi, per ottenere la trasformata stima dell autocorrelazione, basta aggiungere altrettanti zeri alla sequenza di dati, calcolarne la DFT e infine farne il modulo quadro. L unica differenza con il metodo del periodogramma consiste nell aggiunta degli zeri, ma questo corrisponde solo ad ottenere lo spettro di energia campionato con passo dimezzato. Che la varianza della stima sia alta si giustifica anche con l osservare che i campioni di ˆR xx (k) che vengono inviati ad un unica DFT sono in parte buoni (quelli per k 0), ma in parte molto rumorosi (quelli per k N). Per ottenere una stima meno rumorosa della densità spettrale di potenza si devono utilizzare solo i campioni migliori di ˆR xx (k), cioé quelli di indice basso. Questa operazione si configura come una finestratura della autocorrelazione prima della trasformata. Poiché si considera un blocco più corto di ˆR xx è ovvio che la risoluzione spettrale della stima di densità spettrale di potenza sarà ridotta. Si ritrova, come ovvio, la necessità di un compromesso tra risoluzione spettrale e rumorosità della stima che richiede un attento dimensionamento della lunghezza della finestra da applicare ai dati. In questo caso, però, la finestra va applicata all autocorrelazione stimata prima del calcolo di una DFT che dovrebbe fornire direttamente la richiesta densità spettrale di potenza stimata, senza il calcolo del modulo al quadrato previsto dal metodo del periodogramma. Questo fatto può produrre risultati assurdi, se la finestra non viene scelta opportunamente. Il risultato finale è la convoluzione tra la trasformata dell autocorrelazione stimata e la trasformata della finestra. Se quest ultima assume valori positivi e negativi non è possibile escludere che, per qualche frequenza, il risultato della convoluzione possa essere negativo, fatto difficilmente giustificabile per una densità spettrale di potenza che può essere nulla, ma mai negativa! La finestra da applicare all autocorrelazione stimata deve avere trasformata sempre positiva: la finestra triangolare è una di queste (il triangolo può essere visto come la correlazione di due rettangoli e, quindi, la sua trasformata è il quadrato della trasformata di un rettangolo). Il metodo che stima la funzione, la finestra con una finestra triangolare e poi ne calcola la DFT va sotto il nome di metodo di Blackman-Tukey, dal nome di coloro che per primi l hanno proposto. Sia il metodo del periodogramma, sia quello di Blackman-Tukey producono una regolarizzazione della densità spettrale stimata a spese di una riduzione della risoluzione spettrale Stima spettrale parametrica Si è dunque visto che la risoluzione in frequenza è pari all inverso della durata temporale della finestra di osservazione. Per avere un alta risoluzione in frequenza è necessario osservare il processo per un tempo molto lungo. Questo modo di procedere non è sempre la cosa migliore da fare. Si consideri il classico esempio dell orologiaio che deve regolare un orologio: a lui interessa misurare al meglio che può e nel più breve tempo possibile la frequenza di oscillazione: con i metodi fin qui visti, per avere una precisione di misura adeguata sarebbero necessari tempi di osservazione lunghissimi. Ma il fatto è che non importa sapere qual è il livello di potenza in tutte le bande in cui si suddivide l intervallo (0, 1/T ), ma, semplicemente, interessa sapere qual

8 STIMA SPETTRALE è la frequenza della sinusoide che si sta misurando. Il sapere che si ha per le mani una sinusoide costituisce una informazione a priori importantissima: per descriverla compiutamente bastano i 3 parametri frequenza, ampiezza e fase. Naturalmente questo non significa che basta fare tre misure e risolvere un sistema di tre equazioni in tre incognite, essendo ognuna delle misure sicuramente affetta da errore e potendo quindi fornire risultati errati. Basta, però, effettuare un numero di misure congruamente superiore e determinare i valori dei tre parametri tali che lo scostamento quadratico medio tra il comportamento predetto dal modello ed il comportamento riscontrato in pratica sia minimo. In questo modo si riesce, sempre con un numero di osservazioni limitato, a stimare, con una precisione molto alta, la frequenza della sinusoide senza attendere un tempo pari all inverso della precisione in frequenza richiesta alla misura. Si apre qui il capitolo degli algoritmi di super-risoluzione. I metodi visti fino ad ora consideravano i dati in modo acritico, senza porsi il problema di conoscere il modello fisico del processo corrispondente alla realizzazione considerata; in modo altrettanto acritico si cercava di determinare la distribuzione spettrale della potenza del processo. Nel caso della sinusoide è stato possibile ottenere una risoluzione ben più alta di quella che compete ad una durata di osservazione molto limitata. Esiste una grossa differenza tra questi due modi di procedere perché in un caso non si fa nessuna ipotesi sul processo che ha generato i dati, mentre nell altro caso si ipotizza di conoscere il sistema che ha generato i dati, salvo pochi parametri che lo identificano in modo completo. Quindi, in realtà, non si tratta di superrisoluzione, ma semplicemente dell uso, oltre alle misure effettuate, di informazione ulteriore (informazione a priori), ovvero conoscenze che esulano dalle misure effettive e che permettono di conoscere almeno la famiglia dei sistemi alla quale appartiene il sistema in considerazione. È evidente che la correttezza della stima effettuata dipende in modo critico dall esattezza delle ipotesi di partenza. Un modello che ha dato risultati positivi è quello illustrato in figura, in cui si considera del rumore bianco in ingresso a un filtro. w(n) H(f) x(n) FIGURA Sistema per modellare la densità spettrale di un processo. Sia x(n) il segnale di cui si vuole stimare la densità spettrale. Se si riesce a dare del sistema una schematizzazione come in figura 8.4.1, il problema della stima della densità spettrale di x(n) si riduce alla determinazione della funzione di trasferimento del filtro. Infatti, la densità spettrale del segnale all uscita di un filtro è pari alla densità spettrale del segnale in ingresso per il modulo al quadrato della funzione di traferimento del filtro. Nel nostro caso la densità spettrale del segnale in ingresso (rumore bianco) è costante e, quindi, per identificare il modello del sistema basta conoscere il modulo al quadrato della funzione di trasferimento. In questo modo otteniamo una stima a precisione teoricamente infinita della densità spettrale del processo generato dal sistema. Nei limiti in cui il modello è calzante, queste procedure risultano enormemente vantaggiose perché non è necessario descrivere la funzione di trasferimento del filtro con un numero infinito

9 8.5. MODELLO MA 139 di coefficienti. Nel caso fossero necessari un gran numero di coefficienti, è meglio usare i metodi già visti del periodogramma o di Blackman-Tukey. Una volta identificato il modello, è possibile valutare la densità spettrale e, antitrasformando, la funzione di autocorrelazione R xx (k) non più in un intervallo limitato, ma per ogni k. Questo tipo di stima parametrica si può quindi considerare come un insieme di procedure che consentono di fare delle ipotesi sull andamento della funzione di autocorrelazione su tutto l asse temporale, pur avendo potuto effettuarne una stima solo per un intervallo limitato. Una procedura si distingue dall altra in base alle ipotesi che si fanno circa l andamento della funzione di autocorrelazione prima e dopo l intervallo temporale di osservazione. I modelli che si usano per il filtro sono i seguenti: Modello MA (Moving Average o a finestra mobile) Modello AR (AutoRegressivo) Modello ARMA(Autoregressivo a finestra mobile) Nel caso di modello MA il filtro è un filtro FIR a soli zeri; nel modello AR è un filtro IIR a soli poli; nel modello ARMA è un filtro genericamente con poli e zeri. È ovvio che il modello che fornisce un maggior grado di libertà è il modello ARMA; d altra parte esso, avendo bisogno di identificare separatamente sia una parte FIR, sia una parte IIR, pone maggiori problemi di identificazione. Normalmente i modelli più usati sono MA e AR, con una prevalenza del modello AR. Tale modello, infatti, come si vedrà tra breve, comporta la soluzione di un sistema di equazioni lineari, al contrario del modello MA che richiede la soluzione di equazioni non lineari. Oltre a ciò il modello AR ipotizza per il sistema una funzione a tutti poli, che è una funzione che può descrivere il comportamento di una struttura riverberante Modello MA Si consideri il modella MA. Tale modello ipotizza una funzione di trasferimento con soli zeri, cioé ipotizza per il processo che genera la sequenza di uscita x(n) (che è la sequenza che deve approssimare quella reale, almeno in termini di densità spettrale di potenza) quanto segue x(n) = w(n j)h(j) j=0 dove h è la risposta all impulso del filtro e w è la sequenza di ingresso. Avendo a che fare con un filtro FIR, la risposta all impulso del filtro sarà di durata limitata. Quello che si deve fare è arrivare a stimare la funzione di autocorrelazione o la densità spettrale di potenza in modo che i dati disponibili vengano onorati: si deve supporre di conoscere un certo numero di campioni della funzione di autocorrelazione R xx (k). Si può esprimere la funzione di autocorrelazione in funzione del modello e, quindi, imporre che, per i valori dei ritardi che corrispondono ai campioni disponibili, i valori di h siano tali da far corrispondere il risultato del modello col risultato sperimentale. La funzione di autocorrelazione del processo all uscita del filtro vale: [ E [x(n)x(n k)] = E h(j)w(n j) ] h(l)w(n k l) = h(j)h(l) E [w(n j)w(n k l)] j l j,l

10 STIMA SPETTRALE E [w(n j)w(n k l)] rappresenta i campioni della funzione di autocorrelazione del processo w all ingresso del filtro. Per ipotesi, ovvero per il modello che si è ipotizzato, tale processo è bianco con funzione di autocorrelazione impulsiva pari a R ww (k) = σ 2 δ(k). Essa sarà non nulla solo per n j = n k l, cioé per j = k l. Segue allora E [x(n)x(n k)] = σ 2 j h(j)h(j k) cioé (8.5.1) R xx (k) = σ 2 j h(j)h(j k) Per poter identificare il modello basta avere un numero di campioni della funzione di autocorrelazione R xx (k) che consentano il calcolo dei coefficienti del filtro FIR. Una volta ottenuti i coefficienti del filtro, è possibile il calcolo esatto della densità spettrale o della funzione di autocorrelazione del processo in esame. Si noti che nella derivazione effettuata si è supposto di conoscere dei valori della funzione di autocorrelazione; in realtà si avranno a disposizione delle stime. I vari modi di implementare questo tipo di stima spettrale si differenziano in base alla procedura con la quale si ottengono, dai dati sperimentali, le stime dei campioni della funzione di autocorrelazione. La (8.5.1) si può esprimere utilizzando la trasformata zeta, visto che è presente una convoluzione tra due repliche della risposta all impulso del filtro: (8.5.2) H(z) 2 = 1 σ 2 R xx(z) La (8.5.2) è una forma quadratica, per cui se a è una sua soluzione lo è anche 1/a. Ne consegue che la soluzione del sistema nella (8.5.1) non è unica, dato che è possibile decidere quali zeri prendere all interno e quali all esterno del cerchio unitario. Ognuna di queste soluzioni è del tutto equivalente dal punto di vista del modulo della funzione di trasferimento; quello che cambia è la fase. La soluzione che considera tutti gli zeri all interno del cerchio di raggio unitario fornisce la funzione di trasferimento a fase minima. Oltre questa soluzione, tutte le altre hanno la stessa possibilità di portare a definire una identica densità spettrale di potenza del processo di uscita: c è una certa indeterminazione nella soluzione. La funzione di autocorrelazione viene ipotizzata nulla fuori dell intervallo considerato. Infatti, il processo in ingresso ha, per ipotesi, funzione di autocorrelazione impulsiva: questo significa che la correlazione tra campioni successivi o campioni ancora più distanti è zero. Il filtro crea la sequenza in uscita semplicemente facendo una media pesata degli ultimi N campioni della sequenza di ingresso e, quindi, stabilisce una correlazione tra campioni vicini. Trattandosi di un filtro FIR, per distanze maggiori di N passi di campionamento (N è la lunghezza della risposta all impulso) anche la sequenza di uscita avrà correlazione nulla. Si ha cioé che r x (k) 0 solo per k N, dove assume i valori da noi imposti. Riassumendo, il modello MA ipotizza per la funzione di autocorrelazione del processo un andamento diverso da zero nell intervallo considerato e nullo altrove. Ne deriva che questa stima parametrica è molto simile alla stima di Blackman Tukey, dato che quest ultima, ricordiamo,

11 8.6. MODELLO AR 141 effettua la DFT della funzione di autocorrelazione finestrata, ipotizzandola quindi nulla al di fuori della finestra considerata Modello AR In questo caso il filtro è IIR a soli poli, con funzione di trasferimento del tipo H(z) = b o 1 N i=1 a(i)z i La trasformata della sequenza di uscita sarà legata alla trasformata zeta della sequenza di ingresso dalla relazione b o X(z) = 1 W (z) N i=1 a(i)z i o equivalentemente (8.6.1) x(n) = a(i)x(n i) + b o w(n) ovvero il campione n-esimo della sequenza di uscita è dato da una media pesata degli n campioni precedenti della stessa sequenza di uscita, cui si somma il campione corrente dell ingresso, opportunamente pesato. Al solito bisogna fare in modo che il modello onori i dati, cioé che i campioni a disposizione della funzione di autocorrelazione del processo, per quanto rumorosi, vengano rispettati dal modello in uso. Si tratta, anche qui, di impostare un sistema di equazioni che garantisca quanto detto: [( ) ] R xx (k) = E [x(n)x(n k)] = E a(i)x(n i) + b o w(n) x(n k) = i = i a(i)e [x(n i)x(n k)] + b o E [w(n)x(n k)] È ovvio che la complessità del modello non può essere superiore al numero di campioni disponibili della funzione di autocorrelazione. Si ha E [x(n i)x(n k)] = R xx (k i). Inoltre 0 k > 0 il campione n-esimo dell ingresso E [w(n)x(n k)] = non ha ancora influenzato l uscita 0 k = 0 in virtù della (8.6.1) Si ottiene: R xx (k) = a(i)r x (k i) + b o σ 2 δ(k) i Se si salta il termine per k = 0 si ottiengono le seguenti equazioni (equazioni di Yule Walker) a(i)r xx (k i) = R xx (k), k = 1,, N i

12 STIMA SPETTRALE che, scritta in forma matriciale, diventa R xx (0) R xx (1) R xx (N 2) R xx (N 1) R xx (0) R xx (N 3) R xx (N 2)..... R xx (0) R xx (1) R xx (1) R xx (0) a 1 a 2. a N 1 a N = R xx (1) R xx (2). R xx (N 1) R xx (N) dove si è utilizzata la relazione R xx ( k) = R xx (k), che è sicuramente verificata con gli stimatori della funzione di autocorrelazione considerati. La matrice dei coefficienti è una matrice di TOEPLITZ, cioé è tale da avere valori uguali sulle diagonali. Essendo dotata di questa particolare simmetria, permette l uso di metodi iterativi di soluzione del sistema. Anche in questo caso bisogna valutare i campioni della funzione di autocorrelazione e identificare i parametri del filtro in base ad essi Modello ARMA La funzione di trasferimento avrà un certo numero di zeri e un certo numero di poli; il filtro può essere considerato come cascata di un filtro a soli zeri e un filtro a soli poli. L identificazione delle due parti è possibile perché la parte MA può essere eliminata considerando campioni della funzione di autocorrelazione con ritardi sufficientemente lunghi, in modo da andare al di la della lunghezza all impulso del filtro FIR (si ricordi che per il modello MA R xx (k) 0 per k N). Quindi, a patto di considerare ritardi tali da eliminare la parte MA, è possibile usare la stessa procedura già vista per identificare la parte AR. Ciò fatto, si torna a ritardi più bassi per identificare la rimanente parte MA. Il problema di questo modello risiede nel fatto di dover usare ritardi più grandi per stimare la parte AR e nel dover ricavare dai dati l ordine effettivo sia del numeratore, sia del denominatore della funzione di trasferimento Predizione lineare Con riferimento al modello utilizzato nella stima spettrale parametrica, ogni campione di w(n) è incorrelato con quelli che lo precedono e lo seguono, per cui, fino alla statistica del secondo ordine, conoscere il passato non serve per predire il futuro. Non altrettanto si può dire per i campioni di x(n), in quanto il filtro, che possiede una sua memoria più o meno limitata, ha stabilito un legame tra campioni successivi della sequenza. Ne consegue che si può usare la conoscenza del passato per predire il futuro, cercando di stimare il campione successivo mediante una opportuna funzione dei campioni precedenti. Un caso particolare è quello in cui la predizione si ottiene mediante una combinazione lineare, con coefficienti opportuni, degli ultimi campioni: (8.8.1) ˆx N (n) = a N (k)x(n k) I coefficienti a N (k) possono essere calcolati in modo da minimizzare una funzione costo, che nel nostro caso sarà, ovviamente, l errore quadratico medio. Se, cioé, e(n) è pari alla differenza

13 8.8. PREDIZIONE LINEARE 143 tra l n-esimo campione della sequenza x(n) e la sua stima ˆx(n) e(n) = x(n) ˆx(n) come misura della bontà della stima ˆx(n) si userà la quantità E [e 2 (n)]. x(n) filtro predittore + x(n) ^ e(n) FIGURA Predizione ed errore di predizione. A questo punto il problema è determinare gli N coefficienti a N (k) affinché l uscita del filtro costituisca la migliore stima, in termini di errore quadratico medio, del campione successivo. Indichiamo con a N (k), con 1 k N, i coefficienti del predittore di complessità N. È intuitivo che se c è memoria, aumentare la complessità può servire per migliorare il risultato. Questo naturalmente fino ad "esaurire" la memoria del sistema: è inutile inserire nella stima campioni incorrelati con il campione da predire, che non possono in alcun modo modificare l errore quadratico medio della stima. Vediamo come valutare gli a N (k). Si ha { } 2 e 2 N(n) = x(n) a N (k)x(n k) La quantità da minimizzare è, quindi, { E = E [ e 2 N(n) ] = E Per valutare a N (k) basta porre E a N (j) = 0, x(n) } 2 a N (k)x(n k) j = 1,, N Si ottiene così un sistema di N equazioni in N incognite. Effettuando la derivata si ottiene [ { }] (8.8.2) E x(n j) x(n) a N (k)x(n k) = 0, j = 1,, N e, quindi, Ma E [x(n j)x(n)] a N (k) E [x(n j)x(n k)] = 0, j = 1,, N E [x(n j)x(n)] = r x (j) e E [x(n j)x(n k)] = r x (j k)

14 STIMA SPETTRALE Si ottiene allora r x (j) = a N (k)r x (j k) j = 1,, N equazioni di Wiener-Hopf Questo sistema permette di calcolare i coefficienti a N (k) del filtro che fornisce la predizione lineare ottima. Si noti che le equazioni di Wiener-Hopf sono identiche alle già viste equazioni di Yule-Walker, relative all identificazione dei coefficienti del filtro recursivo che, piazzato tra la sorgente bianca ed il processo colorato in considerazione, permette di identificare il modello AR. I due insiemi di equazioni coincidono esattamente solo se l ordine N del filtro predittivo coincide con l ordine N AR del modello autoregressivo del processo, cioé se N = N AR (in teoria anche N N AR potrebbe produrre lo stesso filtro). L obiettivo del progetto del filtro predittore è quello di minimizzare lo scostamento rispetto al valore atteso (che è nullo) degli errori di predizione. Tale minimizzazione viene effettuata utilizzando la somiglianza (statistica) esistente tra valori contigui della sequenza x(n). In altre parole, si mette in piedi un processo di predizione solo perché c è correlazione tra i campioni. Fare una predizione significa estrarre dal passato tutta l informazione possibile per predire il futuro. Una volta sottratta la predizione, la sequenza dell errore di predizione deve essere costituita da campioni incorrelati perché se ci fosse correlazione residua si potrebbe mettere in piedi una ulteriore procedura di predizione. In altri termini, la ricerca di un predittore più lungo (e, quindi, più efficace) ha termine quando l errore di predizione è costituito da una sequenza di campioni incorrelati, ovvero è un processo spettralmente bianco. Il filtro che lega l errore di predizione alla sequenza da predire può essere considerato anche come filtro sbiancante ottimo, cioé come quel filtro che, data una sequenza di campioni tra loro correlati, fornisce in uscita la sequenza più bianca possibile, limitatamente al fatto che si vuole usare un filtro FIR e che la sua risposta all impulso è costituita da N +1 campioni. Naturalmente l operazione di sbiancamento per mezzo di un filtro con risposta all impulso costituita da N + 1 campioni funziona completamente solo se il processo all ingresso di detto filtro è un processo autoregressivo di ordine N. Se il processo non è puramente autoregressivo, la predizione lineare considerata non può portare ad avere una funzione di trasferimento costante tra A e B in figura 8.8.2, con un numero finito di coefficienti. w(n) A Σ 1 a(i) z i x(n) Σa(i) z i w(n) B FIGURA Filtro sbiancante FIR in cascata al filtro IIR del modello AR. L unico caso in cui si arriva ad ottenere errore di predizione sempre nullo è quello in cui il processo in ingresso è costituito dalla sovrapposizione di sinusoidi, ma in tal caso si è in presenza di un segnale deterministico. Interpretiamo in altro modo la procedura per la determinazione dei coefficienti a N (k). La condizione che bisogna rispettare per garantire che il valore quadratico medio dell errore di predizione sia minimo è data dalla (8.8.2). Tale relazione può essere interpretata dicendo che deve

15 8.8. PREDIZIONE LINEARE 145 essere nulla l aspettazione del prodotto tra i dati e l errore di predizione o che l errore di predizione deve essere ortogonale ai dati. Generalmente diremo che due processi x(n) e y(n) sono ortogonali se E [x(n)y(n)] = 0. Il principio appena esposto va sotto il nome di principio di ortogonalità della predizione lineare. A questo punto si tratta di calcolare il valore che l errore quadratico medio assume quando si usa il predittore ottimo. Sia P Nmin il valore minimo dell errore di predizione. Si ha P Nmin = E [{x(n) ˆx(n)} {x(n) ˆx(n)}] Per quanto detto E [ˆx(n) {x(n) ˆx(n)}] = 0 e quindi P Nmin = E [x(n) {x(n) ˆx(n)}] Quanto appena scritto può sembrare in contrasto con quanto affermato riguardo all ortogonalità tra la predizione e i dati. Si noti però che i dati sono gli N campioni precedenti della sequenza e che x(n) non rientra tra di essi, essendo il valore che bisogna predire. In altre parole, il valore corrente non è disponibile ai fini della predizione. Si ha allora [ ] P Nmin = E [x(n)x(n)] E x(n) a N (k)x(n k) = = R xx (0) a N (k)r xx (k) A questo punto si tratta di risolvere questo sistema di N equazioni in N incognite, supposti noti i campioni della funzione di autocorrelazione del processo. La procedura descritta non è la migliore, perché richiede un numero di moltiplicazioni proporzionali ad N 3. Si preferisce usare l algoritmo di Levinson, che porta allo stesso risultato con un numero di moltiplicazioni proporzionale ad N 2. Nel discorso che ha portato al filtro predittore ottimo, cioé al filtro che porta ad una predizione che, in termini di errore quadratico medio, è la migliore che si può ottenere con un predittore con N coefficienti, si è semplicemente tenuto conto della somiglianza tra i campioni dello stesso processo presi a distanza k. In altre parole abbiamo considerato i campioni della funzione di autocorrelazione R xx (k) = E [x(n)x(n k)] Nulla cambia se si considerano anticipi o ritardi, cioé R xx (k) = R xx ( k): quello che conta è solo la distanza tra i campioni. Si è già detto che si possono considerare filtri di predizione di complessità diversa. Si può considerare un filtro di predizione di ordine 1 (quindi costituito da un solo campione) in cui la predizione è data semplicemente dal campione precedente, moltiplicato per una costante a 1 (1). Oppure si può considerare un filtro di predizione di complessità 2: la predizione è costituita, in questo caso, da una media degli ultimi due campioni pesati con i coefficienti a 2 (1) e a 2 (2). Il

16 STIMA SPETTRALE discorso può procedere fino al filtro di complessità N. a 1 (1) a 2 (1) a 2 (2) a N (1) a N (2) a N (N) La procedura che useremo consente di arrivare al filtro predittivo di complessità desiderata passando attraverso una serie di calcoli che permettono, contemporaneamente, di calcolare tutti i filtri predittivi di ordine inferiore, a partire da quello di ordine 1. Con questa procedura iterativa, se si riesce a determinare il filtro predittivo di ordine 1, si riesce ad arrivare al filtro predittivo di complessità voluta. Nel caso di filtro di ordine 1, l errore di predizione è semplicemente e 1 (n) = x(n) a 1 (1) x(n 1) Per quanto detto, tale errore deve essere ortogonale ai dati, cioé deve essere E [{x(n) a 1 (1) x(n 1)} x(n 1)] = 0 Si ricava quindi immediatamente il valore di a 1 (1), che è il coefficiente di pesatura del campione precedente x(n 1) che fornisce la stima lineare ottima di complessità 1. Si ha cioé a 1 (1) = E [x(n)x(n 1)] E [x 2 (n 1)] = R xx(1) R xx (0) Naturalmente si suppone nota la statistica fino al secondo ordine, cioé la funzione di autocorrelazione, del processo casuale che si vuole predire. Vediamo qual è la procedura per passare ai filtri predittivi di complessità superiore. In generale, per predire il valore del campione all istante n con un filtro di complessità N, si prendono gli n campioni precedenti, si pesano opportunamente, e si determina così una stima del campione successivo. { N n ^x(n) FIGURA Errore di predizione in avanti. Resta così determinato un errore di predizione in avanti (forward) relativo al predittore di ordine N e f N (n) = x(n) ˆx(n) Visto che implicitamente stiamo considerando un processo stazionario, almeno in senso lato, si può pensare di procedere in altro modo. In virtù della stazionarietà, gli N campioni usati per la stima del campione x(n) possono essere usati anche per la stima del campione che precede il blocco di N, cioé x(n N 1). La procedura di predizione, infatti, si basa semplicemente sulla somiglianza esistente tra i campioni della sequenza presi a distanza via via crescente. Ne

17 8.8. PREDIZIONE LINEARE 147 x(n N 1) ^ {N n N 1 n FIGURA Errore di predizione all indietro. consegue che, se le ipotesi sono verificate, cioé se il processo è stazionario in senso lato, possiamo effettuare con la stessa procedura la predizione lineare ottima del campione che precede, così come potevamo farlo del campione seguente. La differenza sostanziale sta nel fatto che questa volta possiamo valutare la bontà della stima, nel senso che, mentre se facciamo la predizione del campione successivo non possiamo valutare l errore di stima se non in termini statistici, quando facciamo la predizione all indietro, il campione è disponibile e si può misurare un errore relativo alla predizione di ordine N a ritroso, relativo al campione di indice n N 1 (si noti che questa quantità è calcolabile solo all istante n 1): e b N(n) = x(n N 1) ˆx(n N 1) Se il processo fosse esattamente autoregressivo di ordine N, il predittore lineare ottimo di complessità N avrebbe gia considerato tutta l informazione possibile della sequenza e si sarebbero quindi ottenuti campioni incorrelati. L errore di predizione a ritroso sarebbe quindi nullo, almeno in termini di media statistica. Infatti il campione precedente il blocco di predizione sarebbe incorrelato perché si troverebbe a distanza maggiore della massima memoria del sistema che è N. Se, però, il predittore ha memoria più corta di quella del processo, non può aver estratto tutta l informazione presente nei dati e la sua predizione non può fornire un errore completamente bianco. L errore di predizione a ritroso rappresenta quanto era presente nella memoria del sistema e che il predittore non è riuscito a predire. Questa stessa quantità può essere usata per migliorare la predizione. Si supponga di aver determinato i coefficienti del filtro di predizione a N (k). Si ha, facendo una stima a ritroso (8.8.3) xˆ N (n N 1) = a N (k)x(n N 1 + k) Con una predizione in avanti, invece, si è già ottenuto (8.8.4) ˆx N (n) = a N (k)x(n k) Posto b N (k) = a N (N + 1 k), possiamo porre la (8.8.3) nella forma della (8.8.4): ˆx(n N 1) = b N (k)x(n k)

18 STIMA SPETTRALE L errore di predizione a ritroso rappresenta l innovazione, cioé quello che non era già incluso nella predizione. Un modo per affinare la predizione è aggiungere tale errore, opportunamente pesato, alla stima precedentemente ottenuta: (8.8.5) ˆx N+1 (n) = ˆx N (n) + c N+1 e b N(n) Questo significa praticamente includere nella predizione il campione x(n N 1). Tale campione non può essere direttamente inserito: non è infatti possibile pensare che gli a N (k) restino invariati con l introduzione di un nuovo campione e che basti semplicemente considerare un nuovo coefficiente nel filtro che tenga conto di tale campione. Dall ulteriore campione sottraiamo ciò che di lui è già presente (in termini di correlazione) negli N già usati; quello che rimane è "il di più" che si può sfruttare per migliorare la predizione. Si tratta di determinare il valore di c N+1. Si usa la stessa procedura già vista, minimizzando il valore quadratico medio dell errore di predizione in avanti. L errore di predizione in avanti è (8.8.6) e f N+1 (n) = x(n) ˆx N(n) c N+1 e b N(n) = e f N (n) c N+1e b N(n) Il valore cercato di c N+1 deve essere tale che Si ha allora c N+1 E Da cui si ottiene c N+1 = c N+1 E [ ( e f N+1 (n) ) 2 ] = 0 [ ( ) ] 2 [( ) ] e f N+1 (n) = 2E e f N (n) c N+1e b N(n) e b N(n) ] E [e fn [ (n)ebn (n) (e ] = b E N (n)) 2 E ] E [e fn (n)ebn (n) [ ( ) ] 2 [ (e ] e f N (n) b E N (n)) 2 In base all ultima scrittura, basata sulla stazionarietà del processo e dell errore di predizione, questo coefficiente può essere interpretato come il coefficiente di correlazione mutua tra l errore di predizione in avanti e l errore di predizione all indietro di indice N. Si parla anche di coefficiente di correlazione parziale, in quanto misura la correlazione esistente tra gli errori di predizione dopo aver eliminato le dipendenze tra il campione seguente e quello precedente gli N campioni: perciò si indica con l acronimo PARCOR. Il coefficiente c N+1 viene anche chiamato, per motivi che appariranno chiari in seguito, coefficiente di riflessione. Dalla (8.8.5) è possibile valutare come cambiano i coefficienti del filtro di ordine N, una volta aggiunto un ulteriore termine. Si può cioé vedere come passare da a N (k) a a N+1 (k). Si ha e b N(n) = x(n N 1) ˆx(n N 1) = x(n N 1) b N (k)x(n k)

19 8.8. PREDIZIONE LINEARE 149 Sostituendo nella (8.8.5) si ha (8.8.7) ˆx N+1 (n) = a N (k)x(n k) + c N+1 [x(n N 1) ] b N (k)x(n k) La (8.8.7) si può ancora scrivere ˆx N+1 (n) = [a N (k) c N+1 b N (k)] x(n k) + c N+1 x(n N 1) Noti i coefficienti del filtro predittore in avanti a N (k) (e quelli del filtro predittore all indietro b N (k)) e noto il coefficiente di riflessione di ordine N + 1, si può passare dai coefficienti del filtro predittore di ordine N ai coefficienti del filtro predittore di ordine N + 1. Si ha infatti a N+1 (k) = a N (k) c N+1 b N (k) = a N (k) c N+1 a N (N + 1 k) (8.8.8) a N+1 (N + 1) = c N+1 Quanto appena visto permette di costruire una procedura iterativa tramite la quale, supposte note le proprietà statistiche del processo in considerazione, è possibile valutare facilmente il filtro di predizione di ordine N. Valutiamo, prima di procedere, cosa succede dell errore di predizione all aumentare dell ordine della predizione, calcoliamo cioé il valore quadratico medio dell errore di predizione di ordine N + 1 (potenza minima dell errore di predizione di ordine N + 1). Dalla (8.8.6) si ricava: [ ( ) ] [ 2 ( ) ] 2 P minn+1 = E e f N+1 (n) = E e f N (n) c N+1e b N(n) = = E [ ( ) ] 2 [ (e e f N (n) + c 2 b N+1E N(n) ) ] ] 2 2c N+1 E [e fn (n)ebn(n) 2 Dal momento che si è ipotizzato di avere già ottimizzato il valore del coefficiente di riflessione per elevare di una unità l ordine del predittore, si ha che ] [ (e E [e fn (n)ebn(n) 2 b = c N+1 E N(n) ) ] 2 e quindi P minn+1 = E [ ( ) ] 2 [ (e e f N (n) c 2 b N+1E N(n) ) ] 2 D altra parte, per la supposta stazionarietà del processo, son uguali le proprietà statistiche dell errore in avanti e dell errore a ritroso. Si ha perciò (8.8.9) P minn+1 = ( 1 c 2 N+1) pminn p minn L ultima disuguaglianza degue dal fatto che è naturalmente 0 c N+1 1 essendo c N+1 il coefficiente di correlazione normalizzato tra errore in avanti ed errore all indietro. Resta così dimostrato che aumentando l ordine del predittore si riduce il valore quadratico medio dell errore di predizione o, al limite, lo si lascia inalterato.

20 STIMA SPETTRALE Si noti che la potenza dell errore di predizione minimo dovuto ad un predittore di ordine N può essere legata alla funzione di autocorrelazione del processo per mezzo della (8.8.9). Tale potenza è infatti legata per mezzo della (8.8.9) alla potenza dell errore di predizione di un predittore di ordine inferiore, la quale, a sua volta, è legata alla potenza dell errore di predizione di un predittore di un ordine ancora inferiore e così via, fino a giungere alla potenza dell errore di predizione di un predittore di ordine zero che è R xx (0). Ci si aspetta che, all aumentare dell ordine della predizione l errore di predizione diminuisca fino ad annullarsi o, almeno, a restare costante (una volta sbiancata la sequenza). Questo sarebbe vero se fosse nota con esattezza la correlazione tra errore di predizione in avanti ed errore di predizione all indietro. In realtà queste quantità saranno note con una certa approssimazione e, quindi, la potenza dell errore di predizione non potrà mai mantenersi rigorosamente costante. La procedura avrà quindi termine quando le variazioni risultano piccole rispetto all incremento di complessità del filtro in uso. Vediamo ora in figura una struttura implementativa di quanto visto finora. uno schema a blocchi della struttura di cui si è parlato. x(n) f x(n)=e (n) 0 + f x(n) c 1 x(n 1)=e 1 (n) + f e 2 (n) z 1 c1 c2 + x(n 1)=e b + 0 (n) z 1 f x(n 2) c x(n 1)=e 1 (n) b e 2 (n 1) FIGURA Struttura iterativa di predittore di ordine qualsiasi. La predizione di ordine zero vale 0 e, perciò gli errori di predizione di ordine 0 valgono rispettivamente e f 0(n) = x(n) e e b 0(n) = x(n 1). Da questi due si può valutare il coefficiente c 1, con il quale si può ricavare il predittore di ordine 1. Gli errori di predizione di ordine uno sono: e f 1(n) = x(n) c 1 x(n 1) e b 1(n) = x(n 2) c 1 x(n 1) Il primo dei due è presente all uscita del sommatore del ramo superiore, mentre all uscita del sommatore del ramo inferiore è presente x(n 1) c 1 x(n), cioé e b 1(n + 1). Per ottenere e b 1(n) serve un ritardo di un campione. Dagli errori di predizione di ordine 1 si può calcolare c 2 e così via. Essendo la procedura iterativa, per ottenere l errore di predizione in avanti e a ritroso, dovuto ad un predittore di ordine N, basta mettere in cascata N celle simili, ottenendo così una struttura di filtro a traliccio non recursivo e avendo in uscita e f N (n) e eb N (n + 1). In questo modo si effettua quella operazione che porta dalla sequenza colorata x(n) di ingresso, ad errori di predizione sbiancati in uscita, sempre che il processo in ingresso sia un processo autoregressivo di ordine N. Il modo di realizzare il filtro predittivo (o sbiancatore) che risponde a tutte le equazioni di progetto sviluppate, può essere descritto con una struttura di filtro a traliccio come quella in figura. Il filtro sbiancatore deve avere una funzione di trasferimento pari all inversa della funzione di trasferimento del filtro a soli poli del modello AR. Come sia realizzato questo filtro FIR ha poca importanza, ai fini dello sbiancamento. Evidentemente la struttura a traliccio è molto più

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