Contributi Farmacia - Collaboratore familiare Attività lavorativa Impresa familiare ex art. 230 bis c.c. - Continuità e prevalenza Obbligo iscrizione

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1 Contributi Farmacia - Collaboratore familiare Attività lavorativa Impresa familiare ex art. 230 bis c.c. - Continuità e prevalenza Obbligo iscrizione Gestione Commercianti del titolare non attivo e del collaboratore Sussistenza. Tribunale di Forlì 24.04/ n. 59 Dr.ssa Allegra INPS e S.C.C.I. s.p.a. (Avv.ti Vestini, Ciarelli) A. M (Avv. Cappelli) Ai sensi del D.Lgs. n. 114/98 costituisce impresa commerciale la farmacia che venda, oltre alle specialità strettamente farmaceutiche e sanitarie, anche ulteriori prodotti di natura commerciale. Sussiste l obbligo della iscrizione alla gestione Commercianti del farmacista, titolare non attivo, e del collaboratore familiare che presti nella farmacia attività lavorativa con continuità e prevalenza, essendo membro di impresa familiare costituita ai sensi dell art. 230 bis. C.C., rappresentando detta costituzione elemento probante della continuità della prestazione della collaborazione da parte del familiare. Il quantum dovuto a titolo di contributi per l assicurazione dell attività del collaboratore non può essere basato sui soli redditi rinvenienti dalla vendita dei prodotti non strettamente farmaceutici, potendo essi collaboratori svolgere all interno dell esercizio commerciale qualsiasi tipo di attività (amministrazione, magazzino, contabilità). Ricorre l ipotesi dell art. 116, comma 15, della L. n. 388/2000 per la quantificazione della somme aggiuntive in misura ridotta, sussistendo oggettive incertezze ed oscillazioni interpretative sulla obbligatorietà della iscrizione. FATTO - Con ricorso depositato il 31 gennaio 2006 il dott. M. A. si rivolgeva al Tribunale di Forlì in funzione di giudice del lavoro esponendo di essere farmacista e titolare della farmacia che conduceva personalmente; di avere alle proprie dipendenze personale laureato in farmacia e di essersi comunque avvalso anche dell aiuto della propria moglie, M. G. M., costituendo con lei un impresa familiare; che la predetta non era laureata in farmacia, ma si occupava della parte contabile, ossia del controllo delle ricette, delle fatture, degli acquisti e delle principali esigenze pratiche, quali i rapporti con le banche, la tenuta in ordine del magazzino, un pò di pulizie. Deduceva il ricorrente che in assenza di alcuna norma che prevedesse l iscrizione obbligatoria del collaboratore familiare del farmacista in una gestione previdenziale tanto meno nella Gestione previdenziale Commercianti come del resto ritenuto dall INPS nel corso degli anni ed espresso anche in apposite circolari e che del tutto incomprensibilmente, pertanto, funzionari dell istituto, a seguito di ispezione, redigevano un verbale nel quale gli contestavano il mancato versamento dei contributi arretrati con riguardo alla moglie e addirittura le sanzioni pecuniarie accessorie. Impugnava quindi il verbale predetto asserendo l eccesso di potere per violazione del principio di stretta legalità, nonché la sua illegittimità per incompatibilità della posizione del ricorrente con 1

2 l iscrizione nella gestione commercianti, essendo il titolare professionista regolarmente iscritto all Ordine provinciale dei farmacisti e alla relativa Cassa (l ENPAF), come previsto dalla circolare INPS n. l595c del 3 gennaio 1978 e ancora l eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà illegittimità dl verbale, assumendo l incompatibilità dell iscrizione della sinora M. nel registro speciale dei commercianti, essendo stata forzatamente applicata alla collaboratrice familiare la legge 613/1966, che disciplinava l assicurazione obbligatoria per gli esercenti piccole attività commerciali iscritti negli elenchi degli aventi diritto all assicurazione obbligatoria contro le malattie, istituita con legge 27/11/1960 n e loro familiari e quindi una normativa specifica e del tutto estranea alla tipologia d impresa di cui era titolare il ricorrente. Affermava comunque che, in ogni caso, anche a voler ritenere applicabile alla fattispecie tale normativa, si doveva trattare di familiari coadiutori preposti al punto vendita che esercitassero con carattere di abitualità e prevalenza e iscritti nell elenco speciale ex art , peraltro abrogati. Contestava in ogni caso la qualità di preposta in capo alla propria collaboratrice familiare e precisava che non era neppure dimostrato che ella fosse addetta alla vendita di prodotti parafarmaceutici. In ordine al quantum dei contributi dei quali si chiedeva il pagamento eccepiva che essi erano stati calcolati sul reddito complessivo dell impresa di farmacia, senza estrapolare dal dato complessivo l effettiva e minoritaria parte del reddito attribuibile ai ricavi imputabili alla vendita di generi commerciali, vera base di calcolo per i contributi in questione. Inoltre contestava la richiesta retroattiva di tali contributi. Chiedeva quindi che fosse dichiarata l illegittimità del verbale ispettivo impugnato e che lo stesso fosse pertanto annullato. In subordine chiedeva che fosse dichiarata legittima unicamente l iscrizione d ufficio ex nunc, e cioè con decorrenza dal solo anno dì accertamento (2005) con le relative contribuzioni. Chiedeva in ogni caso che fossero annullate le sanzioni pecuniarie accessorie alla mancata iscrizione nella gestione previdenziale, in considerazione delle oggettive incertezze esistenti sul caso, ingenerate addirittura dal medesimo ente procedente. Si costituiva l INPS, contestando la domanda del ricorrente e chiedendone il rigetto. In primo luogo la difesa dell istituto affermava la sussistenza dell obbligo contributivo sulla base della circolare n. 163 del 17 luglio 1984, osservando che dagli accertamenti svolti risultava pacificamente che: 1) la farmacia di cui il ricorrente era titolare vendesse, oltre ai medicinali, anche prodotti diversi, realizzando un attività di tipo commerciale alla quale si applicava il D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114; 2) nello svolgimento ditale attività il titolare si avvaleva la moglie, quale 2

3 partecipante ad impresa familiare regolarmente costituita, con conseguente sussistenza del carattere di abitualità e prevalenza nell attività esercitata; 3) l abitualità e prevalenza dell attività svolta dalla predetta era confermata anche dal fatto che costei non svolgeva altra diversa attività. Rilevava che l iscrizione dei collaboratori familiari era obbligatoria tutte le volte in cui nella farmacia si vendessero prodotti diversi dai medicinali, ai sensi del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e che del resto non poteva essere altrimenti, perché diversamente i collaboratori di tal genere sarebbero rimasti privi di qualunque tutela previdenziale. Infine sottolineava il valore confessorio delle dichiarazioni rese dal ricorrente nel corso dell ispezione. Quanto all entità degli importi richiesti, la difesa dell INPS ribadiva la fondatezza della pretesa contributiva con riguardo al periodo pregresso, nonché della legittima applicazione retroattiva delle sanzioni pecuniarie ovvero somme aggiuntive, pur non opponendosi a che, tenuto conto della peculiarità della fattispecie, esse fossero ridotte su richiesta della parte ricorrente, ai sensi dell art. 116, comma 15, della dicembre 2000, n Chiedeva quindi il rigetto della domanda del ricorrente, proponendo, in via riconvenzionale, domanda di condanna del predetto al pagamento dell importo di euro ,00, per contributi fissi, oltre alle sanzioni civili calcolate fino al pagamento effettivo, nella misura di legge ovvero in quella da determinarsi su richiesta di parte ricorrente, ai sensi dell art. 116, comma 15, dicembre 2000, n Con separati ricorsi, anche C.G., C.G., G. P., B. A., T.G., B. G.O. A., M. G., G. G. L., M. L., B. B. T. proponevano analoghe domande, essendo anch essi farmacisti, con riguardo alla posizione di loro collaboratori familiari. Le cause venivano riunite e istruite documentalmente ed infine decise all udienza del 24 aprile 2008, all esito della pronuncia con ordinanza n. 448 della Corte costituzionale in data dicembre 2007, come da separato dispositivo letto in udienza. DIRITTO - La domanda dei ricorrenti è infondata e non può essere accolta. La Corte costituzionale, con ordinanza in data dicembre 2007, nel respingere la questione di legittimità costituzionale sollevate con riguardo a disposizioni di legge che, secondo la prospettazione del giudice rimettente, non prendevano in considerazione la posizione dei collaboratori familiari d farmacisti, così asseritamente privi di tutela previdenziale, ha invero adottato motivazioni che sembrano recepire in pieno le tesi dell INPS nel presente giudizio. Afferma infatti la Corte che l art. 1, primo comma, della legge n. 613 del 1966 dispone l estensione dell assicurazione obbligatoria per l invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli esercenti piccole imprese commerciali iscritti negli elenchi degli aventi diritto all assicurazione 3

4 obbligatoria, nonché ai loro familiari coadiutori, tra i quali il successivo art. 2, primo comma, annovera il coniuge, i figli legittimi o legittimati ed i nipoti in linea diretta, gli ascendenti i fratelli e le sorelle, che partecipano al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, semprechè per tale attività non siano soggetti all assicurazione generale obbligatoria in qualità di lavoratori dipendenti o di apprendisti; che l art 1, primo comma, lettere d) e L) della legge n 1397 del 1960 prescrive l obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa e degli esercenti attività commerciali per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita i quali partecipino personalmente al lavoro aziendale con abitualità e prevalenza; che collegate con quelle censurate, sono anche altre norme non considerate dal rimettente, e cioè l art. 10, secondo comma, della legge n. 613 del 1966 il quale pone direttamente a carico del titolare dell impresa commerciale l obbligo del pagamento dei contributi anche per i familiari coadiutori, salvo il diritto di rivalsa nei loro confronti e l art. 4 comma 2, lettera a) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) il quale assoggetta alla disciplina del commercio tutte le farmacie nelle quali non siano posti in vendita esclusivamente prodotti farmaceutici, specialità medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici; che secondo la consolidata giurisprudénza di questa Corte, nessuna disposizione di legge può essere dichiarata costituzionalmente illegittima solo perché suscettibile di essere interpretata in contrasto con precetti costituzionali, ma dev esserlo soltanto quando non sia possibile attribuirle un significato che la renda conforme a Costituzione. In definitiva, la Corte, peraltro condivisibilmente, ha affermato che tutte le volte in cui l oggetto dell attività della farmacia non sia limitato alla vendita di prodotti farmaceutici o sanitari in genere, tale attività dev essere qualificata come commerciale, ai sensi dell art. 4, comma 2, lett. a) del decreto legislativo 31 marzo 1988, n, 114 e pertanto i familiari coadiutori che vi cooperano devono godere del regime contributivo relativo all assicurazione commercianti. Contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, esiste quindi una norma che contempla astrattamente la fattispecie in esame e che giustifica l operato dell INPS, ancorché l istituto abbia avuto in passato condotte e orientamenti contrastanti (il che può giustificare la buona fede dei ricorrenti, l applicazione di minori somme aggiuntive ed eventualmente la compensazione delle spese, ma non vincola nell interpretazione della norma operata dall Istituto in passato). Occorre quindi verificare la sussistenza, in concreto, dei presupposti per l applicazione della norma. Nel caso di specie è pacifico che la farmacia di cui gli odierni ricorrenti sono titolari commercializzasse altri prodotti, oltre a quelli farmaceutici in senso stretto, avendone dato atto lo 4

5 stesso difensore (e, d altra parte, non esistendo in pratica più, nella realtà, fatte salve forse le farmacie ospedaliere, aziende dedite unicamente alla vendita di medicine). Anche quanto alla continuità e prevalenza dell attività svolta dai singoli collaboratori di cui trattasi, nei giudizi riuniti, non v è dubbio, alla luce di quanto dedotto nei ricorsi introduttivi e della documentazione prodotta dall INPS. Va detto preliminarmente che in tutti i casi in esame i ricorrenti, farmacisti professionisti titolari dell attività, hanno costituito con il familiare o i familiari oggetto dei rilievi degli ispettori un impresa familiare: e ciò costituisce di per sé elemento probante della continuità della prestazione della collaborazione da parte del familiare, dal momento che, ai sensi dell art. 230 bis c.c., presupposto per la configurabilità dell impresa familiare è proprio che il familiare presti in modo continuativo la sua attività di lavoro... nell impresa familiare. Naturalmente, come recita la stessa disposizione richiamata, è fatta salva l ipotesi che sia configurabile un diverso rapporto, ma nei casi in esame, a fronte dell accertamento da parte dell INPS dell avvenuta costituzione di un impresa familiare, non pare che i ricorrenti abbiano negato l esistenza della stessa ovvero sostenuto la simulazione del rapporto, avendone, in ipotesi l onere. Al contrario, della documentazione in atti (ivi comprese le dichiarazioni dei redditi) e delle dichiarazioni a suo tempo rese agli ispettori verbalizzanti dai ricorrenti e dagli stessi collaboratori e mai smentite o contestate in corso di causa, emerge anche la prevalenza dell attività svolta da parte dei collaboratori in questione per l impresa familiare, essendo in tutti i casi l unica svolta. In particolare B. B. A., fratello della ricorrente B.B. T., ha dichiarato...mi occupo della contabilità e della parte commerciale. Collaboro con mia sorella fin da quando ha assunto la titolarità della farmacia. Prima collaboravo con mio padre con gli stessi compiti. Ho fatto un impresa familiare con mia sorella e l avevo fatta anche con mio padre. Con mio padre ho collaborato circa 4-5 o 6 anni. Questa della farmacia è la mia sola attività, sia per l impresa familiare con mia sorella, sia in quella con mio padre. Quanto al dott. G., egli ha costituito con la moglie M. P. un impresa familiare (v. doc. 8 del fascicolo INPS) e ciò contiene l ammissione della prestazione di un attività continuativa. Il dott. G. B. M., a sua volta, ha dichiarato che nella farmacia di cui è titolare opera anche la moglie A. A. M., la quale fa parte dell impresa familiare già da molto tempo. E addetta alla vendita di tutti quei prodotti che non richiedono la laurea in farmacia (doc. 2 fascicolo di parte INPS). Analogamente il farmacista O. A. ha affermato che la propria moglie, non laureata in farmacia, ha collaborato con lui nell impresa familiare fino al 2003 in maniera prevalente ed abituale, come del resto è detto nell atto di costituzione dell impresa familiare (doc. 8 del fascicolo di parte INPS). Quanto al dott. G. B., si osserva che nell atto dichiarativo di impresa familiare (doc. 7 del fascicolo di parte INPS) è detto e più volte ribadito che la signora M. G. M., coniuge del titolare, e la sig,na 5

6 L. B., figlia del titolare, prestando in modo continuativo e prevalente la loro attività lavorativa in tale farmacia addirittura espressamente precisandosi: senza che sia configurabile un diverso rapporto giuridico con il titolare. Analogamente il dott. G. P. ha costituito un impresa familiare nella quale collabora la moglie G. M., la quale, non essendo laureata in farmacia si occupa di altre mansioni, compresa la parte amministrativa (v. dichiarazioni rese, doc. 2 fascicolo INPS). M. A. è figlio e collaboratore familiare della dott.ssa G. C. da circa 20 anni e si occupa del magazzino, della cassa e della chiusura giornaliera della cassa, non svolgendo altri lavori, come egli stesso ha riferito agli ispettori INPS (doc. 3). C. G., titolare della farmacia, ha costituito un impresa familiare nella quale collabora la moglie B. M., che si occupa della contabilità, intesa come registrazioni amministrative. Mia moglie non è farmacista, non svolge altra attività (doc. 2). La moglie del dott. A. B.collabora nella farmacia, come riferito dalla farmacista associata e non contestato dal ricorrente. Da ultimo S. D., moglie del dott. M. L., ha costituito un impresa familiare fin dal 1991 con il marito e vi ha collaborato in maniera abituale e prevalente fino al 20 ottobre 2005 (data dell atto in cui si dichiara la cessazione del rapporto, v. docc. al n. 7 del fascicolo di parte INPS). Alla luce di tutto quanto sopra la pretesa dell INPS appare senz altro suffragata, non potendosi nel quantum neppure condividere la prospettazione della difesa dei ricorrenti secondo la quale occorrerebbe individuare nell ambito del reddito d impresa la parte riferibile all attività per così dire non strettamente farmaceutica e solo su di essa calcolare i contributi, Invero, una volta affermato e accertato, ai sensi del D. Lgsl. 114/1998, che se la farmacia non vende esclusivamente prodotti strettamente farmaceutici e sanitari tale attività costituisce impresa commerciale, è evidente che ciò vale per tutta l attività non essendo ipotizzabile una simile ripartizione, tanto più che non è detto e in concreto non si verifica che i coadiutori, per essere tali, debbano collaborare solamente alla vendita dei prodotti diversi, ben potendosi essi occupare (come il più delle volte hanno fatto, nei casi in esami) di amministrazione, magazzino, contabilità... che ovviamente riguarda tutta l attività, ad eccezione di quella che richiede le conoscenze tecnico-scientifiche per le quali è prescritta la laurea in farmacia. Va quindi accolta la domanda riconvenzionale proposta dall istituto, per gli importi precisati dall INPS nei prospetto prodotto, a titolo di soli contributi, sui quali andranno applicate le somme aggiuntive (obbligatorie per legge), anche se in misura ridotta secondo i criteri di cui all art. 116, comma 15 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, come d altra parte ammesso dallo stesso Istituto nelle conclusioni, non essendovi dubbio che nei casi di specie il mancato e ritardato pagamento dei contributi è dipeso da oggettive incertezze connesse a 6

7 contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali, e addirittura dalla stessa interpretazione adottata, in passato, dall istituto (art, 116, comma 15, lett. a). Tali ragioni giustificano ampiamente anche l integrale compensazione delle spese di lite fra le parti. (Omissis) 7

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