Luiss. La tassazione dei redditi societari in ambito U.E.: il nuovo modello italiano a confronto con i sistemi degli altri paesi.

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1 Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli CERADI Centro di ricerca per il diritto d impresa La tassazione dei redditi societari in ambito U.E.: il nuovo modello italiano a confronto con i sistemi degli altri paesi Federico Rasi [giugno 2006] Luiss Guido Carli. La riproduzione è autorizzata con indicazione della fonte o come altrimenti specificato. Qualora sia richiesta un autorizzazione preliminare per la riproduzione o l impiego di informazioni testuali e multimediali, tale autorizzazione annulla e sostituisce quella generale di cui sopra, indicando esplicitamente ogni altra restrizione

2 ( * ) SOMMARIO: 1. Premessa 2. Il nuovo modello di tassazione dei redditi derivanti da attività finanziarie 2.1. La svolta nella tassazione dei dividendi: l abolizione del meccanismo del credito di imposta e l introduzione del meccanismo dell esenzione 2.2. I nuovi meccanismi di tassazione delle plusvalenze Le plusvalenze/minusvalenze da valutazione di partecipazioni 3. La disciplina in materia di thin capitalization 4. Il problema della tassazione di gruppo 4.1. Il consolidato nazionale 4.2. Il consolidato mondiale 4.3. Le altre forme di tassazione consolidata (brevi cenni) 5. Considerazioni conclusive. 1. Premessa Il decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, recante Riforma dell imposizione sul reddito delle società ha condotto, come noto, alla sostituzione dell IRPEG con l IRES. Al di là del semplice mutamento di nome, si è introdotto in Italia un modello di tassazione delle persone giuridiche profondamente diverso dal precedente. Le società, considerate ora portatrici di autonoma capacità contributiva, sono divenute autonomi soggetti passivi di imposta, non più solo in senso giuridico, ma anche in senso economico. Nella vigenza del precedente regime, invece, attraverso il meccanismo del credito di imposta, il prelievo dovuto dalle società era un mero prelievo di acconto del successivo prelievo definitivo effettuato in capo ai soci - persone fisiche ( 1 ). Questa differenziazione è stata ora superata: è definitiva tanto la tassazione effettuata in capo alle società, quanto quella effettuata in capo alle persone fisiche. La rinnovata centralità delle società all interno del sistema fiscale nazionale, ha poi suggerito lo spostamento del pacchetto di regole per la determinazione del reddito di impresa dall IRPEF all IRES e ha giustificato l introduzione di norme specifiche per le grandi imprese ( * ) Il presente contributo è stato pubblicato su Rassegna Tributaria, n. 5, 2004, pag. ( 1 ) R. Schiavolin, Natura del tributo, funzioni e caratteri generali, in Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, Imposta sul reddito delle persone giuridiche e Imposta locale sui redditi, a cura di F. Tesauro, Torino, 1996, pag. 30.

3 Nelle intenzioni del legislatore delegante, queste modifiche dovevano permettere di raggiungere l obiettivo di adottare un modello fiscale omogeneo a quelli più efficienti in essere nei Paesi membri dell'unione Europea ( 2 ): l ordinamento tributario italiano doveva essere armonizzato con quello degli altri ordinamenti europei al fine rendere neutrale la variabile fiscale nelle decisioni degli operatori economici e facilitare l adozione di un sistema fiscale unico per l Unione Europea. Poste tali premesse, l analisi delle principali caratteristiche della recente riforma del sistema fiscale statale ( 3 ) non potrà non tenere conto del contesto europeo in cui va ad inserirsi e delle riforme fiscali che hanno interessato altri Stati dell Unione Europea ( 4 ). La Germania, ad esempio, ha mutato di recente il proprio ordinamento tributario, mentre la Francia si appresta a farlo nei prossimi mesi. Queste riforme, come quella italiana, si inseriscono nel più ampio processo di armonizzazione e di integrazione europea in materia di imposizione diretta in vista della cui attuazione - precisano le istituzioni comunitarie - non sono più sufficienti interventi generici e frammentari. In proposito, la Commissione ed il Comitato economico e sociale sono intervenuti rispettivamente con la Comunicazione del 23 ottobre 2001, n. ( 2 ) In questi termini si esprimeva la legge 7 aprile 2003, n. 80 recante Delega per la riforma del sistema fiscale statale. L importanza di tale obiettivo è stata peraltro di recente confermata dalla Circolare 16 giugno 2004, n. 25/E esplicativa dei principi della riforma IRES (in Bollettino tributario d informazioni, n. 12, pag. 929). ( 3 ) Gli istituti caratterizzanti la recente riforma fiscale sono, come noto: a) l applicazione di un meccanismo di esenzione da tassazione di dividendi, plusvalenze da cessione e da valutazione di partecipazioni allo scopo di garantire un modello uniforme di tassazione dei redditi derivanti dall esercizio di attività finanziarie; b) l introduzione di una normativa finalizzata al contrasto dell utilizzo a fini fiscali della sottocapitalizzazione (c.d. normativa anti - thin capitalization); c) la previsione di un modello di tassazione di gruppo su base nazionale e mondiale. Amplius I. Vacca, La nuova imposta sul reddito delle società: prime osservazioni, in Giurisprudenza delle imposte, 2002, fasc. 4-5, pt. 5, pag ( 4 ) S. Giannini, La tassazione delle società nel contesto comunitario, Relazione al Convegno La riforma dell imposta sulle società, Firenze, 23 Gennaio 2004.

4 COM(2001)582 ( 5 ), e con l opinione del 17 luglio 2002, n. 2002/C241/14 ( 6 ), individuando nuovi meccanismi di armonizzazione, in particolare: a) l Home state taxation, vale a dire la determinazione del reddito imponibile di una società capogruppo e di quello delle sue branches e subsidiaries esclusivamente attraverso le regole dello Stato di origine della prima; b) la European Union Corporate Income Tax, vale a dire un imposta unitaria fondata su una base imponibile e su una aliquota comuni; c) la Common Base Taxation, vale a dire una base imponibile consolidata costruita secondo regole europee, sulla quale applicare aliquote stabilite singolarmente da ciascuno Stato Membro. Tale ultimo approccio è stato ritenuto, nel breve periodo, il più efficace per risolvere i problemi di competizione fiscale tra Stati poiché lascerebbe loro il margine di discrezionalità più limitato. Indipendentemente da quale strada sarà scelta, tutte potranno essere percorse soltanto a condizione di individuare regole europee in materia di tassazione dei redditi societari. Per fare questo, occorre verificare l esistenza di linee di sviluppo comuni all interno dei vari sistemi coinvolti. Così facendo, si potrà anche accertare se il modello IRES ( 7 ) sia un modello fiscale omogeneo a quelli più efficienti in essere nei Paesi Membri dell Unione Europea. ( 5 ) Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale; verso un mercato interno senza ostacoli fiscali. Strategia per l'introduzione di una base imponibile consolidata per le attività di dimensione UE delle società, Bruxelles, 23 ottobre 2001, n. COM(2001)582. ( 6 ) Comitato economico e sociale, Opinione del 17 luglio 2002, n. 2002/C241/14. ( 7 ) F. Gallo, Riforma del diritto societario e imposta sul reddito, Relazione al Convegno La riforma dell imposta sulle società, Firenze, 23 Gennaio 2004.

5 2. Il nuovo modello di tassazione dei redditi derivanti da attività finanziarie 2.1. La svolta nella tassazione dei dividendi: l abolizione del meccanismo del credito di imposta e l introduzione del meccanismo dell esenzione Il meccanismo del credito di imposta sui dividendi permetteva non solo di posticipare il momento in cui il prelievo diveniva definitivo, ma anche di eliminare la doppia tassazione degli utili societari. Ponendo ora al centro del sistema tributario le società, tale modello è risultato del tutto inadatto ed è stato quindi abolito. Ciò ha sollevato la necessità di risolvere diversamente il problema della doppia tassazione ed è stato pertanto introdotto il meccanismo dell esenzione: i dividendi distribuiti da una società sono ora esclusi dalla formazione del reddito imponibile del percettore. Ai fini dell eliminazione della doppia imposizione, l efficacia dei due meccanismi è la medesima, differenti sono però le esigenze di natura più generale alle quali essi rispondono ( 8 ): mentre il credito di imposta esclude la convenienza a produrre reddito all estero (c.d. Capital Export Neutrality) - obiettivo che in un contesto europeo potrebbe essere ritenuto di ostacolo alla libertà di movimento dei capitali -, l esenzione, invece, offre uguali condizioni di accesso a tutti i mercati (c.d. Capital Import Neutrality). Tali circostanze sono peraltro sottolineate dalla relazione illustrativa al d.lgs. n. 344 del 2003, ove si precisa che il meccanismo dell imputazione è efficiente solo a condizione che la società distributrice i dividendi e il socio percettore siano assoggettati al medesimo sistema fiscale; un simile meccanismo disincentiva però l investimento in titoli esteri ( 9 ). Salve differenti disposizioni convenzionali, infatti, di norma nessuno Stato riconosce ai dividendi di fonte estera un credito per le imposte pagate dalla società distributrice nel proprio Stato di residenza. In definitiva nei rapporti transazionali ed intracomunitari, il meccanismo dell esenzione pare quindi preferibile, nei rapporti interni, invece, tanto il meccanismo del credito di imposta quanto quello dell esenzione si equivalgono. ( 8 ) P. Pistone, Il credito per le imposte estere ed il diritto comunitario: la Corte di giustizia non convince, (Nota a CGCE 12 maggio 1998 (causa C-336/96); CGCE 14 settembre 1998 (causa C- 291/97)), in Rivista di diritto tributario, 2000, fasc. 4, pt. 3, pag. 76. ( 9 ) G. Sozza, Dividendi esteri percepiti da persone fisiche. Novità dalla Riforma, in Il Fisco, 2003, n. 44, pag

6 La necessità di eliminare discriminazioni nel trattamento dei dividendi in funzione della residenza della società distributrice è stata affermata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella sentenza del 6 giugno 2000, Causa C-35/98, c.d. caso Verkooijen ( 10 ). I giudici del Lussemburgo, in tale occasione, hanno affermato che per l'attuazione dell'articolo 67 del Trattato, osta una disposizione di legge di uno Stato membro che subordini la concessione di un'esenzione dall'imposta sul reddito alla quale sono soggetti i dividendi versati a persone fisiche in possesso di azioni, alla condizione che tali dividendi siano versati da società aventi sede nel detto Stato membro. Infatti, una siffatta disposizione ha l'effetto di dissuadere i cittadini comunitari residenti nello Stato membro interessato dall'investire i loro capitali nelle società aventi sede in un altro Stato membro e produce anche un effetto restrittivo nei riguardi di tali società in quanto costituisce, nei loro confronti, un ostacolo alla raccolta di capitali nello Stato membro interessato, senza che la restrizione sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale quale la necessità di garantire la coerenza del regime fiscale. Sulla necessità di eliminare discriminazioni nelle modalità di tassazione di dividendi di fonte nazionale ed estera ( 11 ) insiste la Commissione nella Comunicazione del 19 dicembre 2003, n. COM(2003)810 ( 12 ), ove esordisce facendo propri i principi affermati nella sentenza Verkooijen. Il ragionamento della Commissione si conclude non con la manifestazione di una preferenza per uno dei due meccanismi, ma con l accettazione del fatto che gli Stati Membri possano indifferentemente ricorrere ad un modello piuttosto che ad un altro, a condizione però che quello prescelto trovi applicazione indistinta nei confronti tanto dei dividendi di fonte nazionale quanto di quelli di fonte ( 10 ) Sentenza della Corte del 6 giugno 2000, Causa C-35/98, Caso Staatssecretaris van Financiën c/ B.G.M. Verkooijen; M. Giorgi, La libera circolazione dei capitali nella Comunità europea ed il regime impositivo dei dividendi nel diritto interno (Nota a CGCE 6 giugno 2000 (causa C-35/98)), in Rassegna Tributaria, 2000, fasc. 4, pag. 1358; Monarca P., Dividendi esteri percepiti da persone fisiche residenti, in Corriere Tributario, 2000, fasc. 36, pag ( 11 ) A. Di Pietro, Redditi dei soggetti non residenti e principi comunitari, Relazione al Convegno La riforma dell imposta sulle società, Firenze, 23 Gennaio ( 12 ) Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale; tassazione dei dividendi percepiti da individui nel mercato interno, Bruxelles, 12 dicembre 2003, n. COM(2003)810.

7 comunitaria ( 13 ). La Commissione rimette così ai singoli Stati la scelta su quale meccanismo adottare, purché questo sia adottato in maniera non discriminatoria. Tale sfida è stata affrontata di recente da vari Stati europei, tra i quali l Italia, la cui preferenza è caduta sul sistema dell esenzione nella misura del 95% ( 14 ) nell ipotesi in cui percettore di dividendi sia una società e nella misura del 60% nell ipotesi in cui il percettore sia una persona fisica ( 15 ). Qualora il percettore sia una società ( 16 ), ha optato per il meccanismo dell esenzione pressoché integrale anche la Germania; nella stessa direzione ( 13 ) L analisi della Commissione si sofferma infatti sui vari meccanismi di tassazione applicati ai dividendi di fonte nazionale (c.d. domestic dividends), di fonte comunitaria (c.d. inbound dividends) e di fonte extra-ue (c.d. outbund dividends), e conclude insistendo sulla necessità di rendere identico il prelievo fiscale su tali redditi. ( 14 ) La tassazione di una quota di utile pari al 5% non risponde alla esigenza di voler attribuire parziale rilevanza reddituale al dividendo, ma alla necessità di individuare, in maniera forfetaria, una quota dei costi relativi alla gestione delle partecipazioni da assoggettare a tassazione. Tale quota è stata fissata in via convenzionale nella misura del 5% degli utili distribuiti. ( 15 ) Nel caso in cui percettore di dividendi sia una persona fisica, può, in presenza di determinate condizioni, trovare applicazione un meccanismo di imposizione sostitutiva. ( 16 ) Trattamento dei dividendi di fonte nazionale percepiti da società nei principali paesi dell Unione Europea: Francia Imponibili, salvo il riconoscimento di un credito di imposta del 10%. Se derivanti da una partecipazione superiore al 5% sono deducibili dal reddito imponibile per un ammontare pari al dividendo stesso meno il 5% del dividendo al lordo del credito di imposta del 50% Germania Esenti Gran Bretagna Esenti* Italia Esenti nella misura del 95% Paesi Bassi Esenti se derivanti da una partecipazione superiore al 5%, altrimenti imponibili Spagna Imponibili, salvo il riconoscimento di un credito di imposta totale se derivanti da una partecipazione superiore al 5% detenuta da almeno un anno. * L ammontare del dividendo lordo (pari al dividendo netto più 1/9) è rilevante ai fini della determinazione dell aliquota applicabile.

8 sembra avviarsi la Francia, che solo apparentemente è in ritardo: essa utilizza infatti un meccanismo per effetto del quale, indirettamente, i dividendi percepiti da società risultano già esenti nella misura del 95% ( 17 ). Un ideale modello europeo di tassazione dovrebbe quindi, almeno nei confronti delle società, applicare il meccanismo dell esenzione. Occorrerà verificare quale margine di discrezionalità lasciare ai singoli stati Membri nell individuazione del quantum di esenzione e se questa debba trovare applicazione in modo generalizzato o debba essere subordinata al superamento di determinate soglie di partecipazione combinate con periodi minimi di possesso. Questi elementi, attorno ai quali residuano differenze tra i singoli Stati Membri, permettono di dare risalto alle caratteristiche dei singoli mercati nazionali di riferimento; da un lato sono quindi difficilmente eliminabili, è però opportuno che, in chiave europea, gli spazi lasciati ai singoli stati siano il più possibile ridotti. Per quanto concerne, invece, le persone fisiche ( 18 ) non è possibile ricostruire un preciso orientamento europeo. Pur essendovi una tendenziale ( 17 ) Nel caso in cui i dividendi siano percepiti da una società c.d. madre, intendendo per tali quelle società che detengono almeno il 5% del capitale sociale di una partecipata, sono deducibili dal reddito imponibile per un ammontare pari al dividendo stesso meno il 5% del dividendo al lordo del credito di imposta del 50%. Un esempio chiarirà meglio il meccanismo: Dividendo Credito di imposta (50% del dividendo netto) 50% * 30000= Quota non deducibile del dividendo (5% del dividendo lordo) 5% * ( ) 2250 = Quota deducibile del dividendo = Quota imponibile = 2250 ( 18 ) Trattamento dei dividendi di fonte nazionale percepiti da persone fisiche nei principali paesi dell Unione Europea: Francia Imponibili, salvo il riconoscimento di un credito di imposta del 50% del dividendo netto Germania Esenti nella misura del 50%, imponibili per il restante 50%

9 preferenza per il meccanismo dell esenzione (attuato attraverso meccanismi alquanto differenti tra loro), si deve comunque far rilevare che il meccanismo del credito di imposta gioca ancora un ruolo estremamente importante. Vi è poi un terzo incomodo : il ricorso a meccanismi di imposizione sostitutiva. Dovendo quindi abbandonare, almeno per ora, la possibilità di individuare un modello europeo uniforme, può però utilmente attirarsi l attenzione sul fatto che le più recenti riforme fiscali (quella tedesca, quella italiana e l imminente riforma francese) si sono mosse nella stessa direzione. Germania ed Italia adottavano infatti fino a pochi mesi fa (la Francia adotterà ancora per poco) il meccanismo del credito di imposta totale e le riforme di cui sono (o saranno) teatro sono state caratterizzate dalla completa abolizione di tale meccanismo e dall introduzione dell esenzione parziale. Si discostano da questa tendenza i Paesi Bassi che hanno invece preferito introdurre un sistema fiscale c.d. tabellare in base al quale i redditi prodotti dalle persone fisiche sono raggruppati, a seconda della loro fonte, in tre differenti boxes ( 19 ) ai quali Gran Bretagna Italia Paesi Bassi Spagna Imponibili salvo il riconoscimento di un credito di imposta pari ad 1/9 del dividendo netto Esenti nella misura del 60%; imponibili per il restante 40% se derivanti da una partecipazione che attribuisce una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2% o al 20% ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5% o al 25%, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per partecipazioni inferiori a tali soglie è prevista l applicazione sul 100% della plusvalenza di un imposta sostitutiva del 12,50% Imponibili con un aliquota del 25% se il percettore possiede almeno il 5% del valore nominale del capitale sociale; altrimenti imponibili con un aliquota del 30% un reddito figurativo pari al 4% del valore medio netto della differenza dei componenti patrimoniali attivi e passivi di cui è titolare il percettore Imponibili, salvo il riconoscimento di un credito di imposta pari al 40% del dividendo netto ( 19 ) Il Box n. 1 contiene i redditi di lavoro, redditi d impresa, pensioni, assegni periodici, redditi dei fabbricati adibiti ad abitazione: l ammontare totale di tali redditi, al netto delle deduzioni fiscalmente ammesse, è assoggettato ad imposizione progressiva. Il Box n. 2 riguarda invece redditi derivanti dal possesso di partecipazioni sostanziali (pari cioè almeno al 5% del capitale di una società) ed è previsto che dividendi e capital gains siano tassati con un aliquota fissa del 25%.

10 corrispondono differenti modalità di tassazione: di tipo progressivo o di tipo sostitutivo; per i dividendi sono previsti meccanismi di imposizione sostitutiva. Anche l Italia, pur avendo introdotto l esenzione, ha previsto per determinate fattispecie l applicazione di un imposta sostitutiva. In direzioni diametralmente opposte si sono invece mosse Spagna e Gran Bretagna che continuano a ricorrere al credito di imposta. Le scelte effettuate dai vari legislatori nazionali in materia di dividendi percepiti da società non condizionano quelle concernenti i dividendi percepiti da persone fisiche. In Gran Bretagna convivono i meccanismi dell esenzione e dell imputazione, il primo per le persone giuridiche, il secondo per le persone fisiche. In Italia, convivono esenzione e forme di imposizione sostitutiva. L eventualità di prevedere meccanismi di tassazione differenziata tra persone fisiche e giuridiche è peraltro implicitamente avallata dalla Commissione nella comunicazione n. COM(2003)810: gli stessi Commissari europei riconoscono che si tratta di due situazioni che meritano trattamenti fiscali differenziati. L unico dato tangibile è la progressiva abolizione del credito di imposta, non la sua sostituzione con l esenzione. La realizzazione delle libertà fondamentali del Trattato CE potrebbe spingere in tale direzione; così operando, si potrebbero, se non altro, rimuovere più facilmente le differenze nel trattamento dei dividendi di fonte estera. Il rovescio della medaglia di questa scelta è il possibile rischio dell aumento della pressione fiscale sui contribuenti ( 20 ), rischio che può comunque essere evitato attraverso l introduzione di opportuni correttivi ( 21 ). Il Box n. 3, infine, comprende i redditi da risparmi ed investimenti. Per tali redditi la tassazione ordinaria è sostituita dall applicazione di un imposta proporzionale sul capitale investito; in particolare, per ogni anno si presume la realizzazione di un guadagno dell investitore pari al 4% del capitale medio investito (che si ottiene dividendo per due la somma del valore del capitale all inizio dell anno e del valore alla fine); il suddetto guadagno presunto viene assoggettato a tassazione con un aliquota fissa del 30%, che comporta un onere fiscale sul capitale medio investito dell 1,2%, indipendentemente dalla circostanza che il contribuente abbia realizzato un guadagno o subito una perdita. ( 20 ) S. Golino, La Riforma Fiscale: Permane alta l incidenza della tassazione sui dividendi in Il Fisco, 2003, n. 31, pag ( 21 ) È il caso, ad esempio, dell Italia in cui il passaggio dal credito di imposta all esenzione ha comportato un aumento della pressione fiscale sui dividendi in capo alle

11 Saranno in definitiva le scelte dei singoli legislatori a determinare la preferenza per un sistema piuttosto che per l altro. Il legislatore italiano, per le persone fisiche, dovendo adottare un modello fiscale omogeneo a quelli più efficienti in essere nei Paesi membri dell'unione Europea ha optato per l esenzione, assecondando così le esigenze del processo di armonizzazione ed integrazione tra gli Stati europei I nuovi meccanismi di tassazione delle plusvalenze Modificate le modalità di tassazione dei dividendi, per garantire uniformità nell ambito della tassazione dei redditi derivanti da attività finanziarie, si è dovuto procedere a modificare anche le modalità di tassazione delle plusvalenze (e minusvalenze) da cessioni di partecipazioni. Poiché per il percettore, il realizzo di plusvalenze a seguito di cessione di partecipazioni altro non è se non il presente incasso dei futuri dividendi, sarebbe incoerente assoggettare tali cespiti a regimi impositivi differenti. Il dividendo e la plusvalenza derivante dalla cessione della partecipazione rappresentano, in altre parole, redditi della stessa natura che devono essere assoggettati al medesimo meccanismo di tassazione. Pertanto, per le società è stato introdotto il meccanismo della c.d. participation exemption per effetto del quale, soddisfatti determinati requisiti ( 22 ), le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni societarie sono persone fisiche. Differentemente, in Germania, il medesimo passaggio non ha comportato le stesse conseguenze. Ciò è dipeso non solo da una sensibile differenza nelle aliquote, ma anche dal fatto che in Germania è stato previsto un meccanismo di rimborso delle aliquote applicate sui dividendi estremamente favorevole: infatti mentre solo il 50% del dividendo percepito concorre a tassazione progressiva, le ritenute applicate al momento dell erogazione sul 100% del dividendo vengono integralmente rimborsate. ( 22 ) Il regime di esenzione si applica ai titoli ininterrottamente posseduti per almeno un anno, iscritti nelle immobilizzazioni finanziarie, rappresentativi di partecipazioni in società residenti in stati diversi da quelli a regime fiscale privilegiato che, al momento del realizzo da parte della partecipante della plusvalenza, esercitino un attività commerciale.

12 integralmente esenti. Tale scelta produce poi riflessi positivi in chiave europea dal momento che agevola il processo di progressiva rimozione degli ostacoli alla libertà di circolazione dei capitali. L analisi delle legislazioni europee in materia di tassazione di plusvalenze mostra che l uniformità perseguita dal legislatore italiano contraddistingue la maggior parte degli ordinamenti fiscali degli altri Stati Membri ( 23 ). Rompono questa simmetria il sistema francese che applica un meccanismo di imposizione sostitutiva nonostante esenti da tassazione i dividendi, seppur soltanto attraverso meccanismi di fatto, ed il sistema spagnolo che, pur adottando il meccanismo del credito di imposta per i dividendi, esenta integralmente da tassazione le plusvalenze da cessione di partecipazioni societarie. Un futuro modello europeo dovrà quindi assolutamente rispettare tale esigenza di simmetria: adottato un meccanismo per dividendi, lo stesso dovrà essere applicato anche per le plusvalenze. Questo principio risulta valido non solo per le società, ma anche per le persone fisiche. Infatti, spostando l analisi su questi soggetti ( 24 ), si giunge ( 23 ) Trattamento delle plusvalenze di fonte nazionale realizzate da società nei principali paesi dell Unione Europea: Francia Imponibili attraverso l applicazione di un imposta sostitutiva del 19% se derivanti da una partecipazione superiore al 5% detenuta da almeno 2 anni Germania Esenti Gran Bretagna Esenti se derivanti da una partecipazione superiore al 10 % Italia Paesi Bassi Spagna Esenti se derivanti da partecipazioni ininterrottamente possedute per almeno un anno, iscritte nelle immobilizzazioni finanziarie e concernenti società residenti in stati diversi da quelli a regime fiscale privilegiato che, al momento del realizzo da parte della partecipante della plusvalenza, esercitino un attività commerciale Esenti se derivanti da una partecipazione superiore al 5%, altrimenti imponibili Esenti, se derivanti da una partecipazione superiore al 5% detenuta da almeno un anno. ( 24 )

13 ancora alla medesima conclusione. Pur non essendo possibile individuare un orientamento comune a tutti gli Stati europei, si può confermare che le scelte effettuate riguardo ai dividendi condizionano le scelte da effettuare riguardo alle plusvalenze; tale principio trova affermazione anche in Francia e Spagna. Le plusvalenze, anche nell ipotesi in cui il percettore sia una persona fisica, rappresentano una fonte di ricchezza del tutto analoga ai dividendi, in quanto si ricollegano - come questi ultimi - agli utili generati dalla società partecipata. Da ultimo merita precisare che le minusvalenze da partecipazioni societarie, realizzate tanto da persone fisiche quanto da società, scontano in tutti gli Stati europei il medesimo trattamento riservato alle corrispondenti plusvalenze. Saranno, quindi, tendenzialmente indeducibili dal reddito di impresa delle società, mentre saranno deducibili in tutto o in parte, dalle corrispondenti plusvalenze realizzate da persone fisiche riducendo la somma da assoggettare o a tassazione progressiva o a tassazione sostitutiva. Il legislatore italiano non si è discostato da tale linea: le minusvalenze sono infatti Trattamento delle plusvalenze di fonte nazionale realizzate da persone fisiche nei principali paesi dell Unione Europea: Francia Imponibili attraverso l applicazione di un imposta sostitutiva del 16% Germania Esenti integralmente. Imponibili nella misura del 50% (esenti per il restante) se derivanti da partecipazioni superiori all 1% del capitale sociale della partecipata, detenute da meno di 5 anni o se derivanti da partecipazioni inferiori all 1% detenute da meno di 1 anno Gran Bretagna Imponibili Italia Esenti nella misura del 60% (imponibili per il restante 40%) per partecipazioni che rappresentano, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2% o al 20% ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5% o al 25%, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per partecipazioni inferiori a tali soglie è prevista l applicazione sul 100% della plusvalenza di un imposta sostitutiva del 12,50% Paesi Bassi Imponibili con un aliquota del 25% se il percettore possiede almeno il 5% del valore nominale del capitale sociale, altrimenti imponibili con un aliquota del 30% un reddito figurativo pari al 4% del valore medio netto della differenza dei componenti patrimoniali attivi e passivi di cui è titolare il percettore Spagna Imponibili integralmente se i beni da cui derivano sono stati posseduti per un tempo inferiore ad 1 anno; imponibili attraverso un aliquota del 15% se, invece, i beni da cui derivano sono stati posseduti per un tempo superiore ad 1 anno

14 indeducibili dal reddito di impresa ( 25 ); sono deducibili nella misura del 40% dalle corrispondenti plusvalenze imputabili a persone fisiche o riducono la somma da assoggettare ad imposizione sostitutiva Le plusvalenze/minusvalenze da valutazione di partecipazioni Disposta l esenzione dei dividendi ed introdotto il meccanismo della participation exemption per le plusvalenze da cessione di partecipazione, non restava al legislatore nazionale che modificare le disposizioni in tema di plusvalenze e minusvalenze da valutazione di partecipazioni. Per le prime, nulla è cambiato: il sistema fiscale attuale, come quello precedente, ne dispone l irrilevanza. Le minusvalenze, al contrario, mentre prima, in presenza di limitate condizioni, potevano essere deducibili, ora, se relative a titoli per i quali si applica il regime di esenzione, sono assolutamente indeducibili. Queste scelte soddisfano le stesse esigenze di coerenza interna del sistema che hanno orientato anche altri Stati Europei ( 26 ). L adozione di un ( 25 ) Più precisamente, sono indeducibili solo le minusvalenze derivanti dalla cessione di titoli ininterrottamente posseduti per almeno un anno, iscritti nelle immobilizzazioni finanziarie, rappresentativi di partecipazioni in società residenti in stati diversi da quelli a regime fiscale privilegiato che, al momento del realizzo da parte della partecipante della plusvalenza, esercitino un attività commerciale, in altri termini, solo le minusvalenze relativi a titoli soggetti al regime di participation exemption. ( 26 ) Trattamento delle plusvalenze/minusvalenze da valutazione di partecipazioni in capo alle società nei principali paesi dell Unione Europea: Francia Irrilevanti le plusvalenze Deducibili le minusvalenze per opzione a condizione che la relativa perdita sia contabilizzata in un fondo apposito Germania Irrilevanti a meno che non si tratti di un ripristino di valore dipendente da una svalutazione eccezionalmente ammessa Gran Bretagna Irrilevanti Italia Irrilevanti

15 regime di esenzione delle plusvalenze da cessione porta a sancire l irrilevanza fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze da valutazione. Così accade in Germania ( 27 ), Regno Unito, Olanda ( 28 ) ed Italia. La Francia, assume una posizione differente: tassa le plusvalenze da cessione, ma dispone l irrilevanza di quelle da valutazione, salvo ammettere la deducibilità delle minusvalenze a condizione che in bilancio sia stanziato un apposito fondo. La Spagna, infine, pur esentando da tassazione le plusvalenze da cessione e da valutazioni di partecipazioni, attribuisce rilevanza fiscale alle sole minusvalenze da valutazione di partecipazioni azionarie. I principali ordinamenti fiscali europei mostrano, quindi, di aver scelto di non attribuire rilevanza fiscale alle plusvalenze ed alle minusvalenze da valutazione, salvo ammettere la deducibilità delle seconde esclusivamente a fini di incentivazione fiscale. In definitiva, esiste una sostanziale simmetria nei meccanismi di tassazione di dividendi, plusvalenze e minusvalenze da cessione e da valutazione. Applicato ai primi il regime di esenzione, esigenze di coerenza suggeriscono di estendere il medesimo meccanismo alle seconde ed alle terze; Paesi Bassi Esenti le plusvalenze da valutazione in caso di partecipazioni superiori al 5% Esenti le minusvalenze da valutazione in caso di partecipazioni superiori al 5%, altrimenti deducibile se certe nel rispetto del principio della prudenza; deducibili, nei primi 5 anni dall acquisto, le minusvalenze relative a partecipazioni pari ad almeno il 25% del capitale sociale della società controllata Spagna Irrilevanti le plusvalenze Deducibili le minusvalenze ( 27 ) Non indebolisce tale affermazione il fatto che il legislatore tedesco riconosca rilevanza fiscale alle rivalutazioni attraverso cui viene ripristinato l originario valore di un cespite svalutato nei precedenti periodi di imposta. È infatti prevista una cautela che riafferma il principio generale: la rivalutazione non può condurre a iscrivere in bilancio il cespite rivalutato per un valore superiore a quello di prima iscrizione. ( 28 ) Il legislatore olandese persegue fini agevolativi ammettendo la deducibilità delle minusvalenze da valutazione afferenti partecipazioni per le quali si applica il regime l esenzione nei primi 5 anni dall acquisto. Decorso tale termine o nell ipotesi in cui entro tale termine siano cedute, sono previsti meccanismi di ripresa a tassazione che confermano il principio della sostanziale irrilevanza fiscale di tali componenti del reddito.

16 applicato ai primi il regime dell imputazione, le medesime esigenze suggeriscono di attrarre a tassazione le seconde, ma non necessariamente anche le terze. La delineata simmetria, che si giustifica alla luce di esigenze di cautela fiscale, ammette questa eccezione nel vigente regime francese e la ammetteva in quello italiano ante riforma. In vista della costruzione di un modello europeo, caratterizzato dall ormai netta preferenza per l applicazione del regime di esenzione dei dividendi, non potranno che farsi derivare i conseguenti corollari: l estensione di tale meccanismo anche alle plusvalenze e minusvalenze da cessione e da valutazione di partecipazioni. 3. La disciplina in materia di thin capitalization L introduzione di una normativa in materia di contrasto all utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione ( 29 ) (c.d. thin capitalization) è una delle principali caratteristiche della riforma fiscale italiana. Nelle intenzioni del legislatore, essa dovrebbe contrastare la prassi ormai comune delle imprese di finanziarsi indebitandosi con i propri soci piuttosto che ricorrendo ad apporti di capitale. Le disposizioni in esame cercano di sfavorire quelle forme di indebitamento che in realtà celano conferimenti di capitale di rischio. Tale risultato è ottenuto dal legislatore italiano, come dagli altri legislatori europei, disponendo che gli interessi pagati da una società a propri soci, se eccedenti una determinata soglia, siano riqualificati come dividendi ( 30 ). Il contrasto alle forme di sottocapitalizzazione delle imprese può essere raggiunto colpendo non solo i rapporti di finanziamento sussistenti tra società e propri soci qualificati (e loro parti correlate), ma anche colpendo il coacervo ( 29 ) P. Bonarelli, La delega per la riforma del sistema tributario, in Il Fisco, 2003, n. 27, pag. ( 30 ) Una società è però ammessa a dimostrare che l ammontare dei finanziamenti eccedenti la soglia consentita sia giustificata dalla propria esclusiva capacità di credito e che, conseguentemente, gli stessi sarebbero stati erogati anche da terzi indipendenti con la sola garanzia del patrimonio sociale. Ove sia data tale dimostrazione, non opera la suddetta riqualificazione.

17 dei rapporti di finanziamento accesi a favore della società stessa ( 31 ). Mentre nella prima ipotesi, il c.d. debt/equity ratio è costituito dal rapporto tra l ammontare dei rapporti di finanziamento riconducibili ad un socio ed il patrimonio netto contabile a lui riferibile; nella seconda è rappresentato dall intero ammontare dei rapporti di finanziamento della società ed il suo stesso patrimonio netto contabile. Il valore di tale rapporto, il superamento del quale determina la riqualificazione in dividendi degli interessi eccedenti, è di norma non molto elevato nella prima ipotesi, mentre raggiunge valori più alti nella seconda ( 32 ). A livello europeo, la preferenza è marcatamente a favore del primo dei due modelli. Tutti gli ordinamenti tributari dei principali Paesi dell Unione Europea ( 33 ) contengono norme specifiche anti - thin capitalization che integrano ( 31 ) È, ad esempio, il caso dell Austria ove le norme sulla sottocapitalizzazione, di origine giurisprudenziale ed amministrativa, prevedono la loro applicazione nei confronti del complesso dei finanziamenti accesi da una società. ( 32 ) Mentre nel primo modello, il debt/equity ratio è di media 2:1, nel secondo ruota attorno al valore di 8:1. ( 33 ) Caratteristiche delle norme in tema di thin capitalization nei principali paesi europei Soglia di Nozione di Nozione di Rapporto partecipazione per indebitamento capitale l applicazione delle norme in tema di Indebitamento - capitale thin capitalization Francia 50 % dei diritti di voto Debiti direttamente riconducibili a soci qualificati diversi da società che possiedono almeno il 5% del capitale sociale della società controllata Capitale Sociale 1,5:1 Germania 25 % del capitale sociale Debiti direttamente ed indirettamente riconducibili a soci qualificati Patrimonio Netto 3:1 (società holding) 1,5:1 (altre società)

18 le norme generali in tema di indeducibilità degli interessi passivi ( 34 ). Singolare è il caso dei Paesi Bassi ( 35 ), nel quale le norme in tema di sottocapitalizzazione si confondono con le stesse norme generali in tema di deducibilità degli interessi passivi. Si tratta di una differenza di tecnica legislativa di scarso rilievo destinata ad essere rimossa dall intervento della Corte di Giustizia delle Comunità Europee che nella sentenza del 18 settembre 2003, Causa C-168/01, Gran Bretagna Italia Paesi Bassi Spagna 75 % del capitale sociale 25 % del capitale sociale o controllo ex art c.c. Debiti direttamente ed indirettamente riconducibili a soci qualificati Debiti direttamente ed indirettamente riconducibili a soci qualificati Patrimonio netto Patrimonio netto % del capitale sociale Debiti con imprese non residenti Patrimonio netto 1:1 4:1 3:1 ( 34 ) La disciplina inglese in materia di thin capitalization trova solo in minima parte la propria fonte nel diritto positivo, assume piuttosto rilievo l uniforme prassi applicativa dell Inland Revenue. Accade, a titolo di esempio, che mentre il primo si limita a disporre la riqualificazione in dividendi degli interessi eccedenti l ordinaria pratica commerciale, la seconda precisa che il valore del debt/equity ratio coerente con l ordinaria pratica commerciale è in linea di massima 1:1. ( 35 ) La legge fiscale olandese commina l indeducibilità di tutti i pagamenti a parti qualificate di interessi su prestiti attraverso cui si procede, direttamente o indirettamente, ad una distribuzione di dividendi ovvero ad un conferimento o ad una restituzione di capitale. Tale restrizione si applica sia alle relazioni dirette che indirette tra società madri e figlie. Tuttavia, tali interessi divengono deducibili qualora la società debitrice dimostri che l assunzione del prestito è coerente con la sana pratica commerciale e trova la sua giustificazione in valide ragioni economiche. Tale disposizione, tuttavia, è prossima ad essere definitivamente abrogata poiché ritenuta dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea (sentenza C-168/01, Bosal, del 18 Settembre 2003), in contrasto con il principio della libera circolazione dei capitali. Si prevede per il futuro la completa deducibilità degli interessi passivi sui debiti connessi a partecipazioni in società, residenti o non residenti. È ora all esame del Governo olandese l introduzione di nuove norme in materia di thin capitalization, le quali precludano la deducibilità di interessi pagati su debiti che eccedano un rapporto debiti/capitale di 3:1 (tale limite, seppur in modo parziale, è comunque già stato introdotto ed è tuttora vigente). Tale disciplina troverà applicazione solo nei confronti delle società appartenenti ad un unità fiscale e salva la prova del mancato superamento, a livello di gruppo, del predetto rapporto.

19 c.d. caso Bosal ( 36 ), ha riscontrato nella normativa olandese elementi di contrasto con le norme del Trattato CE, in particolare con il principio di libera circolazione dei capitali. Per ora solo in via interpretativa, in futuro in maniera espressa, anche il sistema olandese è comunque riconducibile al primo modello di disciplina contro la sottocapitalizzazione delle imprese. Come anticipato, questo è il modello di disciplina anti - thin capitalization prevalentemente utilizzato in Europa; la sua applicazione passa attraverso l individuazione di alcune nozioni: quelle di parti correlate, di debito e di capitale e, da ultimo, attraverso la fissazione del valore del debt/equity ratio. È su queste nozioni che, a livello europeo, si registrano divergenze e convergenze. Parti correlate sono di norma i soci il valore della cui partecipazione supera una determinata soglia: non molto elevata in alcuni Stati (l Italia), molto alta in altri (la Gran Bretagna). Tale circostanza non muta l approccio al problema pur costituendo un elemento rilevante dal punto di vista operativo in quanto potrà orientare le scelte degli operatori economici: questi preferiranno certamente operare in Stati le cui norme in materia di thin capitalizazion abbiano un più ristretto ambito soggettivo di applicazione. Per debito, ossia il numeratore del rapporto debt/equity, si intendono in modo pressoché uniforme i debiti erogati nonché quelli garantiti da un socio qualificato o da sue parti correlate. È infatti ovunque avvertita l esigenza di estendere l indagine non solo ai debiti direttamente riconducibili a un socio, ma anche a quelli a lui riconducibili, in via indiretta, evitando così facili aggiramenti della normativa. Il capitale rilevante, ossia il denominatore del rapporto, è di norma il patrimonio netto della società. Esso rappresenta il termine di paragone naturale per mezzo del quale valutare la capacità di credito di una società. A tale valore dovranno fare riferimento anche le stesse società che risulteranno interessate ad ottenere la non applicazione delle norme in tema di contrasto al fenomeno della sottocapitalizzazione. Tutti gli ordinamenti tributari europei attribuiscono alle proprie imprese la possibilità di offrire prova che i debiti contratti con i ( 36 ) Sentenza del 18 settembre 2003, Causa C-168/01, Caso Bosal Holding BV c/ Staatssecretaris van Financiën di cui si parlerà più diffusamente in seguito.

20 propri soci o da loro garantiti sarebbero stati contratti o garantiti alle medesime condizioni anche con e da soggetti terzi indipendenti: centro di tale dimostrazione sarà inevitabilmente la dimostrazione della consistenza del patrimonio netto ( 37 ). A livello europeo, il valore del debt/equity ratio è l elemento attorno al quale si registrano le più significative differenze. Non si rinviene un dato univoco, anzi esso oscilla entro una forbice estremamente ampia, certamente più ampia di quanto ci si sarebbe potuto attendere dal ricorso unanime al modello più restrittivo di disciplina anti - thin capitalizazion. Oltre che con le considerazioni che precedono, un modello comunitario di disciplina di contrasto al fenomeno delle sottocapitalizzazione delle imprese dovrà confrontarsi con la recente giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee in materia. Il primo caso posto all attenzione dei giudici di Lussemburgo, risolto con la sentenza del 12 dicembre 2002, Causa C-324/00, è il c.d. caso Lankhorst- Hohorst ( 38 ) concernente la conformità al diritto comunitario di una clausola di salvaguardia prevista dalla normativa tedesca. Detta clausola disponeva la disapplicazione della disciplina in tema di sottocapitalizzazione delle imprese a condizione che gli interessi passivi pagati da una società residente confluissero in un reddito imponibile in Germania. Per effetto di tale norma accadeva che gli interessi passivi pagati da controllate residenti ad una capogruppo non residente fossero sempre indeducibili; la residenza della società madre di un gruppo diveniva così elemento di discriminazione. Per la Corte di Giustizia delle Comunità Europee una tale disparità di trattamento tra controllate residenti in funzione della sede della loro società capogruppo costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, in linea di massima vietata dall'art. 43 CE. La norma tributaria in questione rende meno vantaggioso l'esercizio della libertà di stabilimento da parte delle società stabilite (37) La disciplina francese è invece in controtendenza nel contesto europeo: pone al numeratore del debt/equity ratio i soli debiti direttamente riconducibili ai soci, coerentemente pone al denominatore il solo capitale sociale. Nel complesso, ciò determina un restringimento della portata applicativa della normativa di contrasto alla sottocapitalizzazione delle imprese ( 38 ) Sentenza del 12 dicembre 2002, Causa C-324/00, Lankhorst-Hohorst GmbH c/ Finanzamt Steinfurt. G. Ferranti, La finalità della nuova disciplina della thin capitalization in Corriere Tributario, 2003, fasc. 40, pag

21 in altre Stati membri, le quali potrebbero di conseguenza rinunciare all'acquisizione, alla creazione o al mantenimento di una controllata nello Stato membro che promulga questa norma. Il principio così affermato ha trovato immediata conferma nella citata sentenza del 18 settembre 2003, Causa C-168/01, c.d. caso Bosal con la quale si è stabilita la non conformità al diritto comunitario di quella parte della disciplina olandese che comminava l indeducibilità dei costi sostenuti da una società madre con sede nei Paesi Bassi per la partecipazione al capitale di società figlie con sede in altri Stati membri ( 39 ), mentre i medesimi costi, se fossero stato sostenuti a favore di società figlie residenti, sarebbero stati integralmente deducibili. Operava, quindi, un implicita clausola di salvaguardia: gli interessi passivi su prestiti pagati a società di un gruppo erano deducibili a condizione che fossero imponibili nelle mani del percettore in Olanda. Le parti ricorrenti sostenevano che una simile normativa fosse restrittiva dell'esercizio della libertà di stabilimento in quanto penalizzava la costituzione di società figlie in Stati Membri differenti dai Paesi Bassi. La Corte di Giustizia, concordando su tali posizioni, ravvisava nella normativa olandese una palese violazione delle libertà fondamentali sancite dal Trattato CE, dal momento che una società madre potrebbe essere dissuasa dall'esercitare le proprie attività con l'intermediazione di una società figlia stabilita in un altro Stato membro, in quanto simili società figlie non realizzeranno, in linea di massima, utili imponibili nei Paesi Bassi. Condizionare l applicazione delle norme anti - thin capitalization al fatto che gli interessi dedotti siano tassati nello stesso Stato viola il diritto comunitario ( 40 ); agli stati europei sono così lasciate aperte due strade: o eliminare simili clausole o estendere la medesima esenzione al caso in cui gli oneri finanziari pagati confluiscano in un reddito imponibile in uno dei Paesi ( 39 ) Era questo uno dei contenuti della normativa olandese in materia di sottocapitalizzazione delle imprese di cui si faceva menzione in precedenza. ( 40 ) Ha dovuto fare i conti con tale orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia delle Comunità Europee la stessa Italia nella recente riforma fiscale. Si ricorda infatti che il contenuto della norma italiana in materia di sottocapitalizzazione, ora art. 98 del novellato t.u.i.r., prevedeva nel testo diffuso su internet prima della sua approvazione definitiva una norma del tipo di quelle contenute nelle legislazioni olandese e tedesca.

22 dell Unione Europea. Ciò garantirebbe la massima parità di trattamento tra residenti e non. Degli spunti sorti dal dibattito europeo, il modello italiano ne raccoglie numerosi; peraltro nelle sue linee essenziali, tralasciando il merito di alcune scelte legislative (il valore del debt/equity ratio, ad esempio) ( 41 ), risulta coerente con il modello europeo appena delineato. Pregio delle disposizioni di cui all art. 98 t.u.i.r. è sopratutto quello di non porsi in contrasto con i principi del diritto comunitario e di non pregiudicare l esercizio delle libertà fondamentali sancite dal Trattato CE. 4. Il problema della tassazione di gruppo 4.1. Il consolidato nazionale L art. 4, lettera a) della legge delega per la riforma fiscale ( 42 ) invitava il Governo ad introdurre un meccanismo di determinazione, in capo alla società o ente controllante, di un'unica base imponibile per il gruppo d'imprese su opzione facoltativa delle singole società che vi partecipano ed in misura corrispondente alla somma algebrica degli imponibili di ciascuna rettificati. Tale disposizione rappresenta, per l ordinamento tributario italiano, la prima formale presa d atto della crescente rilevanza sulla scena economica dei grandi gruppi di imprese ( 43 ) e della necessità di regolare tale fenomeno attraverso norme specifiche, come accade nella maggioranza dei Paesi dell Unione Europea. ( 41 ) Ci si riferisce in particolare al valore del debt/equity ratio scelto dal legislatore italiano, che risulta essere il più elevato tra quelli scelti dai vari legislatori europei, i quali hanno preferito approcci più restrittivi, forse più coerenti con quel modello di thin capitalization finalizzato al contrasto dei soli fenomeni a carattere elusivo. statale. ( 42 ) Legge 7 aprile 2003, n. 80 recante Delega per la riforma del sistema fiscale ( 43 ) G. Irnerio, In tema di tassazione dei gruppi di imprese ex D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, istitutivo dell'ires, in Rassegna Tributaria, 2004, fasc. 2, pag. 97; D. Stevanato, Il consolidato fiscale nella delega per la riforma tributaria: profili problematici e prospettive di attuazione, in Rassegna Tributaria, 2002, fasc. 4, pag

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