Seminario Gennaio 2010: L Uomo e la Città. L impegno cristiano nella costruzione della polis.

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1 1 Scuola Teologica di Base Seminario Gennaio 2010: L Uomo e la Città. L impegno cristiano nella costruzione della polis. 22 gennaio 2010 Villabate s. Giuseppe Relatore: Crucillà Maria Terzo incontro: Gli impegni concreti. La prospettiva morale L UOMO E LA CITTA L impegno cristiano nella costruzione della polis L impegno del cristiano nel mondo in duemila anni di storia si è espresso seguendo percorsi diversi. Uno di questi è stato attuato nella partecipazione all azione politica: i cristiani, affermava uno scrittore ecclesiastico dei primi secoli, «partecipano alla vita pubblica come cittadini». Però l attuale società democratica, nella quale tutti sono resi partecipi della gestione della cosa pubblica, richiede nuove e più ampie forme di partecipazione alla vita pubblica da parte dei cittadini, cristiani e non cristiani. In effetti, tutti possono contribuire attraverso il voto all elezione dei legislatori e dei governanti e, anche alla formazione degli orientamenti politici e delle scelte legislative che a loro avviso giovano maggiormente al bene comune, «sia pure con diversità e complementarità di forme, livelli, compiti e responsabilità». Secondo il fondamentale insegnamento del Concilio Vaticano II «i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune», che comprende la promozione e la difesa di beni, quali l ordine pubblico e la pace, la libertà e l uguaglianza, il rispetto della vita umana e dell ambiente, la giustizia, la solidarietà, ecc. La società civile si trova oggi all interno di un complesso processo culturale che mostra la fine di un epoca e l incertezza per la nuova che emerge all orizzonte, questo fatto ci spinge a verificare il cammino che l umanità ha compiuto nel progresso e nell acquisizione di condizioni di vita più umane. La crescita di responsabilità nei confronti di Paesi ancora in via di sviluppo è certamente un segno di grande rilievo, che mostra la crescente sensibilità per il bene comune. Insieme a questo, comunque, è oggi verificabile un certo relativismo culturale che nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia. Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori, come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore.

2 2 Questa concezione relativista del pluralismo non ha nulla a che vedere con la legittima libertà dei cittadini cattolici di scegliere, tra le opinioni politiche compatibili con la fede e la legge morale naturale, quella che secondo il proprio criterio meglio si adegua alle esigenze del bene comune. La libertà politica non è né può essere fondata sull idea relativista che tutte le concezioni sul bene dell uomo hanno la stessa verità e lo stesso valore, ma sul fatto che le attività politiche mirano volta per volta alla realizzazione estremamente concreta del vero bene umano e sociale in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben determinato. Dalla concretezza della realizzazione e dalla diversità delle circostanze scaturisce generalmente la pluralità di orientamenti e di soluzioni che debbono però essere moralmente accettabili. Se il cristiano è tenuto ad «ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali», egli è ugualmente chiamato a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono negoziabili. Come la Chiesa fa (vera) la politica La politica è la forma piena della cultura, perché tende idealmente ad abbracciare tutto (la polis). Possiamo affermare che le differenze politiche, prima che essere programmatiche, sono differenze culturali, infatti al centro della cultura sta la concezione dell uomo, che detta ogni suo pensiero e ogni sua azione, anche quella politica. Nel 1980, parlando all Unesco, Giovanni Paolo II ricordò che la «cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che è l uomo». Ma per avere questa visione è necessario considerare «l uomo integrale, l uomo tutto intero, in tutta la verità della sua oggettività spirituale e corporale», non si può ridurre l uomo ai suoi bisogni contingenti, e la società a cassa di risonanza di chi li porta sulle piazze. La nostra vita ha delle necessità, ma esse sono necessità dell uomo, proprio perché l uomo vive, perché la sua vita è più grande di esse. A partire da questa concezione si estende la complessa rete di problematiche attuali che non hanno avuto confronti con le tematiche dei secoli passati. La proposta politica è oggi dominata, nei casi migliori, dal tentativo di rispondere ai bisogni delle diverse categorie di cittadini: sposati o conviventi, single, studenti, professori, lavoratori dipendenti, imprenditori, pensionati e altri ancora. In un regime di mercato politico, la formula vincente sembra essere quella di un elevato rapporto tra offerta e domanda di contributi normativi, economici e sociali allo sviluppo del benessere individuale e collettivo. Ma l uomo non è riducibile a un fascio di bisogni e la società non è solo il bacino collettore di questi bisogni. L uomo è bisognoso ma è ben più dei suoi bisogni. C è in lui dell altro, che si chiama desiderio. Desiderio di bene, di bellezza, di verità e di felicità, e non solo bisogno di prezzi calmierati, di mani pulite, di par condicio e di intrattenimenti, come sempre più spesso vogliono farci credere. Anche se la politica non può essere la risposta al desiderio dell uomo (essa ne è essenzialmente incapace: l uomo è capax Dei, non capax hominis), deve creare le condizioni perché il desiderio dell uomo, di libertà, di educazione, di cura della salute, di associazione, di iniziativa operosa, si possa affermare nella società, possa crescere e trovare il suo compimento. Per questo la Chiesa ha sempre difeso e tuttora pone al centro del suo magistero sociale la vita umana, la famiglia come primo luogo di accoglienza della vita e di educazione, la libertà di espressione del senso religioso e il principio di sussidiarietà dello Stato. Come Benedetto XVI ha ricordato nella sua prima enciclica, il compito della Chiesa è «la

3 3 purificazione della ragione [.] affinché le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili». Quindi la giustizia sociale coincide con la possibilità di custodire e promuovere il bene dell uomo, non solo il benessere dei cittadini. Il bene più grande che Dio ha donato all uomo è la sua vita e la sua libertà, cioè la sua persona. E la famiglia è il luogo in cui la vita umana nasce e la libertà dei figli viene educata. Senza la famiglia, l inizio e la cura della vita del figlio sono affidate all arbitrio dell uomo e della donna o al potere della biomedicina. Principi della dottrina cattolica su laicità e pluralismo Il richiamo che spesso viene fatto in riferimento alla laicità che dovrebbe guidare l impegno dei cattolici, richiede una chiarificazione non solo terminologica. La promozione secondo coscienza del bene comune della società politica non ha nulla a che vedere con il confessionalismo o l intolleranza religiosa. Per la dottrina morale cattolica la laicità intesa come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica - ma non da quella morale - è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto. Tutti i fedeli sono consapevoli che gli atti specificamente religiosi (professione della fede, adempimento degli atti di culto e dei Sacramenti, dottrine teologiche, comunicazioni reciproche tra le autorità religiose e i fedeli, ecc.) restano fuori dalle competenze dello Stato, il quale né deve intromettersi né può in modo alcuno esigerli o impedirli, salve esigenze fondate di ordine pubblico. Il riconoscimento dei diritti civili e politici e l erogazione dei pubblici servizi non possono restare condizionati a convinzioni o prestazioni di natura religiosa da parte dei cittadini. Questione completamente diversa è il diritto-dovere dei cittadini cattolici, come di tutti gli altri cittadini, di cercare sinceramente la verità e di promuovere e difendere con mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale, la giustizia, la libertà, il rispetto della vita e degli altri diritti della persona. Il fatto che alcune di queste verità siano anche insegnate dalla Chiesa non diminuisce la legittimità civile e la laicità dell impegno di coloro che in esse si riconoscono, indipendentemente dal ruolo che la ricerca razionale e la conferma procedente dalla fede abbiano svolto nel loro riconoscimento da parte di ogni singolo cittadino. La laicità, infatti, indica in primo luogo l atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull uomo che vive in società, anche se tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica, poiché la verità è una. Sarebbe un errore confondere la giusta autonomia che i cattolici in politica debbono assumere con la rivendicazione di un principio che prescinde dall insegnamento morale e sociale della Chiesa. Con il suo intervento in questo ambito, il Magistero della Chiesa non vuole esercitare un potere politico né eliminare la libertà d opinione dei cattolici su questioni contingenti. Esso intende invece come è suo proprio compito istruire e illuminare la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano all impegno nella vita politica, perché il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune. L insegnamento sociale della Chiesa non è un intromissione nel governo dei singoli Paesi. Pone certamente un dovere morale di coerenza per i fedeli laici, interiore alla loro coscienza, che è unica e unitaria. «Nella loro esistenza non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita

4 4 cosiddetta spirituale, con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall altra, la vita cosiddetta secolare, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell attività e dell esistenza. Infatti, tutti i vari campi della vita laicale rientrano nel disegno di Dio, che li vuole come luogo storico del rivelarsi e del realizzarsi dell amore di Gesù Cristo a gloria del Padre e a servizio dei fratelli. Ogni attività, ogni situazione, ogni impegno concreto come, ad esempio, la competenza e la solidarietà nel lavoro, l amore e la dedizione nella famiglia e nell educazione dei figli, il servizio sociale e politico, la proposta della verità nell ambito della cultura sono occasioni provvidenziali per un continuo esercizio della fede, della speranza e della carità». Vivere ed agire politicamente in conformità alla propria coscienza non è un adagiarsi su posizioni estranee all impegno politico o su una forma di confessionalismo, ma l espressione con cui i cristiani offrono il loro coerente apporto perché attraverso la politica si instauri un ordinamento sociale più giusto e coerente con la dignità della persona umana. Nelle società democratiche tutte le proposte sono discusse e vagliate liberamente. Coloro che in nome del rispetto della coscienza individuale volessero vedere nel dovere morale dei cristiani di essere coerenti con la propria coscienza un segno per squalificarli politicamente, negando loro la legittimità di agire in politica coerentemente alle proprie convinzioni riguardanti il bene comune, incorrerebbero in una forma di intollerante laicismo. In questa prospettiva, infatti, si vuole negare non solo ogni rilevanza politica e culturale della fede cristiana, ma perfino la stessa possibilità di un etica naturale. Se così fosse, si aprirebbe la strada ad un anarchia morale che non potrebbe mai identificarsi con nessuna forma di legittimo pluralismo. La sopraffazione del più forte sul debole sarebbe la conseguenza ovvia di questa impostazione. La marginalizzazione del Cristianesimo, d altronde, non potrebbe giovare al futuro progettuale di una società e alla concordia tra i popoli, ed anzi insidierebbe gli stessi fondamenti spirituali e culturali della civiltà. È avvenuto in recenti circostanze che anche all interno di alcune associazioni o organizzazioni di ispirazione cattolica, siano emersi orientamenti a sostegno di forze e movimenti politici che su questioni etiche fondamentali hanno espresso posizioni contrarie all insegnamento morale e sociale della Chiesa. Tali scelte e condivisioni, essendo in contraddizione con principi basilari della coscienza cristiana, non sono compatibili con l appartenenza ad associazioni o organizzazioni che si definiscono cattoliche. La fede in Gesù Cristo che ha definito se stesso «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6) chiede ai cristiani lo sforzo per inoltrarsi con maggior impegno nella costruzione di una cultura che, ispirata al Vangelo, riproponga il patrimonio di valori e contenuti della Tradizione cattolica. La necessità di presentare in termini culturali moderni il frutto dell eredità spirituale, intellettuale e morale del cattolicesimo appare oggi carico di un urgenza non più rinviabile. È insufficiente e riduttivo pensare che l impegno sociale dei cattolici possa limitarsi a una semplice trasformazione delle strutture, perché se alla base non vi è una cultura in grado di accogliere, giustificare e progettare le istanze che derivano dalla fede e dalla morale, le trasformazioni poggeranno sempre su fragili fondamenta. La fede non ha mai preteso di imbrigliare in un rigido schema i contenuti socio-politici, consapevole che la dimensione storica in cui l uomo vive impone di verificare la presenza di situazioni non perfette e spesso rapidamente mutevoli. Gli attentati della ragione

5 5 Il mondo cattolico italiano è pesantemente strattonato ad entrare nelle vicende partitiche. Messaggi, contro-messaggi, lettere aperte da parte di associazioni cattoliche, in un contesto di corto respiro. Non voglio aggiungere nulla a livello di analisi politica, perché non ne sono in grado, ma mi hanno insegnato che la ragione è la capacità di conoscere la realtà secondo tutti i suoi fattori. La Dottrina Sociale della Chiesa ha sempre difeso i diritti della società nei confronti dello Stato: chiedendo allo Stato di servire la società e non di «imporsi» alla società. Perché non si dice che la famiglia eterosessuale, monogamica, feconda è un valore sostanziale della nostra Costituzione? Perché non si dice che l equiparazione delle coppie di fatto alle famiglie, la legalizzazione delle coppie omosessuali e, sullo sfondo, le manipolazioni genetiche e l eutanasia sono certo gravissimi attentati alla Dottrina Sociale della Chiesa ma insieme intollerabili attentati alla nostra Costituzione repubblicana e democratica? Se si debbono aiutare i cristiani a scegliere, allora bisogna dare loro tutti gli elementi di fatto per giudicare, e non nascondere nulla altrimenti si diventa complici. È stato detto che non si può parlare della verità, se non si è coerenti. Come dire che la forza della verità si fonda sulla coerenza con cui io la vivo. Certamente il modo coerente di vivere i propri valori aiuta a testimoniare un certo messaggio, ma io preferisco affermare e testimoniare una Verità che mi trascende e mi giudica: le chiedo ogni giorno di investire la mia vita e di renderla meno incoerente e soprattutto di aiutarmi ad essere, nonostante i miei limiti, testimone di una verità che salva me e tutti quelli cui tento di comunicarlo. Se parlassero solo quelli che si credono coerenti, ci sarebbe un silenzio assordante, rotto soltanto dalle parole degli scribi, dei farisei e degli sciocchi. I valori irrinunciabili siano metro di giudizio Alcuni principi propri della coscienza cristiana debbono ispirare e orientare l'impegno sociale e politico dei cattolici nelle società democratiche, tenendo nel medesimo tempo presenti certi indirizzi e posizioni ambigue e discutibili che emergono dal contesto pluralista e relativista della nostra cultura, e che si infiltrano anche nel mondo cattolico. Rivolgendosi ai cristiani, che partecipano alla vita pubblica come cittadini, la Chiesa ricorda, in concreto, alcune figure che si sono impegnate nella difesa della dignità inalienabile della retta coscienza e che con la loro vita hanno affermato che " l'uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale "». Quindi è necessaria la definizione esatta del concetto di libertà di coscienza. Una concezione della libertà che la pone come principio assoluto rispetto alla norma morale e all'ordinamento naturale voluto dal Creatore è una concezione falsa della libertà, che porta alla dissoluzione e all'autodistruzione dell'uomo stesso. La persona, in quanto creata a immagine di Dio, deve orientarsi alla verità e deve lasciarsi formare dalla verità. La voce autorevole della Chiesa illumina la coscienza nello scoprire i principi e i criteri di giudizio perché la verità della persona umana e del bene comune siano riconosciuti e tutelati anche nell'ambito politico e sociale». Dopo questa breve premessa vediamo di dare uno sguardo più preciso alla nostra particolare situazione di Siciliani. Giovanni Paolo II ha sottolineato la rilevanza ecclesiologica della "questione meridionale" nell assemblea straordinaria di Assisi dell episcopato italiano, dicendo: "La Chiesa vive in ogni sua parte la realtà totale del corpo mistico di Cristo, sia nella sua dimensione temporale in quanto attualizza nell oggi la redenzione compiuta dal suo Fondatore, preannunziandone il compimento escatologico, sia nello spazio, in quanto in ogni Chiesa particolare essa è totalmente presente". E il Papa proseguiva: "Le conseguenze che da questo dato ecclesiologico possono derivare, per la particolare situazione dell Italia, sono facilmente intuibili. Nel contesto sociale della nazione si

6 6 pongono in evidenza alcune tensioni e contrapposizioni che sembrano ostacolare piuttosto che favorire la costruzione di un insieme armonico: paradigmatica, al riguardo, è la tensione esistente tra nord e sud, legata a molteplici cause sociali, culturali, economiche e politiche. La Chiesa, costituendo per natura sua "un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza" (LG 9) è chiamata a operare incessantemente per il superamento di ogni divisione, favorendo con mezzi perspicaci l integrazione e l unione, ai diversi livelli della città umana, nello spirito della luminosa frase paolina: "Portate i pesi gli uni degli altri" (Gal 6,2)" Giovanni Paolo II, Discorso all assemblea straordinaria di Assisi, , n. 5: Atti della XIX a.g., p. 12). Nel corso di questi anni si sono determinati processi di transizione e transazione tra "vecchio" e "nuovo", sul piano socio-economico come su quello culturale. Ci chiediamo in un contesto come il nostro, quali sono le prospettive per il Meridione tra problemi antichi, ancora irrisolti, e le emergenze nuove? Dobbiamo purtroppo affermare che l ostacolo forse principale a una crescita autopropulsiva del Mezzogiorno viene proprio dal suo interno e risiede nel peso eccessivo dei rapporti di potere politico, lungo una linea che nel Meridione può dirsi di continuità storica. I gruppi di potere locali si presentano verso il centro come garanti di consenso, e verso la base come imprescindibili trasmettitori di risorse, più o meno clientelari, più o meno soggette all arbitrio, all illegalità, al controllo violento. Questo - lo sappiamo - non è solo un problema meridionale. È un problema morale di tutto il Paese. Ma nel sud trova un terreno più fertile, uno spazio più diffuso. Senza un ridimensionamento dei rapporti di potere politico e un adeguato rafforzamento della società civile, e dello stesso mercato, non saranno raggiunte la maturazione e l autonomia del Mezzogiorno, sul piano economico-produttivo come su quello sociale e civile. Il superamento delle dinamiche di dipendenza economica e politica, della passività nel tessuto sociale, rappresenta il campo in cui impegnarsi con maggiore forza. Non intendo riprendere così l accusa di tendenza all assistenzialismo rivolta alla cultura meridionale, che include una sorta di razzismo ingiustificato e inammissibile. Voglio invece sottolineare che negli ultimi quarant anni sono stati assorbiti "modelli lontani", che hanno prodotto una certa modernizzazione senza un vero e proprio sviluppo, creando distorsioni ed evidenziando tendenze alla devianza. Il fenomeno impressionante della diffusione delle organizzazioni criminali in alcune aree del Mezzogiorno ha certamente antiche radici storiche, politiche e culturali, e cause complesse. La criminalità organizzata, che ha assunto le forme di impresa e di una economia sommersa e parallela, trova un humus e disponibilità all aggregazione per carenze di sviluppo economico, sociale e civile e in particolare per la disoccupazione di troppi giovani, ai quali offre la lusinga di rapidi guadagni. Non posso, a questo riguardo, non dire una parola forte e decisa: si tratta di un fenomeno che danneggia gravemente il Meridione, perché inquina la vita sociale, creando un clima di insicurezza e di paura, impedisce ogni sana imprenditoria, esercita un pesante influsso sulla vita politica e amministrativa, offusca, infine, l immagine del Mezzogiorno di fronte al resto del Paese. Servendosi di risorse ottenute in modo illegale e spesso violento, impedisce lo sviluppo economico e sociale, organizza il commercio e lo spaccio della droga, in concorso con la grande criminalità internazionale, e insanguina alcune città e zone del Meridione, causando un numero paurosamente alto di omicidi perpetrati con estrema ferocia. Deve essere ben chiaro che questo fenomeno non è il Mezzogiorno; ne è invece solo una malattia, un cancro contro il quale la coscienza generale del sud, assieme a quella di tutto il Paese, si indigna e reagisce.

7 7 Qualcuno sostiene che la Chiesa ha mostrato un certo ritardo culturale su questi temi. Quando Cataldo Naro insegnava storia della Chiesa, nella Facoltà teologica di Sicilia a Palermo, scrisse un saggio intitolato Il silenzio della Chiesa sul fenomeno mafioso, pubblicato sulla rivista «Studium», in cui da storico cercava di spiegare le motivazioni di questo silenzio. Cataldo Naro nel saggio distinse una iniziale lunga fase di silenzio spiegabile con una estraneità che la Chiesa sentiva nei riguardi dei problemi dello Stato, sicuramente si trattava di un estraneità polemica nata col risorgimento italiano. Poi evidenziò una fase di parola che si apre con il cardinale Ruffini. Fu lui a rompere il silenzio giungendo a usare esplicitamente la parola mafia e a dire che la mafia è un fenomeno come tanti altri, pericoloso come la delinquenza che si trova a Milano o in Inghilterra Questo periodo della parola arriva fino a tutto il magistero di Pappalardo, quindi è un periodo in cui la Chiesa parla assumendo le categorie della società civile. Ad una attenta analisi si può notare come le parole di Ruffini non erano diverse da quelle utilizzate dal presidente della regione di allora o dal procuratore della repubblica di quel tempo, i quali ancora, a quell epoca, sottovalutavano di fatto il fenomeno, o lo interpretavano come un comune fenomeno malavitoso, senza il riconoscimento delle sue specifiche caratteristiche, che avrebbe potuto far avviare una più efficace opera di contrasto contro la mafia stessa. Anche le parole del cardinale Pappalardo, più tardi, erano identiche a quelle del sindaco di Palermo e a quelle dei magistrati del suo tempo: però già c era una maggiore consapevolezza riguardo al fenomeno mafioso e una maggiore capacità di reazione civile contro di esso. Anche se inizialmente ci fu questa assunzione dei linguaggi tipici delle altre istituzioni impegnate nell affrontare la mafia in quei decenni, il fatto non fu negativo, perché questo portò ad una consapevolezza e ad una graduale assunzione di responsabilità da parte della Chiesa, che così si accompagnava alla società tutta quanta e alle altre istituzioni nel loro comune cammino di responsabilizzazione. La Chiesa quindi si fece carico dei problemi della società, adoperando le sue stesse parole, che erano poi le parole di politici, funzionari, di giudici, di poliziotti che, però spesso provenivano dalle stesse file del cattolicesimo italiano e che si erano formati anche nell Azione Cattolica o negli oratori parrocchiali. Nel saggio infine, Cataldo Naro, evidenziò una terza fase che inizia con il grido che qualcuno ha definito invettiva di Giovanni Paolo II nella valle dei templi, ad Agrigento, nel Quel discorso non fu importante tanto per l invettiva in sé, quanto per l aver usato per la prima volta e questa è una lezione che la Chiesa siciliana sta assorbendo lentamente parole e categorie cristiane: pentimento, conversione, giudizio di Dio, martirio quest ultima parola confermata in modo impressionante dalla successiva morte violenta di don Pino Puglisi a Brancaccio. Quindi, Finalmente il modo di parlare della Chiesa sul fenomeno mafioso fa riferimento alla sua tradizione. La Chiesa giustamente si unisce al coro che chiede giustizia, legalità, che chiede che la mafia non paralizzi e non mortifichi la popolazione e il territorio siciliano, ma soprattutto lo fa aggiungendo l apporto peculiare ricavato dalla sua tradizione evangelica. Nel 2007 nasce «Il progetto diocesano denominato Santità e legalità» che è un progetto di natura educativa che attiene ai compiti propri della Chiesa: formare le coscienze. Questo progetto diocesano fa propria questa ambizione : l intento della Chiesa di parlare con parole sue, in maniera da lasciare il segno e risultare efficace nella formazione dei fedeli. Ecco perché, in questi seminari, è stata operata la scelta di una parola e di un esperienza quale la santità connessa alla legalità.

8 8 Oggi, la Chiesa italiana condanna radicalmente queste organizzazioni criminose ed esorta gli uomini "mafiosi" a una svolta nel loro comportamento. Il loro agire offende l uomo, la società, ogni senso etico, religioso, il senso stesso dell "onore" e si ritorce, poi, contro loro stessi. Su questo tema decisivo la chiesa chiede la collaborazione di tutti; una vera " mobilitazione delle coscienze" perché sia recuperata, assieme ai grandi valori morali dell esistenza, la legalità, e sia superata l omertà che non è affatto attitudine cristiana. A volte sottovalutiamo il fatto che la criminalità organizzata viene favorita da atteggiamenti di disimpegno, di passività e di immoralità nella vita politico-amministrativa, così come in quella ordinaria. C è, infatti, una "mafiosità" di comportamento, quando, ad esempio, i diritti diventano favori, quando non contano i meriti, ma i legami di "comparaggio" politico.il sud non sarà mai liberato se non in una trasparenza etica di chi governa e in un comportamento onesto di ogni cittadino. Al riguardo lo stato non deve essere solo repressivo - sebbene si senta la necessità di una sua presenza forte e decisa - ma deve essere esemplarmente promozionale. In questo contesto risulta "focale" il ruolo della Chiesa, che deve interrogarsi sul suo impegno nel sud e per il sud. La Chiesa italiana, e in particolare le Chiese meridionali, hanno un compito grande e non rinunciabile nel contribuire a rompere i meccanismi perversi e nel proporre una logica nuova di sviluppo del Mezzogiorno, sintonizzato al contesto sociale e autopropulsivo. ***fisher Compito primario della Chiesa è la formazione delle coscienze, l annunzio della verità evangelica che continuamente provoca e rinnova. Le vere prospettive di rinnovamento e di sviluppo non consistono nell entusiasmo momentaneo, ma in una profonda e costante maturazione personale, comunitaria e sociale, da realizzare sulla base delle grandi potenzialità culturali ed etiche degli uomini e delle donne del sud, all interno di un progetto proprio, non importato, e in una illuminata tensione collettiva per far crescere la società meridionale. Bisogna superare il vittimismo e la rassegnazione, riattivare la moralità, la certezza del diritto, la stabilità nelle regole della convivenza sociale, la sicurezza della vita quotidiana, affinché i singoli, i gruppi sociali, le comunità locali possano esplicare in concreto la loro vocazione allo sviluppo. Sono necessari, e doverosi, l aiuto e la solidarietà dell intera nazione, ma in primo luogo sono i meridionali i responsabili di ciò che il sud sarà nel futuro. Anche la Chiesa deve fare la sua parte attraverso la cura delle anime, affinché i fedeli prendano sempre più consapevolezza di ciò che sono: battezzati e quindi persone che aderiscono e vivono il Vangelo. Questo deve essere un progetto che si inserisca nel lavoro quotidiano, ordinario della Chiesa di Sicilia. La Chiesa deve intervenire su questi argomenti non ripetendo semplicemente e solamente le parole della società civile. Deve fare anche questo, certamente, per mostrarsi consapevolmente e convintamente partecipe di una sensibilità civile che è finalmente condivisa nella società di oggi. Ma se vuole veramente essere efficace e lasciare il segno, non può non fare ricorso al suo patrimonio più peculiare: il Vangelo, secondo la tradizione cristiana. Tre parole sono strettamente connesse con questo cambiamento: legalità, santità, resistenza. Esaminiamole brevemente. Legalità è l osservanza delle leggi. Differisce da legalismo, cioè osservare le leggi per se stesse. La funzione dell osservanza delle leggi è di poter vivere ordinatamente affinché ci sia una convivenza

9 9 civile. Ma le leggi devono essere ancorate alla giustizia. Quindi legalità, giustizia, bene comune, sono concetti che vanno insieme. Ci potremmo ancora chiedere: perché la Chiesa deve interessarsi della legalità? Perché se in un territorio ci sono problemi di legalità, la Chiesa, nel suo compito educativo, non può non farsi carico di questi temi. Se si mettesse da parte, questo suo appartarsi o defilarsi sarebbe la spia di un grave problema ecclesiale. Ma deve farlo, però, mettendo un di più: la charitas, l agápe, cioè lo Spirito Santo, l amore di Dio diffuso nei cuori degli uomini. Pertanto il cristiano non può non caricarsi di questi problemi, omettendo di portare il suo specifico contributo. Il cristiano crede di vivere in comunione con Dio e cioè crede che lo Spirito Santo lo ha unito a Gesù Cristo. Il cristiano quindi partecipa di questo corale sforzo della società civile che favorisce la crescita di ogni uomo e ogni donna con lo specifico della carità, del dono dello Spirito, che attinge nella comunità ecclesiale di cui è membro. Santità: si può parlare di tre tipi di santità, quella raccontata, quella invocata, quella vissuta. La santità raccontata è quella dei libri dei santi. Ed è nostro compito far conoscere queste figure. La nostra Chiesa diocesana, ad esempio, soprattutto nel Novecento, ha una schiera di figure di santità notevoli. Perché così tante? La santità, quella esemplare, è un dono di Dio. Dio dà ad alcune persone una tale carica carismatica che la loro vita ordinaria diventa esemplare. Puglisi, ad esempio, faceva il parroco e non aveva altre ambizioni. Però non si è piegato alla pressione dei mafiosi di Brancaccio e ha accettato consapevolmente la morte pur senza cercarla. Questo è il martirio cristiano. E il martire non va mai a cercare la morte con un desiderio masochistico o per mettersi in mostra, per mania di grandezza, semplicemente non si piega ai ricatti. In questo caso quindi il martirio e la santità esemplare, essendo doni di Dio, sono una sorta di appello che il Signore fa alla sua Chiesa. Vuol dire che quella Chiesa ha bisogno di quei santi. Se è venuto Puglisi è perché il Signore vuole che questa Chiesa superi se stessa, si trasformi e lo faccia nella semplicità della quotidianità. Sarebbe bello che la santità raccontata fosse in grado di cogliere questo appello. I processi di beatificazione fossero una miniera di notizie per la storia dei nostri territori. Sarebbe bello che la santità raccontata fosse questo: il racconto della nostra storia attraverso queste personalità esemplari. Poi c è la santità pregata. Il nostro popolo ecclesiale prega i santi. Una preghiera ai nostri santi legata al tema della legalità è sicuramente una preghiera ben fatta. Infine strettamente connessa alle prime due c è la santità vissuta. Prima la santità era solo da pregare e ammirare. Dopo il concilio Vaticano II, con l affermazione vigorosa dell universalità della vocazione alla santità, la situazione cambia. Giovanni Paolo II afferma che la santità è misura alta della vita ordinaria. E se è vero che il cristiano agisce nella storia col dono della carità, allora abitando in un territorio come questo, il cristiano non può non vivere con questo intento: essere santo, santo ogni giorno. E questo vale per tutti: per il carabiniere, per il politico, per il professore, per il bidello, per la guardia municipale, per il medico, per il padre o la madre di famiglia Se così si può dire l ambizione della Chiesa, il desiderio principale della Chiesa è questo: che tutti coloro che si riconoscono nella Chiesa e scoprono il significato del loro battesimo, si impegnino a vivere nella santità. Se ciò accade, è il contributo più vero e più efficace che la Chiesa può dare alla lotta alla mafia e più in generale a creare una società più giusta. Resistenza: è qualcosa di estremamente profondo. Esiste una raccolta di lettere e poesie del pastore protestante Bonhoeffer, che morì impiccato in un campo di concentramento nazista nel 1945, intitolata Resistenza e resa. Questo titolo va così interpretato: resistenza al male e resa a Dio. Il caso Puglisi è esemplare di questa logica cristiana. Lui sapeva di andare alla morte, ma non si rassegnava alla vittoria del male. Capiva, però, allo stesso tempo, che il Signore gli chiedeva anche questa resa, cioè consegnare la sua vita. In lui c è stata la resistenza fino all ultimo, nel suo piccolo, per quel che

10 10 poteva, al male; ma nello stesso tempo la resa a Dio. Questo è l apporto specificamente cristiano. Cioè la capacità di armare il cuore degli uomini a resistere sino alla fine al male, ma arrendendosi e consegnandosi a Dio.» Se riusciremo ad autoeducarci alla santità il Mezzogiorno non sarà più considerato "il solito annoso problema" dell'italia, ma la zona più sensibile della nazione. Nel Meridione sono presenti, in forma più facilmente visibile, quelle potenzialità diffuse in tutta la nazione, da cui è necessario partire per scrivere una nuova fase di sviluppo per l'italia. Si tratta del legame del popolo con la fede in Gesù Cristo, della forza della famiglia nel resistere ad attacchi che vengono da ogni parte, dell'abitudine ad affrontare fatiche e sacrifici, come dimostrano i nostri concittadini emigrati all'estero in varie epoche della storia. Anche le attività imprenditoriali nate sul luogo, talvolta senza alcun sostegno o difesa, pur essendo insufficienti ad assicurare un benessere diffuso, dimostrano l'esistenza di creatività, di tenacia e di amore al lavoro. Questa constatazione ci rende ancora di più responsabili nel creare le condizioni necessarie per uno sviluppo autentico e solidale. È molto difficile, descrivere il lavoro assiduo e l'impegno delle Chiese lungo il corso di questi anni. Si tratta di un lavoro quotidiano e silenzioso, come sono la costruzione di una nuova consapevolezza delle nostre responsabilità e l'educazione quotidiana alla solidarietà e alla legalità. In questa direzione va individuato il nuovo volto delle nostre Chiese. Don Pino Puglisi e don Giuseppe Diana (Il 19 marzo 2009 ricorre il XV anniversario dell uccisione di don Giuseppe Diana, giovane parroco di Casal di Principe, Napoli, ucciso dalla camorra nella chiesa di S. Nicola mentre si apprestava a celebrare la messa. La sua morte ha permesso, però, a tanti cittadini di questo territorio, di maturare ed avere il coraggio di dire basta e di provare a costruire comunità alternative alla camorra) sono gli eroici rappresentanti di moltissimi sacerdoti e laici, che dedicano tempo ed energie nell'educare i giovani ad una cultura della società e del lavoro ispirata alla dottrina sociale della Chiesa. La Chiesa ha assunto nel Mezzogiorno, grazie alla sua tradizione e agli orientamenti pastorali della Cei, una fisionomia più giovane, ricca di passione per la nuova evangelizzazione. Tuttavia, i grandi problemi del Sud sono noti a tutti. Nel concreto della nostra storia dovremo rendere, a tutta l'italia, viva testimonianza di una speranza incrollabile, a partire dagli antichi problemi irrisolti, dalle nuove criticità emergenti e, soprattutto, dalle incredibili ricchezze di fede e di umanità, che il Signore semina nei nostri cuori e nelle nostre comunità. "Terra di grande passato, il Mezzogiorno d'italia appare oggi frenato nel suo sviluppo ". Parole ancora attuali, quelle del documento del 1989, se si considerano le cronache di questi giorni: questione rifiuti in Campania, malasanità in Calabria, intimidazioni e agguati di stampo mafioso in Sicilia Eppure quel documento si concludeva con un "messaggio di speranza" Ed è proprio quel messaggio di speranza che - a mio parere - dovrà guidare la riflessione sulle tematiche affrontate quasi vent'anni fa. Pur prendendo in seria considerazione le piaghe che ci affliggono ormai da troppo tempo, dovremo saper indicare le vie reali per sconfiggere gli egoismi consolidati in forme varie, tutte produttrici di emarginazione e di oppressione dei più deboli. È urgente indicare ai credenti e agli uomini di buona volontà strade sicure per la costruzione di una città a servizio dell'uomo, capace di dare priorità alla liberazione e all'innalzamento dei poveri all'altezza della loro dignità originaria di figli di Dio. Oggi abbiamo a nostra disposizione il puntuale, coraggioso e splendido magistero che Giovanni Paolo II ha donato, con abbondanza, nelle sue visite pastorali in tutte le Regioni del Meridione. Il suo insegnamento ha il sapore di una vera profezia. Giovanni Paolo II ha denunciato, con estrema decisione, i mali che affliggono il Sud, dalla malavita organizzata allo sviluppo frenato dalle strutture di peccato. Ci ha donato la consolazione dell'incoraggiamento paterno per poter andare avanti con piena fiducia nell'opera di Dio e nelle ricchezze spirituali del nostro territorio. Benedetto XVI, nell'enciclica Spe Salvi, ci ha indicato con chiarezza gli spazi e i sentieri da percorrere per organizzare la speranza. Il Convegno

11 11 di Verona ci ha aiutati a capire il valore della testimonianza cristiana. Tocca a noi, ora, prendere nelle nostre mani questo tesoro luminoso per offrire un messaggio di speranza valido e duraturo". Ma i nostri problemi non risiedono soltanto nella mafia. Accanto a questi fenomeni, dal 1991, il Sud si confronta con l'immigrazione clandestina o regolare. Anche in questo caso la Chiesa italiana e, in particolare, le Chiese del Sud si sentono chiamate ad annunciare il Vangelo di Gesù Cristo, a donare prospettive di liberazione e di speranza. Nell'Enciclica Deus Caritas est, Benedetto XVI ci ricorda che la Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare una società più giusta. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia. Anzi, condotta dalla carità, s'inserisce in essa per risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia non può affermarsi e prosperare (cfr n. 28). A partire da questo grande insegnamento, oggi ci domandiamo quali siano i nuovi compiti a cui il Signore ci chiama. Siamo convinti che la presenza di una Chiesa viva e fedele al Vangelo possa aiutare tutti a vivere la speranza in questi tempi difficili? Da secoli, in quasi tutto il Meridione, Chiesa e comunità degli uomini vivono una significativa esperienza di vicinanza e di collaborazione. Ogni anno migliaia di persone muoiono mentre sono in viaggio verso l Europa. Il mar Mediterraneo, da sempre crocevia di popoli e culture, sta divenendo un nuovo muro di separazione. In Europa e nel resto del mondo, i migranti con una situazione legale irregolare affrontano sfruttamento, incertezza, esclusione e violazione di alcuni dei loro diritti umani fondamentali, come il diritto all assistenza sanitaria, all educazione, alla vita familiare ecc. Molti migranti e i membri delle loro famiglie, persino coloro che vivono da anni nelle società europee o che sono nati in Europa, sono considerati irregolari e sono spesso passibili di espulsione verso paesi in cui non hanno mai vissuto. L approccio dei cristiani verso i migranti è radicato nella Scrittura e in modo particolare nel chiaro comandamento di Cristo: «Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35). «Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d Egitto» (Lv 9,34). La costruzione di relazioni buone e fraterne con i migranti è divenuto un compito importante per molte Chiese in Europa negli ultimi decenni. Le migrazioni pongono sfide e opportunità considerevoli alla testimonianza e all unità della Chiesa in Europa così come alla società in generale. Alcune di queste persone che sono state costrette a lasciare i propri paesi a causa della povertà, delle guerre, delle persecuzioni o di disastri ambientali, arrivano in Europa in cerca di un futuro migliore per sé e per le proprie famiglie. Nonostante ciò spesso è impossibile per loro ricevere la protezione che meritano e di cui hanno estremo bisogno. Le migrazioni hanno aumentato la varietà culturale e religiosa in tutta l Europa e nelle Chiese europee. Tale diversità è fonte di grande ricchezza e gioia, ma può anche suscitare sentimenti d insicurezza e pregiudizi nella società e nelle Chiese. La dilagante povertà e i crescenti livelli di disoccupazione contribuiscono alle tensioni sociali e spesso i migranti vengono usati come capri espiatori. Negli ultimi anni si è avuto un allarmante intensificarsi di forme di razzismo e di atti di violenza contro i migranti e le minoranze etniche in Europa. La Chiese europee hanno intitolato l anno 2010 a «Le Chiese e la sfida delle migrazioni», per poter rendere più visibile l impegno delle Chiese verso gli stranieri e così rispondere al messaggio della Bibbia e poter promuovere politiche inclusive a livello sia europeo sia nazionale per i migranti, i rifugiati e le minoranze etniche.

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